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Spett.le COMUNE DI PIETRASANTA Prot Lucca, 6 aprile 2022

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1 Spett.le COMUNE DI PIETRASANTA comune.pietrasanta@postacert.toscana.it

Prot. 0000562 Lucca, 6 aprile 2022

Il Consiglio dell'Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Lucca, presa visione del Piano Operativo adottato dal Consiglio Comunale di Pietrasanta, nella seduta del 13/12/2021, nell'ottica di una proficua collaborazione istituzionale, presenta le seguenti osservazioni.

Premessa

L'Ordine degli Architetti P.P.C. della Provincia di Lucca è da considerarsi soggetto interessato in riferimento al Piano Operativo adottato dal Comune di Pietrasanta. L’Ordine tiene a sottolineare che le osservazioni presentate rispondono a principi sinteticamente riconducibili a quanto espresso all’art.1 della L.R. 65/2014 : “le norme per il governo del territorio al fine di garantire lo sviluppo sostenibile delle attività rispetto alle trasformazioni territoriali da esse indotte anche evitando il nuovo consumo di suolo, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio territoriale inteso come bene comune e l'uguaglianza di diritti all'uso e al godimento del bene stesso, nel rispetto delle esigenze legate alla migliore qualità della vita delle generazioni presenti e future”, e riepilogati qui di seguito.

Gli strumenti di governo del territorio debbono:

• incentivare e dare valore al recupero del patrimonio edilizio esistente;

• essere orientati alla Sostenibilità in termini di riduzione del consumo del suolo;

• riconoscere il ruolo del progetto architettonico come strumento per la promozione della qualità insediativa;

• dettare discipline snelle, di facile lettura e applicabilità.

• in riferimento alle specifiche competenze, devono promuovere e riconoscere il ruolo dell’edilizia sostenibile;

• essere improntati a principi di equità ed uguaglianza di diritti all'uso ed al godimento del bene stesso;

Le seguenti Osservazioni sono state redatte, con lo scopo di dare un contributo concreto, affinché si raggiunga una più efficace attuazione delle previsioni urbanistiche del Piano Operativo, improntate al miglioramento della qualità del patrimonio architettonico e urbanistico del territorio comunale.

Il Piano Operativo ha il suo riferimento principale all’art. 93 della LR n°65/2014 e disciplina “l’attività urbanistica ed edilizia dell’intero territorio Comunale”; la legge regionale di cui sopra richiede innanzitutto

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2 che il PO individui con chiarezza due parti distinte e chiaramente individuabili che costituiscono la struttura di impianto del PO:

a) la gestione del Patrimonio Edilizio Esistente (PEE) che ha durata e quindi efficacia a tempo indeterminato;

b) la gestione delle trasformazioni e degli assetti insediativi, infrastrutturali ed edilizi del territorio che ha durata e quindi efficacia a tempo determinato (5 anni)

In alcuni passaggi della disciplina del piano non appare chiaro a quale di queste due parti ben definite dalla L.R. afferiscano le singole disposizioni;

Ponendo l’attenzione al riconoscimento del patrimonio edilizio Il Quadro Conoscitivo del Piano Operativo deve contenere quanto richiesto dall’art.95 LR.65/2014, comma 2) e quindi “individuare”:

(…)

-la ricognizione e la classificazione degli edifici o complessi edilizi di valenza storico-documentale ubicati nel territorio rurale al fine di definire la specifica disciplina (territorio rurale da disciplinare in riferimento alle disposizioni contenute al titolo IV capo III LR. 65/2014 che l’atto adottato ignora);

-i singoli edifici e i manufatti ubicati in ambiti urbani diversi da quelli storici e/o di impianto storico al fine di definire la specifica disciplina;

(…)

A tal proposito si rileva che nei documenti di Piano è contenuto l’elaborato DT.04 “Atlante del patrimonio edilizio di valore storico, architettonico, tipologico”; Tale “atlante” dovrebbe configurarsi come una raccolta ordinata di documenti, di schede di rilevamento e similari invece trattasi di una rappresentazione del territorio comunale suddiviso in 85 quadranti (alcuni in scala 1/ 2.500 altri in scala 1/1.000) “DT. 04 CLASSI DI VALORE DEL PATRIMONIO EDILIZIO DI VALORE STORICO, ARCHITETTONICO, TIPOLOGICO”.

Ogni edificio è individuato da un colore corrispondente alla classe di valore attribuita e da un numero che dovrebbe corrispondere ad una schedatura che però non risulta presente nella documentazione adottata. Il numero pertanto sembra avere riferimento solo per l’individuazione dell’edificio in cartografia e in una serie di tabelle riassuntive dove sono indicati n° progressivo edificio, n° quadrante, n° UTOE, località, classe di valore, disciplina urbanistica. Si rileva che sarebbe risultato utile definire una descrizione/illustrazione dei criteri utilizzati per pervenire alla classificazione del Patrimonio Edilizio Esistente secondo una documentazione fotografica che illustri/documenti/evidenzi i caratteri specifici delle diverse “classi di valore” così da rendere esplicite le modalità di individuazione delle caratteristiche architettoniche omogenee per ciascuna classe che non si limitasse al solo periodo di cartografazione.

Quanto alle trasformazioni, da una analisi del Quadro Progettuale “Strategie per il territorio urbanizzato”

-Schede Norma UTOE 1-3 (DT03a) e Schede Norma UTOE 2 (DT03b) si evince che l’intero territorio urbanizzato è interessato da trasformazioni.

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3 Quanto sopra trova conferma e motivazione a pag. 33 della Relazione illustrativa (DT.01) “…in tal modo lo strumento urbanistico generale consente di coordinare tutti i singoli interventi indirizzandoli verso una riorganizzazione complessiva della città all’interno delle sue parti più recenti e fra queste e le parti più storicizzate”.

La Relazione Illustrativa continua (pag. 34) sottolineando che “Una tale impostazione travalica il concetto quantitativo del fabbisogno abitativo quinquennale essendo finalizzata ad una riorganizzazione complessiva della città che deve essere impostata su criteri di coordinamento del ridisegno urbano di singole parti che potranno essere attuate anche in più Piani Operativi e pertanto con una temporaneità più lunga (…) Ciò che non viene attuato nel primo PO potrà essere attuato nei successivi, previa riconferma quinquennale delle previsioni di pianificazione, che devono, nell’ambito delle scelte del PS, mantenere una visione unitaria e coordinata”.

