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CAPITOLO 2 FILTRI INTEGRATI TEMPO CONTINUI Gm-C. UTILITA’ NELLA CATENA DI LETTURA A CHOPPER.

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CAPITOLO 2

FILTRI INTEGRATI TEMPO CONTINUI Gm-C. UTILITA’ NELLA

CATENA DI LETTURA A CHOPPER.

- Introduzione ai filtri tempo continui

L’industria elettronica, attualmente, sta attribuendo sempre più importanza ai cosiddetti sistemi SoC (System on a Chip), nei quali un sistema complesso viene integrato su un unico substrato di silicio. In termini di efficienza operativa, è particolarmente conveniente realizzare su uno stesso “die” sia il sensore di interfacciamento, sia i successivi blocchi di condizionamento ed elaborazione del segnale. Generalmente, per i blocchi di elaborazione si adottano soluzioni digitali. Risulta, comunque, inevitabile eseguire in analogico le prime operazioni di amplificazione e filtraggio per la bassa tensione proveniente dal sensore. Ciò è utile per l’eliminazione delle componenti di rumore al di fuori della banda utile ed anche per equalizzare la risposta del sensore. Inoltre, un filtraggio analogico “anti-aliasing” è indispensabile per rendere il segnale a banda rigorosamente limitata prima della conversione in digitale.

La classificazione dei filtri avviene sulla base dei valori assunti nel tempo e in ampiezza dai segnali trattati. I filtri digitali trattano segnali discreti sia in ampiezza che nel tempo, mentre i filtri

analogici trattano segnali continui nelle ampiezze e, per quanto riguarda il tempo, si hanno due possibilità: filtri analogici tempo-continuo e filtri analogici tempo-discreto.

I filtri analogici tempo discreto sono realizzati con la tecnica delle capacità commutate

(“switched-capacitor”). Essi mostrano buona linearità, un ampio range dinamico e precisione nella risposta in frequenza. Trattandosi, però, di circuiti a dati campionati, è richiesta anche in questo caso la presenza di un filtro tempo-continuo anti-aliasing in ingresso e di un filtro di ricostruzione in uscita, con conseguente aumento di complessità di sistema. La realizzazione di questi filtri analogici in forma integrata pone dei problemi, in quanto non è possibile utilizzare i classici circuiti RC. Sarebbero, infatti, richiesti alti valori di resistenza e di capacità per ottenere le basse frequenze di taglio richieste in molte applicazioni (come, ad esempio, nel caso dei flussimetri termici per piccole portate). È conseguentemente necessario ricorrere a soluzioni alternative, come ad esempio, l’impiego di filtri tempo continui Gm-C.

E’ inoltre naturale l’utilizzo di filtri tempo-continui nella catena di lettura dei sensori, soprattutto nei casi in cui il segnale è particolarmente debole o eccessivamente rumoroso ed è quindi necessario eliminare i disturbi prima della conversione in digitale.

-

Filtri tempo continui analogici con operazionali

La realizzazione di filtri passivi analogici tempo-continuo, prevede l’impiego di componenti RLC discreti. Non è però sempre possibile realizzare tali filtri in forma integrata a causa della difficoltà nell’implementare induttori integrati. Non è però possibile rinunciare agli induttori, poiché con reti

(2)

passive RC non si possono ottenere funzioni di trasferimento con poli generici, ma, solamente, con poli disposti sul semiasse reale negativo. Per risolvere, sono stati sviluppati filtri RC che fanno uso di amplificatori operazionali chiusi in anelli di reazione negativa, i quali consentono di realizzare funzioni di trasferimento anche con poli complessi e coniugati. Un ulteriore vantaggio offerto da tali filtri attivi consiste nella facilità con cui possono essere collegati in cascata. Ogni stadio, grazie all’impiego degli operazionali, è caratterizzato da un’elevata impedenza di ingresso e da una bassa impedenza d’uscita, e conseguentemente possono essere implementate funzioni di trasferimento complesse connettendo in cascata blocchi che realizzano funzioni di trasferimento più semplici. Facendo riferimento a celle del secondo ordine, possono essere individuate tre categorie fondamentali di filtri ad operazionali:

1) Filtri attivi del secondo ordine con sostituzione dell’induttanza:

Da prima viene progettato un filtro passivo LRC, dopo di che si sostituiscono le induttanze con circuiti attivi che ne simulano il comportamento. Questi filtri presentano problemi di ingombro dato l’elevato numero di operazionali utilizzati e, come tutti i filtri ad operazionali, sono limitati in frequenza dalla validità del corto-circuito virtuale. Lo schema circuitale di un’induttanza elettronica è il seguente:

Ponendo un generatore di prova sul terminale di segnale V e considerando che la corrente da esso S erogata è IP, possiamo scrivere la seguante equazione di equilibrio elettrico:

)] ( [ P P P P P P RI R I sC V RI V V = + ⋅ − − − Quindi si ottiene: ) 2 ( 2 Cs R R I VP = P +

Allora l’impedenza equivalente vista risulta:

Cs R R I V s Z P P 2 2 ) ( = = +

Quindi grazie alla reazione otteniamo un’impedenza che ha una componente induttiva senza utilizzare alcun induttore.

(3)

2) Filtri attivi del secondo ordine con integratori in reazione: Consideriamo la generica f.d.t. di un filtro passa alto del 2° ordine:

in HP V Q s s ks V ⋅ + + = 2 0 0 2 2 ) (ω ω

Con semplici passaggi algebrici, si può ottenere l’equazione:

in HP HP HP

V

KV

s

V

s

Q

V

+

1

(

)

+

(

2

)

=

2 0 0

ω

ω

Il termine dell’equazione ( 0 ) HP V s ω

(che rappresenta il segnale di ingresso V filtrato passa in

banda), si può ottenere integrando il segnale filtrato passa alto a mezzo di un integratore con costante tempo

0 1

ω . Usando un secondo integratore identico si ottiene, invece, il termine

) ( 2 2 0 HP V s ω

, il quale risulta la versione filtrata passa basso del segnale di ingresso. Con queste osservazioni è possibile derivare lo schema a blocchi, mostrato in figura 1, che implementa l’equazione detta e che consente di ottenere un filtro attivo universale.

Figura 1

A questo punto, lo schema a blocchi ottenuto può essere agevolmente implementato a mezzo del circuito di figura 2:

(4)

3) Filtri attivi biquadratici a singolo operazionale:

I filtri delle categorie indicate utilizzano un numero elevato di operazionali e per questo hanno un consumo di potenza troppo alto per molte applicazioni. Per questo motivo, sono stati ideati stadi di filtraggio a singolo operazionale che però presentano una maggiore dipendenza nella risposta rispetto alle tolleranze sui valori di resistenza e di capacità impiegati.

La sintesi si basa sulla realizzazione di un loop di reazione che fornisca una coppia di poli complessi e coniugati a frequenza

ω

0 e caratterizzati da fattore di qualità Q . Occorre, poi, scegliere il nodo su cui iniettare il segnale in modo da ottenere lo zero di trasmissione desiderato. Tra i più noti filtri a singolo operazionale, ricordiamo i filtri di “Sallen-Key” e di “Deliyannis”.

