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Il Transfer Pricing - Profili tecnici e spunti operativi | Fondazione Nazionale di Ricerca dei Commercialisti

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Academic year: 2021

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(1)

D OCUMENTO DI RICERCA

I L T RANSFER P RICING

PROFILI TECNICI E SPUNTI OPERATIVI

19

DICEMBRE

2018

(2)

A cura del Gruppo di Lavoro ad hoc Transfer Pricing

Gilberto Gelosa (Consigliere Delegato Gruppo di Lavoro Attuazione Fiscalità Internazionale) Maurizio Postal (Consigliere Delegato Gruppo di Lavoro Attuazione Fiscalità Internazionale)

Piergiorgio Valente (Coordinatore Gruppo di Lavoro Attuazione Fiscalità Internazionale e coordinatore del Gruppo di Lavoro ad hoc Transfer Pricing)

Andrea Scaini (Membro del Gruppo di Lavoro Attuazione Fiscalità Internazionale) Maurizio Bottoni (Membro del Gruppo di Lavoro ad hoc Transfer Pricing)

Francesco Cacciavillan (Membro del Gruppo di Lavoro ad hoc Transfer Pricing) Giampiero Guarnerio (Membro del Gruppo di Lavoro ad hoc Transfer Pricing)

(3)

S

OMMARIO

1. A

PPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA DEL TRANSFER PRICING ALLA LUCE DELLE RECENTI NOVITÀ

... 4

1.1. Premessa ... 4

1.2. La disciplina italiana in materia di prezzi di trasferimento ... 7

1.2.1. Ambito di applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento ... 8

1.2.2. Linee Guida applicative previste dal Decreto del 14 maggio 2018 ... 12

1.2.3. La disciplina dei servizi infragruppo a basso valore aggiunto ... 15

1.2.4. Novità in tema di idoneità della documentazione sui prezzi di trasferimento ... 17

1.3. Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2018 ... 18

2. R

ILEVANZA DELLA

V

ALUE

C

HAIN

A

NALYSIS E DELL

ANALISI DI COMPARABILITÀ

... 21

2.1. Premessa ... 21

2.2. Le caratteristiche economicamente rilevanti delle transazioni ... 22

2.2.1. La rilevanza dell’analisi funzionale... 25

2.3. La rilevanza dell’analisi di comparabilità ... 28

3. M

ETODOLOGIE DI DETERMINAZIONE DEI PREZZI DI TRASFERIMENTO E SELEZIONE DEL BEST METHOD

... 35

3.1. Premessa ... 35

3.2. La selezione del metodo di transfer pricing ... 35

4. D

OCUMENTAZIONE SUI PREZZI DI TRASFERIMENTO

:

PREDISPOSIZIONE ED IDONEITÀ

... 39

4.1. Premessa ... 39

4.2. La predisposizione della documentazione sui prezzi di trasferimento ... 40

4.3. Il concetto di idoneità della documentazione sui prezzi di trasferimento ... 42

(4)

1. Applicazione della disciplina del transfer pricing alla luce delle recenti novità

1.1. Premessa

La tematica dei prezzi di trasferimento ha assunto nel corso degli ultimi anni una sempre maggiore rilevanza sia a motivo di una crescente internazionalizzazione e globalizzazione delle imprese e del conseguente incremento degli scambi infragruppo transnazionali sia a causa della crescente attenzione da parte dell’Amministrazione finanziaria focalizzata al controllo dei valori praticati nelle transazioni poste in essere tra imprese appartenenti al medesimo gruppo multinazionale.

Pur essendo la determinazione dei prezzi di trasferimento una pratica necessaria e fisiologica nella vita quotidiana delle imprese multinazionali, le Amministrazioni finanziarie procedono al controllo delle transazioni infragruppo al fine di verificare che un’eventuale “manipolazione” dei prezzi di trasferimento possa condurre ad una erosione della base imponibile mediante spostamenti profitti in un altro Stato “ingiustificata”, in quanto non in linea con i principi di libera concorrenza.

A tal proposito, l’OCSE, nel 2013, ha lanciato il progetto “Base Erosion and Profit Shifting” (di seguito

“BEPS”) il quale identifica i principi-chiave della tassazione delle attività transfrontaliere e le problematiche di erosione della base imponibile mediante il profit shifting che esse possono creare.

Gli studi effettuati nell’ambito del suddetto progetto hanno dimostrato che le strutture di pianificazione fiscale poste in essere dalle imprese multinazionali comportano, con assoluta frequenza, il “disallineamento” tra gli Stati in cui il business e gli investimenti sono localizzati (ed in particolare in cui viene creato “valore”) e i Paesi in cui vengono dichiarati i conseguenti profitti.

Con particolare riferimento al transfer pricing, il Rapporto BEPS ha evidenziato che nelle relazioni economiche tra imprese indipendenti, il compenso per la cessione di beni o la prestazione di servizi riflette le funzioni che ciascuna impresa è chiamata a svolgere, i rischi assunti e gli assets utilizzati nell’espletamento di tali funzioni; di conseguenza, al fine del rispetto dell’arm’s length principle, nello studio dei prezzi di trasferimento, tanto minore è il rischio (e le funzioni svolte) che una parte si assume nell’operazione oggetto di esame, tanto minore dovrebbe essere il margine di profitto che ad essa è attribuito.

Secondo il Rapporto BEPS del 12 febbraio 2013, in tale contesto, potrebbe esserci un incentivo a spostare funzioni, rischi e assets in Paesi caratterizzati da una fiscalità vantaggiosa; l’OCSE ha evidenziato come numerose strutture di tax planning prevedono l’allocazione di significativi rischi e intangibles di elevato valore in giurisdizioni a fiscalità privilegiata, creando pertanto un’erosione della base imponibile mediante lo spostamento dei profitti.

In data 19 luglio 2013, l’OCSE ha pubblicato, su raccomandazione del G20, coerentemente con quanto suggerito dal Rapporto BEPS del 12 febbraio 2013, l’Action Plan consistente in 15 azioni finalizzate al contrasto all’erosione della base imponibile mediante lo spostamento dei profitti

A seguito della pubblicazione di diversi Discussion Draft e della tenuta di diverse consultazioni

pubbliche, l’OCSE ha emanato, in data 5 ottobre 2015, un pacchetto di misure da attuare sia a livello

(5)

dell’ordinamento interno, sia sul piano internazionale convenzionale, in modo coordinato e con la previsione di obblighi di monitoraggio e trasparenza.

L’implementazione del pacchetto di misure dell’OCSE intende garantire un maggiore allineamento tra la localizzazione dei redditi soggetti ad imposizione e il luogo in cui l’attività economica viene esercitata. Tali misure rappresentano il primo sostanziale intervento di rinnovamento degli standards fiscali internazionali nell’arco di un secolo, reso necessario ai fini della sostenibilità del framework fiscale internazionale per la disciplina delle attività cross-borders.

Nel luglio 2017, l’OCSE ha pubblicato la nuova versione delle Linee Guida sui prezzi di trasferimento che recepisce le modifiche apportate nell’ambito del sopra indicato progetto BEPS (in particolare aventi ad oggetto l’analisi dei rischi nel transfer pricing, la disciplina dei beni intangibili, la disciplina dei servizi a basso valore aggiunto, il three-tiered approach relativo alla documentazione sui prezzi di trasferimento, ecc.).

Ulteriori progetti finalizzati al futuro aggiornamento delle Linee Guida OCSE sono attualmente in corso con riferimento ad alcune specifiche tipologie di transazioni e/o tematiche inerenti la disciplina dei prezzi di trasferimento (quali ad esempio, servizi infragruppo, transazioni finanziarie, applicazione del metodo Profit Split, misure amministrative, ecc.).

