ABITARE
STANZIALE
PER UNA
ATTITUDINE
NOMADE
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Spazio duttile, vivo, dinamico e “aperto” a cambiamenti d'uso imme-diati; configurazioni volumetriche versatili, per assecondare nel tempo l'evoluzione del nucleo familiare; costruzioni mobili, per soddisfare i bi-sogni di transitorietà: sono questi gli elementi ricorrenti di questa terza parte che intende trattare l'abitazione vista come spazio d'erranza. Tale panorama contemporaneo, evoluzione delle ricerche dei maestri del Moderno, propone spazi flessibili e versatili per soddisfare le ne-cessità contingenti e future, ma anche per indirizzare le abitudini e progettare i desideri del nuovo abitante; ritrae con sempre più forza l'attuale fenomeno socio-culturale come un momento di dissoluzione di ogni stabilità e permanenza.
Questo modus operandi nel mondo dell'architettura è fatto di speri-mentazioni sul tema dell’abitare come atto di passaggio individuale, e sottolinea come il concetto di differenza sia un approccio progettuale che ormai non può più essere evitato o sottovalutato. Tutto ciò è detta-to dalle trasformazioni sociali e culturali, dalla crisi delle certezze, dal-la consapevolezza deldal-la dal-labilità e transitorietà dell’esistenza, piuttosto che dall’acquisizione di nozioni nuove di tempo e di spazio.
L’uomo flessibile, che vive nella “società dell’incertezza” e mutevolez-za del capitalismo, è il nuovo utente cui riferirsi nel progetto di case personalizzabili, vitali e dinamiche come i bisogni e i desideri di chi le
abita1.
Partendo dalle ricerche del Movimento Moderno, che hanno prodot-to modelli abitativi per i quali la società finora non era culturalmente pronta per accettarli ed accoglierli, il testo vuole analizzare come i con-cetti di domesticità e di comfort si sono modificati in relazione a mo-dalità nuove di vivere e di intendere lo spazio per abitare, spingendosi verso confini innovativi arrivando a plasmare architetture trasformabili, incrementabili e adattabili alle esigenze dell'utente, nuovi spazi
inde-terminati in cui coesistono funzione ed evento2.
Assistiamo ad una ridefinizione del concetto di tempo, del come lo percepiamo, dell’uso che ne facciamo, del modo in cui ne disponia-mo. I concetti di domesticità e di confort si modificano in relazione a modalità nuove, forse più essenziali, di vivere e di intendere lo spazio per abitare. Dino Formaggio in Estetica, Tempo e progetto descrive come il concetto di mobilità e mutamento si possa applicare anche al progetto architettonico contemporaneo:
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ABITARE STANZIALE PER UNA ATTITUDINE NOMADE
LA CASA
COME SPAZIO
D'ERRANZA
<<la cultura oggi non è dell'essere; è una cultura del divenire e, in una cultura del divenire, l'asse fondamentale non è più lo spazio (…). È il fattore tempo a determinare le modalità dell'essere nello spazio. E se il tempo nella nostra epoca è particolarmente
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Già nel 1965 nell'articolo A Home is not a House Reyner Banham considerava la casa come una nozione complessa, constatando come le abitazioni non potessero più essere definite simboli dell'architet-tura, ma insiemi di tubazioni, cavi e tecnologie, tutti elementi che creano un'intelaiatura ricca di servizi che si sorregge da sé; l'edificio perde dunque d'importanza, non è più necessario per poter definire un'abitazione. Ciò che determina un'abitazione, per Banham, sono le strutture e le tecnologie presenti in essa, che sono trasportabili
ovunque4.
La forma dunque dell'abitazione non può più essere definita un concetto statico, e ciò che la definisce è il come l'utente vive le sue “intelaiature” e le sue funzioni interne. Trasformiamo lo spazio costruito in abitazioni, osserva Robert Kronenburg, pervadendolo della nostra stessa presenza. Attraverso gli oggetti quotidiani ed il
modo di disporli, lo adattiamo alla nostra identità personale5. I
prin-cìpi compositivi per creare, prefigurare e realizzare uno spazio fisico tanto complesso devono contemplare dunque aspetti oltre che fisici, anche culturali, estetici e psicologici legati all’individualità; aspetti che si esprimono anche attraverso quel complesso di azioni con cui ciascuno realizza il proprio luogo del “fare casa”, con la possibilità di prevedere scenari futuri di sviluppo:
Il concetto di durabilità deve trasformarsi: prescinde dalla consistenza materiale della costruzione per riferirsi piuttosto alla potenzialità di trasformazione dello spazio che essa racchiude. Intesa come continui-tà d’uso nel tempo, comprende in sé, come scrive Francois Burkhardt, la propria antitesi, cioè “l’alterazione, la conversione e l’evoluzione, che a sua volta si collega all’idea di modificazione, di divenire, di
indeterminatezza: nozioni che si fondano sulla discontinuità”7.
Al concetto di permanente si avvicenda quello di temporaneo, allo statico il dinamico, all’esatto l'adatto. La casa deve essere dunque in grado di adattarsi ai nuovi stili di vita; la flessibilità degli spazi è sem-pre più necessaria per rispondere alle esigenze di chi la vive. Deve essere concepita per rispondere prontamente a funzioni differenti, a
comportamenti, usi e specifiche richieste degli utenti8.
Ai maestri del moderno è riconosciuto il merito di “aver portato l’architettura nella casa […], di essersi immersi in un grandissimo
problema: quello di dare a una società nuova, abitazioni adeguate"9;
in sintesi, di aver ideato il modo di abitare di XX secolo10. Salubrità
e benessere, areazione e dotazione di servizi igienici sono state le loro principali preoccupazioni. Affascinati dall’avvento dei trasporti e figli di un mondo in cui tutto era determinato, razionale, ordinato dalle leggi inflessibili della geometria e della matematica, hanno ritenuto di poter superare le riforme dei modi di abitare del passato con la quantificazione esatta dei minimi dell’esistenza, da declinare
fuggevole, le logiche da perseguire dovranno essere quelle proprie del movimento. La forma è un concetto statico; la metamorfosi è il concetto genetico della forma e della
realtà in divenire.3>>
<<L'architettura adattabile riconosce che il futuro non è scritto, che il cambiamento è inevitabile, ma che è un'intelaiatura di base, un elemento importante per fare in modo che la variazione abbia luogo. (…) Manufatti adattabili possono essere costruiti con una ossatura principale fissa e prevedere diversi allestimenti in base alle richieste funzionali
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secondo i canoni dell’estetica moderna. La casa veniva assimilata ad una “macchina per abitare”, che permetteva all’uomo di soddisfare il compiacimento, il divertimento e la discrezionalità di azione secondo
inclinazione personale e libero arbitrio11.
L’ideale compositivo della pianta libera si limitava però alla definizio-ne di spazi domestici suddivisi in ambienti statici permadefinizio-nenti ed irre-versibili, pensati per l’assolvimento di una specifica funzione piuttosto che per la vita.
L’utente cui riferirsi nel contemporaneo progetto dell’abitare è quell’“uomo flessibile”, di cui traccia il profilo il sociologo Richard Sennett, che vive la dimensione temporale di dinamicità,
frammen-tarietà e mutevolezza propria del nuovo capitalismo12. L'abitazione
deve dunque valorizzare la differenza, la soggettività eterogenea di ognuno; il concetto di flessibilità, nel senso di apertura rinnovamento, appare dunque l’ineludibile approccio progettuale per dar forma a spazi dinamici, suscettibili di modificazione e ripristino della configu-razione originaria.
Nell'ideare, prefigurare e realizzare questi spazi flessibili è necessa-rio quindi sostituire la nozione di univocità nell'approssimazione (del fatto su misura per un immaginario abitante che conduce una vita codificata in quanto vissuta da molti), con quella di molteplicità nella
versatilità13.
La nozione di funzionalità si rinnova: “diviene libera fruizione, garanti-sce nel tempo e nello spazio capacità alternative nella distribuzione e
nell’uso dell’alloggio”14.
