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La partecipazione, a patto che sia pluralistica e consapevole, costituisce una componente imprescindibile della democrazia e oggi più che mai ha acquisito una rilevanza fondamentale proprio con riferimento al procedimento amministrativo

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INTRODUZIONE

Questa tesi nasce come tentativo di esplorare un tema tanto attuale quanto discusso: la partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche, con particolare riferimento al campo delle decisioni volte alla localizzazione delle opere strategiche impattanti sull’ambiente.

La partecipazione dei privati alle decisioni pubbliche è un tema quanto mai sconfinato, poiché esso riguarda gran parte dell’azione amministrativa, sia per tipo di attività, sia per tipo di relazione che si viene a creare nei rapporti tra amministratori e amministrati. Cercando di non lasciarsi scoraggiare, si è deciso di trattare l’argomento in virtù della sua diretta connessione con gli innumerevoli conflitti ambientali che oggi proliferano nel nostro Paese (e non solo).

La partecipazione, a patto che sia pluralistica e consapevole, costituisce una componente imprescindibile della democrazia e oggi più che mai ha acquisito una rilevanza fondamentale proprio con riferimento al procedimento amministrativo.

Nel corso degli anni, infatti, il diritto amministrativo ha perso gran parte della sua incrostazione autoritaria – tipica delle origini – e si è progressivamente aperto a moduli consensuali. Sempre di più, esso diventa un diritto garantista, ancorato al principio di legalità e pronto a sperimentare nuovi istituti e modalità. A lungo è stato considerato un diritto suscettibile di minacciare le libertà pubbliche e l’autonomia individuale, ma dalla seconda metà del Novecento, la diffusione dell’intervento pubblico e il suo operare al servizio dei cittadini hanno consentito di superare questo pregiudizio culturale

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Anche il procedimento amministrativo, nel suo percorso storico, è molto cambiato, arrivando ad inglobare quei principi grazie ai quali si è verificata una rottura con la tradizione autoritaria. Tra di essi, assieme alla trasparenza e all’efficienza, troviamo la partecipazione.

Le decisioni pubbliche sono capaci di indirizzare non soltanto il progresso economico, sociale e infrastrutturale di un Paese, ma anche lo sviluppo e la

1 Cfr. G. Napolitano (a cura di), Diritto amministrativo comparato, Milano, Giuffrè, 2007, p. 1.

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crescita delle generazioni future e vista la grande portata della loro influenza sulle società presenti e future, ci è sembrato doveroso studiarne le forme e le modalità.

Il presente elaborato è il frutto di una ricerca bibliografica alla quale ha fatto seguito un’accurata selezione dei testi all’interno della vasta letteratura esistente sull’argomento. Rendendosi immediatamente conto dell’impossibilità di una trattazione analitica in grado di contemplare le infinite sfaccettature della questione, si è scelto di concentrarsi, dopo aver sinteticamente delineato il quadro generale, sulla materia ambientale per la sua grande attualità e importanza.

Per quanto riguarda la metodologia impiegata nella redazione del presente elaborato, oltre che dal tradizionale studio delle monografie esistenti, si è partiti da un approccio diretto alle fonti normative interessate dall’argomento. In particolare, si è lavorato scrupolosamente su varie parti del testo della legge generale sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990), del Codice dell’Ambiente (d.lgs. 152/2006) e della Convenzione di Aarhus (recepita dal nostro ordinamento con l. n. 108/2001).

La struttura della tesi è data da quattro capitoli, in ciascuno dei quali viene presa in esame la normativa di riferimento al tema specifico trattato.

Nel primo capitolo si presenta lo “stato dell’arte” così come si è venuto a cristallizzare dal secolo scorso ad oggi. Trattando delle regole della partecipazione nel nostro ordinamento, l’indagine non poteva che partire dall’esplicazione dei diversi profili della partecipazione, vale a dire, la partecipazione come istituto di garanzia, ossia come strumento che deve guidare tutti i procedimenti volti a concludersi con un provvedimento lesivo degli interessi del destinatario; la partecipazione a scopo collaborativo, secondo cui il contributo del privato viene considerato quale strumento al servizio dell’amministrazione procedente; la partecipazione come strumento di democrazia nell’amministrazione.

Il secondo paragrafo segue il percorso che dall’istituzione della “Commissione

Nigro” ha condotto alla legge 7 agosto 1990, n. 241 allo scopo di indagare il tema

della partecipazione al procedimento amministrativo nell’ordinamento italiano. I

lavori della sottocommissione di studio presieduta dall’amministrativista Mario

Nigro ebbero inizio nel 1983, ma soltanto nel 1990 vide la luce la legge generale

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sul procedimento amministrativo nella quale però, non rimane molto della partecipazione così come la pensavano il professor Nigro e i suoi collaboratori.

