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Progetto di rinforzo strutturale e adeguamento funzionale del ponte “Attilio Vergai” mediante l’impiego di materiali compositi

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE

Corso di laurea magistrale in Ingegneria delle Costruzioni Civili

Progetto di rinforzo strutturale e adeguamento funzionale

del ponte “Attilio Vergai” mediante l’impiego di

materiali compositi

Tesi di laurea magistrale

Relatore:

Prof. Ing. Paolo S. VALVO Correlatore:

Prof. Ing. Giovanni Buratti

Laureando: Simone Gavazzi

(2)

II

INDICE

INDICE ... II PREFAZIONE ... V INTRODUZIONE ... VII RINGRAZIAMENTI ... VIII

PROGETTO DI RINFORZO STRUTTURALE E ADEGUAMENTO FUNZIONALE DEL PONTE “A. VERGAI” MEDIANTE L’IMPIEGO

DI MATERIALI COMPOSITI ... 1

CAPITOLO 1 STORIA E STATO ATTUALE DEL PONTE ... 3

1.1 Descrizione ponte ... 3

1.1.1 Documentazione esistente ... 3

1.1.2 Descrizione generale e storia della costruzione ... 4

1.1.3 Ristrutturazione del 2008 ... 7

1.1.4 Dati geotecnici ... 11

CAPITOLO 2 DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO ... 13

2.1 Modifiche per allargamento impalcato ... 13

2.2 Materiali usati per la costruzione ... 15

2.2.1 Calcestruzzo ... 15

2.2.2 Acciaio armature originali ... 15

2.2.3 Acciaio di progetto ... 15

2.2.4 Acciaio per c.a. ... 15

2.2.5 Calcestruzzo leggero ... 16

2.2.6 Pannelli FBD ... 16

2.2.7 Colle ... 16

2.2.8 Carboplate ... 16

(3)

2.2.10 Cemento ad elevate prestazioni meccaniche HPC ... 17

2.2.1 Metodi di incollaggio e caratteristiche dei rinforzi ... 17

2.3 Descrizione materiali compositi ... 22

2.4 Analisi dei carichi... 26

2.4.1 Carichi permanenti strutturali ... 26

2.4.2 Carichi permanenti portati ... 26

2.4.3 Azioni da traffico ... 27

2.4.4 Azione di frenamento ... 29

2.4.5 Azione del vento ... 29

2.4.6 Azione sismica... 32

2.4.7 Azione della temperatura ... 35

2.4.8 Forza di svio ... 35

2.5 Combinazioni di carico ... 36

2.6 Modellazione del ponte ... 38

2.7 Fasi di montaggio e lavoro ... 39

2.7.1 Fase zero : stato attuale... 39

2.7.2 Fase uno: montaggio impalcato di lavoro ... 39

2.7.3 Fase due: demolizione ... 40

2.7.4 Fase tre: getto cemento ad elevate prestazioni ... 40

2.7.5 Fase quattro: montaggio strutture metalliche ... 41

2.7.6 Fase cinque: getto soletta leggera ... 41

2.7.7 Fase sei: smontaggio impalcato ... 42

2.7.8 Fase sette: montaggio pannelli ... 42

2.7.9 Fase otto: rifiniture ... 43

2.7.10 Fase nove: stato di progetto ... 43

CAPITOLO 3 ALLARGAMENTO DELL’IMPALCATO ... 44

3.1 Dimensionamento nuovi elementi in acciaio ... 44

3.1.1 Travi in acciaio ... 44

3.1.1.1 Verifica collegamento alla trave principale ... 46

(4)

CAPITOLO 4 RINFORZO STRUTTURALE ... 54

4.1 Descrizione e verifica dei vari elementi ... 54

4.1.1 Travi principali ... 54

4.1.2 Travi secondarie ... 67

4.1.3 Pilastrini ... 75

4.1.1 Tralicciata... 80

4.1.2 Controventi e collegamenti tra i pilastri ... 84

4.1.3 Arco minore ... 89

4.1.3.1 Sezione all’imposta ... 89

4.1.3.2 Sezione alle reni ... 92

4.1.3.3 Sezione in chiave ... 95

4.1.4 Arco maggiore ... 98

4.1.4.1 Sezione all’imposta ... 98

4.1.4.2 Sezione alle reni ... 101

4.1.4.3 Sezione in chiave ... 105

CAPITOLO 5 STIMA DEI COSTI D’INTERVENTO ... 109

5.1 Rinforzi con Carboplate E250 ... 109

5.2 Rinforzi con HPC ... 112

5.3 Rinforzo con Mapewrap C X-HM 600 ... 114

5.4 Pannelli FBD ... 115

5.5 Cemento leggero ... 116

5.6 Travi in acciaio ... 117

5.7 Impianto di cantiere e oneri per la sicurezza ... 117

5.8 Riepilogo ... 117

(5)

PREFAZIONE

Il lavoro di questa tesi nasce dall’idea di proporre un’alternativa all’intervento fatto dalla provincia di Lucca al ponte “A. Vergai” usando materiale composito che risulta essere molto più leggero del classico calcestruzzo armato, con questo materiale si riesce ad allargare la sezione di impalcato di 3,3m senza che il peso di esso risulti eccessivo.

(6)
(7)

VII

INTRODUZIONE

La presente tesi è divisa in cinque capitoli.

Nel primo capitolo viene descritta la storia del ponte, le modifiche apportate dalla provincia, i materiali di cui è composto e le prove a cui è stato sottoposto, nel secondo si descrive l’intervento di allargamento e consolidamento; nel terzo capitolo vengono riportate le verifiche fatte sugli elementi in materiale composito, nel quarto le verifiche sul consolidamento, e nel quinto viene fatto un calcolo stimativo del costo dell’intervento.

(8)

VIII

RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno supportato accompagnandomi in questo viaggio di formazione .

In primis vorrei ringraziare i miei professori Paolo Sebastiano Valvo e Giovanni Buratti, per aver accolto i miei interessi e per avermi ispirato e guidato nella realizzazione di questa tesi.

La provincia e il comune di Villa Collemandina per avermi fornito il materiale relativo alla progettazione del ponte, la ditta Danese Firberline che mi ha indicazioni sui pannelli FBD e sui materiali compositi,.

Ed infine un ringraziamento speciale va a tutte quelle persone che hanno sempre creduto in me supportandomi in questo percorso di studi; i miei genitori, Federica, i miei amici, i miei compagni di corso, e tutti coloro che mi hanno accompagnato in questo percorso di formazione e di crescita, aiutandomi a raggiungere un traguardo.

(9)

1

Progetto di rinforzo strutturale e adeguamento

funzionale del ponte “A. Vergai” mediante

(10)
(11)

3

Capitolo 1

Storia e stato attuale del ponte

Sommario. Descrizione della storia del ponte e delle modifiche apportate dalla provincia.

1.1

Descrizione ponte

1.1.1

Documentazione esistente

Per la descrizione dello stato attuale del ponte e per conoscerne la composizione dei suoi singoli elementi costruttivi è stato contattato l’ufficio tecnico del Comune di Villa Collemandina e della provincia di Lucca. Grazie al primo è stato possibile consultare i disegni originali del 1930 e la relazione tecnica del progettista, Prof Danusso, invece la provincia di Lucca ha messo a disposizione le tavole redatte nel contesto dell’intervento di ristrutturazione riguardante essenzialmente la soletta, eseguito nel 2008, le relazioni tecniche e alcune foto dei lavori e dello stato attuale del ponte. La stessa provincia ha permesso di consultare altro materiale utile, tra esso, la relazione geotecnica del sito.

In particolare, dalla relazione tecnica dell’intervento di recupero è stato possibile estrapolare i risultati dell’identificazione strutturale, a suo tempo utili per calibrare il modello agli elementi finiti al reale comportamento del ponte, ad essi si è fatto riferimento anche per la modellazione utilizzata nella presente tesi.

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1.1.2

Descrizione generale e storia della costruzione

Il ponte oggetto di tesi è stato costruito negli anni’30 per collegare il paese di Villa Collemandina a Corfino.

Il ponte permette di scavalcare il torrente chiamato “Il Fiume”, ha una lunghezza complessiva di circa 167 m; e una larghezza di 5,20 m, si compone di due arcate in c.a. di luce pari a 40 e 60 m, la maggiore delle due consente lo scavalcamento della gola sul cui letto scorre il torrente citato, la minore completa l’attraversamento della gola.

