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Academic year: 2022

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Ischemia intestinale acuta 23

MOSHESCHEIN • PAULN. ROGERS

“La chirurgia vascolare è particolare perché, sopra ogni cosa, è la chirurgia dei disastri.”

(Cid dos Santos)

“L’ostruzione dei vasi mesenterici è considerata una di quelle condizioni impossibili da diagnosticare, con prognosi infausta, per cui il trattamento è praticamente inutile.”

(A. Cokkins, 1921)

L’ischemia intestinale acuta coinvolge, naturalmente, la regione irrorata dal- l’arteria mesenterica superiore (AMS). L’organo prevalentemente coinvolto è quin- di l’intestino tenue, ma anche il colon destro può essere interessato – in quanto sempre vascolarizzato dalla AMS. Dell’ischemia del colon, che è molto meno fre- quente, discuteremo in un capitolo a parte (vedi colite ischemica,Cap. 24).

Il problema

Il problema è dovuto all’improvvisa diminuzione della perfusione arteriosa del tenue che determina rapidamente l’insorgenza di dolore addominale localizza- to in mesogastrio. Se non trattato, questo processo coinvolge progressivamente lo strato muscolare dell’intestino ed è soltanto dopo qualche ora, quando viene coin- volta anche la sierosa, che compaiono i segni peritoneali. Per cercare di semplifica- re le cose, suddividiamo l’ischemia intestinale acuta (IIA) in 3 tipi, tutti e tre piut- tosto frequenti:

Trombotica: dovuta ad una trombosi arteriosa acuta che di solito ostruisce l’ostio della AMS con conseguente ischemia massiva di tutto l’intestino tenue e del colon destro – l’area rifornita dalla AMS.

Embolica: dovuta ad una embolizzazione prossimale ad origine cardiaca (fibrillazione atriale, sindrome miocardica post-infartuale, valvulopatia) o dall’aorta aneurismatica o aterosclerotica. L’embolo generalmente si localizza nella AMS prossimale ma al di là dell’origine dell’arteria colica media, perciò – di regola – il segmento più prossimale dell’intestino tenue viene risparmia- to con il colon trasverso e (probabilmente) con quello destro. Gli emboli ten- dono a frammentarsi e a riembolizzare distalmente, dando origine ad una ischemia a chiazze del tenue.

Non occlusiva: dovuta ad una ridotta perfusione, senza una trombosi arterio- sa o un embolo documentati. Occorre comunque notare che una aterosclero- si mesenterica di base può rappresentare il fattore precipitante/contribuente. Il

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“flusso ridotto” è determinato da un deficit dell’output cardiaco (ad es. shock cardiogeno), da una riduzione del flusso mesenterico (ad es. ipertensione intra-addominale) o da una vasocostrizione mesenterica (ad es. somministra- zione di vasopressori) – tuttavia, di solito è dovuto alla combinazione di que- sti fattori e si sviluppa su un background di pre-esistente patologia critica.

Anche una trombosi venosa mesenterica può determinare una ischemia del tenue. Le caratteristiche ed il trattamento di tale entità sono completamente diver- se. Questo argomento verrà discusso a parte.

Il problema è che, nella pratica clinica, al di fuori dei libri di testo, l’ischemia intestinale viene generalmente riconosciuta quando ha già determinato una gan- grena intestinale. A quel punto il vaso di Pandora (ovvero la SIRS – sindrome da risposta infiammatoria sistemica) è stato aperto e, anche rimuovendo tutto l’inte- stino infartuato, non sempre sarà possibile prevenire una insufficienza d’organo ed il decesso. Anche nel caso in cui tali conseguenze fisiologiche vengano risolte, il paziente finisce spesso col diventare un “menomato intestinale”, con una sindrome da intestino corto.

La valutazione del problema

È tipico che il quadro clinico precoce sia aspecifico – il paziente lamenta un forte dolore addominale, sempre che sia in grado di lamentarsi – ed il medico non ha rilievi significativi all’esame clinico.

Ci possono essere stati pregressi episodi di un simile dolore ai pasti, accom- pagnati da calo ponderale, suggestivi di una pre-esistente angina mesenterica.

L’anamnesi o la manifestazione di una patologia vascolare aterosclerotica sistemica sono praticamente la norma nei pazienti con trombosi mesenterica, mentre nei pazienti con embolia mesenterica è frequentemente presente una fonte di emboli, come ad es. una fibrillazione atriale. I pazienti con ridotta perfusione, sono spesso moribondi a causa della grave malattia di base da cui sono affetti.

