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EFFETTI POLITICI SUL TREND STORICO DEI BUONI POLIENNALI DEL TESORO

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Academic year: 2022

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI GABRIELE D’ANNUNZIO CHIETI – PESCARA

SCUOLA DELLE SCIENZE ECONOMICHE, AZIENDALI, GIURIDICHE E SOCIOLOGICHE

Corso di Laurea Triennale in Economia e Commercio

“EFFETTI POLITICI SUL TREND

STORICO DEI BUONI POLIENNALI DEL TESORO”

Anno accademico 2018/2019

Laureando: Relatore:

Mario Stefano Serpone Chiar.mo Prof. Carlo Mari

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2 Indice

Introduzione ... 4

Capitolo I – I titoli obbligazionari ... 5

1.1 LE OBBLIGAZIONI ... 5

1.1.1 I titoli di stato ... 7

1.2 BUONI DEL TESORO POLIENNALI:CONCETTO,RENDIMENTO ERISCHIOSITA' ... 8

1.3 DETERMINAZIONE ECARATTERISTICHE DELLO SPREAD ... 10

Capitolo II – Analisi rendimento storico buoni poliennali del tesoro ... 12

2.1 TRATTATO DI MAASTRICH:EFFETO SUI BUONI POLIENNALI DEL TESORO ... 14

2.2 CRISI FINANZIARIA DEI MUTUI SUBPRIME:EFFETTO SULL'ECONOMIA ITALIANA .... 17

2.3 CRISI DEL DEBITO SOVRANO:EFFETTI SUL MERCATO FINANZIARIO ... 22

Capitolo III – Il differenziale di rendimento fra titoli sovrani ... 29

3.1 ANALISI COMPARATIVA: BTP E BUND ... 30

3.2 CURVA DEI RENDIMENTI ... 34

3.2.1 Curva normale dei rendimenti ……….……….37

3.2.2 L'inversione della curva dei rendimenti…...………37

3.2.3 Curva piatta dei rendimenti………...………38

3.3 VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO DI UN EMITTENTE SOVRANO ... 41

Conclusioni ... 45

Ringraziamenti………48

Bibliografia ... 49

Sitografia ...………..50

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4 Introduzione

Il seguente elaborato si pone l’obiettivo di analizzare l’andamento storico del mercato finanziario italiano focalizzandosi sui titoli di stato, che sono stati da sempre considerati le forme di investimento con il minore rischio finanziario, e quindi anche con il minore rendimento atteso, rispetto ad esempio alle azioni, e questo per il fatto che la dichiarazione di insolvenza del debito pubblico ovvero il fallimento dello Stato emittente un evento poco frequente nel mondo moderno, anche se abbiamo alcune eccezioni nell’ultimo decennio come posso essere Argentina, Islanda e Grecia.

Situazioni critiche di debito pubblico avanzato possono far innalzare i rendimenti richiesti e attesi dagli investitori privati rispetto a quelli offerti inizialmente dallo Stato (spread) fino a scoraggiare l’ulteriore finanziamento del debito con la mancata vendita di nuovi titoli ed alimentando così il debito stesso in maniera vertiginosa fino al limite dell’insolvenza. Lo spread viene dunque a identificarsi come un indice che valuta allo stesso tempo rischiosità dell’investimento finanziario in titoli ed affidabilità dell’emittente.

Nel corso degli ultimi anni, siamo stati spettatori di diverse crisi di governo che hanno avuto un impatto diretto sui mercati finanziari, ponendo a conoscenza del pubblico in generale concetti di base come tasso di rendimento o spread, che per quanto possano sembrare scollegati dalla realtà, è una situazione totalmente diversa, visto che una crisi di governo presuppone un aumento del tasso di rendimento dei titoli di stato che cresce in simultaneo con la probabilità di insolvenza dello Stato emittente, l’obiettivo di questa tesi è proprio quello di analizzare come le decisione che vengono preso sia a livello economico sia a livello sociale da parte del governo vanno ad influenzare il mercato finanziario, in particolar modo i titoli di Stato.

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5 Capitolo I – I TITOLI OBBLIGAZIONARI

1.1 Le obbligazioni

Le Obbligazioni sono titoli di debito (per il soggetto che li emette) e di credito (per il soggetto che li acquista) che rappresentano una parte di debito acceso da una società o da un ente pubblico per finanziarsi. Garantiscono all'acquirente il rimborso del capitale (al termine del periodo prestabilito) più un interesse (la remunerazione che spetta a chi acquista obbligazioni in cambio della somma investita).

Le obbligazioni sono emesse allo scopo di reperire, direttamente tra i risparmiatori e a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle dei prestiti bancari, capitali da investire. Il vantaggio per la società emittente deriva da tassi di interesse solitamente inferiori rispetto a quelli che sarebbe costretta a pagare rivolgendosi ad un finanziamento bancario di eguale scadenza se paragonati a finanziamenti chirografari, vale a dire quei prestiti che non prevedono garanzie reali, o ai fidi, cioè lo scoperto di conto corrente mentre l'investitore beneficia di un tasso maggiore rispetto a quello di un investimento in liquidità e ha la possibilità di smobilizzare il proprio investimento sul mercato secondario.

Il detentore di titoli di debito di una società, pur assumendosi il rischio d'impresa a differenza dell'azionista, non partecipa all'attività gestionale dell'emittente, non avendo diritto di voto nelle assemblee. In compenso, tuttavia, la remunerazione del capitale di rischio azionario è subordinata al preventivo pagamento di interessi e rimborsi di capitale agli obbligazionisti.

Esistono tuttavia delle obbligazioni, dette obbligazioni convertibili, che prevedono per il possessore la facoltà di convertire il prestito in un titolo azionario oppure no. A seguito della conversione si cessa di essere obbligazionista diventando azionista ed acquistando, quindi, tutti i diritti relativi.

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La cedola è il tagliando allegato al certificato rappresentativo dell’obbligazione che, staccato dal certificato, consente al possessore la riscossione degli interessi. La cedola è pagata durante la vita del titolo e può avere diverse periodicità, le più frequenti sono su base trimestrale, semestrale e annuale. L'interesse può essere fisso (stabilito a priori) o variabile (solitamente indicizzato al Libor o all'Euribor1 maggiorato di uno spread o ad altri tassi ufficiali e di norma aggiustato semestralmente).

Le obbligazioni possono essere negoziate a “corso secco” o “tel quel”. Nel primo caso i prezzi non sono rappresentativi della componente interessi maturata fino a quel momento dall'obbligazione. Questo comporta che al momento della liquidazione del contratto, al prezzo di mercato venga aggiunto l’ammontare degli interessi maturati ma non ancora riscossi calcolato in automatico dal sistema. Sono negoziate “corso secco” le obbligazioni a tasso fisso e le obbligazioni a tasso variabile il cui parametro di indicizzazione è rilevato prima dell’inizio di godimento della cedola in corso. Nel secondo caso (tel quel), invece, il prezzo di negoziazione dello strumento è rappresentativo anche degli interessi fino a quel momento maturati. Vengono trattate “tel quel”2 le obbligazioni zero coupon, le obbligazioni e le ABS (Asset Backed Security) 3 con cedola, anche pluriennale, la cui entità è quantificabile solo alla scadenza della cedola, nonché le obbligazioni il cui capitale di rimborso è determinabile solo alla scadenza.

1 L'Euribor è il tasso interbancario di riferimento comunicato giornalmente dalla European Money Markets Institute (EMMI, in precedenza nota come European Banking Federation, EBF) come media dei tassi d’interesse ai quali primarie banche attive nel mercato monetario dell'euro, sia nell'eurozona che nel resto del mondo, offrono depositi interbancari a termine in euro ad altre primarie banche.