La programmazione di assetti variabili nel medesimo spazio architet-tonico prendi dunque posto di quella
Esiste “un tipo di libertà che blocca e, all’opposto, una fissità che libera”, osserva Rem Koolhaas parlando del valore di modernità dell’architettura olandese. “La prima sarebbe Rietveld, la seconda
Mies”16. Queste due strategie progettuali, partendo dallo stesso
mini-mo comun denominatore della libertà di azione dell’utente, percorro-no itinerari diversi.
La casa manifesto Rietveld-Schroeder rappresenta emblematicamente un tipo di libertà che possiamo definire “controllata”. Una libertà cioè da esercitare entro i limiti dettati dalla disposizione degli arredi fissi e della precisa movimentazione dell’apparato di pannelli scorrevoli e ribaltabili con cui Truus Schroeder poteva cambiare la scena dell’am-biente unico al piano superiore della propria casa ad Utrecht,
alter-nandola con una suddivisione in tre camere17.
La ricerca invece condotta da Mies van der Rohe sulla disgregazione dell’organismo architettonico nei suoi elementi costituenti primari
lo porterà alla considerazione, come osserva Sergio Poretti18, di una
flessibilità d’uso “nel tempo”, anziché “continua”, per adattarsi alle mutevoli esigenze di vita dell’utenza:
<<sopradeterminazione moderna derivante dalla presunzione della conoscenza esatta di azioni e con portamento degli utenti, indicata da Alejandro Zero-Polo (FOA) come il principale difetto del funzionalismo, cioè il rapporto lineare tra causa ed effetto, che si
traduce nella forma che segue la funzione.15>>
<<Fai i tuoi spazi grandi a sufficienza, uomo, così da potervi camminare liberamente, e non solo in una direzione predeterminata. O sei del tutto sicuro di come quelli verranno
usati? Noi non sappiamo affatto se la gente ne farà l’uso che ci attendiamo. Le funzioni
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Le riflessioni di Mies lo porteranno alla formulazione di diverse soluzioni distributive per Casa Row. In questo progetto del 1951 lo spazio domestico è concepito per potersi organizzare in modi diffe-renti intorno a un cuore meccanico. Un blocco permanente di servizi, contenente cucina bagno e disimpegno, è collocato ad una distanza opportuna dalla parete perimetrale e funge da perno per divisori componibili e riposizionabili che consentono di allestire differenti con-figurazioni spaziali della medesima unità di abitazione, resa pertanto adatta all’uso per un nucleo familiare di minimo due componenti fino ad un massimo di cinque.
Nel secolo scorso, comunque, l’approccio ad un progetto di ambiti domestici vitali iniziava a delinearsi nella tendenza alla riduzione, spesso disgregazione, degli elementi di suddivisione dello spazio che si vuol far fluire libero tra minimi elementi di arredo. Un esempio è la villa per E. Farnsworth a Plano, un'unità abitativa monospaziale defi-nita da Bruno Zevi un “quasi nulla architettonico”, il cui minimalismo progettuale è volto a massimizzare la molteplicità d’uso.
Anche Le Coubusier, nei progetti per la casa Citrohan, aveva avuto l’intuizione costruttiva e formale: “un prisma […] una sola grande apertura […] due muri portanti laterali; al di sopra un soffitto piano; una scatola avere propria che può utilmente fare da casa”.
Qualche anno dopo, nel 1929, progettò le case Loucheur, mai realiz-zate: pensate come uno spazio unitario, si costituiscono di un blocco contenente due unità abitative separate da un muro in pietra che doveva essere di sostegno nel caso in cui si fosse realizzata una sola unità abitativa o avere la funzione di parete divisoria tra le due unità. In questo progetto le pareti divisorie interne sono quasi inesistenti; l'arredo è in gran parte mutevole, mobile. Un pannello scorrevo-le apre alternativamente la camera da scorrevo-letto o la cucina, mentre gli armadi dividono la zona giorno dalla zona notte. Quest'ultima può essere articolata in maniera diversa a seconda delle esigenze: duran-te il giorno i letti si racchiudono in mobili progettati appositamenduran-te, lasciando ampio spazio per lo studio o i giochi; lo spazio è ulterior-mente divisibile all'occorrenza in due camere grazie a un complesso sistema di pannelli mobili.
Un approccio progettuale alternativo a quello definitivo e concluso del funzionalismo, in quegli stessi anni, si può leggere nel progetto della Casa Sospesa di Paul Nelson. Presentata da Nelson nel 1933 Sulla rivista Architecture Vivante, è concepita come semplice “con-tenitore” di uno spazio funzionalmente indeterminato. L'abitazione risulta infatti, come lui stesso la definì, una “costruzione esterna rigida alla quale sono appese le stanze interne”: consiste in una struttura a gabbia al cui interno, raccordati da un percorso sinuoso, si artico-lano liberamente i volumi dei singoli ambienti, che organizzano lo spazio domestico in cellule abitative plasmate e dimensionate per assecondare i movimenti e le relative funzioni a qui sono destinati. L'obiettivo, dichiarato dallo stesso Nelson, era quello di creare uno spazio domestico che fosse libero da vincoli strutturali, vuoto, unitario e indeterminato per conformarsi ai “bisogni ulteriori e trascendenti
dell'uomo”20. Questo progetto segna in modo originale il passaggio
da una concezione dell'organismo per abitare utilitaria ad una
inclusi-va del divenire 21.
La ricerca contemporanea sul tema della flessibilità e ampliabilità dell'abitazione sembra essere vicina a questo approccio progettua-le: l’indeterminatezza funzionale è ancora oggi uno dei criteri guida fondamentali per il progetto di spazi “neutri”, unitari e a-funzionali, in cui poter far coesistere funzione ed evento, che consentono libertà di
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azione per l'uomo flessibile dell'attuale società dell'incertezza. A tal proposito Rem Koolhaas osserva:
Sembra oggi delinearsi un “modello di una “casa adatta”, la cui spazialità è astratta a tal punto da recedere a livello di sfondo alle molteplici azioni dell’individuo, impersonale per rendersi personaliz-zabile e garantire all’utente quella libertà programmata di azione che
è condizione di benessere”23.
Pensando alle capsule della Casa Sospesa di Nelson vengono difatti in mente le stanze di Shigeru Ban della Naked House: anche queste sono elementi autonomi e mobili, in bilico tra minimali camere da letto ed oggetti d’arredo; sembrano esse stesse abitare lo spazio domestico.
Ridotta alle sue originarie funzioni di involucro puro, la Naked House, progetto realizzato nel 2000 a Tokyo, è una scatola vuota, dal corpo allungato, i cui lati corti della facciata sono vetrati ed offrono vista libera sul paesaggio circostante, e programmaticamente aperta al bisogno degli abitanti: all’interno troviamo un ambiente unico, dove solo il bagno è chiuso, mentre la cucina, la lavanderia e il riposti-glio sono spazi definiti da tende. Questi “oggetti-stanza” possono muoversi liberamente in un ambiente unitario ad altezza doppia: sono flessibili e leggeri volumi in legno su ruote che assumono le funzioni di spazi individuali, in cui i proprietari della casa hanno la possibilità “di svolgere attività in un ambiente separato pur rimanendo
all’inter-no di una famiglia unita”24.
La ricerca contemporanea sull’indeterminatezza progettuale prefigura dunque gli spazi interni al modo di una “sceneggiatura architettoni-ca”, in cui i tempi della famiglia, del lavoro, dello studio, del riposo spesso coesistono in ambiti funzionali ibridi, aperti, continui, liberi di
ampliarsi e contrarsi25.
In questo processo di incessante riconfigurazione sono coinvolte an-che le pareti perimetrali, an-che costituendo i confini deboli e sfumati di commistione con il mondo esterno, vengono progettati come sistemi altrettanto vitali: coperture che ruotano (Micheal Jantzen, M house, Usa, 1999); involucri che mutano tessitura per creare situazioni ora di illuminazioni ora di oscuramento; vetrate che traslocano elettroni-camente (Rem Koolhaas, Casa a Bodreaux, Francia, 1998), muri che si dissolvono in sipari svolazzanti (Shigeru Ban, Curtain Wall House, Tokyo, 1996).
