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1.3 La difficile posizione degli Stati Uniti

Nei mesi in cui i sovietici stavano mettendo a punto gli ultimi dettagli del piano d’invasione dell’Afghanistan, l’attenzione degli Stati Uniti era completamente catalizzata dalla crisi degli ostaggi a Teheran. Malgrado le ingenti spese stanziate per la Difesa, non si era riusciti a impedire che una sollevazione popolare, guidata in questa caso da studenti, sequestrasse sessantasei membri dell’ambasciata. Il momento più umiliante dell’intera vicenda fu il fallimento dell’operazione Eagle Claw (letteralmente “artiglio dell’aquila”) a causa di un incidente di volo che decretò la tragica fine della missione ed il calo verticale di popolarità del

presidente Carter presso l’opinione pubblica americana53

.

Questa sfiducia generale nelle istituzioni, particolarmente nella presidenza, risentiva ancora dell’uragano provocato nel 1972 dallo scandalo Watergate, al quale erano seguiti in rapida successione avvenimenti che costituivano una nuova, non positiva, esperienza per il

popolo americano. Nixon, per anticipare l’ormai inevitabile

impeachment, aveva deciso di essere il primo presidente della storia degli Stati Uniti a dimettersi avallando così, agli occhi dell’elettorato, la fondatezza delle accuse mosse nei suoi confronti e disonorando la gloriosa istituzione della presidenza.

Il periodo buio per gli USA non si concluse poiché, costituendo ancora un primato nella storia costituzionale del paese, fu nominato alla massima carica un politico, Gerald Ford che non aveva mai affrontato un’elezione per la presidenza e neanche per la vicepresidenza, avendo ricoperto solamente la carica di leader della minoranza repubblicana alla Camera dei Rappresentanti. La sua politica estera non preoccupò eccessivamente Mosca dato che non si riteneva avesse la stoffa per guidare l’Occidente nella sfida con l’URSS. Dopo questa travagliata presidenza repubblicana, le elezioni del 1976 decretarono una voglia di cambiamento radicale dell’elettorato statunitense, che scelse come presidente il democratico James Earl Carter Junior.

53 G.Sick, All fall down, America's tragic encounter with Iran, New York, Random

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25 Questa scelta ben presto si rivelò più radicale di quanto il popolo

americano si aspettasse poiché Carter, a differenza di tanti suoi predecessori, dette seguito a gran parte dei propositi espressi in campagna elettorale, tra i quali una maggiore attenzione ai diritti umani. Il punto debole del nuovo presidente era soprattutto la politica estera, quindi, a causa di questa carenza, egli si vide costretto a circondarsi di alcuni stretti e fidati consiglieri ferrati sull’argomento, particolarmente nei riguardi dell’Unione Sovietica.

Uno di questi era Zbigniew Brzezinski, Consigliere per la sicurezza nazionale durante l’intero mandato. Uno dei molti temi sui quali i due uomini avevano identità di vedute era la necessità di apportare significativi cambiamenti all’interno della CIA.

L’Agenzia, anche se coinvolta marginalmente nella stagione degli scandali di Nixon, non godeva più da anni della fiducia incondizionata degli americani e questo orientamento si manifestò con l’ascesa di Carter alla Casa Bianca; secondo il principio di trasparenza, piuttosto inusuale da applicare ad un’agenzia segreta, il presidente intendeva introdurre una nuova moralità che rafforzasse il controllo dell’esecutivo su Langley e

che ponesse fine alle operazioni coperte54.

Per condurre la guerra sul fronte della CIA, Carter scelse come nuovo Direttore l’ammiraglio Stansfield Turner il quale non perse tempo ad iniziare una severa indagine interna allo scopo di allontanare dall’Agenzia il personale che aveva preso parte a suddetto tipo di operazioni, non più gradito alla presidenza. La scure del nuovo direttore si abbatté soprattutto su quegli americani di seconda generazione che spesso parlavano la lingua o il dialetto del paese che avevano l’incarico di spiare ma che adesso non conveniva più considerare veri patrioti. Questa politica gettò nello sconforto più totale i rami della CIA che maggiormente svolgevano operazioni all’estero come la Direzione per

l’intelligence e la Direzione per le operazioni55

; la Sezione Vicino

54 Nel gergo dello spionaggio l’operazione coperta presenta sia aspetti militari che di

intelligence ed è messa in atto clandestinamente ovvero fuori dai canali ufficiali allo scopo di mantenere segreto alle parti l’operato del governo che la mette in atto.