2 Nel linguaggio di Borsa: corso tel quel o prezzo tel quel (anche sempl. tel quel s.m.), il corso di titoli pubblici o privati sul quale sono compresi gli interessi maturati dal godimento ultimo decorso al giorno dell'operazione.

3 Le Asset backed securities (o ABS) sono strumenti finanziari, emessi a fronte di operazioni di cartolarizzazione, del tutto simili alle normali obbligazioni; come queste, infatti, pagano al detentore una serie di cedole a scadenze prefissate per un ammontare determinato sulla base di tassi di interesse fissi o variabili.

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7 1.1.1 I titoli di stato.

Con la dizione generale di “obbligazione governativa” si indicano le obbligazioni emesse da enti sovrani. Lo Stato italiano, formalmente si tratta del Ministero dell’Economia e delle Finanze, emettendo tali obbligazioni raccoglie capitale di debito per una durata prefissata, con l’obiettivo di finanziare il bilancio della pubblica amministrazione e, quindi, le proprie attività istituzionali.

Di contro, l’investitore acquistando tali obbligazioni presta fondi all’emittente per un determinato periodo, con l’obiettivo di ottenere un rendimento congruo con il rischio assunto.

Nel tempo l’emittente pubblico ha avviato e sviluppato un significativo processo di innovazione finanziaria, evidenziato dalla varietà di strumenti collocati sul mercato, alla base di tale continuo processo di differenziazione si colloca l’esigenza di contemperare le necessità dello Stato con le preferenze espresse dai potenziali investitori.

Ad oggi i titoli di Stato italiani collocati sul mercato sono i seguenti:

➢ Buoni Ordinari del Tesoro (BoT)

➢ Certificati del Tesoro zero coupon (CTz)

➢ Buoni del Tesoro Poliennali (BTp)

➢ Buoni del Tesoro Poliennali indicizzati all’inflazione italiana (BTP Italia)

➢ Buoni del Tesoro Poliennali indicizzati all’inflazione europea (BTP €i)

➢ Certificati di Credito del Tesoro indicizzati all’Euribor (CcTeu)

Ognuno dei titoli sopra elencati presenta le seguenti caratteristiche comuni: circolazione al portatore, dematerializzazione, aliquota fiscale pari al 12,5%, taglio minimo di sottoscrizione sul mercato primario in asta, mercati di negoziazione e relativi importi minimi, valuta di denominazione in euro e quindi privi di rischio di cambio nell’area dell’unione monetaria.

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Nella seguente tabella possiamo osservare le principali caratteristiche delle diverse tipologie di Titoli di Stato italiani:

(Ministero dell'Economia e delle Finanze. Dipartimento del Tesoro)

1.2 Buoni poliennali del tesoro

I buoni poliennali del tesoro sono obbligazioni emesse dallo stato italiano attraverso il Dipartimento del Tesoro che fa capo al Ministero dell’economia e delle finanze. Sono dei titoli di debito, si tratta dunque di parte del debito dello stato italiano ceduto agli investitori in cambio di una garanzia di interessi a scadenze predeterminate. Gli interessi sono pagati con cedola fissa posticipata semestralmente.

I titoli in questione vengono emessi con scadenze di 3, 5, 7, 10, 15, 20, 30 e 50 anni. Sono titoli a medio-lungo termine a reddito fisso particolarmente adatti per quegli investitori che richiedono pagamenti costanti ogni sei mesi. Le varie scadenze esistenti sul mercato consentono agli investitori di programmare flussi di cassa regolari durante tutto l’arco dell’anno. Inoltre i BTP sono particolarmente apprezzati per la loro liquidità: prima della scadenza gli investitori istituzionali possono comprare o vendere i BTP sia sul mercato

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secondario regolamentato (MTS)4, per operazioni non inferiori a 2 milioni di Euro, che su quello non regolamentato (over-the-counter)5; mentre i cittadini privati possono effettuare queste transazioni sul mercato secondario regolamentato MOT (Mercato Telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato), dove sono consentite operazioni dal taglio minimo di 1.000

euro o sulle altre piattaforme secondo il principio

della best execution 6 introdotto con la MIFID.

Nell’ambito degli operatori abilitati a partecipare alle aste, il collocamento dei titoli è prevalentemente concentrato tra gli “Specialisti in Titoli di Stato Italiani”7 (cui è dedicata una apposita sezione nel sito internet del Debito Pubblico) che, mediamente, si aggiudicano oltre il 90% dell’ammontare nominale totale dei titoli di Stato emessi in ogni asta

I titoli vengono offerti tramite un’asta marginale con determinazione discrezionale del prezzo di aggiudicazione e della quantità emessa. È previsto un meccanismo di esclusione delle domande speculative. Tale meccanismo è indicato dettagliatamente in ciascun decreto d’emissione. Lo stesso decreto stabilisce i termini del collocamento supplementare, riservato agli specialisti in titoli di stato, tecnicamente configurato come una tranche successiva. La percentuale riservata agli Specialisti è pari al 30% dell’importo assegnato nell’asta ordinaria per la prima tranche e del 15% per le tranche successive. Possono accedere a tale collocamento supplementare solo gli specialisti che abbiano partecipato all’asta appena conclusa. L’importo di ognuna delle 5 richieste che il singolo intermediario può effettuare non può essere inferiore a 500 mila euro. I prezzi offerti dagli operatori partecipanti all’asta possono variare di un centesimo di euro o multipli di tale cifra.

4 Mercato in cui ha luogo o scambio di titoli già in circolazione.

5 Mercato non regolamentato. In questa tipologia di mercato le contrattazioni avvengono al di fuori dei canali ufficiali delle borse.

6 Il termine best execution sta ad indicare le regole di contrattazione che gli intermediari devono seguire nell’esecuzione di un ordine di compravendita per conto del cliente.

7 Operatori che svolgono funzioni di market maker per i quali sono previsti obblighi di sottoscrizione nelle aste dei titoli di stato e di negoziazione di volumi sul mercato secondario.

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Le aste dei BTP si tengono generalmente con cadenza mensile: durante la seconda settimana del mese per il BTP 3 e 7 anni e, in relazione alla domanda espressa dal mercato, i BTP 15 e/o 30 anni; durante l’ultima settimana del mese per i BTP 5 e 10 anni.

Sul sito Internet del Debito Pubblico (http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/) si possono consultare le pagine “Comunicazioni Emissioni Medio/Lungo Termine” e “Risultati Ultima Asta BTP” per le relative informazioni.

1.3 Determinazione e caratteristiche dello spread

Il concetto di spread è ampiamente utilizzato nel mondo della finanza tuttavia ha assunto una sempre più costante presenza nell’economia reale. Il termine “spread” deriva da una parola inglese che potrebbe essere tradotta con l’espressione “scarto” e che indica generalmente una differenza fra due grandezze. Nella trattazione che segue la nozione di spread fa riferimento alla differenza fra i rendimenti di due titoli di stato, in particolare fra i titoli di stato tedeschi e i titoli di stato italiani8.

Quando si fa riferimento allo spread BTp-Bund, senza ulteriori specifiche, ci si riferisce alla differenza del tasso di rendimento tra i titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni e i corrispondenti titoli tedeschi (sempre con scadenza a 10 anni). Si prende come riferimento la scadenza a dieci anni perché è considerato un lasso di tempo più attendibile per misurare con più efficacia la percezione dei mercati sul rischio sui debiti dei due Paesi (se si prendessero titoli a breve scadenza il dato potrebbe essere maggiormente viziato da volatilità e fattori speculativi).

