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Capitolo 2: il modello canonico

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Academic year: 2021

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Capitolo 2: il modello canonico

2.1 Introduzione

In questo capitolo viene presentato il primo modello ripreso dal libro di José L. Torres ‘Dynamic macroeconomic general equilibrium models’. L’obiettivo di questo capitolo è quello di fare un primo passo nei modelli DSGE osservandone la versione più semplice, in modo da prepararsi per le versioni più complicate che seguiranno nei prossimi capitoli. Il primo modello che sarà osservato fornirà la struttura base per tutti i modelli che seguiranno; in questo modello base si terrà in considerazione un’economia descritta nella maniera più essenziale, nei successivi questo scenario sarà arricchito con delle caratteristiche che ci faranno capire come sia possibile inserire dei nuovi elementi nell’economia. Al termine di ciascun modello sarà effettuata una sorta di reset; ovvero le nuove caratteristiche non si andranno a sommare a quelle viste nel modello precedente, ma il punto di partenza sarà sempre rappresentato dal modello base. Procediamo quindi alla descrizione del primo modello.

2.2 Il modello canonico

La struttura del modello DSGE canonico è piuttosto semplice. Consideriamo di avere 2 soli individui all’interno di un’economia chiusa: le famiglie e le imprese; stiamo supponendo che ancora non sia previsto l’intervento del governo. Abbiamo già accennato al fatto che un aspetto centrale dei modelli DSGE è la loro fondazione microeconomica, ovvero questi modelli sono basati sul comportamento che è tenuto a livello microeconomico da parte di agenti con aspettative razionali. L’idea è quella di ricondurre la nostra analisi allo studio di una famiglia rappresentativa delle famiglie presenti nell’intera economia, ed un’impresa rappresentativa di tutte le imprese presenti nell’economia. Ovviamente nel sistema ci sono numerose famiglie o consumatori, e l’assunzione che noi stiamo facendo è che esse (le famiglie o i consumatori) abbiano le stesse preferenze, rendendo così possibile l’aggregazione. Ciò di fatto ci permette di parlare di famiglia rappresentativa. Un discorso per certi versi analogo vale per le imprese: nel sistema economico ci sono numerose imprese, ma noi

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assumiamo che esse condividano la stessa tecnologia permettendoci di riferirci ad esse con il termine di impresa rappresentativa.

Siccome i modelli di cui stiamo parlando sono dinamici, il tempo gioca un ruolo importante; nello specifico diventa fondamentale definire l’orizzonte di vita degli agenti economici, dove con orizzonte di vita si intende il periodo che l’agente prende come riferimento per effettuare le proprie decisioni economiche. Si assume che le imprese abbiano una vita infinita; anche in questo caso sappiamo perfettamente che le imprese non hanno una vita infinita (si provi a pensare a quante imprese conosciamo oggi che esistessero anche 1000 anni fa…), ma il significato di questa assunzione è leggermente diverso: non si vuole realmente assumere che le imprese esisteranno all’infinito, ma che nel prendere le proprie decisioni le imprese considerino un orizzonte illimitato, il che equivale a dire che le imprese non prendono le decisioni pensando che andranno in bancarotta di qua ad alcuni anni.

Per quanto riguarda il lato delle famiglie, si assume che anche esse abbiano una vita illimitata; qua la cosa può risultare più facile per la nostra immaginazione visto che, se noi oggi siamo qua, è perché qualcuno dei nostri antenati era presente in tutte le epoche passate. Allora, effettivamente, la famiglia può essere considerata come un agente con una vita infinita.

Il risultato dell’interazione delle diverse categorie di agenti definisce l’equilibrio generale. Ciascun individuo prende le proprie decisioni effettuando una massimizzazione di una funzione obiettivo che verrà chiamata funzione di utilità per le famiglie e funzione dei profitti per le imprese. L’economia è caratterizzata da perfetta concorrenza quindi il prodotto sarà un Equilibrio Generale Competitivo.