Nausea, vomito, diarrea ed ematochezia insorgono tardivamente, a volte mai.

Dovete resistere alla tentazione istintiva di attribuire i sintomi aspecifici a qualche altra patologia benigna come ad una gastroenterite, a meno che non sia presente una storia, associata ai sintomi, di patologia alternativa.E, a proposito, negli anzia- ni è molto raro che una diagnosi di “gastroenterite acuta” sia quella definitiva.

I risultati dell’esame clinico nei primi stadi della malattia, sono proditoria- mente ingannevoli; l’irritazione peritoneale appare troppo tardi, quando l’intestino è ormai necrotico.

La radiografia diretta dell’addome, se eseguita negli stadi precoci della malat- tia, non ci è di aiuto: è sempre “nella norma”; in seguito, potrà mostrare un ileo adi- namico con anse del tenue visibili e livelli idro-aerei, ma con gas e feci in un colon e retto normali. Anche i test di laboratorio sono il più delle volte nella norma, alme- no sino a quando l’intestino non sarà più vitale; soltanto allora si avrà leucocitosi, iperamilasemia e acidosi lattica.

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In conclusione, nelle fasi iniziali di una ischemia intestinale acuta, l’esame clinico, tutti i più disparati esami radiologici e tutti i test ematici disponibili pos- sono risultare nella norma.A questo punto, se sospettate una ischemia intestina- le, avete due possibilità: la prima è di annotare sulla cartella “esame dell’addome nella norma; non è da escludere una ischemia intestinale: da rivalutare in segui- to”, la seconda è di ordinare una TC, che ha sostituito l’angiografia mesenterica come modalità di screening iniziale nella IIA. Benché l’angiografia sia più specifi- ca ed accurata i chirurghi sono riluttanti ad eseguire una procedura invasiva in pazienti con un quadro clinico aspecifico. Sfortunatamente la prima opzione è quella più frequentemente adottata dai più – determinando così una procrasti- nazione, una diagnosi ed un trattamento tardivi ed una percentuale elevata di mortalità.

Tomografia computerizzata

Per essere diagnostico l’esame deve prevedere l’utilizzo del mezzo di con- trasto per os ed ev (angio-TC) e concentrarsi su due aree: la parete intestinale ed i vasi mesenterici. Il reperto più frequente è l’ispessimento della parete intestina- le che, tuttavia, non è specifico. La parete intestinale può presentarsi con un bas- so valore di attenuazione per la presenza di edema o, quando è in atto una emor- ragia sottomucosa, con un valore di attenuazione alto per la presenza di emode- rivati.

La visualizzazione dell’enhancement (segnale di rinforzo) dinamico nelle anse intestinali interessate può migliorare la diagnosi. Le anse coinvolte posso- no mostrare assenza di enhancement, enhancement ritardato o enhancement per- sistente rispetto a quelle non coinvolte. La pneumatosi è un segno raro ma spe- cifico, dovuto alla presenza di gas intraluminale che disseca la parete intestinale friabile. L’angio-TC è anche in grado di visualizzare emboli nella AMS o una trombosi della AMS alla sua origine. Da queste descrizioni è facile capire che anche i reperti TC, in questa patologia, sono difficilmente definiti ed è facile non riconoscerli.

Angiografia mesenterica

Per poter essere utile l’angiografia deve essere eseguita prima che l’intestino diventi gangrenoso.L’orologio corre ed ogni minuto che passa riduce le possibilità che il paziente ed il suo intestino sopravvivano. Occorre puntualizzare che in un

“addome acuto” con segni peritoneali l’angiografia è controindicata. Il radiologo dovrebbe iniziare con una angiografia in più proiezioni (cioè includendo una visua- lizzazione laterale che mostri le origini della AMS e l’asse celiaco). Se l’ostio della AMS è ostruito significa che è in atto una trombosi e che perciò è necessario interve- nire immediatamente (l’angiografia fornisce il mappaggio per una ricostruzione vascolare), a meno che non sia chiaramente evidente un buon circolo collaterale vicariante. Se l’ostio è pervio, il radiologo fa avanzare il catetere lungo la AMS. La

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presenza di emboli distalmente all’origine dell’arteria colica media determina un difetto di riempimento in una AMS sostanzialmente normale.