La struttura è stata realizzata tra 1931/1932 dall’Impresa S.A.LA.C.E. (Società Anonima Lucchese Appalti Costruzioni Edili) che affidò la realizzazione delle opere in c.a. alla società Sidero-Cemento di Milano. Il progettista delle opere strutturali fu il Prof. Ing. Arturo Danusso, docente del Politecnico di Milano, uno degli ingegneri più famosi di quel tempo, tra le opere importanti alle quali il Prof Danusso ha dato il proprio contributo si può citare il ponte del Risorgimento a Roma del 1911, la ricostruzione del campanile di San Marco a Venezia del 1902 ,negli anni 50 collaborò alla costruzione dei grattacieli di Milano (torre Galfa, torre Velasca e grattacielo Pirelli).

(13)

Il ponte è stato intitolato all’Avv. Attilio Vergai il 3 Agosto del 1952, ex podestà di Villa Collemandina egli aveva contribuito in maniera molto attiva a promuovere la realizzazione dell’opera intervenendo presso tutti gli enti territoriali responsabili della costruzione del ponte.

La struttura, in cemento armato, è composta da 2 arcate, la prima di 62 m e freccia pari a 16,5 m, la seconda di 40 m di luce con una freccia di 14,5 m.

Ciascuna arcata è composta da una coppia di archi gemelli, collegati fra loro da un traliccio, su esso poggiano i pilastri che a loro volta, sostengono le 2 travi principali.

A completare l’impalcato strutturale vi è una serie di travi secondarie, con interasse di 1,67m, e una soletta di impalcato di larghezza pari a 5,20m.

La sezione dell’arco maggiore è a doppio T all’ imposta pari a 200 cm e in chiave di 100cm, l’anima ha uno spessore di 50cm mentre le ali sono larghe 80cm con spessore variabile da 25cm in chiave a 56,5 cm all’imposta.

L’arcata minore invece ha una sezione rettangolare di 45x145cm in imposta e 45x100cm in chiave.

Per collegare gli archi gemelli gli elementi diagonali hanno una sezione rettangolare di dimensioni 60x40cm .

I pilastri hanno una sezione quadrata 40x40cm, e sono collegati da controventi a croce di S.Andrea sopra le imposte degli archi, formati da elementi a sezione rettangolare 40x60 per l’arco maggiore, e a sezione quadrata pari a 40x40 cm nell’arco minore.

Le travi principali d’impalcato hanno sezione rettangolare di dimensioni 25x60cm, collegate da travi secondarie di sezione rettangolare 20x27cm.L’impalcato ha una larghezza di 5,2m con sbalzi laterali di 0,5 m.

Esso è composto da una soletta in c.a. di 14cm di spessore , al di sopra della quale è posta una massicciata di 25 cm e una pavimentazione di conglomerato bituminoso di 5-6cm.

(14)

Tra le due arcate, confinato tra i traversi di estremità, è stato inoltre realizzato un giunto di dilatazione di 50mm.

Per la costruzione furono adoperati materiali di ottima qualità come si può descrivere dal contratto di affidamento incarico, il cemento adoperato era di tipo Portland a lenta presa, la sabbia e la ghiaia di fiume ottenute meccanicamente tramite macinazione, dalle prove eseguite sui provini fu ottenuto , un carico di rottura pari a 238kg/cm2.

In totale vennero impiegati 980m3 di cemento 57000 kg di ferro tondo e 40000 kg di ferro sagomato.

Interessanti sono anche gli aspetti costruttivi, per la costruzione venne infatti istallata una teleferica, con la quale fu possibile montare l’impianto del cantiere e un agevole il trasporto dei materiali.

Operativamente fu costruita per prima l’arcata minore che non presentava rilevanti difficoltà.

Tra le particolarità, al fine di evitare eventuali cedimenti della centine durante il getto degli archi, è interessante riportare come le centine furono precaricate con pietrame equivalente al peso proprio degli archi che man mano che il getto proseguiva veniva tolto; cosi facendo i cedimenti furono resi minimi, getto che avveniva con continuità lavorando giorno e notte

Una volta finito il getto dell’arco, passarono al getto di pilastri travi e impalcato.

Per l’arcata maggiore furono usate centine in ferro anziché in legno, queste furono progettate in modo che durante il getto fossero capaci di sopportare, oltre al peso proprio le casseforme e il getto stesso; una volta gettato l’arco diventavano parte dell’armatura principale, tale metodo prende il nome di “metodo Melan”.

Una passerella in legno fu costruita all’estradosso della centina per permettere al personale di muoversi tra le sponde della gola.

(15)

Figura 1.2 – Foto del 2008 prima della ristrutturazione.

1.1.3

Ristrutturazione del 2008

Il ponte è stato oggetto di una ristrutturazione da parte della provincia di Lucca nel 2008, preceduta dall’esecuzione in sito di prove ultrasoniche e dinamiche che hanno fornito i parametri dinamici del ponte; inoltre, sono state prelevate carote sulle quali sono state fatte prove di carbonatazione e prove di rottura; infine, sono state fatte anche prove sclerometriche insieme a elaborazioni sonreb in vari punti del ponte in maniera da ottenere sia il modulo elastico sia la resistenza degli elementi analizzati.

Da queste indagini è emerso un quadro generale di conservazione della struttura non ottimale: presenza di armatura ossidata causata dall’assenza di copriferro, espulsione meccanica del copriferro in zone di cls compresso, cedimenti della fondazione e la cernierizzazione di alcuni controventi sono tra gli aspetti di maggior rilievo.

Al fine di poter progettare l’intervento di recupero, è stato elaborato un modello agli elementi finiti, calibrato con i dati sperimentali in modo che le frequenze fornite dal modello non si discostassero più del 10% da quelle fornite dalla campagna di indagini, prove che sommariamente, sono riportate nella tabella sottostante.

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Nel modello gli archi risultano incastrati alla imposte e i pilastrini incastrati, l’impalcato è quindi vincolato con un incastro.

Al fine di ottimizzare il comportamento dinamico del ponte, i moduli elastici sono stati diversificati, in modo da risultare caratterizzato da un comportamento meccanico fedele alle risultanze sperimentali. Un grado riepilogativo è: Arco minore Elemento E(MPa) Pilastro 31002 Arco imposta 38795 Arco chiave 36054 Tralicciatura 29878 Controventatura 410501 Travi 32107 Soletta 17500

Agli elementi di tipo shell utilizzati per la modellazione della soletta è stata inoltre aggiunto un peso di 4000 N/m2 dovuto alla massicciata e un peso di 1500 N/m2 del conglomerato bituminoso al fine di calibrare opportunamente la massa sismica.

Arco maggiore Elemento E(MPa) Pilastro 25835 Arco imposta 31051 Arco chiave 24955 Tralicciatura 36856 Controventatura 41656 Travi 29185 Soletta 17500

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La modellazione dell’opera ad intervento ultimato, inoltre, ha messo in conto una variazione della massa dovuta all’asportazione di una quota parte della massicciata (25cm) e alla sua successiva ricostruzione per uno spessore di , 20cm costituita da calcestruzzo alleggerito. L’intervento ha previsto inoltre la ricostruzione del parapetto laterale, il rinforzo di alcune parti delle travi con apporto di nuovo cls, il consolidamento della fondazione centrale dove si incontrano le 2 campate e il consolidamento di alcune travi secondarie.

Le opere in progetto hanno permesso di migliorare capacità portante e la durabilità del ponte.

Inoltre, è stata ampliata la forma del traffico transitabile sulla struttura, infatti, sul ponte potevano transitare autoveicoli con peso massimo per asse pari a 3,5 tonnellate con interasse minimo pari a 3 m, dopo l’intervento sono ammessi autocarri di peso di 45 t.

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Figura 1.3 – Impalcato dopo la ristrutturazione.

Figura 1.4 – Vista laterale dopo la ristrutturazione.

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1.1.4

Dati geotecnici

L’area oggetto del presente studio si inserisce in un contesto geologico complesso il cui elemento più significativo è senz'altro costituito dalla "faglia di Corfino".

