UNIVERSITA’ DI PISA
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza
Tesi di Laurea
IL TESTAMENTO INTERNAZIONALE INTRODOTTO DALLA
CONVENZIONE DI WASHINGTON DEL 1973: ESEGESI E
RICOSTRUZIONE DELLA DISCIPLINA ITALIANA DI ATTUAZIONE
Il Candidato
Il Relatore
Rosamaria Domenica Orza
Chiar.mo Professore
Antonio Marcello Calamia
INTRODUZIONE 9
CAPITOLO 1
IL FENOMENO SUCCESSORIO: LE FONTI
1.1 Il fenomeno successorio 10
1.2 Forme testamentarie 13
1.2.1 Nozione di testamento 13
1.2.2 Testamento orale 17
1.2.3 Il testamento olografo 18
1.2.4 Il testamento pubblico 21
1.2.5 Il testamento segreto 23
1.2.6 I testamenti speciali 26
1.3 Le successioni mortis causa nella legge n. 218/1995 sulla riforma del diritto internazionale privato italiano 28
1.4 Il Regolamento europeo n. 650/2012 (c.d. Regolamento Roma IV) 32
1.5 Convenzioni internazionali in materia successoria 37
1.6 Excursus storico sull’approvazione della Convenzione di Washington del 26 ottobre 1973 istitutiva di una legge uniforme sulla forma di un testamento
internazionale 38
1.6.1 Il favor testamenti della Convenzione dell’Aja del 1961 sui conflitti di leggi in materia di forme delle disposizioni testamentarie. I limiti 38 1.6.2 Studi e suggerimenti dell’UNIDROIT per individuare una forma comune di testamento 41
1.6.3 Genesi redazionale: il primo “Projet de Convention international portant loi uniforme sur la forme des testamentes” del 1966 42 1.6.4 (segue) Il “Projet de Convention international portant loi uniforme sur la forme du testament international” del 1971 e la Conferenza di
portant loi uniforme sur la forme d’un testament international” 43 1.6.5 Stati in cui la Convenzione di Washington è entrata in vigore 45
CAPITOLO 2
PRINCIPI E DISCIPLINA DELLA “CONVENZIONE CHE ISTITUISCE UNA LEGGE UNIFORME SULLA FORMA DI UN TESTAMENTO INTERNAZIONALE” ADOTTATA
A WASHINGTON IL 26 OTTOBRE 1973
2.1 Considerazioni generali 47
2.2 Struttura della Convenzione 49
2.3 Obblighi assunti dagli Stati contraenti 50
2.4 Il testamento internazionale come forma testamentaria supplementare 54
2.5 La bipartizione della legge uniforme 58
2.5.1 Le prescrizioni legali a pena di nullità 58
2.5.1.1 I principi sulla forma 60
2.5.1.2 Le cautele: dichiarazione di riconoscimento e di scienza del
testatore 62 2.5.1.3 La presenza dei testimoni come elemento essenziale ai fini della validità 66
2.5.1.4 Divieto di testamento congiuntivo 68
2.5.2 Prescrizioni legali obbligatorie 69
2.5.2.1 L’attestato come elemento di peculiarità del testamento
internazionale 70 2.6 Il significato delle espressioni testamento in seno alla legge uniforme e atti di ultima volontà in seno alla Convenzione 73
2.7 Le “anime” del testamento internazionale: libertà e garanzia 75
2.8 Il testamento internazionale come forma internazionale ed interna 77
2.9 Inammissibilità di riserve alla disciplina convenzionale 77
2.10 La Risoluzione adottata dalla Conferenza di Washington 78
CAPITOLO 3
L’ATTUAZIONE ITALIANA DELLA CONVENZIONE: DISCIPLINA POSTA DALLA LEGGE 29 NOVEMBRE 1990, N. 387 E SUE INTEGRAZIONI
3.1 Testamento internazionale e altre forme testamentarie: il rapporto nel diritto
interno 81
3.2 Ruolo della volontà nel testamento internazionale 87
3.3 Il testamento internazionale come forma di negozio testamentario 89
3.4 Il testamento internazionale come atto di notaio? 90
3.5 La capacità di testare 92
3.6 Il divieto di testamenti c.d. “collettivi” 94
3.7 Formalismo “minimo”: i requisiti 95
3.7.1 La disciplina della sottoscrizione 96
3.7.1.1 (segue) Necessità e sufficienza della menzione di impedimento 97
3.7.1.2 La collocazione delle sottoscrizioni 99
3.7.2 La data del testamento internazionale 101
3.7.3 L’attestato 104
3.7.3.1 Peculiarità dell’attestato 109
3.7.4 La lingua di redazione 110
3.7.5 La segretezza del testamento internazionale 112
3.7.6 La disciplina dei testimoni: il coordinamento con le disposizioni della legge notarile 113
3.7.7 Invalidità della scheda testamentaria 115
3.8 La revoca dei testamenti 117
3.9 L’interpretazione del testamento internazionale 120