-Filtri tempo continui Mosfet-C

Nella tecnologia CMOS, i transistori mosfet che operano in zona triodo danno l’opportunità di avere a disposizione resistori controllati in tensione e questo permette di realizzare filtri accordabili (tunable) in frequenza. Vediamo alcune implementazioni circuitali che permettono di sfruttare questa caratteristica. Consideriamo lo schema di un integratore RC “Fully-Differential”:

Figura 3

Le correnti nel ramo superiore e nel ramo inferiore, sono rispettivamente i e no ipo e valgono:

n x ni po p x pi no R V V i R V V i − = − =

Possiamo determinare la tensione di uscita positiva e negativa, rispettivamente:

SC i V V SC i V V no x no po x po − = − =

(5)

SCR V V SC i i V V Vdiff = pono = nopo = pini

Questa risulta la relazione ingresso-uscita di un integratore differenziale.

A questo punto, un integratore Mosfet-C si può ottenere sostituendo le resistenze con dei MOS mantenuti in zona triodo. La resistenza equivalente di un MOS in zona triodo, risulta:

) ( ) ( 1 tn GS ox n DS V V L W C r − ⋅ =

µ

Lo schema circuitale con i MOS in zona triodo risulta (V è una tensione di controllo che serve per C regolare il valore della resistenza equivalente del MOS):

Figura 4

Conseguentemente, la tensione differenziale di uscita risulta:

SC V V V L W C V V V tn x C ox n ni pi diff ) )( ( ) ( − − − =

µ

Si può dimostrare che V dipende dal quadrato del segnale di ingresso e, conseguentemente, questo x

tipo di sistema introduce una distorsione sul segnale utile. Infatti, la corrente in un MOS in zona triodo vale: 2 ) ( 2 DS DS t GS DS V V V V I =

β

− −

β

Allora la derivata della corrente rispetto alla VDS risulta:

ds DS t GS DS DS g V V V V I =

β

β

=

δ

δ

( ) ) 1 ( ) ( 1 ) ( 1 1 t GS DS t GS DS t GS ds ds V V V V V V V V g r − − ⋅ − = = − − = =

β

β

(6)

) 1 ( ) 1 ( ) ( 1 0 t GS DS ds t GS DS t GS ds V V V r V V V V V r − + ⋅ = − + ⋅ − ≅

β

Questa approssimazione è valida per VDS <<VGSVt. rds0 è la resistenza del mosfet in triodo per DS

V di riposo nulla. Dalla relazione sulla r che abbiamo riportato si vede che la resistenza in ds

questione non ha un comportamento lineare nei confronti della tensione applicata ai suoi capi. Da queste considerazioni discende la seguente relazione:

DS t GS DS ds DS I V V V r V ⋅ − + ⋅ ≅ 0 (1 )

Invertendo la relazione si ottiene:

DS t GS DS ds DS V V V V r I ⋅ − − ⋅ = 1 (1 ) 0

Da cui allora si può riscontrare il termine quadratico.

Per ottenere dunque un integratore caratterizzato da una maggiore linearità si può pensare di sostituire in luogo dei due resistori d’ingresso la seguente configurazione circuitale:

Figura 5

Utilizziamo per i MOS in zona triodo il seguente modello per grandi segnali:

Figura 6

Si può allora scrivere, per la corrente ID:

N L

D I I

I = −

L

I è il termine lineare di corrente, esprimibile come:

R V V I D S L − =

(7)

Mentre I è il termine non lineare, rispetto a N VD e V : S ) ( ) ( D S N g V g V I = −

La funzione g(.) è non lineare in VDe V . Consideriamo, ora, i quattro MOS uguali S precedentemente riportati come soluzione per lo stadio di ingresso. Questi sono pilotati su drain dalle tensioni V e Pi V ed hanno sui source la stessa tensione ni VX . Le correnti I1 e I2si possono esprimere come segue:

)) ( ) ( ( )) ( ) ( ( 3 1 3 1 1 pi X ni X DS X ni DS X pi D D g V g V g V g V r V V r V V I I I = + = − + − − − − − )) ( ) ( ( )) ( ) ( ( 4 2 4 2 2 pi X ni X DS X ni DS X pi D D g V g V gV g V r V V r V V I I I = + = − + − − − − −

È interessante osservare che le componenti non lineari di I1 e I2sono uguali e perciò nella differenza tra le due correnti, si elidono:

X DS DS DS DS ni DS DS pi DS DS V r r r r V r r V r r I I ( 1 1 ) ( 1 1 ) ( 1 1 1 1 ) 3 1 4 2 4 3 2 1 2 1− = − + − + + − −

Al fine di ottenere una differenza effettivamente lineare, occorre annullare il coefficiente che

moltiplica VX, perciò è necessario imporre la condizione:

3 1 4 2 1 1 1 1 DS DS DS DS r r r r + = +

Che, sostanzialmente, equivale ad impostare le tensioni dei gate dei MOS di ingresso in modo tale che: 3 1 4 2 C C C C V V V V + = +

Una possibilità operativa è:

3 2 1 4 C C C C V V V V = =

In queste condizioni, l’espressione della differenza tra le due correnti, si riduce a:

) )( 1 1 ( 2 1 2 1 pi ni DS DS V V r r I I − = − − dove risulta:

(8)

) )( ( 1 1 2 1 2 1 C C ox n DS DS V V L W C r r − =

µ

A questo punto, l’integratore Mosfet-C “Fully-differential” può essere realizzato a mezzo della seguente soluzione circuitale:

Figura 7

- Filtri Mosfet C del primo e del secondo ordine

La struttura circuitale dei filtri Mosfet-C, si può ricavare, semplicemente, a partire da quella dei filtri attivi RC, sostituendo in luogo delle resistenze dei MOS in zona triodo. Un filtro lineare attivo RC “Fully- Differential” del 1° ordine è riportato a seguire:

Figura 8

La funzione di trasferimento del blocco risulta:

0 0 1 ) (

ω

s H s H + − = Dove C R2 0 1 =

ω

e 1 2 0 R R

H = . Sostituendo i resistori con MOS in zona triodo si ottiene la versione Mosfet-C del filtro:

(9)

Dove la funzione di trasferimento è la medesima di quella precedentemente riportata con: 1 2 0 2 0 1 DS DS DS r r H C r = =

ω

Un filtro bilineare RC del 1° ordine è riportato in figura:

Figura 10

La corrispondente funzione di trasferimento risulta:

0 0 1 ) (

ω

+ + − = s K s K s H Con i parametri: 1 2 0 2 1 1 2 2 0 1 ; ; 1 R C K C C K R C = = =

ω

Sostituendo, al solito, le resistenze, si ottiene la versione Mosfet-C del filtro:

Figura 11

La funzione di trasferimento di questo circuito è la stessa di quella precedentemente riportata, con i parametri : 1 2 0 2 1 2 2 0 1 ; ; 1 1 DS DS C r K C C K r C = = =

ω

(10)

Un filtro biquadratico Mosfet-C può, invece, essere realizzato come segue:

Figura 12

La sua funzione di trasferimento risulta:

2 0 0 2 0 1 2 2 ) (

ω

ω

+ + + + − = s Q s K S K s K s H

Con i seguenti parametri:

2 1 0 2 1 1 2 4 3 5 4 3 2 0 1 ; 1 ; ; ; 1 R R C C K R C K C C K R R C C R Q R R C C B A B B A B B A = = = = =

ω

- Filtri Gm-C

I filtri Gm-C sono costituiti, solamente, da due tipologie di componenti: i transconduttori e le capacità. Nella figura a seguire è riportato lo schema di un generico transconduttore “single-ended”:

Figura 13

si tratta di un amplificatore transconduttivo caratterizzato dalla relazione: )

(V1 V2

gm

Iu= −

dove gm è la transconduttanza del componente. Dispositivi di questo tipo vengono impiegati per realizzare sistemi di filtraggio, le cui singolarità dipendono unicamente da rapporti del tipo

C gm

(11)

I filtri Gm-C hanno buone prestazioni alle alte frequenze, dato che i transconduttori non sono compensati internamente, a differenza degli amplificatori operazionali. I limiti di utilizzabilità sono determinati unicamente dalla banda del transconduttore e dagli effetti dei parassiti. Con questi filtri, inoltre, c’è la possibilità di ottenere singolarità a basse frequenze, utilizzando capacità dell’ordine di qualche decina di picofarad e transconduttori a basso gm . Il problema di questo tipo di filtri è legato al fatto che il rapporto che definisce la frequenza di taglio è tra due parametri fisici di natura diversa, che variano, dunque, in modo differente con la temperatura. Questo inconveniente, in alcune applicazioni, porta alla necessità di impiegare reti di stabilizzazione della frequenza rispetto alla temperatura, incidendo sulla complessità del sistema.

-

Modello del transconduttore

Il comportamento ideale di un transconduttore è quello descritto dall’equazione precedentemente riportata. Occorre, però, osservare che questo modello è valido solo in prima approssimazione, in quanto non si tiene conto delle capacità e delle conduttanze parassite.

Nella figura a seguireè mostrato una modellizzazione più accurata:

Figura 14

Non sono state rappresentate le impedenze di modo comune di ingresso che, infatti, possono essere, generalmente, trascurate rispetto all’impedenza differenziale di ingresso. In realtà, anche la

resistenza Ri è utile, soltanto, per modellare transconduttori bipolari, mentre può essere

tranquillamente trascurata nei transconduttori CMOS. Un’ulteriore fattore di non idealità è dato dalla dipendenza del gm rispetto alla frequenza.

-

Integratori

L’integratore è uno dei blocchi fondamentali per la realizzazione di molti filtri tempo continui. Per realizzare un integratore è possibile semplicemente usare un transconduttore ed un condensatore:

(12)

Nel primo caso abbiamo un integratore “Single-Ended”, mentre nel secondo, un integratore di tipo “Fully-Differential”. Nel primo circuito, la corrente di uscita, erogata dal transconduttore, carica la capacità, producendo una caduta di tensione proporzionale all’integrale della corrente stessa:

) ( ) ( ) ( Vin s sC gm s s Iout s Vout = =

la pulsazione per cui il guadagno dell’integratore è unitario, risulta:

C gm

= 0

ω

La seconda figura riporta invece una realizzazione dell’integratore di tipo “Fully-Differential”. Questa soluzione garantisce una maggiore immunità al rumore e minori distorsioni sul segnale. Il suo inconveniente sta nella necessità di dover usare, anche, una rete di controllo per la definizione del modo comune di uscita.

-

Filtri del primo ordine

Prendiamo in considerazione la generica funzione di trasferimento di un filtro del primo ordine:

0 0 1 ) (

ω

+ + = s K s K s H

E’ possibile implementare questa funzione a mezzo dello schema circuitale a seguire:

Figura 16

Infatti, applicando la prima legge di Kirchoff al nodo di uscita, si ottiene: 0 ) ( ) ( )) ( ) ( ( ) ( 2 '

1V s +sC V sVout ssCVout sgmVout s =

gm in in Da cui si ricava: ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ' 2 ' 1 ' ' 2 ' 1 ' C C gm s C C gm C C C s gm C C s gm sC s Vin s Vout + + + + + = = + + + =

(13)

Per confronto con l’espressione della H(s) iniziale, si ottiene: ) ( ) ( ) 1 ( ' 0 2 ' 0 1 1 1 ' C C gm C C K gm C K K C + = + = − = ω

Dalla prima relazione, si deduce che, affinché C ' assuma un valore positivo è necessario che sia: 1

0≤K1<

Dove K1è il guadagno del filtro ad alta frequenza. Un filtro passa basso si realizza, semplicemente, ponendo K1 =0, ovvero togliendo 'C .

- Filtri del secondo ordine

La funzione di trasferimento di un generico filtro del secondo ordine risulta:

2 0 0 2 0 1 2 2 ) ( ) ( ) (

ω

ω

+ + + + = = s Q s K s K s K s Vin s Vout s H

Una possibile realizzazione di tale funzione di trasferimento, si può ottenere, ad esempio, impiegando transconduttori “Fully-Differential”, come a seguire:

Figura 17

Per questo circuito allora risulta:

) ) ( ( ) ( ) ) ( ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( 2 ' 1 2 1 2 ' 3 2 2 ' 1 4 2 2 ' 5 2 1 ' ' C C C gm gm s C C gm s C C C gm gm s C C gm s C C C s Vin s Vout s H + + + + + + + + + = =

(14)

) ( ) ( ) ( ) 1 ( ' 2 1 5 0 1 0 4 ' 2 0 3 ' 2 0 2 1 0 1 2 2 2 ' C C K gm C K gm Q C C gm C C gm C gm K K C C + = = + = + = = − =

ω

ω

ω

ω

Anche se nel circuito ci sono tre condensatori (considerando solo metà della rete, per simmetria), la funzione di trasferimento presenta solo due poli, in quanto le capacità C ' e C2 costituiscono una maglia impropria. Anche in questo caso, facendo riferimento all’espressione di H(s) riportata inizialmente, deve risultare:

1 0≤K2 <

Ciò comporta che anche questo schema presenta un guadagno, per le alte frequenze, positivo e minore dell’unità.

Un esempio di filtro biquadratico “Single-Ended” è il filtro universale di figura a seguire:

Figura 18

A seconda di come sono configurati i segnali di ingresso possiamo realizzare diverse funzioni di trasferimento. Il filtro può essere configurato come passa basso connettendo al nodo di ground V2e

3

(15)

Figura 19

Il basso numero di transconduttori che compongono il circuito permette di ottenere buone prestazioni in termini di ingombro e di rumore introdotto sul segnale. Avere tutte le capacità con un capo a massa è utile se si pensa ad una realizzazione integrata della cella. Infatti i condensatori effettivamente impiegati non sono ideali, ovvero, sono caratterizzati dalla presenza di capacità parassite e correnti di perdita. Infatti ad esempio una possibilità per realizzare una capacità integrata è la seguente:

Figura 20

Il P-Body viene connesso a ground. Equivalentemente si ha:

Figura 21

Per evitare l’attivazione di diodi parassiti con le conseguenti correnti di perdita è necessario porre la n-Well (che risulta una delle due armature del condensatore realizzato) a “ground”:

(16)

Figura 22

In questo modo siamo sicuri che il diodo parassita non potrà condurre in nessun caso.