La superficie di discontinuità tettonica, come riportato nella relazione geologica redatta dal Geologo Eraldo Santernecchi, resa disponibile dalla provincia, è ben riconoscibile in affioramento per una lunghezza di circa 1800 metri lungo una direttrice N160° che taglia esattamente la struttura in esame in corrispondenza del fondovalle su cui scorre il torrente “il Fiume”.

A nord dell'abitato di Corfino e poco a sud del ponte in oggetto, la faglia risulta mascherata da estese coltri detritiche o dalle formazioni geologiche più recenti che ne occultano il reale sviluppo in direzione di Villa Collemandina. Nel contesto geologico-strutturale, presente in questa zona, il ponte si colloca a cavallo della frattura attestandosi con l'arcata maggiore e la spalla orientale dell'arcata minore sui calcari del Lias, con la spalla occidentale dell'arcata minore ed i pilastri che risalgono il versante lato Corfino sulla scaglia.

La scaglia è costituita da argilliti fossili rossastre con intercalazioni di microbrecce calcaree e associate a calcari litografici e rari livelli di radiolariti. Sul versante occidentale della valle, a monte del rivestimento in pietrame che stabilizza la parte più acclive del pendio, la scaglia è ricoperta da una coltre detritico-pedologica continua.

Lo scopo dell'indagine condotta dal Geologo Santernecchi è stato quello di determinare lo spessore di questa copertura instabile in corrispondenza dei basamenti dei pilastri.

Sulla base delle indagini effettuate è possibile ricavare lo strato del detrito di falda, in modo tale da individuare la lunghezza dei micropali affinché si posino sulla scaglia. Tali valori sono riportati in maniera dettagliata nella relazione geologica , essi hanno uno spessore medio di circa 2,00 m.

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13

Capitolo 2

Descrizione dell’intervento

Sommario. Descrizione dell’intervento proposto ,modelli di calcolo, metodi di incollaggio, fasi di montaggio ponteggi.

2.1

Modifiche per allargamento impalcato

Per allargare la carreggiata, attualmente di larghezza pari a 5,2m ,in grado di far transitare in modo difficoltoso sul ponte 2 macchine nello stesso momento, si è considerata la possibilità di allargare la carreggiata con una soletta formata da pannelli in FBD ,che essendo in materiali composito hanno un peso molto minore rispetto a quello del calcestruzzo.

L’uso di questi pannelli permette di ampliare la carreggiata fino a 8,5m senza incrementare dimolto i pesi della sovrastruttura.

Dato il peso del cls alleggerito attuale pari a 20kN/m3 per l’intera struttura caratterizzata da una soletta di dimensioni trasversali 520x20cm , si ottiene un peso complessivo w=3810 kN. Se invece di una soluzione classica si considera una soletta mista, in materiale composito-cls alleggerito di larghezza 8,5m, si ottiene un peso complessivo di w=4150kN, tenuto conto che i pannelli FBD600 hanno un peso di 1,02 kN/m2 e la soletta in calcestruzzo leggero (g=14 kN/m3

)di spessore 15 cm pesa w=2730kN.

Per consentire l’allargamento della soletta a 8,5 metri servono inoltre dei traversi in acciaio posti ai bordi delle travi principali di lunghezza 2,125m. Le loro dimensioni variano da 600mm in altezza a partire dall’incastro fino a 300 mm all’estremità libera, l’anima è di 12mm e le ali

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sono piatti 220x20mm;l’interasse è di 1670mm come le travi secondarie del ponte originario.

La nuova soletta di 15 cm è armata in entrambe le direzioni e collegata a quella attuale e alle travi principali con connettori in acciaio.

Per il collegamento tra i pannelli FBD e il calcestruzzo viene invece impiegata colla speciale (sikardur30), cosi come tra un pannello e l’altro (sikadur330).

Inoltre, i parapetti originali in cemento di peso 1,65kN/m, vengono sostituiti con guardrail in acciaio di tipo H2 bordo ponte con peso 1,3kN/m.

Di seguito, si riportano 2 immagini schematiche della sezione , prima e dopo l’intervento di progetto.

Figura 2.1 – Sezione Stato attuale.

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2.2

Materiali usati per la costruzione

2.2.1

Calcestruzzo

Per i materiali usati, si hanno a disposizione i risultati di un estesa campagna di prove, da esse risulta:

- soletta cls con Rck=35MPa

- arco maggiore cls con Rck=25MPa

- travi e pilastri dell’arco maggiore cls con Rck=20MPa - l’arco minore cls con Rck=40MPa

- travi e pilastri dell’arco minore cls con Rck=25MPa

2.2.2

Acciaio armature originali

Sempre dalle prove svolte per le armature si ha: - barre per gli archi fy=130 N/mm2

- staffe e armatura per l’impalcato fy=140 N/mm2 - aT = 12*10-6 °C coefficiente di dilatazione termica

2.2.3

Acciaio di progetto

Per gli elementi strutturali in acciaio è stato impiegato acciaio S355 con le seguenti caratteristiche:

Spessore nominale dell’elemento t ≤ 40 mm

− fyk = 355 N/mm2 tensione caratteristica di snervamento − fyd = fyk/ gs = 338,10 N/mm2

tensione di snervamento di progetto

− ftk =510 N/mm2 tensione caratteristica di rottura − E = 210000 N/mm2 modulo elastico

− εt = 0,186 % allungamento percentuale a rottura − aT = 12*10-6 °C-1 coefficiente di dilatazione termica

2.2.4

Acciaio per c.a.

L’acciaio per c.a. è di tipo B450C:

fy nom =450 N/mm2 ft nom=540N7mm2

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2.2.5

Calcestruzzo leggero

Questo è stato usato per la nuova soletta ed ha le seguenti caratteristiche: Rck=25Mpa

g=1400 N/m3

2.2.6

Pannelli FBD

Le caratteristiche di questi sono fornite su una larghezza di un metro e composta da tre elementi;

ffd=177,78 Mpa ftd=29,63 Mpa E=20000 Mpa G=3000 Mpa

2.2.7

Colle

Sikadur330 per collegare i pannelli

- Modulo elastico a flessione E=3800 MPa - Modulo elastico a trazione E=4500 MPa - Resistenza a trazione ft= 30MPa

- Forza di adesione 14MPa - G=1100 MPa

Sikadur30 per collegare i pannelli con le parti in calcestruzzo - Modulo elastico a compressione E=9600 MPa

- Modulo elastico a trazione E=11200 MPa - Resistenza a trazione Ft=26 MPa

- Resistenza a taglio Fτ=19MPa

- Resistenza a compressione Fc=85 MPa

2.2.8

Carboplate

Usato per rinforzo a flessione - Densità 1,61 g/cm3 - Spessore 1,4 mm

- Resistenza a trazione 2500 MPa - Modulo elastico 250 GPa - Resistenza a taglio 79 Mpa

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2.2.9

Mapewrap C X-HM 600

Usato per rinforzo a taglio - Densità 1820 kg/m3 - Spessore 0,329 mm

- Area resistente 329,6 mm2/m - Resistenza a trazione 410 MPa - Modulo elastico 390 GPa - Allungamento a rottura 1,1%

2.2.10

Cemento ad elevate prestazioni meccaniche HPC

Malta cementizia ad elevate prestazioni - Densità 2400 kg/m3

- Resistenza a compressione 130 MPa - Resistenza a flessione 32 MPa - Resistenza a trazione 8,5 MPa - Adesione al calcestruzzo >2MPa

2.2.1

Metodi di incollaggio e caratteristiche dei rinforzi

Lamine di carbonio Carboplate E250

Il Carboplate E250 è una lamina in fibra di carbonio ad alta resistenza e modulo elastico prodotto per pultrusione, ovvero ottenuti per mezzo di un processo industriale di estrusione sotto trazione, esso è messo in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature o macchinari.

La superfice dove viene applicato il carboplate deve essere pulita e asciutta, meccanicamente resistente e regolare. Nel caso di calcestruzzo degradato occorre rimuovere le parti deteriorate, mediante martellinatura manuale o pneumatica e pulire le armature metalliche che successivamente, vanno protette con malta cementizia anticorrosiva bicomponente, e poi ripristinare le superfici di calcestruzzo, con materiali idonei tipo mapegrout. Per poter procedere con l’incollaggio occorre attendere almeno tre settimane. Iniziare utilizzando colle tipo Mapewrap 11 o mapewrap 12, a

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seconda della temperatura esterna il primo è idoneo per temperature fra 5° e 20° gradi mentre il secondo per temperature superiori.