3.10 Regime di conservazione del testamento 124
3.11 Obblighi del notaio italiano 131
3.11.1 Competenza territoriale del notaio 131
3.11.2 L’onorario 134
3.11.3 Il Registro Generale dei testamenti 135
CAPITOLO 4
CONCLUSIONI
4.1 Favor testamenti e voluntas testantis 138
4.2 Rapporto tra l’utilizzo dello strumento testamentario negli ordinamenti di civil law e di common law 140 4.3 Bilancio sul tentativo di unificazione posto dalla Convenzione di Washington
141
4.4 Utilizzo del testamento internazionale in Italia 140
APPENDICE 146 ALLEGATI 170 BIBLIOGRAFIA 201
FONTI GIURISPRUDENZIALI CITATE 208
INTRODUZIONE
Con la legge 29 novembre 1990 n. 387, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 86 del 21 dicembre 1990, l’Italia ha aderito alla Convenzione di Washington del 26 ottobre 1973, che ha istituito una legge uniforme sulla forma del testamento internazionale. Questa disciplina è entrata in vigore nel nostro ordinamento giuridico il 16 novembre 1991.
Il presente lavoro si pone lo scopo di analizzare in modo dettagliato la Convenzione istitutiva e, soprattutto, l’attuazione della stessa in Italia, attraverso il coordinamento con le norme preesistenti.
In particolare, nella prima parte, ricostruiremo la disciplina del fenomeno successorio attraverso le fonti del diritto italiane, internazionali ed europee: partendo dal significato di successione, ci concentreremo sulla regolamentazione di quelle mortis causa in presenza di testamento.
Dopo l’esamina delle forme testamentarie ammesse (testamento olografo, pubblico, segreto e testamenti speciali), analizzeremo i criteri di collegamento introdotti dalla legge 31 maggio 1995, n. 218 sulla riforma del diritto internazionale privato per ricercare la legge applicabile nelle ipotesi di successioni a causa di morte che presentino elementi di estraneità.
A seguire, commenteremo brevemente il Regolamento europeo c.d. Roma IV, introdotto nel 2012, allo scopo di prevedere una disciplina di conflitto delle successioni internazionali comune agli Stati membri dell’Unione Europea. Il richiamo alle Convenzioni internazionali esistenti in materia successoria, terminerà con l’excursus storico che ha portato all’approvazione della Convenzione di Washington del 26 ottobre 1973, introducendo il nuovo istituto del testamento internazionale che, come chiarito dal Preambolo della stessa, si pone come obiettivo proprio quello di restringere i casi in cui l’interprete è
chiamato ad individuare la legge applicabile, al fine di assicurare una maggiore osservanza degli atti di ultima volontà.
La direzione verso cui muove la Convenzione è chiaramente quella della semplificazione, preordinata a creare uno strumento giuridico unitario con validità immediata in tutti gli Stati aderenti e di facile riconoscibilità per l’operatore del diritto di qualunque paese, riducendo, in questo modo, le problematiche relative alla individuazione della legge applicabile, ossia di semplificare le attività di ricerca e individuazione delle norme di conflitto per gli atti di ultima volontà: il testamento internazionale è uno strumento che pone al riparo dalla ricerche sulla validità formale dei testamenti redatti, in special modo, all’estero.
Infatti, prima della ratifica della Convenzione di Washington (ed anche dopo la ratifica, nell’eventualità in cui non vengano adottate le formalità da essa previste), in presenza di un atto che si configuri quale scheda testamentaria redatta da un soggetto straniero, l’operatore del diritto, al fine di valutare la validità di tale documento come testamento, avrebbe dovuto individuare la legge concretamente applicabile, utilizzando i criteri offerti dalla disciplina del diritto internazionale privato. Il documento conforme alle prescrizioni formali dettate dalla Convenzione di Washington del 1973, e come tale qualificabile come testamento internazionale, invece, rende superflua l’applicazione di tali norme di conflitto, semplificando la circolazione degli atti di ultima volontà tra gli Stati aderenti alla Convenzione.
