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L E N U O V E F R O N T I E R E D E L D I R I T T O S U C C E S S O R I O S E C O L A R I E N U O V O M I L L E N N I O

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GIORGIO MOLINARI

L E N U O V E

F R O N T I E R E D E L D I R I T T O

S U C C E S S O R I O

TRA FONDAMENTI S E C O L A R I E

N U O V O

M I L L E N N I O

maggio 2020 - ebook 1

e-book

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granitica e statica.

Ma così non è: il diritto, seppur con principi antichissimi, è in continua evoluzione in tutti i suoi settori e, senza dubbio, l’era digitale pone nuove sfide anche all’apparentemente impassibile diritto delle successioni.

Chiunque, infatti, si sarà chiesto almeno una volta (e se non lo ha fatto, lo invitiamo a farlo!): che cosa succederà ai miei account digitali, alle mie conversazioni, ai miei dati  on line, quando morirò?  Prima di addentrarsi nel labirinto del  cyberspazio, è però

doveroso chiarire

immediatamente – e tenerlo a mente nel corso della lettura – quali situazioni giuridiche sono trasmissibili mortis causa.

UNA MATERIA IN

CONTINUA EVOLUZIONE

Tra le materie più “classiche” del nostro ordinamento, i cui principi cardine si sono tramandati per millenni, rientra senza dubbio quella successoria.

Gli infiniti brocardi dei giuristi dei secoli passati e i latinismi in ambito ereditario, ancora oggi attualissimi, sono la prova che questa branca del diritto affonda le radici nella nostra cultura – giuridica e non - più antica (semel heres semper heres, inter vivos, ab intestato, de cuius  e si potrebbe continuare sino ad annoiare anche chi, come lo scrivente, ha trascorso l’adolescenza sul “Castiglioni- Mariotti”). Data la premessa, si potrebbe quindi immaginare che quella ereditaria sia materia

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TR AS MIS SIB ILI TÀ

Tradizionalmente, l’erede, a differenza del legatario – al quale viene attribuito un bene determinato dal defunto (es. “lascio la mia automobile Mercedes al mio amico d’infanzia Sempronio”) - subentra in tutte le  situazioni giuridiche di natura patrimoniale  facenti capo al  de cuius, e ciò sia dal lato attivo, sia dal lato passivo. Le situazioni giuridiche non patrimoniali, invece, sono tendenzialmente intrasmissibili, salvo le eccezioni previste dalla legge (per esempio in materia di azioni relative allo status filiationis, al diritto morale d’autore per i parenti, ecc). Quindi, come accennato, nel campo dei rapporti patrimoniali la regola è la successione, salvo, anche in questo caso, le relative eccezioni. Sono infatti intrasmissibili tutti i rapporti di natura strettamente personale (come l’usufrutto, l’uso, la rendita vitalizia, le obbligazioni alimentari, ecc.) e tutti i contratti fondati sull’intuitus personae, come, a esempio, il mandato (Manuale di Diritto Privato di A. Torrente e P. Schlesinger, a cura di F. Anelli e C. Granelli,  Giuffrè, Milano, XXIII edizione, 17 luglio 2017, pagg. 1360 e ss).

Per decenni (forse secoli), quindi, la linea di confine fra beni oggetto di successione e beni intrasmissibili era abbastanza netta, essendo il compendio successorio costituito, nella maggior parte dei casi, da rapporti

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obbligatori stabili e da beni quasi esclusivamente materiali. Negli ultimi anni, tuttavia, la rivoluzione tecnologica ha chiamato il diritto a fornire una risposta sulla sorte di tutti quei dati sfruttati e immessi in rete quotidianamente dell’uomo moderno (account,  e-mail, contenuti memorizzati sui cosiddetti  cloud, documenti elettronici ecc.), che, a differenza del denaro depositato sul Conto Corrente o di un immobile, non è così semplice sussumere all’una - diritti trasmissibili - o all’altra categoria - diritti intrasmissibili -.La dottrina moderna rubrica la questione con l’espressione “eredità digitale”: argomento incredibilmente complicato nell’ambito del quale  problematiche di carattere giuridico  e  questioni etiche  sono strettamente connesse (a chi appartengono realmente i miei dati? Chi decide cosa accade ai miei profili  on-line  se dovessi morire? Quali contenuti voglio che vengano messi a disposizione dei miei eredi dopo la mia morte? Chi deve possedere i diritti di accesso ai miei dati una volta che io non ci sarò più?).