Tale approccio limita il principio di priorità che dovrebbe attivare le trasformazioni più “urgenti” e produce un contestuale interessamento di gran parte del territorio. Si rileva perciò un gran numero di aree di trasformazione (oltre 100) che rischiano di disperdere gli investimenti e le riqualificazioni, che dovrebbero avere come priorità il riuso e il recupero di aree già artificializzate, in favore invece di aree ove sviluppare la nuova edificazione.

A tal proposito dalla lettura dei documenti si rileva una specifica criticità che può condurre a un impoverimento della qualità del territorio di Pietrasanta caratterizza to da un armonico equilibrio tra pieni e vuoti nel tessuto insediativo. Il piano operativo adottato determina uno sviluppo della edificazione in quanto definisce azioni volte anche alla saturazione di parti anche pregiate del territorio. Ciò è evidenziabile in base alle seguenti considerazioni:

- la normativa prevede le aree di "decollo/atterraggio", con incentivi volumetrici, che oltre alle trasformazioni di aree non sempre degradate e/o che potrebbero essere diversamente recuperate in loco, comporta invece l'ulteriore utilizzo, a fini edificatori, di aree libere, indipendentemente dal territorio urbanizzato o rurale, che avrebbero avuto un miglior utilizzo per un eventuale reperimento di standard.

- la disciplina delle zone “B” soggette a intervento diretto (art. 25.5 – B del DT02B) in cui si potrà intervenire secondo gli indici di edificabilità riportati nelle tabelle parametriche dell'art. 26, realizzando interventi di ampliamento volumetrico e di nuova edificazione. Questi ultimi interventi, che il piano riconduce alla gestione del patrimonio edilizio esistente, sfuggono al controllo del dimensionamento del PS e, stante la forma del piano adottato, difficilmente possono essere quantificabili, incidendo tra l'altro sulle caratteristiche ambientali (grandi spazi verdi a giardino pertinenziali di ville spesso di valore), che sono la peculiarità della Marina di Pietrasanta.

Si ritiene che sia necessaria maggiore attenzione alle “criticità” evidenziate dal PIT/PPR per l’ambito della

“Versilia e costa Apuana” (cfr. pag. 50-53 Disciplina d’uso) dove si evidenzia che “la più diffusa criticità della Versilia è costituita dai processi crescenti di pressione antropica sulla pianura costiera”…” che il carico turistico, associato alla crescente pressione edificatoria che ha prodotto …. una progressiva saturazione degli spazi aperti residuali”……”Che lungo la pianura le urbanizzazioni continue

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4 comprendenti lottizzazioni residenziali, centri commerciali, piattaforme logistiche e industriali, oltre a incrementare il consumo di suolo, hanno prodotto fenomeni di frammentazione, destrutturazione e semplificazione del sistema agro-ambientale storico con conseguente…..ecc. ..”. Tenendo conto di queste criticità il PIT/PRP propone e richiede una gestione del territorio della Versilia e della costa Apuana che si qualifichi e si caratterizzi dalla presenza di “discontinuità” rispetto alla gestione degli anni trascorsi: da qui gli “indirizzi per le politiche” riferiti ai “sistemi della costa e della pianura” e finalizzati a

“salvaguardare e riqualificare gli spazi inedificati esistenti……a evitare ulteriori processi di saldatura delle conurbazioni lineari ecc”. In particolare il PIT/PPR (cfr.pag.59 disciplina d’uso) indica dove sono localizzate le “aree libere residuali”: …”tra Focette e Marina di Pietrasanta, e in prossimità della località Fiumetto” e pertanto le “discontinuità urbane” della costa debbono essere: a) riconosciute, b) individuate, c)rappresentate/localizzate, d) normate.

A tal proposito si suggerisce fortemente di svolgere approfondimenti e verifiche che possano garantire il mantenimento della qualità urbana e paesaggistica di questi contesti che caratterizzano l’identità, anche architettonica, della Versilia.

Di seguito si riportano specifiche osservazioni riferibili a determinati temi:

Osservazioni alla pianificazione:

1) Disciplina generale del Piano;

2) Patrimonio industriale e artigianale in trasformazione o dismesso;

3) Categorie di intervento per il recupero del patrimonio edilizio esistente;

4) Territorio agricolo e attività e servizio di ospitalità Appendice:

-Ambiguità interpretative -Precisazioni

-Chiarimenti

Con testo in corsivo si riporta il testo estratto dai documenti di pianificazione adottata.

1 - DISCIPLINA GENERALE DEL PIANO

1.1 Si osserva che alcune modalità operative e le prescrizioni del Piano Operativo recentemente adottato, potrebbero rendere meno efficace il processo di qualificazione edilizia ed urbanistica. Alcuni passaggi dell’articolato normativo da un lato presentano scarsa flessibilità e dall’altro, a causa di norme complesse, soggette ad incertezza interpretativa, non forniscono sufficienti elementi di sicurezza operativa per i progettisti, nonché per gli istruttori e, conseguentemente, per i cittadini che si trovano a programmare interventi volti anche al recupero del patrimonio edilizio, utili al presidio territoriale e gli investimenti necessari.

Si chiede pertanto di dare più spazio e più valore al progetto architettonico adottando strategie elastiche che non precludano adattamenti o il ricomporsi di nuovi scenari, in una prospettiva di equilibri dinamici

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5 mutevoli come quella particolare in cui stiamo vivendo. Le norme dovrebbero fornire criteri guida (il rispetto dell’assetto figurativo complessivo, dei caratteri morfo-tipologici e dei materiali ed elementi decorativi di pregio o caratterizzanti propri dei contesti in cui ci si trova ad operare) entro i quali il progetto deve però potersi muovere, fornendo anche ulteriori contributi alla qualità del vivere, meglio adattandosi alle esigenze e agli usi contemporanei e non rinunciando alle innovazioni tecnologiche del costruire.

Si chiede inoltre di specificare nella disciplina del piano che il soggetto titolato all’applicazione delle norme del piano è il Progettista e che si riconosce in capo allo stesso e alla documentazione progettuale la capacità di motivare le applicazioni della disciplina. Ciò anche al fine di evitare contrapposizioni tra istruttori degli uffici comunali e progettisti relativamente all’applicazione di norme che, in alcuni passaggi, hanno correttamente natura prestazionale, non basata su parametri quantitativi fissi.