8 In Europa la differenza fra i rendimenti dei titoli di stato è diventata una misura della coesione dell’Unione, un segnale anche politico sulla percezione da parte dei mercati della solidità finanziaria di un Paese e dell’intera Eurozona.

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Per il calcolo dello spread è sufficiente eseguire la differenza tra i rendimenti di due titoli di stato in un determinato lasso di tempo. Lo spread è espresso in punti base: un punto base equivale a un centesimo e quindi ad esempio se un titolo rende il 5% e un altro il 4,5% tra i due vi sarà una differenza di 50 punti base, ovvero dello 0,5%; se il valore del BTp diminuisce, e quindi il suo rendimento aumenta, mentre quello dei Bund rimane stabile o si rivaluta, il differenziale, tra i due titoli di Stato subisce un incremento. Lo spread non è un valore statico, ma dinamico, cambia frequentemente in base alle variazioni di prezzo che i due strumenti assumono in un determinato arco temporale nel mercato di riferimento.

L’ultima modifica per la determinazione del differenziale è stata effettuata nel mese di ottobre dell’anno 2019; se fino ad allora è stato utilizzato il BTp cedola 3% scadenza 1°

agosto 20299 dal 7 ottobre la maggior parte delle piattaforme finanziarie ha aggiornato il benchmark al nuovo BTp cedola 1,35% scadenza 1° agosto 203010 collocato dal Tesoro a fine agosto 2019.

La variazione nel tempo del benchmark11 di riferimento consiste in una procedura regolare dato che col passare dei mesi un titolo con scadenza a dieci anni diventa meno attendibile per rappresentare quella durata.

9 Codice Isin IT0005365165

10 Codice Isin IT0005383309

11 Nel linguaggio finanziario, parametro di riferimento per valutare la prestazione di un titolo o di un fondo d'investimento o l'andamento del mercato in genere.

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Capitolo II – ANALISI RENDIMENTO STORICO BUONI POLIENNALI DEL TESORO

Una volta assunti i concetti di base per quanto concerne le obbligazioni, in particolare, quelle emesse dallo stato con l’obiettivo di finanziare la spesa pubblica sia a breve che a lungo termine, andiamo ad analizzare l’andamento storico degli stessi, e come gli eventi più rilevanti accaduti nell’ultimo trentennio sono andati ad influenzare in modo importante il mercato dei titoli di Stato italiani; nel far ciò, dobbiamo tenere in considerazione che si verranno a discutere eventi verificatisi al di fuori dei confini italiani, i quali a causa dei continui processi di armonizzazione del sistema finanziario mondiale hanno lasciato un segno anche all’interno dell’Economia del nostro paese.

I titoli di stato sono molto propensi a subire delle variazioni in base alle scelte politiche, visto l’applicazione delle diverse manovre che possono essere proposte dal governo in mandato, e come queste vanno ad influenzare in modo diretto la spesa pubblica della nazione attraverso le previsioni di bilancio.

In questo capitolo si è deciso di analizzare quelli che potrebbero essere considerati i tre momenti storici che hanno toccato l’economia italiana e in particolar modo i buoni poliennali del tesoro; che sarebbero la entrata in vigore del trattato di Maastricht, gli effetti della crisi dei mutui subprime nel paese e infine la crisi del debito sovrano.

Nel grafico 1.1 possiamo osservare la variazione del tasso di rendimento come conseguenza degli eventi nominati precedentemente.

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13 Grafico (1.1)

Elaborazione propria. Fonte dei dati Banca d’Italia.

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2.1 Trattato di Maastrich: effeto sui buoni poliennali del tesoro

Prima della costituzione dell'eurozona e dell'introduzione dell'euro la Comunità Economica Europea (CEE) stabilì un accordo di cooperazione monetaria, il "Sistema Monetario Europeo" (detto anche SME), che entrò in vigore il 13 marzo 1979. A tale accordo prese parte anche il Regno Unito, seppure in una posizione marginale.

Nei primi anni '90 venne alla luce la debolezza dello SME, messo a dura prova dalle diverse politiche economiche e dalle differenti condizioni dei Paesi membri, specialmente la Germania riunificata, i tassi di interesse tedeschi furono aumentati per contenere le pressioni inflazionistiche dovute all'aumento della spesa pubblica interna, inducendo gli altri paesi europei aderenti allo SME a innalzare a loro volta i tassi, in modo da rispettare le bande di oscillazione previste dall'accordo.

In un regime di cambi flessibili, un incremento repentino dei tassi di interesse tedeschi si sarebbe riverberato immediatamente sul tasso di cambio del marco, che si sarebbe apprezzato rispetto alle altre valute. Il relativo deprezzamento delle valute degli altri paesi europei, caratterizzati in quel periodo da elevata disoccupazione e bassa crescita, avrebbe favorito un recupero di competitività senza creare spinte inflazionistiche preoccupanti. Tale aggiustamento, tuttavia, non era possibile in un regime di tassi fissi entro bande di oscillazione.

I mercati finanziari cominciarono a speculare sulla rottura dello SME, favoriti anche dall'assenza di limiti ai movimenti di capitale tra i paesi aderenti. Nel 1992 il sistema dei cambi fissi venne duramente colpito dalla speculazione. La maggior parte delle banche centrali, in particolare quelle di Italia e Regno Unito, intervennero per impedire la svalutazione delle monete nazionali nei confronti del marco tedesco. Tali interventi si intensificarono anche a seguito dei massicci flussi di capitali che si diressero verso la Germania, associati a dei tassi di interesse decisamente elevati in relazione a quelli praticati nel resto dello SME. Il 16 settembre 1992 la Banca d'Inghilterra annunciò il distacco dallo SME. Il giorno dopo, a seguito dell'intensificazione degli attacchi speculativi, anche l'Italia abbandonò lo SME.

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L’importanza di definire i primi passi verso l’unione monetaria, definendolo come un lungo processo che duro dall’inizio di 1979 fino al 1998 con l’estinzione definitiva del Sistema Monetario Europeo, queste informazioni preliminari sono utili con lo scopo di valutare l’andamento dell’Economia italiana in fase successiva alla costituzione del Trattato di Maastricht nel 1992.

Il Trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, è l'atto fondativo dell'Unione Europea. Ratificato dagli allora dodici paesi delle Comunità Europee, specifica i criteri politici ed economici per poter aderire all'Unione.

Fin dall'inizio degli anni ‘80, prese gradualmente piede l'idea di una maggiore integrazione sul piano politico, capace di andare oltre i trattati di Roma del 1957 che istituirono la Comunità Economica Europea (CEE), la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) e la Comunità Europea dell'energia atomica (CEEA). Il passaggio da CEE, CECA e CEEA all'Unione Europea fu un riflesso della volontà di abbandonare il principio della cooperazione tra stati sovrani per puntare alla loro progressiva integrazione politica ed economica. In particolare la riunificazione della Germania nel 198912 e la fine del sistema a due blocchi che aveva caratterizzato il continente durante la Guerra Fredda, avevano creato le condizioni per accelerare questo processo.

Analizziamo ora i contenuti del Trattato di Maastricht. I punti principali del Trattato includono:

L'organizzazione a tre pilastri dell'Unione Europea

Il principio di sussidiarietà

La cittadinanza dell'Unione Europea

La procedura di codecisione del Parlamento Europeo.

Il completamento dell'Unione Economica e Monetaria.

12 Unificazione Germania Orientale e Occidentale. Caduta del Muro di Berlino.

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Fin dalla fine degli anni Sessanta l'Unione economica e monetaria (UEM) era stata un'ambizione ricorrente dell'Unione europea. L'UEM comporta il coordinamento delle politiche economiche e finanziarie, una politica monetaria comune e una moneta unica, l'euro, che offre numerosi vantaggi: le imprese effettuano scambi transfrontalieri più facilmente, l’economia ottiene risultati migliori e i consumatori dispongono di una scelta più ampia e di maggiori opportunità.