La disciplina nazionale in materia di prezzi di trasferimento è contenuta nell’art. 110, comma 7 del TUIR, modificato diverse volte nel corso degli anni.

Da ultimo, il D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (convertito in L. 21 giugno 2017, n. 96 pubblicata sulla G.U. n.

144 del 23 giugno 2017 ed entrata in vigore il 24 giugno 2017) ha modificato l’art. 110, comma 7, del TUIR al fine di adeguare la normativa interna ai principi riconosciuti e raccomandati in sede OCSE e alle best practices internazionali.

In particolare, l’art. 59 del suddetto Decreto ha modificato l’art. 110, comma del 7 TUIR prevedendo che la determinazione dei prezzi di trasferimento debba avvenire “sulla base delle condizioni e dei prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili”, in luogo del precedente riferimento al principio del “valore normale”.

Ulteriore novità introdotta dal D.L. n. 50/2017 concerne l’introduzione del nuovo art. 31-quater nel D.P.R. n. 600/1973 il quale amplia le ipotesi di riconoscimento delle variazioni in diminuzione del reddito imponibile derivanti dalla corretta applicazione del principio di libera concorrenza.

Nello specifico, le variazioni in diminuzione del reddito imponibile possono essere riconosciute oltre che:

• in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi o dalla Convenzione 90/436/CE del 23 luglio 1990;

anche nelle seguenti ulteriori due ipotesi:

• a conclusione dei controlli effettuati nell’ambito di attività di cooperazione internazionale i cui

esiti siano condivisi dagli Stati partecipanti;

(6)

• a seguito di istanza da parte del contribuente da presentarsi secondo le modalità e i termini previsti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, a fronte di una rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza effettuata da uno Stato con il quale è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi che consenta un adeguato scambio di informazioni. Resta ferma, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di richiedere l’attivazione delle procedure amichevoli di cui sopra, ove ne ricorrano i presupposti.

Come accennato in precedenza infatti, la determinazione dei prezzi di trasferimento da parte delle imprese multinazionali rappresenta un’attività ed un processo tipico e fisiologico della vita aziendale delle stesse. Il controllo da parte delle diverse Amministrazioni finanziaria del rispetto del principio di libera concorrenza, pur essendo pienamente condivisibile e legittimo, deve tuttavia non condurre a casi di doppia imposizione.

È pertanto necessario che la contemporanea applicazione della potestà impositiva da parte degli Stati in cui sono residenti le società coinvolte nelle transazioni infragruppo non comporti una doppia imposizione per il gruppo multinazionale o che siano identificate specifiche modalità di eliminazione della stessa che non rappresentino ulteriori oneri per le società i quali potrebbero comportare rilevanti difficoltà operative in particolare per le piccole e medie imprese.

A tal proposito, appare opportuno evidenziare come la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 16/E del 28 aprile 2016 “Anno 2016 - Prevenzione e contrasto all’evasione - Indirizzi operativi” preveda espressamente che “i controlli riguardanti i prezzi di trasferimento, se da un lato devono essere diretti a colpire quei comportamenti suscettibili di determinare l’erosione di base imponibile, dall’altro lato devono tenere in adeguata considerazione il rischio di produrre fenomeni di doppia imposizione internazionale. Di qui l’esigenza di mirare i predetti controlli sulle ipotesi maggiormente significative di manipolazione dei prezzi di trasferimento e, in particolar modo, su quelle che portano alla delocalizzazione di redditi imponibili in Stati o territori che applicano un regime impositivo più favorevole”.

Pertanto, l’attività di verifica in materia di prezzi di trasferimento posta in essere dei Verificatori dovrebbe focalizzarsi in particolare sulle transazioni infragruppo poste in essere dalle imprese multinazionali con il solo fine di raggiungere un effettivo risparmio di imposta nell’ambito del Gruppo e senza alcuna motivazione legata al business dell’impresa.

In data 21 febbraio 2018, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha avviato una consultazione pubblica in materia di transfer pricing relativamente all’attuazione delle disposizioni previste dal nuovo art. 110, comma 7, del TUIR e dall’art. 31-quater del D.P.R. n. 600/1973.

Di seguito i documenti che sono stati oggetto di valutazione, osservazioni e suggerimenti da parte dei potenziali soggetti interessati:

• lo schema di decreto ministeriale richiamato dal nuovo comma 7 dell’art. 110 del TUIR;

• lo schema di provvedimento direttoriale previsto dall’art. 31-quater, comma 1, lett. c) del

D.P.R. n. 600/1973;

(7)

• la traduzione in lingua italiana delle parti rilevanti delle Linee Guida OCSE sui prezzi di trasferimento.

All’esito della consultazione pubblica:

• in data 14 maggio 2018 è stato firmato il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze recante le linee guida per l’applicazione delle disposizioni previste in materia di prezzi di trasferimento, modificate con il D.L. n. 50/2017;

• in data 30 maggio 2018 è stato pubblicato il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate per l’attuazione delle disposizioni previste dall’art. 31-quater del D.P.R. n. 600/1973.

1.2. La disciplina italiana in materia di prezzi di trasferimento

Come indicato in premessa, l’art. 110, comma 7, del TUIR, è stato modificato dal D.L. n. 50/2017 e dispone quanto segue:

“I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all'articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione del presente comma”.

La nuova norma elimina pertanto il riferimento alla determinazione dei prezzi di trasferimento sulla base del “valore normale” (così come previsto dall’art. 9 del TUIR) dei beni ceduti e dei beni e servizi prestati e ricevuti sostituendo lo stesso con il riferimento al principio di libera concorrenza in linea con l’arm’s length principle previsto dall’art. 9 del Modello di Convenzione OCSE (pertanto, facendo riferimento alle condizioni ed ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza ed in circostanze comparabili).

Come illustrato nella Relazione tecnica al D.L. n. 50/2017, “la nuova formulazione richiama gli orientamenti interpretativi già adottati nella prassi amministrativa in sede di introduzione degli oneri documentali in materia di prezzi di trasferimento e, confermando il richiamo al principio di libera concorrenza, così come declinato nella sede dell’OCSE, attribuisce flessibilità nell’adozione di metodi di valutazione che meglio rispondano alle dinamiche negoziali del mercato”.

Pertanto, il riferimento al principio di libera concorrenza risulta essere maggiormente coerente con la

ratio sottostante la disciplina sui prezzi di trasferimento che si pone l’obiettivo di garantire che i

rapporti tra imprese appartenenti al medesimo gruppo multinazionale si svolgano alle medesime

condizioni previste nei rapporti con soggetti terzi indipendenti.

(8)

Come si evince dalla lettura dell’ultimo periodo del sopra riportato articolo, le linee guida applicative della norma sono demandate ad un apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze pubblicato nella sua versione finale, a seguito di una consultazione pubblica, in data 14 maggio 2018.

Precedentemente alla pubblicazione del suddetto Decreto, le linee guida per l’applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento in Italia erano contenute nella Circolare ministeriale n. 32 del 1980 pubblicata a seguito dell’emanazione delle Guidelines OCSE nel 1979.

La previsione di nuove indicazioni in materia era pertanto resa necessaria anche dall’assenza di linee guida coerenti con l’attuale contesto economico e con le Guidelines dell’OCSE aggiornate nel corso degli anni: ciò comportava in alcuni casi anche delle divergenze tra quest’ultime e quanto previsto dalla prassi nazionale.

Il Decreto del 14 maggio 2018 si pone pertanto l’obiettivo di fornire una guida in materia di prezzi di trasferimento tenendo in considerazione gli aggiornamenti avuti a livello internazionale, le problematiche affrontate nel territorio nazionale anche nell’ambito delle verifiche aventi ad oggetto il transfer pricing e le osservazioni e i commenti forniti dagli operatori interessati nell’ambito della consultazione pubblica.