Rif. PO - DT02b Disciplina Urbanistica 1.2 - Incremento volumetrico

L'incremento volumetrico “fuori sagoma” in disciplina urbanistica per il patrimonio edilizio esistente è proposta in linea generale come segue:

Addizione Volumetrica (art. 17.5, comma 4 - DT 02 B Disciplina Urbanistica)

Negli edifici a destinazione residenziale di classe 3,4,5 o privi di valore storico, ad esclusione delle zone A1 (...) è consentita una addizione volumetrica “una tantum” pari al:

• 15 % della S.E. esistente per gli edifici di classe 3 fino ad un massimo di 40 mq;

• 20% max della SE esistente per gli edifici di classe 4 e 5;

• 30% max. della S.E. esistente per quelli privi di valore storico, in deroga agli altri parametri urbanistici.

Si osserva che la norma di PO comunale è in generale orientata al dimensionamento percentuale dell'addizione volumetrica sulla base della consistenza dell'edificio. Ciò, di fatto, privilegia gli edifici di più grande dimensione, mentre limita l'incentivo al recupero dei piccoli edifici. Si osserva che spesso i piccoli edifici sono sparsi in aree di territorio aperto, e grazie a inferiori valori immobiliari di base, più accessibili per essere recuperati anche da soggetti con minore potenzialità economica, ma che possono contribuire, mediante il presidio umano abitativo, a limitare il fenomeno di abbandono degli ambiti rurali.

Si chiede che, per i fabbricati regolarmente assentiti, a destinazione d'uso residenziale, sia consentito il raggiungimento di una superficie minima assoluta espressa in SE in Addizione Volumetrica da affiancare agli incrementi percentuali al fine di una maggior efficacia della disciplina e con l’obiettivo dell'eliminazione di fenomeni sperequativi.

1.3 Piano delle funzioni

1.3.1 - Art. 15 - Disciplina della distribuzione e della localizzazione delle funzioni e del cambio delle destinazioni d’uso.

5. Non costituisce cambio di destinazione d’uso il diverso utilizzo dell’unità immobiliare per una SE inferiore o uguale al 30%, purché rientri tra le funzioni ammesse nella zona di appartenenza.

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6 Tale percentuale risulta difforme con quanto stabilito dall' Art.99 della LRT n°65/2014 - Categorie funzionali e mutamenti della destinazione d’uso.

"4 bis. Si ha mutamento della destinazione d’uso quando sia variata l’utilizzazione di una unità immobiliare in modo tale da interessare oltre il 50 % della superficie utile dell’unità stessa oppure, comunque, nel caso di variazione di utilizzazione a fini commerciali, quando sia superato il limite della superficie di vendita per esercizi di vicinato di cui all’articolo 13 della legge regionale 23 novembre 2018, n. 62 (Codice del Commercio). Resta fermo che le funzioni introdotte nelle porzioni non prevalenti in termini di superficie utile devono essere consentite dagli strumenti urbanistici comunali. "

Si chiede pertanto di modificare la disciplina al fine di renderla coerente con quanto disciplinato dall’Art.

99 della L.R. 65/2014

1.3.2 - Art. 17.5 - Addizione Volumetrica (A.V.)

4.Negli edifici a destinazione residenziale di classe 3, 4, 5 o privi di valore storico per i quali è ammessa l’addizione volumetrica, qualora risultasse saturo l’indice fondiario delle tabelle parametriche di cui all’art. 26, è consentita una addizione volumetrica una tantum pari al 15 % della S.E. esistente per gli edifici di classe 3 fino ad un massimo di 40 mq., mentre per gli edifici di classe 4 e 5 pari al 20% max della S.E. esistente e il 30% max. della S.E. esistente per quelli privi di valore storico, in deroga agli altri parametri urbanistici, ad esclusione delle zone A1.

Si richiede di permettere l'addizione volumetrica anche agli edifici a destinazione commerciale ai fini di estendere il recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio non residenziale.

1.4 - Incentivi energetici (art. 20 - DT 02 B Disciplina Urbanistica)

Lo strumento urbanistico per governare la riqualificazione energetica propone il seguente modello:

• 10% S. E. per gli edifici in classe energetica A3, A4

• 8% S. E. per gli edifici in classe energetica A1, A2

• 6% S. E. per gli edifici in classe energetica B.

Si osserva che la norma di PO comunale non è coerente con la norma regionale:

La legge regionale 65/14 all'art, 220 comma7, disciplina la premialità volumetrica (“incremento fino al 10%

della superficie calpestabile (S.cal) ...compatibilmente con i caratteri storici ed architettonici degli edifici e dei luoghi” e non alla prestazione energetica da conseguire.

Inoltre la proposta in PO risulta esclusiva ed applicabile per i soli immobili che possono già raggiungere la prestazione energetica limite, e disincentivante per gran parte del patrimonio edilizio esistente che può essere riqualificato dal punto di vista energetico, ma non oltre un certo grado per intrinseche condizioni fisiche.

Inoltre anche il ricorso, nel PO, al parametro “SE” anziché alla “S.cal” richiamata dalla legge regionale, risulta penalizzante.

Si richiede di rimodulare gli incentivi in funzione delle caratteristiche dell’edificio esistente affinché si incentivi maggiormente il recupero del patrimonio edilizio che presenta le maggiori criticità energetiche facendo riferimento al parametro della Superficie Utile (o “S.cal”).

1.5 – Trasformazioni urbanistiche mediante la modalità “decollo” e “atterraggio

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7 La modalità di attuazione denominata “decollo e atterraggio” del PO opera al fine di “trasferire volumi impropri presenti nel territorio urbanizzato, per rigenerare parti della città in stato di abbandono o degrado, alleggerendo la densità edilizia e/o per realizzare spazi o infrastrutture pubbliche, perseguendo gli obbiettivi specifici in base ai morfotipi insediativi in cui l'area di atterraggio è inserita, così come definiti nelle Disposizioni Statutarie DT02a. L'attuazione di tale procedura è definita nelle Schede norma TU_rd e TU_c.”

Si rileva che sovente le aree di atterraggio non interessano parti di territorio “in stato di abbandono o degrado”, né di “bordi” del TU che in qualche caso potrebbero essere oggetto di ricucitura/riqualificazione col tessuto esistente, ma, in genere, di veri e propri “vuoti urbani” interni al TU, da tutelare per la riconoscibilità delle caratteristiche peculiari sia degli stessi morfotipi urbani, sia della percezione del paesaggio; si riscontrano inoltre alcune criticità relativamente alla attuazione effettiva delle previsioni nonché rispetto al controllo degli effetti di tali trasformazioni.