Le architetture sono luoghi vivi, stimolanti perché da inventare, sempre rinnovabili, transitorie, multiformi e sfuggenti, accompagnate da un corredo di attrezzature, componenti meccanici ed elettronici, partizioni mobili, trasformabili e componibili consentono la sovrappo-sizione della funzione del giorno e della notte, dei ritmi giornalieri e stagionali, delle condizioni di vita familiare, associata e di isolamento. La facoltà di scelta (programmata dal progettista) sembra essere una delle componenti fondamentali e necessarie dell’abitare flessibile. L’abitante è il protagonista chiamato a prendere parte ad un processo realizzativo “in itinere”, ad interagire con il non-spazio che lo circonda per modificarlo e re-inventarlo in relazione ai suoi desideri e bisogni. Al progetto di sistemi di costruzione si sostituisce lo studio dei sistemi <<la proposta di maggior fascino consiste essenzialmente nel costruire in modo non pretenzioso, intelligente […] con relativa eleganza, ma anche nel costruire cose
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di automazione degli elementi costituenti l’organismo abitativo26.
Dopo la meccanica, la cinematica pervade la casa del XXI secolo. Spigoli di stanze pivotanti porzioni di pareti che traslano (Steven Holl,
Fukuoka Apartaments, Giappone, 1992 ), pavimenti che si sollevano
e scale che si estendono, stanze che traslano verticalmente o oriz-zontalmente danno vita ad interni che sempre più si possono definire “d’erranza”.
9 | Le Corbusier. Ou
en est l’architecture? In L’architecture Vivante.
A.H. 1927. Trad. it. di C. Marcosano Dell’Erba.
Dove sta l’architettu-ra? In Funzionalismo trascendente a cura
15 | Zera-Polo, A. Un
mondo pieno di spazi vuoti. In El Croquis n.
88/89. 1998
16 | Koolhaas, R. How
modern is Dutch archi-tecture? Trad.it. in Rem Koolhaas. A cura di
Bilò, F. Edizioni Kappa. Roma. 2004
17 | Truus Schroeder desiderava una casa piccola ed efficiente che non imponesse un particolare stile di vita ma consentisse una estrema libertà d’uso. La stessa Schroeder, che abitò con i sui tre figli la casa dal 1924 al 1984, racconta: “Quando Ri-etveld fece un disegno delle stanze chiesi: Pos-sono questi muri essere eliminati? Con piacere, rispose lui, via questi muri!”. In Croft, C.
Mo-vement and Myth: the Schroeder house and Trasformable Living. In
Bell, J. Godwin, S. The
trasformable House. Wiley-Academy. 2004 10 | Al proposito Andrè Wogenscky, stretto collaboratore di Le Corbusier, sostiene: “L’architettura è il risulta-to di una domanda degli uomini indirizzata agli architetti: cioè la società condiziona fortemente l’architettura poiché è essa stessa a dettarla; […] è vero anche l’inver-so: l’architettura esercita un’azione sugli uomini poiché essa ha delle conseguenze fonda-mentali sui comporta-menti umani”. Trad. it. in Misino, P.. Un rifugio e
un tempio. In Funzionali-smo trascendente a cura
di R. Secchi. Op. cit.
13 | Cfr. Percoco, M. La
casa adatta: una nuova tipologia? Op. cit
14 | Mondolesi, E. Carrara, G. Flessibilità
interna dell’alloggio e procedimenti costrut-tivi in rapporto anche al contenimento dei
11 | Le Corbusier. Ou
en est l’architecture? In
“L’architecture
Vivan-te”. Op. cit.
12 | Sennet, R. L’uomo flessibile. Le
conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale. Universale Economica Feltrinelli. Milano. 2001 di R. Secchi. Groma Quaderni, n. 1. 1997 1 | Cfr. Percoco, M.
La casa adatta: una nuova tipologia? In
A.A.V.V. Nella Ricerca,
Annali Dipartimento di Architettura e Urbanisti-ca per l'Ingegneria La Sapienza Università di Roma. Gangemi
Edito-re. Roma. 2008 2 | Ibidem
3 | Formaggio, D.
Este-tica, tempo e progetto.
Clup. Milano. 1990 4 | Banhnam R. A home
is not a house. In Art in America, 1965
5 | Kronemburg, R.
Flexible, architecture that responds to change.
Laurence King Pub. Londra. 2007 7 | Burkhardt, F. Intro-duzione. in Domus n. 795/1997 8 | Kronemburg, R. Flexible, architecture that responds to change.
Op.cit. 6 | Ibidem
NOTE
costi. Tipografia Leberit.
Roma. 1973. Gli autori sottolineano come la funzionalità intesa come libera funzione possa estrinsecarsi solo attraverso una flessibilità progettuale ed essere re-alizzata per mezzo di una flessibilità costruttiva.
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18 | Nell’analisi funzionale delle parti-zioni interne S. Poretti distingue tra flessibilità d’uso “nel tempo” e flessibilità d’uso “continua”. Ad ognuna di esse corrispondono, sotto l’aspetto costrut-tivo, partizioni interne “spostabili” e “mobili”. In Poretti, S. Partizioni
interne e flessibilità d’uso. Quaderni della
Cattedra di Architettura Tecnica – Edili. N. 1. Roma. 1973 19 | Blundell-Jones, P. Scharoun. Phai-donPress. Londra. 1997 20 | Nelson, P. La Maison Sospendue. In L’Architecture d’aujou-rd’hui. N.316. Aprile 1998 21 | Cfr. Percoco, M. La
casa adatta: una nuova tipologia? Op. cit.
26 | Come auspicava Chenut: “le attrezzature […] sono al contempo strumenti ed elementi dello spazio. Esse devo-no comporsi all’interdevo-no degli alloggi assicuran-do la continuità degli spazi utili e dei tempi di impiego. Devono essere disposti in funzione di un modulo cinetico dell’uomo”. In Chenut, D. Ipotesi per un habitat
contemporaneo. Il
sag-giatore. Milano. 1968 27 | Fin dal 1983 Steven Holl inizia la sua ricerca sulla flessibilità dello spazio domestico attraverso il concetto di “hinged space” ge-nerato da muri che par-tecipano alla creazione di ambienti interattivi con gli abitanti. Cohen, X-Y-Z e Theo-logical a Manhattan costituisco-no le prime sperimen-tazioni. Negli alloggi a Fukoka (1989-1991) Holl compie un’esplorazione più estesa sulle possibi-lità offerte dagli “spazi sospesi”.
22 | Yatsuka, J. I
com-bine Architectural speci-ficity with programmatic Instability. Intervista a
Rem Koolhaas in
Tele-scope. Tokyo. 3. 1989.
In Bilò, F. a cura di. Rem
Koolhaas, Kappa, 2004
Cit. pp16-17.
23 | Cfr. Percoco, M. La
casa adatta: una nuova tipologia? Op. cit.
25 | Cfr. Percoco, M. La
casa adatta: una nuova tipologia? Op. cit.
24 | “[…] i membri della famiglia erano la madre, di 75 anni, il cliente e sua moglie, entrambi trentenni, il loro figlio di nove anni, la loro figlia di sei e un cane”. Dalla presenta-zione del progetto di Shigeru Ban in Brayer, M. A., Simonot, V.
Archilab’s future house. Radical experiments in living space. Thames &
François Dal
legr
et, Bol
Gerrit Rietveld, Casa Schr
öder
, pianta piano primo con i tramezzi apert
i e chiusi,
Utr
Gerrit Rietveld, Casa Schr
öder
, viste interne con posizioni d
iverse dei tramezzi ad
ante mobil
Mies van der Rohe, Casa Farnswort
h, pianta, Plano – 1945/51.
