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Ricevuto: 07-08-2007 Accettato: 02-08-2006 Pubblicato on-line: 10-08-2007
Diabete e Laboratorio nell’Ottocento Il “paraglucoso”
G. Dall’Olio
Laboratorio di Chimica clinica ed Ematologia, Ospedale “S. Bortolo”, Vicenza
Schegge di Storia della Medicina
Corrispondenza a: Dott. Giuliano Dall’Olio, Laboratorio di Chimica clinica ed Ematologia, Ospedale “S. Bortolo”, Viale F. Rodolfi n. 37, 36100 Vicenza. E-mail: [email protected]
Riassunto
Nel 1872 Arnaldo Cantani pubblica una teoria sulla eziologia del diabete mellito che egli vede come una malattia del “ricambio materiale”: si ha un un accumulo di zucchero a causa della sua non- combustione da parte dell’organismo del diabeti- co. La teoria della non-combustione suggerisce a Cantani un’altra ipotesi: nel sangue dei diabetici è presente uno zucchero nuovo, diverso dal glu- cosio che essi non riescono a “bruciare”. Ricorre a prove di laboratorio per dimostrare la differen- za fra lo zucchero presente nel sangue dei diabe- tici, che egli fin dal 1865 denomina “paragluco- so”, ed il glucosio, presente invece nelle urine. I metodi chimici dell’epoca non danno alcuna dif- ferenza fra lo zucchero del sangue e quello del- l’urina, differenza rilevata invece con il polarime- tro: l’urina dà una deviazione a destra, il sangue
“rimane indifferente”.
Cantani può concludere che si tratta effettivamen- te di due zuccheri diversi ed è quindi giustificato il nome di “paraglucoso” per lo zucchero del san- gue, distinto dal vero “glucoso” destrogiro che si rinviene nelle urine diabetiche.
Summary
Diabetes and laboratory in the nineteenth cen- turyArnaldo Cantani reports in 1872 a theory about the etiology of diabetes mellitus that according to him is a disease in the “material metabolism”. The sugar rises since it is not burned by the body of the diabetic patient.
The not burning theory suggests to Cantani a further hypothesis: the blood of the diabetic patients contains a new sugar, that they cannot burn since it is different from the glucose. He uses laboratory tests to demon- strate the difference between the sugar present in the blood of the diabetics, that he calls since 1865 “para- glucose”, and the glucose, present in the urine. While the chemical methods do not demonstrate any diffe- rence between the sugar in the blood and that in the urine the polarimeter demonstrates a difference; the urine deviates light toward right, the blood does not cause any deviation.
Cantani concludes that they are different sugars and they should have different names: “paraglucose” for the sugar in the blood and “glucose” for the dextro- rotatory glucose present in the urine of diabetic pa- tient.
Introduzione
Il diabete mellito, malattia nota fin dall’antichità, nel XIX secolo trova un notevole supporto nella diagnosi dai metodi chimici per rilevare la presenza di glucosio nell’urina. La glicosuria è infatti il “segno chimico” di questa patologia, che nell’Ottocento, forse proprio per la più sicura, rapida e sensibile “diagnosi chimica” che consente di individuarla anche allo stadio iniziale, mo- stra un notevole incremento nella popolazione in par- ticolare negli uomini della “classe agiata”.
George Dujardin-Beaumetz (1833-1895) nelle sue
“Lezioni di Clinica Terapeutica” (1884) ricorda agli allievi che “La diabete è una malattia frequentissima, che v’imbattere-
te spesso a curare nella vostra clientela” e ipotizza che il nu- mero elevato di glicosurici che all’epoca si va riscon- trando sia da ricondurre ad una maggiore conoscenza della malattia “ed anche più dalle condizioni della vita moder- na, le quali (…) predispongono facilmente alla medesima”1.