La strada verso l'UEM è stata però irta di ostacoli politici ed economici: a turno, infatti, le difformità di vedute riguardo alle priorità dell'economia e le turbolenze dei mercati internazionali hanno costituito altrettante difficoltà da superare per garantire il progresso verso l'Unione economica e monetaria.

Per quanto riguarda l'unione monetaria, il Trattato introduce i cinque criteri di convergenza, cioè i parametri rispetto ai quali i paesi devono essere in regola per essere ammessi alla terza fase e quindi per poter introdurre l'euro. Lo scopo dei criteri di convergenza è quello di garantire che lo sviluppo economico all'interno dei Paesi che hanno adottato l'euro risulti equilibrato, senza provocare tensioni. Il primo stabilisce che il debito pubblico non deve superare il 60 per cento del prodotto interno lordo; il secondo sancisce il disavanzo nei conti dello Stato non può superare il 3 per cento del prodotto interno lordo; il terzo prevede che l'inflazione deve essere contenuta entro il limite dell'1,5% della media dei migliori tre Stati membri; il quarto dichiara che la moneta nazionale deve stare dentro le fluttuazioni previste dall'accordo di cambio con le altre monete europee; infine, il quinto ed ultimo criterio afferma che occorre rispettare, rispetto al tasso di cambio, i margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo per almeno due anni, senza svalutazione nei confronti della moneta di qualsiasi Stato membro.13

13 I criteri di convergenza assicurano che uno Stato membro sia pronto ad adottare l'euro e che la sua adesione alla zona euro non provocherà rischi economici per lo Stato membro o per la zona euro nel suo insieme. I criteri sono stabiliti all'articolo 140, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

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Sempre facendo riferimento al grafico possiamo vedere quali sono stati gli effetti di questa manovra sociopolitica, che porterebbe tantissimi vantaggi a livello di mobilità e sviluppo all’interno del territorio europeo, però anche difficolta a livello di coesione per la costituzione di un unico sistema monetario, per caratteristiche produttive diverse di ciascuno dei paesi partecipanti all’Unione Economica.

L’andamento di tassi bancari e prestiti è sicuramente legato a quello dei rendimenti dei titoli di Stato, che costituiscono un “pavimento” per il costo del credito. L’ingresso nell’euro ha visto una flessione dei rendimenti dei titoli di stato con scadenza decennale, che per diversi anni hanno oscillato tra il 4 e il 5% circa, per poi risalire fino a sfiorare il 6% durante la crisi del debito sovrano (crisi che verrà approfondita nei capitoli successivi), che ha visto l’Italia particolarmente vulnerabile.

Nel periodo precedente l’ingresso nel Sistema Monetario Europeo Unico, ed escludendo la fase finale di convergenza, i rendimenti dei decennali non erano mai scesi sotto l’8,8%; Prima della Grande recessione, l’Italia ha anche goduto di uno spread con i Bund decennali vicinissimo allo zero, salvo poi assistere a una sua impennata con la crisi. Fuori dell’euro lo stesso differenziale non era mai decrementato, nelle medie mensili, sotto quota 257.

2.2 Crisi finanziaria dei mutui subprime: effetto sull'economia italiana

Nell’anno 2008 dagli Stati Uniti d’America si è diffusa una recessione globale paragonabile per durata e forza alla Grande Depressione degli anni trenta del secolo scorso, vissuto attraverso la crisi di sovraproduzione, in questo caso l’oggetto della crisi era diverso non fu solo causata dai mutui subprime14 ma anche di un modello di business insostenibile per il sistema finanziario, il quale è stato messo in discussione solo a seguito della crisi.

14 Prestito immobiliare che, nel contesto finanziario statunitense, viene concesso al prenditore che non può godere delle condizioni migliori, quelle riservate alla clientela primaria. È un prestito che comporta un elevato

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Tale modello prevedeva che il ruolo fosse quello di creare esposizioni15 per poi distribuirle al sistema finanziario. L’idea principale era quella di erogare quanto più credito possibile all’economia per sostenere la crescita.

A partire dal 2000 e fino alla metà del 2006, negli Stati Uniti i prezzi delle abitazioni sono cresciuti in maniera costante e significativa, generando una vera e propria bolla immobiliare.

Tale dinamica era favorita dalla politica monetaria accomodante della Federal Reserve (FED)16, che mantenne i tassi di interesse su valori storicamente bassi fino al 2004, in risposta alla crisi della bolla internet e all'attacco terroristico dell'11 settembre 2001.

Questo ha portato come conseguenza tassi di interesse bassi che equivalevano a un basso costo del denaro per i prenditori di fondi, ossia per le famiglie che richiedevano mutui ipotecari, e finirono pertanto con lo stimolare la domanda di abitazioni alimentandone ulteriormente i relativi prezzi. La bolla immobiliare, inoltre, rendeva conveniente la concessione di mutui da parte delle istituzioni finanziarie che, in caso di insolvenza del mutuatario, potevano comunque recuperare il denaro prestato attraverso il pignoramento e la rivendita dell'abitazione.

Oltre alla bolla immobiliare e ai bassi tassi di interesse, la crescita dei mutui subprime è stata sostenuta anche dallo sviluppo delle operazioni di cartolarizzazione, ossia dalla possibilità per gli istituti creditizi di trasferire i mutui, dopo averli ‘trasformati' in un titolo, a soggetti terzi (le cosiddette ‘società veicolo') e di recuperare immediatamente buona parte del credito che altrimenti avrebbero riscosso solo al termine dei mutui stessi (10, 20 o 30 anni dopo). La cartolarizzazione consentiva alle banche, apparentemente, di salvaguardarsi dal rischio di insolvenza dei prenditori di fondi e indeboliva così l'incentivo a valutare correttamente l'affidabilità dei clienti. Le società veicolo, invece, finanziavano l'acquisto dei mutui cartolarizzati mediante l'offerta agli investitori di titoli a breve termine.

15 Indica la rischiositàrelativa ad un credito concesso ad un beneficiario.

16 Il Federal Reserve System, conosciuto anche come Federal Reserve (it. Riserva federale) ed informalmente come la Fed, è la banca centrale degli Stati Uniti d'America.

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Lo sviluppo delle cartolarizzazioni ha comportato il passaggio del modello di business delle banche dall'approccio “originate and hold”17 all'approccio “originate and distribute”18 per effetto delle cartolarizzazioni, le banche rientravano in tempi rapidi nella disponibilità del denaro prestato, che potevano riutilizzare per erogare altri mutui a clienti la cui affidabilità veniva valutata in maniera sempre meno accurata. Grazie alla cartolarizzazione, le istituzioni finanziarie poterono espandere le attività in rapporto al capitale proprio attraverso il cosiddetto fenomeno del leverage (leva finanziaria). Ciò consentiva loro di realizzare profitti molto elevati, ma le esponeva anche al rischio di perdite ingenti.

In breve tempo, la crisi dei mutui subprime ebbe effetti successivi anche sull'economia reale statunitense ed europea, provocando una caduta di reddito e occupazione. A tale caduta concorsero la restrizione del credito bancario a famiglie e imprese, il crollo dei mercati azionari e dei prezzi delle abitazioni (cosiddetto effetto ricchezza) e il progressivo deterioramento delle aspettative di famiglie e imprese, con conseguenti ripercussioni su consumi e investimenti. Le interdipendenze commerciali tra paesi, infine, comportarono una notevole riduzione del commercio mondiale.