Nella prima parte di questo capitolo prima definiremo l’equilibrio dinamico generale in un contesto deterministico; successivamente sarà presentato lo stesso modello in un contesto stocastico. Per capire se il modello che abbiamo di fronte sia stocastico oppure deterministico è necessario osservare gli shocks futuri. Se gli shocks che avvengono nel modello sono esattamente conosciuti nel momento in cui si procede al calcolo della soluzione, allora siamo in un contesto deterministico. Invece, nei modelli stocastici, ciò che è conosciuto è la distribuzione degli shocks. Se si prende in esame uno shock nell’innovazione tecnologica al periodo n, nel caso deterministico gli agenti prenderanno le loro decisioni sapendo che nel futuro

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l’innovazione sarà pari a zero per tutti i periodi che verranno. Nel caso stocastico, invece, gli agenti prenderanno le loro decisioni sapendo che il valore dell’innovazione nel futuro è casuale ma con media pari a zero. Le metodologie risolutive per queste due tipologie di modelli differiscono in maniera significativa.

2.2.1 Le famiglie

Iniziamo l’analisi prendendo in considerazione il comportamento delle famiglie. Come già accennato l’osservazione delle decisioni prese da questi individui avviene attraverso il concetto di agente rappresentativo e assumendo che gli agenti abbiano le stesse preferenze. In questo modo è sufficiente analizzare il comportamento di una sola famiglia e poi effettuare un’aggregazione. In più è necessario effettuare delle assunzioni riguardo a come sono le preferenze di questi individui.

L’agente rappresentativo massimizza una data funzione obiettivo, che noi chiamiamo funzione di utilità. Normalmente gli elementi che aumentano la felicità dell’individuo sono il consumo di beni e servizi, le riserve reali ed il riposo. Consideriamo però che la funzione dipenda solo da due di questi argomenti: i consumi ed il riposo. I consumi rappresentano l’ammontare di beni e servizi acquistati da un individuo, mentre il riposo rappresenta quella frazione di tempo che non viene destinata all’attività lavorativa. L’individuo deve prendere le sue decisioni in relazione a questi argomenti per massimizzare la propria utilità; ma la massimizzazione è sottoposta ad una restrizione chiamata vincolo di bilancio. Ecco che allora il comportamento del consumatore può essere ricondotto alla specificazione di due soli oggetti: la funzione di utilità ed il vincolo di bilancio.

La funzione di utilità può essere scritta come:

(2.1)

Dove U(.) rappresenta l’utilità in individuale. Valgono inoltre le seguenti condizioni:

(2.2)

Quindi la derivata prima della funzione di utilità è positiva sia rispetto al consumo, sia rispetto al tempo libero. Ciò significa che sia il consumo che il tempo libero hanno un

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impatto positivo sulla felicità dell’individuo: l’individuo è tanto più contento quanto maggiore è il suo livello di consumi e di tempo libero. In compenso deve valere che:

, (2.3)

Ciò significa che la derivata seconda è negativa. Quindi è vero che un’unità aggiuntiva di consumo (o di tempo libero) comporta un’utilità maggiore per il soggetto, ma ad un tasso decrescente. L’assunzione di concavità della funzione di utilità è fondamentale nell’analisi economica ed è basata sull’osservazione della natura umana.

Un’altra assunzione importante è che la funzione di utilità sia separabile additivamente nel tempo. Questa è una semplificazione necessaria per rendere il problema più trattabile dal punto di vista matematico, ed implica che l’utilità del soggetto al periodo t dipenda esclusivamente dalla quantità di consumo e di tempo libero al periodo t. In un contesto dinamico ciò significa che è possibile aggiungere all’utilità del periodo t, l’utilità del periodo t+1 e così via.

Il secondo oggetto che deve essere definito è il vincolo di bilancio. Prima però è necessario definire quali siano i fattori produttivi e chi sia il proprietario di tali fattori. I fattori produttivi sono il lavoro ed il capitale . Il lavoro dipende dal tempo a disposizione di ciascun individuo. Inoltre noi assumiamo che l’individuo sia anche proprietario di beni capitali, infatti essi trasformano i risparmi in investimento e l’investimento in bene capitale. Allora il reddito delle famiglie deriva dal prestito dei due fattori produttivi di loro proprietà effettuato ai rispettivi prezzi. Le famiglie hanno a disposizione due possibilità con riguardo alla destinazione di questo reddito: è possibile destinarlo al consumo oppure al risparmio. Da qua il vincolo di bilancio può essere definito come segue:

(2.4)

Dove rappresenta il prezzo dell’output, i risparmi, è il salario ed t è il

tasso di ritorno del capitale. Tanto il salario quanto il tasso di ritorno del capitale sono definiti in termini unità consumate. rappresenta l’ammontare che la famiglia

riceve per il prestito del lavoro ed è dato dalla moltiplicazione del salario per le ore lavorate. rappresenta invece il reddito che deriva dal prestito di bene capitale

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ed è dato dalla moltiplicazione del tasso di ritorno del capitale per le unità di capitale prestate. t è il prezzo finale dell’output definito in termini di unità consumate ; tale

grandezza viene normalizzata cosicché . Si può inoltre notare che il lato sinistro del vincolo di bilancio descrive le uscite, mentre il lato destro descrive le entrate.

Adesso si aggiunge l’equazione che definisce il processo di accumulazione del capitale:

(2.5)

Dove rappresenta l’investimento lordo e rappresenta il tasso di deprezzamento del capitale fisico. Siccome questa grandezza è assunta essere positiva, ciò significa che una parte dell’investimento che avviene oggi è mirata a rimpiazzare il capitale che si è deprezzato tra i due periodi. Per essere precisi il capitale è composto da numerose tipologie di beni con diverse caratteristiche e quindi con diversi tassi di ammortamento; alcune di esse hanno dei tassi di ammortamento molto bassi (come gli immobili) ed hanno quindi una vita molto lunga, altri invece hanno dei tassi di ammortamento molto alti (come i software e i computer), e devono essere sostituiti in tempi più brevi. Allora il valore di δ dipende dalla proporzione di ciascun tipo di bene capitale rispetto all’intero aggregato.

Per mantenere le cose semplici si assume l’esistenza di un settore competitivo che trasforma in maniera diretta i risparmi in investimenti senza il sostenimento di alcun costo.

(2.6)

Adesso che abbiamo definito la funzione di utilità, il vincolo di bilancio, il processo di accumulazione del capitale e la tecnologia che trasforma i risparmi in investimenti, possiamo affrontare il problema di massimizzazione dinamica legato alle famiglie. L’obiettivo delle famiglie è quello di massimizzare la somma, opportunamente scontata, di tutte le utilità future. Grazie all’assunzione sulla separabilità temporale della funzione di utilità, il problema della massimizzazione intertemporale dell’individuo è dato da:

(2.7)

(6)

(2.8)

Dove è l’operatore dell’aspettativa matematica di una variabile futura al tempo t, soggetto alle informazione disponibili per quel periodo; mentre è il fattore di sconto intertemporale dato da:

(2.9)

Dove θ è il tasso di preferenza intertemporale. Al di là del nome, l’indicazione che ci dà questo parametro riguarda quanto un individuo valuta la propria utilità futura rispetto all’utilità presente. Un elevato valore di θ implica un abbassamento della valutazione dell’utilità futura in relazione all’utilità corrente. In altre parole è un parametro che ci dice quanto un individuo sia preoccupato dal futuro. Un valore di θ vicino a zero significa che l’individuo è molto preoccupato dal futuro (il presente ed il futuro sono valutati allo stesso modo); all’opposto un valore di θ molto elevato è indicativo di un soggetto che non si preoccupa molto della propria utilità futura. Nella realtà ci aspetteremmo che questo parametro vari tra diversi individui, e a livello aggregato il parametro dovrebbe essere diverso quando si considerano diversi sistemi economici.