Le Corbusier
, Maison Citr
239 | C APIT OLO 3 Le Corbusier , pr oget
Paul Nelson, Suspended House, pianta, le stanze sospese sono col
legate da una
rampa che si sviluppa l
ibera al
l’interno d
i una forma geometrica sempl
ice – 1937.
Paul Nelson, Suspended House, pr
oget
Shigeru Ban, Naked House, schema del le possibil i configurazioni del le stanze mobil i.
Shigeru Ban, Naked House, viste interne con e senza le stanze mobil
i.
Shigeru Ban, Naked House, pianta, Sat
Rem Kool
haas, Maison in Bor
deaux, d
iverse posizioni del
Shigeru Ban, Curtain W
al
l House, pianta, T
okyo – 1994/95.
Shigeru Ban, Curtain W
al
Steven Hol
l, ed
ificio per appartament
i a Fukuoka, viste inter
e d
i uno stesso
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Note al lettore
Spazio duttile, dinamico, “aperto” a cambiamenti d'uso immediati; configurazioni volumetriche versatili, per assecondare nel tempo l'evo-luzione del nucleo familiare o favorire i cambi d’uso; elementi mobili, per soddisfare i bisogni di transitorietà: sono gli elementi ricorrenti di questa terza parte, che intende trattare dell'abitazione vista come spa-zio d'erranza.
Abitazioni trasformabili tramite azioni fatte dall’utente, come piegare, tirare, spingere, oppure trasformabili attraverso l’impiego di congegni semplici o complessi che modificano l’architettura di base.
Architetture incrementabili in base al tempo di permanenza che l’abi-tante decide di occuparle, o in grado di dilatare o contrarre lo spazio ad uso e disposizione dell’utente o della comunità.
E ancora elementi adattabili in un rapporto biunivoco tra spazio e cor-po o in base ai bisogni di chi le abita.
Le architetture sono state classificate secondo tre aggettivi: - Trasfor-mabile - Incrementabile - Adattabile. Queste sono le tre tematiche ri-scontrate nell’analizzare i concetti di domesticità e di comfort che si modificano in relazione a modalità nuove, forse più essenziali, di vivere e di intendere lo spazio per abitare.
Trasformabile, Incrementabile, Adattabile: ogni progetto viene
pre-sentato in una scheda sinottica dove viene indicato: il nome, l’architet-to, il designer, l’artista o l’artigiano che l’ha creato; l’anno nel quale il progetto è stato completato.
Per ogni progetto, nella parte alta della scheda, vengono rappresenta-ti attraverso un grafico i suoi caratteri nomadici e stanziali e la nazione in cui si trova.
Nella parte sottostante si trova: una pianta schematica dell’architet-tura con indicate le funzioni principali, uno schema assonometrico, la quantità degli abitanti, i metri quadri complessivi e un breve testo de-scrittivo.
TRASFORMABILE
INCREMENTABILE
ADATTABILE
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[tra-sfor-mà-bi-le]
agg. [der. di trasformare]. – 1. Che si può trasformare. 2. Di oggetto, che può cambiare la propria forma.
in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Il testo che segue descrive le abitazioni trasformabili che, attraverso la disposizione di arredi fissi e mobili, vengono modificate come asset-to generale della planimetria iniziale, per meglio adattare le case alle esigenze specifiche di chi le abita. Le trasformazioni possono avvenire tramite azioni dirette dell’abitante, o tramite congegni che modificano gli spazi. Successive schede analitiche presentano una serie di progetti dal significativo carattere trasformabile.
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Ponti con la casa entro l’armadio, progetto del 1940, definì una serie di ambienti tipo capaci di esprimere un concetto “moderno” di abitare: un’idea di arredo “minimo” che riunisse più funzioni, che rispondesse ai bisogni di spazio e di trasporto e fosse in grado di adattarsi alle più
diverse condizioni di vita1. Il programma dei Riponibili consisteva nella
definizione di mobili tipo, da produrre in serie, a basso costo, pensa-ti all’insegna del minimo ingombro e della “massima trasformabilità e mobilità dell’arredamento”. Ponti elaborò un progetto unitario che riconsiderava gli elementi della casa per fornire delle soluzioni “gene-rali”, non “complete” né definitive, perché “l’arredamento non deve essere una cosa fissa ma vivente”. Ogni singolo elemento d’arredo, come parte di un ambiente pensato in modo del tutto libero dall’or-ganizzazione edilizia della casa, nasceva per rifiutare le “composizioni immutabili di mobili contro le pareti”.
I mobili tipo vennero ricondotti a una serie di elementi d’arredo secon-do le caratteristiche: “riponibili, pieghevoli, componibili e sovrapponi-bili”. L’insieme comprendeva una serie di ambienti tipo “riponibili” di cui fanno parte la sala da pranzo da riporre nel buffet, la cucina nella credenza… La previsione della produzione su scala industriale rendeva necessaria, insieme alle semplificazioni dei sistemi costruttivi, un’opera di tipizzazione degli elementi arredo. Ponti avrebbe stabilito una serie di “tipi”, che contrastavano un’idea di arredamento concepito come
insieme di “macchine ingombranti”2.
Legato a questa concezione di arredo vivente e non fisso è il progetto del capanno di Le Corbusier fatto di tronchi d’albero appena scor-tecciati costruito in costa d’azzurra nel 1952 come regalo alla moglie Yvonne: il Cabanon. Allestito all’interno con spartani arredi in legno integrati alla struttura, la mini abitazione osservata da fuori è più simile
ad un umile baracca che a un’opera di architettura3, pur non tradendo
gli elementi di appartenenza ai principi di modernità conclamati dal maestro. L’interno invece, di circa 15 m2, risulta sorprendente: con-tiene due letti, un tavolo con sgabelli, alcuni armadi, un lavandino in acciaio lasciato a vista e un gabinetto tenuto separato dal resto da una tenda rossa. Disposi ai lati della struttura, i mobili in questione, per quanto essenziali, assumono una duplice importanza sia dal punto di vista spaziale che funzionale, progettati appunto per essere trasfor-mabili. Ogni pezzo infatti ha una doppia veste: il letto diventa anche guardaroba grazie ai cassetti, gli sgabelli si trasformano in una scala, mentre il supporto verticale del lavabo funziona sia da elemento ver-ticale di divisione dello spazio che da contenitore. Anche gli elementi architettonici assumo una doppia funzione: la parete genera un tavolo e delle mensole, il soffitto ribassato si trasforma anche in ripostiglio, lo scuro della finestra una volta chiuso si converte in specchio o decoro dipinto su tavola.
Trasformabile e assemblabile, questo progetto essenziale e spartano, che mette la forma d’uso in diretta relazione con il corpo umano e lo spazio architettonico, sembra anticipare il progetto del giovane archi-tetto di Hong Kong, Gary Chang. Anche in questo caso, ogni compo-nente dell’organismo architettonico della Suite Case House partecipa alla trasformazione dello spazio domestico. La residenza per vacanza, realizzata nel 2002, si articola in due volumi complementari: un basa-mento in calcestruzzo di dimensioni ridotte su cui poggia una scatola
oblunga in legno4 che si protende, con un forte sbalzo, sul ripido
pen-dio della Nangou Valley. Il progettista analizza la ciclicità giorno-notte in una sequenza di ventiquattro ore, durante le quali “le attività diurne corrispondono a porzioni di tempo e ognuna di esse ad una stanza”, si
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legge nella relazione di progetto5. Chang studia un sistema in cui ogni
funzione domestica è correlata ad un tipo di movimento, sempre rever-sibile pertanto performativo. Le azioni programmate sono “scorrere” da una configurazione ad un'altra; “ripiegare” attorno ad un perno; “ruotare” ed ancora “oscillare”. Tali azioni si applicano ad elementi mobili verticali ed orizzontali, denominati partition walls, con cui l’uten-te può configurare infiniti assetti l’uten-temporanei.