L'aggravarsi della crisi spinse il governo americano a intervenire con un piano di salvataggio del sistema finanziario e dei grandi istituti di credito statunitensi, articolato sia in operazioni di nazionalizzazione sia in programmi di acquisto di titoli privati. Durante il biennio 2007- 2009, il programma di acquisto di titoli cartolarizzati Tarp19, la cui ampiezza era inizialmente fissata a 700 miliardi di dollari, raggiunse complessivamente 7.700 miliardi di dollari e comportò immissione di liquidità sul mercato bancario a tassi prossimi allo zero dalla FED a sostegno di banche e compagnie di assicurazione.

17 La banca eroga il mutuo e attende un lasso di tempo prima di recuperare la somma prestata e i relativi interessi

18 La banca eroga il mutuo e lo trasferisce a terzi tramite cartolarizzazione, recuperando subito la somma prestata

19 Programma introdotto nel 2008 dal Dipartimento del Tesoro statunitense, in vigore fino al 3 ottobre 2010, per acquistare direttamente o assicurare attività finanziarie problematiche, generalmente di difficile valutazione.

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In Europa, la crisi toccò per prima Northern Rock, il quinto istituto di credito britannico specializzato nei mutui immobiliari che fu oggetto a metà settembre del 2007 di una corsa agli sportelli. La Banca centrale britannica procedette alla nazionalizzazione dell'istituto, impegnando circa 110 miliardi di sterline. A questo intervento ne seguirono altri, anche nella forma di ricapitalizzazioni e acquisti di obbligazioni a sostegno di varie banche in crisi.

Consistenti piano di salvataggio per istituti di credito in difficoltà vennero predisposti anche da Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Svezia; Nel complesso gli aiuti erogati dai governi alle banche dei rispettivi sistemi nazionali raggiunsero 3.166 miliardi di euro in Europa, sotto forma di garanzie (2.443 miliardi), ricapitalizzazioni (472 miliardi) e linee di credito e prestiti (251 miliardi).20

In Italia, invece, il sistema bancario non è stato assistito da significativi interventi di sostegno pubblico sino alla fine del 2011. Lo Stato si è limitato, infatti, a sottoscrivere obbligazioni subordinate, per un ammontare complessivo di circa quattro miliardi di euro, emesse da quattro banche, a fronte dell'impegno degli istituti emittenti a non ridurre il credito erogato all'economia reale. Le maggiori difficoltà per le banche italiane sono state determinate, invece, dalla crisi del debito sovrano che, acuitasi dalla metà del 2011, ha provocato un deterioramento degli attivi bancari a causa dei consistenti investimenti diretti degli istituti di credito in titoli pubblici domestici. L'intervento dello Stato, in tal caso, ha preso la forma di garanzia pubblica sulle obbligazioni emesse dalle banche (per un ammontare di circa 120 miliardi) con l'obiettivo di alleviarne le difficoltà di provvista attraverso la riduzione del costo della raccolta obbligazionaria e l'accesso alle operazioni di rifinanziamento presso la BCE garantite dagli stessi titoli.

20 Dati MBRES a dicembre 2013

(21)

21 Anno Rendimento

2006 3,95%

2007 4,41%

2008 4,75%

2009 4,32%

2010 4,01%

(Rendimento Buoni Poliennali del Tesoro Scadenza 10Y. Elaborazione propria. Fonte: Banca d’Italia)

Nel grafico precedente possiamo osservare un rialzo del tasso di rendimento dei Buoni poliennali del tesoro, dovuto in parte all’effetto dei mercati finanziari esteri in gran modo della crisi dei mutui subprime nominata anteriormente, pur tuttavia questo non è l’unico fattore che causa delle oscillazioni sul rendimento del titolo analizzato.

Un fattore a tenere in considerazione era il panorama politico, e le incertezze dello stesso visto le elezioni tenute nel mese di aprile del 2008, nelle quali è risultato vincitore il centrodestra con l’inizio della XVI legislatura, ci riferiamo precisamente al governo Berlusconi, quando lo spread era a 45 punti; in quel periodo scoppiò la crisi economica che contagiò il mondo intero.

Il governo Berlusconi fu ancora del tutto simile ai precedenti governi di centrodestra della

“seconda Repubblica”. Dotato inizialmente di una solida maggioranza alla Camera e al Senato, esso si insediò proprio mentre la crisi economica iniziata negli Stati Uniti nel 2007- 2008 stava cominciando ad affacciarsi in Europa. Da allora, tuttavia, trascorsero circa tre anni prima che la crisi investisse in modo diretto il paese.

3,95% 4,41% 4,75% 4,32% 4,01%

2006 2007 2008 2009 2010

RENDIMENTO

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22

La crisi economica globale, tra le tante conseguenze, portò anche a un progressivo aumento dello spread. Quando l’8 aprile 2009 il governo Berlusconi approvò il Decreto Anticrisi21, il differenziale era arrivato a quota 122 punti, il provvedimento portò, di fatto, a un progressivo decremento dello spread tanto che a inizio 2010 questo era diminuito fino a 86 punti base;

poco dopo quando il 30 luglio 2010 le dimissioni dell’ex presidente della Camera dei deputati, portò ad un incremento del differenziale fino 128 punti basi.

2.3 Crisi del debito sovrano: effetti sul mercato finanziario

In seguito alla crisi subprime, infatti, numerosi istituti di credito europei hanno sperimentato gravi difficoltà e sono stati salvati da interventi pubblici. Questi ultimi hanno esacerbato gli squilibri di finanza pubblica dei Paesi più vulnerabili, concorrendo a provocare una contrazione del Pil a livello globale dell'uno per cento circa nel 2009. In particolare, mentre i principali paesi in via di sviluppo hanno sperimentato una significativa riduzione dei propri tassi di crescita, i paesi industrializzati hanno registrato una variazione del prodotto interno lordo negativa. Per l'Italia la contrazione del prodotto nel 2009 è risultata prossima al 5 per cento, configurando una delle più gravi recessioni dal dopoguerra.

Nell'imminenza dello scoppio della crisi del debito sovrano, i paesi dell'eurozona presentavano differenze significative nelle condizioni di finanza pubblica e nel tasso di crescita. I cosiddetti Paesi Core22 si connotavano per livelli contenuti del debito pubblico e per un‘attività economica più solida, mentre i cosiddetti Paesi PIIGS 23(Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), o "periferici", si caratterizzavano per una maggiore vulnerabilità

21 Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e imprese.

22 Sono le nazioni ricche e robuste che supportano tutte le altre nazioni della periferia e della periferia. Queste sono nazioni capitaliste industrializzate che controllano il mercato mondiale e ne beneficiano di più.

23 Acronimo coniato dalla stampa economica anglosassone che dal 2007 indica i cinque paesi dell’Unione europea ritenuti più deboli economicamente: Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna; è l’evoluzione di PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna), già in uso sin dagli anni Novanta. A causa di conti pubblici precari, scarsa competitività delle economie nazionali e alti livelli di disoccupazione, i P. faticano a ripagare i loro elevati debiti sovrani e rischiano, di conseguenza, di uscire dalla zona euro e di contribuire all’aggravamento della crisi economica internazionale iniziata nel 2008.

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23

legata a dinamiche non sostenibili del debito pubblico, dovuta all'indebitamento accumulato negli anni, all'incremento incontrollato del deficit e a bassi tassi di crescita del PIL e agli oneri delle operazioni di salvataggio degli istituti bancari in crisi.