Quindi per minimizzare gli effetti dei parassiti è utile porre a massa una piastra di ciascun condensatore.

Otteniamo a questo punto la seguente funzione di trasferimento passa basso:

2 1 2 2 2 2 1 2 ) ( C C gm s C gm s C C gm s HLP + + =

Per ottenere una funzione di trasferimento passa alto, possiamo mettere a massa V1 e V2 ed inviare il segnale di ingresso sul terminale V : 3

2 1 2 2 2 2 ) ( C C gm s C gm s s s HHP + + =

Se, invece, si pongono V1 e V a massa e si invia il segnale sul terminale 2, si ottiene una funzione 3 di trasferimento passa banda:

2 1 2 2 2 2 ) ( C C gm s C gm s s C gm s HBP + + =

In tutte le funzioni di trasferimento ottenute, si ha:

2 1 0 C C gm =

ω

(17)

1 2 C C Q=

-

Sintesi di filtri di ordine superiore al secondo

La sintesi di filtri di ordine superiore al secondo può essere svolta con varie tecniche. Tra queste, ricordiamo la tecnica con cascata di celle biquadratiche. Tale tecnica consiste nel connettere in cascata celle del primo e del secondo ordine. La funzione di trasferimento complessiva sarà data dal prodotto delle funzioni di trasferimento delle singole celle, nel caso in cui l’effetto caricante sia praticamente trascurabile. Dunque, detta H(s) la funzione di trasferimento complessiva, si ha:

= = n i i s H s H s H 1 ' ) ( ) ( ) (

Considerando che tutte le H(s)sono termini biquadratici, per ottenere un filtro di ordine dispari si può, eventualmente, inserire in cascata anche una funzione H'(s) del primo ordine. La funzione

H(s), è definita dalle specifiche di progetto del filtro. In ogni caso, per la definizione delle funzioni

delle singole celle e per l’ordine con cui queste devono essere poste in cascata esistono varie possibilità che consentono di ottenere la stessa H(s). Il criterio che si utilizza per determinare i parametri delle singole celle e per definire l’ordine di successione delle medesime è la massimizzazione del range dinamico dell’intero filtro, definito come rapporto fra la massima ampiezza di segnale in ingresso che non provoca saturazione nel circuito e la minima ampiezza, di segnale rilevabile (determinata dal livello di rumore).La tecnica delle celle biquadratiche in cascata consente di realizzare funzioni di trasferimento con zeri e poli posizionati in modo arbitrario nel piano complesso; secondo quanto richiesto dai filtri di Butterworth, Chebishev o ellittici.

-Filtri Gm-C opamp

Il problema principale nel progetto dei filtri Gm-C, soprattutto per applicazioni ad alta frequenza, è relativo alle capacità parassite. Consideriamo, ad esempio, l’integratore di figura a seguire:

(18)

L’armatura superiore e l’armatura inferiore della capacità integrata C, introducono delle capacità parassite diverse tra di loro, che compromettono il bilanciamento. Al fine di mantenere il più possibile la simmetria del circuito, per garantire migliori prestazioni in termini di linearità e distorsioni, è possibile realizzare la capacità C tramite due capacità di valore C/2 connesse in parallelo, come riportato nella figura a seguire:

Figura 24

Analizzando il circuito si ricava la seguente relazione ingresso-uscita:

) ( ) ( ) 2 ( ) ( ' 0 s V s s V s C C gm s V in in p out ⋅ = ⋅ + =

ω

Dove C è la capacità parassita su ogni ramo e la quantità p

ω

0' risulta:

C C C gm C C gm p p 2 1 ) 2 ( ' 0 + = + =

ω

Le capacità parassite rendono più difficoltoso il “matching” degli integratori anche

per il fatto che variazioni nel processo di realizzazione provocano variazioni delle capacità parassite superiori alle variazioni delle capacità nominali. Va infine considerato

che le capacità parassite spesso sono associate a zone di svuotamento di carica che cambiano di spessore con l’ampiezza del segnale applicato. Questo fenomeno provoca problemi di dipendenza della risposta in frequenza dall’ampiezza del segnale di ingresso differenziale e del modo comune di uscita.

I problemi connessi alle capacità parassite possono essere risolti introducendo l’integratore Gm-C-OpAmp:

(19)

Figura 25

La funzione di trasferimento che regola il funzionamento di questo circuito, se il guadagno

dell’operazionale è abbastanza grande alle frequenze di interesse, è la stessa di quella dell’integratore inizialmente considerato, ovvero vale:

s Cs gm s V s V in out 0 ) ( ) ( = =

ω

Le capacità parassite che si trovano fra gli ingressi dell’operazionale e ground, per effetto del cortocircuito virtuale, non assorbono corrente, mentre quelle che si trovano in uscita all’operazionale, sono pilotate da un generatore di tensione ideale e quindi, anch’esse, non determinano effetto.

Altri vantaggi offerti da questa soluzione circuitale sono:

• il progetto del transconduttore è più semplice, perché non deve avere un’ampia dinamica di

uscita, in quanto pilota gli ingressi di un operazionale fra cui vale il cortocircuito virtuale;

• il transconduttore non deve presentare un’impedenza d’uscita particolarmente grande, in quanto

si trova connesso all’ingresso di un operazionale;

Gli svantaggi di questa soluzione sono rappresentati da un incremento sia dell’area occupata sia della potenza dissipata.

-

Tipologie di transconduttori per filtri gm-C

Descriviamo, a questo punto, le topologie circuitali più diffuse per realizzare transconduttori da impiegare in filtri Gm-C. Nel dettaglio, si farà riferimento a transconduttori CMOS.

-Transconduttori in tecnologia CMOS

In un transconduttore CMOS, la conversione tensione-corrente può essere ottenuta applicando i segnali

di ingresso e di regolazione a uno o più transistor secondo una delle tre possibili combinazioni mostrate nella tabella a seguire:

(20)

- Transconduttori basati sul metodo 1

Si possono ottenere transconduttori lineari utilizzando MOS in saturazione se si osserva che, per due transistor uguali M1ed M2, si ha:

) ( ) 2 ( 2 ) ( 2 ) ( 2 2 1 2 2 2 2 1 2 1 1 GS t GS GS GS t GS t GS V V V V V V V V V I I − ⋅ − + = = − − − = −

β

β

β

Quindi è sufficiente imporre che la somma delle due tensioni “gate-source” sia costante e che la loro differenza sia pari al segnale differenziale di ingresso. La realizzazione più semplice di questo principio è impiegare una coppia differenziale, come mostrato nella figura a seguire (in realtà, i source sono connessi a ground e quindi la coppia è detta “pseudo-differenziale”):

Figura 26

Dalla relazione relativa alla differenza tra le correnti, si ricava direttamente: )

(VCM Vt

gm=

β

Si può dunque effettuare la regolazione della transconduttanza tramite la tensione VCM, tenendo però presente che, in tale modo, si modifica anche il range dinamico del circuito. Inoltre, tale schema non è adatto ad essere utilizzato con segnali di ingresso il cui modo comune possa variare entro ampi limiti.

