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DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

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Academic year: 2021

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Discussione e Conclusioni

Nonostante sia noto, ormai da molto tempo, che i cardiomiociti contengono delle granulazioni intracellulari (Clerico et al., 2004; Clerico et al., 2006a), è stato dimostrato soltanto negli ultimi 25 anni che il cuore possiede anche una funzione endocrina. Infatti, i cardiomiociti sono in grado di sintetizzare e secernere una famiglia di ormoni peptidici denominati Peptidi Natriuretici Cardiaci (PNC), che esercita una potente azione diuretica, natriuretica, vasodilatante, ed anche complesse interazioni sia con il sistema neuro-ormonale che immunologico (Clerico et al., 2004; Clerico et al., 2006a). Questa famiglia comprende vari peptidi tra cui il Brain Natriuretic Peptide o Peptide Natriuretico di Tipo B (BNP). La misura della concentrazione del BNP e del suo relativo pro-peptide N-terminale ha portato un notevole miglioramento nell’accuratezza diagnostica e nella stratificazione del rischio dei pazienti adulti con sospetto scompenso cardiaco (Tang et al., 2007; Emdin et al., 2009). Tuttavia, soltanto recentemente, l’accuratezza diagnostica e prognostica del BNP, ha iniziato ad essere valutata nei pazienti pediatrici affetti da cardiopatie congenite (Cantinotti et al., 2008; Nir et al., 2009; El-Khuffosh et al., 2007; Cantinotti et al., 2011; Law et al., 2009, Socrates et al., 2009; Cantinotti et al., 2010a; Cantinotti et al., 2010b ). Purtroppo, alcune limitazioni hanno ritardato l’introduzione del BNP nella pratica clinica in ambiente pediatrico, fra queste la mancanza di intervalli di riferimento specifici per età, come anche il numero piuttosto limitato di studi clinici riportati in letteratura.

La prima parte dell’attività sperimentale, pertanto, si è rivolta alla determinazione dei valori di riferimento per il BNP in soggetti pediatrici sani per permettere ai clinici una più accurata diagnosi di malattia cardiaca nei soggetti pediatrici. È evidente che la grandezza del campione risulta essere un importante fattore da prendere in

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considerazione per stimare gli intervalli di riferimento di una qualsiasi popolazione. Le Linee Guida Internazionali raccomandano un minimo di 120 individui di riferimento per gruppo per poter effettuare un’appropriata analisi statistica (Guideline CLSI 2008), mentre per calcolare con confidenza il 99° percentile della distribuzione di una variabile occorrono almeno 300 individui. Nel presente elaborato, è stata arruolata una popolazione composta da 433 soggetti pediatrici sani, tra neonati e bambini di età compresa fino a 12 anni di età.

I risultati ottenuti confermano dati precedentemente riportati dal laboratorio in cui si è svolto il lavoro della presente Tesi, dove sono stati considerati i valori di BNP di 127 neonati durante la prima settimana di vita (Cantinotti et al., 2009). I dati relativi alle concentrazioni del BNP in circolo, l’ormone biologicamente attivo, sono in accordo con quelli riportati da Nir ed altri (Nir et al., 2009) per quanto riguarda il peptide NT-proBNP, che è un peptide inattivo correlato al BNP ma con un’emivita più lunga. Infatti, le concentrazioni plasmatiche sia del BNP sia del peptide NT-proBNP sono più alte durante i primi due giorni di vita, diminuendo progressivamente nei successivi giorni e settimane.

Come atteso, non sono state osservate differenze tra i valori di BNP di bambini di entrambi i sessi. Tali dati confermano ed avvalorano l’ipotesi che i valori di BNP genere-dipendenti nei soggetti adulti sono dovuti all’azione degli ormoni steroidei sessuali (Clerico et al., 2006b; Clerico et al., 2009) e questi effetti diventano evidenti soltanto dopo la maturazione sessuale.

Da un punto di vista clinico, l’informazione più importante che tali risultati forniscono è che i livelli di BNP sono maggiori nei primi 4 giorni di vita (Figura 3.1.1), diminuendo

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rapidamente durante la prima settimana di vita extra uterina (Tabella 3.1.1). In accordo a questi dati, potrebbero essere definiti due limiti decisionali per il BNP nei bambini di età compresa da 0 a 12 anni di età. Un limite superiore dell’intervallo di riferimento di circa 40 ng/L, vicino al 99° percentile delle concentrazioni del BNP, può essere definito nei bambini di un mese (o più) di età, mentre può essere utilizzato un valore pari a 850 ng/L, corrispondente al 99° percentile nella prima settimana di vita.

Naturalmente, valori decisionali più accurati, possono essere valutati utilizzando studi clinici, riguardanti pazienti pediatrici con malattie cardiache differenti. Pertanto, allo scopo di aumentare l’accuratezza diagnostica di questo biomarcatore, nei soggetti pediatrici affetti da cardiopatie congenite, è stato analizzato in dettaglio l’andamento temporale del BNP nei primi giorni di vita in un consistente numero di neonati e bambini sia sani che con difetti cardiaci congeniti.