Trattamento non chirurgico

In assenza di segni peritoneali è giustificato tentare un trattamento non chi- rurgico, modulato sui reperti clinici/TC/angiografici. L’angiografia diagnostica selettiva può, a questo punto, diventare terapeutica con l’infusione di un agente trombolitico per lisare il trombo o l’embolo, aggiungendo o meno papaverina1per ridurre il vasospasmo mesenterico associato. La remissione dei sintomi addomina- li e la risoluzione angiografica indicano che l’emergenza è terminata; una preesi- stente stenosi dell’arteria mesenterica potrà essere trattata in elezione, sempre che ve ne sia l’indicazione.

Nel caso di unaischemia mesenterica non occlusiva l’approccio prevede il tentativo di risolvere la compromissione emodinamica. Per ridurre l’arteriospasmo associato è stata consigliata l’infusione selettiva intra-arteriosa di un vasodilatato- re, la papaverina2. I pochi fautori di questo metodo hanno riportato “risposte posi- tive”. Quando la causa è un embolo, dopo che il trattamento endovascolare ha avu- to successo, è indicata una terapia anticoagulante a lungo termine. Un’ultima cosa – mentre vi affrettate verso la sala arteriografica, ricordatevi di idratare adeguata- mente il paziente per contrastare gli effetti nefrotossici del mezzo di contrasto – ne potrebbe essere utilizzato in grandi quantità.

Trattamento chirurgico

Come abbiamo già detto, la presenza di segni peritoneali è una controindica- zione all’arteriografia, ma pone l’indicazione all’intervento chirurgico; la stessa cosa vale quando il trattamento non chirurgico non ha successo (vedi sopra).

Attraverso una incisione mediana valutate la vitalità dell’intestino. Di solito ci sono due possibilità: in una l’intestino è francamente necrotico (morto), nella seconda l’intestino appare ischemico (scuro) e di dubbia vitalità.

Infarto intestinale. L’infarto dell’intestino tenue di solito si associa ad un infarto del colon destro (stessa, medesima vascolarizzazione!) ed indica una trom- bosi della AMS. Teoricamente, qualche sporadico paziente potrebbe sopravvivere alla resezione di tutto l’intestino tenue e del colon destro. Potrebbe addirittura tol- lerare una anastomosi duodeno-colica ed essere poi sottoposto, a domicilio, a nutri- zione parenterale totale (NPT). Ma la mortalità, nei pazienti anziani vasculopatici sottoposti a questo trattamento, si aggira sul 100% ed i costi sono immensi. Se

1Che l’infusione di papaverina intra-arteriosa apporti dei vantaggi fa parte di un mito nato con uno studio retrospettivo di 20 anni fa, in un ospedale di New York e, da allora, perpetua- to in review e testi ma mai ulteriormente corroborato da una significativa esperienza clinica.

2Leggi nota precedente.

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doveste trovarvi coinvolti in una situazione simile, il nostro consiglio è di uscire un momento dalla sala operatoria, parlare con i familiari del paziente, spiegare loro che tutto ciò che potreste fare servirebbe soltanto ad aumentare la sofferenza del loro caro, tornare in sala operatoria e richiudere l’addome contenente l’intestino non vitale. Somministrate un bel po’ di morfina e di conforto. La gangrena franca di un segmento breve o di segmenti multipli del tenue denota una embolia. Dopo aver resecato tutti i segmenti non vitali, esaminate con attenzione il restante intestino.

Misuratelo: quant’è lungo? Soltanto circa la metà dei pazienti con un intestino tenue residuo inferiore ad 1 metro sopravvive senza NPT (il risparmio della valvo- la ileo-cecale migliora la prognosi).A questo punto osservate l’intestino residuo.

Siete sicuri che non sia compromesso? Le arcate mesenteriche stanno pulsando nor- malmente? Palpate la AMS alla radice – la sua pulsazione è valida?