55 La CIA è suddivisa in due grandi branche: quella amministrativa e quella operativa.

La seconda si suddivide in quattro rami, due tecnici e due operativi, appunto, la Direzione per l’Intelligence, in cui ad ogni ramo è assegnata la competenza di analisi su

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26 Oriente risentì, nello specifico, di un drastico ridimensionamento sia a

livello di budget che di personale56.

Figura 9: Organizzazione interna della CIA.

Secondo fonti ufficiali, al momento dell’invasione, l’amministrazione Carter fu colta completamente di sorpresa dall’atteggiamento sovietico e

una parte del globo, e la Direzione delle operazioni alla quale è affidata la competenza operativa. Quest’ultima è stata sostituita dall’ NCS, i Servizi Nazionali Clandestini, il 13 ottobre 2005.

56 Molte 56 Nel gergo dello spionaggio l’operazione coperta presenta sia aspetti militari

che di intelligence ed è messa in atto clandestinamente ovvero fuori dai canali ufficiali allo scopo di mantenere segreto alle parti l’operato del governo che la mette in atto.

56 La CIA è suddivisa in due grandi branche: quella amministrativa e quella operativa.

La seconda si suddivide in quattro rami, due tecnici e due operativi, appunto, la Direzione per l’Intelligence, in cui ad ogni ramo è assegnata la competenza di analisi su una parte del globo, e la Direzione delle delle persone che vennero allontanate dalla Sezione Vicino Oriente parlavano correntemente il pashto, il farsi e l’arabo. In un periodo nel quale l’interesse principale degli USA era costituito dalla politica dell’URSS gli specialisti sul Medio oriente non erano molti; a causa dei tagli di Turner le capacità dell’Agenzia nell’area diminuirono ulteriormente.

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27 venne spinta su posizioni molto radicali, essendosi convinta che l’unico

modo di trattare con i sovietici era la forza. Il presidente affermò che l’attacco all’Afghanistan da parte dell’URSS era la più grave crisi di politica estera che gli Stati Uniti avessero mai dovuto affrontare dopo la Seconda guerra mondiale.

Quest’atto avrebbe seriamente compromesso le trattative per l’accordo

SALT57 e per lo spiegamento di armi nucleari nell’Europa occidentale.

Le prime misure che l’amministrazione attuò furono prevalentemente dimostrative come il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca e la decretazione dell’embargo di diversi generi alimentari; altre misure si rivelarono ben più concrete come l’aumento delle spese militari e la

firma di una serie di Determinazioni Presidenziali58 che autorizzavano la

CIA ad intraprendere azioni indirette contro l’Armata Rossa59

.

Cominciarono così a partire i primi carichi di armi di fabbricazione sovietica che gli Stati Uniti avevano conservato per simili evenienze; i carichi vennero fatti arrivare per via aerea ad Islamabad in modo che Zia, tramite i suoi uomini dell’ISI, potesse far pervenire questi primi,

rudimentali rifornimenti ai mujaheddin60attraverso il confine.

Per gli USA, almeno per il momento, non fu un ostacolo la richiesta di Zia di non avere contatti con gli afghani e non interferire nella distribuzione delle armi. Il ricordo del Vietnam era ancora fresco e la CIA non aveva nessuna intenzione di far intravedere ai sovietici la sua

57 “Strategic Arms Limitation Talks” ovvero Trattato per la limitazione degli

armamenti strategici.

58 Documento prodotto dalla Casa Bianca che esprime la linea politica ufficiale o la

posizione in merito ad una determinata questione del governo degli Stati Uniti.

59 Il senso di queste Determinazioni Presidenziali era da comprendere nell’insieme degli

assunti della “Dottrina Carter”, elaborata da Brzezinski all’indomani dell’attacco sovietico all’Afghanistan, che impegnava gli USA ad entrare in guerra in caso di minaccia agli interessi nazionali nel Golfo Persico. Questa Dottrina era espressamente da contrapporsi a quella concepita da Brežnev che, decisa a tutelare l’affermazione del Socialismo ovunque esso cercasse di affermarsi, venne utilizzata per giustificare politicamente l’invasione del 1979.

