Diseguaglianza nella distribuzione del reddito
Diseguaglianze elevate: nel Mezzogiorno solo alcune aree sono meno svantaggiate
UNO SGUARDO D'INSIEME
Nel 2007 la maggioranza delle famiglie residenti in Italia (circa il 61 per cento) ha conseguito un reddito netto inferiore all’importo medio annuo (29.308 euro, circa 2.440 euro al mese).
Considerando anche il valore mediano, il 50 per cento delle famiglie ha percepito meno di 24.036 euro e, quindi, circa 2.000 euro mensili. La diseguaglianza nella distribuzione dei redditi è confermata dall’indice di concentrazione di Gini che, escludendo dal calcolo i fitti imputati, è pari a 0,309.
DEFINIZIONI UTILIZZATE
L’indice di Gini esprime una misura della concentrazione di variabili quali il reddito, in modo da valutare come si distribuiscano tra la popolazione. L’indicatore assume valori compresi tra zero, nel caso in cui tutte le famiglie percepiscano lo stesso reddito e si verifichi una perfetta equità nella distribuzione, e uno, nel caso di totale diseguaglianza. Sulla base della definizione condivisa in ambito Ue, il reddito netto familiare totale è pari alla somma dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, di quelli da capitale finanziario e reale (che non comprendono il reddito figurativo delle abitazioni occupate dai proprietari, cioè l’affitto imputato), delle pensioni e degli altri trasferimenti pubblici e privati ricevuti dalle famiglie, al netto del prelievo tributario e contributivo e di eventuali imposte patrimoniali. Il valore mediano suddivide la distribuzione ordinata secondo il reddito delle famiglie in due parti uguali: la prima metà con redditi inferiori all’indicatore, la seconda metà con redditi uguali o superiori.
L'ITALIA E LE SUE REGIONI
Sempre con riferimento al 2007, l’indice di diseguaglianza dei redditi sul territorio italiano varia da un minimo di 0,244 nella provincia autonoma di Trento a un massimo di 0,334 in Campania. Tra le regioni in cui l’indice di concentrazione è superiore alla media nazionale si trovano anche Calabria, Sicilia e Lazio. La Sicilia presenta il reddito medio annuo più basso (22.511 euro, il 23 per cento in meno del dato medio italiano) e qui, in base al reddito mediano, il 50 per cento delle famiglie si colloca al di sotto dei 18.594 euro annui (circa 1.550 euro al mese). In Calabria si rileva invece il reddito mediano più contenuto del Paese (18.408 euro, pari a circa 1.530 euro mensili). Nel Mezzogiorno, l’indice di concentrazione si attesta al di sotto del valore medio italiano in Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata. Tra le regioni del Nord, l’Emilia-Romagna fa registrare il valore più alto dell’indice (0,301). Oltre a Trento, un’elevata equità nella distribuzione dei redditi si osserva anche in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Umbria. Il Trentino-Alto Adige, grazie al contributo della provincia autonoma di Bolzano, presenta il più alto reddito familiare medio annuo (33.476 euro);
seguono Emilia-Romagna e Lombardia (rispettivamente con 32.802 e 32.632 euro).
L'ITALIA NEL CONTESTO EUROPEO
Attraverso i dati relativi al 2007 dell’indagine sul reddito e le condizioni di vita (Eu-Silc), condotta in modo armonizzato in ambito europeo, l’indice di concentrazione dei redditi colloca l’Italia sul livello medio comunitario (0,31) con valori simili a Spagna e Germania.
I paesi dell’Unione sono, tuttavia, caratterizzati da differenze significative. Le distribuzioni interne dei redditi più diseguali si registrano in Lettonia (0,38), Bulgaria, Portogallo e Romania (tutti a 0,36). All’estremo opposto, in Slovenia (0,23), Svezia e Slovacchia (0,24 per entrambi) la diseguaglianza è sensibilmente inferiore. Tra i paesi maggiori, il Regno Unito mostra il valore più elevato dell’indice (0,34); la Francia quello minore (0,28).