Nelle pagine che seguono si illustrano gli ambiti e le modalità di applicazione della disciplina italiana sui prezzi di trasferimento attraverso un esame congiunto dell’art. 110, comma 7, del TUIR e del nuovo Decreto del 14 maggio 2018.

1.2.1. Ambito di applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento

Ai sensi dell’art. 110, comma 7, del TUIR, dal punto di vista soggettivo, la disciplina sul transfer pricing si applica alle transazioni commerciali tra un’impresa residente e società non residenti, che direttamente o indirettamente:

• controllano l’impresa italiana;

• ne sono controllate;

• sono controllate dalla stessa controllante dell’impresa italiana.

In primo luogo, si evidenzia come sia oramai pacifico che l’applicazione da disciplina sui prezzi di trasferimento sia limitata alle transazioni intercorrenti tra due imprese, una residente in Italia e l’altra in uno Stato estero.

L’art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 147/2015 ha stabilito che la normativa sul transfer pricing “estero”, di cui all’art. 110, comma 7, del TUIR, va interpretata nel senso che la relativa disciplina non si applica alle transazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo residenti in Italia (cd. “transfer pricing interno”).

La suddetta norma ha posto fine a dubbi interpretativi che consentivano all’Amministrazione finanziaria italiana di procedere in alcuni casi ad estendere l’applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento a transazioni infragruppo tra imprese residenti nel territorio nazionale.

La congruità di tali corrispettivi potrebbe essere comunque sindacabile in base al principio di

antieconomicità, cioè in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni

(9)

dell’economia, che legittima l’ufficio delle entrate a rettificare l’importo del corrispettivo risultante dal contratto e dalla contabilità in presenza di situazioni di arbitraggio fiscale, in cui, cioè, si verifica un risparmio di imposta in conseguenza, ad esempio, di differenze di aliquote o delle modalità di tassazione tra chi sostiene il costo e chi consegue il componente positivo.

Tale interpretazione dovrebbe tuttavia essere utilizzata solo in alcuni casi che evidenzino un’effettiva perdita di gettito per l’Erario e non come strumento che consenta all’Amministrazione finanziaria di procedere ugualmente alla rettifica di transazioni intercorse tra soggetti appartenenti al medesimo gruppo residenti nel territorio dello Stato aggirando pertanto la norma introdotta dal D.Lgs. n.

147/2015.

L’analisi dell’art. 110, comma 7, del TUIR evidenzia invece come nella norma non vi sia alcun riferimento in merito all’aliquota fiscale prevista nello Stato estero nel quale è residente una delle due parti coinvolte nella transazione, la quale sembrerebbe pertanto essere un elemento irrilevante nell’applicazione della disciplina del transfer pricing.

Tuttavia, la giurisprudenza italiana non si è espressa in maniera univoca al riguardo formando in tal modo due diversi approcci:

• il primo secondo cui l’art. 110, comma 7, del TUIR deve essere interpretato come clausola antielusiva in quanto volta ad impedire che, attraverso la manipolazione dei prezzi di trasferimento, l’impresa eluda la normativa ottenendo un vantaggio fiscale indebito; pertanto, l’Amministrazione finanziaria deve provare che le modalità di determinazione dei prezzi di trasferimento siano effettuate al fine di ottenere un vantaggio fiscale complessivo, consistente nell’aver spostato reddito imponibile in un Paese caratterizzato da una fiscalità vantaggiosa;

• il secondo che prevede che la normativa sul transfer pricing non integri una disciplina antielusiva con la conseguenza che non vi è necessità che l’Amministrazione finanziaria debba provare la maggiore fiscalità nazionale e pertanto il conseguimento di un concreto vantaggio fiscale da parte del contribuente. Secondo tale approccio, l’Amministrazione finanziaria dovrà esclusivamente provare che le transazioni infragruppo non sono avvenute nel rispetto dei principi di libera concorrenza.

Pur non essendo previsto nella norma uno specifico riferimento in merito, appare opportuno

evidenziare come l’Agenzia delle Entrate stessa, in alcune circolari (ad esempio Circ. n. 16/E del 28

aprile 2016 inerente gli indirizzi operativi nell’attività di prevenzione e contrasto all’evasione per il

periodo di imposta 2016) abbia specificato che “i controlli riguardanti i prezzi di trasferimento, se da

un lato devono essere diretti a colpire quei comportamenti suscettibili di determinare l’erosione di base

imponibile, dall’altro lato devono tenere in adeguata considerazione il rischio di produrre fenomeni di

doppia imposizione internazionale. Di qui l’esigenza di mirare i predetti controlli sulle ipotesi

maggiormente significative di manipolazione dei prezzi di trasferimento e, in particolar modo, su quelle

che portano alla delocalizzazione di redditi imponibili in Stati o territori che applicano un regime

impositivo più favorevole”.

(10)

Pertanto, si presume che tale elemento debba essere preso almeno in considerazione nella valutazione delle logiche che hanno seguito le imprese multinazionali nella determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo.

Un ulteriore dubbio applicativo relativo all’applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento si rinveniva nel concetto di controllo intercorrente tra le parti coinvolte nella transazione.

Anche con riferimento alla nozione di controllo, l’art. 110, comma 7, del TUIR non contiene alcun specifico riferimento esplicativo di tale concetto.

La circ. n. 32/1980 esclude che la nozione di controllo cui fa riferimento l’art. 110 del TUIR sia riferibile esclusivamente ai limiti di cui all’art. 2359 c.c., atteso che essa comprende ogni ipotesi di influenza economica potenziale o attuale, desumibile dalle singole circostanze.

Secondo l’orientamento espresso dalla circ. n. 32/1980, ai fini della definizione di controllo, hanno rilevanza non soltanto i presupposti giuridico-formali previste dall’art. 2359 c.c., ma altresì le mere situazioni di fatto costituite dall’influenza economica di un’impresa sulle decisioni imprenditoriali dell’altra, che permettono di giungere ad un’alterazione dei prezzi di trasferimento.

A tal proposito, la circ. n. 32/1980 elenca una serie di circostanze in cui l’influenza economica potenziale o attuale è suscettibile di determinare posizioni di controllo:

• vendita esclusiva di prodotti fabbricati dall’altra impresa;

• impossibilità di funzionamento dell’impresa senza il capitale, i prodotti e la cooperazione tecnica dell’altra;

• diritto di nomina dei membri del Cda o degli organi direttivi della società;

• membri comuni del Cda;

• relazioni di famiglia tra le parti;

• concessione di ingenti crediti o prevalente dipendenza finanziaria;

• partecipazione da parte delle imprese a centrali di approvvigionamento o vendita;

• partecipazione delle imprese a cartelli o consorzi, in particolare se finalizzati alla fissazione di prezzi;

• controllo di approvvigionamento o di sbocchi;

• serie di contratti che modellino una situazione monopolistica;

• in generale tutte le ipotesi in cui venga esercitata (potenzialmente o attualmente) un’influenza sulle decisioni imprenditoriali.

Nello stesso senso dell’Amministrazione finanziaria si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8130 del 22 aprile 2016, la quale ha ritenuto condivisibile quanto deciso dai giudici di secondo grado secondo cui non era vincolante la nozione civilistica di controllo societario e pertanto trovava piena applicazione la disciplina sul transfer pricing.

Secondo la Corte di Cassazione, la mancata definizione nella norma del concetto di controllo appare,

dunque, espressivo di una precisa scelta della volontà del legislatore di non vincolare la nozione di

(11)

controllo fiscale a quella del codice civile italiano (controllo giuridico); difatti, nel TUIR, nei casi in cui appare rilevante il concetto di controllo civilistico, le varie norme contengono un espresso rinvio all’art.