(21)

Un’altra topologia circuitale, che non ci impone di operare con una tensione di modo comune di ingresso costante, è riportata nella figura a seguire:

Figura 27

In questo caso, si determina:

) )( ( 2 1 2 2 1 I V V V V I − =

β

Bt

All’atto pratico, i generatori di tensione flottanti possono essere realizzati attraverso le cadute di tensione fra gate e source di due MOS nM1 e nM2, ottenuti connettendo in parallelo n transistori

identici a M1e M2rispettivamente, dove n>>1. Infatti sotto questa condizione risulta: 2

2

1 Dn Dn

B I I I

I = + ≅

E conseguentemente, la tensione tra gate e source di nM1e nM2, si mantiene costante, poiché 2

1 GS GS

d V V

V = − . Il valore della transconduttanza, relativo a questa soluzione circuitale, risulta:

n I n I V V V I I gm B B t GSn d 1 1 1 1 1 1 2 2 8 2 ) ( 2

β

β

β

β

− = = = − =

Il circuito che segue è una soluzione al problema di voler incrementare l’intervallo di tensioni differenziali d’ingresso per cui il transconduttore si comporta in modo lineare:

Figura 28

Considerando tutti i MOS dello schema uguali e operanti in zona di saturazione, si ha il seguente valore di transconduttanza:

(22)

2 2 1 0 1 1 3 1 1 gm I gm gm gm gm = =

β

+ =

Con questa soluzione, l’aumento di linearità è consentito dal fatto che la tensione differenziale di ingresso si ripartisce in due parti uguali, ciascuna delle quali cade tra gli ingressi di una delle due coppie differenziali dello schema (M1−M3;M2−M4). Si ottiene dunque una zona di linearità doppia rispetto a quella di una singola coppia differenziale ed un valore di gm dimezzato.

-

Transconduttori basati sul metodo 2

Figura 29

Un altro modo per realizzare un transconduttore CMOS è quello di usare una coppia differenziale con resistenze di degenerazione sul source. Possiamo pensare di porre un MOS in zona triodo tra i source della coppia. Così facendo, si può anche realizzare la regolazione della transconduttanza, agendo sulla tensione di gate del MOS in zona triodo. Per il circuito riportato in figura, si ha:

) ( 2 2 2 1 3 3 3 1 1 t S C V V V r r gm gm gm ≅ = − − + =

β

Si ottiene questa espressione considerando che 1 2

3 1 >>

r

gm . Anche in questo caso, il problema di questo circuito è legato alla sensibilità rispetto al modo comune di ingresso. Una variazione del modo comune di ingresso, determina una variazione della tensione V nell’equazione indicata e, S3

quindi, una variazione della transconduttanza. Un altro problema consiste nella limitata linearità. Infatti, l’equazione vista è valida solo per valori di VDS3abbastanza bassi, valori per i quali il transistor M rimane nella zona di linearità. Infatti, all’aumentare di: 3

2 1 V V Vd = −

il valore di VDS3 tende ad aumentare. Conseguentemente, il termine quadratico della corrente che

(23)

Una maggiore linearità è conseguibile usando la topologia circuitale mostrata in figura 26:

Figura 30

Dove il comportamento dei MOS di degenerazione dipende anche dal segnale differenziale applicato. Infatti, in questo caso, all’aumentare di V , si sommano due effetti contrastanti che d

tendono a compensarsi in modo tale da mantenere bassa la variazione complessiva del gm . Tali effetti sono: l’aumento di VDS3, che tenderebbe a far aumentare la resistenza equivalente di M ed 3

4

M e l’aumento di VGS1=VGS3 , che tenderebbe invece a far diminuire tale resistenza equivalente.

-Transconduttori basati sul metodo 3

Con questa soluzione, si realizzano transconduttori costituiti da una coppia differenziale realizzata con MOS forzati in zona triodo. I MOS di tale coppia sono utilizzati in modo "attivo" e non come semplici resistori. Nel circuito di figura a seguire, si hanno due anelli di reazione, costituiti da due amplificatori operazionali e da due inseguitori di source (M e 3 M4), che servono ad imporre i MOS

1

M ed M2in triodo, fissando la loro tensione di drain ad un valore noto V : C

Figura 31

Di conseguenza, la differenza tra le correnti nei due rami, risulta:

d C C C d CM C C d CM V V V V V V V V V V I I 1 2 2 2 1 2 1 ] 2 ) 2 [( ] 2 ) 2 [(

β

β

β

= = − − − − + = −

Quindi, si osserva che il valore della transconduttanza risulta:

C

V gm=

β

1

(24)

Regolando il valore della tensione di ingresso, possiamo allora regolare agevolmente il valore della transconduttanza. Il transconduttore si mantiene in zona lineare fino a che i transistor di ingresso rimangono in zona triodo e questo si verifica fino a che valgono le condizioni:

0 2 2 max max ≥ − + ≤ + d CM t C d CM V V V V V V

da cui si ricavano le condizioni:

t

C V

V V1,2 ≤ +

-Parametri di prestazioni dei filtri tempo continui

Ci sono diversi parametri tipici che si possono valutare per quantificare le prestazioni dei filtri tempo-continui. I più importanti di questi sono il grado di linearità nella risposta ed il rumore introdotto sul segnale. La linearità determina la massima ampiezza applicabile in ingresso, senza che ci sia distorsione. Il rumore introdotto, invece, definisce il minimo segnale trattabile dal sistema. Le grandezze che quantificano questi parametri sono:

1) Distorsione Armonica Totale (THD):

Si può valutare applicando in ingresso al sistema un tono puro, ovvero, un segnale ad una pulsazione fondamentale ben definita (ad esempio, pulsazione

ω

1) e rapportando la potenza totale delle armoniche di ordine superiore del segnale di uscita a quella dell’armonica fondamentale. Analiticamente, si ha:

= = N i i A A THD 2 2 1 2 ) ( ) (

ω

ω

DoveA(

ω

k)è l’ampiezza della componente di pulsazione

ω

k =k

ω

1del segnale in uscita. Per un sistema perfettamente lineare il valore della distorsione armonica totale è nullo.

2) Range Dinamico (DR):

E’ un parametro fondamentale per valutare le prestazioni del filtro e può essere così definito:

in in N v DR= ,max

Dove, la quantità al numeratore esprime la massima ampiezza del segnale che si può applicare in ingresso, facendo in modo tale che il sistema continui a funzionare nella zona di linearità, definita come la zona entro la quale la THD si mantiene al di sotto di un certo valore. La quantità al

(25)

denominatore N risulta il valore RMS del rumore riportato in ingresso al filtro ed integrato nella in banda di interesse. Questa quantità equivale al minimo valore di tensione accettabile in ingresso.