Nonostante tali differenze, nel 2010 l'Area euro ha beneficiato della ripresa economica che ha interessato le principali economie avanzate, sebbene con ritmi e modalità eterogenei tra paesi e aree geografiche: i tassi di crescita del Pil hanno raggiunto i valori precrisi negli Stati Uniti e in Germania, ma si sono mantenuti a livelli significativamente inferiori nel Regno Unito e in molti paesi dell'Area euro (tra i quali troviamo l’Italia)

Il dissesto dei conti pubblici della Grecia, reso noto nell'ottobre 2009, ha segnato, tuttavia, il passaggio a una nuova fase della crisi, quella del debito sovrano, interrompendo la ripresa già incerta.

La crisi ha avuto epicentro nei paesi periferici dell'eurozona (Portogallo, Irlanda e Grecia) per poi estendersi nel corso del 2011 a Spagna e Italia.

Nel corso del 2010, a maggio in particolare, i paesi dell'Eurozona e il FMI hanno approvato un prestito di salvataggio per la Grecia di 110 miliardi di euro. Successivamente, nel mese di novembre, è emersa la crisi del sistema bancario irlandese: il Governatore della banca centrale irlandese ha annunciato che le perdite delle banche domestiche ammontavano a 85 miliardi di euro (pari al 55% del PIL) e le istituzioni europee con la partecipazione del FMI hanno approvato un piano di sostegno per un ammontare pari a 85 miliardi di euro. A maggio 2011, UE, BCE e FMI hanno concesso un prestito di 78 miliardi di euro anche al Governo portoghese.

Le tensioni di questi paesi si sono riflesse immediatamente su tutti i principali mercati finanziari, ove si sono registrati cali di ampie dimensioni, in alcuni casi comparabili a quelli verificatisi nel corso della crisi del 1929. Le maggiori agenzie di rating hanno inoltre ridotto il merito di credito di diversi paesi europei e, conseguentemente, di diverse banche con sede in tali paesi o con consistenti esposizioni in titoli pubblici di paesi in difficoltà, amplificando in molti casi le turbolenze sui mercati.

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Il comparto dei titoli bancari, in ragione dei profondi legami con il settore pubblico, è risultato quello maggiormente esposto al contagio, tanto da far registrare, nel 2011, un ribasso superiore a quello degli altri comparti in tutte le economie avanzate.

Gli effetti della crisi hanno poi trovato nelle dinamiche connesse alle concessioni di credito bancario un veloce canale di trasmissione verso l'economia reale: a partire dall'inizio del 2009 si sono registrati, infatti, forti segnali di irrigidimento degli standard di concessione del credito da parte del sistema bancario sia in Europa sia negli Stati Uniti. I dati segnalavano evidenze sia del cosiddetto razionamento in senso forte, consistente in un vero e proprio rifiuto di accordare nuovi finanziamenti, sia del cosiddetto razionamento in senso debole, consistente nella concessione di finanziamenti a condizioni tanto onerose da indurre il debitore a rifiutare l'offerta di credito

I canali di trasmissione della crisi del debito sovrano alle banche domestiche sono molteplici.

Le banche detengono tipicamente quote consistenti di titoli pubblici in portafoglio sia per motivi di investimento e come fonte primaria di garanzia nei mercati pronti contro termine.

Tensioni sul mercato secondario dei titoli di Stato comportano, quindi, da un lato un deterioramento della qualità degli attivi bancari e, dall'altro, un aumento del costo della raccolta attraverso l'incremento dei margini sulle garanzie nelle operazioni di repo. Il merito di credito delle banche, inoltre, viene determinato anche dalla garanzia pubblica implicita che risente dello standing creditizio dello Stato di appartenenza.

Le manovre di contenimento della spesa (cosiddetta austerity) attuate, prima dai Governi degli Stati in difficoltà e poi da tutti gli Stati membri dell'Unione, hanno infine concorso a rallentare la crescita inducendo, in alcuni casi, una vera e propria recessione.

La crisi si è manifestata in tutta la sua gravità a partire dai primi giorni di luglio 2011, quando ha investito anche l'Italia (terza economia dell'Unione) e in minor misura la Spagna (quarta economia dell'Unione). Con riferimento all'Italia, il rendimento dei Btp decennali ha raggiunto livelli prossimi al 7 per cento, con il conseguente innalzamento del costo complessivo di rifinanziamento del debito pubblico. Il differenziale di rendimento rispetto al Bund tedesco è passato in pochi mesi da valori inferiori ai 200 punti base a valori superiori

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ai 500 punti base24 . Un ampliamento così consistente dello spread è stato il risultato dell'effetto combinato da un lato dell'incremento della percezione del rischio sovrano italiano e dall'altro della preferenza degli investitori verso i titoli tedeschi, considerati più sicuri25. Tutt'altro che trascurabile è risultata, inoltre, la componente legata all'effetto contagio, ossia la quota di spread che non deriva dalla situazione macroeconomica e di finanza pubblica del singolo paese, ma dalla "crisi di fiducia" degli operatori di mercato. Come mostra uno studio della Consob del 2012, a partire dalla crisi finanziaria del 2007-2008, alcuni paesi europei hanno sperimentato una crescente penalizzazione registrando differenziali di rendimento dei relativi titoli pubblici rispetto al Bund tedesco, sempre meno guidati dall'andamento dei fondamentali economici e fiscali e sempre più legati a fenomeni di contagio. Per l'Italia ciò ha comportato una penalizzazione costante e progressivamente crescente con l'aggravarsi della crisi, fino a raggiungere, nella prima metà del 2012, un sovraprezzo sui rendimenti dei suoi titoli stimabile in circa 180 punti base.

L'Unione europea è intervenuta, in momenti diversi, tramite il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) costituito dai membri dell'Area euro nel 2010 al fine di aiutare gli Stati membri in difficoltà, fornendo prestiti, ricapitalizzando banche e comprando titoli di debito sovrano. Tali iniziative hanno determinato un'attenuazione solo temporanea delle tensioni sul debito sovrano europeo, apparendo agli operatori di mercato come interventi poco risolutivi.

Le forti pressioni sui titoli bancari europei e le condizioni di crescente stress sul mercato interbancario hanno poi spinto la BCE a adottare una serie di misure volte a sostenere la liquidità degli intermediari e a evitare che le inquietudini dei mercati compromettessero il meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Agli strumenti di rifinanziamento esistenti si sono affiancati le aste a scadenza annuale con soddisfacimento illimitato e l'acquisto di titoli di Stato della area euro sul mercato secondario.

24 570 punti nel mese di novembre

25 Cosiddetto flight to quality

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Esaminando tutti i dati ricavati, possiamo analizzare attraverso la seguente sequenza temporale gli eventi più rillevanti del panorama politico nazionale e sovranazionale che sono andati ad influenzare direttamente sia i titoli di stato nazionale che i corrispondenti titoli di stato tedeschi:

• Il 4 gennaio 2011 lo spread è a 173 punti. Il 30 dicembre arriverà a quota 528, con un incremento di 355 punti. I primi sei mesi dell'anno vedranno un differenziale altalenante tra i Btp e gli omologhi Bund tedeschi, riflesso della fragilità non solo economica italiana.

• Il mese di luglio si apre con lo spread a 225 punti. Sullo sfondo, c'è la scelta del successore di Mario Draghi al vertice di Bankitalia. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, interviene a lanciare un monito mentre un difficile Consiglio dei ministri è riunito per decidere sulla manovra e sul candidato.

• Il 1° luglio, a mercati aperti viene diffuso il bollettino di Standard & Poor's sulla manovra. L’agenzia di rating afferma che: "Restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito, principalmente a causa della debole crescita", in parte riprendendo i concetti espressi già a maggio, quando l'outlook dell'Italia era stato rivisto da "stabile" a "negativo". L'impatto sui titoli pubblici è immediato e lo spread si allarga.

