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1. Introduzione e scopo della tesi

Il presente lavoro di Tesi studia, da un punto di vista idrologico e idrochimico, l'acquifero confinato in ghiaie dell'area costiera meridionale della Pianura di Pisa, con lo scopo di individuare e valutare i fenomeni d'intrusione marina, nonché per conoscere i meccanismi di miscelazione tra acque dolci ed acqua di mare.

La tesi rientra nel progetto di ricerca "Studio del fenomeno dell'intrusione marina nella falda confinata in ghiaie e dei rapporti tra sistema freatico e confinato nell'area del Parco Regionale Migliarino - San Rossore - Massaciuccoli (MSRM) compresa tra il Fiume Arno e il Canale Scolmatore" stipulato tra l'Ente Parco stesso, l'Università di Pisa -Dipartimento di Scienze della Terra (DST) e il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Geoscienze e Georisorse (CNR-IGG).

La Pianura di Pisa presenta un assetto idrogeologico costituito generalmente da un acquifero superficiale, di tipo freatico, localmente passante ad acquiclude, e da più livelli acquiferi profondi, contenuti in depositi sabbiosi e ghiaiosi, che costituiscono nell'insieme un acquifero multistrato confinato (Amc).

Il livello in ghiaie confinato oggetto di studio è sede di una delle principali risorse idriche della pianura, con numerosi pozzi di emungimento per l'approvvigionamento idropotabile, industriale ed agricolo, sebbene l'acqua non sia sempre di ottima qualità.

Nella zona costiera, in cui si è svolta la presente tesi, tale orizzonte acquifero si trova in generale ad una profondità compresa tra i 50 e i 100 m sotto il livello del mare ed ha uno spessore di circa 10-20 m.

Le falde idriche delle pianure costiere, e di tutte le zone in prossimità del mare, sono generalmente in comunicazione diretta con l'acqua marina e, di conseguenza, soggette all'intrusione di acqua marina.

Il flusso di acqua dolce, naturalmente diretto verso il mare (livello di base generale di tutte le acque fluenti), viene limitato dalle acque marine che invadono il sottosuolo delle coste con direzione opposta al flusso; al loro contatto si viene a creare una zona di miscelazione, detta interfaccia acqua dolce/salata, la cui posizione è variabile nel tempo in funzione di diversi fattori.

In particolare la differenza di gradiente idraulico, tra l'acqua dolce e il livello del mare, regola la penetrazione del cuneo salino; in condizioni normali la penetrazione

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2 delle acque marine sotterranee negli acquiferi costieri si mantiene entro limiti abbastanza stabili, influenzati soltanto dalle variazioni stagionali del flusso delle acque dolci, delle variazioni climatiche e dalle maree; il problema si intensifica, spesso progredendo in maniera irreversibile, nelle zone dove è più intenso e incontrollato lo sfruttamento delle acque.

Nelle isole e nelle pianure costiere questo fenomeno è in progressivo avanzamento.

In base hai dati raccolti è stato possibile classificare le acque ed evidenziare eventuali mescolamenti tra le varie componenti che entrano in gioco nel sistema, tra cui l'acqua di mare.

L'insieme dei risultati sarà una risorsa fondamentale per il controllo qualitativo e quantitativo della risorsa idrica con l'obiettivo di evitare, o quantomeno ridurre, eventuali danni ambientali causati dal sovra sfruttamento o da interventi, non idonei, sul territorio.

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2. Inquadramento Geografico

L'area di studio di questo lavoro di tesi è situato lungo la fascia costiera della Pianura di Pisa nella Toscana centro - settentrionale.

La zona di studio, evidenziata in verde in figura 2.1, è compresa tra 43°35' 00'' e 43°40'44'' di latitudine Nord e i 10°17'40'' e 10°26'37'' di longitudine Est.

Figura 2.1 - Ubicazione dell'area di studio (in verde).

Dal punto di vista amministrativo, l’area di studio comprende per la maggior parte il territorio di competenza del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore - Massaciuccoli (figura 2.2), istituito dalla Regione Toscana con la legge regionale n.61 del 13/12/1979; esso ha una lunghezza lungo la fascia litoranea di 32 Km e, nell’entroterra, arriva fino alle falde dei monti lucchesi e pisani, allargandosi in distese pianeggianti fino allo scolmatore dell’Arno, ai confini amministrativi tra Pisa e Livorno. La superficie complessiva del Parco è di 23114 ettari: 5846 ettari costituiscono la Tenuta di San Rossore, 780 ettari la Macchia Lucchese, 3705 ettari la zona del lago di Massaciuccoli e 3776 ettari la Macchia di Migliarino.

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4 La Pianura di Pisa, sede del presente lavoro di tesi, è il terminale del complesso sistema idrografico Arno – Serchio fiumi attualmente indipendenti tra loro e da gran parte di quelli originati dai rilievi che delimitano la pianura stessa (Baldacci, 1994).

La pianura riceve le acque di territori estremamente più estesi della sua stessa superficie, i soli bacini dell'Arno e del Serchio ammontano a quasi 10 mila km2; tuttavia queste acque condizionano l'idrogeologia della pianura molto meno delle acque dei bacini minori, che la circondano, e delle stesse acque meteoriche che vi piovono sopra.

Come si può facilmente capire il sistema ambientale della pianura è fortemente interconnesso agli idrosistemi marino e continentale e a quelli superficiale e sotterraneo; essendo la pianura densamente popolata e sfruttata vi sono delle forti influenze tra il sistema naturale e quello antropico. Per quanto riguarda gli idrosistemi superficiali va messo in evidenza quello delle acque salmastre (zona di miscelazione acqua dolce/acqua salata) i cui confini sono incerti e variabili perché dipendenti dal sistema delle acque dolci, di origine meteorica e continentale, e da quello delle acque marine. Da questi equilibri dipendono le caratteristiche della fascia di acque più o meno salmastre che individua il passaggio dall'idroambiente continentale a quello marino, sia in superficie che nel sottosuolo.

Attualmente i tratti dei fiumi Arno e Serchio che attraversano la pianura sono completamente arginati e, di conseguenza, sono impedite o almeno limitate le loro esondazioni; questi fiumi caratterizzano solo in parte l'idrografia della pianura che è anche drenata da una fitta rete di canali artificiali. La scarsa velocità delle acque nei canali e la conseguente debole turbolenza riducono la possibilità di ossigenazione e di autodepurazione delle acque stesse.

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5 Figura 2.2 - L'area di studio.

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3.