E, in realtà, dobbiamo specificare che il ricorso al testamento internazionale è consentito anche al cittadino italiano, in quanto con la legge n. 387/90 è stata introdotta nel nostro ordinamento una quarta forma testamentaria ordinaria, accanto alle – già note – forme ordinarie di testamento costituite dal testamento olografo, dal testamento pubblico e dal testamento segreto, disciplinate nel codice civile italiano agli artt. 601 e ss.
Vedremo, poi, come la disciplina del testamento internazionale, in particolare, sia contenuta in due documenti distinti: la Convenzione in senso stretto dispone
le norme a carattere generale; l’annesso contenente la legge uniforme, invece, regola più specificamente la forma della fattispecie.
Dunque, nella seconda parte dell’elaborato, analizzeremo i principi su cui si fonda la Convenzione di Washington del 1973, ponendo, in particolare, l’attenzione sui requisiti previsti a pena di nullità dell’atto come testamento internazionale e su quelli la cui presenza risulti essere meramente obbligatoria, al fine di completezza dello strumento.
Questa distinzione, inoltre, permetterà spunti importanti nella dialettica che vede, in un certo senso, contrapposti i sistemi anglosassoni a quelli c.d. di diritto continentale: in particolare, la previsione della redazione di un attestato (ai sensi dell’articolo 10 della legge uniforme) da allegare al testamento internazionale, come vedremo, è largamente ispirata al ruolo del notaio, ed evita, nelle giurisdizioni di common law, di ricorrere alla lunga (e costosa) procedura del Probate.
Riguardo alla disciplina del testamento internazionale contenuta nella legge uniforme annessa alla Convenzione di Washington, però, bisogna subito sottolineare il tentativo dei redattori di ridurre al minimo i requisiti di forma necessari per la validità dell’atto, allo scopo di favorire una maggiore libera espressione delle ultime volontà del testatore.
Al fine di perseguire il preannunciato intento di semplificazione, l’accezione di forma è, perciò, ristretta: la Convenzione non fornisce alcuna definizione di testamento né qualifica istituti importanti che intervengono nella regolazione di questo strumento, così che, per tutti gli aspetti cui non è stato possibile dettare una disciplina uniforme, a causa dei diversi principi ispiratori e dei diversi intenti perseguiti dalle leggi interne dei singoli Stati (come i requisiti richiesti per assumere la qualità di testimone o le norme in materia di conservazione del testamento o sulle ipotesi di revoca di quest’ultimo), si rinvia la disciplina alle leggi interne, introducendo un nuovo criterio di collegamento tra le leggi nazionali.
Nella trattazione, vedremo poi come le disposizioni della legge uniforme possano essere introdotte nella legislazione di ciascuno Stato aderente mediante la mera riproduzione del testo autentico oppure mediante la contemporanea introduzione di disposizioni complementari allo scopo di coordinarne la disciplina con le norme già in vigore nei singoli Stati membri. Anticipiamo che l’Italia si è limitata a ratificare lo strumento convenzionale senza prevedere una esplicita disciplina di raccordo in materia; altri Stati, invece, hanno coordinato le nuove disposizioni abrogando parte della disciplina previgente, come l’Olanda che ha abrogato le norme sul testamento segreto (c.d. testament mystique).
E’ così che, nella parte centrale, la terza, analizzeremo come nell’ordinamento italiano il testamento internazionale è disciplinato, provando ad operare – senza pretendere di esprimere giudizi assoluti, ma sempre aperti al confronto rispetto a tesi giustificative maggiormente persuasive – una ricostruzione delle norme di raccordo che il legislatore italiano non ha espressamente previsto al momento della ratifica della Convenzione.
Partendo dal confronto della forma testamentaria internazionale con quelle disciplinate dal codice civile italiano e rinvenendo nel testamento segreto l’ipotesi con maggiori analogie, integreremo, dunque, la disciplina dello strumento elaborato a Washington.
Da ultimo, faremo un bilancio sul tentativo di unificazione perseguito e analizzeremo i dati sull’utilizzo del testamento internazionale in Italia.
La passione per il diritto e per la professione notarile è la ragione che mi spinge a trattare il tema oggetto di questo lavoro: il fine, senza presunzione alcuna, è quello di cercare di attirare l’attenzione delle coscienze giuridiche di quanti operino in questo settore o che, più semplicemente, se ne interessino affinché il testamento internazionale possa essere, finalmente, uno strumento molto più concreto nella nostra – sempre più – cosmopolita realtà.