2359 del codice civile italiano.

La scelta, secondo i giudici, appare funzionale ai fini perseguiti dal legislatore fiscale, certamente diversi da quelli della norma civilistica, aventi l’obiettivo di rendere la disciplina sui prezzi di trasferimento maggiormente adattabile anche ai casi di influenza di un’impresa sulle decisioni imprenditoriali di un’altra, a prescindere dalla ricorrenza dei rigidi requisiti civilistici.

Il Decreto del 14 maggio 2018 è intervenuto sulla questione disponendo all’art. 2 recante le definizioni rilevanti nella disciplina sui prezzi di trasferimento che:

• con la locuzione “imprese associate” devono intendersi l’impresa residente nel territorio dello Stato e le società non residenti nei casi in cui:

➢ una di esse partecipa, direttamente o indirettamente nella gestione, nel controllo o nel capitale dell’altra, o

➢ lo stesso soggetto partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale di entrambe le imprese.

• per “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale”, deve intendersi:

➢ la partecipazione per oltre il 50 per cento nel capitale, nei diritti di voto o negli utili di un’altra impresa; oppure

➢ l’influenza dominante sulla gestione di un’altra impresa, sulla base di vincoli azionari o contrattuali.

Pertanto, il nuovo Decreto ha ribadito come la disciplina sui prezzi di trasferimento debba ritenersi applicabile a tutte quelle situazioni in cui un’impresa riesca ad esercitare un’influenza dominante su un’altra impresa.

Ulteriori chiarimenti sulla nozione di “influenza dominante” ed esempi concreti sul tema verranno forniti dall’Amministrazione finanziaria in successivi documenti di prassi. Pur essendo prevedibile che l’Amministrazione finanziaria utilizzi gli esempi di “influenza dominante” della circolare n. 32/1980, appare opportuno evidenziare che, ai fini dell’applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento ai casi di “controllo economico”, dovrebbero essere considerate in particolare le situazioni in cui un’impresa abbia effettivamente la capacità di influenzare sostanzialmente la gestione e l’indirizzo strategico dell’altra impresa, escludendo pertanto i casi in cui tale influenza sia esclusivamente di carattere formale senza alcuna possibilità di procedere ad una manipolazione dei prezzi di trasferimento.

In tali casi, nell’ambito delle attività di controllo poste in essere dall’Amministrazione finanziaria, dovrebbe essere la stessa a dover provare l’influenza dominante, sostanziale ed effettiva, di un’impresa su un’altra e la conseguente applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento.

Inoltre, si auspica una indicazione in uno specifico documento di prassi sull’applicazione (o meno) della

disciplina sui prezzi di trasferimento a specifici casi quali ad esempio:

(12)

• joint venture tra soggetti non legati da rapporti di controllo (di cui uno residente in Italia);

• controllo comune su due imprese esercitato dalla medesima/e persona/e fisica. A tal proposito, l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 28 del 21 giugno 2011 (risposta 4.1) aveva già indicato l’applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento ai rapporti tra le due imprese sottoposte al comune controllo di una persona fisica. Tuttavia, appare opportuno che l’Amministrazione proceda a chiarire la portata applicativa dell’art. 110, comma 7, del TUIR nel caso sopra descritto.

Dal punto di vista oggettivo, le transazioni rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina sul transfer pricing sono quelle aventi una valenza reddituale e possono essere così categorizzate:

• cessione infragruppo di beni materiali;

• cessione infragruppo di beni immateriali o concessione in licenza degli stessi;

• prestazione di servizi infragruppo;

• finanziamenti infragruppo.

Al riguardo, si evidenzia come l’art. 2 del Decreto del 14 maggio 2018 fornisce la seguente definizione di operazione controllata: “qualsiasi operazione di natura commerciale o finanziaria intercorrente tra imprese associate, accuratamente individuata e delineata sulla base dell’effettivo comportamento tenuto dalle parti, anche se divergente da pattuizioni contrattuali espresse o in assenza delle stesse”.

Nell’analisi dell’“operazione controllata” particolarmente rilevante è il concetto di “effettivo comportamento delle parti”.

Le analisi di transfer pricing presuppongono l’identificazione delle caratteristiche economicamente significative della transazione oggetto di verifica che dovranno essere delineate non solo facendo riferimento ad eventuali pattuizioni contrattuali (le quali rappresentano solo il punto di partenza dell’analisi) ma andando ad analizzare l’effettivo comportamento tenuto dalle parti coinvolte nella transazione.

1.2.2. Linee Guida applicative previste dal Decreto del 14 maggio 2018

Con riferimento all’applicazione operativa della disciplina dei prezzi di trasferimento, l’art. 3 del Decreto del 14 maggio 2018 introduce nell’ordinamento italiano la nozione di comparabilità in linea con quanto previsto dalle Linee Guida OCSE aggiornate nel 2017.

In particolare, ai fini dell’applicazione della disciplina sui prezzi di trasferimento si richiede l’esistenza di un’operazione controllata la quale deve essere considerata comparabile (o non comparabile) ad un’“operazione non controllata”

.

La comparabilità dovrà essere valutata a seguito dell’analisi delle caratteristiche economicamente rilevanti (o fattori di comparabilità) sottostanti le transazioni, vale a dire:

• i termini contrattuali delle operazioni;

(13)

• le funzioni svolte da ciascuna delle parti coinvolte nelle operazioni, tenendo conto dei beni strumentali utilizzati e dei rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all’interno del gruppo multinazionale, le circostanze caratterizzanti le transazioni e le consuetudini del settore;

• le caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati;

• le circostanze economiche delle parti coinvolte nelle transazioni e le condizioni di mercato in cui esse operano;

• le strategie aziendali perseguite dalle parti.

In linea con quanto previsto dalle Linee Guida OCSE aggiornate del 2017, il Decreto del 14 maggio 2018 prevede che due transazioni possono essere considerate comparabili quando:

• non sussistono differenze significative nelle relative condizioni tali da incidere in maniera rilevante sull’indicatore finanziario utilizzabile in applicazione del metodo più appropriato;

• in presenza delle differenze di cui sopra, sia possibile effettuare in modo accurato rettifiche di comparabilità alle condizioni dell’operazione non controllata, così da eliminare gli effetti di tali differenze ai fini della comparazione.

L’art. 4 del Decreto del 14 maggio 2018 elenca invece le metodologie di transfer pricing ritenute conformi ai principi di libera concorrenza:

• metodo del confronto di prezzo (CUP), il quale confronta il prezzo di beni o servizi trasferiti nel corso di una transazione tra imprese associate con il prezzo applicato a beni o servizi trasferiti in una transazione comparabile tra parti indipendenti in circostanze comparabili;

• metodo del prezzo di rivendita (Resale Price), il quale si basa sul confronto tra il margine lordo che un acquirente in una operazione controllata realizza nella successiva rivendita in una operazione non controllata con il margine lordo realizzato in operazioni non controllate comparabili;

• metodo del costo maggiorato (Cost Plus), basato sul confronto tra il margine lordo realizzato sui costi direttamente e indirettamente sostenuti in un’operazione controllata con il margine lordo realizzato in operazioni non controllate comparabili;

• metodo del margine netto della transazione (TNMM), basato sul confronto tra il rapporto tra margine netto ed una base di commisurazione appropriata, rappresentata, a seconda delle circostanze, da costi, ricavi o attività, realizzato da un’impresa in una operazione controllata e il rapporto tra il margine netto e la medesima base realizzato in operazioni non controllate comparabili;

• metodo transazionale di ripartizione degli utili (Profit Split), basato sull’attribuzione a ciascuna

impresa associata che partecipa ad un’operazione controllata della quota di utile, o di perdita,

derivante da tale operazione, determinata in base alla ripartizione che sarebbe stata

concordata in operazioni non controllate comparabili.