La genesi della pianura costiera della Toscana nord estensionale del periodo tardo Miocene

territorio regionale, a morfostrutture negative alternate ad alti morfostrutturali.

alternanza si è generata dalla combinazione di due tipi principali di elementi lineari (Bartolini e al., 1982; Boccaletti e

a) elementi longitudinali a direzione NW

b) elementi trasversali a direzione NE

I primi hanno il carattere di faglie dirette ed agiscono in regime di distensione, mentre i secondi rappresentano strutture trasversali con caratteri di trascorrenza che determinano evidenti discontinuità in senso longitudinale, separando settori ad evoluzione tettonica e paleogeografia diversa (vedi fig

Figura 3.1 - Bacini Plio-Quaternari in Toscana: a) elementi trasversali a direzione NE

3. Inquadramento Geologico

La genesi della pianura costiera della Toscana nord-occidentale è legata alla tettonica estensionale del periodo tardo Miocene-Pleistocene, che ha dato origine, in tutto il territorio regionale, a morfostrutture negative alternate ad alti morfostrutturali.

alternanza si è generata dalla combinazione di due tipi principali di elementi lineari 1982; Boccaletti e Coli, 1983):

elementi longitudinali a direzione NW-SE elementi trasversali a direzione NE-SW

I primi hanno il carattere di faglie dirette ed agiscono in regime di distensione, mentre i secondi rappresentano strutture trasversali con caratteri di trascorrenza che determinano evidenti discontinuità in senso longitudinale, separando settori ad

ione tettonica e paleogeografia diversa (vedi figura 3.1).

Quaternari in Toscana: a) elementi longitudinali a direzione NW i trasversali a direzione NE-SW (da Bartolini e al., 1982).

6 occidentale è legata alla tettonica Pleistocene, che ha dato origine, in tutto il territorio regionale, a morfostrutture negative alternate ad alti morfostrutturali. Tale alternanza si è generata dalla combinazione di due tipi principali di elementi lineari

I primi hanno il carattere di faglie dirette ed agiscono in regime di distensione, mentre i secondi rappresentano strutture trasversali con caratteri di trascorrenza che determinano evidenti discontinuità in senso longitudinale, separando settori ad

elementi longitudinali a direzione NW-SE; b)

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7 La struttura a graben che comprende l'area di studio si estende dalla foce del Magra ai dintorni di Pisa e di Livorno. Tale struttura consiste in una depressione tettonica di forma sub-triangolare allungata (figura 3.2), orientata NW-SE e delimitata dalle Alpi Apuane, dai Monti d'oltre Serchio e dai Monti Pisani ad est, dalla Dorsale di Viareggio, sommersa dal mare, ad ovest e dai Monti Livornesi e quelli di Cascina Terme a sud (Mazzanti e Pasquinucci, 1983). Questa depressione tettonica è stata via via colmata da sedimenti marini, transizionali e continentali. Gran parte dei sedimenti continentali provengono dalle valli dei fiumi Vara e Magra; gli apporti dalle Alpi Apuane, dai Monti d'Oltre Serchio e dai Monti Pisani consistono essenzialmente nella formazione di coni pedemontani alluvionali e misti. A partire dal Pleistocene medio-superiore anche il Fiume Arno fornisce importanti apporti di sedimenti, in parte provenienti dalla Garfagnana per mezzo del paleo-Serchio che raggiungeva l'Arno stesso attraverso la depressione di Bientina. Viceversa gli apporti diretti da parte dell'attuale Fiume Serchio non sono da ritenersi rilevanti, visto che il suo superamento della stretta di Ripafratta è avvenuto in epoca recente (VIII-VII secolo a.C.).

Figura 3.2 - Schema tettonico del litorale lunese – pisano (Mazzanti e Pasquinucci, 1983, modificato).

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8 I depositi marini, transizionali e continentali, che hanno colmato l'antica depressione tettonica (“Bacino Pisano-Versiliese”) dando origine alla Pianura Pisana, sono delimitati e poggiano sugli stessi complessi litologici affioranti sui rilievi montuosi che la racchiudono; nello schema geologico di figura 3.3 sono rappresentati i suddetti complessi litologici ordinati secondo la loro sovrapposizione geometrica (Baldacci, 1994).

Per quanto riguarda specificatamente la fascia costiera che orla la Pianura pisana, caratterizzata da un complesso sistema di dune e lidi litoranei olocenici, oltre che dai depositi alluvionali dell'Arno e del Serchio, la delimitazione delle unità litostratigrafiche rappresentate nella carta geologica (vedi figura 3.4) deve essere fondata, anziché sul rilevamento di campagna, sulla corrispondenza tra forma-origine del deposito e determinate caratteristiche litologiche.

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9 Figura 3.3 – Schema geologico delle pianure di Pisa e Lucca. (da Baldacci et al., 1994;

modificato) Legenda: 1) Depositi continentali e litoranei: a Depositi alluvionali ed eolici olocenici; b - Depositi eolici e fluvio-colluviali (Pleistocene sup.); 2) Depositi alluvionali e fluviolacustri (Rusciniano ? - Pleistocene medio); 3) Depositi marino-transizionali (Pliocene inf.- medio e Pleistocene inf.); 4) Depositi marini e continentali (Miocene sup.); 5) Unità liguri indifferenziate; 6) Unità toscane non metamorfiche (Falda Toscana): a - Complesso preflysch- flysch arenaceo Scaglia-Macigno (Cenomaniano-Oligocene); b - Gruppo delle formazioni mesozoiche calcareoeo-marnose (Trias sup. - Cretaceo inf.); 7) Unità toscane metamorfiche dei Monti Pisani: a – “Copertura" calcareo-silicea (Trias sup. - Terziario); b - Complesso filladico- quarzitico comprendente il “basamento" toscano e la sua copertura terrigena (Verrucano s.l.;

Paleozoico-Trias medio); 8. Faglie dirette e loro prosecuzione o sepolte (trattini sul blocco abbassato); 9. Isobate del tetto del substrato pre-messiniano (in metri sotto il livello del mare - Ghelardoni et al., 1968); 10. Depositi marino-transizionali e continentali, neogenici e quaternari, indifferenziati (sezioni).

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10 Le descrizioni dei litotipi presenti in carta sono di seguito riportate:

Depositi di spiaggia affioranti lungo il litorale (Olocene): sabbie sciolte a granulometria variabile, da media a medio-fine, che costituiscono le spiagge lungo il litorale.

Depositi eolici delle dune e dei lidi litoranei (Olocene): sabbie con granulometria variabile da medio-fine a fine in funzione dell'azione del vento che le asporta dalle zone asciutte del litorale e le spinge nell'entroterra.

Talvolta presentano una leggera cementazione ed intercalazioni di livelli limo-sabbiosi e torboso-argillosi. I lidi, detti localmente “cotoni”, sono ben riconoscibili perché allineati secondo gli antichi andamenti del litorale, sono poco elevati e corrispondono a barre emerse per sovraccumulo di sedimenti trasportati dalla deriva litoranea e scaricati dal getto di riva. Attualmente si presentano stabilizzati dalla vegetazione. Le dune, localmente dette

“tomboli”, sono assai più elevate (fino a 6-8 m) e irregolari data la loro origine eolica.