CAPITOLO 1
IL FENOMENO SUCCESSORIO: LE FONTI
1.1 Il fenomeno successorio – 1.2 Forme testamentarie – 1.2.1 Nozione di testamento – 1.2.2 Testamento orale – 1.2.3 Il testamento olografo – 1.2.4 Il testamento pubblico – 1.2.5 Il testamento segreto – 1.2.6 I testamenti speciali – 1.3 Le successioni mortis causa nella legge n. 218/1995 sulla riforma del diritto internazionale privato italiano – 1.4 Il Regolamento europeo n. 650/2012 (c.d. Regolamento Roma IV) – 1.5 Convenzioni internazionali in materia successoria – 1.6 Excursus storico sull’approvazione della Convenzione di Washington del 26 ottobre 1973 istitutiva di una legge uniforme sulla forma di un testamento internazionale – 1.6.1 Il favor testamenti della Convenzione dell’Aja del 1961 sui conflitti di leggi in materia di forme delle disposizioni testamentarie. I limiti – 1.6.2 Studi e suggerimenti dell’UNIDROIT per individuare una forma comune di testamento – 1.6.3 Genesi redazionale: il primo “Projet de Convention international portant loi uniforme sur la forme des testamentes” del 1966 – 1.6.4 (segue) Il “Projet de Convention international portant loi uniforme sur la forme du testament international” del 1971 e la Conferenza di Washington dal 16 al 26 ottobre 1973 e la “Convection international portant loi uniforme sur la forme d’un testament international” – 1.6.5 Stati in cui la Convenzione di Washington è entrata in vigore.
1.1. Il fenomeno successorio
Con l’espressione successione si designa la sostituzione di un soggetto ad un altro nella titolarità di situazioni giuridiche patrimoniali trasmissibili; varie possono essere le occasioni da cui questo fenomeno può essere originato, in particolare a causa dell’estinzione di una persona fisica1: si parla, dunque, di successione a causa di morte.
All’interno del meccanismo giuridico in forza del quale un soggetto (persona fisica o giuridica) A subentra nella totalità o in una parte delle situazioni giuridiche
1 LOI, Le successioni a causa di morte, in BRECCIA – BRUSCUGLIA – BUSNELLI – GIARDINA – GIUSTI
– LOI – NAVARRETTA – PALADINI – POLETTI – ZANA, Diritto Privato – Tomo terzo, Milano, 2014, p. 1191.
soggettive precedentemente esistenti in capo ad un altro soggetto B, il soggetto A è chiamato avente causa, mentre B dante causa.
Caratteristica del processo successorio è l’invarianza delle situazioni che ne costituiscono l’oggetto: la peculiarità del fenomeno, dunque, consiste nella constatazione che un soggetto subentra nella medesima situazione soggettiva propria del dante causa2.
Vi è, poi, da sottolineare come parte della dottrina3 distingua la successione dal trasferimento, ritenendo il primo istituto di portata più ampia: mentre il trasferimento sarebbe imputabile solo ad atti traslativi e sarebbe possibile solo per situazioni giuridiche soggettive positive, la successione potrebbe avvenire anche in forza di legge e, soprattutto, potrebbe avere ad oggetto anche situazioni soggettive passive.
Infine, occorre differenziare tra successioni a titolo particolare e successioni a titolo universale: si parla di successioni a titolo universale in relazione ad ipotesi in cui un soggetto subentri al dante causa nella totalità delle sue situazioni soggettive; la prima ipotesi, invece, si verifica in relazione a singole e/o specifiche situazioni del complesso costituente la sfera giuridico – patrimoniale del soggetto.
In dettaglio, per successione mortis causa si intende il subentrare di uno o più soggetti nei rapporti giuridici patrimoniali (c.d. eredità) che facevano capo ad un altro soggetto in occasione e a causa della sua morte4.
Questo fenomeno giuridico presenta il carattere della necessarietà: se la sua regolazione non è disciplinata negozialmente (c.d. successione testamentaria) in via ex ante dal de cuius che, con un atto negoziale (il testamento) può disporre
2 LUPIA, Successioni e Donazioni, Approfondimento e giurisprudenza, Santarcangelo di Romagna,
2009, p. 16.
3 FERRI, Commentario del codice civile. Disposizioni generali sulle successioni, Artt. 456-‐511, in
SCIALOJA – BRANCA (a cura di), Bologna, 1980, p. 456.
dei propri beni per il periodo successivo alla sua morte, esso viene disciplinato dalla legge (c.d. successione legittima).
L’art. 457 c.c. afferma, infatti, che l’eredità si devolve per legge o per testamento. Non si fa luogo a successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.