Ad ogni modo, la l. n. 241/1990 costituisce un importante passo avanti nel processo di adeguamento ai principi costituzionali della normativa che regola i rapporti tra amministrazione e cittadini ed è per questo motivo che, dopo aver dato conto della genesi della cosiddetta “legge sulla trasparenza amministrativa”, si è provveduto ad un’analisi approfondita e dettagliata della terza parte della legge, quella dedicata appunto alla partecipazione al procedimento amministrativo.

Nel terzo paragrafo, si vanno invece a vedere quali siano le aperture alla partecipazione nell’ordinamento settoriale, analizzando quei procedimenti amministrativi che sono volti all’emersione dell’interesse ambientale.

Per guidare il lettore, ci è sembrato opportuno, in primo luogo, tracciare le coordinate necessarie a comprendere la rilevanza giuridica dell’interesse ambientale. Si è cercato pertanto di redigere una breve cronistoria di come le questioni ambientali siano emerse a livello globale e poi nazionale, con particolare riguardo verso i riferimenti costituzionali alla tematica ambientale.

Dopo questa doverosa introduzione, si è proceduto allo studio della disciplina dei procedimenti a valenza ambientale contenuta nel Codice dell’Ambiente poiché, dovendo valutare la rilevanza nel nostro ordinamento giuridico della partecipazione del pubblico ai processi decisionali, le procedure di valutazione ambientale ci sembravano ottimi campi di indagine. Di conseguenza, si sono spiegate ed analizzate le procedure di valutazione di impatto ambientale (v.i.a.) e di valutazione ambientale strategica (v.a.s.) sia a livello nazionale che regionale. I procedimenti di v.i.a. e di v.a.s. infatti, possono essere di competenza regionale, anziché statale, sulla base della rilevanza dell’opera, pubblica o privata, che deve essere oggetto di v.i.a. o del piano o programma che deve essere oggetto di v.a.s..

Pertanto si è ritenuto necessario esaminare anche la disciplina regionale della v.i.a. e della v.a.s. in considerazione del fatto che proprio da essa perviene un lume di speranza per quanto riguarda la ricezione del modello dell’inchiesta pubblica.

Il quarto paragrafo è dedicato alla partecipazione nell’ordinamento sub-statale e in

particolare, tra le prime Regioni a dimostrarsi sensibili al tema della

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partecipazione dei cittadini al processo decisionale, troviamo la Toscana. Per questo motivo, si è analizzata la legge regionale 27 dicembre 2007, n. 69, contenete «norme sulla promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali», che si caratterizza come normativa generale in materia di democrazia partecipativa. Tale legge ha avviato un percorso che ha condotto il legislatore regionale ad approvare la legge 2 agosto 2013, n. 46, che di fatto è il frutto di un riesame della precedente l. n. 69/2007.

Dopo l’analisi della nuova legge regionale toscana, elaborata allo scopo di correggere le criticità presenti nella vecchia legge, si è passati al successivo sottoparagrafo dedicato alla legge della Regione Emilia-Romagna 9 febbraio 2010, n. 3, che aveva seguito l’esempio della legge toscana. Anche in questo caso, l’esigenza era quella di promuovere il diritto alla partecipazione attiva dei cittadini all’elaborazione delle politiche regionali.

Il primo capitolo si conclude con la trattazione delle prospettive della democrazia partecipativa dato che le procedure precedentemente descritte sono ascrivibili a questo modello, il quale può assumere sfaccettature diverse e perfino contrastanti.

In generale, si è soliti intendere con “democrazia partecipativa” una famiglia di pratiche che mettono in relazione istituzioni e società cercando di coinvolgere i cittadini attraverso canali diversi da quelli previsti dal meccanismo elettorale e dal referendum. Tali pratiche consentono la creazione di spazi pubblici in cui è possibile confrontarsi su problematiche di interesse generale e contribuire alla costruzione di decisioni più legittime agli occhi dei cittadini. Infatti, permettere alla comunità di esprimere e argomentare le proprie opinioni in un contesto trasparente e non pregiudizievole rende solitamente più legittima – e di conseguenza maggiormente accettabile – la decisione finale.

Ad ogni modo, non si è mancato di riportare le numerose critiche che nel corso del tempo sono state mosse a questo modello e alla partecipazione in funzione amministrativa.

Per concludere il primo capitolo, si è ritenuto opportuno produrre un’analisi degli

ultimi sviluppi della normativa italiana in materia di partecipazione in caso di

realizzazione di infrastrutture e opere pubbliche strategiche.

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Il secondo capitolo, che si articola in tre paragrafi, prende il considerazione il tema della partecipazione nel diritto ambientale internazionale e europeo.

In prima battuta, si procede ad un attento esame del contributo apportato dalla Convenzione di Aarhus, la quale segna un momento di svolta fondamentale nel campo del diritto internazionale ambientale. Essa, infatti, impone agli Stati Parte di garantire la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale, rappresentando la più compiuta codificazione dei diritti procedurali in questo ambito.