Depositi alluvionali di esondazione del fiume Serchio (Olocene): da sabbie limose a limi sabbiosi. In questi sedimenti prevalgono le sabbie nelle zone più prossime al corso attuale (e a quelli antichi) del Fiume Serchio, accumulatesi durante le esondazioni del passato; i limi sono più diffusi nelle zone distali rispetto al corso d'acqua, che rimangono più depresse e quindi soggette a impaludamenti.

Depositi alluvionali di esondazione del fiume Arno: depositi fluvio-palustri di interduna, retroduna e di colmata (Olocene); i primi sono costituiti

prevalentemente da sabbie fini, nelle fasce prossimali, e da limi e limi argillosi in quelle distali; i secondi sono depositi limosi di modesto spessore con livelli torbosi, che occupano le depressioni esistenti tra un cordone dunare ed il successivo, essi passano sia lateralmente che in profondità alle sabbie di duna. Sono disposti sia lungo fasce arcuate sia lungo fasce rettilinee e parallele, verosimilmente rappresentano antiche linee di riva e si riscontrano fino ad una distanza di circa 5-6 km dalla costa attuale.

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Depositi delle aree golenali (Olocene): depositi prevalentemente sabbiosi a granulometria variabile da media a medio-fine delle aree golenali dei fiumi Arno e Serchio.

Sabbie e limi di vicarello (Pleistocene sup.); litologie sabbiose medio-fini, sabbiose-limose e limose-sabbiose, depositatesi in corrispondenza di un'antica linea di costa del mare pleistocenico, dove si formavano sistemi di dune e stagni costieri. Presentano colore giallo- rossastro con screziature arancioni. Occupano una posizione arretrata rispetto ai cordoni dunari olocenici.

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Figura 3.4 - Carta geologica della fascia costiera versilieseCarta geologica della fascia costiera versiliese-pisana (da Baldacci, 2008)

12 pisana (da Baldacci, 2008).

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4. Inquadramento Geomorfologico

La pianura di Pisa è costituita da una serie di terreni disposti a ventaglio e degradanti verso il mare che partono dal corso dell'Arno ai piedi del Monte Pisano e si allargano verso il mare, da Livorno a Viareggio (Cavazza, 1994).

La parte interna della Pianura, originata essenzialmente dai depositi alluvionali dei sistemi idrografici dell’Arno e del Serchio, è separata dal mare da una fascia costiera formata da un alternarsi di sedimenti sabbiosi e limo argillosi (Mazzanti e Rau, 1994);

questi sedimenti appartengono ad un complesso sistema olocenico di lidi e dune litoranei e di lagune e paduli rispettivamente retrostanti.

Tale complesso testimonia il grosso cambiamento climatico che ha caratterizzato l'epoca olocenica; cambiamento che ha portato a una rivoluzione, del manto forestale dei bacini imbriferi dei corsi d'acqua sfocianti nella Pianura di Pisa, dimostrata dalla differente granulometria dei sedimenti: ai ciottoli del Conglomerato dell'Arno e Serchio da Bientina si è andata sostituendo la deposizione di sedimenti fini (sabbie) e molto fini (limi e argille). Ciò è avvenuto in corrispondenza dell'importante innalzamento del livello del mare per cui i depositi grossolani si trovano in profondità mentre in superficie si trovano quelli fini che, a causa del cattivo drenaggio, facilitano la formazione di lagune e paludi.

Le zone depresse della pianura, un tempo occupate da stagni ed acquitrini palustri e attualmente prosciugate con opere di bonifica, sono situate sia nella fascia pedemontana dei M. Pisani, sia a margine dei depositi di esondazione prossimali, più grossolani. La continuità del sistema dunare è interrotta dai depositi alluvionali del Serchio e dell’Arno stessi, che vanno anche a interdigitarsi con quelli delle lame (Butteri, 2007).

Questo sistema dunare è costituito da dune e lidi, rispettivamente chiamati “tomboli”

e “cotoni”, interposti da zone depresse dette “lame”.

Le dune, di origine eolica, sono generalmente più elevate rispetto ai lidi ma, a causa della loro genesi indipendente dalla direzione del litorale, sono maggiormente discontinue; i lidi invece sono allungati secondo la direzione delle precedenti linee di costa e possono essersi formati come cordoni di spiaggia emersi oppure come barre litoranee sommerse che, una volta emerse, sono state stabilizzate dalla vegetazione.

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14 Infine, le aree lagunari palustri, dette “lame”, sono delle zone interdunali e presentano degli allineamenti paralleli ai lidi, sono costantemente sommerse da acque dolci o salmastre e non devono essere confuse con i paduli, zone più interne che solo stagionalmente sono sommerse da acque dolci. I rapporti tra il litorale pisano e il mare ci mostrano una tendenza del litorale ad arretrare o comunque un avanzamento delle acque che avviene da più di 100 anni e ciò è evidenziato tra bocca di Serchio e il Lido di Tirrenia e, più marcatamente, a Bocca d'Arno con conseguente appiattimento dell’apice deltizio sommerso del Fiume Arno. Questa situazione critica è stata in parte contrastata mediante poderose e costose opere di difesa artificiale longitudinali e trasversali soprattutto nei pressi di Marina di Pisa (Baldacci e al., 1994). Differente è la situazione fra il lido di Tirrenia e Calambrone e più a nord, fra Bocca di Serchio e il Fosso della Bufalina, dove il litorale è in avanzamento.

In figura 4.2 è riportata una carta geomorfologica che rappresenta le principali forme presenti nella fascia costiera della Pianura Pisana; essa è stata ottenuta dalla sovrapposizione georeferenziata tra un’immagine satellitare (Google Earth 2007) e gli elementi geomorfologici tratti dalla cartografia esistente alla scala 1:10000, relativa alla Provincia di Pisa (Casarosa e Putzolu, 2005); in figura 4.1 è riportata la legenda della carta geomorfologica di figura 4.2.

Figura 4.1 - Legenda relativa alla carta geomorfologica di Butteri e al. (2007).

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Figura 4.2 - Carta geomorfologicaCarta geomorfologica della fascia costiera della pianura pisana (da Butteri, 2007) 15 (da Butteri, 2007).

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5. Inquadramento Idrogeologico

Lo “Schema Idrogeologico della Pianura di Pisa” secondo Baldacci (vedi figura 5.1, da Baldacci et al., 1994), è delimitato dallo spartiacque morfologico dell’insieme di bacini fluviali che dai rilievi montuosi adiacenti confluiscono direttamente nella Pianura di Pisa e nelle sue due appendici verso la Pianura di Lucca (Valli di Ripafratta e di Bientina); corrisponde in gran parte al “Bacino idrografico della Pianura di Pisa”. Lo spartiacque superficiale corre quasi completamente su rocce poco permeabili, da impermeabili a scarsamente permeabili, ed è possibile affermare che coincide o mediamente corrisponde (come risultato di una compensazione tra opposti scostamenti) a quello sotterraneo. Soltanto in due tratti limitati, dove affiorano rocce carbonatiche molto permeabili e sede di un'intensa circolazione sotterranea profonda, si può mettere in evidenza una discrepanza tra il bacino idrografico e quello idrogeologico.