3) Punto di Intercetta del Terzo Ordine (IP3):

E’ una misura della componente di distorsione del terzo ordine sul segnale utile. Nei circuiti “Fully-Differential”, se c’è perfetta simmetria nella rete, le distorsioni di ordine pari sono nulle. In ogni caso, se ci fosse dominanza delle distorsioni del secondo ordine, per una non completa simmetria, è anche possibile definire un punto di intercetta del secondo ordine (IP2), in modo del tutto analogo, come grado di misura di tali distorsioni. Il punto di intercetta del terzo ordine si può valutare applicando in ingresso al sistema un segnale del tipo:

) cos( ) cos( ) (t A 1t A 2t vin =

ω

+

ω

per cui il segnale di uscita sarà, supponendo nulle le distorsioni di ordine pari e trascurabili quelle di ordine superiore al terzo, pari a:

= + ≅ ( ) ( ) ) (t a1v t a3v 3 t vout in in + + ⋅ + = ] (cos( ) cos( )) 4 9 [ 3 3 1 2 1 A t t a A a

ω

ω

+ + + (cos(3 ) cos(3 )) 4 1 2 3 3 t t A a

ω

ω

+ + + + + (cos(2 ) cos(2 )) 4 3 1 2 2 1 3 3 A t t t t a

ω

ω

ω

ω

)) 2 cos( ) 2 (cos( 4 3 1 2 2 1 3 3 A t t t t a

ω

ω

+

ω

ω

+

I termini che si considerano significativi nel disturbo, in particolare per filtri a banda stretta, sono quelli a frequenze: ) 2 ( ) 2 ( 1 2 2 1 t t t t

ω

ω

ω

ω

− −

perché si trovano a frequenze molto vicine a quelle di ingresso e, conseguentemente, si ritroveranno in uscita. Consideriamo, a questo punto, l’ampiezza del termine di segnale utile e l’ampiezza del termine di disturbo: A a A a A a ID 3 3 1 1 1 4 9 + = e 3 3 3 4 3 A a ID =

(26)

A a A a 1 3 3 4 9 <<

Ora, è possibile definire il rapporto di intermodulazione del terzo ordine, come:

1 3 3 D D I I ID =

La rappresentazione grafica delle distorsioni da intermodulazione al variare dell’ampiezza del segnale di ingresso, risulta:

Figura 32

Si tratta di rappresentare ID1 e ID3su un grafico logaritmico al variare dell’ampiezza del segnale d’ingresso A. Si nota un iniziale andamento lineare dei due termini, con una pendenza superiore per

3 D

I . Il punto in cui le due rette si intersecano, è definito punto di intercetta del terzo ordine (IP3).

Per ampiezze del segnale d’ingresso superiori al valore di riferimento IIP3, l’entità del disturbo diviene inaccettabile. Da notare che questo punto non può essere realmente misurato, perché aumentando A oltre un certo limite, le approssimazioni fatte perdono di validità. Conseguentemente, tale punto può essere al più solo estrapolato a partire dai dati misurati fin tanto che è valido l’andamento lineare.

- Utilità dei un filtro Gm-C passa basso a valle della catena di lettura Chopper

Il nostro obiettivo è stato quello di realizzare un flussimetro integrato con compensazione della pressione che avesse questo tipo di architettura generale:

(27)

Figura 33

Nella catena differenziale di lettura si è impiegato un amplificatore a chopper, visto che il segnale da misurare risulta di basso livello. Inoltre, una catena di lettura del segnale a modo comune prodotto dalle termopile, è usata per il pilotaggio del riscaldatore. Si usa questo tipo di soluzione in modo tale da compensare le variazioni del segnale utile rispetto alle variazioni di pressione del gas. Per realizzare l’amplificatore di lettura differenziale, si è scelto di impiegare una configurazione “folded cascode” modificata rispetto al caso standard. Infatti, al contrario di quanto accade nel “folded cascode” classico, in questo caso, il valore del guadagno è fissato da un rapporto resistivo, esattamente ciò che accade in un comune amplificatore da strumentazione. Ricordiamo che il “folded cascode” permette di ottenere ottimi range di uscita, svincolati dal modo comune di ingresso.

(28)

La tensione differenziale di ingresso V è riportata ai terminali della serie delle due resistenze R1, id producendo una corrente differenziale che si richiude su R2. Allora, è chiaro che il guadagno differenziale risulta: 1 2

R

R

V

V

id od

=

La corrente di polarizzazione è ricavata da un unico generatore di corrente in modo tale che la corrente di rumore associata si ripartisca equamente sui due rami di ingresso senza determinare effetti sull’uscita. B1 e B2 sono due amplificatori differenziali a carico attivo che servono a riportare, tramite reazione negativa, la tensione di ingresso sulla serie delle due resistenze R1. Se applicassimo il segnale direttamente sui gate di M1 e M2, si otterrebbe un guadagno che al netto dipenderebbe anche dal segnale differenziale stesso. Infatti, togliendo gli amplificatori a carichi attivi in ingresso, è possibile scrivere:

1 2 1 1

2

R GS GS id

R

I

V

V

V

=

+

1 1 1 2 R R R I V = Sostituendo, si ha: 2 1 1 id GS GS R

V

V

V

V

=

+

Le correnti risultano: 1 2 1 1 R o D R o D

I

I

I

I

I

I

+

=

=

7

M ed M , essendo in configurazione a “gate comune”, si comportano da inseguitori di corrente. 8

Conseguentemente, le variazioni di corrente che si hanno sul source di questi transistori, si ritroveranno sul loro drain e, quindi, si richiuderanno su R2, in quanto M5,6,9,10 costituiscono uno specchio cascode ad elevata resistenza di uscita. In questa situazione risulta:

) ( 2 2 2 1 2 1 2 1 1 2 1 2 id GS GS R R od V V V R R R V R I R V = = = + −

Per piccolo segnale vale la relazione:

gm

id

id

V

V

GS1

GS2

=

1

2

dove si è considerata l’uguaglianza dei g dei due transistori di ingresso, in quanto si trovano nello m stesso punto di riposo. Vale la relazione:

(29)

2 1

1 d d

R

i

i

i

=

A questo punto, possiamo impostare la seguente equazione:

gm

i

V

i

R

V

R id R R 1 1 1 1

2

2

=

=

risolvendo per

i

R1, otteniamo:

1 1 1 2 2 gm R V i id R + =

Dal momento che la tensione differenziale di uscita risulta:

1 2

2

R od

R

i

V

=

sostituendo in luogo della corrente l’espressione precedentemente trovata, si può facilmente determinare il guadagno differenziale del sistema:

1 1 2 1 gm R R A + =

Come anticipato, togliendo i buffer d’ingresso, l’espressione che definisce il guadagno viene a dipendere dal segnale differenziale applicato tramite il gm1. E’ chiaro che tutto ciò si traduce in una distorsione sul segnale di uscita e una dipendenza del guadagno dalla temperatura e dal processo. Occorre inoltre dire che gli inseguitori di tensione di ingresso hanno notevole incidenza anche su altre prestazioni e caratteristiche del sistema. Come già indicato, B1 e B2sono due amplificatori differenziali semplici a carico attivo. In tal caso è preferibile usare una configurazione a transistori PMOS in quanto a parità di area questi sono caratterizzati da un valore di

S

v1 f/

(

1

)

minore. Questo

fatto ci permette di ottenere una capacità di ingresso minore. Affinché tali amplificatori differenziali abbiano una caratteristica ingresso/uscita lineare, è necessario che tutti i MOS del sistema si trovino in saturazione. La condizione di saturazione per i MOS di tipo P risulta:

t GS

DS

V

V

V

(30)

2 ) ( 2 GS tp P D V V I =

β

− Invertendo, si ricava: P D tp GS I V V

β

2 ) ( − =

Il

I

D , nella condizione di riposo, è data dalla corrente di polarizzazione. Sostituendo in luogo del parametro

β

P, si ha: P ox P P D tp GS

W

C

L

I

V

V

µ

2

=

A questo punto, agendo su L e p W si fa in modo che venga rispettata la condizione di saturazione p

degli elementi. In ogni caso, il dimensionamento coinvolge anche aspetti di rumore e, conseguentemente, le dimensioni iniziali, tarate per ottenere la saturazione degli elementi, dovranno, poi, essere modificate per riportare, a parità di VGSVtp , il valore di rumore entro i limiti richiesti. Ricordiamo, inoltre, che dal fattore VGSVtp dipende anche la transconduttanza

P

gm

, la quale, a sua volta, influenza direttamente, anch’essa, la DSP di rumore in corrente relativa ad ogni MOS.

