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Studio qualitativo sui fattori che influenzano la scelta degli infermieri di lavorare con gli anziani

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Academic year: 2021

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Introduzione

Il fenomeno della carenza di infermieri in Ita- lia è ben noto ed è fonte di preoccupazione sia per i professionisti sanitari, sia per i citta- dini e i politici. Si stima, infatti, che manchino ben 68mila infermieri, e la mancanza si fa sen- tire di più in alcune aree, come i servizi di as- sistenza domiciliare, le lungodegenze, le resi- denze sanitarie assistenziali, aree di lavoro non

ambìte dagli infermieri.1La mancanza di inte- resse degli infermieri per l’ambito geriatrico è documentata già a partire dagli anni ’70, esi- stono atteggiamenti negativi nei confronti del lavoro con gli anziani, ed una forte carenza mo- tivazionale.2-8Gli infermieri preferiscono lavo- rare in unità di cure intensive e chirurgiche, con- siderate più stimolanti, dinamiche e premianti soprattutto per l’uso della tecnologia, o in am-

Simona Squaglia1 Maria Matarese2

1Infermiera Dirigente, Azienda Policlinico Umberto I, Roma

2Ricercatore, Corso di Laurea in Infermieristica, Università Campus Bio Medico, Roma

che influenzano la scelta degli infermieri di lavorare con gli anziani

Introduzione.Gli ambiti di assistenza geriatrica sembrano attrarre poco gli infermieri italiani che preferiscono lavorare in altri contesti assistenziali considerati più stimolanti e gratificanti. In letteratura non sono rintracciabili studi italiani che abbiano analizzato i motivi della mancanza di interesse degli infermieri per le aree di assistenza

all’anziano. Per individuare i fattori che influenzano la scelta di lavorare/o non lavorare nell’ambito delle cure geriatriche è stata condotta una ricerca esplorativa.

Metodi.È stato utilizzato un approccio di tipo qualitativo, raccogliendo i dati attraverso focus group, condotti con infermieri provenienti da varie aree cliniche.

Le registrazioni dei focus group sono state analizzate con l’analisi dei contenuti.

Un ricercatore ha identificato le principali categorie emerse, successivamente

raggruppate in macro categorie. Un revisore indipendente ha verificato la correttezza del processo.

Risultati.Fattori di tipo individuale, organizzativo, formativo, sociale e culturale sono alla base della scelta di lavorare con gli anziani. Le principali motivazioni identificate sono: esigenze dell’organizzazione e familiari, qualità delle relazioni umane

e condivisione di valori nell’ambiente di lavoro, esperienza formativa, evocazione di morte legata all’anziano, qualità della struttura, lavoro di squadra,

assistenza personalizzata, padronanza dei tempi di cura, complessità dell’assistenza e livello di professionalità percepito.

Conclusioni.La professione infermieristica ha una dimensione fortemente valoriale e gli infermieri sono disponibili a privilegiare la scelta etica, anche se meno

conveniente, piuttosto che l’ambito clinico di lavoro. L’area di cure geriatriche viene percepita come generalista, meno professionalizzante rispetto ad altre aree cliniche come ad esempio l’area critica. La formazione può giocare un ruolo determinante nell’appassionare e spingere i nuovi professionisti verso ambiti assistenziali dedicati all’anziano.

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bito pediatrico considerato più gratificante per il tipo di popolazione assistita.9, 10, 11L’assistenza agli anziani è considerata poco stimolante e gra- tificante, l’attività che vi si svolge è percepita come routinaria e custodialistica, e di basso pro- filo professionale.12-14

Gli anziani si potrebbero trovare ben presto di fronte al paradosso di avere il bisogno mag- giore di servizi infermieristici, ma pochi infer- mieri disposti ad assisterli.5

Non sono rintracciabili studi italiani che abbiano analizzato i motivi della mancanza di interes- se degli infermieri per le aree di assistenza al- l'anziano, e i risultati degli studi internaziona- li, in contesti socioculturali e sanitari molto di- versi dai nostri, non sono necessariamente tra- sferibili alla nostra realtà. Per questo motivo è stata condotta una ricerca esplorativa per in- dividuare i fattori motivazionali che influenza- no la scelta infermieristica di lavorare/o di non lavorare nell’ambito delle cure geriatriche.