Il primo interesse che è tutelato dalla previsione appena menzionata è sicuramente quello di assicurare l’esecuzione delle ultime volontà del de cuius in merito al destino delle proprie situazioni giuridiche soggettive patrimoniali. Il secondo, invece, è un interesse dello Stato a che tutti i rapporti giuridici esistenti (attivi e passivi) abbiano sempre un titolare cui fare riferimento. Il terzo interesse, infine, è la tutela di alcune categorie di familiari del de cuius: il legislatore, infatti, garantisce loro (c.d. legittimari) la tutela delle relative aspettative patrimoniali, prevendendo una disciplina limitativa della volontà del soggetto disponente che, pur libero di disporre dei propri beni, deve sempre garantirne una porzione ai familiari, così come individuata – in percentuale – dal codice civile (c.d. parte indisponibile), agli articoli 536-‐564 c.c.
Anche la successione a causa di morte può assumere la forma di successione a titolo universale o particolare: nel primo caso, ai sensi dell’art. 588 c.c., si parla di istituzione ereditaria5; nel secondo, di istituzione di legato6.
E’, in questa sede, doveroso operare, con riferimento ad autorevole dottrina7,
una distinzione tra acquisti per causa di morte ed acquisti in occasione di morte. Nella prima ipotesi, si fa riferimento ai rapporti in cui un soggetto diventa titolare in quanto erede o legatario, dunque iure successionis. Rientrano nella seconda
5 E’ erede colui che per legge o per testamento (art. 457 c.c. (succede al defunto nella totalità o
in una quota parte (ad esempio, ½, ¼) del patrimonio.
LOI, Le successioni a causa di morte, in BRECCIA – BRUSCUGLIA – BUSNELLI – GIARDINA – GIUSTI – LOI – NAVARRETTA – PALADINI – POLETTI – ZANA, Diritto Privato – Tomo terzo, Milano, 2014, p. 1198.
6 E’ legatario colui che acquista dal defunto uno o più beli determinati mai rappresentativi di una
di una quota del patrimonio.
LOI, Le successioni a causa di morte, in BRECCIA – BRUSCUGLIA – BUSNELLI – GIARDINA – GIUSTI – LOI – NAVARRETTA – PALADINI – POLETTI – ZANA, Diritto Privato – Tomo terzo, Milano, 2014, p. 1198.
ipotesi, invece, le situazioni acquisite in forza di un titolo legale o negoziale preesistente alla morte del de cuius ma che produce i propri effetti al al verificarsi dell’evento morte stessa.
Vi è, infine, una terza peculiare sub specie in cui rientrano tutte le ipotesi in cui l’effetto acquisitivo è legalmente subordinato sia alla morte che all’attribuzione della qualità di erede ma, in questo caso, esso non avviene iure successionis, in quanto non deriva dall’asse ereditario (ad esempio, il subingresso degli eredi conviventi nel contratto di locazione del conduttore defunto).
1.2. Forme testamentarie
In particolare, la nostra attenzione è rivolta all’approfondimento della successione testamentaria – e delle forme con cui essa può essere declinata – così come disciplinata nell’ordinamento italiano attraverso una analisi delle diverse fonti normative esistenti in materia: codice civile italiano; regolamenti europei; convenzioni internazionali.
1.2.1.
Nozione di testamento
Per successione testamentaria si intende l’apertura della successione in cui si attuano le direttive predisposte dal soggetto de cuius, in via ex ante, attraverso la redazione di un testamento8.
Ai sensi dell’art. 587 c.c., per testamento si intende un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse.
8 LOI, Le successioni a causa di morte, in BRECCIA – BRUSCUGLIA – BUSNELLI – GIARDINA – GIUSTI
– LOI – NAVARRETTA – PALADINI – POLETTI – ZANA, Diritto Privato – Tomo terzo, Milano, 2014, p. 1225.
L’art. 457 c.c. specifica come le fonti di vocazione ereditaria siano duplici e possano essere tra loro concorrenti: l’eredità, infatti, si devolve per legge o per testamento. Ma questa regola impone una priorità di applicazione della successione testamentaria e, di conseguenza, attribuisce un carattere suppletivo alle norme sulla successione legittima: non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria (art. 457 c.c., comma 2).
Questa preminenza dell’autonomia dispositiva del testatore, tuttavia, è limitata solo dal rispetto della posizione successoria dei legittimari, per cui il disponente non è libero di decidere della sorte delle proprie sostanze al di là di quanto la legge gli consente di fare (art. 536 c.c.).
La parola testamento, in particolare, assume nella legge il duplice significato di insieme delle disposizioni mortis causa e di documento che contiene tali disposizioni.
