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APPENDICE TECNICA

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Academic year: 2021

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APPENDICE TECNICA

L’oro fin dall’età del Bronzo è stato il metallo più ricercato per il suo colore e splendore, per la sua duttilità e per la sua inalterabilità al tempo e agli agenti atmosferici. Esso ha perciò sempre colpito l’immaginazione dei popoli antichi, infatti anche in mitologia l’oro era considerato un metallo prezioso e magico (i pomi delle Esperidi, il vello di Giasone, il rametto di Enea e altri). Per la grande duttilità dell’oro si è sempre ricorsi nel trattare questo metallo a leghe, in genere con rame o con argento, e già l’uomo neolitico poté riuscire a forgiarlo in forme ornamentali semplici e ad incidervi primitivi graffiti.

La lega dell’oro con il rame (lega rossa) serve a rendere il metallo meno duttile ma più duro e fusibile, la lega dell’oro con l’argento (lega bianca) serve anche essa a rendere il metallo più fusibile e più duro. I tre metalli insieme (lega mista) danno un materiale malleabile ma più duro e resistente dell’oro puro.

Gli orefici etruschi e gli orefici delle epoche in cui fiorì la civiltà etrusca conoscevano tali leghe e conoscevano le varie tecniche della lavorazione dei metalli e quindi dell’oro, tecniche derivanti da civiltà ancora più antiche di quella etrusca, come le civiltà asiatiche e quella egiziana, tecniche che erano già state tramandate ai Greci.

Le tecniche dei lavori di oreficeria più comuni sono: la FUSIONE, che si ha colando l’oro fuso in forme opportune e può essere a cera perduta o a pezzi massicci che poi vengono uniti.

La LAMINAZIONE che può essere a martello e a tornio per ottenere dall’oro delle sottili lamine, l’INCISIONE di tali lamine e la loro PUNZONATURA, che consiste nel battere la lamina con una punta sagomata che lascia l’impronta voluta.

Lo SBALZO ottenuto battendo la lamina su modelli di altro materiale.

La TRAFILAZIONE che consiste nel ricavare dalla lamina fili più o meno sottili, da lavorare ulteriormente saldandoli fra loro o intrecciandoli in catene o da usare in lavori di filigrana.

La FILIGRANA (dal latino filum e granum) che consiste nell’eseguire fantasie con fili di oro o di altro metallo, saldati fra loro nello spazio vuoto di un telaio di lamine, o nel riportare tali fili su una lamina a formare disegni.

La CESELLATURA e la GODRONATURA che consiste nell’abbozzare i contorni dell’oggetto che viene poi rifinito con il cesello e altri strumenti, senza asportazione del metallo.

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La NIELLATURA (dal latino nigellum) cioè l’incisione di motivi su lastre d’oro e il riempimento dell’incisione con leghe di colore nerastro, fatte da argento, rame, piombo e zolfo, e, simile a questo, l’INCROSTAZIONE e la DORATURA, che non era a fuoco, ma a rivestimento.

L’INCASTRO e lo SMALTO per fissare pietre dure, madreperla o altre sostanze nell’oro. E la famosissima GRANULAZIONE (dal latino granum) che consiste nell’attaccare in maniera quasi invisibile piccole sferette metalliche su di un sottofondo pure metallico, nel nostro caso il metallo è l’oro. A volte la granulazione è così fine, “granulazione a pulviscolo”, che la superficie trattata appare come vellutata e non si distinguono le singole sferette che possono essere molte migliaia ed avere un diametro inferiore a un decimo di millimetro1.

Negli ori etruschi ritroviamo esempi di tutte queste tecniche, in alcuni casi applicate con grande accuratezza e genialità, con realizzazione di gioielli di notevole livello.

Però anche se sembra che l’artigiano di metalli pregiati, in particolare dell’oro, abbia temi e procedimenti di lavoro costanti, l’arte orafa non va considerata come forma di arte aggiuntiva e secondaria, ma da essa possiamo ricavare informazioni sulla vita quotidiana dei vari periodi e sullo sviluppo del gusto, della cultura e dell’economia.

1 NESTLER, FORMIGLI 1994; Ori e argenti 1990, glossario delle tecniche, pp. 19-20;

FORMIGLI 1983, pp. 321-333; FORMIGLI 1985; FORMIGLI 1995, pp. 68-72; PICCARDI 1952, pp. 199-202; PICCARDI, BORDI 1954, pp. 353-363; CAMBI 1959, pp. 191-196; EAA….., voce ‘oreficeria’.

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