Metodo

Disegno. I dati sono stati raccolti con il focus group, discussioni organizzate in cui un piccolo gruppo di persone, guidate da un facilitatore o moderatore, esplora problemi di natura so- ciale importanti per il gruppo, facendo emer- gere dal confronto i diversi punti di vista.15Un ricercatore, laureato in sociologia, ha condot- to tutti i focus group, indagando i motivi che avevano portato alla scelta della professione in- fermieristica, i motivi della scelta dell’ambito clinico di lavoro, e quelli per cui l’area di as- sistenza agli anziani era stata presa in consi- derazione (o scartata) come ambito di lavoro.

Oltre al facilitatore, era presente un assistente ricercatore che aveva la funzione di annotare le dinamiche di gruppo e la comunicazione non verbale, per fornire, durante la trascrizione, un supporto interpretativo alle registrazioni.16 Partecipanti. Gli infermieri sono stati reclutati secondo un campionamento di tipo propositi- vo, nei reparti di strutture pubbiche e private del Lazio, e in diverse aree cliniche (medicina, chirurgia, aree critiche, oncologia, unità ospe- daliere geriatriche, residenze sanitarie assi- stenziali). L’unico requisito (non c’erano limi- ti per età, sesso e tipo di formazione) è che fos- sero in servizio da almeno un anno. La scelta

dell’area laziale è stata dettata dalla facilità di organizzazione dei focus group e gli infermie- ri sono stati reclutati attraverso contatti perso- nali dei ricercatori in base alla loro esperien- za. Non è stato fissato a priori il numero di par- tecipanti, e quindi di focus group, ma il numero è stato determinato dalla saturazione dei dati.

Secondo questo criterio, infatti, si decide di in- terrompere le interviste quando non emergo- no nuovi dati, e le informazioni fornite dai par- tecipanti tendono a ripetersi.17L’inclusione dei partecipanti nel focus group è stata preceduta dalla richiesta scritta di consenso, ottenuto do- po aver chiarito le finalità dello studio e ga- rantito l’anonimato e la riservatezza delle infor- mazioni fornite.

Analisi ed interpretazione del testo. I focus group sono stati registrati e trascritti integral- mente. Chi trascriveva, in caso di difficoltà di comprensione, chiedeva il parere di una se- conda persona. Un secondo ricercatore ha con- trollato tutte le trascrizioni, per verificarne la comprensibilità e l’aderenza al contenuto. I te- sti sono stati interpretati con l’approccio del- l’analisi qualitativa del contenuto.18-19 Nell’a- nalisi di primo livello il primo ricercatore ha identificato i codici aperti, usando le stesse pa- role degli intervistati, o individuando termini che mantenessero il senso generale dell’affer- mazione. La codifica è stata ricontrollata dal se- condo ricercatore. Nel secondo livello di ana- lisi i codici identificati sono stati raggruppati in categorie secondo un criterio di assimilazione e similarità. Un revisore indipendente ha con- frontato nei fogli di lavoro come le categorie erano state identificate sulla base dei codici e delle trascrizioni originali. Nell’analisi di terzo livello sono stati delineati i temi finali.

Per garantire l’affidabilità dei risultati sono state prese varie misure: ad esempio è stata posta attenzione alla composizione dei grup- pi e alle esperienze che potevano essere por- tate dai vari partecipanti; lo stesso facilitatore ha condotto e trascritto tutti i focus group e ha svolto anche un ruolo di leader nell’anali- si dei dati (coerenza interna), garantendo un profondo coinvolgimento con i dati; al termi- ne di ogni focus group è stato chiesto ai par- tecipanti di confermare i risultati per garantir- ne la credibilità.17

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Sono stati effettuati quattro focus group con 21 infermieri (20 donne ed un uomo), 6 prove- nienti da strutture private, 8 da strutture priva- te convenzionate e 7 da Enti pubblici. La di- mensione dei focus group andava da 3 a 6. L’età media dei partecipanti era 34 anni (mediana 37, range da 24 a 63) e con una mediana di an- ni di servizio di 6 (range da 1 a 35 anni); 9 in- fermieri lavoravano in ambiti assistenziali ge- riatrici e 12 in altri settori di assistenza (onco- logia, area critica, chirurgia, medicina, ecc.). Die- ci provenivano da una formazione universita- ria e 11 da quella regionale; 8 avevano spe- cializzazioni o master, e 3 una laurea in altri campi. Diciassette infermieri erano di nazio- nalità italiana e 4 estera. La durata di ogni fo- cus è stata in media di circa 90 minuti (range tra i 45 ed i 135 minuti).