1.5.1 Problema del controllo del Dimensionamento:

dalle zone di decollo una quota/tutta la SE viene trasferita (a scelta del privato dell’area di decollo: la scheda-norma suggerisce “preferibilmente” in Zone C2 individuate appunto nelle schede-norma) in aree C2 che hanno un dimensionamento di SE massima definito.

Si chiede una verifica delle quantità di SE delle trasformazioni in atterraggio che scaturiscono da questa modalità di attuazione in quanto si rilevano situazioni che possono produrre anche un raddoppio delle Superfici Edificabili rispetto alle superfici recuperate.1

1.5.2 Problema delle modalità tecniche di attuazione:

Si rileva una forte criticità nell’effettiva attivazione di tali trasformazioni in quanto risulta necessario sviluppare accordi tra soggetti privati che dispongono di aree anche molto distanti tra loro. Si rileva inoltre che la disciplina prevede in certi casi la formazione di una nuova scheda-norma e la modifica degli elaborati di Piano, senza costituire una variante urbanistica, in quanto già prevista dalla disciplina.

Si richiede di verificare la possibilità di modificare la disciplina del P.O. affinché l’attivazione di tali trasformazioni avvenga con modalità maggiormente razionali e che le trasformazioni conseguenti a tali previsioni siano opportunamente prefigurate dallo strumento urbanistico.

1.5.3 Le condizioni normative per l’eventuale decollo di SE per gli edifici in territorio rurale con destinazione d’uso non-agricola (articolo 23.3.3 comma 6 + 23.4.5 comma 5)

Gli edifici con tipologia estranea al territorio rurale e quelli di nessun valore tipologico (edifici 5) possono cambiare la destinazione d’uso “in loco” a “residenziale” fino a una SE max. di 130 mq. esistente Dalla lettura delle norme risulta che la quota eccedente pari al 30% dell’esistente (39 mq.) possa essere trasformata – “in loco” - verso qualsiasi destinazione d’uso ammessa nel TR. Oltre 169 mq. la SE

1 Prendendo ad esempio le schede-norma (es. UTOE 2) si rileva che la SE complessiva per le TU di atterraggio = 11.406 mq. Questa quantità deriva dall’atterraggio delle Zone: TUrd e Tuc.

Ma la SE complessiva delle Zone TUrd e Tuc che viene fatta decollare è pari a 5.943 mq.

La differenza tra: 11.406 – 5.943 = 5.463 mq. che, come detto corrisponde a circa il doppio della superficie esistente.

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8 eccedente ha facoltà di “decollare” in zona C2 del TU e in questo caso con un incremento premiale del 20% di SE esistente.

Inoltre, gli immobili che usufruiscono di queste condizioni, se hanno mutato la destinazione d’uso verso il “turistico-ricettivo” non potranno mutare la nuova destinazione per i venti anni successivi alla data di abitabilità.

SI rileva che tale modalità di attuazione risulta eccessivamente complesso nell’interpretazione dell’articolato in fase di gestione del PO e si osserva come gli interventi proposti siano di difficile gestione e monitoraggio, e di difficile attuazione materiale e probabilmente di limitata fattibilità reale.

Si richiede di verificare e di superare le criticità sopraelencate mediante adeguati aggiustamenti delle discipline.

1.6 Espropri

Considerato che all’Art. 3 - Validità, varianti e criteri interpretativi del Piano Operativo si legge al comma 4.del PO adottato si legge: I vincoli preordinati all’esproprio perdono efficacia se entro il suddetto termine quinquennale non è stato approvato il progetto definitivo dell’opera pubblica. Qualora sia previsto che l’opera possa essere realizzata anche su iniziativa privata, alla decadenza del vincolo non consegue la perdita di efficacia della relativa previsione.

Si richiede che nella disciplina di piano che regola gli espropri sia reso esplicito quali siano le condizioni di esproprio delle aree connesse a ciascuna trasformazione chiarendo la decadenza del vincolo preordinato all’esproprio nel caso in cui, al termine dei 5 anni, non sia stata stipulata la relativa convenzione o non sia stato formato un atto unilaterale d’obbligo.

2 - PATRIMONIO INDUSTRIALE ED ARTIGIANALE DISMESSO – Rif. PO - DT02b Disciplina Urbanistica

2.1 Patrimonio edifici produttivi

Il PO in ambiti urbanistici del territorio comunale propone il riutilizzo dei capannoni e delle aree produttive dismesse per la riqualificazione urbanistica, ambientale e architettonica, dichiarando che l'intervento di recupero è finalizzato alla “sostituzione di edifici produttivi con edifici utili ad ospitare funzioni civiche o destinate alla collettività o funzioni ambientali. Attivare occasioni per rivalutare il patrimonio edilizio contemporaneo”

(es. in DT02a art. 9.9.-T.R.6 comma b).

In considerazione dell'identità locale, internazionalmente riconosciuta alla cittadina di Pietrasanta, quale luogo di produzione di artigianato artistico e luogo di creazione dell'arte contemporanea, legato alla lavorazione del marmo ed alla fonderia d'arte, si è osservato negli anni il consolidarsi della presenza permanente e saltuaria di artisti e maestranze dedicate al settore artistico. Ciò conferisce particolare valore storico e narrativo al tessuto sociale e al territorio cittadino, non dimenticando che il rapporto tra la residenza e l'artigianato artistico era una caratteristica propria del centro storico cittadino.

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9 Di contro, negli anni più recenti si è osservato, a fronte anche di un rapido declino di attività produttiva, che gli spazi da questa occupata sono andati in parte perduti e lasciati all'abbandono e in parte trasformati verso un indifferenziato recupero, preferibilmente residenziale, per inseguire la rendita immobiliare che nel frattempo ha segnato il territorio versiliese. Ciò è dovuto da un lato per naturale trasformazione dell'economia urbana, e dall'altra per mancanza di progettualità politica del territorio nel sapere interpretare le criticità delle trasformazioni socio-economiche e tradurle in risorse ed opportunità del territorio per la comunità.

Si propone, in aggiunta e nello spirito delle nuove funzioni già promosse in PO, che in questi ambiti di recupero si favorisca il possibile insediamento di “Quartieri Artistici” o “Parchi d'arte”, orientati a fondere insieme l'attività con finalità artistica e alloggi temporanei per artisti, cosi da materializzare i contenuti di stretto rapporto tra città e abitanti che si traducono nel titolo di “Pietrasanta -città d'arte”.

Ai fini della pianificazione urbanistica tale proposta non altera il dimensionamento del Piano non costituisce cambio d'uso dalla destinazione principale artigianale o industriale delle aree. Sul lato attuativo, per la rigenerazione urbana di questi ambiti dismessi o in trasformazione, si potrebbe ricorrere a uno specifico “Piano di Recupero Artistico -PRA” nel quale individuare le modalità più propriamente operative.