Il primo tratto si trova all'estremità sud-orientale del bacino in corrispondenza dei Monti di Casciana Terme. Questo rilievo rappresenta l'area di assorbimento dell'alimentazione locale delle sorgenti termo-minerali di Casciana Terme situate nell'adiacente bacino del T. Casciana. Essendo lo spartiacque idrogeologico interno rispetto a quello morfologico, si viene a determinare un'uscita sotterranea dal bacino della Pianura di Pisa; allo stesso tempo si verificano delle “entrate” nel medesimo bacino (studiate e quantificate da Nardi e al., 1987) provenienti dalla Valle del Guappero (Bacino del Fiume Serchio). Mentre per i restanti affioramenti carbonatici (terminazione nord-occidentale dei Monti Pisani e Monti d'Oltre Serchio) gli scostamenti dello spartiacque superficiale da quello sotterraneo sono da considerarsi ininfluenti.

Di conseguenza lo spartiacque superficiale del bacino idrografico preso in considerazione può essere approssimato ad un “limite a flusso nullo” (Baldacci e al., 1994).

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17 5.1 - Limiti idrogeologici del Sap: a - Spartiacque superficiale, corrispondente mediamente a quello sotterraneo (“Limite a flusso nullo”), ad eccezione dei tratti “Es” ed “Us” (rispettivamente“Entrate” ed

“Uscite” sotterranee); b - Bordo parallelo alle linee di flusso (“Limite a flusso nullo”); c - “Limiti a flusso imposto”, in entrata nel sistema: 1. Dati quantitativi; 2. Dati semi-quantitativi; d - “Limite a potenziale imposto”. Complesso acquifero della Pianura di Pisa: 1a. Depositi alluvionali prevalentemente limo- argillosi; localmente depositi fluvio-palustri e/o di colmata (con soprassegno); 1b. Depositi alluvionali prevalentemente sabbiosi e limosi; 2. Depositi eolici delle dune e dei lidi litoranei; 3. Depositi alluvionali di fondovalle, dei coni di deiezione e/o terrazzati, prevalentemente ghiaiosi-ciottolosi; 4. Depositi eolici e fluvio-colluviali. Rocce incassanti: 5. Successioni post-orogenetiche; 6. Unità strutturali pre-messiniane: a . Strutture carbonatiche pedemontane; b – Unità idrografiche; 7. Sorgenti fredde; 8. Sorgenti termominerali;

9. Traccia delle sezioni litostratigrafiche interpretative (da Baldacci e al., 1994). In rosso è evidenziata l'area di studio.

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18 Per meglio definire le condizioni idrogeologiche superficiali dell'area di studio viene riportata in figura 5.2 la carta della permeabilità (Butteri e al., 2009), elaborata a partire dalla cartografia geologica di base esistente alla scala 1:10.000 (Provincia di Pisa, 2005).

La classificazione delle unità idrogeologiche affioranti è basata principalmente su una valutazione qualitativa della permeabilità, in funzione delle caratteristiche granulometriche dei vari terreni, legate a loro volta alla loro genesi. Le varie unità idrogeologiche sono state classificate come acquiferi e acquitardi attribuendo loro un grado di permeabilità relativo:

per acquifero si intende una unità litologica dotata di porosità efficace e con buona continuità dei pori tali da consentire un buon immagazzinamento ed il passaggio dell'acqua, sia per effetto della gravità che per un gradiente di pressione (ad esempio sabbie, ghiaie, rocce litoidi molto fratturate);

per acquiclude si intende una unità litologica dotata di porosità ma con pori molto piccoli, capace di contenere una certa quantità d'acqua ma prevalentemente di ritenzione e quindi non trasferibile (ad esempio argille);

per acquitardo si intende unità litologiche a caratteristiche intermedie fra acquifero e acquiclude (ad esempio sabbie molto fini, limi).

In particolare sono stati classificati come acquiferi con grado di permeabilità medio i depositi eolici delle dune e dei lidi litoranei ed i depositi di spiaggia attuale, costituiti rispettivamente da sabbie medio-fini e da sabbie fini; come acquiferi con grado di permeabilità da medio a medio-basso i depositi sabbiosi riconducibili alla presenza di alvei abbandonati ed i depositi delle Sabbie e Limi di Vicarello (questi ultimi affioranti in minima parte all’interno dell’area di studio) e come acquiferi caratterizzati da una permeabilità primaria di grado medio-basso i depositi alluvionali di esondazione, costituiti da sabbie limose. Mentre gli unici affioramenti classificati come acquitardi sono i depositi limosi fluvio-palustri di interduna, retroduna e di colmata con grado di permeabilità basso.

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5.2 - Carta della permeabilità della zona compresa tra Fiume Arno e Canale Scolmatore (da Butteri e al., 2009)

Carta della permeabilità della zona compresa tra Fiume Arno e Canale Scolmatore (da Butteri e al.,

19 Carta della permeabilità della zona compresa tra Fiume Arno e Canale Scolmatore (da Butteri e al.,

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6. Il Sistema Acquifero della pianura pisana (Sap)

Nello studio di Baldacci e al., (1994), nel Sistema acquifero della Pianura Pisana (Sap) vengono distinti un Complesso acquifero della Pianura Pisana dove ha sede un Acquifero multistrato confinato (Amc), e le Strutture idrogeologiche

"incassanti" che partecipano all’alimentazione dell’Amc ed in cui sono coinvolte le formazioni dei Monti Pisani e d’oltre Serchio, delle Colline Pisane-Livornesi e delle Colline delle Cerbaie. All'interno del sistema acquifero, le falde dell'Amc vengono alimentate sia dalle strutture idrogeologiche “incassanti” (ricarica laterale e profonda), sia attraverso il Complesso acquifero della Pianura di Pisa.

Nella parte centrale della pianura dove la copertura limo-argillosa raggiunge spessori fino a circa 50 metri, l'Arno e il Serchio, sono idraulicamente separati dalle falde confinate e si possono quindi ammettere solo limitati fenomeni di drenanza discendente dai due fiumi a causa delle condizioni di depressione piezometrica.

Condizioni differenti si verificano nei tratti pedemontani e costieri di tali corsi d'acqua dove, invece, la copertura impermeabile e semipermeabile dell'Amc ha spessori più modesti e ciò potrebbe determinare più accentuati fenomeni di drenanza verso le sottostanti falde confinate (Baldacci e al., 1994).