Istat, Distribuzione del reddito e condizioni di vita in Italia (Anni 2006-2007), Statistiche in breve del 22 dicembre 2008
Istat, Reddit
o e condizioni di vita (Anni 2006-2007), Tavole di dati del 13 novembre 2009
Link utili
La distribuzione del reddito. L'indice di Gini (IdG)
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Come si distribuisce il reddito nel mondo? Cos'è l'indice di Gini? Vi è un parametro per misurare la disuguaglianza economica? Cos'è il 'calice della disuguaglianza'?
Uno dei metodi più semplici per misurare la disuguaglianza economica è quello rappresentato dalla curva di Lorenz, statistico statunitense che nel 1905 propose questa rappresentazione:
1Figura 1
Sull'asse orizzontale del grafico sono rappresentate le percentuali di
famiglie che appartengono a una data popolazione, ordinate in maniera
crescente in base al reddito. Sull'asse verticale viene riportata invece la
parte del reddito totale detenuta da ciascuna quota di famiglie. L'indice
normalmente utilizzato per misurare la disuguaglianza è quello di Gini,
2pari
al rapporto tra l'area A e la somma delle aree A e B. Tale indice vale 0
quando il reddito è ugualmente distribuito (la curva coincide con la
diagonale e quindi l'area A è nulla) mentre vale 1 (ovvero 100% in termini
percentuali) quando si ha la disuguaglianza massima (una sola famiglia
detiene tutto il reddito). Perciò l'indice di Gini aumenta con l'aumentare
della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, ovvero man mano
che questa tende a concentrarsi.
La distribuzione del reddito nel Mondo viene anche spesso rappresentata da una figura classica chiamata 'calice della disuguaglianza'
7di seguito riportata:
Questa figura non è altro che la curva di Lorentz specchiata sull'asse orizzontale (%
delle famiglie) e poi ruotata per farla apparire come un calice. La percentuale delle
famiglie è divisa in cinque parti (detti 'quintili') ciascuna pari al 20% della
popolazione mondiale.
Mappa mondiale del coefficiente di Gini che misura la diseguaglianza nella distribuzione del reddito. I paesi a coefficiente di Gini più basso (G < 0,3, verde scuro, verde, verde chiaro) sono i paesi dove il reddito è distribuito più equamente. Al contrario, quelli a coefficiente di Gini più elevato (G > 0,5, rosa, magenta, rosso) sono quelli dove la diseguaglianza nella
distribuzione del reddito è maggiore.
Soglia di povertà
Persone che vivono sotto la soglia di povertà (basata su dati CIA World Factbook).
La soglia di povertà è un livello di reddito al di sotto del quale una famiglia o un individuo vengono considerati poveri. Tale soglia assume valori radicalmente diversi a seconda del paese preso in considerazione: paesi sviluppati o paesi in via di sviluppo.
La soglia di povertà può essere definita:
povertà assoluta basata su un paniere di beni e servizi essenziali (alimentari, vestiario, abitazione) povertà relativa definita oltre che in termini di standard minimi di consumo/spesa, anche un modo da tener conto delle evoluzioni socio-economiche della collettività. La misura della povertà relativa fa uso della soglia della povertà solitamente definita dalla media o dalla mediana della distribuzione dei consumi o dei redditi.
Singoli fattori sono presi in considerazione per adeguare il concetto alla diversità delle situazioni,
come ad esempio i carichi di famiglia o l'età. Per ogni tipologia di famiglia esiste una diversa soglia
di povertà. Se ad esempio prendiamo una famiglia composta da due persone nel 2008 in Italia
veniva considerata relativamente povera se aveva un reddito medio inferiore alla soglia di 1.000
euro, mentre per una famiglia con due figli a carico la soglia era di 1.630 euro.
