21/9/2014 , posti di lavoro/ meglio lo schema Nestlè o un'inutile conferenza Ue sull'occupazione?
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"Se si sta creando un polo del lusso si facciano avanti". Cosi' ha
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posti di lavoro/ meglio lo schema Nestlè o un’inutile
conferenza Ue sull’occupazione?
L’Italia è indubbiamente un Paese bizzarro. Tutti sono pronti a istruire comizi e cortei contro la disoccupazione, tutti abilitati a dire la loro sulle coerenze lessicali del termine “apartheid” ma quando qualcuno prende impegni concreti per accrescere i posti di lavoro resta pressoché da solo. Sta accadendo qualcosa del genere con il programma per i giovani annunciato nei giorni scorsi dalla Nestlè, che forse agli occhi dei puristi del lavoro ha il vizio di essere una multinazionale. Bene, la Nestlè non solo è impegnata da un anno in un programma di inserimento che prevede nel triennio mille posti di lavoro (e che ha già dato 188 contratti tra apprendistato, tempo determinato e tempo indeterminato) ma ha radunato una dozzina di suoi partner commerciali (dalla Dhl al gruppo Cremonini passando per le Pmi di fornitura) e li ha convinti a farsi carico di 5 mila nuovi posti di lavoro entro il 2016. In più la casa svizzera e i suoi fornitori si vedranno a breve per varare altre iniziative di formazione e valorizzazione dei talenti. Il ministro Giuliano Poletti è andato alla presentazione del progetto e si è detto felice che per una volta “non si chieda ma si faccia”, forse però si può osare di più.
Si può utilizzare lo schema Nestlè per costruire iniziative analoghe. Si parla molto di una conferenza Ue per l’occupazione ma nessuno dice che molto probabilmente si tratterebbe di un’assise inutile. Certo riempiremmo qualche albergo in più e un paio di voli charter ma alla fine ne uscirebbe fuori un documento preparato dagli sherpa, emendato dai ministri, vivisezionato dai funzionari e votato con qualche astensione. Un documento, zero jobs. Tra Bruxelles e l’economia reale la comunicazione è difficile, eppure si insiste a ripercorrere vecchie strade invece di coinvolgere direttamente le aziende. Lo stesso vale per l’Italia. Per svariate settimane discuteremo di articolo 18. Saranno parlamentari, giuslavoristi e sindacalisti a monopolizzare la scena magari tuonando contro le imprese “che adesso non hanno più alibi”. Invece di questo teatrino, e mentre il Parlamento opera le sue scelte, il governo non potrebbe adottare lo schema Nestlè? Non potrebbe convocare discretamente le multinazionali straniere e italiane e discutere con loro di impegni precisi, di scadenze e di talenti? Nessun suggerimento per carità ma sicuramente la McDonald’s non rimarrebbe sorda, le aziende della farmaceutica che stanno macinando export e aspirano a far diventare l’Italia l’hub europeo del settore non si girerebbero dall’altra parte e anche gruppi italiani, penso a Barilla, che hanno lanciato iniziative pro-giovani starebbero quantomeno a sentire. Perché non provarci?
Dario Di Vico
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