Il Complesso acquifero della Pianura Pisana può essere suddiviso in almeno due sottoinsiemi: l'acquifero superficiale, di tipo freatico, che si ritrova entro qualche metro di profondità dal piano campagna in terreni sabbioso-limosi, oltre che nelle sabbie lungo la costa; e l'acquifero profondo, sottostante, formato da più livelli di acquiferi contenuti in terreni sabbiosi e ghiaiosi e che per questo è stato denominato

“Acquifero multistrato confinato” (Baldacci e al., 1994).

Le condizioni idrostratigrafiche della Pianura Pisana si possono riassumere in questo modo:

acquifero superficiale: si tratta di un acquifero freatico costituito da terreni a bassa permeabilità e da corpi lenticolari, o comunque discontinui, a permeabilità maggiore di quella dei terreni circostanti; le falde presenti sono alimentate direttamente dalle precipitazioni e dallo scambio idrico con la rete idrica minore; in tutto il territorio della Pianura di Pisa la falda superficiale

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21 non supera qualche metro di profondità e in alcuni casi affiora in superficie formando piccoli ristagni mentre in corrispondenza delle sabbie dunari è in contatto con le acque marine;

acquifero multistrato confinato (Amc): si tratta di un acquifero multistrato presente nel sottosuolo ed è costituito da:

“1° acquifero confinato in sabbie”: si tratta di orizzonte prevalentemente sabbioso contenente la “Prima falda artesiana in Sabbie” (Dini, 1976); gli spessori sono variabili con massimi intorno a 130 m in corrispondenza degli apparati dunari più antichi (come Coltano e Castagnolo). Le profondità del “tetto delle sabbie”

raggiungono massimi di circa 50 metri presso la periferia nord- orientale di Pisa e diminuiscono progressivamente dall'interno della pianura verso la zona costiera dove l'acquifero sabbioso si raccorda alle dune antiche che, emergendo dalla copertura impermeabile, svolgono la funzione di area di ricarica diretta; in corrispondenza del margine nord-orientale della pianura i livelli acquiferi sabbiosi, essendo collegati ai coni detritico - alluvionali situati alla base dei Monti Pisani, ricevono un contributo di acque dalla circolazione idrotermale.

“1° acquifero confinato in ghiaie”: si tratta di un acquifero che ha sede nei Conglomerati dell'Arno e del Serchio da Bientina, costituiti da depositi clastici (ciottoli di anageniti, quarziti, calcari bianchi e grigi con liste di selce, ad elevata permeabilità) originatisi in ambiente fluviale (alvei tipo fiumara) durante gli spostamenti degli antichi corsi dell’Arno e del Serchio (Della Rocca e al., 1987). L’origine alluvionale determina una certa discontinuità dei livelli ghiaiosi nella rappresentazione bidimensionale, che non esclude però possibili collegamenti idraulici tra loro nella terza dimensione; questi livelli devono comunque essere collegati con il fondo marino in corrispondenza delle foci del paleo - Serchio. La profondità varia dai 20 ai 40 metri, al piede delle Colline Pisane, fino ai 100-170 metri andando verso nord - nordest, dove l’acquifero diventa più

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22 discontinuo. La ricarica della falda acquifera presente avviene attraverso i rilievi di Vicarello, i corpi ghiaiosi intra - pedemontani dei Monti Pisani e le alluvioni della valle di Bientina (Baldacci e al., 1994).

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7. Modalità di alimentazione dell'Amc

Baldacci (1994) definisce, in base ad un'analisi dei rapporti strutturali e funzionali tra gli elementi che costituiscono il Sap, le modalità di alimentazione degli acquiferi confinati della Pianura di Pisa; l'argomento viene trattato distinguendo la ricarica diretta dell'Amc da quella indiretta (figura 7.1), che si realizza attraverso i collegamenti idraulici con le rocce “incassanti” e con gli apparati alluvionali intra – pedemontani.

Figura 7.1 - Settori di alimentazione (da Baldacci e al., 1994).

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24 Ricarica diretta

Apparati dunari costieri

Rappresentano aree di infiltrazione diretta con falda a pelo libero caratterizzate da affioramenti di depositi sabbiosi ad elevata permeabilità; sono in collegamento idraulico con i vari livelli acquiferi confinati della pianura e infatti, come è mostrato dallo stereogramma di figura 7.2, i cordoni dunari recenti alimentano gli strati acquiferi più superficiali, prevalentemente sabbiosi, mentre le dune più antiche, che affiorano presso Coltano, sono collegate anche con i sottostanti depositi ghiaiosi – ciottolosi del paleosistema idrografico Arno – Serchio.

Figura 7.2 - Stereogramma del sottosuolo della Pianura di Pisa a sud dell'Arno (da Trevisan L. e Tongiorgi E., 1953, modificata)

LEGENDA: 1_Sabbie eoliche; 2_Argille e sabbie fluviali; 3_Sabbie marine; 4_Argille palustri;

5_Sabbie fluviali; 6_ Ciottoli fluviali (Paleo – Serchio).

Rilievi pedecollinari di Vicarello

Analogamente a quanto si verifica per gli apparati dunari costieri queste aree, in cui affiorano depositi prevalentemente limo – sabbiosi, sono aree di alimentazione diretta dei sottostanti depositi fluviali ghiaiosi – ciottolosi del Paleo – Arno – Serchio.

(25)

25 Ricarica indiretta

Viene così definita la ricarica delle falde confinate che, nei casi più complessi, coinvolge sia le strutture idrogeologiche “incassanti”, sia gli apparati alluvionali intra – pedemontani. Vengono di seguito illustrate le zone fisiografiche poste sui rilievi adiacenti alla Pianura di Pisa e alle sue propaggini cui corrispondono differenti settori di alimentazione delle falde confinate.

Monti d'Oltre Serchio

La parte dei Monti d’Oltre Serchio, compresa all’interno del Sistema acquifero della Pianura Pisana (Sap), si articola in tre unità fisiografiche, con diverse caratteristiche idrogeologiche:

la più meridionale è rappresentata da un piccolo massiccio costituito esclusivamente da rocce acquifere carbonatiche, dotate di permeabilità secondaria generalmente molto alta; questo emerge dai depositi alluvionali della Pianura Pisana e dalla Valle di Ripafratta per gran parte del suo perimetro (escluso il lato settentrionale). La rete acquifera del piccolo massiccio carbonatico viene drenata prevalentemente verso la pianura costiera (che si trova a quote inferiori rispetto a quelle della Valle di Ripafratta), come è testimoniato dalla rispettiva presenza e assenza di sorgenti;

la parte centrale dei rilievi montuosi è costituita da un insieme di acquiferi carbonatici, con giacitura sub-verticale, e separati da due livelli relativamente impermeabili; tali livelli, fungendo da sbarramenti alle acque, convogliano la circolazione sotterranea in un'unica direzione, cioè verso la terminazione meridionale dei Monti d'Oltre Serchio;

la parte settentrionale è caratterizzata da una circolazione sotterranea differente in cui l'acquifero carbonatico viene sbarrato dal complesso, relativamente impermeabile, Scaglia – Macigno senza dare origine a manifestazioni sorgentizie importanti. Anche in questo caso la struttura

(26)

26 idrogeologica indirizza il deflusso sotterraneo verso la terminazione meridionale del Monti d'Oltre Serchio.