60 Per Carter fu molto difficile trovare un accordo con Zia; il presidente aveva

imperniato la sua campagna elettorale sul rispetto dei diritti umani e si ritrovava adesso, in scadenza di mandato, a dover trattare con un uomo, Zia, che governava il suo paese col pugno di ferro della legge marziale e che aveva in pratica eliminato il suo avversario politico più temibile. D’altro canto anche il presidente pakistano fu costretto a fingere di averi dimenticato i violenti attacchi rivolti alla sua persona e al suo regime dall’allora candidato democratico alla Casa Bianca.

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28 mano dietro i ribelli e rischiare una rappresaglia in qualche altra parte del

globo61.

Gli USA avevano molti buoni motivi per intervenire, infatti avrebbero reso meno consigliabile a Brežnev e ai suoi consiglieri politici e militari concepire ulteriori espansioni verso il Golfo Persico o il Pakistan, avrebbero dimostrato la risolutezza dell’amministrazione Carter che, oltretutto, sostenendo in conflitto diversi fondamentalisti islamici, avrebbe cercato di ingraziarsi quelle nazioni musulmane che storicamente non avevano ottimi rapporti con Washington a causa del sostegno ad Israele e all’ Iran dell’ormai decaduto scià Reza Pahlavi. I primi resoconti della CIA dal fronte parlavano di una resistenza disperata, ma indomita, da parte degli afghani che, in molti casi,

terrorizzava le truppe sovietiche e l’esercito62

. L’Agenzia non poteva permettersi di perdere l’occasione di costringere l’Unione Sovietica a rimanere intrappolata in Afghanistan, continuando per anni a dissanguare un’economia già disastrata.

Anche a distanza di decenni non risultano chiare le dinamiche che originarono il coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto afghano. La versione ufficiale, sostenuta per anni dalle varie presidenze che si sono succedute, racconta di un Carter completamente colto di sorpresa dall’invasione del dicembre del 1979, anche se già dal marzo dello stesso anno sulla sua scrivania il presidente aveva valutato, sulla base di un rapporto della CIA, alcune proposte per aiutare quei ribelli che si erano sollevati contro i sovietici ad Herat. Il documento passò anche al vaglio della Commissione speciale di coordinamento che dirigeva le attività clandestine a nome del presidente e che, vista la gravità della

61Z.Brzezinski, Power and Principle: Memoirs of the National Security Adviser, 1977-1981, New York, Farrar Straus & Giroux, 1983, p.117.

62 Uno dei maggiori problemi che l’Armata Rossa e il KGB dovettero affrontare nei

primi mesi di guerra fu la costante ed inesorabile perdita di effettivi dell’esercito afghano a causa delle numerosissime diserzioni. Gli afghani dell’esercito, piuttosto che trucidare propri connazionali in aiuto ad una potenza occupante miscredente, preferivano, a rischio della vita, tornare alle proprie case o unirsi alle bande di ribelli. Questo fenomeno venne nascosto o falsato nelle statistiche della propaganda sovietica.

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situazione63, commissionò all’Agenzia la stesura di una seconda serie di

proposte per definire maggiormente le modalità d’intervento.

In queste settimane la Sezione Vicino Oriente e la Direzione delle Operazioni cercarono di recuperare il terreno perduto a causa dei tagli voluti dal Direttore Turner, reinserendo il personale più capace e

vedendosi aumentare i finanziamenti in luogo della ritrovata utilità64.

Nel maggio del 1979 un ulteriore documento dell’Agenzia attestava l’ingenza delle forniture militari sovietiche ma riteneva improbabile che Mosca si sarebbe addossata la parte rilevante della lotta agli insorti. Brzezinski, stanco di vedere rapporti della CIA fare la spola tra Langley e Washington senza originare decisioni, esortò il presidente a firmare il 3

luglio 1979 un “intervento” presidenziale65

necessario ad affermare il

controllo della presidenza sulle operazioni clandestine66.

Con questo atto Carter si accingeva ad elargire un esborso minimo, nell’ordine di mezzo milione di dollari, finalizzato al miglioramento delle cure mediche e delle comunicazioni dei ribelli.