Anche il pavimento si anima prendendo parte alle trasformazioni. È pensato come una superficie modulare ad elementi ribaltabili che na-sconde in un sottofondo una serie di zone dedicate: letti, accessori per il bagno, attrezzature della cucina e ambiti di deposito sono contenuti in un seminterrato di 1,40mt. Cinquanta pannelli a pavimento solleva-bili, senza nessuna fatica, rendono accessibili questi vani, definendone nello stesso tempo il perimetro, quando questi sono chiusi e le parti-zioni verticali compattate lo spazio si trasforma ulteriormente all’asset-to più estremo: uno spazio unitario libero.
Per festeggiare i 75 anni di vita della Fondazione Svizzera, lo studio Raumlabor viene incaricato di trasformare dell’ostello per studenti (opera di Le Corbusier alla Città Universitaria di Parigi) il portico pas-sante, al di sotto dell’edificio, da spazio semipubblico in spazio semi-privato. Una membrana trasparente messa in pressione definisce un nuovo spazio al piede della storica architettura. Un progetto senza for-ma che modifica semplicemente la temperatura e l’atmosfera in un de-terminato ambito spaziale. Per quattro giorni, nel novembre del 2008, la loggia della Fondazione Svizzera diventa un luogo collettivo abitato, dove organizzare feste e performances, senza modificare la struttura e
la logica distributiva dell’edificio ospitante6.
Nel progetto Sliding House, dello studio Drmm del 2009, una porzione di casa che letteralmente si muove serve a trasformare i propri spazi. In questa residenza unifamiliare dalla forma iconica, che include un alloggio per gli ospiti e l’autorimessa, si alternano i pieni e i vuoti così come i materiali: opaco per le stanze più private, trasparente per la ser-ra giardino e gli annessi. L’elemento mobile in acciaio e legno, lungo 28 metri e pesante più di 50 tonnellate, scorre su binari paralleli ai lati lunghi della casa, coprendone porzioni o connettendo parti sconnes-se, o ancora, proiettandosi oltre il confine dell’edificio per definire un nuovo spazio all’aperto ma coperto. Ogni volta che l’elemento mobile si sposta, tutta la casa viene modificata in un continuo mutare di luce
ed ombra, pieno e vuoto, opaco e trasparente7.
Viene via via delineandosi la necessità di un’architettura sempre più trasformabile, da cui scaturiscono nuovi stimoli e nuove richieste; un’architettura capace di trasformarsi in base alle esigenze degli abi-tanti, senza schemi prefissati, in grado di creare nuovi spazi multiuso. I progetti raccolti e analizzati nelle schede che seguono sono la testi-monianza di un fenomeno ricorrente applicabile simultaneamente alla scala dell’architettura e a quella degli interni.
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1 | Cfr. Bosoni, G. Picchi, F. Strina, M. Gio
Ponti: La casa dentro l’armadio. In Domus n.
772. Giugno. 1995 2 | La storia dei mobili Riponibili è stata ricostruita attraverso la corrispondenza che ha accompagnato l’elabo-razione di un program-ma che non arrivò program-mai a compimento e di cui ci rimane poco più che un catalogo e le foto dei prototipi. È stato possibile ripercorrerla grazie al prezioso con-tributo dell’ing. Pietro Molla, che ha raccolto e conservato questo importante materiale. 3 | Cfr. Valenti, A. Zignego, M.I. Interior
design multitasking. Incroci tra nautica e architettura. Op. cit.
4 | Chang, G. My Suitecase. In Suitecase House. MCC Creations. Hong Kong. 2004. 5 | Ibidem 6 | Cfr. Giberti, M.
Pic-colo manuale d'uso per l'architettura contem-poranea. 22 Publishing,
Milano, 2013 7 | Ibidem
Caratteri
nomadici/stanziali
Pianta
schematica
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Abitanti
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d’insieme
Testo
descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile m odif ica bi l e t emp ora neo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
20m
2
Artist Studio
Studio Raanan Stern
Lo studio di architettura israeliano Raanan Stern ha progettato un atelier multifunzionale di 20 metri quadri con annessa stanza degli ospiti per un’artista di Tel Aviv. La collezione dell’artista e della sua famiglia si compone di opere d’arte dagli anni Quaranta ad oggi: ciascuno dei pezzi da collocare all’interno dello studio è stato misurato e ordinato per gruppi, dimensioni e correnti artistiche. In seguito alle misurazioni effettuate sono state ottenute quattro famiglie di proporzioni. Ogni cellula, armadio o cassetto dello studio è stato pensato in base a queste proporzioni. Altre sezioni sono invece dedicate ad accogliere gli strumenti e i materiali di lavoro. Lo spazio può essere utilizzato dall’artista per ospitare i colleghi ma anche per il riposo, grazie al letto pieghevole contenuto in uno degli armadi.
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nomadici/stanziali
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descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile modif ica bi l e t emp ora neo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
160m
2
Drawer House
Nendo
Lo studio di design giapponese Nendo propone una soluzione abitativa applicabile a Tokyo, ma anche a ogni città in cui lo spazio è estremamente ridotto. Su entrambe i piani della Drawer House, tutte le funzioni residenziali sono nascoste in un'unica parete su un lato della stanza, e possono essere estratte secondo necessità, come cassetti.
Dai prospetti della casa sembra di trovarsi davanti a una scatola chiusa. A prima vista, gli interni risultano vuoti, tuttavia un semplice meccanismo offre uno spazio flessibile e adattivo, molto efficace quando si tratta di interventi di una situazione abitativa limitata.
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nomadici/stanziali
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descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile modif ica bi l e t e mpor aneo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
32m
2
Domestic Transformer
Gary Chang
Gary Chang vive ad Honk Kong una città di 7.000.000 milioni di abitanti, che possiede un grande problema di sovraffollamento.
L’appartamento è di soli 32 m2, e Chang si è posto il problema di come sfruttare al massimo la metratura della sua casa, ha quindi studiato e costruito la Domestic Transformer: uno speciale sistema di pareti scorrevoli che permette di realizzare 24 ambienti diversi in soli 32 m², i mobili, gli elettrodomestici e tutti gli accessori dei 24 vani sono contenuti in moduli a parete che scorrono lungo due assi.
Gary Chang collabora con alcune delle aziende europee più prestigiose come Alessi e Philips. Ha partecipato come architetto invitato alla Biennale d’Architettura di Venezia nel 2000 con un allestimento di grande effetto dedicato al tema della densità abitativa delle metropoli asiatiche.
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descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile modif ica bi l e tem por aneo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
160m
2
Drawer House
Nendo
Lo studio di design giapponese Nendo propone una soluzione abitativa applicabile a Tokyo, ma anche a ogni città in cui lo spazio è estremamente ridotto. Su entrambe i piani della Drawer House, tutte le funzioni residenziali sono nascoste in un'unica parete su un lato della stanza, e possono essere estratte secondo necessità, come cassetti.
Dai prospetti della casa sembra di trovarsi davanti a una scatola chiusa. A prima vista, gli interni risultano vuoti, tuttavia un semplice meccanismo offre uno spazio flessibile e adattivo, molto efficace quando si tratta di interventi di una situazione abitativa limitata.
N
Caratteri
nomadici/stanziali
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Testo
descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile m odif ica bi l e t emp ora neo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
32m
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Domestic Transformer
Gary Chang
Gary Chang vive ad Honk Kong una città di 7.000.000 milioni di abitanti, che possiede un grande problema di sovraffollamento.
L’appartamento è di soli 32 m2, e Chang si è posto il problema di come sfruttare al massimo la metratura della sua casa, ha quindi studiato e costruito la Domestic Transformer: uno speciale sistema di pareti scorrevoli che permette di realizzare 24 ambienti diversi in soli 32 m², i mobili, gli elettrodomestici e tutti gli accessori dei 24 vani sono contenuti in moduli a parete che scorrono lungo due assi.
Gary Chang collabora con alcune delle aziende europee più prestigiose come Alessi e Philips. Ha partecipato come architetto invitato alla Biennale d’Architettura di Venezia nel 2000 con un allestimento di grande effetto dedicato al tema della densità abitativa delle metropoli asiatiche.