Le strutture carbonatiche dei Monti d'Oltre Serchio si scaricano, inoltre, negli acquiferi alluvionali confinati delle adiacenti pianure.

Versante Occidentale dei Monti Pisani

Nel versante Occidentale dei Monti Pisani possono essere distinte due zone in relazione alle caratteristiche idrogeologiche:

nella zona nord – occidentale, dalla Valle di Ripafratta fino a San Giuliano Terme, le rocce carbonatiche affiorano diffusamente su tutto il versante e costituiscono anche acquiferi pensili che, poggiando al di sopra un substrato impermeabile affiorante lungo tutto il loro perimetro, si scaricano attraverso sorgenti di trabocco. Il contributo di ricarica di queste strutture idrogeologiche alle falde confinate della Pianura di Pisa è quindi irrilevante, rispetto a quello dei Monti d'Oltre Serchio;

nella fascia pedemontana che va da San Giuliano Terme fino alla terminazione sud – orientale del versante trovano sede le strutture carbonatiche pedemontane: si tratta di acquiferi carbonatici più limitati ma le cui situazioni di ricarica sono analoghe a quelle dei Monti d'Oltre Serchio;

nello stesso tratto del versante in oggetto, particolare importanza assumono gli apparati alluvionali intra – pedemontani situati allo sbocco dei principali bacini idrografici; si tratta di coni di deiezione poco accentuati, talvolta coalescenti, che probabilmente tendono a formare nel sottosuolo, unitamente alle falde detritico – colluviali, una fascia continua di depositi grossolani in collegamento idraulico con gli acquiferi confinati della Pianura di Pisa.

Quindi possiamo riassumere che le modalità di alimentazione dell'Amc da parte del versante sud – occidentale dei Monti Pisani sono molteplici, ma principalmente avvengono per:

infiltrazione delle acque meteoriche sugli apparati alluvionali intra – pedemontani ed in particolare sui coni di deiezione;

(27)

27

ricarica, sugli apparati alluvionali intra – pedemontani stessi, dagli alvei fluviali e dalle loro falde di subalveo, queste ultime a loro volta alimentate anche dalle relative strutture idrogeologiche incassanti.

Il collegamento idraulico con gli acquiferi confinati dell'Amc è in ogni caso costituito dagli apparati detritico – alluvionali pedemontani.

Valle di Bientina

La valle di Bientina che, insieme a quelle di Ripafratta, funziona da collegamento idrografico ed idrogeologico tra le pianure di Lucca e Pisa, presenta una marcata dissimmetria morfo - idrostrutturale.

Come si può notare dalla figura 7.3, il versante destro (versante orientale dei Monti Pisani), molto acclive e culminante alle quote di 917 m del Monte Serra e di 705 m del Monte Cimone, è costituito quasi esclusivamente da rocce filladico – quarzitiche

Figura 7.3 - Stereogramma idrogeologico schematico attraverso la Valle di Bientina (da Baldacci e al., 1994).

LEGENDA: a – Complesso acquifero della Pianura Pisana s.l.; b – Strutture idrogeologiche

“incassanti”; c – Sorgenti di emergenza; Alimentazione dell'Amc: 1_Infiltrazione; 2_Dagli acquiferi di subalveo a pelo libero a quelli confinati; 3_Dalle strutture idrogeologiche “incassanti”.

(28)

28 (Verrucano s.l.). Gli affioramenti carbonatici sono molto limitati e confinati nella parte basale meridionale del versante; la ricarica proveniente dalle rocce incassanti (Verrucano s.l.) è presumibilmente di entità limitata ed è subordinata a quella analoga proveniente dalle Colline delle Cerbaie.

La struttura idrogeologica del versante sinistro (vedi figura 7.3), formato dai modesti rilievi dell’altopiano delle Cerbaie, differisce sostanzialmente da quella del versante destro (Trevisan, Tongiorgi, 1953). Vi affiorano infatti depositi ghiaiosi – ciottolosi con alternanze limo-sabbiose (depositi alluvionali Pleistocene medio – sup.) i quali poggiano sopra una formazione prevalentemente sabbiosa ma con disomogenee caratteristiche di permeabilità (sabbie ed argille ad Arctica). I due orizzonti, che nell’insieme costituiscono un complesso acquifero (ad accentuata variabilità latero – verticale di permeabilità) contenente falde sia a pelo libero (talvolta sospese) che in pressione, sono limitati verso il basso da un substrato argilloso. La struttura idrogeologica immerge nell’insieme verso la Valle di Bientina con lieve inclinazione, determinando un generale deflusso sotterraneo verso l’acquifero confinato della piana stessa. L’acquifero viene alimentato anche per infiltrazione diretta in limitate aree di depositi alluvionali terrazzati, nonché attraverso gli alvei (e relative falde di subalveo) dei corsi d’acqua che scendono dalle Cerbaie.

Versante meridionale della Pianura Pisana

Il versante meridionale della della Pianura Pisana comprende, ma molto marginalmente, porzioni limitate delle Colline pisano – livornesi; lo schema di alimentazione è analogo a quello delle Cerbaie per quanto riguarda la struttura idrogeologica incassante che risulta debolmente immergente verso la pianura; tale struttura è idraulicamente collegata con l'Amc e in particolare con il “Primo acquifero confinato in ghiaia”. Questi collegamenti possono essere diretti oppure avvenire attraverso i depositi sabbiosi (d1a) dei Rilievi pedecollinari di Vicarello (vedi figura 7.4).

(29)

29 Rispetto alla situazione delle Cerbaie, si differenzia per un maggiore frazionamento degli acquiferi; il loro substrato impermeabile affiora infatti nelle incisioni vallive più profonde, oltre che nella fascia adiacente lo spartiacque morfologico. Un'ulteriore differenza consiste nel fatto che gli acquiferi confinati di subalveo vengono alimentati sia dalle rocce “incassanti”, sia dai segmenti superiori di alcune valli dove gli alvei sono ghiaiosi – ciottolosi con falde a pelo libero.

Queste condizioni idrostrutturali, da un lato favoriscono il deflusso superficiale, alimentato da sorgenti di contatto e di emergenza, riducendo, quindi, il deflusso sotterraneo; d'altra parte, al maggior sviluppo del reticolo idrografico corrisponde un maggior numero di assi di drenaggio sotterraneo.