A oggi, nonostante sia innegabile che i beni digitali costituiscano un asset fondamentale del patrimonio di ciascuno, il legislatore non ha ancora apprestato alcun intervento che adegui il diritto delle successioni – da sempre contraddistinto da formalismi e sacramentalità secolari – alle nuove tecnologie.

Per comprendere l’oggetto del presente articolo, di seguito una tabella, di certo non esaustiva, che esemplifica quali beni rientrano nel concetto di “eredità digitale”.

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CATEGORIA

BENI, DATI E RAPPORTI TRASMISSIBILI

IURE EREDITATE ESEMPI

Dati di accesso, credito, contratti, messaggi, transazioni, dati contrattuali, ordini permanenti, condizioni di scioglimento del contratto

Online banking Online banking, servizi di

pagamento (PayPal, Google Pay), online shop (Amazon), servizi di criptovalute (Bitcoin), servizi di streaming (Netflix, Spotify), account Google, account Apple

Dati di accesso, informazioni di profilo, messaggi, contenuti multimediali caricati

Profili social media Facebook, Twitter,

Instagram, LinkedIn, WhatsApp

Account di posta elettronica

Dati di accesso, e-mail, rubrica indirizzi

Indirizzi e-mail con IONOS, Google, Outlook

Licenze online e altre proprietà online

Dati di accesso, dettagli contrattuali, condizioni di cancellazione del contratto, regole di trasmissione

Licenze software

(programmi di

elaborazione delle immagini), videogiochi e avatar nei giochi online

Hardware Contenuti  multimediali,

documenti, progetti

Pc, notebook,

smartphone, tablet, dischi esterni, pendrive USB, lettori e-book

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Dall’analisi dello schema che precede, ogni lettore nato dopo il secondo conflitto mondiale comprenderà il rilievo dell’argomento. È infatti innegabile che l’uomo moderno trascorra una parte consistente della propria vita  on-line  e che, sempre con maggior frequenza, al decesso di un soggetto, una parte rilevante dell’asse ereditario sarà costituito anche dal cosiddetto

“patrimonio digitale”.

Patrimonio che, peraltro, potrebbe anche avere un grande valore patrimoniale se la persona deceduta utilizzava i  social network  per lavoro. Si pensi ai profili  Instagram  con un grande seguito, contenenti  post  sponsorizzati e oggetto di contratti pubblicitari. 

Nonostante l’innegabile impatto del mondo digitale sulla vita privata ed economica ormai di chiunque, alla data in cui si scrive, gli unici interventi normativi del Legislatore italiano sul punto sono stati quelli correlati alla disciplina sui dati personali (Regolamento UE 679/2016, il c.d. GDPR, e D.Lgs. 196/2003, come aggiornato dal D. Lgs. 101/2018, il c.d.  Codice Privacy). Queste norme disciplinano la facoltà di eliminare dalla rete (o far eliminare) i dati personali del defunto. Si raccomanda la lettura in calce degli artt. 17 del  GDPR, rubricato “diritto alla cancellazione” (il c.d.

“diritto all’oblio”) e 2terdecies del Codice

PA TR IM ON IO D IGI TA LE

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non accade proprio nulla.

I profili e gli  account  continuano a esistere con tutti i dati, i contenuti, i messaggi e le valute a essi collegati. Gli indirizzi  e- mail  continuano a ricevere la posta, gli abbonamenti rimangono attivi, così come i profili social.