Molte sono le teorie sull’origine del diabete enuncia- te dagli studiosi nel corso dell’Ottocento e numerose e del tipo più vario sono di conseguenza le cure propo- ste per questa malattia della quale sono note ai medici le molteplici complicanze e la difficile se non impossi- bile guarigione. Vengono pubblicati nei giornali del- l’epoca medicamenti di tutti i tipi: rame metallico, ac- qua ossigenata, segala cornuta, sali di potassio, oppio,
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acido lattico, arsenico, acque alcaline, ecc. Tuttavia que- sti rimedi “chimici” non ottengono risultati e le cure più idonee risultano essere quelle basate esclusivamen- te su diete alimentari molto rigorose, sostenute da Apollinaire Bouchardat (1809-1886), Josef Seegen (1822-1904) e da Arnaldo Cantani. Quest’ultimo in- torno al 1870 propone un regime dietetico che, a suo avviso, se seguito con rigore e iniziato in tempo, può portare a guarigione2.
Arnaldo Cantani (1837-1893)
Originario di Hainsbach (Slovacchia), si laurea in medicina nel 1860 all’Università di Praga. Dopo alcuni anni di assistentato in medicina interna, intraprende la carriera universitaria in Italia, terra natale del padre, di- venendo, nell’arco di quattro anni, professore straor- dinario di farmacologia e tossicologia a Pavia (1864), professore di clinica medica e primario all’Ospedale Maggiore di Milano (1867) e ordinario e direttore del- la seconda clinica medica di Napoli (1868) (Fig. 1) dove rimane fino alla morte.
Nelle prolusioni al corso di Clinica medica a Milano (1867)3 e a Napoli (1868)4 Cantani indica come il clini- co moderno deve affrontare la professione: la medici- na basata sulla sola osservazione e limitata alla sempli- ce descrizione dei processi patologici deve essere so- stituita dalla “medicina sperimentale” imperniata sui riscontri clinici al letto del malato, integrati dalle prove che anche le scienze di base - la fisica, la chimica, la microbiologia, le scienze naturali - possono fornire.
Lo stato di malattia, causato da uno squilibrio di con- dizioni interne ed esterne il corpo, si può combattere ricercando dapprima il sito e la causa delle alterazioni per far tornare nella norma le condizioni alterate.
“L’analisi obiettiva delle funzioni organiche consiste per intie- ro nelle ricerche delle leggi fisiche e chimiche che presiedono all’in- cessante ricambio materiale del nostro corpo (…). Il medico co- scienzioso deve perciò pensare fisicamente e chimicamente anche al
letto del suo ammalato, deve cercare le ragioni fisiche e chimiche di ogni fenomeno morboso, deve rendersi stretto conto dell’andamento complessivo della malattia, deve insomma aspirare almeno, a ve- der chiaro nell’organismo del suo infermo, precisamente come il meccanico vede chiaro il perché la sua macchina indebitamente funziona o completamente si arresta (…).
Alle supposizioni scientifiche coltivate per secoli, subentrarono nella patologia i fatti positivi, analizzati con molto dettaglio, e sintetizzati nella ragione di causa ed effetto, dacchè la fisica, la chimica e la microscopia dell’organismo umano, uscite dal labora- torio del fisiologo, trovarono festosa accoglienza nelle sale clini- che. (…) Nelle malattie dei reni l’analisi microscopica e chimica delle orine ha aperto alla diagnostica un vasto orizzonte (….)”3. Cantani effettua originali osservazioni sulla patoge- nesi di molte malattie, soprattutto sul diabete mellito
“malattia che potei più dettagliatamente studiare per avere avuto molti diabetici nella mia clinica” (1875)2.
Altro campo in cui ottiene notevoli successi sono le malattie infettive, soprattutto il colera, che dai primi decenni dell’Ottocento colpisce con frequenza l’Euro- pa.Capisce che le cause della morte sono la grave e rapi- da disidratazione del paziente e propone fin dal 1865 nuove ed efficaci terapie come l’introduzione continua sottocutanea di acqua salata per mezzo di un “apparec- chio semplicissimo che ho fatto costruire sotto il nome di Ipoder- moclismo” e irrigazioni intestinali con soluzioni di acido fenico “praticate mediante l’Enteroclismo”5.
Valente clinico e serio studioso della medicina, pro- duce alcune opere di notevole pregio quali la Patologia e terapia del ricambio materiale (1875-1883) e il Manuale di farmacologia clinica (1884-92).
Istituisce per primo in Italia laboratori di batteriolo- gia e antirabbici6.