La rigenerazione di questi ambiti avrebbe naturale proseguimento nella corretta individuazione, anche in termini di qualità insediativa, di una concreta tipologia abitativa di “studio/atelier”, lontano dai termini sia della bassa qualità del vivere, sia della pura speculazione edilizia, ma spazio dove l’artista lavora abita, espone, si relaziona col pubblico e, non ultimo, vende le proprie opere.

Le ricadute positive sul tessuto sociale sono evidenti, in un territorio drogato dagli affitti estivi turistici:

da una parte si favorirebbe il mantenimento della più alta vocazione storica ed identitaria dei luoghi artistici, non solo tesa a “musealizzare” il passato, ma anche da vivere quotidianamente, e dall'altra consentirebbe l'insediamento, a costi sostenibili, giovani artisti, assistenti e artigiani professionali e in via di formazione, stages e corsi d'arte, e tutta la galassia che opera nel mondo della produzione artistica.

2.2 – DP1 - Parti del territorio urbanizzato a prevalente carattere produttivo soggette a intervento diretto.

1. Corrispondono alle parti degli insediamenti a carattere produttivo munite delle opere di urbanizzazione primaria e in buona parte già edificate. In tali ambiti si opera secondo i parametri urbanistici (IF,IC,H max) riportati nelle tabelle parametriche di cui all'art. 26, e laddove i lotti consentono addizioni di SE comportanti ampliamenti volumetrici ,a fabbricati esistenti o nuove costruzioni ciò è possibile a condizione che nel computo sia contabilizzata la S.E. già realizzata sulle stesse aree. Il calcolo dell'indice avviene sul lotto di proprietà sempreché lo stesso non sia già stato utilizzato da lotti adiacenti oggetto di frazionamento, nel qual caso dallo stesso va detratta la potenzialità edificatoria già utilizzata.

Ai fini di una maggior chiarezza delle previsioni del Piano Operativo e della qualità delle trasformazioni indotte dal Piano, si chiede di rendere esplicito quali siano i lotti di nuova costruzione sugli elaborati di Piano così da definire in modo maggiormente chiaro quali siano le aree edificabili all’interno del contesto e, conseguentemente di verificare se tali nuove edificazioni si ritengano sostenibili sotto il profilo

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10 ambientale, urbanistico e paesaggistico rispetto a quanto disciplinato dal Piano Strutturale, dal Piano Paesaggistico e dalla L.R. 65/2014.

3 – CATEGORIE DI INTERVENTO PER IL RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE

– Rif. PO - DT02b Disciplina Urbanistica

3.1 Art. 17 - Categorie d’intervento sul patrimonio edilizio esistente e nuove costruzioni

Tenuto in debito conto che la pianificazione urbanistica si occupa non solo dei processi di trasformazione urbana, ma anche del costruito esistente, in quanto base identitaria dell'architettura del territorio, si osserva quanto segue:

All'art. 17 della Disciplina Urbanistica sono trattate tutte le categorie di intervento sul patrimonio edilizio esistente e per le nuove costruzioni. Nei commi dell'articolato è poi riportata una dettagliata descrizione delle modalità di esecuzione degli interventi.

La Disciplina Urbanistica del PO declina ulteriormente le categorie di intervento diretto, declinazione già avviata dalla norma regionale. Il “restauro e risanamento conservativo” viene proposto in due sotto- categorie, e la “ristrutturazione edilizia” è frazionata in quattro ulteriori sotto-categorie.

Si delinea così da una parte un preciso ambito di intervento, volto all'esclusivo recupero del patrimonio edilizio esistente, che non produce particolare incidenza sulle risorse del territorio, delineando interventi contenibili tra quelli non urbanisticamente rilevanti (concetto propriamente dell'edilizia) a dall'altra parte un ambito di intervento di parziale o totale trasformazione e, come tali, incidenti sugli standard e sulle dotazioni e i servizi territoriali (concetto afferente all'urbanistica).

Per alcune categorie di intervento (es. restauro arch. totale e restauro arch. parziale …) inoltre l'articolo di PO arriva a segnalare anche gli interventi interni al fabbricato da recuperare, ambito decisamente lontano dalla pianificazione territoriale, per scala di intervento e programma progettuale. Peraltro le modalità di intervento prettamente edilizio sui fabbricati sono principalmente descritte nei due testi norma del PO il documento DT02a di disposizioni statutarie ed il documento DT02b di disciplina urbanistica, e poi riprese in sintesi anche sul Regolamento Edilizio. Dunque la lettura esaustiva delle modalità e prescrizioni di dettaglio degli interventi sul patrimonio edilizio esistente, non incidenti sui parametri urbanistici, risulta ripartita su tre diversi documenti.

Detto questo si ritiene che l'articolato puntuale delle modalità di esecuzione degli interventi per le categorie di natura prettamente conservativa, ove non si arriva alla demolizione del fabbricato, e che non incidono sul dimensionamento del piano e sui parametri urbanistici di riferimento, quali la Manutenzione ordinaria, Manutenzione straordinaria, Restauro e risanamento conservativo, fino alla Ristrutturazione Edilizia Conservativa, e le relative ulteriori declinazioni proposte dal pianificatore, potrebbero essere del tutto ricondotte all'art. 9 del Regolamento Edilizio comunale, strumento più idoneo e flessibile per gli interventi diretti, alleggerendo il PO e lasciando a questo le sole disposizioni statutarie delle linee di principio degli interventi conservativi sul patrimonio edilizio.

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11 Si propone di ridurre le tipologie di intervento previste dal presente piano a quelle individuate dalla LRT 65/2014 e dal DPR 380, in modo da uniformarle con quelle espresse dai regolamenti regionale e nazionale individuabili nella modulistica unificata al fine di evitare fraintendimenti nell'individuazione delle categorie di intervento.

3.2 Edifici di valore Storico architettonico ‘Movimento Brutalista’

Esistono sul territorio di Pietrasanta esempi di architetture progettate da eminenti esponenti del c.d.

movimento “Brutalista”, evoluzione post-bellica del movimento razionalista nel quale detti esponenti hanno in precedenza operato.

I nomi sono noti: Giovanni MICHELUCCI; Leonardo RICCI; Leonardo SAVIOLI, per citarne solo alcuni. A tal proposito risulta che nell’odierna classificazione, non sia stata pienamente considerata la reale entità di dette insostituibili testimonianze, trascurando, a questo avviso, di salvaguardarle adeguatamente o –comunque –minimizzando la tutela.