Per la risoluzione del problema è necessario definire una specifica funzione di utilità per l’individuo; generalmente sarebbero applicabili diverse tipologie di funzione di utilità, ma nel caso specifico noi utilizziamo una funzione di utilità di tipo logaritmico:

̅ (2.10)

Dove è la proporzione del consumo, è la popolazione totale (di solito ci si riferisce alla popolazione ‘non-istituzionale’ ovvero alle persone di età compresa tra i 16 ed i 65 anni) e ̅ sono le ore di tempo discrezionale disponibile. Il riposo è definito come il tempo disponibile cui viene sottratto il tempo dedicato al lavoro. Il tempo discrezionale disponibile è normalizzato in ̅ , da cui:

(7)

Allora il problema di massimizzazione riferito al consumatore può essere definito come:

(2.12) sottoposto al vincolo di bilancio:

(2.13)

Ma il vincolo di bilancio può essere riscritto sfruttando l’equazione (2.5) di accumulazione del capitale:

(2.14)

Allora il problema del consumatore può essere risolto attraverso la funzione lagrangiana:

} (2.15)

Dove rappresenta il moltiplicatore lagrangiano. Da questo problema possiamo ottenere il livello ottimo di consumo e di quantità di lavoro offerto per ciascun periodo dati i prezzi relativi dei fattori produttivi. Le condizioni del primo ordine sono:

[ ] (2.16) [ ] (2.17) (2.18)

Per definire le decisioni individuali è necessario calcolare il parametro lagrangiano che rappresenta il prezzo ombra del consumo: esso cioè ha un significato economico definito come la valutazione dell’ultima unità di consumo misurata in termini di utilità. Per fare ciò si sostituisce la prima condizione del primo ordine nella seconda; ciò permette di ottenere una condizione che eguaglia il tasso marginale di sostituzione tra consumo e tempo libero al costo opportunità di un’unità addizionale di tempo libero:

(8)

(2.19)

Inoltre possiamo ottenere il parametro Lagrangiano al tempo e . Dalla prima condizione del primo ordine si ottiene che ⁄ e, di conseguenza,

⁄ . Sostituendo queste relazioni nella (2.18) si ottiene la condizione che

eguaglia il tasso marginale del consumo con il tasso marginale di investimento:

(2.20)

Questa condizione dà indicazione sulle scelte dell’individuo in relazione all’investimento o, in alternativa, al risparmio. Il significato è che l’individuo, nel momento in cui effettua le decisioni sul livello di risparmio , fa un confronto tra l’utilità che deriverebbe dal consumo di un’unità addizionale oggi, e l’utilità che invece ci sarebbe se quella stessa unità non fosse consumata oggi, ma risparmiata e consumata in un periodo successivo.

Riassumendo il problema della massimizzazione dell’utilità dell’individuo si riconduce ad un sistema di 2 equazioni: un’equazione dinamica che rappresenta il sentiero ottimale delle scelte di risparmio e di investimento, ed un’equazione statica che definisce l’offerta di lavoro. Le variabili endogene in questo sistema di equazioni sono ; per ottenere una soluzione sono necessari i prezzi dei fattori produttivi.

2.2.2 Le imprese

Il secondo agente presente nella nostra economia sono le imprese, esse rappresentano il settore produttivo del sistema economico considerato. Le imprese producono un bene finale che poi sarà consumato, oppure risparmiato da parte delle famiglie. Per la produzione del bene finale le imprese devono utilizzare i 2 fattori produttivi disponibili, il lavoro ed il capitale. Abbiamo già assunto nelle precedenti sezioni che sia il lavoro quanto il capitale appartengono alle famiglie, da qua l’obbligo da parte delle imprese di dover corrispondere un prezzo per l’utilizzo di questi fattori. Il prezzo dei fattori produttivi è determinato dalla tecnologia e dalle preferenze.

Si fa l’assunzione che le imprese massimizzino i profitti dato il vincolo di bilancio. Siccome abbiamo assunto precedentemente l’esistenza di un ambiente competitivo,

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ciò comporta che i profitti delle imprese saranno uguali a 0 poiché il costo dei fattori produttivi sarà uguale al valore della loro produttività. Date queste assunzioni le imprese determinano le quantità di lavoro e di capitale che consento loro di massimizzare i profitti sotto il vincolo tecnologico. Tale vincolo è rappresentato dalla funzione di produzione aggregata:

(2.21)

Dove rappresenta l’output aggregato e è la produttività totale dei fattori (TFP o Total Factor Productivity). Analogamente a quanto avveniva per la funzione di utilità delle famiglie, anche funzione tecnologica è strettamente crescente, da cui:

(2.22)

La funzione tecnologica è poi strettamente concava:

(2.23)

Il significato di queste due derivate è quello usuale. Il fatto che la derivata prima sia maggiore di zero implica che una maggiore quantità di lavoro o una maggiore quantità di capitale permettono di raggiungere un più alto livello di produzione. Mentre la derivata seconda minore di zero suggerisce che la produttività marginale del capitale e del lavoro siano decrescenti.