Nell’art. 587 c.c., è evidente il riferimento al testamento in quanto negozio. Eppure, tuttavia, la dottrina non è unanime sull’esattezza di questa definizione: è stato osservato9 che la definizione dell’art. 587 c.c. è esatta ma incompleta, in
quanto da essa non si desume che il testamento sia anche un atto formale e solenne, strettamente personale, unipersonale e spontaneo.
Autorevole dottrina10, inoltre, nega la tesi per cui il testamento possa essere
considerato un negozio giuridico facendo leva culla constatazione che, in alcuni casi, l’effetto previsto dalla legge prevale (e, alcune volte, contraddice) rispetto alla volontà del testatore.
Diversa, invece, la posizione di chi11 afferma che se il negozio giuridico è atto di
volontà, il testamento è necessariamente da considerarsi negozio giuridico
9 GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1952, p. 26. 10 LIPARI, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970, p 52.
perché in nessun altro atto la volontà è tanto fondamentale come nell’atto testamentario.
Tesi, peraltro, avvalorata da Triola12 sulla base delle considerazioni per cui se autonomia privata significa “potere di modificare la realtà”, il testamento è necessariamente atto di autonomia privata in virtù dell’ampia libertà dispositiva accordata al de cuius.
Pacifico, invece, l’assunto per cui il testamento costituisca un atto mortis causa: cioè quegli atti che hanno la funzione di regolare i rapporti del soggetto che li pone in essere per il tempo successivo alla sua morte e che hanno effetti solo ed esclusivamente dal momento in cui tale evento si verifica.
Nell’ambito, inoltre, degli atti mortis causa, esso appartiene alla species degli atti di ultima volontà13 in cui gli effetti si producono solo nel caso in cui manchi una manifestazione di volontà di senso contrario (c.d. revoca).
Il testamento, come anticipato, è un atto formale che, cioè, a pena di nullità, deve essere redatto per iscritto, pur essendo prevista una pluralità di forme al riguardo, tutte idonee ad attribuire la medesima rilevanza giuridica alla dichiarazione del testatore. Non si tratta, però, di un atto solenne14: basti pensare
che esiste la fattispecie del testamento olografo – di cui diremo più avanti – . Per giustificare il formalismo testamentario, la dottrina15 ha sottolineato come
esso costituisca un atto di particolare gravità in quanto destinato a produrre effetti post mortem del disponente: non essendo più questi in vita al momento dell’esecuzione del testamento, è necessario avere la certezza che le disposizioni ivi contenute corrispondano al suo effettivo volere.
12 TRIOLA, Il testamento, Milano, 2012, p. 37
13 Ogni atto di ultima volontà è anche un atto mortis causa ma non è vero il contrario. TRIOLA, Il testamento, Milano, 2012, p. 41
14 BRANCA, Dei testamenti ordinari, in SCIALOJA – BRANCA, Commentario al codice civile,
Bologna, 1986, p. 2.
Eppure, anche se la scrittura è un requisito formale essenziale richiesto dalla legge per l’esistenza giuridica del testamento, quando la volontà del testatore è stata validamente manifestata, ossia riprodotta per iscritto – ed il testamento, quindi, è stato confezionato –, essa non è sempre indispensabile: la volontà del testatore rimane efficace e produce effetti anche quando il documento che la conteneva – il testamento – venga smarrito. Questa conclusione si ricava, innanzitutto, dall’art. 684 c.c. in cui si ammette la prova del testamento olografo distrutto o lacerato se la distruzione e/o la lacerazione è dovuta a persona diversa dal testatore o anche, quando compiuta dal testatore stesso, se quest’ultimo non aveva l’intenzione di revocarlo: è, dunque, ammessa la prova del contenuto del testamento.
Ma, poiché questa prova è definita probatio diabolica, in dottrina16 si è ammesso che se la distruzione o la sparizione del testamento sia dipesa da terzi interessati, l’onere della prova è spostato in capo ai terzi, nel senso che saranno costoro a dover provare che il testamento era formalmente invalido.
La prova, infine, può essere data con tutti i mezzi.
Il testamento è un atto essenzialmente unilaterale: è sufficiente un’unica manifestazione di volontà da parte del testatore ai fini della sua efficacia. Se così non fosse, non avrebbe senso la necessaria accettazione del chiamato all’eredità per realizzare l’effetto successorio17.