Si citano, ad esempio i seguenti immobili che meriterebbero una classificazione maggiormente conservativa del tipo “2°”:

- Unità minima per vacanze (1963) di SAVIOLI, presente a Tonfano, in via Palestro al n°80, classificata nel P.O. come “2b”, soggetta per questo al regime di cui all’Art 18.2, mentre, a questo parere, rientrerebbe pacificamente nella superiore classificazione “2a”, dovendo assicurare il massimo grado di tutela previsto per tale tipologia di bene architettonico e tipologico.

- Opera del medesimo SAVIOLI presente sempre a Marina, in via Cortona al n°21 (la ex-pensione Sacchelli -1962) recentemente ristrutturata. Anche in questo caso si tratta di un puro esempio dell’Architettura del SAVIOLI, che interpreta una struttura turistico-ricettiva “minima”, commisurata ad una utenza che non sempre poteva essere di illimitata capienza economica (in questo, dimostrando una coerenza stilistica e concettuale con l’esempio poco sopra citato della Unità minima per vacanze). Anche qui, il P.O. prevede una classificazione non adeguata (la “2b”), dovendosi invece coerentemente applicare il massimo grado possibile di conservazione; cioè il

“2a”.

- Villa Rosselli (1963), opera di Leonardo RICCI che, lo si ricorda, ha firmato anche la più rinomata Villa Borghese-Mann. Villa Rosselli è collocata a Focette, in via Milano. Anche in questo caso è stata prevista una classificazione “2b”, mentre, per i principi già sopra menzionati, dovrebbe avere il massimo della tutela prevista; cioè il “2a”.

- Villa Giunti (1961), opera di Giovanni MICHELUCCI, presente a Fiumetto, viale Roma al n°23.

Si osserva, per quanto sopra esposto, che il P.O. esegue una sostanziale differenziazione della classificazione da “2a” (quella maggiormente restrittiva) a “2b” UNICAMENTE SU BASE cronologica, riservando la classificazione “2a” solo ai casi meritevoli, ma precedenti al 1954, come se un’opera architettonica fosse meno pregevole man mano che ci si approssima ai nostri giorni. Risulta giocoforza che, magari una medesima opera del MICHELUCCI ante 1954, avrebbe una diversa classificazione

(12)

12 (quindi, una maggior tutela) rispetto ad altra opera dello stesso Architetto, ma successiva al 1954 (come, per l’appunto, il caso di Villa Giunti).

Si richiede, pertanto, di provvedere ad una precisa verifica delle classificazioni degli edifici aventi valore architettonico a prescindere dall’epoca di costruzione ponendo particolare attenzione alle opere che hanno segnato le varie epoche ed, in particolare, per quanto riguarda l’architettura contemporanea. Stante le sensibilità proprie della formazione dell’Architetto, si propone inoltre di introdurre nelle norme generali di tutela, il riferimento alla unicità della competenza per operare in questi ambiti riservata ai soli Architetti anche in considerazione dello straordinario patrimonio edilizio presente nel territorio di Pietrasanta.

3.3 Art. 25.4 - Zone A2: Parti del territorio urbanizzato a prevalente carattere residenziale di impianto storico moderno

4. Per gli edifici privi di valore storico, architettonico, tipologico, di cui al comma 3, sono ammesse le categorie d'intervento di cui all'art. 17 nel rispetto dell'impianto urbanistico storicizzato e dei caratteri architettonici e tipologici del contesto storico.

Addizioni di SE comportanti ampliamenti volumetrici agli edifici esistenti, sono possibili nel rispetto dei seguenti parametri:

UTOE 1:IF: 0,35, IC: 0,30, H.Max =3P. con un Massimo di ml8,50 UTOE 2 e 3: IF: 0,50, IC: 0,35, H. Max.=3P

Ai fini di una maggior chiarezza delle previsioni del Piano Operativo e della qualità delle trasformazioni indotte dal Piano, si chiede di rendere esplicito quali siano i lotti di nuova costruzione sugli elaborati di Piano così da definire in modo maggiormente chiaro quali siano le aree edificabili all’interno del contesto e, conseguentemente di verificare se tali nuove edificazioni si ritengano sostenibili sotto il profilo ambientale, urbanistico e paesaggistico rispetto a quanto disciplinato dal Piano Strutturale, dal Piano Paesaggistico e dalla L.R. 65/2014. Per non snaturare lo skyline della Marina, si propone inoltre di porre come limite 2P riducendo anche l’altezza di ml. 8,50.

3.4 - Art. 25.5 - B: Parti del territorio urbanizzato a prevalente carattere residenziale di impianto urbanistico recente soggette a Intervento Diretto.

Corrispondono alle parti più recenti degli insediamenti a carattere residenziale frutto degli strumenti urbanistici precedenti, pressoché complete e munite delle opere di urbanizzazione primaria, salvo alcuni vuoti urbani esclusi da tali zone e soggette a interventi convenzionati. In tali ambiti si opera secondo gli indici di edificabilità riportati nelle tabelle parametriche di cui all'art. 26 e laddove i lotti consentono addizioni di SE comportanti ampliamenti volumetrici a fabbricati esistenti o nuove costruzioni, ciò è possibile a condizione che nel computo sia contabilizzata la S.E. già realizzata sulle stesse aree. Il calcolo dell'indice avviene sul lotto di proprietà sempreché lo stesso non sia già stato utilizzato da lotti adiacenti oggetto di frazionamenti, nel qual caso dallo stesso va detratta la potenzialità edificatoria già utilizzata.

Al fine di limitare la realizzazione incontrollata di nuove unità immobiliari e la trasformazione delle caratteristiche ambientali di tali zone ed al fine di una maggior chiarezza delle previsioni del Piano Operativo e della qualità delle trasformazioni indotte dal Piano, si chiede di rendere esplicito quali siano i lotti di nuova costruzione sugli elaborati di Piano così da definire in modo maggiormente chiaro quali siano le aree edificabili all’interno del contesto e, conseguentemente di verificare se tali nuove edificazioni

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13 si ritengano sostenibili sotto il profilo ambientale, urbanistico e paesaggistico rispetto a quanto disciplinato dal Piano Strutturale, dal Piano Paesaggistico e dalla L.R. 65/2014.