Ma la funzione di produzione ha un altro elemento molto importante, . L’abbiamo già definito con il nome di produttività totale dei fattori e rappresenta lo stato attuale del livello tecnologico nello scenario economico che stiamo considerando. Più precisamente la TFP può essere interpretata in un senso più ampio, in termini economici essa riflette l’aggregato produttivo dell’economia dall’utilizzo di tutti gli input disponibili. Questo aggregato produttivo è determinato da una varietà di fattori, tra i quali si hanno la conoscenza tecnologica, il capitale umano e i fattori istituzionali.

Ci sono poi alcune altre considerazioni che devono essere fatte con riguardo alla funzione di produzione. La prima è che essa ha dei rendimenti di scala costanti, ciò significa che se si raddoppia l’ammontare di entrambi i fattori produttivi, allora raddoppia anche la produzione dell’intera economia. Inoltre si assume che entrambi i

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utilizzando solamente del lavoro in assenza di capitale o, viceversa, utilizzando esclusivamente il capitale senza il lavoro.

I profitti sono definiti come la differenza tra ricavi totali (pari al livello dell’output perché il prezzo è normalizzato ad 1) e costi totali (costo del lavoro e costo del capitale):

(2.24)

L’assunzione fatta precedentemente riguardo la proprietà dei fattori produttivi risulta cruciale nel definire il problema di massimizzazione per le imprese. Il problema non è tanto nel lavoro, che è sempre detenuto da parte delle famiglie. Si potrebbe invece assumere che siano le imprese (e non le famiglie) a detenere il capitale. In questo scenario le imprese dovrebbero prendere le decisioni di investimento con l’obiettivo di massimizzare il proprio profitto, ed il problema diventerebbe di tipo dinamico, poiché le decisioni effettuate dalle imprese non puntano a massimizzare l’obiettivo presente, ma anche quello futuro. Per farla breve, ci ritroveremmo in una situazione simile a quella già osservata per le famiglie. Ma siccome la risoluzione di questo problema darebbe origine a dei risultati del tutto analoghi rispetto al caso statico (quando cioè si assume che siano le famiglie a possedere il capitale), ecco che preferiamo passare direttamente a questa forma di risoluzione del problema. Le imprese massimizzano i profitti quando:

(2.25)

sotto il vincolo tecnologico

(2.26)

Assumendo dei rendimenti di scala costanti e l’esistenza di mercati perfettamente concorrenziali si ottiene la situazione di ottimo in cui . Le condizioni del primo ordine relative alla massimizzazione del profitto sono:

(2.27)

(11)

Dalle condizioni del primo ordine possiamo ricavare il prezzo dei fattori produttivi che è pari alla loro produttività marginale. Il tasso cui viene preso in prestito il capitale è uguale alla produttività marginale del capitale, mentre il salario è pari alla produttività marginale del lavoro.

Passiamo ora a specificare la funzione di produzione. In accordo con la gran parte della letteratura si assume che la funzione di produzione sia una Cobb-Douglas:

(2.29)

Dove α è l’elasticità dell’output rispetto al capitale o, in alternativa, può essere interpretato come la quota di output che deriva dal capitale rispetto all’output totale. Dopo aver definito la funzione di produzione come una Cobb-Douglas, il problema della massimizzazione può essere impostato come:

(2.30)

Le condizioni del primo ordine sono:

(2.31) (2.32)

In maniera del tutto equivalente esse possono essere riscritte come:

(2.33)

(2.34)

2.2.3 L’equilibrio del modello

Dopo aver descritto il comportamento degli agenti economici nella nostra economia, bisogna studiare l’interazione tra essi per determinare l’equilibrio del modello. Ciascun agente prende le decisioni rispetto a certe variabili; le famiglie decidono il livello del consumo, dell’investimento (o del risparmio), e l’ammontare delle ore lavorate con l’obiettivo di massimizzare la loro felicità, e prendendo come dati i prezzi dei fattori

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fatte con riguardo al capitale ed al lavoro; anche qua i prezzi dei fattori produttivi sono dati.