(14)

Con riferimento alla selezione del metodo, il Decreto del 14 maggio 2018, in linea con quanto previsto a livello OCSE, abbandona la gerarchia dei metodi richiamata nella circolare n. 32 del 1980 optando per la selezione del metodo che meglio si presta alle specifiche circostanze del caso.

Tale norma riveste una notevole rilevanza dal momento che, nonostante nel corso delle verifiche spesso l’Amministrazione finanziaria abbia fatto riferimento alle indicazioni dell’OCSE e nonostante la presenza di un riferimento indiretto alla selezione del metodo più appropriato contenuto nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 settembre 2010 (avente ad oggetto la tematica della documentazione sui prezzi di trasferimento), prima della pubblicazione del Decreto del 14 maggio 2018 si era in presenza di una rilevante divergenza tra le Linee Guida OCSE (che hanno abbandonato la gerarchia dei metodi nel 2010) e la Circ. n. 32 del 1980 (che prevede la gerarchia dei metodi in linea con le Linee Guida OCSE del 1979).

Pur in assenza di una gerarchia nella scelta del metodo per la determinazione dei prezzi di trasferimento, il Decreto del 14 maggio 2018 accorda una preferenza per i metodi tradizionali basati sulla transazione (metodo del confronto di prezzo; metodo del prezzo di rivendita; metodo del costo maggiorato) rispetto ai metodi basati sull’utile delle transazioni (metodo del margine netto della transazione - cd. “TNMM” e metodo transazionale di ripartizione degli utili - cd. “Profit Split)

.

La medesima impostazione si rinviene nel par. 2.3 delle Linee Guida OCSE il quale afferma che i metodi tradizionali basati sulla transazione sono considerati lo strumento più diretto per stabilire se le condizioni nelle relazioni commerciali e finanziarie fra imprese associate siano fondate sul principio di libera concorrenza.

L’art. 4 del Decreto del 14 maggio 2018 prevede inoltre che qualora si possa applicare in maniera ugualmente affidabile il metodo del confronto di prezzo (metodo CUP) e un altro metodo per la determinazione dei prezzi di trasferimento (metodo del prezzo di rivendita, metodo del costo maggiorato, metodo del margine netto della transazione, metodo transazionale di ripartizione degli utili), deve essere applicato il metodo del confronto del prezzo.

Al contribuente è riconosciuta la possibilità di applicare un metodo diverso da quelli in precedenza indicati se dimostra che:

• nessuno di tali metodi può essere ragionevolmente applicato per valorizzare un’operazione controllata in base al principio di libera concorrenza, e

• tale diverso metodo produce un risultato coerente con quello che otterrebbero imprese indipendenti nel realizzare operazioni non controllate comparabili.

Particolarmente rilevante è la previsione secondo cui, nell’ambito delle verifiche aventi ad oggetto la disciplina sui prezzi di trasferimento, l’Amministrazione finanziaria deve basarsi sul metodo applicato dall’impresa.

L’art. 5 del Decreto del 14 maggio 2018, pur premettendo come il principio di libera concorrenza debba

essere applicato transazione per transazione, conferma la possibilità per il contribuente di procedere

all’aggregazione delle transazioni ai fini dell’analisi di comparabilità e dell’applicazione dei metodi nei

casi in cui un’impresa realizza due o più transazioni controllate che risultano tra loro strettamente

(15)

legate o che formano un complesso unitario, tale da non poter essere valutate separatamente in maniera affidabile.

La verifica della corretta applicazione del principio di libera concorrenza verrà effettuata seguendo diverse metodologie applicative a seconda delle specifiche circostanze del caso e del metodo di transfer pricing selezionato.

L’art. 6 del Decreto prevede che si considera conforme al principio di libera concorrenza l’intervallo di valori risultante dall’indicatore selezionato (prezzo, rapporto tra margine di profitto e costi/ricavi/attività, percentuale di ripartizione di utili o perdite), se gli stessi sono riferibili a un numero di operazioni tra e/o con società indipendenti ognuna delle quali comparabile all’operazione intercompany oggetto di analisi (operazione controllata).

Un’operazione controllata può considerarsi realizzata in conformità con il principio di libera concorrenza nel caso in cui l’indicatore finanziario selezionato sia compreso nel sopra citato intervallo.

Al contrario, l’Amministrazione finanziaria potrà effettuare una rettifica al fine di riportare l’indicatore finanziario nell’intervallo di libera concorrenza, fatti salvi la possibilità per il contribuente di fornire gli elementi che attestino la conformità all’arm’s length principle e la potestà per l’Amministrazione finanziaria di non tener conto di tali elementi adducendo idonea motivazione.

1.2.3. La disciplina dei servizi infragruppo a basso valore aggiunto

L’art. 7 del Decreto del 14 maggio 2018, in linea con le Linee Guida OCSE aggiornate nel luglio 2017 e recependo anche le osservazioni degli operatori durante la consultazione pubblica, ha introdotto nella legislazione sui prezzi di trasferimento italiana la disciplina dei cd. “servizi a basso valore aggiunto”.

In particolare, il suddetto articolo dispone la possibilità per il contribuente di adottare il c.d. “approccio semplificato” secondo cui “previa predisposizione di apposita documentazione, la valorizzazione del servizio è determinata aggregando la totalità dei costi diretti e indiretti connessi alla fornitura del servizio stesso, aggiungendo un margine di profitto pari al 5% dei suddetti costi”.

Il Decreto del 14 maggio 2018 fornisce la definizione di servizi a basso valore aggiunto intendendo con tale locuzione i servizi che:

• hanno natura di supporto;

• non sono parte delle attività principali del gruppo multinazionale;

• non richiedono l’uso di beni immateriali unici e di valore, e non contribuiscono alla creazione degli stessi;

• non comportano l’assunzione o il controllo di un rischio significativo da parte del prestatore del servizio né generano in capo al medesimo l’insorgere di tale rischio.

Il Decreto del 14 maggio 2018 non fornisce ulteriori dettagli in merito.

Le Linee Guida OCSE pubblicate nel luglio 2017, oltre a quanto indicato sopra, stabiliscono che non

possono definirsi servizi infragruppo a basso valore aggiunto:

(16)

• i servizi che fanno parte del core business del gruppo;

• i servizi di ricerca e sviluppo;

• i servizi di produzione e manufacturing;

• i servizi di acquisto di materie prime o altro materiale utilizzato nei processi produttivi;

• le attività di vendita, marketing e distribuzione;

• le transazioni finanziarie;

• l’estrazione o esplorazione di risorse naturali;

• i servizi assicurativi;

• i servizi di corporate management.

Secondo l’OCSE, la mancata qualificazione di un’attività come servizio a basso valore aggiunto non implica automaticamente che tale attività dovrà essere considerata come servizio ad alto valore aggiunto.

Come principio generale, una caratteristica rilevante del servizio a basso valore aggiunto potrebbe essere il suo carattere cd. routinario, unitamente al fatto che non produce un rilevante valore per il prestatore o il fruitore e la sua inidoneità a generare un fatturato considerevole.

Di seguito un elenco di servizi che possono essere considerati a “basso valore aggiunto”:

• servizi di contabilità e assistenza amministrativa (gestione crediti/debiti, fatturazione, ecc.);

• servizi legali;

• servizi HR (risorse umane);

• servizi informativi che non rientrino nell’attività principali del Gruppo;

• servizi relativi all’assistenza in materia tributaria;

• servizi di comunicazione interna ed esterna (ad eccezione di attività specifiche di marketing e sviluppo delle strategie sottostanti).