Figura 7.4 - Stereogramma idrogeologico schematico che mostra i rapporti tra le rocce “incassanti”

delle Colline Pisane e il Complesso acquifero dell'adiacente Pianura omonima (da Baldacci e al., 1994).

LEGENDA: a – Complesso acquifero della Pianura Pisana s.l.; b – Strutture idrogeologiche

“incassanti”; c – Sorgenti di emergenza; Alimentazione dell'Amc: 1_Infiltrazione; 2_Dagli acquiferi di subalveo a pelo libero a quelli confinati; 3_Dalle strutture idrogeologiche “incassanti”.

(30)

30

8. Primo acquifero confinato in ghiaie

Il primo acquifero confinato in ghiaie, oggetto anche di questo studio, è contenuto nei livelli clastici dei “Conglomerati dell'Arno e del Serchio da Bientina e rappresenta la risorsa idrica più importante sia per la quantità che per la qualità delle acque che circolano in esso; è costituito da ciottoli e ghiaie di dimensioni e litologia differente, immersi in una matrice sabbiosa in varie proporzioni, talvolta intercalati a livelli francamente sabbiosi (Baldacci e al., 1994).

L'acquifero è caratterizzato da un buon grado permeabilità primaria con valori (k) dell'ordine di 10-3 e 10-2 m/s (Gegliardi e Raggi, 1985) e ciò lo rende idoneo e desiderabile per lo sfruttamento da parte delle aziende agricole e industriali dell'area pisana. L'ambiente deposizionale è strettamente fluviale e più precisamente è riferibile ad alvei di tipo fiumara con depositi prevalentemente ghiaiosi e sabbiosi (Trevisan e Tongiorgi, 1953).

Dall’osservazione della carta e delle sezioni che Butteri e al. (2009) hanno elaborato riguardo alla porzione meridionale della Pianura costiera Pisana (figura 8.1), si può notare che le ghiaie non presentano mai spessori superiori a 10 metri (figura 8.2).

In particolare nel settore meridionale dell’area di studio (compreso tra Tirrenia, Tombolo e Calambrone) esse si trovano in livelli presumibilmente continui, su profondità tra 50 e 100 metri (figura 8.1, sezioni 2, 3, 4 e 5); verso Nord (figura 8.1, sezioni 1 e 4) si individua nuovamente una certa continuità di un livello ghiaioso intorno alla profondità di 100 metri, mentre a profondità inferiori le ghiaie non rappresentano un unico acquifero continuo, ma l’inviluppo di più corpi alluvionali di minori dimensioni con geometria lenticolare.

(31)

31Figura 8.1 - Carta e Sezioni Idrostratigrafiche della porzione meridionale della Pianura costiera Pisana (da Butteri e al., 2009).

(32)

32 In diverse aree della pianura, come nei pressi di S. Piero a Grado (sud - ovest di Pisa), discontinui livelli argillosi sono interposti tra l’acquifero in sabbie, alimentato anche attraverso il complesso sistema di dune, e quello sottostante in ghiaie; sono quindi possibili collegamenti idraulici, più o meno diretti, tra i due acquiferi principali, anche per fenomeni di drenanza attraverso gli strati semipermeabili e di limitato spessore, che li separano.

Essendo questo acquifero molto disomogeneo, è difficile stabilirne un valore preciso riguardo gli spessori (vedi figura 8.2); in generale nella pianura variano fra i 2 e i 10 metri, mentre sul bordo delle Colline Pisane e in prossimità delle conoidi in corrispondenza dei Monti Pisani raggiungono talvolta anche i 10-15 m (Baldacci e al., 1994).

Nelle figure 8.3 e 8.4 vengono riportate le ricostruzioni del tetto e del letto del 1°Acquifero confinato in ghiaie ma bisogna considerare che si tratta di una ricostruzione di massima, in quanto è solo in parte basata su dati geognostici, che Figura 8.2 - Carta dello spessore dell'acquifero in ghiaie (Autorità di Bacino dell'Arno).

(33)

33 risultano peraltro scarsi e disomogeneamente distribuiti.

Figura 8.4 - Carta del tetto del primo Acquifero in ghiaie (Autorità di Bacino dell'Arno).

Figura 8.3 - Carta del letto del primo acquifero in ghiaie (Autorità di Bacino dell'Arno).

(34)

34

9. Condizioni climatiche

Il clima della Pianura di Pisa è influenzato, oltre che naturalmente da latitudine, altitudine e rilievi circostanti, anche dall’azione del mare che si manifesta essenzialmente sulla temperatura dell’aria, attenuandone le escursioni.

Per andare a definire l'andamento delle temperature e delle precipitazioni sono state prese in considerazioni 10 stazioni delle rete di monitoraggio del Sistema Idrologico Regionale (SIR); le medesime stazioni erano già state scelte e studiate da Cignoni (2012) nel suo lavoro di tesi riguardante la stessa area d'indagine; la carta con nome ed ubicazione di ogni stazione è riportata in figura 9.1.

Figura 9.1 - Ubicazione delle stazioni di monitoraggio dei dati pluviometrici e di temperatura (da Cignoni, 2012).

(35)

35 La temperatura media annua è stata calcolata considerando i dati forniti dal SIR, dal 1980 al 2013, delle stazioni di Monte Serra (918.0 m s.l.m.), Casciana Terme (114.0 m s.l.m.) e Bocca d'Arno (1.0 m s.l.m.); in base ai dati delle stazioni scelte, la temperatura media della zona di indagine oscilla tra i 11.9 °C della stazione di Monte Serra (918.0 m s.l.m.) e i 15.4 °C di Casciana Terme (114.0 m s.l.m.) mentre l'escursione termica annua (ETA), in accordo con l'azione mitigatrice del mare, varia tra i 16.5 °C di Bocca d'Arno (1.0 m s.l.m.) e i 18.9 °C di Monte Serra (vedi tabella 9.1). L’ampia apertura al mare e l’estesa pianura retrostante costituiscono una facile via di penetrazione alle perturbazioni provenienti dai quadranti occidentali che, per la presenza dei rilievi, si incuneano nella valle dell’Arno. Tuttavia, mentre le correnti umide provenienti da NW e W non danno luogo ad un’apprezzabile interazione con i rilievi, quelle provenienti da SW sono intercettate dai Monti Pisani che invece, per la loro altitudine, provocano un effetto orografico, sia pure di modesta efficacia. Questa circostanza è messa in evidenza dall’aumento progressivo delle precipitazioni registrate dalle stazioni costiere sud – occidentali (Livorno, 744 mm, vedi tabella 9.2) a quelle nord – orientali più prossime al rilievo (Casciana Terme, 940 mm, vedi tabella 9.2).

Tabella 9.1 Temperatura media annua, Escursione Termica Annua (ETA) e quota m s.l.m. delle stazioni Monte Serra, Bocca d'Arno e Casciana Terme (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale, http://www.sir.toscana.it).