[1]SOGLIA DI POVERTÀ
La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è rappresentata dalla spesa media mensile per persona, che nel 2008 è risultata pari a 999,67 euro. La famiglia composta da due persone che hanno una spesa media mensile pari o inferiore a tale valore vengono quindi classificati come relativamente povere. Per famiglia di ampiezza diversa il valore della linea si ottiene applicando una opportuna scala di equivalenza che tiene conto delle economie di scala realizzabili
all’aumentare del numero dei componenti.
La soglia di povertà per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media procapite nel paese.
Nel 2008 questa spesa è risultata pari ad € 999,67 mensili.
La scala di equivalenza è l’insieme dei coefficienti di correzione utilizzati per determinare la soglia di povertà quando le famiglie hanno un numero di componenti diverso da due. Ad esempio, la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è pari a 1,63 volte quella per due componenti (1.629,46 euro), la soglia per una famiglia di sei persone è di 2,16 volte ( 2.159,29 euro).
Ampiezza della famiglia Coefficienti Linea di povertà
1 0,60 599,80
2 1,00 999,67
3 1,33 1.329,56
4 1,63 1.629,46
5 1,90 1.899,37
6 2,16 2.159,29
7 o più 2,40 2.399,21
La spesa media familiare è calcolata al netto delle spese per manutenzione straordinaria delle abitazioni, dei premi pagati per assicurazioni vita e rendite vitalizie, rate di mutui e restituzioni di prestiti.
La spesa media per persona si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti.
Crisi: 300mila sulla soglia di povertà
In Toscana colpiti soprattutto giovani, donne, immigrati e anziani
Giovani, anziani, donne e immigrati: sono loro i nuovi poveri su cui si sta scaricando il peso maggiore della crisi, mettendo a rischio la coesione sociale anche in una regione come la Toscana, dove ormai quasi 300 mila persone, l'8% della popolazione, vive sulla soglia di povertà: il 6% (215 mila persone) in 'povertà relativa', il 2%
(70 mila persone) in 'povertà assoluta', ovvero avendo difficoltà a soddisfare i bisogni di base. "Vecchie e nuove povertà" sono state al centro di un convegno svoltosi oggi a Firenze su iniziativa della Fnp, la Federazione
Pensionati della Cisl.
I pensionati sono il 23,3% della popolazione, con pensioni nel 40% dei casi sotto i 500 euro mensili e solo nel 7%
dei casi sopra ai 1500 euro e costituiscono il 56% dei toscani che vivono soli; le donne scontano ancora un tasso di occupazione inferiore a quello maschile in tutte le fasce di età; i giovani (soprattutto le donne) sono quelli che soffrono di più del precariato (il 40% degli under 30 ha un contratto a termine) con tassi di occupazione sistematicamente più bassi; gli immigrati 'regolari' sono stimati dalla Caritas in 355 mila, il 10% della popolazione, a cui si sommano almeno altri 30 mila irregolari, e contribuiscono (stime Unioncamere per il 2007) per l'11% al Pil toscano.
23/03/2010
2. Rapporto di divario di povertà (incidenza di povertà x profondità)
Definizione
rapporto divario di povertà è la distanza media che separa la popolazione dalla linea di povertà (con la non- povero essere data una distanza pari a zero), espresso in percentuale della soglia di povertà.
Fondamento logico
L'indicatore misura il "deficit di povertà" di tutta la popolazione, dove il deficit della povertà è la quantità pro capite di risorse che sarebbero necessari per portare tutti i poveri di sopra della soglia di povertà mediante trasferimenti di denaro perfettamente mirati.
Metodo di calcolo
Il rapporto divario di povertà è la somma dei rapporti del divario del reddito per la popolazione al di sotto della soglia di povertà, diviso per la popolazione totale, che può essere espresso come segue:
q
i
i
z y z PG n
1
1
dove z è la soglia di povertà, Yi è il reddito dei singoli i, q è il numero di persone povere e n è la dimensione della popolazione. Il divario di povertà può anche essere espressa (e quindi calcolato) come il prodotto del rapporto medio divario di reddito dei poveri e il rapporto organico, cioè,
H L PG * dove
,
z y L z
n H q
q
dove
qi i
q
y
y q
1