Il Carboplate viene fornito in rotoli che devono essere tagliati in cantiere della lunghezza desiderata, con un flessibile a lama diamantata.

Su entrambe le superfici applicato un foglio di materiale plastico avente la funzione di proteggere la lamina dallo sporco durante le operazioni di movimento e taglio.

Prima di iniziare l’incollaggio occorre rimuove dalla lamina la pellicola che andrà a contatto con l’adesivo epossidico.

La superfice da rinforzare deve essere primarizzata, con mapewrap primer 11 quindi si procede all’applicazione di uno strato di 1-1,5 mm di mawrap sul carboplate dal lato, ed esercitando una pressione uniforme mediante apposito rullo di gomma, si mette a contrasto la lamina con il calcestruzzo, ripulendo la superfice da eccessi di adesivo.

Devo montare delle morse per mantenere in posizione la lamina fino a completo indurimento.

Mediante morse la lamina deve rimanere in posizione fino a completo indurimento della colla. Il secondo strato di Carboplate avviene con analoga procedura.

La superfice esterna infine , può essere protetta con opportuni materiali come mapaplastic ed elastocolor applicati 24 ore dopo la posa.

Caratteristiche: ft=3300 Mpa E=250GPa

Fibre di carbonio Mapewrap C X-HM 600

La superfice da trattare con le fibre di carbonio deve esse perfettamente pulita, asciutta e meccanicamente resistente, è necessario eliminare, mediante sabbiatura, eventuali presenze di vernici o pitture.

Nel caso di calcestruzzo degradato le parti ammalorate vanno eliminate e le armature metalliche ripulite da eventuali tracce ci ruggine,

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infine vanno trattate con materiale idoneo come Mapefer, malta cementizia anticorrosiva bicomponente o malta cementizia monocomponente.

Le superfici di calcestruzzo devono essere ripulite con prodotti come mapegroup, e atteso un periodo di 3 settimane, si può procedere alla posa del tessuto.

Se sono presenti fessure, vanno sigillate mediante l’uso di materiali quali vadesilix 1 o mapefloor ep19.

Tutti gli spigoli vivi che devo essere fasciati dovranno essere smussati mediante l’impiego di un martello demolitore o un'altra idonea attrezzatura, il raggio di curvatura non deve essere inferiore a 2 cm.

Per l’incollaggio del Mapewrap C UNI-AX HM600 ci sono due metodi o il sistema a umido o a secco.

Sistema a umido

Per prima cosa deve essere preparato il Mapewrap Primer 1 unendo le due sostanze di cui è composto , quindi agitano, fino a portare la resina a uno stato fluido, dopo la preparazione questo ha un tempo di lavorabilità di 90 minuti.

Il composto deve essere applicato al calcestruzzo con rullo, se il supporto è fortemente assorbente deve essere applicata una seconda mano. Per la seconda lavorazione occorre preparare il Mpewrap 11 che ha un tempo di lavorabilità di 40 minuti, esso viene applicato sopra il precedente strato di mapewrap primer con una spatola dentata e deve avere uno spessore di circa 1mm, successivamente, con una spatola piana, deve essere lisciata la superfice in maniera da non avere irregolarità.

Successivamente va preparato il mapewrap 21 cosi da ottenere una resina fluida e da applicare al tessuto mediante immersione. Tale operazione può avvenire in modo automatizzato.

Verificato che lo strato di mapewrap11 sia sempre fresco si applica il mapewrap C UNI-AX HM stendendolo senza lasciare alcuna irregolarità, prima deve essere spianato con le mani, successivamente con un rullo nella direzione longitudinale delle fibre, questo ha lo scopo di farlo penetrare

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perfettamente nello stucco epossidico; una seconda passata con il rullo permetterà di eliminare le eventuali bolle d’aria.

Nel caso d’interventi di fasciatura dei pilatri la parte terminale della striscia di Mapewrap C UNI-AX HM deve essere sormontata alla testa dello stesso tessuto per almeno 20cm, e lo stesso accorgimento deve essere adottato quando devo congiungere più strisce in direzione longitudinale.

Sistema a secco

Come nel caso umido deve essere preparato il mapewrap 1 e deve essere applicato alla superfice di calcestruzzo pulita e asciutta; nel caso essa sia fortemente assorbente occorre una seconda mano.

Preparato il mapewrap31, che ha una lavorabilità di 40 minuti, ne applico uno strato di 0,5 mm sul mpewrap 11, quando questo è sempre fresco, quindi applico immediatamente il MapeWrap UNI-AX HM avendo cura di stenderlo senza lasciare alcuna irregolarità. Applico una seconda mano di mapewrap 31, più volte steso con rullo, sia per permettere all’adesivo di penetrare completamente attraverso le fibre del tessuto, sia per eliminare eventuali bolle d’aria, si procede nuovamente alla stesura con il rullo.

Nel caso d’interventi di fasciatura dei pilatri la parte terminale della striscia di Mapewrap C UNI-AX HM deve essere sormontata alla testa dello stesso tessuto per almeno 20cm, lo stesso accorgimento deve essere adottato quando devo congiungere più strisce in direzione longitudinale.

Occorre, invece, un sormontamento di 5cm nella direzione della larghezza del tessuto

Caratteristiche fibra: g=1820 kg/m3 s=0.329mm ft=4410 N/mm2 E=390000 Mpa

(29)

Cemento ad elevate prestazioni meccaniche HPC

Questo materiale è una polvere composta da cementi ad alta resistenza, una volta indurito possiede elevate qualità meccaniche, elevate resistenze ai carichi ciclici, impermeabilità all’acqua, ottima adesione al vecchio calcestruzzo ed elevata resistenza all’usura.

Prima di applicare l’HPC occorre rimuovere il calcestruzzo deteriorato cosi da arrivare al sottofondo solido resistente, vanno puliti i ferri da ruggine, grassi, olii e vernici mediante sabbiatura. Il deve essere bagnato con acqua quindi occorre attendere l’evaporazione dell’acqua in eccesso, operazione che può essere agevolata con l’uso di aria compressa. l’eliminazione dell’acqua in eccesso utilizzare se necessario aria compressa.

Preparando il planitop HPC come da scheda tecnica rimarrà lavorabile per un’ora a 20°.

Va quindi versato con flusso continuo nelle casseforme, avendo cura di favorire la fuoriuscita dell’aria (le casserature non devono sottrarre acqua a planitop quindi devo trattarle con disarmante per esempio DMA 1000).

Occorre sempre verificare il completo riempimento dell’elemento da rinforzare ed, eventualmente, per facilitare il passaggio di malta in zone difficili operare con listelli di legno, tondini di ferro, oppure, con una leggere vibrazioni meccaniche.

Caratteristiche :

g=1400 kg/m3

(30)

2.3

Descrizione materiali compositi

Il termine FRP è l’acronimo di Fiber Reinforced Polymer, ossia di “materiale polimerico fibrorinforzato”, dal punto di vista costitutivo tali materiali sono eterogenei ed anisotropi e presentano un comportamento prevalentemente elastico lineare fino a rottura, oltre alle svariate ed ormai consolidate applicazioni nel campo dell’ingegneria aeronautica, navale e meccanica, essi trovano largo impiego nella riabilitazione e nel consolidamento delle strutture civili.

I vantaggi degli FRP sono molteplici: leggerezza, elevate proprietà meccaniche, caratteristiche anticorrosive. Per il rinforzo strutturale sono disponibili in diverse geometrie: dalle lamine pultruse, caratterizzate da una disposizione unidirezionale delle fibre ed utilizzate preferibilmente per placcare superfici regolari, ai tessuti bidirezionali, facilmente adattabili alla forma dell’elemento strutturale rinforzato.

Gli FRP risultano competitivi in tutti quei casi in cui sia necessario limitare l’impatto estetico sulla struttura originaria o garantire un’adeguata reversibilità dell’intervento, ovvero quando la limitatezza dello spazio a disposizione renderebbe difficile il ricorso a tecniche tradizionali.

I sistemi di rinforzo sono classificati in:

- Sistemi preformati : costituiti da componenti di varia forma (lamine, nastri, barre o altro) preparati in stabilimento mediante pultrusione, o altri processi produttivi, ed incollati all’elemento strutturale da rinforzare;

- Sistemi impregnati in situ : costituiti da fogli o tessuti di fibre uni o multi-direzionali impregnati con una resina che può fungere anche da adesivo con il substrato interessato.