L’equivalente elettrico delle termopile, che generano una tensione utile bilanciata di modo differenziale per lo stadio chopper, è il seguente:

Figura 35

I due terminali sono connessi ai due stadi di ingresso del chopper. Lo schema del singolo AD semplice di ingresso in configurazione buffer risulta:

(31)

Figura 36

Il guadagno

A

0 di tale differenziale definisce l’errore di attenuazione del segnale in banda. Se,

infatti, indichiamo con V la tensione di uscita del sistema costituito dal differenziale e “source 0

follower” e consideriamo che si ha reazione negativa, possiamo scrivere:

− − + = − = V V V V A V 0 0 0 ( ) Conseguentemente, si ha: 0 0 0 0 0 0

1 A

A

V

V

V

A

V

A

V

+

=

=

+ − +

A questo punto possiamo mettere in evidenza il valore dell’amplificazione al denominatore, semplificare e realizzare uno sviluppo in serie di Taylor arrestato al primo ordine:

)

1

1

(

0 0

A

V

V

+

dove l’inverso del valore di amplificazione prende il nome di errore di attenuazione in banda. È chiaro che tale errore risulterà tanto più basso quanto più è elevato il valore dell’amplificazione del differenziale.

-

Valutazione della capacità d’ingresso dell’amplificatore chopper

I transistori della coppia di ingresso possono essere resi grandi al fine di diminuire il rumore Flicker a loro associato. Ciò, però, determina il fatto che ad essi sarà associata una capacità di ingresso non

(32)

trascurabile, la quale, insieme alla resistenza di sorgente delle termopile (R ) produrrà un polo a s pulsazione: in S

C

R

1

=

ω

Per la valutazione della capacità di ingresso dello stadio si può pensare di procedere per via simulativa a mezzo di una semplice analisi AC dello stadio. Si tratta di stimolare il circuito con un tono puro e valutare la corrente assorbita dall’ingresso. Ad esempio, con una sinusoide a 1.1 kHz ed ampiezza unitaria, si trova un valore di corrente assorbita IdB=-150dB, che in scala lineare corrisponde a 32.62nA. Possiamo applicare la relazione fasoriale:

V

C

I

=

ω

in

Ottenendo:

pF

KHz

nA

C

4

.

57

1

.

1

2

62

.

31

=

=

π

Supponiamo, a questo punto, di applicare un segnale differenziale costante in ingresso. Il primo modulatore frazionerà tale segnale costante tramutandolo in un’onda quadra con livelli

2 d v − , + 2 d v

(questo perché il segnale differenziale è applicato in modo bilanciato rispetto alla tensione di modo comune di ingresso V , che per semplicità possiamo considerare zero). ic

Figura 37

La tensione V che ritroviamo in ingresso all’amplificatore a chopper sarà conseguentemente data in

da una serie di impulsi esponenziali con costante tempo RC . Sotto l’ipotesi che la banda in

dell’amplificatore risulti maggiore di

τ

1

, in uscita, prima del secondo modulatore, avremo una replica amplificata, ma non distorta, del segnale di ingresso. La successiva demodulazione rovescia

(33)

le forme d’onda in uno dei due semiperiodi, ottenendo un segnale di periodo 2 ch T e di impulso pari a:

)

1

(

)

(

τ t o o

t

V

e

V

=

Figura 38

Evidentemente, si ha una perdita di informazione per il fatto che il valore medio del segnale risulta ridotto, in quanto il sistema non va istantaneamente a regime. I successivi stadi di filtraggio della catena di lettura provvederanno ad attenuare tali “artefatti” introdotti dal chopper, ma non possono correggere l’errore sul valor medio. Il valore medio del segnale di uscita, risulta:

= + ⋅ ⋅ − ⋅ = /2 − 0 2 0 0 0 ( 1) 2 ) ( 2 Tch T ch ch m ch e T V V dt t V T V

τ

τ

Possiamo, a questo punto, definire l’errore sul valore medio, causato dalla capacità di ingresso:

ch T ch in T e T V Vm V τ ch τ ε 2 (1) 2 0 0− = ⋅ − ≅ = −

Questo, sotto la condizione

2 ch

T

<<

τ .

Si può anche riscrivere l’espressione di εin, in funzione dei parametri geometrici del MOS di ingresso dello stadio a buffer (il transistore che incide di più sul valore di capacità):

ch in s ch in RC f T 2 2 = = τ ε

Infatti, la capacità C risulta: in

1 1 3 2 L W C CinOX

Tale capacità di ingresso è dovuta principalmente alla capacità tra gate e source del MOS di ingresso dello stadio a buffer. Per cui, sostituendo, si ha:

ch ox s in RC W1 L1 f 3 4 = ε

(34)

-Considerazioni sulla dinamica del filtro “Low-Pass” a valle del chopper

Quando il sistema Chopper opera in regime dinamico si ha che l’offset dell’amplificatore non ha effetti sull’offset del segnale complessivo. Tuttavia, l’offset, V , all’ingresso dello stadio di os

amplificazione, viene trasformato, in uscita al secondo modulatore, in un’onda quadra di ampiezza pari a Vos R R ⋅ 1 2

. Tale onda quadra avrà una componente fondamentale alla frequenza di chopper e si somma al segnale utile. La dinamica dello stadio a seguire deve essere dimensionata a seconda dell’ampiezza massima del segnale risultante da questa sovrapposizione. L’offset dell’amplificatore è sostanzialmente dovuto all’offset degli stadi buffer di ingresso e tale offset può essere calcolato osservando che tutti gli scarti tra le correnti nominalmente uguali si sommano al nodo di uscita. Usando il teorema di Norton, si ricava:

' ' ' 1 4 , 3 2 , 1 , gm I I Vosb = ∆ +∆

L’espressione riportata può essere riscritta in funzione delle tensioni di “overdrive” dei transistori, ottenendo: 4 , 3 3 1 2 , 1 3 4 , 3 1 2 , 1 1 , ' ' ) ( 2 ' t ov ov t ov b os V V V V V V = ⋅ ∆ + ∆ −∆ − ∆ β β β β

Conseguentemente, la varianza relativa alla tensione di offset risulta:

] ) ' ' ( ) 2 ' [( 1 ] ) 2 ' [( 1 2 2 3 1 2 2 1 3 3 2 2 2 1 1 1 , 2 Vtn ov ov n ov Vtp p ov b os C V V C V L W C C V L W ⋅ + + ⋅ + ⋅ = β β