Le motivazioni alla scelta della professione

Tra i fattori motivazionali che inducono alla scelta della professione infermieristica è stata citata una predisposizione naturale, cioè un’in- clinazione dell’animo ed il possesso di qualità intrinseche, che hanno spinto verso questa professione (“Mi ci sentivo portata”; “La pro- fessione mi ha chiamato”) spesso fin dalla gio- vane età (“Ho deciso fin da piccola di fare que- sto mestiere”; “È il mestiere che fa per me”).

Un altro fattore è il forte spirito di altruismo (“Volevo stare vicino alle persone che hanno bisogno”; “Il sacrificio lo fai perché sarà un bene per qualcun altro”). Alcuni provengono da esperienze di volontariato, attraverso le quali avevano già manifestato un desiderio di donare parte del loro tempo per aiutare gli al- tri. Tra le varie forme con cui si poteva mani- festare il loro altruismo, la scelta è caduta su una che permettesse di avere un contatto con la gente (“Con questo lavoro stai a contatto con le persone”, … conosci le persone, diver- se persone, anche a livello culturale, di fami- glia”; “Non mi ci vedevo in un lavoro al com- puter”; “Meglio il lavoro con il paziente che un lavoro di tipo aziendale”). La professione infermieristica, più di altre professioni sanita- rie permette un contatto prolungato e conti- nuativo con le persone (“La scelta rispetto ad essere medico è stata determinata dall’osser-

o un’infermiera con il malato, non ho più avu- to dubbi”).

La scelta della professione è dettata anche dal desiderio di svolgere un lavoro di utilità so- ciale, (“Mi sentivo una persona utile”; “Non mi vedo in un lavoro che non sia utile agli al- tri”). Nelle motivazioni è possibile leggere an- che che la scelta ha dato risposta ad una ne- cessità di autorealizzazione, cioè di sentirsi gra- tificati facendo un lavoro che rispondesse non solo ai bisogni di altri, ma anche ai propri di realizzazione personale (“È un mestiere che mi gratifica”; “Mi piace essere di aiuto agli altri, mi fa sentire bene”).

Su di un altro versante alcuni hanno riportato come fattore motivazionale iniziale, la neces- sità di un lavoro che garantisse una sicurezza economica, (“La mia scelta è stata determinata dalla necessità di lavorare, non trovavo un la- voro adeguato”), alcuni perché provenienti da famiglie a reddito basso e con la necessità di ripiegare su corsi di studi brevi e di immedia- to sbocco lavorativo (“Avevo deciso che avrei fatto la psicologa, ma avevo problemi econo- mici in famiglia”; “Da piccola volevo fare il cardiochirurgo, ma provenivo da una fami- glia estremamente umile, per cui non è stato possibile”).

La scelta del contesto di lavoro

In molto casi la collocazione lavorativa non è stata scelta ma determinata dalle esigenze del- l’organizzazione(“Ti mandano dove c’è biso- gno”) o casuale (“Mi sono trovata senza aver- lo chiesto in questa area [chirurgia], io non ho una preferenza di area”; “È stata una coinci- denza, ho trovato lì e mi sono fermata lì”). Un altro fattore è la mediazione tra la propria col- locazione lavorativa e le esigenze familiari, ad esempio la gestione di bambini piccoli, che im- pone anche una prossimità abitativa al posto di lavoro (“Abito qui vicino ed avrei scelto qual- siasi lavoro vicino casa”). Inevitabili aggiusta- menti successivi, subordinati però a pesanti con- dizionamenti di natura familiare (“Avevo pro- blemi di turni con la famiglia e sono appro- data [dalla terapia intensiva] in oncologia da tre anni”). Ci si aspettava che le persone de- stinate ad aree non scelte, avrebbero cercato di allontanarsene, ed invece è emerso un pro-

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cesso di adattamento; ad esempio gli infermieri delle aree geriatriche affermano che la moti- vazione è cresciuta nel tempo, come se fosse loro caduto gradualmente un pregiudizio radi- cato. Oppure l’esperienza ha permesso di ac- quisire una maturità ed una competenza pro- fessionale che diventa patrimonio da mettere a disposizione del paziente (“Se una persona ha delle competenze ed impara tante cose ...