La ricerca sul diabete nell’Ottocento
Gli studi sul diabete basati sulla sperimentazione, ini- ziati nella prima metà dell’Ottocento con le esperienze di Claude Bernard, proseguono attivamente per tutto il secolo ad opera di ricercatori per fare chiarezza sul- l’eziologia di questa temibile malattia e numerose sono le teorie enunciate allo scopo soprattutto di trovare un rimedio efficace.
“Non vennero mai meno le sollecitudini dei clinici e dei patologi per conoscere più a dentro la natura del diabete mellito e rinvenire la cura più profittevole; ma giammai come ai nostri tempi si spinsero più alacremente le ricerche a tal uopo, né mai se ne inda- gò con più industria il processo patogenetico, come si fa da molti anni a questa parte, dacchè si applicano più estesamente e forse con più perseveranza e perizia le nozioni molto accresciute oggidì della fisica e della chimica ad illustrazione e schiarimento dei fenomeni della vita così in istato fisiologico, che nella malat- tia (…)”7.
Ecco allora la “teoria epato-intestinale o alimentare”, la “teoria nervosa”, la “teoria da disturbi nutritivi” solo per citarne alcune.
Figura 1. Arnaldo Cantani (1837-1893).
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Gli studi del Cantani
Anche Cantani si cimenta in questo campo esponen- do una sua teoria, che rende pubblica nel 1872, utiliz- zando dati ottenuti esclusivamente dall’osservazione clinica di malati di diabete e non da esperimenti su ani- mali resi artificialmente meliturici. In sintesi la sua ipo- tesi vede il diabete mellito come “una malattia di ri- cambio materiale” dove si ha un un accumulo di zucchero dovuto alla sua non-combustione da parte dell’organismo del diabetico. Questi per mantenere a livelli accettabili alcune funzioni quali temperatura e re- spirazione, dovrà utilizzare sostanze combustibili di- verse dallo zucchero: i grassi e gli albuminati. Lo zuc- chero “restando estraneo alla economia dell’organismo, costi- tuendo un corpo inutile, inservibile in mezzo ai processi del ri- cambio materiale, attraversa l’organismo senza ulteriori trasfor- mazioni e se ne va tutto quanto per l’urina e per gli altri se- creti”2.
Con la teoria della non-combustione dello zucchero e la conseguente esagerata combustione dei grassi e degli albuminati spiega i sintomi, il decorso e le compli- canze del diabete: la perdita di peso – la polifagia, “con- seguenza naturale del maggiore consumo dei loro tessuti (…), - la spesso rara respirazione degli ammalati diabetici (…) perché gli manca la necessaria quantità di combustibile su cui si possa fissare l’ossigeno introdotto” – l’aumento di zucchero nel sangue (militemia) – la maggiore combustione di albu- minati con aumento nel circolo ematico dei loro pro- dotti di decomposizione (azotemia). Il tutto causa una maggiore densità del sangue origine della “viva attrazio- ne d’acqua” da tessuti e organi al circolo sanguigno con conseguente “polidipsia straordinaria e spesso inestinguibile dei diabetici”, aumento della pressione intravascolare con derivante “poliuria diabetica”.
Il “paraglucoso”
La teoria della non-combustione suggerisce a Can- tani un’altra ipotesi: nel sangue dei diabetici è presente uno zucchero nuovo, diverso dal glucosio, “un zucchero anormale, nuovo nel diabetico, resistente ad ulteriore trasforma- zione e combustione nei tessuti e nel sangue.
A questo zucchero nuovo del sangue diabetico, affine al glucoso per le reazioni chimiche, ma differente dal medesimo per la rea- zione della vita, vale a dire, per la sua maggiore resistenza ai processi normali di trasformazione e di fermentazione che lo do- vessero rendere completamente combustibile entro l’organismo vi- vente, io fin dal 1865 diedi il nome di paraglucoso, e conside- rando che al zucchero delle orine diabetiche non si poteva negare la identità col glucoso né per le reazioni chimiche né per le pro- prietà fisiche, io ammisi anche, che questo paraglucoso del sangue potesse forse nei reni trovare le ragioni di un’ulteriore cambiamento che lo convertisse in vero glucoso per le orine.
Questa ammissione di differenza del zucchero diabetico del sangue da quello delle orine era un’idea certamente fondata e sotto parec- chi punti di vista giustificata: ma era pur sempre una ipotesi (…). Finchè mancava una prova positiva della differenza fra il
zucchero diabetico ed il glucoso, era una supposizione come ogni altra”2.