3.5 Unita’ Immobiliari e Resedi Pertinenziali Considerato che:

- all’interno del PO adottato tra le categorie di intervento previsto vi è, all’art. 17.4.4, la “ristrutturazione edilizia ricostruttiva modificativa”, in cui è possibile anche spostare il sedime del fabbricato senza che sia considerata sostituzione edilizia o nuova costruzione;

- Che ai sensi dell’art. 17.10 per gli edifici classificati con il n. 2-3-4-5 è sempre ammessa la realizzazione di pertinenze;

Si osserva che non è prevista nel PO la definizione di resede pertinenziale in cui poter realizzare le pertinenze o spostare il sedime del fabbricato sul lotto, in zona rurale, nei casi previsti all’art. 17.4.4.

Si chiede di chiarire se non vi sono limitazioni o in caso contrario che queste vengano esplicitate.

3.6 NTA. Precisazioni in merito agli interventi edilizi

3.6.1 - In merito agli immobili di valore storico architettonico e tipologico (n. 1 2 e 3) si chiede che sia previsto il rilievo critico dell’organismo edilizio volto ad esaminare la componente storico architettonica, quella distributiva, strutturale e impiantistica al fine di lasciar emergere i caratteri da mantenere e quelli su cui si può agire per adeguare funzionalmente l’edificio e non una rigida griglia di interventi come quella descritta all’art. 17.3.2 - Restauro Architettonico Parziale (R.A.P.) e al Restauro Architettonico Totale (R.A.T.).

3.6.2 - All’art. 17.4.1 - Ristrutturazione Edilizia Conservativa (R.E.C.) è previsto al comma 3 lett. d): il rinnovo degli elementi strutturali con gli stessi materiali anche con leggere variazione delle quote d’imposta se necessarie al rispetto dei parametri igienici nel rispetto della tipologia del fabbricato.

Si chiede pertanto che: i materiali siano quelli previsti dalle NTC 2018 (esempio: la realizzazione di un cordolo su muratura di pietrame potrebbe non essere certificata dal punto di vista delle NTC 2018 se realizzata sempre in pietrame).

Si chiede inoltre che i requisiti igienico sanitari non siano gli unici parametri di cui tenere conto in caso di realizzazione di un cordolo che potrebbe dover essere necessario per il consolidamento dell’immobile e la riduzione del rischio sismico, intervento non in contrasto con il valore della tipologia degli edifici classificati 3 e 4 e a volte non realizzabile senza aumento di altezza in gronda: v. esempio di fabbricati in cui lo spazio tra l’estradosso della finestra e l’imposta del tetto è di circa 30 /40 cm, per cui il consolidamento non è fattibile senza modificare le aperture.

3.6.3 - Al comma 4 dell’art. 17.4.1 - Ristrutturazione Edilizia Conservativa (R.E.C.), si legge: Nel caso di interventi relativi a prospetti di edifici la Ristrutturazione Edilizia Conservativa dovrà essere prevista per parti organiche delle facciate e non solo relativamente ai confini di proprietà. In ogni caso tali interventi dovranno armonizzarsi con l’edificio senza alterare il disegno dei prospetti.

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14 Il periodo è poco chiaro perché sembra da un lato che si possa intervenire sulla modifica dei prospetti ancorchè per parti organiche, invece nell’ultimo periodo non si deve alterare il disegno dei prospetti. La norma non è chiara, si chiede che venga scritto con più chiarezza per non dare adito ad interpretazioni ed errori.

4- TERRITORIO AGRICOLO ATTIVITA' E SERVIZI DI OSPITALITA' – Rif. PO - DT02b Disciplina Urbanistica

4.1- Agriturismo e Agri-campeggio

Tra le attività ricettive in zona agricola il PO recita “...è consentito, e regolamentato in Disciplina Urbanistica, per le aziende agricole ospitare camper e tende in piazzole”.

La Disciplina prevede inoltre che “al fine di mitigare l’impatto paesaggistico, l’area che accoglierà le piazzole dovrà essere dotata di idonei strumenti di occultamento, quali recinzioni verdi realizzate con specie vegetali autoctone, da definire alla luce della morfologia del luogo con l’obiettivo di rendere non visibile dall’esterno gli automezzi ospitati.” Sottolineando cioè l’importanza di “nascondere” le nuove installazioni quasi a dichiarare che non vi possa essere una estetica di qualità a supporto di queste, oppure che non vi siano altre modalità di ospitalità in zona agricola se non vedere automezzi, camper e tende. Non è peraltro necessario portare in zona agricola il panorama tipico dell'area di campeggio turistico, si possono trovare delle nuove formule, o quantomeno prevederne le alternative e favorire l'innalzamento della qualità del paesaggio. Da segnalare inoltre che il territorio di Pietrasanta è interessato per buona parte, ritrovandosi sulla direttrice Aurelia storica, dalla via Francigena di pellegrinaggio, tipicamente frequentata da camminatori.

Si osserva che la ricettività turistica negli ultimoi anni si è evoluta anche verso nuove forme ibride e di adattamento alla domanda di fruizione dei luoghi rurali. Nuove formule che stanno unendo qualità costruttiva, identità locale, salvaguardia ambientale e contatto con la natura. In diversi territori nazionali si è visto sperimentare, anche in zona agricola e in aree di riconosciuta valenza paesaggistica, nuove e gradite formule di ospitalità e servizi, tra queste per es. il “country hotel” e il “glamping”.

Le nuove formule ricettive spesso si caratterizzano proprio per una maggior attenzione verso i temi della sostenibilità ambientale e attuate con un più basso impatto sul territorio, necessitanti di minore attrezzatura rispetto a quella più massiva litoranea sviluppata su di una importante infrastruttura immobiliare e territoriale.

Si chiede che il Piano riconosca e regoli attentamente le nuove formule di ricettività turistica più diffusa, finalizzata a differenziare l'offerta e sostenere il tessuto imprenditoriale agricolo, volta a valorizzare la produzione e il consumo di produzioni di eccellenza locale.

Un criterio normativo potrebbe essere basato sulla temporalità di queste iniziative ed alla tipologia costruttiva “leggera”, di semplice installazione, privi di fondazioni e smontabili, secondo un criterio della minima invasività e massima reversibilità ambientale. Demandandone l'articolazione ad un regolamento locale specifico che ne gestisca la coerenza tra gli obiettivi di tutela ambientale e di pianificazione e la flessibilità delle libere iniziative che possono essere proposte dall'imprenditore.