Intestino cianotico.Quando l’intestino residuo non vi soddisfa o quando, sin dall’inizio, l’intestino è francamente ischemico, di colorito violaceo e la sua vitalità è dubbia, procedete in questo modo: avvolgete l’intestino con delle garze calde intrise di fisiologica ed aspettate 15 minuti. Toglietevi i guanti e prendetevi un caffè; i chi- rurghi non riescono a stare a guardare un campo inattivo per troppo tempo senza iniziare ad agitarsi. Se l’intestino non diventa di un bel rosa significa che è necessario resecare. Quando la lunghezza dell’intestino residuo sano si riduce ad 1,5 metri è con- sigliabile lasciare in sede l’intestino dubbio per riesaminarlo in seguito (second look – vedi in seguito). Salvando anche un piccolo segmento di tenue è possibile aumenta- re le probabilità di una discreta qualità di vita. Alcuni autori raccomandano l’uso del Doppler portatile per valutare la perfusione del versante antimesenterico dell’intesti- no; altri utilizzano l’angiografia intraoperatoria con fluorosceina. Potete decidere di utilizzare questi apparecchi se sono a vostra disposizione, ma il vostro giudizio clini- co è efficace quanto un qualsiasi aggeggio di tal fatta (Fig. 23.1).

Fig. 23.1. “Quanto devo resecare?”

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Tecniche vascolari aggiuntive

La situazione ideale per migliorare chirurgicamente la perfusione di un inte- stino tenue ischemico è eseguire l’intervento dopo una arteriografia d’urgenza (e dopo il fallimento del trattamento endovascolare) in un intestino vitale o dubbio. È ovvio che quando l’intestino è necrotico, certamente non potrà essere rivascolarizza- to! L’arteriografia a questo punto è, a tutti gli effetti, una mappa stradale: quando la AMS è occlusa – trombizzata all’origine – è indicato un bypass in vena o in protesi – che sia esso anterogrado o retrogrado – per riperfondere la AMS (questo quadro è, comunque sia, piuttosto raro); è più facile invece che abbiate a che fare con un qua- dro di embolia della AMS. Cercate la AMS palpando subito alla base del mesocolon:

se non pulsa, la troverete dopo aver inciso il peritoneo, a destra della vena mesente- rica superiore (quel vaso grosso/blu!). Dopo averne ottenuto il controllo, aprite l’ar- teria trasversalmente e introducete, a monte e a valle, un piccolo catetere di Fogarty.

Potete terminare la procedura iniettando distalmente dell’urochinasi per lisare i coa- guli nei rami distali che non possono essere raggiunti dal Fogarty.

Anastomizzare o non anastomizzare?

Dovete essere molto selettivi se volete tentare una anastomosi dopo resezio- ne dell’intestino devitalizzato. Il paziente deve essere emodinamicamente stabile e lo stato nutrizionale essere almeno discreto. Per poter essere anastomizzato, l’inte- stino residuo deve essere, senza ombra di dubbio, vitale e non deve esserci una infe- zione in atto nella cavità peritoneale. Ancora più importante è la risoluzione della causa dell’ischemia. Un altro fattore che può significativamente influenzare la vostra decisione è la lunghezza dell’intestino residuo: quando si reseca più della metà di intestino tenue, la resezione è considerata “massiva” e, ripristinare la con- tinuità intestinale in questi casi, determinerebbe una diarrea intrattabile e sicura- mente mal tollerata. Infine, la ragione principale per cui non si deve confezionare una anastomosi intestinale è la possibilità che si verifichi un ulteriore evento ische- mico intestinale.

Nel caso in cui quindi manchino i fattori favorevoli descritti precedentemen- te o in cui la resezione sia “massiva”, raccomandiamo di esteriorizzare le due estre- mità di intestino resecato come per una ileostomia terminale ed una fistola muco- sa, possibilmente attraverso un’unica apertura della parete addominale (questo consentirebbe di eseguire una re-anastomosi successiva senza dover ricorrere ad una laparotomia maggiore). L’aspetto della stomia, nel periodo post-operatorio, rifletterà accuratamente lo stato dell’intestino residuo.

Procedure second-look?

Un “second-look” pianificato di routine consente di rivalutare direttamente e il più precocemente possibile la vitalità dell’intestino, prima che siano rilasciati ulteriori mediatori della SIRS, con l’obiettivo di conservare una lunghezza maggio-

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re di intestino vitale. Questo concetto è, almeno in teoria, interessante e spinge mol- ti chirurghi a riesplorare routinariamente i pazienti dopo 24-48 ore. Riscontrare, in corso di re-intervento, un intestino completamente sano è, ovviamente, rassicuran- te ma, attenzione, l’anastomosi può andare incontro a filtrazione anche dopo 5 gior- ni da che è risultata integra! Se pianificate un “second-look”, non c’è poi bisogno di chiudere l’addome al termine del primo intervento: trattatelo come una laparosto- mia (Cap. 38); seguendo questa condotta comportamentale, si ridurrà una possi- bile ipertensione intra-addominale aumentando quindi ulteriormente il flusso ematico della mesenterica.