sprecare la competenza cambiando conti- nuamente è una grossa perdita, il paziente ha meno garanzie”). Anche altri fattori hanno in- dotto gli infermieri a non cambiare ambito cli- nico, pur avendone la possibilità, ad esempio la qualità delle relazioni umane nell’ambien- te di lavoro, vale a dire le positive relazioni in- terpersonali tra colleghi di lavoro e più in ge- nerale, tra i membri dell’équipe. L’importanza di tale aspetto è ritenuta centrale per gli infer- mieri intervistati e i toni decisi con cui è stato espresso ha fatto fermare l’attenzione sul da- to. In alcune situazioni gli infermieri hanno scel- to di restare nella turnazione delle 24 ore, op- pure hanno accettato di guadagnare meno, ri- nunciando ad alcune indennità, pur di mante- nere il gruppo di lavoro con cui si era creato un buon clima lavorativo.

Un altro fattore, che sembra pesare nelle scel- te dell’ambito clinico, è la condivisione di va- loricon il gruppo di colleghi o con l’istituzio- ne (“Non me ne vado da qui perché ho pau- ra di trovarmi con persone che non pensano di assistere il paziente allo stesso mio modo”;

“Riesci a sopravvivere se trovi almeno una o due persone che la pensano come te, che han- no gli stessi ideali, gente che sai come lavora e ha fatto delle scelte ed ha scelto per gli stes- si ideali la tua professione”). Sarebbero disposti anche a lavorare in geriatria se potessero con- tinuare a condividere i valori in cui credono e mantenere un buon clima relazionale. Affer- mano: “Ci andrei [in geriatria], ma non vor- rei cambiare l’ambiente”; “Mi sposterei [in ge- riatria], ma nella struttura attuale, ho la ne- cessità di poter condividere quanto penso co- me valori, non posso pensare di lavorare con persone, che non condividano il mio modo di pensare”; “La scelta di rimanere in questo re- parto [geriatria] è dovuto al fatto che si è in- staurato un bel rapporto tra le colleghe; que- sto ti stimola a restare”. Per gli infermieri quin-

di sembra non essere importante tanto la ti- pologia di pazienti da assistere o la specialità clinica (“Per me i pazienti sono tutti uguali, anche gli anziani sono pazienti come gli al- tri”; “Per me è importante il contesto in cui avvengono le cose, non tanto il resto”), ma so- no consapevoli che il lavoro funziona solo se funziona il gruppo, perché il risultato è ne- cessariamente legato ad un lavoro di squadra.

I lavori di carattere collettivo sono molti e gli infermieri non hanno problemi diversi dagli al- tri, ma qui il tema assume anche un’altra ac- cezione: senza gli altri il lavoro non può esse- re fatto. Si evidenzia l’obbligo del confronto, ma si parla anche continuamente della grande risorsa che può essere il collega, e chi se ne avvantaggia è il malato: “Chiami la collega se hai bisogno”, o ancora: “Se ho un problema con un malato e non so come fare, ho paura di danneggiarlo… posso sentire la collega di cardiologia, che quella cosa la sa meglio, …ri- conosce quello che è meglio per il paziente”;

“Il nostro è un lavoro collettivo, ci sono più fi- gure che concorrono al bene del paziente”.

Alcuni infermieri avevano invece idee più chia- re rispetto all’area clinica in cui lavorare e fa- re carriera ed hanno chiesto ed ottenuto, di la- vorare nell’area desiderata. Alcune volte la scelta era legata all’esperienza formativa du- rante il corso triennale (“Durante il tirocinio sono stata in oncologia, poi la tesi che ho fat- to sulla buona morte dei pazienti oncologici, anche questo mi ha spinto verso l’oncologia…

per questo motivo sto facendo un master in oncologia e cure palliative”; “Ho proprio chie- sto di venire a lavorare in geriatria … durante il corso di laurea avevo avuto una bellissima esperienza di tirocinio in un reparto geriatri- co … sono stata affiancata ad un tutor mol- to bravo e molto presente”) o la scelta era pre- determinata all’inizio del corso, cioè l’idea di aiutare una tipologia particolare di persone (“Ho voluto fare l’infermiera per lavorare con i bambini”).