Inoltre, esso è un atto personale, nel senso che è esclusa la rappresentanza: nel testamento olografo e in quello pubblico, il testatore deve scrivere o rendere la propria dichiarazione personalmente; in quello segreto, invece, la redazione può essere lasciata ad un terzo che, però, assume solo il mero ruolo di amanuense. Bisogna anche aggiungere che il testamento è un atto unipersonale: gli articoli 458, 589 e 635 c.c. vietano i patti successori, il testamento congiuntivo e la condizione di reciprocità (di cui tratteremo più nel dettaglio nel Capitolo 3).
16 TRIOLA, Il testamento, Milano, 2012, p. 46. 17 TRIOLA, Il testamento, Milano, 2012, p. 46
Ma la “unipersonalità” dell’atto, intesa come impossibilità che due o più soggetti manifestino congiuntamente una unica volontà testamentaria nel medesimo negozio testamentario, è già insita nella struttura dell’atto che ha come scopo quello di disporre delle proprie sostanze.
Gli articoli citati, quindi, hanno come ratio ispiratrice comune quella di tutelare la spontaneità della volontà del testatore.
Infine, il testamento non è un atto recettizio: ai fini della sua efficacia, non è necessaria una previa comunicazione ai terzi.
1.2.2 Testamento orale
La dottrina18 più attendibile usa come spiegazione del rigido formalismo testamentario previsto dal nostro ordinamento la teoria secondo cui esso risponda a due diverse esigenze: una di carattere sostanziale, ribadiamo, secondo cui costituisce una garanzia per una formulazione riflessiva della volontà testamentaria; l’altra di carattere processuale, vola a fornire la precostituzione di una prova della volontà del testatore attraverso la creazione del documento. E’ tuttora discusso19 se sia possibile confermare, ai sensi dell’art. 590 c.c. (“La nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione.”), il testamento orale (c.d. testamento nuncupativo).
Parte della dottrina20 e due note sentenze della Cassazione21 sostengono la tesi della sanabilità, pur trattandosi di un atto nullo per mancanza di autografia o sottoscrizione (art. 606 c.c.); così facendo, si rispetta la funzione della sanatoria
18 ALLARA, Principi di diritto testamentario, Torino, 1957, p. 232. 19 CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 450.
20 BIANCA, Diritto Civile 2, La famiglia. Le successioni, Milano, 2014, p. 640. 21 Cassazione, 16 maggio 1941, n. 1476 e Cassazione, 26 giugno 1964, n. 1689.
per cui è primaria l’esigenza morale del rispetto della volontà del defunto considerando che la morte rende impossibile la rinnovazione dell’atto.
Preferibile, però, la tesi negatrice22 secondo cui la legge stabilisce quali sono i difetti formali che danno luogo a nullità (art. 606 c.c., comma 1) e quelli che, invece, determinano l’annullabilità del testamento (art. 606 c.c., comma 2), invocabile da chiunque vi abbia interesse entro cinque anni dall’esecuzione delle disposizioni testamentarie interessate dal suddetto vizio (c.d. regime di annullabilità assoluta): in totale assenza di forma scritta, il testamento non solo è assolutamente nullo ma, addirittura, può essere considerato non esistente23. Per questa dottrina, infatti, il dato formale non costituisce solo un elemento necessario ai fini della validità, bensì si tratta di una condizione di “giuridizzazione” della fattispecie di ultime volontà24.
In particolare, il legislatore disciplina in modo tassativo le forme testamentarie per redigere un testamento valido ed efficace nel nostro ordinamento.
Si tratta delle ipotesi del testamento olografo; del testamento pubblico; del testamento segreto; dei testamenti speciali.
1.2.3 Il testamento olografo
Il testamento olografo è quello scritto per intero, datato e sottoscritto dal testatore (art. 602 c.c., comma 1).
La giurisprudenza25 specifica come, ai fini della validità del testamento olografo, l’autografia non sia necessaria solo rispetto alla sottoscrizione, ma anche per la data e il testo del documento.
22 SANTORO – PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2012, p. 243. 23 CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 451.
24 LUPIA, Successioni e Donazioni, Approfondimento e giurisprudenza, Santarcangelo di Romagna,
2009, p. 379.
Si tratta della forma più semplice di testamento, in cui le importanti semplificazioni redazionali sono accompagnate da grandi rischi legati alla conservazione e all’efficacia probatoria dell’atto.
La sua natura giuridica è a tutti gli effetti quella di scrittura privata, con particolari requisiti formali perché, come abbiamo anticipato, non è sufficiente la normale sottoscrizione dell’autore: è, bensì, necessaria anche l’autografia della scrittura e della datazione. Dunque, la presentazione del testamento olografo e la sua pubblicazione ad opera del notaio non gli permettono di qualificarlo come atto pubblico26.