- Sistemi preimpregnati: costituiti da fogli o tessuti di fibre uni o multidirezionali preimpregnati con resina parzialmente polimerizzata ed incollati al substrato da rinforzare con (o senza) l’uso di resine aggiuntive.

Nei compositi fibrorinforzati le fibre svolgono il ruolo di elementi portanti sia in termini di resistenza che di rigidezza, la matrice, oltre a proteggere le

(31)

fibre, funge da mezzo di trasferimento degli sforzi tra fibra e fibra ed eventualmente tra queste e l’elemento strutturale da rinforzare.

Nella maggioranza dei casi, i compositi sono costituiti da fibre caratterizzate da resistenza e rigidezza elevate, nonché da valori della deformazione a rottura inferiori a quelli della matrice.

Il composito esibisce rispetto alle fibre una rigidezza inferiore ma la medesima deformazione a rottura, infatti, una volta superata tale deformazione, diviene impossibile il trasferimento degli sforzi dalla matrice alle fibre.

I materiali che compongono l’FRP sono costituiti da:

-Fibre di carbonio: si distinguono in fibre ad alta resistenza ed elevato modulo elastico ed in fibre ad alta resistenza ed elevatissimo modulo elastico (HM).

-Fibre di vetro: in particolare si distinguono per l’elevata resistenti agli alcali.

-Fibre di basalto: hanno proprietà intermedie tra le fibre di carbonio e di vetro, in quanto posseggono caratteristiche meccaniche comparabili in termini di resistenza meccanica alle fibre di carbonio e modulo di elasticità simile alle fibre di vetro.

-Fibre metalliche: fibre di acciaio ad altissima resistenza meccanica.

Gli FRP utilizzati già da parecchi anni soprattutto, in settori come quello navale, aeronautico e militare dove vengono sfruttati per la loro ineguagliabile resistenza specifica (intesa come resistenza meccanica a trazione per unità di peso).

La notevole riduzione dei costi, in particolare delle fibre di carbonio, dovuta alla loro maggiore diffusione e ad un’ottimizzazione dei processi produttivi, ha consentito l’introduzione degli FRP anche nel settore delle costruzioni edili.

L’utilizzo degli FRP nell’industria delle costruzioni riguarda essenzialmente il settore del restauro delle strutture degradate o danneggiate e quello dell’adeguamento statico e sismico delle stesse.

(32)

In quest’ottica, un intervento di ripristino basato sull’utilizzo di compositi ad alte prestazioni risulta più economico di quelli tradizionali se si estende la valutazione economica relativa ai tempi e alle attrezzature necessarie per l’intervento, ai costi derivanti da eventuali interruzioni dell’esercizio della struttura e alla stima della vita utile della struttura stessa a seguito dell’intervento.

I materiali FRP, infatti, grazie all’estrema leggerezza, vengono messi in opera senza l’ausilio di particolari attrezzature e macchinari da un numero limitato di operatori, in tempi estremamente brevi e, spesso, senza che risulti necessario interrompere l’esercizio della struttura.

I compositi strutturali vengono utilizzati nel rinforzo delle costruzioni sottoforma di tessuti distinti in:

- uniassiali con le fibre tutte orientate nella direzione della lunghezza e tenute insieme da una trama leggera di tipo non strutturale;

- biassiali, costituiti da una tessitura trama-ordito ortogonale di solito bilanciata (stessa percentuale di fibre nelle due direzioni);

- quadriassiali, con fibre orientate in diverse direzioni del piano.

I tessuti sono distribuiti allo stato secco ed in rotoli, da utilizzare per l’impregnazione a pie d’opera con il “sistema ad umido” o in opera con il “sistema a secco”.

Accanto ai tessuti, sono disponibili elementi rigidi già impregnati con la resina, ottenuti per mezzo di un processo industriale di estrusione sotto trazione che prende il nome di “pultrusione”.

Quest’ultimi, utilizzati sotto forma di lamine e barre, vengono incollati alla struttura da rinforzare mediante l’utilizzo di resine epossidiche a consistenza tissotropica.

Il parametro principale che definisce le caratteristiche di un rinforzo in FRP non è la resistenza a trazione, che risulta sempre estremamente maggiore dei tassi di lavoro cui sono soggetti i rinforzi in FRP, ma il modulo elastico.

(33)

Più elevato e il modulo elastico delle fibre, più alto e il contributo irrigidente che esse potranno fornire.

Il campo di applicazione è molto ampio, tra gli utilizzi più frequenti si possono citare:

- ripristino ed adeguamento statico e sismico di strutture dissestate o degradate, laddove e indispensabile integrare la sezione resistente a trazione e taglio;

- confinamento di elementi compressi o presso inflessi (pilastri, pile da ponte, ciminiere) per migliorarne la capacità portante o la duttilità dove e richiesta una contemporanea integrazione delle armature longitudinali;

- rinforzo di elementi inflessi mediante placcaggio esterno delle zone sollecitate a trazione;

- ripristino di strutture localmente danneggiate da urti come, ad esempio, travi da ponte impattate da mezzi fuori sagoma;

- adeguamento sismico e restauro di strutture a volte senza aumento delle masse sismiche e senza pericolo di percolamento di liquidi verso la superficie intradossale;

- placcaggio di nodi trave-pilastro, per l’adeguamento in campo sismico;

- rinforzo di elementi portanti in edifici il cui sistema strutturale viene modificato a causa di nuove esigenze architettoniche o di utilizzo (cambiamento di destinazione d’uso);

- riparazione di strutture danneggiate dall’incendio; - adeguamento sismico di edifici industriali in c.a..

(34)

2.4

Analisi dei carichi

2.4.1

Carichi permanenti strutturali

Per il calcestruzzo armato e l’acciaio da carpenteria si, adotta, rispettivamente un peso per unità di volume γ pari a 25 kN/m3 e a 78,50 kN/m3; il peso proprio viene così stimato in base al volume nominale occupato dai vari elementi strutturali, esso è messo in conto in modo automatico dal programma di calcolo utilizzato per l’analisi del modello.

2.4.2

Carichi permanenti portati

La pavimentazione è di tipo bituminoso analogamente alla sede naturale ed ha uno spessore si 70 mm (40 mm di binder e 30 mm di usura). Tra il materiale bituminoso e la soletta sottostante è interposta una guaina impermeabile a protezione delle sovrastrutture. Il peso di questo tipo di pavimentazione è di circa 1,50 kN/m2 ma la normativa impone, tuttavia, un valore minimo di 3 kN/m2, in quanto durante gli interventi di manutenzione il manto stradale viene scarificato, ma non sempre asportato completamente, inducendo così nel tempo un incremento di spessore e dunque di carico. Quindi: g2,pavimentazione = 3 kN/m2

Per i dispositivi di ritenuta è stata scelta una tipologia deformabile in acciaio del tipo raffigurato di categoria H2 bordo ponte.

I l carico ad essa associato è pari a: g2,barriere = 1,3 KN/m .

(35)

2.4.3

Azioni da traffico

I carichi variabili da traffico sono definiti a partire da schemi di carico associati ad ogni singola corsia, ai fini del progetto si considerano 2 “corsie convenzionali” di 3m più una parte rimanente di 2,5 m.

Nel seguito, si riporta un estratto della normativa , NTC2008, dove vengono indicati, rispettivamente, i carichi associati alle varie corsie e le dimensioni di quest’ultime.

La disposizione e la numerazione delle corsie sono determinate in modo da indurre le più sfavorevoli condizioni di progetto. Per ogni singola verifica il numero di corsie da considerare caricate, la loro disposizione sulla carreggiata e la loro numerazione vanno scelte in modo che gli effetti della disposizione dei carichi risultino i più sfavorevoli.

(36)

La corsia che, caricata, dà l’effetto più sfavorevole è numerata come corsia Numero 1; la corsia che dà il successivo effetto più sfavorevole è numerata come corsia Numero 2, ecc.

Gli schemi di carico da applicarsi nello specifico per le verifiche locali e globali sono:

Schema 1: è costituito da carichi concentrati su due assi in tandem, applicati su impronte di pneumatico di forma quadrata e lato 0,40 m, e da carichi uniformemente distribuiti come mostrato in Fig. 5.1.2 NTC 2008. Questo schema è da assumere a riferimento sia delle verifiche globali che locali.