STAZIONE QUOTA m s.l.m. T media °C ETA

M. Serra 918.0 11.9 18.9

Bocca d'Arno 1.0 15.2 16.5

Casciana Terme 114.0 15.4 18.4

(36)

36 Come si può notare dall'istogramma delle temperature medie mensili riferite al periodo 1980 – 2013 riportato in figura 9.2, le maggiori differenze fra le temperature si riscontrano in inverno, in particolare in Gennaio e Febbraio con temperature anche intorno ai 3 °C mentre i mesi più caldi sono Luglio e Agosto con picchi di 25°C (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale, http://www.sir.toscana.it).

Figura 9.2 - Temperature medie mensili (in °C) dal 1980 al 2013 (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale, http://www.sir.toscana.it).

Caratteri pluviometrici

Per studiare il regime pluviometrico dell'area d'indagine sono state scelte tre delle dieci stazioni della rete di monitoraggio: Monte Serra (918.0 m s.l.m.), Casciana Terme (114.0 m s.l.m.) e Bocca d'Arno (1.0 m s.l.m.). I dati relativi alle precipitazioni cumulate mensili dal 1980 al 2013 delle tre stazioni sono stati scaricati dal database del SIR. Con i dati raccolti è stato possibile calcolare le precipitazioni medie mensili di ogni stazione e i risultati, insieme alla media mensile, sono riportati nell'istogramma di figura 9.3.

Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.

0 5 10 15 20 25

TEMPERATURE MEDIE MENSILI DAL 1980 AL 2013

M Serra Bocca d'Arno Casciana

°C

(37)

37 Figura 9.3 - Precipitazioni medie mensili (in mm) dal 1980 al 2013 (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale, http://www.sir.toscana.it).

Come si osserva dal grafico nel periodo estivo, da Giugno ad Agosto, si registra una brusca diminuzione delle precipitazioni raggiungendo i valori minimi; un massimo è evidenziato nel periodo invernale, da Ottobre a Dicembre con il massimo in Novembre però, osservando meglio l'andamento delle precipitazioni monitorate dalla stazione di Casciana Terme, anche in corrispondenza di Marzo-Aprile è evidenziabile un altro massimo, inferiore rispetto a quello invernale di Novembre ma pur sempre un massimo.

Per osservare con maggior dettaglio l'andamento delle precipitazioni in corrispondenza del periodo del monitoraggio sono stati scaricati, sempre dal database del SIR, i dati delle precipitazioni cumulate mensili (in mm), relative agli anni 2012 e 2013, di tutte e dieci le stazioni. I dati del 2012 sono riportati in tabella 9.2 e rappresentati graficamente in figura 9.4; dal diagramma delle precipitazioni cumulate mensili del 2012 (figura 9.4) evidenzia dei massimi in Aprile, in particolare nelle zone di Gello e Orentano con 129 e 136 mm di pioggia rispettivamente, e in Ottobre, in particolare nelle zone di Cenaia, Orentano e Monte Serra con 230, 251 e 323 mm di pioggia rispettivamente.

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180

Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.

mm PRECIPITAZIONI MEDIE MENSILI DAL 1980 AL 2013

M. Serra Bocca d'Arno

Casciana Terme Media mensile

(38)

38 Tabella 9.2 - Precipitazioni cumulate mensili espresse in mm, relative al 2012 (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale http://www.sir.toscana.it).

Stazione ID Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic. Tot.

Coltano 1 11 23 19 124 70 7 0 72 14 102 152 91 685 Gello 2 17 13 12 136 103 9 0 32 46 159 130 114 771 Pontedera 3 20 19 20 126 104 9 0 38 53 173 122 136 820 Livorno 4 18 45 22 90 93 4 0 9 39 151 176 97 744 Cenaia 5 33 27 16 107 104 9 0 32 50 230 187 146 941 Casciana Terme 6 32 25 13 106 87 13 0 47 115 186 131 185 940 Bocca d'Arno 7 16 33 16 89 109 7 0 4 19 87 90 12 482 Monte Serra 8 34 28 31 116 115 25 0 67 69 323 248 226 1282

Orentano 9 23 22 35 129 110 25 0 64 84 251 208 220 1171 S. Giovanni alla Vena 10 20 17 16 90 85 12 0 41 30 151 118 107 687

Figura 9.4 - Precipitazioni cumulate mensili espresse in mm, relative al 2012 (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale http://www.sir.toscana.it).

In tabella 9.3 sono riportati i dati delle precipitazioni cumulate mensili (in mm) del 2013 delle stazioni prese in esame. In base all'osservazione dell'andamento dei dati

0 50 100 150 200 250 300

Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Dic.

mm PRECIPITAZIONI CUMULATE MENSILI 2012

Coltano Gello

Pontedera Livorno

Cenaia Casciana Terme

Bocca d'Arno Monte Serra

Orentano S. Giovanni alla Vena

(39)

39 pluviometrici analizzati, riportati nel diagramma di figura 9.5, si può notare che nel 2013 il regime pluviometrico ha presentato valori massimi in Marzo, in particolare nelle zone di Cenaia, Orentano e Monte Serra con 240, 332 e 382 mm di pioggia rispettivamente; l'evidente picco della stazione di San Giovanni alla Vena del mese di Maggio è da prendere con cautela perché i dati non sono ancora stati rivisti e validati dal SIR.

Tabella 9.3 - Precipitazioni cumulate mensili espresse in mm, relative al 2013 (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale, http://www.sir.toscana.it).

Stazione ID Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett. Ott. Nov. Tot.

Coltano 1 132 78 210 82 65 35 4 29 78 34 0 747

Gello 2 115 71 163 95 80 20 6 18 121 31 0 720

Pontedera 3 140 94 192 117 81 22 7 16 112 43 0 824

Livorno 4 157 137 158 55 74 9 14 24 76 56 0 760

Cenaia 5 160 124 247 90 88 9 5 31 100 43 0 897

Casciana

Terme 6 124 111 195 102 97 14 24 32 73 50 0 822

Bocca

d'Arno 7 45 108 230 87 68 12 4 24 71 23 0 672

Monte

Serra 8 213 127 382 133 102 57 10 34 133 25 0 1216 Orentano 9 190 130 332 82 140 40 7 42 97 39 0 1099

S.

Giovanni

alla Vena 10 127 95 155 158 396 14 4 nd 104 27 0 1080

Figura 9.5 - Precipitazioni cumulate mensili espresse in mm, relative al 2013 (dati forniti dal Servizio Idrologico Regionale http://www.sir.toscana.it).

0 50 100 150 200 250 300 350 400

Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giu. Lug. Ago. Sett.

mm PRECIPITAZIONI CUMULATE MENSILI (mm) 2013

Coltano Gello Pontedera Livorno Cenaia

Casciana Terme Bocca d'Arno Monte Serra

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