Legalmente, in assenza di disposizioni specifiche, non resta che applicare i principi generali della materia che, per chiarezza espositiva, e richiamando la distinzione iniziale tra beni/diritti trasmissibili e beni/diritti intrasmissibili  iure successionis, possono essere schematizzati come indicato nelle pagine seguenti:

Privacy.

Escluse le citate norme in tema privacy e dati personali, come detto, non esiste a oggi alcun intervento  ad hoc  relativo alla successione del patrimonio digitale e l’adeguamento della relativa disciplina è rimesso alla dottrina – le occasionali pronunce giurisprudenziali sul punto si segnalano negli ordinamenti tedesco e statunitense.

La domanda, a questo punto, dovrebbe sorgere spontanea:

cosa succede ai dati, ai beni e ai profili on-line dopo il decesso del titolare? 

La risposta è tragicamente semplice: in un primo momento,

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La disciplina dei  beni digitali di natura non prettamente patrimoniale o a contenuto misto  (che sono la stragrande maggioranza), come facilmente intuibile, presenta maggiori problematiche. Ci si riferisce in particolare alla corrispondenza (scambiata via e-mail o chat Whattsapp, SMS ecc.), ai ritratti fotografici e, in generale, a tutti quei materiali caratterizzati da natura individuale, personale e affettiva, trai quali i  post  sui  social network. In assenza di una vera regolamentazione circa i beni in parola, parrebbe applicabile agli stessi la Legge n. 633 del 1941 sul Diritto d’Autore e, in particolare l’art. 93 che così recita: "Le corrispondenze epistolari, gli epistolari, le memorie familiari e personali e gli altri scritti della medesima natura, allorché abbiano carattere confidenziale o si riferiscano alla intimità della vita privata, non possono essere pubblicati, riprodotti od in

Per quanto concerne  i beni digitali a specifico e oggettivo contenuto patrimoniale  (che rappresentano una piccolissima parte della categoria dei beni digitali), non vi è dubbio che questi saranno soggetti alle ordinarie norme successorie. Tra questi beni possiamo annoverare tutte le valute digitali (Bitcoin  a es.), ma anche tutti i beni acquistati  on-line (musica, libri, film, programmi per elaboratore ecc.).

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modo portati alla conoscenza del pubblico senza il consenso dell'autore, e, trattandosi di corrispondenze epistolari e di epistolari, anche del destinatario. Dopo la morte dell'autore o del destinatario occorre il consenso del coniuge e dei figli, o, in loro mancanza, d e i g e n i t o r i ; m a n c a n d o i l coniuge, i figli e i genitori, dei fratelli e delle sorelle, e, in loro mancanza, degli ascendenti e dei discendenti diretti fino al quarto grado. Quando le persone indicate nel comma precedente siano più e vi sia tra loro dissenso, decide l'autorità giudiziaria, sentito il pubblico ministero. È rispettata, in ogni caso, la volontà del defunto quando risulti da scritto.” È però allo stato quasi impossibile categorizzare un  post  sui  social network, o i contenuti dell’account  del defunto, utilizzando gli schemi previsti dalle norme vigenti (si pensi, come mero esempio, al profilo  social  di un  influencer  nell’ambito del quale il confine tra natura personale e sfruttamento patrimoniale delle pubblicazioni è sottilissimo).  Ciò detto, oltre alle accennate criticità sulla gestione del compendio digitale da un punto di vista economico, non è trascurabile l’ulteriore problematica morale legata allo stesso tema. L’elaborazione del lutto di una persona amata che era attiva sui  social network  gioca un ruolo cruciale: in assenza di disposizioni o interventi da parte degli eredi, si rischia infatti che i profili  online della persona deceduta continuino a esistere nonostante quel soggetto non sia più in vita, con le ovvie conseguenze sul piano di elaborazione del lutto ed esposizione al pubblico di contenuti privatissimi.