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[in-cre-men-tà-bi-le]
agg. [der. di incrementare]. – 1. Che può essere accresciuto, aumenta-to, ampliato. 2. Che si può sviluppare, moltiplicare, potenziare.
in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Come architetture incrementabili vengono analizzate le principali ar-chitetture la cui caratteristica intrinseca fondamentale è la capacità di poter essere incrementate o decrementate a partire dalla loro conce-zione primaria.
Sono state identificati tre possibili letture per indirizzare la lettura sul tema dell’”abitare incrementabile”: in base al tempo di permanenza nelle stesse; in base all’utente, per meglio adattarsi alle sue esigenze e necessità presenti o future; a favore della collettività.
Sotto forma di schede analitiche, sono poi presentati ulteriori progetti schematizzati.
Herman Hertzber
ger
Al
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In occasione della Biennale di Venezia del 2016 il padiglione della Gran Bretagna metteva provocatoriamente in scena 5 differenti model-li di cellule abitative in scala 1:1, le quamodel-li incrementavano i loro usi e le proprie dimensioni in base al tempo di permanenza in ciascuna di loro: ore, giorni mesi, anni, decadi. Questa esposizione, dal titolo Home
Economics, è stata curata da Shumi Bose, Jack Self e Finn Williams.
La casa per poche ore è stata concepita come un luogo nel quale non vi deve essere nulla di proprio, ma tutto è condiviso. Una grande stanza comune era occupata da divani sui quali conversare, rilassarsi o lavorare, un armadio trasparente contenente abiti, elettrodomestici e oggetti di uso comune che è possibile scambiarsi tra vicini di casa. Gli abitanti della seconda abitazione, basata sulla permanenza di pochi giorni, sono i costanti viaggiatori, ai quali basta una rete Wi-Fi che li connette con amici e colleghi per sentirsi a casa. La loro dimora ideale è una palla gonfiabile, veloce e leggera, trasparente, per poter scorge-re sempscorge-re nuovi orizzonti. “Dove c’è wi-fi, c’è casa”, si leggeva prima di entrare nella cellula.
Un grande mobile abitabile era la terza abitazione, allestita per chi si deve fermare qualche mese, come uno studente o un lavoratore. Ga-rantisce privacy e comodità, ma lo spazio è incrementabile per favorire la vita sociale, grazie a servizi e spazi comuni.
Attraverso un corridoio si arrivava poi a una casa di quattro stanze, da acquistare e abitare per alcuni anni: “uno spazio per vivere, non spe-culazione”, alle spalle dell’acquirente. Tutto qui è provocatoriamente ridotto all’essenziale: solo pareti, impianti, servizi igienici e un lavandi-no; anche il letto era assente, perché è poi chi ci abita a sceglierlo su misura. Lo spazio dell’abitare si riduce così a involucro per corrispon-dere al valore di vendita dell’immobile, privo di “quelle aggiunte”, che ne fanno aumentare il prezzo a dismisura.
Infine la casa per 10 anni era presentata come uno spazio multifunzio-nale, nel quale una famiglia cresce e lo spazio si incrementa e poi si contrae nuovamente, quando i figli andranno a vivere per conto loro. Il suo simbolo era rappresentato dalla stanza jolly: quella che passava dall’essere camera da letto a studio, ufficio o laboratorio, perché la casa cambia, proprio come i suoi abitanti.
All’uscita del Padiglione, una porta georgiana di colore nero e fuori scala sembrava voler ricordare al visitatore che le nuove esigenze eco-nomiche, sociali e la complessità del vivere hanno messo da tempo in discussione la casa inglese scandita dalla porta d’ingresso individuale, e impongono a chi si occupi di progettazione residenziale la ricerca e la scelta di modelli abitativi, spesso condivisi, adeguati alla realtà del quotidiano. Questo allestimento ha voluto indagare gli spazi abitativi, ridefiniti in relazione all’uso piuttosto che al possesso, affrontando un tema molto attuale: la relazione tra spazio domestico e i tempi di per-manenza in esso dei suoi abitanti, caratterizzata spesso, per motivi di lavoro e sociali, da sequenze discontinue e ridotte, che sostituiscono sempre più la stanzialità della casa tradizionale, vissuta per un’intera
vita da diverse generazioni familiari8.
INCREMENTABILE IN BASE AL TEMPO DI PERMANENZA
Hertzberger sostiene che ogni forma è, per sua natura, suscettibile di letture e di interpretazioni diverse, a seconda dell'ottica e della
situa-zione particolare in cui viene ad essere percepita9. Questa polivalenza
riguarda sia gli usi e le funzioni cui essa può venire destinata, sia le immagini e le associazioni mentali che riesce ad evocare nel fruitore.
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L'architetto infatti si pone il problema della ricerca della “giusta di-mensione” dell'architettura: se è vero che il massimo della libertà di espressione, per l'individuo, potrebbe essere uno spazio assolutamen-te neutro, da piegare a seconda delle proprie esigenze, è altrettanto vero che un tale grado di libertà può finire per determinare una sorta di paralisi, un’assoluta incapacità di scelta fra le infinite alternative
di-sponibili10. Occorre perciò che l'arco delle scelte possibili sia limitato
e soprattutto che l'individuo-utente possa conoscerle appieno e sia in grado di prefigurarsene gli esiti, rapportandoli alla propria personale esperienza.
Il criterio per valutare la qualità di uno spazio non risiede quindi, per Hertzberger, nella definizione dei suoi meri elementi dimensionali, ma nel “tipo di abitazione che durante la fase di progettazione è stata con-cepita per lasciare libera la possibilità di scelta all’inquilino, in termini di struttura e di uso sociale, oppure che è stata creata per cambiare e
mutare durante la vita”11.
Con il progetto per gli alloggi Diagoon, sviluppato tra il 1967 e il 1970, Hertzberger mette in pratica queste teorie, rendendoli flessibili, ma soprattutto incrementabili dagli utenti. La casa può ospitare variazioni in base alla composizione del nucleo familiare. Infatti, nonostante la forte caratterizzazione formale realizzata attraverso l'articolazione dei volumi, gli spazi di queste abitazioni non hanno delle connotazioni univoche. Il principio che li guida è quello che gli abitanti possono, scegliendo fra una serie di possibilità, sviluppare la propria casa in ma-niera autonoma, sulla base delle esigenze individuali e familiari. Gli ambienti che costituiscono il cuore della composizione sono aperti e disposti secondo piani sfalsati affacciati uno sull'altro in una succes-sione di spazi comuni a tutta la famiglia. Questi ultimi determinano uno spazio centrale a tutta altezza illuminato dall'alto. Ad ogni livello è possibile individuare uno spazio isolandolo dagli altri semplicemente attraverso l'adozione di elementi di chiusura opachi o trasparenti. Gli spazi a terra possono essere utilizzati come garage, ma anche per ospi-tare un laboratorio o uno studio. Il balcone, sollevato di mezzo piano, sul fronte del giardino, può essere utilizzato come stanza all'aperto, ed il terrazzo di copertura come solarium, o come una grande serra. Inol-tre i locali al pianterreno ed il terrazzo di copertura offrono la possibi-lità di ampliare ulteriormente il numero dei vani abitabili dell'alloggio, incrementando la superficie interna dai circa 100 mq iniziali a circa 140 mq. Anche la linea di separazione fra le proprietà confinanti è appena suggerita da un muretto basso in blocchi di cemento armato forati che possono essere utilizzati sia come vasi per i fiori che come fondazione per una recinzione.
Anche l’architetto Alejandro Aravena permette all’abitante di incre-mentare la propria abitazione e lo fa progettando un insediamento di edifici che riesce a rispettare le abitudini di famiglie legate alla cultura della crescita spontanea delle case, in cui si manifestino le loro identità.