Il risultato più importante ed originale è la dimostrazione di un differente comportamento dei livelli circolanti di BNP nei primi giorni di vita nei neonati sani rispetto a quelli riscontrati nei pazienti affetti da difetti cardiaci congeniti. Nei neonati sani, dopo un valore di picco, riscontrato generalmente fra il secondo e terzo giorno di vita, si assiste ad una progressiva diminuzione nei giorni successivi (Figura 3.3.1, parte B). Al contrario, nei pazienti con difetti cardiaci congeniti, dopo un iniziale aumento nei primi 4 giorni di vita, il BNP tende a stabilizzarsi su valori molto elevati nei giorni seguenti (Figura 3.3.1, parte A e Figura 3.3.3). Quindi, i valori di BNP nei neonati affetti da difetti cardiaci congeniti risultano dal quinto giorno di vita in poi significativamente piu elevati rispetto ai valori di riferimento, almeno fino all'intervento di correzione chirurgica (Figura 3.3.3). Questo differente comportamento del BNP nel

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tempo fra neonati sani ed affetti da difetti cardiaci congeniti influenza chiaramente anche l'accuratezza diagnostica del biomarcatore stesso, come anche i valori di cut-off (Tabella 3.3.1). Infatti, l'accuratezza diagnostica del BNP nel discriminare fra neonati affetti da CHD e controlli aumenta progressivamente dopo il quarto fino al trentesimo giorno di vita. Anche se le elevate concentrazioni dei livelli circolanti dei peptidi natriuretici cardiaci nei primi giorni di vita extra uterina siano state già precedentemente riportate, le cause di questo aumento non sono chiare (Cantinotti et al., 2008; Nir et al., 2009). I valori di BNP osservati risultano relativamente bassi alla nascita e aumentano progressivamente nei primi 2-4 giorni di vita sia nei neonati sani, che in quelli affetti da difetti cardiaci congeniti. Da un punto di vista fisiopatologico, i dati ottenuti, specialmente quelli raccolti da pazienti in cui il BNP è stato misurato molte volte (Figura 3.3.2 e 3.3.3), suggeriscono che l'aumento del BNP dopo la nascita sia attribuibile a meccanismi di rimodellamento dei cardiomiociti indotti da cambiamenti nell'emodinamica cardiovascolare, che avvengono durate il passaggio dalla vita fetale alla circolazione neonatale (Rudolph et al., 2010). Infatti, gli ormoni natriuretici cardiaci possono agire “alleviando” il carico cardiaco conseguente all'aumento del volume ventricolare e di pressione dovuto all’aumento del flusso sanguigno polmonare e delle resistenze vascolari polmonari che avvengono in età perinatale. A differenza dei neonati sani, i neonati affetti da difetti cardiaci congeniti devono affrontare non solo lo stress causato dal passaggio dalla vita fetale alla circolazione neonatale, ma anche quello dovuto alla patologia cardiaca, che persiste fino ad un intervento chirurgico correttivo o palliativo (Rudolph et al., 2010). Questo fatto potrebbe spiegare perchè nei neonati con difetti cardiaci congeniti i valori di BNP non diminuiscono dopo i primi giorni di vita,

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rimanendo elevati fino all'intervento.

I neonati affetti da CHD mostrano una grande variabilità intra-individuale (Figura 3.3.2 e 3.3.3) ed inter-individuale (Figura 3.3.1 parte A) dei livelli di BNP. Queste ampie variazioni dei valori di BNP nei pazienti con difetti cardiaci congeniti diminuiscono in generale l’accuratezza diagnostica del biomarcatore ed in particolare impediscono una significativa discriminazione fra i diversi gruppi di difetti cardiaci congeniti (Tabella 2.2.1). Non è quindi possibile utilizzare il valore di BNP nel singolo paziente per discriminare fra i differenti gruppi di difetti congeniti cardiaci. Tuttavia, dal punto di vista fisiopatologico, è importante sottolineare che le cardiopatie congenite caratterizzate da un sovraccarico di pressione del ventricolo destro (come la tetralogia di Fallot e la stenosi polmonare) sono caratterizzate da valori di BNP inferiori rispetto a tutti gli altri sottogruppi di cardiopatie. Questi risultati sono in accordo con l'ipotesi che la funzione endocrina possa essere regolata in modo differente nelle due camere cardiache (per esempio nel ventricolo destro o sinistro) (Holmgren et al., 2005; Goetze et al., 2010). D'altra parte, i valori di BNP nei neonati affetti da cardiopatie congenite, caratterizzate da un sovraccarico di pressione del ventricolo sinistro (LVVPO, inclusa la stenosi/coartazione aortica) (Tabella 2.2.1) hanno mostrato in media valori di BNP tendenzialmente più elevati rispetto a quelli misurati negli altri gruppi di difetti cardiaci congeniti, anche se la differenza è risultata statisticamente significativa soltanto rispetto al gruppo RVPO (P= 0,0001). Studi precedenti (Holmgren et al., 2005; Koch et al., 2006; Cowley et al., 2004) che comprendevano in tutto meno di 100 pazienti di età compresa fra la nascita e 18 anni, riportavano valori negli intervalli di riferimento o solo lievemente aumentati in bambini con stenosi/coartazione aortica. Questi risultati