Infine l’OCSE descrive con maggiore dettaglio il cd. approccio semplificato il quale consiste nella seguente procedura:

• primo step: determinazione, su base annua, del pool dei costi sostenuti da tutte le società nella prestazione dei servizi a basso valore aggiunto;

• secondo step; il contribuente dovrebbe individuare e rimuovere dal pool i costi imputabili a servizi svolti da un membro del gruppo esclusivamente per conto di altro membro;

• terzo step: allocazione tra i membri del gruppo i costi presenti nel pool, sostenuti a beneficio di più membri del gruppo attraverso una appropriata allocation key.

Come indicato in precedenza, la remunerazione per il prestatore del servizio è calcolata applicando un

profit mark-up (pari al 5%) a tutti i costi presenti nel pool senza la necessità di dover giustificare tale

mark-up tramite un apposito benchmark study.

(17)

Pertanto, tale previsione rappresenta un’importante semplificazione per i gruppi multinazionali che sempre più frequentemente centralizzano tale tipologie in alcune società del gruppo. Tuttavia, si auspica che i diversi Stati procedano all’implementazione e/o al trattamento di tale tipologia di transazione seguendo l’impostazione OCSE (recepita dal Legislatore italiano) descritta nel presente paragrafo al fine di evitare che gli Stati in cui sono residenti le imprese coinvolte nelle transazioni aventi ad oggetto i servizi a basso valore aggiunto applichino approcci e/o percentuali di profit mark-up differenziate con conseguente incertezza di trattamento di tali transazioni.

Pur non essendo appositamente previsto nel Decreto del 14 maggio 2018, potrebbe essere opportuno che il contribuente segua quanto indicato dalle Linee Guida OCSE in merito alla tenuta della seguente documentazione (a giustificazione dell’applicazione dell’approccio semplificato):

• la descrizione dei servizi a basso valore aggiunto forniti, con indicazione delle ragioni per le quali determinati servizi infragruppo sono da ritenersi a basso valore aggiunto;

• l’indicazione dei soggetti beneficiari;

• la descrizione dei motivi della prestazione dei servizi a livello del gruppo, con indicazione dei benefici attesi;

• le motivazioni per le quali tali servizi sono previsti nell’ambito del gruppo multinazionale;

• una descrizione delle allocation keys selezionate con indicazione del mark-up applicato;

• i contratti che disciplinano la prestazione dei servizi e i relativi atti di modifica;

• la documentazione illustrativa dei calcoli effettuati per la determinazione del pool di costi, in particolare, una elencazione dettagliata di tutte le categorie e degli ammontari dei costi per servizi resi a ciascun membro del gruppo;

• la documentazione illustrativa dei calcoli effettuati in merito all’applicazione delle allocation keys.

Pertanto si auspica che l’Amministrazione finanziaria provveda ad indicare in futuri documenti di prassi la documentazione necessaria che il contribuente deve predisporre/conservare a supporto dei servizi a basso valore aggiunto prestati e/o ricevuti così come anche delle soglie di materialità delle transazioni che consentano di non procedere all’analisi dei servizi infragruppo.

1.2.4. Novità in tema di idoneità della documentazione sui prezzi di trasferimento

L’art. 1, comma 6, del D.Lgs. n. 471/1997 prevede la possibilità di disapplicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione (dal 90% al 180% della maggior imposta dovuta) connesse alla rettifica dei prezzi di trasferimento, nel caso in cui il contribuente:

• abbia predisposto la documentazione sui prezzi di trasferimento;

• abbia preventivamente comunicato il possesso della documentazione in sede di dichiarazione

dei redditi

(18)

• abbia consegnato (entro dieci giorni dalla richiesta) la documentazione predisposta in sede di verifica.

La disapplicazione delle sanzioni è subordinata inoltre alla valutazione di idoneità della documentazione da parte dei Verificatori. L’idoneità dovrà essere valutata:

• da un punto di vista formale, vale a dire la documentazione dovrà essere predisposta secondo la struttura indicata nel Provvedimento del 29 settembre 2010;

• da un punto di vista sostanziale, vale a dire la documentazione dovrà essere completa, veritiera e consentire all’Amministrazione finanziaria di comprendere la politica di transfer pricing adottata dalla Società.

Pertanto, le norme italiane in tema predisposizione della documentazione sui prezzi di trasferimento non comportano un obbligo per i contribuenti multinazionali ma offrono agli stessi un incentivo volto a premiare il loro atteggiamento collaborativo.

Tuttavia, nel corso delle verifiche fiscali, vi sono state incertezze in merito alla valutazione della idoneità della documentazione con la conseguente applicazione delle sanzioni amministrative per infedele dichiarazione anche nei casi in cui la Società abbia predisposto una documentazione in grado di illustrare in maniera esaustiva la politica di transfer pricing adottata nelle transazioni infragruppo.

Al fine di eliminare le incertezze operative in tema di idoneità della documentazione, l’art. 8 del Decreto, recependo anche le osservazioni degli operatori, prevede che con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate saranno forniti aggiornamenti in tema di documentazione sui prezzi di trasferimento ed in particolare saranno indicati i requisiti in base ai quali la documentazione potrà essere considerata idonea.

Tuttavia, l’art. 8 del Decreto prevede che la documentazione deve essere considerata idonea in tutti i casi in cui:

• la stessa fornisca agli organi di controllo i dati e gli elementi conoscitivi necessari ad effettuare un’analisi dei prezzi di trasferimento praticati, a prescindere dalla circostanza che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento o la selezione delle operazioni o soggetti comparabili adottati dal contribuente risultino diversi da quelli individuati dall’Amministrazione finanziaria;

• siano presenti nella stessa omissioni o inesattezze parziali non suscettibili di compromettere l’analisi degli organi di controllo.

1.3. Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2018

In data 30 maggio 2018 è stato pubblicato il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate per l’attuazione delle disposizioni previste dall’art. 31-quater del D.P.R. n. 600/1973 (di seguito anche

“il Provvedimento”) in materia di prezzi di trasferimento, modificate con il D.L. n. 50/2017, il quale

(19)

riconosce al contribuente residente nel territorio dello Stato la possibilità di effettuare una variazione in diminuzione del reddito imponibile nei seguenti casi:

• in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle procedure amichevoli previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi o dalla Convenzione 90/436/CE del 23 luglio 1990;

• a conclusione dei controlli effettuati nell’ambito di attività di cooperazione internazionale i cui esiti siano condivisi dagli Stati partecipanti;

• a seguito di istanza da parte del contribuente da presentarsi secondo le modalità e i termini previsti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, a fronte di una rettifica in aumento definitiva e conforme al principio di libera concorrenza effettuata da uno Stato con il quale è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi che consenta un adeguato scambio di informazioni. Resta ferma, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di richiedere l’attivazione delle procedure amichevoli di cui sopra, ove ne ricorrano i presupposti.

Con riferimento a tale ultimo punto, il Provvedimento illustra le modalità di:

• presentazione dell’istanza da parte del contribuente per il riconoscimento della variazione in diminuzione in Italia a seguito di una rettifica in aumento all’estero definitiva dei prezzi di trasferimento;

• svolgimento della procedura per il riconoscimento della suddetta variazione in diminuzione.

Nello specifico, l’istanza potrà essere presentata da un contribuente residente nel territorio dello Stato a fronte di una rettifica in aumento dei prezzi di trasferimento

• definitiva;

• conforme al principio di libera concorrenza;

• effettuata da uno Stato con il quale è in vigore una Convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi che consenta un adeguato scambio di informazioni.

L’istanza dovrà essere inoltrata all’Ufficio Accordi Preventivi e Controversie Internazionali dell’Agenzia delle Entrate, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento o, in alternativa, consegnata direttamente all’Ufficio che ne rilascia ricevuta all’atto di presentazione o via PEC e deve contenere specifici requisiti previsti a pena di inammissibilità.