Schema 2: è costituito da un singolo asse applicato su specifiche impronte di pneumatico di forma rettangolare, di larghezza 0,60 m ed altezza 0,35 m, come mostrato in Fig. 5.1.2 NTC 2008. Lo schema è da applicarsi per le verifiche locali.

Schema 5: costituito dalla folla compatta, agente con intensità nominale, comprensivo degli effetti dinamici, di 5,0 KN/m2. Il valore di combinazione è invece 2,5 KN/m2. Il carico folla deve essere applicato su tutte le zone significative della superficie di influenza.

(37)

2.4.4

Azione di frenamento

La forza di frenamento o di accelerazione q3 è funzione del carico verticale totale agente sulla corsia convenzionale 1 ed è pari a:

180 KN q3 0,6∙ 2∙Q1k 0,10∙q1k∙w1∙L 900 KN (2.1)

Dove wl è la larghezza della corsia e L la lunghezza della zona caricata. La forza, applicata a livello della pavimentazione ed agente lungo l’asse della corsia, è assunta uniformemente distribuita sulla lunghezza caricata e include gli effetti di interazione.

Nel nostro caso q3= 603 KN sull’arco maggiore e q3=549KN sull’arco minore.

2.4.5

Azione del vento

Per il calcolo dell’azione del vento si è fatto riferimento al Cap. 3 della NTC2008 e alla norma europea.

Si considerano tre direzioni di azione del vento, ovvero X,Y,Z come indicato in figura.

(38)

La pressione del vento è data dall’espressione: p qb ∙ce∙cp∙cd (2.2)

Dove:

− qb pressione cinetica di riferimento; − ce coefficiente di esposizione;

− cp o cf coefficiente di forma (o coefficiente aerodinamico). Per il caso in esame si farà riferimento al coefficiente di forza per impalcati da ponte; − cd coefficiente dinamico

nello specifico si ha:

Pressione cinetica di riferimento

qb 12 ρ vb2 575,97 mN2 (2.3)

dove:

− vb velocità di riferimento del vento (in m/s); − ρ densità dell’aria assunta costante e pari a 1,25 kg/m3.

La velocità di riferimento del vento vb è definita al §3.3.2 NTC2008 ed in mancanza di specifiche ed adeguate indagini statistiche vb è data dall’espressione:

vb vb,0 ka as-a0 per a0 as 1500 m da cui Vb= 29,82 m/s

Dove:

− vb,0=27m/s da normativa tabella 3.3.I − Ka=0,020 1/s da normativa tabella 3.3.I − a0=500m da normativa tabella 3.3.I

(39)

− as= 641m altitudine sul livello del mare (in m) del sito ove sorge la costruzione

Coefficiente di esposizione

La normativa riporta le seguenti espressioni:

− ce(z) = kr2ct ln(z/z0)[7+ct ln(z/z0)] per z ≥ zmin

− ce(z) = ce(zmin) per z < zmin dove:

− kr, z0, zmin, sono assegnati in Tab. 3.3.II NTC2008 in funzione della categoria di esposizione del sito ove sorge la costruzione; nel nostro caso essi valgono: kr=0,22 z0=0,3, zmin=

− ct è il coefficiente di topografia posto uguale 1

Nel nostro caso si è impiegata la formula per z≥zmin considerando z= 50 m a ponte scarico e z= 53 m a ponte carico, considerando cioè una maggiorazione di 3 m così come prescritto al § 5.1.3.7 NTC2008, mentre il ce= 3,01 per ponte scarico e ce= 3,04 per ponte con carichi.

Coefficiente di forza

Il coefficiente di forza assume valori differenti per le direzioni Z ed X, facendo un ulteriore distinzione tra ponte carico e scarico per la direzione X. Facendo riferimento alla UNI ENV 1-2-4, si ottengono i seguenti valori: − Direzione X, ponte carico: cf,x = 2,2

− Direzione X, ponte scarico: cf,x = 1 − Direzione Z: cf,z = 0,55

Coefficiente dinamico

Per la tipologia di costruzione in esame, può essere cautelativamente preso pari ad 1.

Area di riferimento

L’area di riferimento non è altro che la superficie del ponte sulla quale si suppone che agisca l’azione del vento:

− Area di riferimento per la direzione X, ponte carico = 372m2 − Area di riferimento per la direzione X, ponte scarico = 144 m2 − Area di riferimento per la direzione Z = 807,5 m2

(40)

La forza equivalente è data dalla seguente espressione: F=cs∙cd∙cf∙qb∙Aref (2.4) − Fx,carico = 1388 KN − Fx,scarico = 244 KN − Fy, carico = 347 KN − Fy,scarico = 120 KN − Fz = 752 KN

Per ottenere il valore della forza equivalente del vento in direzione Y, si è considerato il 25 % del valore della medesima forza in direzione X.

2.4.6

Azione sismica

La pericolosità sismica di base, che costituisce l’elemento di conoscenza primario per la determinazione dell’azione sismica, è espressa in termini di accelerazione orizzontale massima attesa ag in condizioni di campo libero su sito di riferimento rigido con superficie topografica orizzontale.

Il sito di riferimento rigido non corrisponde alle condizioni effettive e si rende necessario pertanto tenere conto delle condizioni stratigrafiche del volume di terreno su cui è fondata la costruzione ed anche delle condizioni topografiche.

A seguito delle modifiche in ampiezza, durata e contenuto in frequenza si ottiene la “risposta sismica locale”, i cui effetti possono essere stimati attraverso metodi semplificati, che possono essere impiegati se l’azione sismica è descritta attraverso l’accelerazione massima o lo spettro elastico di risposta. Nei metodi semplificati è possibile valutare gli effetti stratigrafici e topografici, attribuendo il sito ad una delle categorie di sottosuolo definite in Tab. 3.2.II delle NTC2008 e ad una delle categorie topografiche definite in Tab. 3.2.IV sempre delle NTC2008.

(41)

Pertanto nello specifico si ha: - Categoria di sottosuolo: C - Categoria topografica: T2 Calcolo azione sismica

Per l’azione sismica di progetto oltre all’accelerazione ag, si è tenuto conto dello spettro di risposta elastico in accelerazione Se (T), con riferimento a determinate probabilità di eccedenza PVR , nel periodo di riferimento VR.

Il periodo di riferimento VR si ricava moltiplicando la vita nominale prevista per una certa tipologia di costruzione VN, ovvero il numero di anni durante i quali la costruzione deve mantenere la sua funzionalità se soggetta a opere di manutenzione ordinaria, per il coefficiente d’uso CU, funzione della classe d’uso.

Nel nostro caso, tali parametri valgono: − VN = 50 anni

− CU = 1

− VR = VN∙CU = 50 anni

La probabilità di eccedenza dipende invece dallo stato limite preso in esame, definito sulla base delle prestazioni richieste agli elementi strutturali, e non strutturali e alle apparecchiature. Per la nostra, classe d’uso, la II, dei quattro stati limite previsti dalla NTC 2008, due di esercizio e due ultimi, ovvero SLO (Stato Limite di Operatività), SLD (Stato Limite di Danneggiamento), SLV (Stato Limite di salvaguardia della Vita), SLC (Stato Limite di Collasso), è sufficiente che siano soddisfatte le verifiche relative allo SLD e allo SLV.

Quindi avremo: − PVR (SLD) = 63% − PVR (SLV) = 10%

Mentre il periodo di ritorno dell’azione sismica sarà: − TR (SLD) = - VR/ln(1- PVR) = 50 anni

(42)

Definita la probabilità di eccedenza nel periodo di riferimento e il periodo di ritorno dell’azione sismica, si definisce la categoria di sottosuolo, in questo caso C, e la condizione topografica, in questo caso T2.

Spettri di risposta

Le forme spettrali sono definite a partire dalla terna di parametri seguente, considerando sito di riferimento rigido orizzontale:

− ag accelerazione massima orizzontale al sito

− F0 valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro di accelerazione orizzontale

− T*C periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro di accelerazione orizzontale

Questi parametri sono riportati in allegato B delle NTC 2008 in funzione dei punti del reticolo in cui è stata suddivisa l’Italia, quindi in funzione della longitudine e latitudine del sito, e del periodo di ritorno TR.