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Dai brevi spunti che precedono emerge l’inadeguatezza degli strumenti giuridici attuali all’approccio sistematico del fluido, impalpabile, rapidissimo e globalizzato mondo dei “patrimoni digitali”. E non potrebbe essere altrimenti: il Legislatore del passato non poteva certo prevedere l’impatto della tecnologia sulla quotidianità e sull’economia del XXI secolo.

Nel vuoto normativo presente, in attesa della regolamentazione legislativa di questa materia, che non può più essere trascurata, il suggerimento più opportuno pare quello di  stabilire espressamente cosa si desidera accada al proprio patrimonio digitale  tramite uno scritto o, meglio ancora, un testamento, nel quale andranno fornite precise indicazioni circa la composizione e la sorte del proprio patrimonio digitale in caso di decesso (a es. “cancellare completamente il profilo”, “mantenere come pagina commemorativa”, “Informare della mia morte tramite un breve messaggio” ecc.).

Avv. Giorgio Francesco Molinari

Partner Accolla e Associati

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Facebook ha una sezione apposita nel proprio  Centro assistenza.

Inoltre, il social networkper eccellenza offre la possibilità di convertire la pagina del profilo della persona deceduta in una  pagina commemorativa.

Facebook prega in questo caso di essere contattato direttamente dai parenti. È inoltre possibile richiedere la  cancellazione dell’account  tramite un apposito modulo di contatto. La piattaforma social rende espressamente noto che i  dati di accesso non saranno forniti. Le pagine commemorative prevedono un "In memoria di" prima del nome del defunto. Le impostazioni sulla privacy determinano se su questa pagina del profilo possano essere pubblicati dei post e condivisi dei contenuti.

Twitter chiede di essere contattato direttamente in caso di decesso, rimandando alle norme generali in materia di successione. Utilizzando il  modulo di contatto per l'informativa sulla privacy è possibile, non senza complicazioni, avviare la cancellazione dell’account;  procedura che può durare fino a sei mesi.

Instagram si comporta in maniera simile a Facebook, facendo d’altronde parte dello stesso gruppo. L’assistenza  fornisce moduli di contatto per modificare un profilo Instagram in stato commemorativo o per cancellarlo completamente Instagram richiede di dimostrare che il proprietario dell’account sia effettivamente deceduto e  non rilascia in nessun caso i dati di accesso..

Di seguito uno schema sulla gestione prevista per le varie piattaforme e social in caso di decesso del titolare.

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Con  PayPal  è possibile solo la cancellazione dell’account, in quanto gli account  PayPal non sono conti bancari e non supportano quindi le autorizzazioni di addebito diretto o gli ordini permanenti. Tuttavia, l’eventuale credito  PayPal è proprietà del defunto e sarà quindi suddiviso tra gli eredi. 

Gli account Google combinano molti servizi, tra cui YouTube e Google Mail. La procedura di  Google  prevede di modificare gli account delle persone defunte, rendendoli “inattivi”. È possibile utilizzare la pagina di  Gestione account inattivo  per specificare come procedere con l’account dopo la morte del proprietario. Se si desidera cancellare l'account di un parente deceduto,  Google  offre uno speciale  modulo di contatto, attraverso il quale è possibile stabilire quali diritti di accesso dei vari servizi di Google garantire agli eredi.  Google non fornisce in alcun caso i dati di accesso.

Secondo una sentenza della Corte di giustizia europea (CGCE), dal 2015 i  Bitcoin  e le altre  criptovalute  sono ufficialmente riconosciute come denaro. Tuttavia, la successione delle cripto- valute non è regolamentata in modo chiaro. In linea teorica le cripto-valute dovrebbero essere divise pro quota dagli eredi alla stregua del comune denaro. In pratica però, non essendo nominali, chi dispone dei dati di accesso è proprietario anche dei beni, con tutti i rischi connessi.

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