“L’idea che il zucchero diabetico dovesse differire nel sangue dal vero glucoso, non era surta in me così da sé, senza qualche ragione: essa aveva ne’ miei studii e nelle mie osservazioni varii appoggi che rendevano molto probabile questa opinione. (…) Io mi immaginava che questo zucchero potesse differire dal vero glu- coso per una minore fermentescibilità nel sangue o (…) per la sua direttamente minore combustibilità”2.
Nelle persone sane la presenza di un fermento trasfor- ma preventivamente il paraglucoso e lo rende adatto alla
“finale combustione e decomposizione in acqua e acido carboni- co”2 cosa non possibile nei diabetici dove manca il fer- mento e quindi lo zucchero, inalterato ed incombusto, compare nelle urine.
Il problema sta nel provare chimicamente la diffe- renza fra lo zucchero immaginato dal Cantani e il glu- cosio poiché non si notano differenze nelle reazioni chimiche allora in uso. “(…) Quanto poveri e limitati sono i nostri mezzi di differenziare i diversi zuccherini e le loro varietà?
(…) Bisognerebbe essere troppo chimici e troppo poco fisiologi, per credere che due zuccheri che egualmente rispondono alla po- tassa caustica od alla prova di Trommer o di Fehling, siano per questo solo fatto lo stesso zucchero! – Non bastava dunque il modo uguale di comportarsi coi soliti reagenti chimici, per acquie- scersi nella convinzione che il zucchero che esiste nel sangue dei diabetici sia veramente e non possa essere altro che glucoso comu- ne”2.
Le prove di laboratorio
Per verificare questa ipotesi Cantani si affida al La- boratorio.
Per le ricerche “chimiche” e “fisiche” vengono rac- colti i campioni di sangue di quattro diabetici ricovera- ti nel 1872 ed altrettanti nel 1873. I primi vengono esa- minati separatamente mentre i secondi sono riuniti per avere una maggiore quantità di zucchero da analizzare.
I prelievi di sangue, mediante salasso, avvengono dopo che i pazienti sono stati alimentati per alcuni giorni con dieta ricca di zuccheri e durante la digestione, momen- to in cui da precedenti analisi dell’urina era stata riscon- trata la massima quantità di zucchero. Il sangue sottrat- to è conservato “in mezzo alla neve, cautela principalmente necessaria nel giugno 1872”2. Per ciascun campione una parte del siero viene fatta reagire con il liquido di Fehling ottenendo una “manifesta reazione”, mentre l’altra por- zione è sottoposta ad analisi quantitativa dello zucche- ro ottenendo, nei quattro casi del 1872, due valori infe- riori al “mezzo per cento” (500 mg/dL) e due valori su- periori. Nel siero del pool di sangue dei quattro diabeti- ci del 1873 viene riscontrata una quantità di zucchero di “otto per mille” (800 mg/dL).
Conclusa così la parte prettamente chimica delle analisi vengono esaminate le proprietà fisiche dello zucchero mediante un polarimetro di Soleil-Ventzke (Fig. 2), “e l’interessante risultato si fu che il zucchero del sangue diabetico non polarizza (…). Da ciò risulta evidente che ci è una differen-
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za qualitativa nel diabete tra il zucchero del sangue ed il zucchero dell’urina”2. Gli esperimenti più volte ripetuti “con tutta l’esattezza possibile” danno sempre lo stesso risultato che permette di concludere che “il zucchero del siero sanguigno dei diabetici somiglia completamente in tutto al glucoso delle orine diabetiche per le reazioni chimiche, come per la sua facoltà di fermentare sotto l’influenza di lievito, e di dare acido carbonico e acqua: ne differisce unicamente per ciò che non polarizza la luce”2.
Per togliere ogni dubbio l’esperimento viene esteso all’analisi dello zucchero del sangue di un “diabetico car- nivoro” (esclusiva dieta carnea) e di un “diabetico amilivo- ro” (abbondante dieta farinacea e zuccherina) ottenen- do sempre un risultato positivo con i reattivi chimici e negativo al polarimetro. Gli sperimentatori istituisco- no anche questa prova per verificare la stessa natura dello zucchero nel siero dei diabetici carnivori e amilivori per poter così concludere che i due tipi di diabete dif- feriscono “solo per il grado, non per diversità di zucchero, non ostante la diversa provenienza negli uni e negli altri”.