Allora il sentiero di equilibrio di questo scenario economico è composto dai seguenti elementi:

1. Un sistema dei prezzi per il salario ed il tasso al quale viene preso a prestito il capitale .

2. Un set di valori che deve essere assegnato a 3. Un vincolo di compatibilità dell’economia dato da,

Si può vedere che la definizione di equilibrio implica che tutti i mercati (dei beni, dei servizi, del capitale e del lavoro) siano in equilibrio. Questo è quello che viene chiamato equilibrio generale. Una più puntuale definizione di equilibrio può essere mostrata attraverso i due seguenti enunciati.

I enunciato: l’equilibrio competitivo di un sistema economico è una sequenza di

consumi, tempo libero ed investimenti per i consumatori , e una sequenza di capitale e ore lavorate per le imprese tale che data un’ulteriore sequenza di prezzi : 1) è risolto il problema della massimizzazione per il consumatore; 2) le condizioni del primo ordine per la massimizzazione del profitto sono soddisfatte; 3) il vincolo di compatibilità per l’economia è soddisfatto.

Il modello così definito determina una soluzione Pareto efficiente, assicurando la massimizzazione del benessere sociale. Una deviazione da questo equilibrio determinerebbe una riduzione del benessere sociale, ed è qua che interviene il secondo enunciato.

II enunciato: se nell’economia non sono presenti distorsioni, come tasse od

esternalità, allora: 1) qualsiasi equilibrio competitivo è Pareto ottimale; 2) per ciascun ottimo Paretiano esiste un sistema di prezzi che rende esso un equilibrio competitivo. L’economia considerata consiste allora in un set di equazioni che definiscono le variabili . Andiamo quindi ad elencare le 7 equazioni che caratterizzano l’economia nella situazione di equilibrio competitivo:

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(2.35) (2.36) (2.37) (2.38) (2.39) (2.40) (2.41) 2.3 Lo stato stazionario

Adesso che è stato definito l’equilibrio del nostro sistema economico, il prossimo step consiste nel calcolarne lo stato stazionario. Lo stato stazionario si riferisce ad una situazione in cui le variabili rimangono costanti di periodo in periodo visto che il sistema qua considerato non prevede la crescita. Ciò significa che avremo un livello di equilibrio relativo agli investimenti pari a ̅. Per calcolare lo stato stazionario è necessario eliminare i pedici da tutte le variabili, e si vanno per tanto a riscrivere le equazioni del modello:

̅ ̅ ̅ (2.42) ̅ (2.43) ̅ ̅̅ (2.44) ̅ ̅ ̅ (2.45) ̅ ̅̅̅̅ ̅ (2.46) ̅ ̅ (2.47)

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̅ ̅ ̅ (2.48) Da una semplice manipolazione di queste sette equazioni si possono ricavare quelle che saranno riportate nella sezione ‘Modello’ del file.mod su Dynare. Queste 7 equazioni possono essere riscritte così che le variabili endogene siano espressione dei vari parametri, questo consente (una volta avvenuta la fase di calibrazione) di calcolare il valore nello stato stazionario delle variabili. Il punto di partenza è il calcolo del valore di ̅ ⁄ , da qua si possono poi effettuare una serie di sostituzioni per calcolare i valori nello stato stazionario del capitale, dell’investimento e del consumo, del lavoro e del reddito.

2.4 Il modello DSGE

In questa sezione si presenta il modo in cui è possibile trasformare il modello da deterministico a stocastico. Nella precedente parte del capitolo non era presente alcun tipo di shock che potesse influenzare l’economia. Ma nella pratica sono diversi gli shocks che possono interferire con le diverse variabili macroeconomiche, così si incorporano gli shocks nella nostra analisi e si trasforma il modello da deterministico a stocastico. Tale passaggio comporta la necessità di ricorrere all’utilizzo di metodi computazionali per la risoluzione numerica del modello. Alcuni di questi sistemi sono, il metodo di Blanchard Kahn (1980), il metodo di Uhlig (1999) ed il metodo di Sims (2001).

