26 febbraio 2020
Incontro di presentazione dei Magistrati ordinari in tirocinio al Presidente della Repubblica
Intervento del Vice Presidente del CSM David Ermini
Signor Presidente della Repubblica, Signor Ministro della Giustizia, Presidente e Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Presidente della Scuola Superiore della Magistratura, Autorità
1. Sono molto onorato di introdurre alla Sua presenza i magistrati ordinari in tirocinio che stanno per assumere le funzioni e che, da domani, saranno i protagonisti più giovani di quell’ordine giudiziario, «autonomo e indipendente da ogni altro potere», attraverso il quale viene attuato quello che Calamandrei chiamava «lo scopo più augusto dello Stato di diritto, che è la giustizia».
2. E proprio sull’essenza della funzione che sarete chiamati a svolgere e sulle condizioni necessarie che richiede la legittimazione al suo svolgimento, voglio soffermarmi, in questo breve intervento, mentre formulo a Voi, giovani magistrati, i più calorosi e fervidi auguri di una carriera feconda.
3. All’esito di un lungo e duro percorso di studi e di una severa selezione, cui è seguito un periodo di formazione e tirocinio, sarete chiamati, da domani, ad esercitare in prima linea la funzione giurisdizionale, a rendere giustizia, chi come requirente, chi come giudicante.
Ebbene, in cosa consiste questa funzione? in cosa consiste “il rendere giustizia”?
4. A questa domanda voglio rispondere con le parole di un mio indimenticato predecessore, Vittorio Bachelet, che recentemente abbiamo onorato, nell’aula a Lui dedicata presso la sede del CSM, in occasione del quarantennale del suo barbaro assassinio.
5. Diceva Bachelet che la giurisdizione consiste nella tutela dei diritti fondamentali delle persone; egli sottolineava che «la difesa dei diritti faticosamente conquistati» non è una delle vie, ma «l’unica via della giustizia».
6. Rendere giustizia vuol dire dunque tutelare – attraverso le forme dello Stato di diritto che si identificano con il giusto processo civile e penale – i diritti che ad ogni persona umana riconosce la nostra Costituzione.
7. Ma tutelare i diritti fondamentali, nella prospettiva costituzionale, vuole dire non solo (e non tanto) ripristinare i diritti violati attraverso la repressione dei comportamenti illeciti, ma anche (e specialmente) creare le condizioni per il loro positivo esercizio attraverso la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che lo impediscono.
8. Vuol dire, in una parola, tensione continua dell’ordinamento verso l’attuazione di quel principio di uguaglianza di diritto che applicato a situazioni di disuguaglianza di fatto, stabilisce una ininterrotta tendenza alla diminuzione di quest’ultima e una ineluttabile aspirazione al suo totale cancellamento.
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9. La giustizia, nella sua dimensione dinamica, è in questa virtuosa tendenza dell’ordinamento, in questo muoversi del diritto verso l’uguaglianza tra le persone. Ma questo movimento – questo «divenire dell’ordinamento», per citare le indimenticabili parole di Salvatore Satta – si invera nell’esercizio dell’attività giurisdizionale, in mancanza della quale le norme giuridiche rimarrebbero nudi precetti immobili.
10. Il ruolo del magistrato quale «ministro essenziale di giustizia» (sono ancora parole di Salvatore Satta), costituisce il fondamento delle guarentigie di autonomia e indipendenza riconosciutegli dalla Costituzione, poiché solo grazie all’indipendenza la funzione giurisdizionale può essere svolta in modo imparziale e da una posizione di terzietà ed equidistanza dai confliggenti interessi in giuoco.
11. Ma perché possa esercitare, in forma indipendente e imparziale, l’augusta funzione attraverso la quale lo Stato attua la giustizia, il magistrato deve avere una salda legittimazione nel contesto sociale. Siamo dunque al secondo interrogativo al quale, insieme a voi, vorrei dare risposta. In cosa consiste questa legittimazione? Quali ne sono le imprescindibili condizioni?