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• Il 7 luglio l'Italia è di nuovo sotto stress, aumenta la pressione sui Btp e lo spread aumenta oltre quota 226, il record dalla nascita dell'euro. La stessa sorte corrisponde ai titoli di Stato spagnoli, portoghesi, greci e irlandesi, i nuovi paesi considerati

“deboli” della zona euro. In Italia si moltiplicano le voci sulla tenuta del governo e sulle possibili dimissioni del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, uniti ai timori sulla manovra e sulla presunta non solidità delle banche. È in questo clima che Draghi matura l'idea di rilasciare una dichiarazione forte, atta a contenere gli effetti di tali voci rassicurando sulla bontà della manovra e sulla credibilità delle misure per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014.

• Il 3 agosto lo spread supera la soglia dei 300 punti. Dal Financial Times26, edizione londinese, arriva una nota di biasimo nei confronti di Tremonti. Ma sarà l'edizione tedesca del Ft a lanciare dei commenti negativi riguardo l’ex premier Silvio Berlusconi.

• Quando, tra il 4 e il 5 agosto, lo spread arriva a sfiorare i 390 punti, al governo italiano arriva anche la lettera durissima della Bce, inviata dal presidente Jean Claude Trichet e dal successore in pectore, Draghi. Le richieste della Bce sono lette da tutti i commentatori come condizioni da rispettare per evitare la bancarotta del paese: si 'chiede' tra l'altro al governo di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio e di raggiungere un deficit pubblico pari all'1% del Pil già nel 2012, con una manovra di tre punti in un solo anno.

26 Il Financial Times è il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito ed uno dei più antichi, autorevoli e letti del mondo.

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Fonte: Banca d’Italia. Estrazione Dati Rendimento Giornaliero Buoni Poliennali del Tesoro.

Periodo di riferimento gennaio 2011 – dicembre 2011. Grafico di Elaborazione Propria

0 1 2 3 4 5 6 7 8

03.01.2011 12.01.2011 21.01.2011 01.02.2011 10.02.2011 21.02.2011 02.03.2011 11.03.2011 22.03.2011 31.03.2011 11.04.2011 20.04.2011 03.05.2011 12.05.2011 23.05.2011 01.06.2011 10.06.2011 21.06.2011 30.06.2011 11.07.2011 20.07.2011 29.07.2011 09.08.2011 19.08.2011 30.08.2011 08.09.2011 19.09.2011 28.09.2011 07.10.2011 18.10.2011 27.10.2011 07.11.2011 16.11.2011 25.11.2011 06.12.2011 15.12.2011 27.12.2011

RENDIMENTO BTP 10 ANNI PERIODO DI RIFERIMENTO

01/01/2011 - 31/12/2011

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Capitolo III – IL DIFFERENZIALE DI RENDIMENTO FRA TITOLI SOVRANI

Il rendimento di un titolo è sempre direttamente proporzionale al rischio; tanto più un investimento è rischioso quanto più i suoi rendimenti dovranno essere elevati per attirare gli investitori ad impiegare le proprie risorse in quel determinato titolo. Ciò vale anche per i titoli di stato: rendimenti alti sono generalmente associati ad alti livelli di rischiosità del titolo stesso.

L’aumento dello spread è quindi un indice di debolezza proprio di quel titolo che offre un rendimento maggiore. Lo spread aumenta quando gli investitori preferiscono il titolo emesso da uno Stato più affidabile, in questo caso il Bund tedesco. In pratica lo Stato italiano è costretto a “promettere” un rendimento maggiore per invogliare i mercati a investire nei suoi titoli. Al contrario, quando lo spread si riduce significa che la percezione della rischiosità dell’Italia da parte degli investitori sta diminuendo.

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30 3.1 Analisi comparativa Bund-BTP

Fonte: Banca d’Italia. Estrazione dati rendimento mensile BTp e BUND Tedeschi. Periodo di riferimento dicembre 2010 – dicembre 2019. Grafico di elaborazione propria

Come visibile nel grafico sull’andamento del differenziale di rendimento tra i BTp italiani con scadenza decennale e i suoi analoghi Bund tedeschi sempre a scadenza decennale, andremmo ad analizzare quali sono state le ragioni principali delle variazioni sia positive che negative del tasso di rendimento dei titoli in questione, tenendo in considerazione gli eventi di massima influenza per il periodo di riferimento che comprende da dicembre 2010 fino al mese di dicembre dell’anno 2019.

Per quanto riguarda il primo innalzamento del differenziale, questo possiamo definirlo come le conseguenze che ha rappresentato la crisi del debito sovrano del paese, riferito in modo particolare ai titoli di stato, questo sempre tenendo in considerazione che il concetto di spread

0 100 200 300 400 500 600

dic-10 apr-11 ago-11 dic-11 apr-12 ago-12 dic-12 apr-13 ago-13 dic-13 apr-14 ago-14 dic-14 apr-15 ago-15 dic-15 apr-16 ago-16 dic-16 apr-17 ago-17 dic-17 apr-18 ago-18 dic-18 apr-19 ago-19 dic-19

Analisi Decennale Spread Bund-BTP Periodo di riferimento 2010-2019

Massimo Minimo

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è considerato come un indicatore di “secondo grado” e l’indicatore primario sarà espresso dalle variazioni del tasso di rendimento del titolo di stato italiano.

Nel periodo di pertinenza è stato raggiunto il massimo storico dell’indicatore in questione, raggiungendo il massimale di 571 punti base nel mese di novembre dell’anno 2011, e il secondo punto di massimo viene presentato nel mese di luglio dell’anno successivo quando il differenziale subirà un altro aumento considerevole arrivando fino a 542 punti base, stabilendo una differenza di rendimento pari a 5,42% tra i titoli analoghi.

Nel mese di agosto del 2012 le operazioni definitive monetarie furono annunciate, la frammentazione finanziaria aveva creato oneri finanziari ampiamente divergenti per imprese e famiglie nei diversi paesi dell’area euro; di conseguenza, la trasmissione della politica monetaria era gravemente compromessa.

In effetti il rischio di ridenominazione era evidente nel mercato dei titoli di stato. L’inversione della pendenza della curva a termine dei differenziali sulle obbligazioni sovrane osservata all’inizio dell’estate 2012, ad esempio Italia, era in linea con un rischio di una rottura imminente. I mercati percepivano un’alta probabilità che i titoli non potessero essere rimborsati per intero, o che potessero essere rimborsati in una valuta diversa, di valore inferiore, il che si traduceva in spinte verso spread più elevati. Se la probabilità di questo evento si concentra nel breve termine, allora la probabilità di default cumulativo per orizzonti temporali più lunghi non può aumentare, dal che segue necessariamente l’inversione della curva degli spread.

Complessivamente, nel primo semestre del 2012, il prezzo del rischio di ridenominazione ha portato a un aumento rapido e significativo degli spread tra i titoli di stato dei paesi dell’area euro. Queste divergenze non potevano essere spiegate da variazioni dei fondamentali fiscali o macroeconomici. Ad esempio, lo spread dei titoli di stato decennali italiani rispetto a quelli tedeschi era aumentato di 250 punti base, nel mese di luglio 2012 rispetto a un anno prima.

Le condizioni non erano peggiorate in modo così tanto da giustificare tale drastico re- pricing del rischio sovrano. Il governo italiano aveva adottato misure che avrebbero portato ad una riduzione del disavanzo al di sotto del valore di riferimento del 3%. Nonostante

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questo, il compenso che gli investitori chiedevano per il rischio di detenere titoli italiani era quasi raddoppiato rispetto a un anno prima.