La Convenzione si regge su tre pilastri teleologicamente integrati: l’accesso alle informazioni in materia ambientale, la partecipazione dei privati al processo decisionale e l’accesso alla giustizia in materia ambientale. Allo studio del secondo pilastro, disciplinato dagli artt. 6-8 della Convenzione, è dedicato il primo sottoparagrafo di questo elaborato.

In seconda battuta, l’accento si è spostato verso l’ordinamento dell’Unione europea, in cui il principio del contraddittorio è stato richiamato a partire dal 1963 con la sentenza relativa al caso Alvis.

Allo scopo di favorire la partecipazione dei cittadini, il Trattato di Lisbona ha poi previsto strumenti di democrazia partecipativa, nonostante la scarsa disponibilità dei Trattati a riconoscere espressamente specifici diritti di partecipazione ai cittadini europei. Tra di essi, meritava di essere indagata l’iniziativa legislativa dei cittadini europei, disciplinata nel dettaglio dal regolamento n. 211/2011.

L’elaborato prosegue con la trattazione del ruolo della Convenzione di Aarhus nella giurisprudenza UE e con la valutazione della compatibilità dell’ordinamento europeo con i suoi contenuti.

La relazione tra protezione dell’ambiente e tutela dei diritti umani ha trovato

spazio nel consolidato sistema internazionale di tutela dei diritti dell’uomo: per

questo motivo, prima di passare al successivo capitolo, si è ritenuto importante

soffermarsi sul ruolo della Corte europea dei diritti dell’uomo, il quale si è

rivelato fondamentale nell’affermazione del cosiddetto fenomeno “greening of

human rights”. La Corte ha prefigurato più volte l’ipotesi di responsabilità degli

Stati con riferimento al diritto dei cittadini ad essere informati circa i rischi che

corrono vivendo o operando in un determinato territorio. In questa sede, si è scelto

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di passare in rassegna le principali sentenze di condanna emesse dalla Corte EDU nei confronti degli Stati che avessero violato il diritto ad un ambiente sano, il quale, ha affermato la Corte di Strasburgo, rientra pienamente nella nozione di diritto al rispetto della vita privata e familiare.

Infine, si è cercato di dare conto, seppur in maniere sintetica, del fenomeno del dialogo tra le Corti, di cui il Protocollo n. 16 allegato alla CEDU costituisce la normativa di riferimento.

Il bisogno di confronto tra i diversi sistemi amministrativi ha prodotto la tendenza attuale alla proliferazione degli studi che approfondiscono la comparazione amministrativa tra i diversi Paesi: è per questo motivo che si è deciso di far coincidere il terzo capitolo con un’analisi tipica del diritto amministrativo comparato. In particolare, si è ritenuto opportuno prendere in esame due istituti tipici dell’ordinamento giuridico francese: l’enquête publique e il débat public.

Per prevenire i conflitti ambientali, infatti, la Francia ha abbracciato, ormai da molto tempo, un’accezione collaborativa della partecipazione, affidando la regia del processo partecipativo ad un organo collegiale che lo gestisce da una posizione di terzietà e imparzialità rispetto all’amministrazione che è chiamata a decidere.

Anche se, come si vedrà nel primo capitolo, sono state previste alcune normative settoriali e ci sono state alcune aperture a livello regionale e locale, nell’ordinamento italiano, a livello generale, non si trovano applicazioni di questo modello con riferimento alle opere strategiche. È anche per questo motivo – è la tesi sostenuta nel presente elaborato – che negli ultimi decenni si è assistito al proliferare delle controversie ambientali e infatti in Francia, dopo l’introduzione del dibattito pubblico, le contestazioni sono diminuite dell’80%.

È a questo tema che è dedicato l’ultimo capitolo.

L’intento, forse fin troppo pretenzioso, è stato quello di richiamare l’attenzione su una questione tanto scottante, quanto fondamentale per le nostre vite cercando di sensibilizzare in proposito il lettore, quello dei conflitti ambientali, individuando un emblematico caso concreto.

Per tutti questi motivi, ho deciso di occuparmi dei conflitti ambientali nell’ultimo

capitolo di questo lavoro. In particolare, per meglio sviscerare il contenuto e le

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applicazioni delle forme di partecipazione, si è ritenuto utile analizzare un caso concreto. La rigidità del processo decisionale intrapreso, che di fatto ha precluso ogni reale dibattito sulle decisioni che via via venivano a consolidarsi, mi ha spinto ad occuparmi della realizzazione della tratta ad Alta Velocità Bologna- Firenze e del conflitto che attorno ad essa si è sviluppato. Trattandosi di una vicenda ormai conclusa, è stato possibile analizzare gli esiti delle dinamiche che si sono verificate dall’inizio degli anni Novanta in questo spicchio di Italia e trarne alcune conclusioni.

La ricerca si è basata sostanzialmente sull’analisi di documenti, sia di natura amministrativa ufficiale, sia di fonte giornalistica, nonché sulle informazioni riferibili alle prese di posizione di associazioni e comitati.

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