Un grosso ostacolo al cambiamento di area di lavoro verso la geriatria è stata la preoccupa- zionedel cambiamento in sé, e dalla percezione della natura del lavoro e della qualità dell’am- biente di lavoro in ambito geriatrico. Il gruppo di infermieri che non ha esperienza di contesti geriatrici, infatti, descrive i luoghi di assistenza

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come evocatrice di morte. Gli infermieri che af- fermano che non sarebbero mai disponibili a lavorare in ambito geriatrico esprimono nell’e- vocazione di morteil maggior ostacolo a con- siderare una carriera in geriatria (“Se potessi sce- gliere tra due reparti, dove si nasce e dove si muore, sceglierei dove si nasce”; “Sceglierei un posto dove è meno presente la morte… perché a me purtroppo fa paura la morte”). Stupisce il fatto che tale tema non sia stato espresso al- lo stesso modo, per esempio, dagli infermieri delle aree oncologiche, che vedono il pazien- te oncologico come qualcuno che, a differen- za dell’anziano, “lotta per la vita”.

Dall’altra parte, uno dei punti di forza degli in- fermieri motivati a restare in ambito geriatrico, è la qualità della struttura lavorativa: una bel- la struttura, a loro avviso, è in grado di rende- re l’erogazione delle cure meno gravosa (“La nostra struttura è molto solare, davvero bella, ci aiuta questo ambiente moderno”; “Nella pri- ma fase del ricovero, per gli anziani le cose sono difficili, pensano alla famiglia; dopo un po’ si tranquillizzano, dicono di essere con- tenti di essere stati portati qui, perché c’è tut- to”). Lavorare in assistenza geriatrica è quindi accettato soprattutto se si è inseriti in un con- testo gradevole e dotato di comfort, che pos- sa contribuire a migliorare la qualità di vita del- le persone ospitate e degli operatori. Il rifiuto dell’assistenza all’anziano sembra quindi lega- to all’idea che questa venga erogata in struttu- re vecchie, desolate e squallide, prive di ma- teriali e risorse, a differenza di quanto si ritie- ne avvenga nelle strutture ospedaliere, gene- ralmente più moderne, dotate di risorse e tec- nologia che rendono più facile il lavoro.

La qualità delle relazioni umane in particolare assume in geriatria un significato molto più for- te. La squadra di lavoro si allarga includendo tutte le figure professionali che vario titolo coo- perano per il recupero dell’anziano. Gli infer- mieri parlano dell’attività di sostegno alle cure dell’anziano, come di un’irrinunciabile colla- borazione: “C’è anche il fisioterapista e ci so- no altre figure professionali, per l’anziano che deve fare riabilitazione”; “Gli anziani che ave- vano perso la possibilità di fare alcune attività, la recuperano anche grazie agli educatori”; “Li stimoliamo, ma abbiamo anche gli educatori

lo attuano”. Da queste considerazioni appare evidente che gli infermieri percepiscono che l’at- tività nella geriatria è più efficace, se condotta da un gruppo interdisciplinare. Gli infermieri delle aree geriatriche che vivono con tranquil- lità e soddisfazione la loro collocazione pro- fessionale sono coadiuvati da altri professioni- sti, con un migliore successo nelle cure, per- ché l’anziano recupera o mantiene più a lungo l’autosufficienza, e questo contribuisce a crea- re un circolo virtuoso motivazionale.

Gli infermieri che mostrano una maggiore re- sistenza alla scelta del contesto geriatrico cre- dono che sia sufficiente un livello di profes- sionalità inferioreper assistere l’anziano (“Tu sei brava, perché vai a lavorare in una casa di riposo?”; “Se una fa l’infermiera in un re- parto di geriatria sembra che non è una buo- na infermiera”). Gli infermieri delle aree ge- riatriche difendono invece la propria profes- sionalità, ribadendo che il loro livello di com- petenza non è inferiore anzi, si tratta di un am- bito assistenziale complesso: il paziente è par- ticolarmente dipendente e fragile non solo dal punto di vista clinico (“Il paziente geriatrico è un paziente molto complesso”; “La complessità clinica con problemi cardiovascolari e respi- ratori è sempre presente, è una situazione di- versa che per un quarantenne o cinquanten- ne”), ma anche dal punto di vista comunicati- vo-relazionale, pertanto l’investimento delle risorse personali e professionali è maggiore che in altre situazioni. C’è la consapevolezza, in- fatti, che qualsiasi attività assistenziale passi at- traverso la capacità di stabilire una relazione con l’anziano (“È molto diversa la relazione [con gli anziani], … prima devi conquistare la loro fiducia altrimenti non gli puoi fare nien- te né dare niente”; “È una comunicazione di- versa, devi lavorare molto su di te per acqui- stare l’alleanza terapeutica, e a maggior ra- gione quando c’è una problematica di tipo co- gnitivo”). In più per gli infermieri delle geria- trie il nodo cruciale della differenza con le al- tre aree clinico-assistenziali non è solo nel- l’approccio relazionale, ma anche nella ne- cessità di rispondere ai bisogni sociali ed af- fettivi dell’anziano: si deve “essere famiglia per l’anziano”, soprattutto lì dove i legami fami- liari sono interrotti, carenti o assenti (“Nasce

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un rapporto diverso, ci raccontano cose che non hanno il coraggio di raccontare ai figli”).