12. La legittimazione dei magistrati all’esercizio della funzione giurisdizionale – si usa insegnare – non si basa sul consenso popolare, che costituisce il fondamento della diversa legittimazione (di carattere politico) propria di coloro che sono chiamati a rappresentare il popolo nelle assemblee legislative; essa si basa, invece, sulla preparazione tecnico-giuridica dimostrata con la vittoria del concorso pubblico, che costituisce il mezzo attraverso il quale le nomine dei magistrati devono aver luogo, ai sensi dell’art. 106 Cost..
Ciò è in buona parte vero: la preparazione tecnico-giuridica è presupposto essenziale della legittimazione del magistrato agli occhi dei cittadini, atteso che l’esercizio responsabile della giurisdizione e l’attività di interpretazione ed applicazione delle norme impone un elevatissimo grado di professionalità; tanto più nell’attuale contesto europeo e, più in generale, sovranazionale, caratterizzato dall’interazione tra diverse fonti di produzione normativa, dalla globalizzazione dei mercati, dalla circolazione delle persone e dei beni, dall’integrazione delle culture e dalla reciproca interferenza degli ordinamenti giuridici.
E’ dunque dovere ineludibile di ogni magistrato quello di curare continuamente la propria formazione e il proprio aggiornamento professionale.
13. Nell’adempimento di questo dovere, fondamentale si è dimostrato e si sta dimostrando il contributo della Scuola Superiore della Magistratura, al cui Presidente porgo il ringraziamento del Consiglio e mio personale, per il lavoro svolto e in via di svolgimento, in funzione della formazione e dell’aggiornamento permanente a tutti i magistrati italiani.
14. Ma la preparazione tecnico-giuridica non esaurisce il novero dei presupposti indispensabili a fondare la legittimazione del magistrato e del proprio ordine agli occhi dei cittadini nel cui nome sono pronunciate le sentenze
Tale legittimazione esige infatti altresì – e principalmente – il carattere esemplare e irreprensibile della condotta serbata tanto nell’esercizio della funzione quanto nella vita privata.
15. I magistrati devono anzitutto essere – e apparire – estranei a centri di interesse. Non è sufficiente l’insussistenza di ragioni di incompatibilità intranee al singolo procedimento (vale a dire la sola mancanza di interessi privati nell’ambito dei procedimenti trattati), ma occorre più in generale che il magistrato non possa essere accostato, per la condotta tenuta o per le
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opinioni manifestate, a categorie, gruppi, enti o persone esponenziali di interessi dei quali si potrebbe chiedere la tutela in giudizio.
16. E’ poi indispensabile l’assoluto rispetto delle regole di deontologia professionale e la silenziosa osservanza dei canoni di sobrietà e discrezione dei comportamenti. I magistrati devono rifuggire da ogni tentazione di esibizionismo; non devono cercare visibilità e men che meno la notorietà; essi devono svolgere le funzioni e condurre la propria vita all’insegna della prudenza e della discrezione, della serietà, dell’equilibrio, della compostezza, del riserbo.
Queste modalità di comportamento – apparentemente improntate all’umiltà e alla modestia, ma in realtà dettate dalla consapevolezza della rilevanza della funzione – sono l’impegno che ogni magistrato deve profondere per guadagnare la quotidiana conferma del riconoscimento pubblico del prestigio e della credibilità propria e dell’ordine cui appartiene.
17. E costituiscono l’unità di misura dell’affidamento sociale nell’autonomia e nell’indipendenza della magistratura.
Siatene consapevoli, giovani magistrati, che vi accingete ad intraprendere questa straordinaria professione; testimoniate questi principi nell’azione giudiziaria e nella condotta di vita; e renderete servizio e onore al vostro Paese e a voi stessi.
18. A Lei, Signor Presidente, rinnovo, con gratissimo animo, il senso di tutta la riconoscenza del Consiglio e mia personale: per la guida illuminata che non ha mai fatto venir meno all’Istituzione consiliare; per l’esempio animatore che continua a dare nella tutela dei valori della nostra Costituzione; e per l’importanza attribuita, tra questi valori, a quelli della giurisdizione che oggi vediamo specchiarsi nei visi delle giovani magistrate e dei giovani magistrati cui affidiamo le sorti future della giustizia italiana.
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