La conversione di un ambiente da deterministico a stocastico è relativamente semplice. Non è necessario alterare la struttura base del modello, ma è sufficiente introdurre dei disturbi, per esempio uno shock nella produttività, nella funzione di utilità, uno shock nei consumi oppure uno shock negli investimenti. La variabile esogena , fissata in modo esogeno, appare già nella versione deterministica del modello. Il modo più veloce per passare dal modello deterministico a quello stocastico è assumere che questa variabile non sia costante, ma che segua un processo stocastico. Si suppone quindi che questa variabile segua un procedimento di auto-regressione del primo ordine così che:

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Dove ̅ è il valore dello stato stazionario per . Questa equazione diventa l’ottava del sistema di equazioni visto precedentemente e ci consente di trasformare la nostra economia da deterministica a stocastica.

2.5 La calibrazione

Perché il modello sia completo è necessario andare ad assegnare dei valori ai parametri attraverso il processo di calibrazione. Molti parametri saranno gli stessi anche nei prossimi modelli: qua si dà una spiegazione dettagliata di tutti i parametri, nei prossimi modelli la spiegazione sarà riguarderà esclusivamente i nuovi parametri.

: è il parametro tecnologico che definisce la produttività del capitale. Siccome la funzione di produzione è una Cobb-Douglas, e siccome la funzione di produzione ha dei rendimenti costanti, allora questo parametro rappresenta anche la quota di output relativa al capitale rispetto al totale dell’output; per questo valore si ha che . Questo parametro rappresenta la produttività del lavoro e del capitale, ovvero definisce come il reddito nazionale si distribuisce tra i fattori produttivi. Questo valore si può ricavare dai dati della contabilità nazionale ed è solitamente compreso (per paesi avanzati) tra 0,25 e 0,35.

: questo parametro rappresenta come gli agenti valutano l’utilità futura rispetto a quella presente. Il nome di questo parametro è fattore di sconto e di solito assume valori leggermente inferiori all’unità. Se il valore fosse uguale ad 1, ciò significherebbe che gli agenti danno la stessa importanza al presente ed al futuro; mano a mano che si allontana dal valore unitario, ecco che gli agenti scontano maggiormente l’utilità futura, che diventa relativamente meno importante rispetto all’utilità presente. In letteratura questo valore oscilla solitamente tra 0,97 e 0,99 per dati trimestrali. Il calcolo di questo parametro si può effettuare attraverso le condizioni dello stato stazionario del modello.

: questo parametro rappresenta il deprezzamento dello stock di capitale. Il dato può essere rinvenuto su diverse banche dati e, nel caso di dati annuali, oscilla solitamente tra 0,04 e 0,1.

: questo parametro indica le preferenze degli individui con riguardo alle decisioni su consumi e tempo libero. Il parametro indica la proporzione di reddito spesa nei consumi. Come nel caso di la stima può avvenire attraverso le condizioni del primo ordine del

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: rappresenta il parametro di autoregressione per il processo legato alla produttività totale dei fattori. Il valore di questo parametro riflette la persistenza di uno shock tecnologico. Solitamente in letteratura il valore di questo parametro è assunto pari a 0,9.

: è la deviazione standard dell’errore associata al processo stocastico seguito da parte della produttività totale dei fattori, essa si può stimare econometricamente come residuo della funzione di produzione.

In conclusione, il processo di calibrazione per i parametri del modello qua considerato dà come risultato:

Parametro tecnologico 0.350

Fattore di sconto 0.970

Parametro delle preferenze 0.400

Tasso di ammortamento 0.060

Parametro di autoregressione TFP 0.950

Deviazione standard TFP 0.010

Tabella 1. La calibrazione

2.6 Shock nella produttività totale dei fattori

Adesso che abbiamo definito il modello in tutte le sue parti, possiamo effettuare degli esperimenti per comprendere le dinamiche delle variabili macroeconomiche considerate nel modello. La struttura del modello è ancora molto semplice ed avrà necessariamente dei limiti, ma può essere utile per capire certe caratteristiche della nostra economia. L’esperimento che vogliamo effettuare in questa sezione è quello di uno shock esogeno positivo nell’economia: un aumento della produttività totale dei fattori. Siccome lo shock nella produttività segue un processo di autoregressione, l’esercizio che è riportato ha l’obiettivo di calcolare la deviazione delle variabili endogene rispetto al valore dello stato stazionario, dal momento in cui avviene lo shock fino a quando l’economia raggiunge un nuovo stato stazionario. Per fare queste osservazioni ci serviremo dei grafici di risposta allo shock per ciascuna variabile (ottenibili attraverso il lancio del modello su Dynare), in modo di capire le dinamiche