Ed è per gli infermieri non solo un dare, ma anche un ricevere, come avviene in qualsiasi rapporto familiare (“Ti danno tanto queste persone anziane, riconoscenza da parte loro, ti guardano con amore”). C’è meno fretta nel- l’erogare le cure, la conoscenza del paziente è più profonda ed è realmente possibile attuare un’assistenza personalizzata. Quindi la geria- tria è un luogo dove si può avere (se le con- dizioni organizzative lo permettono) il tempo di dedicarsi con calma ed attenzione al mala- to. Di contro gli altri reparti dell’ospedale ven- gono descritti da alcuni infermieri della geria- tria, come luoghi di confusione, dove l’attività è convulsa e stressante ed il malato viene scar- samente accudito: “L’idea di andare a lavo- rare in un reparto di ospedale, mi spaventa per la tipologia del lavoro, è così diversa, che sono sicura che mi troverei male”; “In ospe- dale non si lavora con metodo, sono sicura che mi troverei con tanto disordine e tanta con- fusione”. Gli infermieri della geriatria hanno espresso quindi la percezione di godere di un tempo-lavoro più dilatato da dedicare agli as-

sistiti e questa condizione pare a loro rendere l’attività migliore con una padronanza dei tempi di cura(“[in geriatria] C’è metodo e nul- la è lasciato al caso, neanche l’igiene, riesci a fare le cose con calma, anche l’emergenza, la gestisci con calma”).

Le categorie motivazionali identificate sono riassunte nella Tabella 1.

Discussione

La scelta di lavorare con gli anziani appare com- plessa e sembra essere influenzata da fattori di tipo individuale, sociale, culturale professionale, organizzativo, e formativo.

Le motivazioni alla base della scelta professio- nale confermano quanto già segnalato in let- teratura: fattori interni come altruismo, utilità sociale, poter lavorare con la gente, realizza- zione personale si sommano a fattori stru- mentali, quali la possibilità di trovare lavoro fa- cilmente e il bisogno di sicurezza economica.20-

23Una forte base valoriale connota e sostiene, comunque, la scelta della professione infer- mieristica, in quanto, trattandosi di un lavoro difficile, faticoso e poco retribuito, tende ad es- sere scelto da persone con uno spiccato orien-

Tabella 1 - Categorie emerse dall’analisi del testo.

Area Categorie

Fattori legati scelta della professione 1. Predisposizione

2. Autorealizzazione 3. Utilità sociale 4. Altruismo

5. Contatto con la gente 6. Sicurezza economica 7. Adeguamento Fattori che hanno indotto alla scelta dell’ambito clinico 8. Casualità

9. Esigenze dell’organizzazione 10. Esigenze familiari

11. Adattamento

12. Qualità relazioni umane 13. Condivisione di lavori 14. Esperienza formativa 15. Scelta predeterminata Fattori che favoriscono od impediscono di scegliere l’ambito geriatrico 16. Preoccupazione

17. Evocazione di morte 18. Qualità relazioni umane 19. Condivisione di lavori 20. Qualità struttura

21. Livello professionalità inferiore 22. Assistenza complessa 23. Lavoro di squadra 24. Assistenza personalizzata 25. Padronanza dei tempi di cura

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che l’identità professionale infermieristica, nel- la sua accezione più profonda, sia immersa in una dimensione fortemente valoriale è evi- dente anche quando gli infermieri affermano che condividere i valori con i colleghi è più im- portante dello scegliere l’ambito operativo. Sa- rebbero disponibili, infatti, a lavorare in geria- tria se inseriti in un’équipe con cui condivide- re i valori professionali e le modalità di ap- proccio al paziente.

La conoscenza di questa disposizione di fon- do potrebbe essere utile a formatori e mana- ger infermieristici per favorire la scelta di con- testi assistenziali geriatrici, ma solo ad alcune condizioni.