Una alternativa comportamentale è il chiudere l’addome lasciando alcuni port laparoscopici vicini all’intestino attraverso cui inserire, successivamente, un laparo- scopio per valutare lo stato dell’intestino.

In breve – un second-look risulta indicato nella maggior parte dei pazienti in cui, al termine dell’intervento, non sia stata confezionata una stomia. I pazienti che presentano una stomia vitale e che, clinicamente, sono peraltro in buone condizio- ni, possono essere semplicemente tenuti sotto controllo clinico.

Trombosi della vena mesenterica

È una condizione rara in cui si ha una ostruzione del deflusso venoso dal- l’intestino. La presentazione clinica è del tutto aspecifica con dolore addominale e sintomi gastro-intestinali variabili, che possono durare per qualche giorno, fino a che l’intestino non risulta compromesso e non insorgono segni peritoneali. La trombosi venosa mesenterica può essere idiopatica (ad es. il medico è un idiota – ignaro della patologia di base), ma spesso sono presenti una ipercoagulabilità di base (come nella policitemia rubra vera) o un flusso portale rallentato per una cir- rosi epatica.

È tipico che molti di questi pazienti siano ricoverati in “medicina” e che il chi- rurgo venga consultato molto dopo – ritrovandosi ad operare un intestino non vitale. Tuttavia, facendo un salto veloce in sala TC per un esame con mezzo di con- trasto, è possibile giungere ad una diagnosi precoce, evitando così l’intervento e migliorando la sopravvivenza.

I reperti tipici alla TC formano la seguente triade:

ipodensità nel tronco della vena mesenterica superiore;

liquido intraperitoneale associato;

ispessimento del segmento di intestino tenue.

Con questi reperti e in assenza di segni peritoneali, una terapia sistemica anti- coagulante con eparina può determinare la risoluzione spontanea del processo.

Non è chiaro il ruolo della trombolisi sistemica. Il mancato miglioramento o l’insorgenza di segni peritoneali richiedono l’intervento chirurgico.

Durante l’intervento troverete del liquido peritoneale siero-ematico libero e l’intestino tenue sarà spesso, edematoso, blu scuro, ma non francamente “morto”,

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con il segmento intestinale coinvolto, scarsamente demarcato. Saranno presenti le pulsazioni arteriose e visibili le vene trombosate. Dovrete resecare l’intestino inte- ressato. Per quanto riguarda l’anastomosi e la necessità di un “second look”, usate gli stessi parametri di giudizio consigliati per l’ischemia arteriosa.

È obbligatorio eseguire una terapia anticoagulante post-operatoria per preve- nire la progressione del processo trombotico. Alcuni consigliano di eseguire anche una trombectomia venosa o una trombolisi intra-operatoria; i reali vantaggi di que- sti approcci controversi sono ancora sconosciuti.

Conclusioni

Quasi ovunque la percentuale di mortalità per ischemia intestinale acuta è ancora proibitiva. Perché? Perché i chirurghi non adottano le seguenti regole:

Sospettare l’ischemia prima che si sviluppi un infarto intestinale

Procedere con l’angiografia diagnostica/terapeutica

Migliorare la perfusione intestinale durante la laparotomia

Esteriorizzare l’intestino od eseguire un second-look.

Se volete che vi siano dei sopravvissuti a questa terribile patologia, siate aggressivi.

D’altra parte, l’esordio clinico è così aspecifico ed i reperti TC così vaghi che, adottando un approccio aggressivo, molti pazienti con problemi addominali mino- ri auto-limitanti rischierebbero di essere sottoposti ad esami e ad interventi inutili e, comunque sia, alcuni casi continuerebbero a non essere identificati. Inoltre è raro che questi pazienti siano affetti da una patologia semplice. Spesso hanno una malat- tia multisistemica e, anche eseguendo un trattamento ottimale, le percentuali di mortalità sarebbero alte. Purtroppo, nella maggior parte dei pazienti, è probabile che questa condizione rimanga un problema agonico.

È quasi impossibile migliorare l’M&M associato ad ischemia intestinale acuta.

“L’uomo è vecchio come le sue arterie.” (Thomas Sydenham,1662-1689)

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