σ

A questo punto, stimata la tensione di offset dell’amplificatore, possiamo definire il vincolo di progetto sulla dinamica di ingresso del filtro LP di valle. Questa condizione è indispensabile affinché la catena di lettura complessiva possa funzionare correttamente:

) ( ,max 1 2 ,LP id os IN V V R R D > ⋅ +

(35)

-Utilità del filtro Gm-C LP nella catena di lettura differenziale

L’amplificatore chopper genera in uscita un segnale differenziale bilanciato. A questo segnale si sovrappongono disturbi sia di modo comune sia di modo differenziale. Il disturbo di modo comune è soprattutto dovuto all’accoppiamento del segnale di clock attraverso il modulatore di uscita. In corrispondenza delle transizioni del clock al modulatore, per fenomeni di iniezione di carica, si trasmettono disturbi di carattere impulsivo su entrambi i terminali di uscita. I disturbi di modo comune trasmessi dal modulatore di ingresso sono reiettati dall’alto CMRR dell’amplificatore chopper. Questo tipo di fenomeno, però, determina anche delle componenti impulsive differenziali, le quali si sommano direttamente al segnale utile. In questo caso, essendo il disturbo di tipo differenziale, l’effetto del modulatore di ingresso è non più trascurabile. Anzi, è principalmente il modulatore di ingresso a determinare i maggiori problemi, in quanto gli spike negativi sul segnale, da esso introdotti, saranno rovesciati dal secondo modulatore, determinando, oltretutto, la comparsa di un offset residuo (anche detto offset dinamico). Anche se tale offset residuo non è chiaramente eliminabile con un semplice filtro LP a valle, un filtraggio è, comunque, indispensabile per poter eliminare dal segnale utile la maggior parte delle componenti spettrali di disturbo. Questo tipo di problema, che si è di già precedentemente accennato, verrà, ora, trattato più rigorosamente. Gli spike di tensione all’ingresso dell’amplificatore si ripetono con periodo T . Il demodulatore di ch

uscita rovescerà gli impulsi negativi sul segnale, come viene mostrato nella figura a seguire:

Figura 39

Gli impulsi provocati dal modulatore di ingresso possono essere rappresentati a mezzo di esponenziali con costante tempo

τ

. Tale quantità è proporzionale alla capacità di ingresso dell’amplificatore (precedentemente stimata) e alla resistenza “vista” da tale capacità (resistenza di sorgente, dovuta alle termopile, sommata alla resistenza di canale dell’interruttore interno al modulatore (Ron)): in on S R C R ) ( + = τ

(36)

Dato che 1/

τ

>> f , lo spettro di tali impulsi esponenziali è esteso fino alle alte frequenze. Ai fini ch

di modellare il fenomeno, in ogni caso, non è importante la forma dell’impulso nel tempo, ma piuttosto, la distribuzione dell’energia sulle varie frequenze. Conseguentemente, possiamo proporre un modello ancora più semplice. Consideriamo l’impulso base come un impulso rettangolare di durata

τ

. Il segnale Vd(t) è un segnale alternativo che analiticamente può essere descritto come:

−∞ = ∞ −∞ = − − − − = K k ch ch p ch p d kT T t rect V kT t rect V t V ( ) ( ) ( 2 )

τ

τ

Definiamo il “duty-cycle” dell’onda come

ch p

T

d = τ .

La trasformata di Fourier del segnale indicato risulta:

∞ −∞ = ∞ −∞ = − ∞ −∞ = − − ⋅ ≅ ≅ − ⋅ − ⋅ ⋅ = = − − = − k ch p p k ch k j k j p p p k ch k j p p p p d kf f k sen d V kf f j e e j e kd c d V kf f e kd c kd c d V f V k j ) ( ) 2 ( 2 ) ( ) 2 ( 2 ) ( sin ) ( ] ) ( sin ) ( [sin ) ( 2 2 2 δ π δ δ π π π π ) 2 (kπ

sen annulla tutte le componenti armoniche pari, inclusa la continua (il segnale prodotto è

infatti alternativo a valor medio nullo). La funzione seno cardinale (

x x sen )(

) a moltiplicare può essere trascurata, in quanto se τ <<Tch, il primo lobo della funzione si esaurisce per k>>1.

L’amplificatore elimina alcune armoniche del segnale e, quindi, alla sua uscita si avrà:

− = − = N N k ch p sen k f kf AV f V ) ( ) 2 ( 2 ) ( 1 δ π

Lo spettro di uscita al secondo modulatore sarà dato da:

)] ( ) ( [ ) ( 1 0 f V f M f V = ⊗

(37)

Si può facilmente mostrare che lo spettro Vo( f) è dato da una serie di delta, centrate su multipli dispari della frequenza di “chopping” e “pesate” per una funzione seno cardinale.

Il filtro Gm-C passa basso di valle, a questo punto, elimina la maggior parte delle componenti spettrali che risultano dal prodotto di convoluzione. Conseguentemente, tale operazione riduce in modo considerevole la potenza di disturbo distribuita ad alta frequenza. Ciò consente un più agevole eventuale filtraggio numerico di canale successivo. Un altro disturbo di natura differenziale che si somma al segnale utile, prende il nome di “chopped offset”. Questa è un’onda quadra dovuta alla modulazione dell’offset originario dell’amplificatore. Il disturbo “chopped-offset” è periodico di periodo T ; ovvero, la sua componente armonica fondamentale si troverà a 20KHz. Le altre ch

componenti frequenziali sono centrate su multipli di f . L’offset dell’amplificatore chopper è stato ch stimato (a mezzo di simulazioni Monte Carlo) a un valore massimo di 680 Vµ . Questo significa che l’ampiezza dell’onda quadra indesiderata in uscita è pari a 340 mV (considerando un’amplificazione pari a 500). Si può sviluppare in serie di Fourier tale onda e, quindi, stimare che l’ampiezza della sua componente fondamentale è:

mV mV 216 340 2⋅ = π

Tale offset modulato si somma al segnale utile e riduce la dinamica disponibile per quest’ultimo, impedendo l’aggiunta di eventuali successivi stadi di amplificazione. Un altro tipo di disturbo di natura differenziale introdotto sul segnale utile è insito al funzionamento del chopper (si parla di “artefatti del chopper”). Infatti, come precedentemente determinato, l’amplificatore è caratterizzato da una capacità di ingresso non trascurabile. Supponiamo di mandare in ingresso un segnale differenziale costante; il primo frazionatore lo tramuterà in un’onda quadra, la quale si ritroverà sostanzialmente in ingresso ad una squadra RC (i sensori a termocoppia sono infatti caratterizzati da una resistenza di sorgente non trascurabile). Conseguentemente, come già detto, il segnale che effettivamente viene amplificato è costituito da una serie di esponenziali che hanno un’evoluzione transitoria non più trascurabile:

Figura 40

Quando agisce il secondo modulatore per riportare il segnale utile in banda base, esso avrà anche l’effetto di rovesciare i raccordi esponenziali, facendo comparire degli spike indesiderati. Questo tipo di fenomeno porta ad una perdita di valor medio sul segnale e, conseguentemente, ad una

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