(15)

15 Appendice:

AMBIGUITÀ DI ALCUNI NEOLOGISMI UTILIZZATI:

A. Documento: DT02a -Disposizioni statutarie

9.6.- Pietrasanta punto T.R. 6 (anche in 9.8.- Marina di Pietrasanta T.R.6. )

“f) Favorire la depermeabilazzazione della superficie asfaltata”.

Si osserva che il termine “depermeabilizzazione”: azione atta a rendere permeabile o impermeabile? Non risulta di chiara comprensione per definire l’azione promossa. Più avanti compare il termine

“disimpermeabilizzare”.

“g) Verificare ed attuare strategie di “densificazione dei tessuti”, prevedendo nel contempo interventi di ristrutturazione e demolizione degli edifici esistenti.”

Cosa si intende per “strategie di densificazione”: azioni atte a rendere densi i tessuti? Sembra contraddirsi con i successivi termini di “ristrutturazione e demolizione”.

B. Cartografia e Zonizzazione

Si segnala infine la presenza di numerosi errori e refusi nella cartografia. Errori, che assieme alla scarsa leggibilità delle campiture/coloriture ne limitano la comprensione.

Inoltre non sono comprensibili alcune scelte sulla zonizzazione, come ad esempio quella riguardante l’area ricadente nell’UTOE 3 di Strettoia, compresa tra la Via SIPE e il torrente Bonazzera, che, pur densamente edificata, con un tessuto misto residenziale e produttivo privo di servizi e infrastrutture, e bisognosa di rigenerazione/ristrutturazione urbana, è stata inserita nel territorio rurale, senza la previsione di interventi di recupero e valorizzazione di alcun tipo.

In generale si richiede di verificare e risolvere:

- la mancata corrispondenza tra retini nella legenda ( colori pieni) e colori delle unità da identificare che hanno sempre righe o comunque un tratteggio non definito in legenda;

- la poca differenza tra i colori che indicano le classi degli edifici tanto che si confondono tra loro (sono tutti arancioni più o meno scuri).

- Le condizioni di scarsa leggibilità degli elaborati cartografici

C. Refusi Errori Materiali

• -TAV. QC6: sono presenti retini che non hanno una corrispondente voce in legenda

• - ELABORATI GRAFICI: Gli elaborati grafici risultano essere troppo pesanti in termini informatici (80 – 100 mb), alcuni sono troppo pesanti anche per una visione da desktop (vedi carte della pericolosità sismica di circa 200 mb) e pertanto di difficile lettura.

• art. 26.7 - Insediamento Urbano di Pietrasanta Capoluogo, (DT 02 b) al comma 2 ricorre la località di “Vallecchia” (refuso proveniente dall'articolato precedente dedicato a Vallecchia, anziché “Pietrasanta capoluogo”)

(16)

16 D. Precisazioni:

• Il termine “alloggio”, benché ulteriormente trattato nella circolare esplicativa d'ufficio “come si legge il piano” appare ancora ambiguo. Si legge in scheda 1: ALLOGGIO: il termine alloggio è utilizzato per indicare l’unità immobiliare, salvo i casi in cui sia riferito alla casa di guardianaggio. Si potrebbe più semplicemente conservare il significato riconosciuto al termine in lingua italiana:

ALLOGGIO: luogo destinato o adatto a dimora, stabile o temporanea. ALLOGGIARE: dare o prendere dimora. DIMORA: luogo che accoglie. Ne consegue che la “casa di guardianaggio” o

“alloggio di guardianaggio” sono sinonimi. Sarà la norma scritta che espliciterà se tale superficie apparterrà alla destinazione d'uso residenziale o è solo accessoria di altro uso ed esistente solo in funzione di questo. Es. un “alloggio di guardianaggio” di edificio industriale, o direzionale (che consente la dimora stabile o temporanea di un addetto a specifica funzione di guardiano) non costituisce unità residenziale a se stante ma rientra nella destinazione di cui è accessoria, quindi industriale o direzionale.

• 9.8.- Marina di Pietrasanta punto T.R. 6 “g) Miglioramento dell'arredo urbano con il contributo degli scultori così da sviluppare anche nella città costiera il carattere di museo all'aperto.“ Affinché l'invito a eseguire interventi urbani di più alto profilo artistico e culturale non rimanga generico, si chiede di completare il comma con la descrizione o il rimando a una procedura per cui nell'affidamento dell'incarico di progettazione e definizione economica dell'opera pubblica di arredo urbano debba comparire in quella sede sia la proposta artistica sia l'autore artista coinvolto.

• Al comma 3 punto a) dell'art. 14, si fa rimando ad un non meglio precisato “comma 6 dell’art.

13. L'art 13 dello stesso documento è svolto in due soli commi.

• Al comma 4 dell'art. 14, sembra che manchi il soggetto che regge la preposizione del secondo periodo.

E. Chiarimenti:

• Documento DT02b - Disciplina Urbanistica -18.2 - Edifici e/o complessi edilizi di valore storico-architettonico – classe di valore 2a e 2b. Non si comprende bene la declinazione in due della classe di valore 2 in 2a e 2b, ove la discriminante è solo se l'immobile è anteriore o posteriore al 1954. La sottoclasse 2b potrebbe essere fusa senza particolari problemi con la 2a, visto anche che le categorie di intervento, tutte votate al manutentivo conservativo, per questi edifici sono precisamente identiche.

• Documento DT02b - Disciplina Urbanistica -Art. 25.3- Zone A1: Parti del territorio urbanizzato a prevalente carattere residenziale di impianto storico antico. La norma riporta: “7. Nell’UTOE1 la dimensione minima delle unità abitative, frutto di frazionamenti o cambio di destinazione d'uso, non può essere inferiore a 50 mq di SE, fatta eccezione per i monolocali che debbono rispettare le superfici minime previste dal D.M. 5.7.1975. Nelle UTOE 2 e 3 la dimensione minima delle unità abitative

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17 , frutto di frazionamenti o cambio di destinazione d’uso , non può essere inferiore a mq. 60; nelle suddette UTOE non sono ammessi monolocali.”

Nell'articolo citato non si comprende bene se:

1) sia esplicitamente possibile realizzare “nuovi monolocali di superficie non inferiore ai minimi del D.M 5.7.1975”, oppure riguarda il solo riconoscimento e mantenimento di quelli esistenti.

2) vi sia un limite di dimensione della unità residua in seguito a frazionamento.

Nel caso si possano espressamente realizzare nuovi “monolocali” nelle zone A1, l'unità residenziale residua a seguito di frazionamento, la superficie minima di questi dovrà essere “non inferiore ai minimi del D.M 5.7.1975”.

Il Presidente Architetto Fabio Nardini

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