La costruzione sorge nel comune di Villa Collemandina, dalle coordinate geografiche:

• Latitudine: 44°,1595 N • Longitudine: 10°,3986 E si ricavano i seguenti valori:

− SLD: ag = 0,081 ; F0 = 2,442 ; TC*= 0,252 − SLV: ag = 0,204 ; F0 = 2,401; TC*= 0,281

I restanti parametri per definire lo spettro di risposta dipendenti dal sito in cui sorge la costruzione sono:

− S = SS∙ST coefficiente di sottosuolo che tiene conto della categoria di sottosuolo (mediante SS) e delle condizioni topografiche (mediante ST). Nel caso in esame:

S= 1,5

− TC = CC∙TC* periodo a fine del tratto ad accelerazione costante dello spettro di risposta in accelerazione. Nel caso in esame: TC = 0,459 s

(43)

− TB = TC/3 periodo a inizio del tratto ad accelerazione costante dello spettro di risposta in accelerazione. Nel caso in esame: TB = 0,153 s

− TD = 4,0∙(ag/g)+1,6 periodo a inizio del tratto a spostamento costante dello spettro di risposta in accelerazione. Nel caso in esame:

TD = 2,122 s

Definiti tutti i parametri spettrali, è possibile costruire gli spettri di risposta elastici relativi allo SLD e allo SLV, considerando un coefficiente di smorzamento viscoso pari al 5 %. Per il fattore di struttura q si è considerato un valore di q=1.

2.4.7

Azione della temperatura

Una variazione termica ΔT=30° è stata supposta agire sull’impalcato.

2.4.8

Forza di svio

I sicurvia sono stati dimensionati per resistere a una forza orizzontale di 100 kN distribuita sulla lunghezza di 0,50 m, applicata dal piano viario alla minore fra le altezze (altezza della barriera) h1 = hb- 0,10 m e h2 = 1,00 m.

Nel nostro caso risulta minore h2, quindi si considera la trasmissione alle travi in acciaio di una forza di 125 KNm perché il guardrail è collegato ad essa ad una profondità di 22,5 cm.

(44)

2.5

Combinazioni di carico

Le NTC 2008 prevedono diverse combinazioni di carico per il soddisfacimento dei vari stati limite. Queste tengono conto:

- dei carichi permanenti strutturali per i quali si adotta il coefficiente di amplificazione dei carichi gG1.

- Dei carichi permanenti non strutturali (o portati) per i quali si considera gG2.

- Dei carichi variabili Qij, combinati stabilendo di volta in volta quello dominante, i coefficienti gQi, vengono accompagnati da opportuni coefficienti riduttivi ѱ0i per i carichi variabili non dominanti.

Le combinazioni prese in esame sono le seguenti:

la combinazione di carico fondamentale , indicata in Normativa NTC 2008 al §2.5.1 :

γG

1∙G1+γG2∙G2+γP∙P+γQ1∙QK1+γQ2∙ψ02∙QK2+γQ3∙ψ03∙Q3+…

Per gli stati limite di esercizio, anch’esse consultabili al §2.5.1:

- La combinazione di carico caratteristica (rara), impiegata per gli stati limite di esercizio irreversibile:

G1+G2+P+QK

1+ψ02∙QK2+ψ03∙Q3+…

- La combinazione di carico frequente, impiegata per gli stati limite di esercizio reversibili:

G1+G2+P+ψ11∙QK

1+ψ12∙QK2+ψ13∙Q3+…

- La combinazione di carico quasi permanente, impiegata per gli effetti a lungo termine:

G1+G2+P+ψ21∙QK

1+ψ22∙QK2+ψ23∙Q3+…

Oltre a queste, la combinazione per gli stati limite ultimi e di esercizio in presenza di azione sismica è

G1+G2+E+ψ21∙QK

(45)

In accordo con quanto esposto al § 7.3.5 delle NTC2008, poiché la risposta è valutata mediante analisi dinamica in campo lineare, essa è calcolata separatamente per ciascuna delle tre componenti. Gli effetti sulla struttura sono quindi combinati utilizzando la seguente espressione:

0 1,00Ex 0 0,30Ey 0 0,30Ez

Con rotazione dei coefficienti moltiplicativi e conseguente individuazione degli effetti più gravosi.

Nelle tabelle successive si riportano i coefficienti presenti nelle varie combinazioni di carico.

Figura 2.5 –

(46)

2.6

Modellazione del ponte

La struttura è stata disegnata su autocad, i disegni importati su sap hanno quindi permesso di riprodurre fedelmente le geometrie.

Sono stati definiti i diversi materiali ognuno caratterizzato dal proprio modulo elastico e peso, in una seconda fase sono state definite le dimensioni dei vari elementi e si è modellato il ponte.

Questo è stato modellato per passi successivi in tutte le sue parti:

Layout line: si è definita la traiettoria e la lunghezza del ponte, esso è rettilineo , l’arco maggiore ha una lunghezza di 90m e pendenza del 7, l’arco minore ha una lunghezza di 60 m sempre con la stessa pendenza;

Lane: sono state definite 2 lane pari alla larghezza convenzionale della carreggiata, di 3m , poi altre tre lane di larghezza pari a 0,83m che rappresentano le aree rimanenti.

Shell: è stato definito una mesh di shell per rappresentare le caratteristiche della soletta vincolandolo con link alle travi cosi da modellare l’incastro e successivamente shell superiori che rappresenta i pannelli in FBD sono stati collegati a quelli sottostanti con un link in maniera da vincolare solo gli spostamenti verticali . • Frame: le travi principali, le secondarie, i pilastri, i controventi, la

tralicciatura, e gli archi sono stati modellati con elementi frame andando a modellare le estremità con dei link rigidi per non avere sovrapposizioni.

Vincoli: sono stati usati vincoli diversi alle 2 estremità delle campate; per l’arcata maggiore sia a destra che a sinistra si sono impegati incastri, per l’arcata minore invece a destra è stato messo un carrello e a sinistra un incastro. Per i vincoli fra pilastri, travi e arco sono stati utilizzati incastri.

Carichi: per i carichi da traffico sono stati definiti dei moving load, per tutti gli altri carichi abbiamo utilizzato dei carichi statici.

Link: per definire i link per evitare le sovrapposizioni di materiali sono stati usati un link rigidi; per il collegamento ai pannelli in FBD sono stati considerati link con rigidezza lungo la direzione longitudinale della trave pari a 100KN/m mentre rigido lungo la direzione verticale.

Terminata la prima modellazione sono state confrontate le frequenze con quelle ottenute sperimentalmente e raffinato il modello fino ad avvicinarci il più possibile alle frequenze fornite dalle prove dinamiche.

Una volta fatto questo è stato sostituito la mesh di shell della soletta con delle travi equivalenti e verificato che le frequenze non variassero se non in modo trascurabile.

(47)

Successivamente sono stati inseriti i nuovi elementi sotto forma di frame , poi inseriti i vari carichi sulla mesh corrispondente ai pannelli in FDB.

Sono state inserite le combinazioni di carico e successivamente l’analisi, con la quale sono stati ottenuti i diagrammi di sollecitazioni sui vari elementi.

2.7

Fasi di montaggio e lavoro

2.7.1

Fase zero : stato attuale

In questa fase il ponte è allo stato originale, esso ha una soletta in c.a di 14 cm con soprastante uno strato di 20cm di materiale lapideo che porta ad avere una maggiorazione del peso del ponte e di conseguenza una maggiore sollecitazione degli elementi portanti.

2.7.2

Fase uno: montaggio impalcato di lavoro

In questa fase vengano montati gli impalcati per la lavorazione; sono stati ipotizzati 2 tipi di impalcato: Tipo A e Tipo B, il primo dotato di un ritegno verticale trova appoggio sulla struttura di collegamento fra i pilastrini, il secondo invece è collegato direttamente alla sezione dell’arco. La soluzione proposta permette di ottimizzare le fasi lavorative di demolizione e rinforzo.

(48)

2.7.3

Fase due: demolizione

In questa fase viene demolita la soletta e asportato il copriferro delle parte inferiore delle travi principali; viene trattata la superfice inferiore delle travi secondarie, asportato il cemento ammalorato nelle varie parti del ponte e preparare la superfice per un successivo getto e per l’incollaggio dei tessuti in FRP.