Elemental, che è il nome del progetto, incomincia nel 2002, con il
pro-gramma Chile Barrio, con cui il governo cileno, sfruttando una sov-venzione ministeriale di 7500 dollari per famiglia, crea un nuovo piano per realizzare residenze sociali innovative a basso costo, per circa 100 famiglie di Quinta Monroy ad Iquique, nella stessa area in cui esse si sono insediate abusivamente negli ultimi 30 anni.
Il progetto prevede un sistema che offre una notevole flessibilità: tra-mite un’autocostruzione controllata, i proprietari possono incrementa-re l’abitazione dagli iniziali 30mq fino a 72mq.
Infatti la soluzione scelta è stata quella di pensare ad alloggi costituiti da una parte “dura” e una “malleabile”, costruendo a lotti alterni un edificio su tre livelli; il lotto vicino è stato lasciato vuoto per permettere
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alle famiglie di auto–costruire la parte di casa rimanente. Gli edifici che verranno realizzati saranno porosi a sufficienza per poterci allocare unità al piano terra espandibili orizzontalmente, ed unità ai piani supe-riori espandibili sia in orizzontale sia in verticale. Infine, tra i blocchi di edifici, le corti centrali creano spazi dedicati alla comunità favorendo l’aggregazione sociale.
Nel 2011 lo studio Diller e Scofidio realizza il progetto Open House, evento della durata di un solo giorno, in un sobborgo poco lontano da New York. Nove case del quartiere sono state ripensate attraverso micro-interventi di architetti e artisti. In collaborazione con i proprietari, i progettisti hanno definito nuovi luoghi di relazione tra le abitazioni e lo spazio di vicinato circostante. I soliti giardini verdi che circondano la casa diventano veri e propri spazzi collettivi, nuove architetture dedi-cate ad usi alternativi rispetto al semplice abitare.
Lo studio Left, per esempio, riveste la casa con una tenda circolare che definisce un nuovo rapporto tra interno ed esterno, incrementando l’a-bitazione di uno spazio intermedio che sia aperto e chiuso allo stesso tempo. Oppure, come in altri casi, si amplia la zona del soggiorno per allestire un cinema per la collettività o la zona pranzo, ricavando un ristorante per il vicinato.
Se questa era un’installazione, Songpa Micro-Housing è un vero e pro-prio edificio nel cuore di Seul, progettato da SSD. Rappresenta una nuova tipologia residenziale che estende i limiti dell’unità abitativa e comprende altresì una circolazione semi-pubblica.
Micro-Housing risulta un complesso dinamico, flessibile e a
destinazio-ne d’uso mista: i quattordici “blocchi” di cui è costituito permettono ai residenti di utilizzare un’unità singola o, nel caso vi sia bisogno di maggior spazio per la coppia o per gli amici, di unire più blocchi e ottenere una configurazione di maggiori dimensioni. Le unità possono essere utilizzate anche a scopi diversi da quello abitativo, possono es-sere gallerie o spazi di lavoro comune. In generale l’edificio lavora sul confine tra pubblico e privato, interno ed esterno, creando un tessuto sociale tra i residenti.
INCREMENTABILE A FAVORE DELLA COLLETTIVITÀ
8 | Bodei, S. Home
eco-nomics. In Domusweb, 20 giugno 2016 https:// www.domusweb.it/it/ architettura/2016/06/20/ padiglione_gran_bre- tagna_biennale_vene-zia_2016.html 9 | Herzberg, H. Lezioni di architettura, Editori Laterza, 1996 10 | Ibidem 11 | Shneider, T. e Till J. Flexible housing:
op-portunities and limits.
Teory, arq. Vol.9/2, 2005
NOTE
Caratteri
nomadici/stanziali
Pianta
schematica
Quantità
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totale
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d’insieme
Testo
descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile modif ica bi l e t e mpor aneo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
0 m
2
Barba
The Why Factory
Barba è un lavoro del collettivo The Why Factory, guidato dall'olandese Winy Maas. Come i Barbapapà, da dove prende spunto il nome, così anche il modello di architettura adattabile proposto, è capace di ottimizzare l’esigenza di spazio di ciascuno di noi, modificandosi nelle dimensioni e nella morfologia per adattarsi ai diversi bisogni che quotidianamente scandiscono le nostre vite. Barba ipotizza un sistema spaziale in continua trasformazione, che sia allo stesso tempo struttura, servizi impiantistici e linguaggio. Uno spazio membrana, capace di aderire al nostro corpo come una seconda pelle mentre dormiamo e dilatarsi per disegnare spazi di relazione o di svago, in funzione delle nostre abitudini e comportamenti. Un nuovo modello per l’architettura, che nasce dallo studio dei movimenti del corpo umano che grazie alle nanotecnologie potrà, in futuro, disegnare letteralmente il proprio spazio, semplicemente muovendosi.
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descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile m odif ica bi l e t emp ora neo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
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Barba
The Why Factory
Barba è un lavoro del collettivo The Why Factory, guidato dall'olandese Winy Maas. Come i Barbapapà, da dove prende spunto il nome, così anche il modello di architettura adattabile proposto, è capace di ottimizzare l’esigenza di spazio di ciascuno di noi, modificandosi nelle dimensioni e nella morfologia per adattarsi ai diversi bisogni che quotidianamente scandiscono le nostre vite. Barba ipotizza un sistema spaziale in continua trasformazione, che sia allo stesso tempo struttura, servizi impiantistici e linguaggio. Uno spazio membrana, capace di aderire al nostro corpo come una seconda pelle mentre dormiamo e dilatarsi per disegnare spazi di relazione o di svago, in funzione delle nostre abitudini e comportamenti. Un nuovo modello per l’architettura, che nasce dallo studio dei movimenti del corpo umano che grazie alle nanotecnologie potrà, in futuro, disegnare letteralmente il proprio spazio, semplicemente muovendosi.
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Caratteri
nomadici/stanziali
Pianta
schematica
Quantità
Abitanti
Dimensione
totale
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d’insieme
Testo
descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile modif ica bi l e t emp ora neo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
140m
2
Open House
Diller & Scofidio
Nel 2011 lo studio Diller e Scofidio realizza l’evento della durata di un solo giorno, in un sobborgo poco lontano da New York. Nove case del quartiere sono state ripensate attraverso micro-interventi di architetti e artisti. In collaborazione con i proprietari, i progettisti hanno definito nuovi luoghi di relazione tra le abitazioni e lo spazio di vicinato circostante. I soliti giardini verdi che circondano la casa diventano veri e propri spazzi collettivi, nuove architetture dedicate ad usi alternativi rispetto al semplice abitare.
Lo studio Left, per esempio, riveste la casa con una tenda circolare che definisce un nuovo rapporto tra interno ed esterno, incrementando l’abitazione di uno spazio intermedio che sia aperto e chiuso allo stesso tempo. N
Caratteri
nomadici/stanziali
Sezione
schematica
Quantità
Abitanti
Dimensione
totale
Assonometria
d’insieme
Testo
descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile modif ica bi l e t e mpor aneo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
72 m
2
Elemental
Alejandro Aravena
Il progetto prevede un sistema che offre una notevole flessibilità: tramite un’autocostruzione controllata, i proprietari possono incrementare l’abitazione dagli iniziali 30mq fino a 72mq.
Infatti la soluzione scelta è stata quella di pensare ad alloggi costituiti da una parte “dura” e una “malleabile”, costruendo a lotti alterni un edificio su tre livelli; il lotto vicino è stato lasciato vuoto per permettere alle famiglie di auto–costruire la parte di casa rimanente. Gli edifici che verranno realizzati saranno porosi a sufficienza per poterci allocare unità al piano terra espandibili orizzontalmente, ed unità ai piani superiori espandibili sia in orizzontale sia in verticale. Infine, tra i blocchi di edifici, le corti centrali creano spazi dedicati alla comunità favorendo l’aggregazione sociale.