Da una parte dovremmo contribuire a far ri- conoscere valore sociale a chi si prende cura degli anziani: la nostra cultura occidentale, in- fatti, sempre più proiettata nel presente, stig- matizza la vecchiaia con una serie di stereoti- pi e pregiudizi di cui gli operatori sanitari non risultano certo immuni. La paura della morte, l’enfasi sulla bellezza fisica e sulla gioventù e la mancanza di produttività dell’anziano sono solo alcuni dei fattori che contribuiscono a creare un’immagine negativa degli anziani, che finisce per permeare anche la cultura profes- sionale.24

Dall’altra parte gli infermieri dovrebbero rico- noscere che nell’assistenza alle persone anziane vengono messe in gioco competenze profes- sionali complesse. Esiste infatti, un forte pre- giudizio tra gli infermieri sulle abilità che si de- vono possedere per assistere un anziano: per questo si tende ad etichettare come infermie- ri di serie B chi lavora con gli anziani e al di fuori dell’ospedale.10, 12, 13Tra gli infermieri è diffusa la convinzione ad esempio, soprattut- to ad inizio di carriera, che solo l’esperienza lavorativa negli ospedali per acuti possa per- mettere di sviluppare abilità professionali di al- to livello, spendibili poi in tutti i contesti.23Que- sta convinzione si basa sostanzialmente sull’i- dea che l’infermieristica sia una uniforme, in- dipendente dal contesto. Come sostenuto an- che da Wilson e Retsas,25non è possibile più parlare di una forma omogenea di pratica in- fermieristica, ma la sua natura e unicità sono definite dai differenti contesti in cui è pratica- ta; l’avanzamento delle conoscenze e della

mieri di identificare e dare valore ai differen- ti contesti. Solo gli infermieri che lavorano in geriatria sembrano aver capito che l’assisten- za geriatrica richiede un approccio scientifico e culturale diverso. A loro avviso si tratta, in- fatti, di un’area ad alta complessità assisten- ziale ed elevato livello specialistico per la na- tura dei problemi presentati dall’anziano. Il prendersi cura a lungo termine, l’empatia, la visione olistica delle cure, il rispetto dei valo- ri, insieme ad un’organizzazione del lavoro con ritmi rispondenti alle esigenze dell’anziano sembrano caratterizzare l’assistenza infermie- ristica in geriatria.25La scelta del contesto la- vorativo deve essere in sintonia con le carat- teristiche personali di chi vi deve operare.

L’infermiere, nella formazione di base e durante le prime esperienze lavorative, dovrebbe es- sere aiutato a capire in quali situazioni assi- stenziali può esprimersi meglio: c’è chi sviluppa meglio le proprie potenzialità in un ambiente strutturato dove ha chiari punti di riferimento, c’è chi si sente fragile se esposto a situazioni di emergenza e chi si trova a proprio agio in situazioni di estrema variabilità clinica. La ri- flessione sulla motivazione alla scelta lavora- tiva e di contesto clinico dovrebbe diventare parte del percorso di crescita dell’identità pro- fessionale.27

A differenza dei medici che, per l’iperspecia- lizzazione della medicina e per una necessità di mercato di lavoro, sono indotti a fare una scelta all’inizio della loro carriera, per gli in- fermieri non è diffusa la cultura di definire un ambito clinico di assistenza in cui investire tut- ta o gran parte della propria carriera. Più che seguire i propri interessi o predisposizioni l’in- fermiere si adegua alle esigenze dell’organiz- zazione sanitaria, soprattutto nei contesti sani- tari poco flessibili ed in cui ha poco potere di contrattazione, e alle necessità familiari, con le quali il personale di sesso femminile, deve spesso far i conti.

I dirigenti infermieristici dovrebbero sempre di più gestire l’assegnazione e la mobilità del per- sonale tenendo conto delle caratteristiche per- sonali, delle competenze e del desiderio di svi- luppo professionale del singolo infermiere, in quanto questo ha un forte impatto sulla moti- vazione e sull’utilizzo ottimale delle risorse

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umane.26Questo dovrà portare ad una modi- fica importante della cultura organizzativa che ha prediletto fin ad ora un approccio orienta- to più alla garanzia numerica che alla qualità delle prestazioni assistenziali.

I manager dei servizi infermieristici per reclu- tare e mantenere infermieri nelle aree di assi- stenza geriatrica dovrebbero tenere conto an- che dell’effetto positivo e motivante del clima lavorativo e della qualità delle relazioni uma- ne dell'équipe di cura, risultati centrali per la scelta lavorativa. Come anche segnalato da al- tri ricercatori,28spesso la causa di insoddisfa- zione, nei contesti di assistenza geriatrica e di lungo degenza, non è il lavoro di per sé ma i problemi di relazione.