Dalla sua natura, deriva anche il valore probatorio dell’atto: colui che, sulla base di un testamento olografo, vuole far valere un diritto, deve provarne la verità. La Cassazione27, infatti, sottolinea come la parte contro cui esso è prodotto possa disconoscere la scrittura o la sottoscrizione del testatore e specifica28 che,
nell’ipotesi in questione, è a carico della controparte l’onere probatorio legato alla verificazione; che, in alternativa, può proporre querela di falso per contestare la genuinità del documento.
La principale caratteristica di questa forma testamentaria, dunque, è la scritturazione per intero ad opera della mano del testatore.
Essa può essere fatta con qualsiasi mezzo (penna, matita, carbone, ecc.) e su qualsiasi materiale (carta, stoffa, legno, ecc.) purché idonea a conservarla. L’autografia deve presentare due caratteri:
-‐ la personalità, nel senso di provenire sicuramente dal testatore in persona;
-‐ l’abitualità, nel senso che la grafia deve corrispondere a quella solitamente usata dallo stesso.
26 CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 452. 27 Cassazione, 27 giugno 1974, n. 1928.
Sono, pertanto, nulli gli scritti non di mano del testatore (stampa, moduli, ecc.) ovvero redatti da un terzo. In questa ipotesi, però, è stato ritenuto valido come olografo il testamento in cui un terzo sia intervenuto al fine di fermare il tremore della mano del testatore.
La data indica il momento temporale di confezionamento del testamento e deve contenere l’indicazione del giorno, del mese e dell’anno; sono, tuttavia, ammessi equipollenti come, ad esempio, “Natale 2015”.
La sua funzione è quella di accertare la capacità del testatore e l’efficacia di più testamenti redatti dalla stessa persona e la sua mancanza comporta l’annullabilità del testamento.
Il formalismo testamentario esige che essa risulti dal testo del testamento: qualora la data non sia apposta sulla scheda testamentaria ma essa si trovi, ad esempio, sul plico che contiene il testo, il testamento deve considerarsi privo di data29 ; può essere, invece, apposta in ogni parte della scheda, non prescrivendo la legge che debba precedere o seguire le disposizioni di ultime volontà30.
La data impossibile, invece, come nel caso di “tredicesimo mese dell’anno”, è equiparata alla mancanza di data con conseguente invalidità del testamento, a meno che dalla scheda siano individuabili elementi a sufficienza per una rettifica31.
La sottoscrizione è la firma apposta dal testatore alla fine delle sue dichiarazioni di ultima volontà, in modo da permettere l’identificazione dell’autore senza equivocità.
Non occorre altro: ragion per cui, è valida la sottoscrizione con pseudonimo o soprannome e non importa che la firma sia illeggibile se questo era il normale modo di scrivere del de cuius.
29 Cassazione, 24 giugno 1965, n. 1323. 30 Cassazione, 18 settembre 2001, n. 11703.
La sottoscrizione situata tra le disposizioni rende nullo tutto quanto riportato successivamente alla firma stessa; se apposta sul resto della pagina, invece, può essere ammessa solo in caso di insufficiente spazio in calce alla pagina32.
Giannattasio33 sostiene che il testamento non firmato è inesistente, in quanto la funzione della sottoscrizione non è puramente formale ma consiste, piuttosto, nella conferma di quanto scritto nella scheda testamentaria.
Infine, il testamento olografo può essere depositato presso il notaio, come tutte le scritture private, con la redazione di un verbale apposito, alla presenza di testimoni, così come previsto dalla legge notarile italiana.
Il deposito ha come scopo quello di una custodia maggiormente garantita ma non produce effetti dal punto di vista giuridico.
1.2.4 Il testamento pubblico
Il testamento pubblico è quella particolare forma testamentaria in cui è necessario l’intervento qualificato di un pubblico ufficiale, il notaio, che raccoglie le ultime volontà del testatore e le riproduce per iscritto nella scheda testamentaria, alla presenza di due testimoni (art. 603 c.c.).
Questa tipologia ha il vantaggio di un rigoroso accertamento della volontà del testatore e di una guida tecnica nella redazione ma presenta, al contempo, lo svantaggio di un rigoroso formalismo, della mancanza di segretezza e di spese gravose.
Quanto alla natura giuridica, è un atto pubblico e, come tale, fa piena prova fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha firmato nonché di quanto attestato dal notaio di quanto accaduto in sua presenza.
32 Cassazione, 15 luglio 1965, n. 1524.