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Caratteri
nomadici/stanziali
Pianta
schematica
Quantità
Abitanti
Dimensione
totale
Assonometria
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Testo
descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile modif ica bi l e tem por aneo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
140m
2
Open House
Diller & Scofidio
Nel 2011 lo studio Diller e Scofidio realizza l’evento della durata di un solo giorno, in un sobborgo poco lontano da New York. Nove case del quartiere sono state ripensate attraverso micro-interventi di architetti e artisti. In collaborazione con i proprietari, i progettisti hanno definito nuovi luoghi di relazione tra le abitazioni e lo spazio di vicinato circostante. I soliti giardini verdi che circondano la casa diventano veri e propri spazzi collettivi, nuove architetture dedicate ad usi alternativi rispetto al semplice abitare.
Lo studio Left, per esempio, riveste la casa con una tenda circolare che definisce un nuovo rapporto tra interno ed esterno, incrementando l’abitazione di uno spazio intermedio che sia aperto e chiuso allo stesso tempo. N
Caratteri
nomadici/stanziali
Sezione
schematica
Quantità
Abitanti
Dimensione
totale
Assonometria
d’insieme
Testo
descrittivo
rigido mob ile flessibile d urevo le pe s a nt e fiss o i m muta bi le i r r ev ers i bile m odif ica bi l e t emp ora neo le g ge ro re v ers ib i l eoggetti vestiti letti cibo bagno
72 m
2
Elemental
Alejandro Aravena
Il progetto prevede un sistema che offre una notevole flessibilità: tramite un’autocostruzione controllata, i proprietari possono incrementare l’abitazione dagli iniziali 30mq fino a 72mq.
Infatti la soluzione scelta è stata quella di pensare ad alloggi costituiti da una parte “dura” e una “malleabile”, costruendo a lotti alterni un edificio su tre livelli; il lotto vicino è stato lasciato vuoto per permettere alle famiglie di auto–costruire la parte di casa rimanente. Gli edifici che verranno realizzati saranno porosi a sufficienza per poterci allocare unità al piano terra espandibili orizzontalmente, ed unità ai piani superiori espandibili sia in orizzontale sia in verticale. Infine, tra i blocchi di edifici, le corti centrali creano spazi dedicati alla comunità favorendo l’aggregazione sociale.
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[a-dat-tà-bi-le]
agg. [der. di adattare]. – 1. Che si può adattare, facile ad adattarsi.
in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Il testo che segue descrive le abitazioni adattabili. Sono abitazioni con-cepite come spazi neutri e quindi adeguabili ai diversi usi, possono prevedere elementi modulari che organizzano lo spazio o conformarsi al corpo di chi le abita.
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APIT
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La casa in questione è la Moebius House dello studio Van Berkel & Bos, realizzata tra il 1993 e il 1998 in un quartiere poco lontano da Amsterdam. Il progetto si basa sul nastro di moebius e così anche la vita che svolgono gli abitanti: le piante, i prospetti e le sezioni fanno parte di un unico diagramma che, lungo una linea continua in cui si sovrappongono le attività degli abitanti, sintetizza la vita domestica dei familiari e degli ospiti condensando in un unico segno un infinito ciclo di sonno, lavoro, vita.
La casa si adatta al ciclo di vita degli abitanti, ma nello stesso tempo sono gli abitanti ad essere in continuo movimento con quel ritmo gior-naliero che organizza la vita dei due proprietari, i cui percorsi, normal-mente separati, si intrecciano, talvolta, per condividere spazi e tempi di un’esistenza nomade.
Lo stesso concetto di adattamento reciproco, che sottolinea la comple-mentarietà tra lo spazio e il abitante, emerge nel progetto dell’archi-tetto giapponese Sou Fujimoto, la Final Wooden Home, realizzata nel 2006 nella prefettura di Kumamoto. Risulta un semplice cubo abitabile, dimensionato per il corpo umano, interamente costruito con profili in legno di cedro ipoteticamente impilabili all’infinito, tutti con sezione pari a 35x35 cm. Si presenta come un bungalow di nuova generazione che rimanda volutamente all’idea di rifugio primitivo, un gesto primor-diale di appropriazione dello spazio che, per Fujimoto, corrisponde
all’inizio stesso dell’architettura13.
È il manifesto di un nuovo modo di abitare, che non prevede la defini-zione di aree di destinadefini-zione d’uso specifiche, ma piuttosto uno spazio neutro adattabile, multiuso, dove non si distinguono più i limiti tra ciò che è elemento architettonico e ciò che sono elementi d’arredo, dove pavimenti e soffitti possono diventare sedie, tavoli o dei letti.
Il concept del progetto è stato quello di un’architettura capace di risol-vere tutti i compiti dell’abitare attraverso un unico processo, un unico materiale, una sola griglia tridimensionale basata sulla dimensione di 35 cm. Come spiega Fujimoto, la misura di 35 cm, oltre che essere la sezione dei profili strutturali, risulta avere una corrispondenza diretta con il corpo umano e le sue posture.
Ad immaginarsi i corpi degli abitanti che si muovono all’interno del volume, mentre dormono, cucinano, leggono, salgono o scendono, forse, si comprende meglio la domesticità dell’abitazione. Il corpo è il protagonista dello spazio architettonico. Inventa forme d’uso e si adat-ta alla configurazione della casa soddisfacendo i propri bisogni. Ad ogni azione del corpo – particolare e non generale - lo spazio si adatta ad una funzione soggettiva di ciascun abitante.
IL CORPO SI ADATTA ALLE ARCHITETTURE (?)
<<È nella casa stessa che l’esistenza diviene nomade. Antiche relazioni spaziali e funzionali si dissolvono. Anche a questo si adatta la metafora architettonica del “nastro
di Moebius". Vivere e lavorare, infanzia e tempo libero, relazioni continuamente e infinitamente mutevoli, socialità e spazialità. Un diagramma spazio-temporale ha rimpiazzato le certezze tipologiche. Le energie si addensano e si separano, tutto resta
in movimento. Ecco il messaggio architettonico di questa nuova e rivoluzionaria casa unifamiliare, non più descrivibile con i criteri stilistici tradizionali. Spazio interno ed esterno, cucina e parco; in qualsiasi tempo e ovunque balena un piccolo lampo di vita, e
nuovamente si perde nello spazio dalla curvatura infinita.12>>
La casa-atelier progettata dallo studio Bow-wow nel 2005 risulta capa-ce di dilatarsi e contrarsi, in poche parole di adattarsi, in funzione delle
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esigenze d’uso. La forma del volume complessivo deriva dall’attento studio delle normative edilizie della prefettura di Tokyo. L’abitazione è composta da sette livelli sfalsati, tutti collegati da un’unica scala. Per far sì che lo spazio sia adattabile, l’idea alla base del progetto è che ogni mezzo piano possa essere connesso funzionalmente al piano adiacente, dando così alla scala una duplice funzione di elemento con-nettivo e spazio utilizzabile in continuità con i solai orizzontali. Il dop-pio programma casa-atelier, può essere gestito in percentuali diverse nell’arco della giornata, invadendo spazi e ambienti a seconda delle esigenze momentanee.
Anche un monolocale progettato per un single si può trasformare in uno spazio più ampio, in cui si può stare in compagnia, grazie a pa-reti mobili in legno che si muovono liberamente da un lato all’altro e che assomigliano a barre, da cui deriva il nome del progetto, Barcode
Room, dello Studio 01 con base a Tokyo. Attraverso il posizionamento
di elementi funzionali estraibili all’interno di queste pareti e la possibi-lità di creare diverse configurazioni tramite un binario a soffitto che le fa scorrere, lo spazio si adatta agli effettivi utilizzi e consente in questo modo una superficie in cui si possa vivere comodamente da soli, con ospiti, lavorando o svagandosi. La particolarità dei componenti è che al loro interno sono previsti mobili e piani che si estrudono, si ripongo-no o ruotaripongo-no in base ai bisogni, creando aperture, passaggi,
passavi-vande, tavoli e sedute14.
12 | Lootsma, B. Casa
unifamiliare Mobius, in Domus n. 814/1999
13 | Cfr. Valenti, A. Zignego, M.I. Interior
design multitasking. Incroci tra nautica e architettura. Op. cit
14 | Ibidem