Il contesto geriatrico potrebbe essere consi- derato un buon posto per lavorare se il pa- ziente fosse assistito in strutture adeguate ai suoi bisogni e a quelli del personale che vi la- vora. Le strutture per anziani pagano ancora, in alcune regioni, lo scotto di politiche di in- vestimenti rivolte a potenziare le strutture ospedaliere per acuti. Questo non fa altro che, in un circolo vizioso, confermare l’idea che ci siano luoghi privilegiati di cura e di lavoro, spingendo il personale verso quelle aree. La geriatria dovrebbe contare, inoltre, non solo su risorse strutturali, ma anche su risorse uma- ne adeguate in quantità e qualità. Appare im- portante, infatti, per le finalità dell’assistenza geriatria, disporre di un’équipe multidiscipli- nare, che sollevi gli infermieri da attività non proprie, e che renda possibile il recupero fun- zionale dell’anziano. Infatti il lavoro infer- mieristico è percepito come attività di carat- tere collettivo, efficace soprattutto se il grup- po di lavoro ha obiettivi condivisi, e modelli di cura comuni.

In ultimo, ma non meno importante, va se- gnalato il ruolo che può avere la formazione nell’appassionare e spingere verso ambiti as- sistenziali dedicati all’anziano. Una quota di infermieri, infatti, si orienta verso l’area clini- ca in cui sviluppare la propria carriera già du- rante la formazione di base. Alcuni studi han- no messo in evidenza, ad esempio, il ruolo positivo che può avere un curriculum forma- tivo orientato all’assistenza gerontologica e ge- riatrica,29modelli professionali positivi, docenti motivati e preparati,30ed esperienze selezio-

nate e significative con anziani sani e malati in contesti istituzionali31e comunitari.32I for- matori devono quindi curare con particolare attenzione i piani di studio dei Corsi di Lau- rea garantendo uno spazio adeguato ai con- tenuti e alle esperienze di assistenza all’anziano gerontologizzando il curriculum, cioè inte- grando i contenuti geriatrici e gerontologici nei programmi di tutti i corsi, sulla base anche del- l’evidenza che circa il 60-80% dei pazienti che saranno assistiti nei prossimi anni avranno ol- tre 65 anni.33Trattandosi di uno studio quali- tativo, questi risultati non sono generalizza- bili. Tuttavia lo studio è il primo in Italia ad aver esplorato in maniera induttiva le moti- vazione della scelta professionale in ambito geriatrico.

Conclusioni

La ricerca ha permesso di identificare i fattori di tipo individuale, organizzativo, formativo, so- ciale e culturale alla base della scelta profes- sionale e della motivazione a lavorare con gli anziani. La conoscenza di questi fattori potrà essere utile a formatori, manager e ricercatori per individuare ed attuare interventi che per- mettano di reclutare e mantenere un numero maggiore di infermieri nei contesti assistenzia- li per anziani.

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Introduction. Geriatric settings are not attrac- tive for italian nurses that rather prefer other ar- eas, valued as more stimulating and rewarding.

No italian studies attempted to analyse the rea- sons for the lack of interest of nurses for geriatric care, therefore an explorative study was con- ducted. Method. A qualitative study was con- ducted collecting data through focus groups with nurses involved in different clinical settings. The focus groups were type-recorded and transcribed Content analysis was used to analyse data. A re- searcher identified the main codes (this process was independently reviewed by a second re- searcher). The codes with similar meaning were grouped in main categories. The process was in- dependently reviewed by a third researcher. Re- sults. Several factors (individual, educational, organizative and sociocultural influence the

choice of working with elderly people. The main reasons are related to: the needs of the family and of the organization, the quality of interpersonal relationship and values of the team, the previ- ous educational experiences, the personal values, the association between old age and death, the physical characteristics of the working environ- ment, the opportunity of giving personalized care, the perception of complexity of needs and of the necessary skills to answer those needs. Con- clusions. The choice of the nursing profession is value loaden and nurses favour a choice of setting that reflects their values, rather than a priory selecting the clinical area. Geriatric care is perceived as generalist, less professionalizing compared to critical care. The education can play a major role in motivating nurses to consider and privilege geriatric care.

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