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seguite dall’economia durante la perturbazione. Gli effetti dello shock su ciascuna delle 8 variabili che definiscono l’economia sono mostrati in figura.

Figura 1. Shock nella produttività totale dei fattori

I grafici mostrano la variazione percentuale dei valori rispetto allo stato stazionario. Si assume che lo shock sia pari a 0,01. A causa del processo di autoregressione questo shock non solo influenza l’economia nel momento in cui si manifesta, ma anche per un certo numero di periodi successivi (ciò dipende ovviamente dal tipo di persistenza assunta per lo shock). Passiamo alle osservazioni.

Il livello della produzione aumenta in maniera istantanea sopra il valore dello stato stazionario poiché l’innovazione tecnologica consente di raggiungere un livello di output maggiore, a parità di fattori produttivi. Il livello produttivo tende a calare nel tempo, mostrando però un certo livello di persistenza. Ciò è dovuto principalmente a due fattori: la persistenza dello shock in sé, e la persistenza introdotta dal processo di accumulazione del capitale fisico. Quindi, come ci si aspettava, lo shock tecnologico ha un effetto positivo sul livello dell’output.

Anche i consumi aumentano in maniera istantanea, ma di un ammontare sensibilmente inferiore rispetto all’output. Questa deviazione, però, continua a crescere nel tempo fino a quando raggiunge un massimo (intorno al periodo 10), da qua in poi

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inizia a decrescere. Si può vedere che la risposta allo shock nei consumi assume una forma a gobba, e questo comportamento si può spiegare attraverso la performance dell’output e dell’investimento. L’investimento cresce in maniera istantanea come risultato dello shock produttivo ma, successivamente, si abbassa in maniera piuttosto rapida fino a tornare al valore dello stato stazionario. Invece lo stock di capitale ha una funzione di risposta a forma di gobba; inizialmente l’aumento degli investimenti determina un aumento nello stock di capitale (si verifica una situazione di investimento netto positivo), successivamente, quando il livello degli investimenti si abbassa, lo stock di capitale raggiunge un massimo dopo il quale inizia a decrescere ma mantenendo sempre un livello più alto rispetto al valore dello stato stazionario.

Per quanto riguarda i fattori produttivi, si verifica un aumento dei salari legato all’aumento di produttività. La funzione di risposta della produttività marginale del lavoro ha, anche essa, una forma a gobba. Il tasso di interesse invece aumenta in maniera istantanea (per l’aumento della produttività marginale del capitale), ma successivamente si abbassa al di sotto del livello dello stato stazionario a causa del processo di accumulazione del capitale.

Gli effetti sull’occupazione non appaiono molto rilevanti.

2.7 Conclusioni

In questa prima parte ho presentato una versione base di un modello DSGE standard. Questo modello ha la stessa struttura, anche se molto semplificata, di altri modelli utilizzati dalle Banche Centrali (o altre istituzioni) costruiti per comprendere il funzionamento dell’economia e l’impatto di eventuali politiche monetarie e fiscali.

In questo semplice modello l’economia è caratterizzata dal comportamento ottimizzante di due tipologie di agenti: le famiglie e le imprese. Le decisioni delle famiglie servono per la determinazione dei consumi, degli investimenti e dell’offerta del lavoro dati i prezzi dei fattori produttivi. Le imprese scelgono la quantità di capitale e di lavoro da utilizzare nel processo di creazione dell’output data una certa funzione di tecnologia.

Nei capitoli successivi andremo a modificare certe impostazioni del modello per vedere come questi cambiamenti si ripercuotono sull’economia presa in esame.

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