Altre verifiche sono attuate nell’inverno 1873 racco- gliendo da vari diabetici, nutriti anche con zuccheri, 256 cm3 di siero e notevole quantità di urina ad elevata con- centrazione di zucchero.
Il siero viene diviso in due parti, una sottoposta a completa analisi chimica l’altra ad indagine polarime- trica.
L’analisi chimica dà come risultati:
- peso specifico = 1026;
- reazione leggermente alcalina;
- zucchero:
• “reazione molto spiccata” con 3 metodi qualitativi (cupro-potassico; potassa semplice; potassa e “ma- gistero di bismuto”);
• “grammi 8 per litro” (800 mg/dL) nella determina- zione quantitativa con il metodo di Fehling.
L’analisi polarimetrica dimostra per l’urina ancora una costante deviazione a destra, mentre “il siero del sangue è rimasto indifferente”.
A questo punto, alla luce delle reiterate approfondite indagini, Cantani si sente in tutta tranquillità di ribadire che “il zucchero del sangue diabetico è differente dal zucchero delle orine, col quale ha comuni le reazioni chimiche, ma dal quale differisce per il suo differente modo di comportarsi al polarimetro, e merita dunque di essere con un nome a sé, col nome di para- glucoso, distinto dal vero glucoso destrogiro che si rinviene nelle orine diabetiche”2.
Conclusioni
Cantani, grazie alle sue felici intuizioni e al supporto derivante dall’oculato e sapiente uso delle indagini di laboratorio, anche se i risultati sono ai nostri occhi poco comprensibili, può proporre delle indicazioni terapeu- tiche per i diabetici sintetizzabili in: “assoluta dieta carnea ed adiposa”.
La terapia del Cantani viene adottata da parecchi medici “con tale buon successo, che se verrà confermato dalle successive osservazioni, può dirsi veramente trovato il metodo cu- rativo acconcio a guarire il diabete mellito”7.
Anche Gaetano Primavera (1832-1899), che all’epo- ca operava nell’ospedale di Napoli, segue come medi- co di laboratorio molti malati di diabete in stretto rap- porto con il Cantani.
Dal lavoro del Cantani emerge l’importanza che egli ha dato alle analisi chimiche di laboratorio non solo per confermare le sue ipotesi sull’eziologia del diabete, ma anche nell’uso quotidiano per il controllo e l’auto- controllo della glicosuria nel corso della cura. Egli stes- so suggerisce l’autocontrollo della glicosuria che il dia- betico dovrebbe effettuare dopo aver appreso alcune reazioni chimiche “per sorvegliare sempre le sue orine e ritor- nare temporaneamente a maggiore rigore se ricominciano traccie di zucchero dopo abuso novello di farinacei”2.
Ringraziamenti
L’autore ringrazia R.M. Dorizzi per consigli e sug- gerimenti relativi a questo articolo.
Bibliografia
1. Dujardin Beaumetz G. Lezioni di clinica terapeutica. Napo- li: Nicola Jovene; 1885.
2. Cantani A. Patologia e terapia del ricambio materiale. Mila- no: Francesco Vallardi; 1875.
3. Cantani A. La fisica nella medicina. Prolusione al Corso della Clinica medica dell’Ospedale Maggiore di Milano. Annali Universali di Medicina 1868; 67:178-203.
4. Cantani A. Sullo stato della medicina attuale. Il positivismo in medicina (recensione). Annali Universali di Medicina 1868;
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5. Cantani A. Sulla cura del cholera. Annali di chimica applicata alla farmacia e alla medicina. 1884; 79: 201-9; 265-74.
6. Gasbarrini A. Le grandi figure della clinica medica italiana dell’ultimo secolo. Rivista di storia delle scienze mediche e naturali 1952; 43:1-46.
7. Fallani (recensione). Intorno al metodo curativo proposto dal Prof. Cantani per guarire il diabete mellito. Lo Speri- mentale 1872; 30:196-200.
Figura 2. Polarimetro di Soleil -Ventzke.