Nell’istanza si rende necessario indicare lo strumento giuridico per la risoluzione delle controversie internazionali di cui è richiesta l’attivazione (vale a dire procedura amichevole prevista dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, Convenzione arbitrale n. 436/90/CEE o altro strumento giuridico disciplinante la risoluzione delle controversie internazionali come recepito dall’ordinamento internazionale).

L’istanza deve essere presentata entro i termini previsti dallo strumento giuridico per la risoluzione

delle controversie indicato.

(20)

Come previsto dal par. 2.4 del Provvedimento, l’istanza deve contenere, a pena di inammissibilità, gli elementi previsti per l’attivazione dello strumento giuridico per la risoluzione delle controversie di cui si è richiesta l’attivazione ed in ogni caso deve prevedere:

• la chiara indicazione dell’oggetto, vale a dire la richiesta di eliminazione della doppia imposizione generata da una rettifica in aumento, definitiva e conforme al principio di libera concorrenza, effettuata dall’autorità fiscale dello Stato estero con il quale è in vigore una Convenzione per evitare le doppie imposizioni sui redditi. Nel caso in cui alla data di presentazione dell’istanza la rettifica in aumento non sia ancora definitiva, l’istanza deve indicare la fase in cui si trova la rettifica in aumento e le possibili circostanze in dipendenza delle quali la rettifica in aumento diventerà definitiva;

• la trasmissione di documenti idonei a comprovare il possesso dei requisiti previsti dalla lett. c), comma 1 dell’art. 31-quater del TUIR.

Pertanto sarà necessario:

• trasmettere una traduzione di cortesia in lingua italiana (o in alternativa in lingua inglese) degli atti impositivi emessi dall’autorità fiscale estera dai quali scaturisce la rettifica in aumento;

• indicare tutti gli elementi di diritto e di fatto che consentano di valutare che la rettifica in aumento, effettuata nel Paese estero, sia conforme al principio di libera concorrenza.

• la firma del legale rappresentante dell’impresa o di altra persona munita dei poteri di rappresentanza.

L’istanza è dichiarata ammissibile entro trenta giorni dal suo ricevimento qualora ricorrano i requisiti richiesti, con comunicazione inviata dall’Ufficio al soggetto istante. Nel caso contrario, l’Ufficio competente è tenuto a dichiarare l’improcedibilità dell’istanza entro lo stesso termine e concede un termine pari a 30 giorni per integrare l’istanza.

L’istanza è dichiarata inammissibile nel caso in cui non ricorrano i requisiti richiesti ed il soggetto istante non provvede ad inviare la documentazione integrativa richiesta entro i termini previsti.

Il procedimento si conclude entro 180 giorni dal ricevimento dell’istanza con l’emissione di un atto motivato di accoglimento o di rigetto da parte dell’Ufficio.

In caso di accoglimento, l’Ufficio comunica all’Autorità fiscale dello Stato estero la rettifica in diminuzione riconosciuta.

La procedura, previa acquisizione della certificazione rilasciata da parte dell’autorità fiscale estera, ovvero documentazione idonea equivalente attestante la definitività della rettifica in aumento effettuata, si perfeziona con un Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate che dispone la variazione in diminuzione del reddito corrispondente alla rettifica in aumento definitiva nell’altro Stato.

Il paragrafo 6 del Provvedimento disciplina il rapporto tra l’istanza per il riconoscimento della

variazione in diminuzione in Italia a fronte di una rettifica in aumento definitiva all’estero e le

procedure amichevoli internazionali.

(21)

Il paragrafo 6.1 del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2018 stabilisce che la presentazione dell’istanza per il riconoscimento della variazione in diminuzione in Italia determina l’attivazione della procedura per la risoluzione delle controversie internazionali prevista dallo strumento giuridico indicato nell’istanza.

Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria italiana rigetti l’istanza presentata dal contribuente non riconoscendo la possibilità di operare la variazione in diminuzione, resta ferma la facoltà per il contribuente di richiedere l’attivazione delle procedure amichevoli previste dalle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi o dalla Convenzione arbitrale n. 436/90/CEE.

Nello stesso senso, il contribuente può procedere direttamente all’attivazione delle procedure amichevoli internazionali senza ricorrere alla presentazione della dell’istanza per il riconoscimento della variazione in diminuzione in Italia.

Pertanto, considerando le difficoltà incontrate a livello internazionale nel rendere le procedure amichevoli strumento efficace per l’eliminazione della doppia imposizione anche a motivo del rilevante periodo temporale necessario per la conclusione di un accordo bilaterale, la modifica legislativa potrebbe rappresentare per i contribuenti residenti in Italia (ed in generale per i gruppi multinazionali) un’alternativa alle procedure internazionali che potrebbe consentire di recuperare la doppia imposizione in tempi molto più rapidi mantenendo la possibilità di attivare le procedure internazionali in un secondo momento.

Il Provvedimento entrerà in vigore a partire dalla data di pubblicazione (vale a dire 30 maggio 2018) con riferimento alle rettifiche in aumento operate all’estero per le quali, alla medesima data, non sia stata presentata un’istanza di procedura amichevole.

2. Rilevanza della Value Chain Analysis e dell’analisi di comparabilità

2.1. Premessa

Le analisi di transfer pricing effettuate dalle imprese multinazionali si pongono l’obiettivo di determinare i prezzi di trasferimento da praticare nelle transazioni infragruppo tenendo conto anche dei risvolti fiscali delle stesse vale a dire della necessità di verificare che tali transazioni siano state poste in essere alle medesime condizioni e seguendo le medesime logiche previste nelle transazioni con o tra soggetti indipendenti al fine di essere compliant con le normative locali in materia di transfer pricing.

I lavori dell’OCSE in tema di erosione della base imponibile e spostamento dei profitti (cd. progetto

“BEPS”) hanno ravvisato un disallineamento tra il Paese di tassazione dei redditi imponibili ed il Paese in cui viene generato il valore per le imprese multinazionali.

Le diverse imprese del gruppo multinazionale dovrebbero essere infatti remunerate sulla base del

valore che le stesse creano nell’espletamento delle proprie funzioni, tenendo inoltre in considerazione

i rischi assunti e gli assets utilizzati per lo svolgimento delle suddette funzioni.

(22)

La corretta identificazione delle attività e delle entità che generano valore all’interno del gruppo multinazionale attraverso una dettagliata analisi della catena del valore da un lato assume valenza strategica per le imprese stesse ai fini dell’ottimizzazione e della razionalizzazione della value chain, dall’altro consente alle Amministrazioni finanziarie di valutare la coerenza tra creazione del valore, reddito imponibile e tassazione dello stesso e contrastare eventuali fenomeni di pianificazione fisale aggressiva aventi l’obiettivo di localizzare (in alcuni casi anche solo formalmente) le attività della catena del valore maggiormente remunerative in Paesi a fiscalità vantaggiosa.

2.2. Le caratteristiche economicamente rilevanti delle transazioni

Dal punto di vista operativo, la prima fase di un’analisi di transfer pricing consiste nell’identificazione delle transazioni infragruppo rilevanti e nella comprensione dei ruoli (attività attività/funzioni) e delle responsabilità (rischi) di ogni soggetto coinvolto nelle transazioni.

La pianificazione dei prezzi di trasferimento non può prescindere dallo svolgimento di un’apposita analisi della catena del valore volta ad identificare i processi di creazione del valore nell’ambito del gruppo multinazionale. A seguito della suddetta analisi e dell’identificazione delle transazioni infragruppo è necessario svolgere un’analisi funzionale, la quale rappresenta l’attività-chiave della fase di pianificazione, in quanto consente di comprendere i ruoli e le responsabilità assunte, gli assets utilizzati e le funzioni svolte da ogni parte coinvolta nella transazione.