Brezinski non si illudeva di poter trasformare l’Afghanistan nel Vietnam dei sovietici poiché sapeva bene che il Comitato centrale difficilmente avrebbe posto dei limiti alla violenza dei bombardamenti che, negli Stati Uniti ai tempi del Vietnam, avevano sconvolto un opinione pubblica forte ed indipendente, fattore totalmente assente in Unione Sovietica. Il Consigliere per la sicurezza nazionale del presidente, nonostante ciò, gettò le basi per una politica USA in Afghanistan che si sarebbe rivelata valida per tutto il decennio successivo concentrandosi su diversi aspetti della questione; la resistenza afghana non doveva cessare in alcun modo, quindi agli Stati Uniti sarebbe stato richiesto un coinvolgimento sempre

63 Gli Stati Uniti non potevano permettersi di perdere, nel giro di un anno, un alleato

fedele come lo scià e di veder insediato a Kabul un governo comunista sostenuto dall’Armata rossa.

64 L.Kurt, Holy War, Unholy Victory: Eyewitness to the CIA's Secret War in Afghanistan, Washington, Regnery Publishing, 1993, pp 83-96.

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Previsto dall’ emendamento all’ Hughs-Ryan Act del 1961 sull’assistenza all’estero, tramutato in legge nel 1974. Questo strumento metteva nelle mani del presidente il potere d’intervenire sulla CIA nel caso l’Agenzia non si fosse attenuta scrupolosamente al dettato presidenziale, oltre a ciò si doveva comunicare il contenuto del documento anche ai presidenti della Commissione e Sottocommissione stanziamenti per la difesa di Camera e Senato nonché ai presidenti di Commissione e Sottocommissione servizi segreti di entrambe le camere del Congresso.

66 W.M.Reisman, J.E.Baker, Regulating Cover Actions, New Haven, Yale University

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30 maggiore. Era poi necessario cessare di far condizionare le relazioni con

il Pakistan dalla linea politica USA sulla non proliferazione nucleare, poiché si sarebbe rivelato impossibile aiutare i mujaheddin senza l’aiuto di Islamabad. Infine era prioritario coinvolgere i cinesi nell’aiuto ai ribelli, fornendo loro un’ occasione per indebolire il loro storico

avversario nel campo comunista67.

Un’utilissima regola da applicare all’inizio di un conflitto consiste nell’avere ben presenti gli obiettivi finali: gli Stati Uniti intendevano, nella migliore delle ipotesi, costringere l’URSS al ritiro, mentre nella peggiore si voleva spingere Mosca a profondere sul campo armamenti e denaro nella maggiore quantità possibile.

Da queste informazioni si evince come sia stato praticamente impossibile che gli USA siano stati colti di sorpresa dall’invasione sovietica. La potenza dell’apparato di intelligence e satellitare statunitense aveva di certo fatto notare a Carter l’insolita concentrazione di mezzi militari sovietici sul confine di Termez, permettendogli quindi di cominciare a mobilitare risorse tra maggio e giugno, ben prima dell’invasione

avvenuta a dicembre68.

Brezinski, in alcune interviste concesse a decenni di distanza dalla conclusione delle operazioni, affermò che gli aiuti iniziali che aveva consigliato di concedere a Carter nel luglio del 1979 erano serviti, come esca, per attirare l’Armata Rossa nel difficile teatro afghano. Difficile comprendere se il Consigliere avesse realmente queste intenzioni o meno; ciò che in seguito accadde comunque non si discostò molto dalle sue previsioni.

Più verosimilmente i primi aiuti statunitensi ai ribelli costituirono una risposta, più che un’esca, al precedente invio di un massiccio numero di consiglieri militari e civili sovietici in Afghanistan. Presumibilmente il Politburo, essendo stato informato della presenza di ribelli finanziati dal Pakistan nella zona e prevedendo l’eventualità di un futuro afflusso di finanziamenti USA, decise l’invasione per non concedere nessuno spazio a iniziative di questo tipo in futuro e per arginare quelle già in corso.

67 op.cit.

68 Questa è anche l’opinione di Valentin Varennikov, comandante delle forze armate

Figura

Figura 9: Organizzazione interna della CIA.

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