2.7.4

Fase tre: getto cemento ad elevate prestazioni

In questa fase vengono posizionati i nuovi ferri della trave principale e eseguito il gettato in calcestruzzo a elevate prestazioni meccaniche, la descrizione del getto è riportata nel paragrafo 2.2.2 .

(49)

2.7.5

Fase quattro: montaggio strutture metalliche

In questa fase vengono inseriti i tessuti in FRP sulle travi principali e secondarie e montata la struttura metallica esterna, quest’ultima è collegata alle travi principali in c.a. mediante opportuni tirafondi e collegata in direzione longitudinale da un elemento corrente saldato in opera. Vengono infine inseriti connettori in acciaio nella soletta esistente.

2.7.6

Fase cinque: getto soletta leggera

In questa fase viene effettuato il getto del cls leggero per la formazione della nuova soletta.

(50)

2.7.7

Fase sei: smontaggio impalcato

In questa fase la struttura provvisoria per la lavorazione viene rimossa in quanto non più necessaria. Essa viene spostata in direzione longitudinale per ovviare le fasi di recupero su un’altra porzione di ponte.

2.7.8

Fase sette: montaggio pannelli

In questa fase vengono montati i pannelli in FBD, eseguito il getto della parte mancante di soletta , e posizionata la lamina di FRP all’estradosso.

(51)

2.7.9

Fase otto: rifiniture

In questa fase vengono montati i guardrail, steso il manto stradale e eseguite tutte le operazioni di finitura.

2.7.10

Fase nove: stato di progetto

E’ la fase conclusiva che vede l’apertura del ponte al traffico con una carregiata di larghezza pari a 8,5m. una 8,5m.

(52)

44

Capitolo 3

Allargamento dell’impalcato

Sommario. Descrizione e verifica degli elementi che servono per allargare l’impalcato.

3.1

Dimensionamento nuovi elementi in acciaio

3.1.1

Travi in acciaio

Le travi sono state dimensionate con riferimento a un carico verticale di intensità pari a q=386,83 kN/m corrispondente al carico che gli viene trasmesso dagli elementi sovrastanti.

Tale carico deriva dall’aver considerato un pannello in FBD di lunghezza pari a 10m, con appoggi rappresentati dalle travi stesse, poste a un interasse di 1,67m.

Figura 3.1 – Schema di calcolo reazioni travi

Utilizzando le disposizioni dei carichi per ottenere il maggior impegno della struttura in esame si è ottenuto il valore sopra riportato. Il momento flettente che interessa la trave di lunghezza pari a 2,125m, risulta pertanto pari a M=873.39 kNm, avendo considerato lo schema statico di mensola semplice.

Considerando un acciaio S355 si calcola il Wnec=1234

(53)

Nella tabella si riportano le dimensioni della trave in mm e il momento alle varie distanze dall’incastro in KNm, con quest’ultimo si calcola il modulo di resistenza minimo necessario Wmin (cm3). In base agli altri dati, Si calcola il modulo di resistenza della sezione W da confrontare per verifica con il W min.

Considerato che il momento flettente diminuisce allontanandosi dall’incastro, si è deciso di rastremare la trave; partendo da un altezza di 60 cm, pari a quella della trave principale in c.a., fino ad arrivare a un altezza di 30cm all’estremo libero.

Figura 3.2 – Vista trave M (KN*mm) B (mm) H (mm) ta (mm) tf (mm) B (mm) ha (mm) Fyd (N/mm2) Wmin (cm3) W (cm3) 873 220 600 12 19 208 562 338.095 2583.285 2944.194 510 220 560 12 19 208 522 338.095 1510.641 2693.541 314 220 520 12 19 208 482 338.095 929.9825 2449.322 244 220 480 12 19 208 442 338.095 724.0348 2211.547 75 220 440 12 19 208 402 338.095 223.4675 1980.227 27 220 400 12 19 208 362 338.095 80.44831 1755.38 3 220 300 12 19 208 162 338.095 8.938701 1029.7351

(54)

3.1.1.1 Verifica collegamento alla trave principale

Per questo collegamento nella parte inferiore è stato realizzato con bulloni passanti, i quali debbono essere serrati a causa della mancanza di un'adeguata lunghezza di ancoraggio, presente invece nella parte superiore dove pertanto i bulloni possono essere semplicemente annegati nel calcestruzzo.

Per il dimensionamento del collegamento si è utilizzato il taglio sollecitante della trave e il momento flettente diviso la distanza fra i bulloni superiori e inferiori per ottenere lo sforzo di trazioni( o compressione) nei bulloni. Per il collegamento sono stati utilizzati 6 bulloni M27 classe10.9.

Per le resistenze dei bulloni si sono utilizzate le seguenti formule: Fv,rd= 8.:∙5A,BC ;<∙=>?@ (3.1)

Ft,rd= 8.D∙5;<∙=>?@

(55)

Inoltre per il rifollamento: Fb,Rd=k∙α∙ftk∙d∙t γM2 (3.3) Per il punzonamento: B=8.:∙E∙F2∙GH∙5I A.BC (3.4) Dove :

− d diametro nominale del gambo del bullone − t spessore minimo degli elementi collegati − ftk resistenza a rottura dell’acciaio

− α=min {e1/(3 d0) ; ftb/ft; 1} per bulloni di bordo nella direzione del carico applicato,

− α=min {p1/(3 d0) – 0,25 ; ftb/ft ; 1} per bulloni interni nella direzione del carico applicato,

− k=min {2,8 e2/d0 – 1,7 ; 2,5} per bulloni di bordo nella direzione perpendicolare al carico

− k=min{1,4 p2 / d0 – 1,7 , 2,5} per bulloni interni nella direzione perpendicolare al carico

− gm2=1.25

− ftb resistenza a trazione del bullone − Ares area resistente del bullone

− dm è il valore minimo fra il diametro del dado e il diametro medio della testa del bullone

− tp spessore piatto

− fu tensione ultima del piatto Verifica a trazione del bullone:

ftk d0 Anet g Ftrd Fted

1000 29 459 1.25 330.48 244.6619

(56)

Verifica a taglio del bullone:

Verifica a rifollamento del bullone:

e1(mm) Ftb(N/mm2) Ftk(N/mm2) a e2(mm) k t(mm) Frif(kN) Fved(kN)

50 1000 430 0.641 50 2.5 10 132.3077 50

Verifica a punzonamento considerando Fed=FTrd

dm tp ftk Bp Fted

41 12 510 378.1866 330.48

Inoltre, la verifica taglio e trazione prevede che:

5J,?7 5J,>7+ 5;,?7 A,K∙5;,>7 < 1 e che 5;,?7 5;,>7 < 1 (3.5)

Fv,ed(kN) Fv,rd(kN) Ft,ed(kN) Ft,rd(kN) verifica

50 135.552 400 203.328 1.774051 <1

3.2

Dimensionamento e verifica dei pannelli in FBD

Per questi pannelli è stata contattata la ditta produttrice Danese Firberline che ha fornito tutte le caratteristiche dei pannelli e alcune tabelle per la verifica di questi, inoltre è stato calcolato un modulo elastico in base a tre spessori equivalenti degli elementi del pannello.

I pannelli hanno una lunghezza massima di 10 m e spessore di 225mm Internamente hanno delle cavità a forma triangolare.

In senso trasversale, si incollano insieme tanti moduli quanti ne servono per arrivare alla larghezza voluta. Nel nostro caso, dovendo arrivare a una larghezza di 7,8m dobbiamo accoppiare 15 moduli.

ftb(N/mm2) Ares(mm2) g Fvrd(KN) Fved(kN)

(57)

Figura 3.3 – Pannelli FBD

In questo modo , il peso dei pannelli risulta di 1,02 kN/m2.

Per calcolare la resistenza dei pannelli si utilizzano le formule fornite da Firberline, che riportate di seguito;

Verifica allo SLU dovuta al momento flettente : qmax< 5<,L ∙M N2∙OP∙Q2R (3.6) dove : -W modulo di resistenza - fb,0 resistenza flessionale

- Km coefficiente che rappresenta il massimo momento flettente -L lunghezza fra 2 appoggi

-qmax carico massimo sopportabile dal pannello

fd(N/mm2) W(mm4) L(m) km Qmax(kN/m)

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