Una volta identificate le transazioni infragruppo è necessario delineare le circostanze e le caratteristiche economicamente rilevanti delle stesse.

L’attività di identificazione delle attività e delle circostanze economicamente rilevanti richiede una buona conoscenza del settore industriale in cui il gruppo multinazionale, delle consuetudini e dei fattori che incidono in quel settore e nel mercato di riferimento.

Tale attività si pone principalmente due obiettivi:

• delineare in maniera accurata la transazione oggetto di analisi;

• procedere all’identificazione di transazioni comparabili.

Le caratteristiche economicamente rilevanti o anche “fattori di comparabilità”) che devono essere identificati nelle transazioni intercorse tra imprese associate per delineare in modo accurato l'effettiva transazione e successivamente effettuare una corretta analisi di comparabilità sono indicate dalle Linee Guida OCSE e di seguito elencate:

• condizioni contrattuali della transazione;

• funzioni svolte da ciascuna delle parti della transazione, prendendo in considerazione i beni impiegati e i rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all'interno del gruppo multinazionale cui le parti appartengono, le circostanze che caratterizzano la transazione e le consuetudini del settore;

• le caratteristiche dei beni trasferiti o dei servizi prestati;

(23)

• le condizioni economiche delle parti e del mercato in cui esse operano;

• le strategie aziendali seguite dalle parti.

L’art. 3 del Decreto del 14 maggio 2018, avente ad oggetto le linee guida per l’applicazione dell’art.

110, comma 7, del TUIR ha introdotto nell’ordinamento italiano l’analisi delle caratteristiche economicamente significative in linea con quanto indicato a livello OCSE.

Con riferimento alle condizioni contrattuali, le Linee Guida OCSE evidenziano come l’analisi delle stesse contribuisce a determinare la ripartizione delle responsabilità, degli obblighi e dei diritti, dei rischi e dei benefici tra le parti così come eventuali accordi sul prezzo.

Tale condizioni, oltre che da un contratto scritto, possono anche essere desumibili da comunicazioni o corrispondenza informali.

I contratti e/o eventuali ulteriori comunicazioni rappresentano solo il punto di partenza dell’analisi, dal momento che l’effettiva valutazione delle caratteristiche economicamente rilevanti darà evidenza dell’effettiva condotta delle parti e potrà essere utile per chiarire alcuni aspetti dei contratti e/o verificare l’allineamento tra quanto previsto contrattualmente e il comportamento delle parti.

Pur essendo i contratti infragruppo un’utile base di partenza per gli studi sui prezzi di trasferimento, l’effettiva condotta delle parti dovrà essere considerata come la migliore evidenza dell’intenzione delle parti nell’assunzione di rischi e nella ripartizione di funzioni e responsabilità.

Pertanto, nei casi in cui quanto previsto contrattualmente tra i soggetti coinvolti nella transazione infragruppo rispecchi l’effettivo comportamento delle parti, l’Amministrazione finanziaria non potrà procedere ad una diversa qualificazione delle condizioni contrattuali o ridistribuzione tra i soggetti delle funzioni, rischi, responsabilità previste contrattualmente.

Con riferimento alle caratteristiche dei beni e servizi, le Linee Guida OCSE evidenziano come l’analisi delle stesse sia necessaria per delineare la transazione in esame ma anche per determinare il grado di comparabilità con transazioni intercorse con soggetti indipendenti.

Le caratteristiche da considerare variano a seconda della tipologia di transazione in esame. Ad esempio:

• nelle transazioni aventi ad oggetto beni materiali saranno rilevanti le caratteristiche fisiche del bene, la sua qualità e la sua affidabilità, nonché la disponibilità di approvvigionamento e il volume della fornitura;

• nelle transazioni aventi ad oggetto la prestazione di servizi saranno rilevanti la natura e l’entità dei servizi;

• nelle transazioni aventi ad oggetto beni immateriali, la forma giuridica della transazione (contratto di concessione di licenza o vendita), la tipologia del bene (brevetto, marchi o know- how), la durata e il livello di protezione legale, nonché i vantaggi attesi dall’utilizzo del bene in questione

La rilevanza di tali fattori dipenderà anche dal metodo di transfer pricing selezionato.

(24)

Ad esempio, in applicazione del metodo del confronto del prezzo (CUP) la valutazione dei beni o dei servizi oggetto della transazione dovrà essere più rigorosa dal momento che qualsiasi differenza significativa nelle caratteristiche dei beni e dei servizi potrebbe avere un’influenza sul prezzo e richiedere l’applicazione di un aggiustamento per garantire la comparabilità.

Inoltre, sempre nell’ambito del metodo CUP, appare spesso necessario procedere all’analisi dei beni oggetto della transazione raggruppando e/o categorizzando gli stessi (a condizione che siano rispettati i requisiti di comparabilità) con la possibilità di tenere pertanto in considerazione forme di raggruppamento utilizzate in azienda nell’ambito ad esempio di attività di controllo di gestione o dell’analisi di profittabilità.

In applicazione del metodo del prezzo di rivendita (Resale Price) e del metodo del costo maggiorato (Cost Plus), il margine lordo o il mark-up sui costi (indicatori di profitto generalmente selezionati in applicazione di tali metodi) possono essere influenzati con minori probabilità da alcune differenze nelle caratteristiche dei beni o dei servizi.

Le differenze nelle caratteristiche dei beni o dei servizi saranno invece meno rilevanti nel caso dei metodi basati sull’utile delle transazioni quali ad esempio il TNMM ed il Profit Split.

Tuttavia, è opportuno sottolineare come sia sempre necessario tenere in considerazione la comparabilità delle caratteristiche dei beni o dei servizi quando si applicano tali metodi dal momento che le differenze di prodotti potrebbero comportare o riflettere differenti funzioni svolte, beni utilizzati e/o rischi assunti dalla parte testata (tested party).

Con riferimento alle condizioni economiche, le Guidelines OCSE affermano che è necessario procedere ad una verifica circa l’omogeneità dei mercati nei quali l’impresa associata testata e l’impresa indipendente operano. Ciò al fine di appurare se e come le eventuali differenze esistenti non abbiano effetti rilevanti sul prezzo di libera concorrenza o possano essere eliminate. Le condizioni economiche, rilevanti per valutare la comparabilità di mercato riguardano l’ubicazione geografica, l’ampiezza, il grado di concorrenza e le relative posizioni dei competitors, la disponibilità e i rischi per l’utilizzo di beni e servizi succedanei, i livelli di offerta e di domanda, le regolamentazioni amministrative, i costi di trasporto e quelli dei fattori produttivi, la data e la durata delle transazioni.

Con riferimento alle strategie aziendali, le Guidelines OCSE affermano che è necessario comprendere e tenere in considerazione i vari aspetti tipici della vita di un’impresa quali l’innovazione, lo sviluppo ed il lancio di un nuovo prodotto, il grado di diversificazione, l’avversione (ovvero la tendenza) ad assumere rischi, la valutazione dei cambiamenti politici, l’impatto delle normative sul lavoro ed altri fattori che influenzano l’attività dell’impresa. Ad esempio, potrebbe accadere che il contribuente stia attuando una politica (di gruppo) volta alla penetrazione su un nuovo mercato ovvero tendente ad incrementare la sua presenza su un mercato maturo. In questo caso, l’impresa potrebbe essere disposta ad applicare un prezzo più basso o a sostenere costi più elevati di quelli stabiliti per prodotti comparabili nello stesso mercato riconducibili ad imprese indipendenti.

Il paragrafo seguente si pone l’obiettivo di fornire un focus specifico sul quinto “fattore di

comparabilità”, vale a dire l’analisi funzionale.

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