Le distorsioni non erano limitate alla lunga scadenza, ma si osservavano in tutti i segmenti della curva dei rendimenti. Ad esempio, a partire da luglio 2012, gli spread sui titoli di stato italiani rispetto a quelli tedeschi erano in media a circa 500 punti base.

Un anno dopo l’annuncio gli effetti positivi delle OMT erano visibili in diversi indicatori chiave, l’esempio di maggiore pertinenza ai fini del nostro elaborato sono state le distorsioni sul mercato del debito sovrano, che si erano ridotte. Rispetto al loro picco prima dell’annuncio delle OMT, gli spread sui titoli di stato decennali di Italia e Spagna, per esempio, erano di nuovo intorno ai livelli osservati nell’estate del 2011, cifre che oscillavano attorno ai 340 punti base, come visibile nel grafico per quanto riguarda il mese di luglio del 2011, inoltre, gli spread sui CDS (Credit Default Swap)27 erano scesi in tutti i paesi.

Successivamente alle Outright Monetary Transactions28, sempre su iniziativa della Banca Centrale Europea viene lanciato il Quantitative Easing; Il piano, approvato nel gennaio del 2015 e rivisto nel mese di marzo e nel mese di dicembre del 2016, è stato un programma di allentamento quantitativo, cioè è una delle modalità con cui la banca centrale immette liquidità nel sistema finanziario. In termini pratici, la BCE crea moneta a debito e lo fa attraverso iniezioni di liquidità, con operazioni di mercato aperto, tramite l’acquisto di titoli di Stato e di altre obbligazioni.

Il programma aveva come obiettivo quello di far ripartire il credito delle banche verso l’economia reale e contrastare i rischi di deflazione, riportando il tasso di inflazione verso il target del 2%. Si tratta di obiettivi in gran parte ma non interamente conseguiti, dato che

27 Il credit default swap (CDS) è un contratto con il quale il detentore di un credito (protection buyer) si impegna a pagare una somma fissa periodica, in genere espressa in basis point rispetto a un capitale nozionale, a favore della controparte (protection seller) che, di converso, si assume il rischio di credito gravante su quella attività nel caso in cui si verifichi un evento di default futuro ed incerto (credit event).

La somma periodica che il creditore paga è in genere commisurata al rischio e alla probabilità di insolvenza del soggetto terzo debitore.

28 Le operazioni definitive monetarie, note anche con l'acronimo OMT della definizione inglese Outright monetary transactions, sono state annunciate dal Consiglio Direttivo della BCE il 2 agosto 2012 e illustrate nel dettaglio il 6 settembre 2012.

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l’economia dell’Eurozona è ripartita e che l’inflazione è tornata a salire, anche se il target del 2%, quello che definisce la stabilità dei prezzi, non è ancora stato raggiunto.

La prima conseguenza è che il prezzo dei titoli subisce un incremento in vista di un considerevole aumento della domanda e il loro rendimento, cioè il tasso di interesse che ogni Stato versa agli investitori per finanziare il proprio debito, diminuisce.

Riportando queste informazioni al grafico, osserviamo che nel mese di marzo dell’anno 2015, come conseguenza diretta della politica monetaria della Banca Centrale Europea viene raggiunto il minimo del periodo di riferimento con un differenziale pari a 84 punti base, per la prima volta negli ultimi 10 anni il differenziale tocca cifre inferiori al 1%.

L’ultimo evento che ha avuto un impatto rilevante sul differenziale è stata la più recente crisi di governo che ha sofferto lo stato italiano nell’anno 2018, visto l’incertezza successiva alle elezioni del 4 marzo dello stesso anno, fino al mese di maggio, nel quale è stato predisposto il sessantacinquesimo esecutivo della Repubblica Italiana.

Nel primo anno di governo che ha visto al comando la coalizione Lega-Cinque stelle, lo spread è diventato nuovamente un argomento di discussione. Anzi, da prima del governo:

il 16 maggio 2018, con due settimane di anticipo sull'insediamento dell'esecutivo Conte, la pubblicazione del “contratto del cambiamento”29 sull'Huffington Post ha fatto aumentare l'indicatore di 30 punti base. Un nervosismo che ha poi coinciso con la pubblicazione del cosiddetto Piano B per l'uscita dall'euro30 del futuro presidente Consob Paolo Savona, portando come conseguenza un aumento del differenziale di 303 punti base nella giornata del 29 maggio del 2018, negli ultimi giorni di trattative prima della formazione del governo Conte.

L'ostilità della maggioranza gialloverde ai parametri dell’Unione Europea, a partire dai criteri di Maastricht, ha provocato un aumento del rendimento dei titoli di Stato italiani. Le principali fiammate sono coincise con scontri politici tra Roma e Bruxelles o dichiarazioni

29 Contratto di governo proposto da Movimento 5 Stelle e Lega

30 Piano di uscita dell’unione monetaria proposto da Paolo Savona

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di singoli esponenti dell'esecutivo. Il momento più delicato si è raggiunto fra il mese di ottobre e quello di novembre, con l’esito negativo della Commissione europea per l'approvazione di una manovra che non si prospettava in linea con i vincoli di bilancio predisposti, successivamente, Il 20 novembre, pochi momenti prima alla decisione definitiva della commissione europea di rifiutare la proposta del governo italiano, il differenziale Btp- Bund è aumentato fino ai 326 punti basi.

L’ultimo evento che caratterizza un punto di massimo del differenziale si presenta nel mese di maggio del 2019, dato le dichiarazioni del primo ministro di non rispettare i limiti massimi imposti dal Trattato di Maastrich, causando un ulteriore aumento del differenziale di 2,9%

rispetto ai titoli analoghi della Germania, questo viene considerato come l’ultimo aumento considerevole del differenziale nel periodo di riferimento.

3.2 Curva dei rendimenti

Il mondo delle obbligazioni è strettamente correlato a quello dei tassi d’interesse. Il legame forte fra i tassi d’interesse di una banca centrale e l’andamento dei titoli del debito pubblico di una nazione, fra i tassi d’interesse interbancari e il costo dei mutui accesi dai cittadini o dei prestiti chiesti dagli imprenditori è infatti imprescindibile per chi si accosta al mondo delle obbligazioni.

Il mercato valuta in ogni momento le attese sui futuri tassi di interesse nelle varie valute e nei vari settori e si orienta di conseguenza. La contrattazione continua di migliaia di miliardi di euro sui mercati obbligazionari globali attribuisce di conseguenza un rendimento ai vari titoli per ogni scadenza e funge da parametro di riferimento per ogni nuova asta del debito pubblico.

Per capire i meccanismi dei mercati delle obbligazioni bisogna monitorare almeno tre parametri fondamentali: il prezzo, il rendimento e la scadenza.

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Il collegamento più immediato tra queste variabili è quello fra il rendimento e la scadenza;

un grafico che ospita nell’asse delle ascisse le scadenze e nelle ordinate i rendimenti, prende il nome di Yield Curve31. Congiungendo i punti associati ai singoli rendimenti si ottiene la curva che permette di rappresentare un particolare contesto di tassi di interesse.

Tendenzialmente un bond ad esempio con scadenza trimestrale offrirà interessi inferiori a quelli di un bond con scadenza trentennale, che richiede una immobilizzazione del capitale a più lunga e perciò in virtù della relazione inversa che intercorre tra durata di un titolo e rischio, impone rischi maggiori. La curva dei rendimenti tenderà quindi a essere ascendente.

31 La curva dei rendimenti (o struttura a termine dei rendimenti o yield curve) esprime la relazione che esiste tra il rendimento dei titoli obbligazionari e la loro scadenza e si basa sul confronto di un set di titoli identici sotto tutti i profili tranne che nella durata residua.

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