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discordanti sono chiaramente dovuti al basso numero di pazienti precedentemente studiati, alla dipendenza dall'età dei valori di BNP/NT-proBNP e alla mancanza di limiti di riferimento tra laboratori molto accurati (Cantinotti et al., 2011; Holmgren et al., 2005; Goetze et al. 2010; Koch et al., 2006; Cowley et al., 2004).

Da un punto di vista clinico un altro importante contributo viene fornito dal numero significativo di dati che riguardano neonati affetti da cardiopatie congenite complesse, come per esempio il gruppo delle trasposizioni delle grandi arterie (Gruppo e), che comprende 65 pazienti, o il gruppo dei cuori univentricolari (Gruppo f), che include 53 pazienti (Tabella 2.2.1). Infatti, i dati precedentemente riportati su questi pazienti con difetti cardiaci congeniti complessi erano assai scarsi, a causa della prevalenza molto bassa di questo tipo di cardiopatie. Tuttavia, sebbene rare, queste cardiopatie risultano le più rilevanti considerando il loro impatto clinico e sociale, poichè l’intervento chirurgico mostra una mortalità elevata e un maggior rischio di morbilità. Questi pazienti, pertanto, necessitano generalmente di cure mediche, chirurgiche, riabilitative che si protraggono per tutta la vita. Di conseguenza, i neonati con cardiopatie complesse meritano un'attenzione e una cura clinica speciale dal momento che la maggior parte dei difetti congeniti clinicamente severi è da ascrivere in questo gruppo di pazienti (Mire et al., 2002). La speranza è che il dosaggio del BNP possa contribuire al processo di stratificazione del rischio, possibilmente migliorando la prognosi e di riflesso anche il trattamento dei neonati con difetti cardiaci congeniti (Jacobs et al., 2009), come già riportato per gli adulti che si devono sottoporre ad interventi di cardiochirurgia (Sinha et al., 2005; Bergler et al., 2009; Talha et al., 2011). Comunque, ulteriori studi specifici sono necessari per valutare pienamente l'impatto

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clinico sulla prognosi e sul rapporto costi/benefici dell’utilizzo del dosaggio del BNP nei neonati affetti da cardiopatie congenite.

In conclusione, i risultati ottenuti mostrano che vi sono differenze nei profili temporali dei livelli di BNP nel plasma nei neonati affetti da cardiopatie congenite rispetto ai neonati sani, soprattutto nei primi giorni di vita. Questo differente comportamento dei livelli circolanti dell’ormone influenza, chiaramente, l'accuratezza diagnostica e i valori decisionali del biomarcatore. Il BNP potrebbe essere considerato un utile biomarcatore nel trattamento integrato dei neonati con difetti cardiaci congeniti, dato che fornisce informazioni indipendenti, a basso costo e complementari rispetto ai mezzi diagnostici per immagini convenzionali attualmente in uso (Cantinotti et al., 2008). Comunque, i clinici dovrebbero tenere in considerazione che bassi livelli plasmatici di BNP (< 95 ng/L) hanno sempre un alto grado di sensibilità, e quindi possono essere usati con fiducia per escludere la presenza di difetti cardiaci congeniti nel periodo neonatale. Al contrario, anche un aumento importante del BNP (> 375 ng/L) nei primi giorni di vita possiede una bassa specificità e conseguentemente non può essere interpretato come una valida conferma per la presenza di difetti cardiaci congeniti. In questo caso, è necessario dosare il BNP in un altro campione di plasma prelevato dopo alcuni giorni rispetto al precedente. Infine, è importante sottolineare che un recente studio multicentrico ha confermato come vi siano differenze significative nei valori misurati (inclusi i valori di riferimento e quelli decisionali) fra i diversi metodi disponibili sul mercato per il dosaggio del BNP (Prontera et al., 2009). Pertanto, i clinici devono fare grande attenzione nel confrontare risultati ottenuti da laboratori diversi, specialmente se sono stati usati metodi di dosaggio differenti tra loro. È quindi, fondamentale costruire una

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stretta collaborazione tra il laboratorio e la clinica, in modo da utilizzare al meglio i risultati ottenuti, permettendo un notevole miglioramento nell’accuratezza diagnostica e nella stratificazione del rischio nei pazienti pediatrici con difetti cardiaci congeniti.

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