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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE GEORGES COSMAS presentate il 18 maggio 2000 *

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CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE GEORGES COSMAS

presentate il 18 maggio 2000 *

I — Osservazioni preliminari

1. Nella fattispecie, la Corte è chiamata a risolvere due questioni pregiudiziali sotto- postele dallo Hessisches Finanzgericht in forza dell'art. 177 del Trattato CE (dive- nuto art. 234 CE). Tali questioni riguar- dano l'interpretazione delle disposizioni d e l l ' a r t . 7 del regolamento (CEE) n. 2169/86 1, come modificato dal regola- mento (CEE) n. 165/89 2.

II — Contesto normativo

2. E indispensabile descrivere il contesto normativo nel quale si inserisce la contro- versia pendente dinanzi al giudice a quo affinché si possano capire i problemi d'in- terpretazione posti dalle questioni pregiu- diziali sollevate. Queste ultime riguardano determinate disposizioni del regolamento n. 2169/86. Tale regolamento prevede, in

via di principio, la possibilità per le persone che utilizzano amido o fecola per la pro- duzione di prodotti approvati (fabbricanti) di sollecitare una restituzione alla produ- zione per tonnellata di amido o fecola di base; a tal fine, il legislatore comunitario detta norme di procedura particolareggiate e organizza un sistema di controllo delle domande di restituzione. A grandi linee, il procedimento si presenta come segue: i fabbricanti che intendono sollecitare resti- tuzioni alla produzione si rivolgono alle autorità nazionali competenti; se essi sod- disfano le condizioni stabilite dal regola- mento n. 2169/86, le autorità nazionali li iscrivono nell'elenco dei «fabbricanti auto- rizzati». In seguito, i fabbricanti presentano una domanda scritta diretta ad ottenere un

«certificato di restituzione»3. La conces- sione del certificato presuppone la costitu- zione di una cauzione, ai sensi dell'art. 7 (controverso) del regolamento n. 2169/86.

I possessori del citato certificato possono sollecitare il pagamento della restituzione4

dopo la trasformazione dell'amido o della fecola in uno dei «prodotti approvati», come definiti all'art. 1 del regolamento n. 2169/86, che fa rinvio al regolamento (CEE) n. 1009/865. Il pagamento della restituzione e lo svincolo della cauzione avvengono appena il possessore del certifi- cato ha fornito all'amministrazione le informazioni di cui all'art. 8 del regola-

* Lingua originale: il greco.

1 — Regolamento della Commissione 10 luglio 1986, che stabi- lisce le modalità di applicazione relative al controllo e al pagamento delle restituzioni alla produzione nel settore dei cereali e del riso (GU L 189, pag. 12).

2 — Regolamento della Commissione 24 gennaio 1989, che modifica il regolamento (CEE) n. 2169/86 che stabilisce le modalità di applicazione relative al controllo e al paga- mento delle restituzioni alla produzione nel settore dei cereali e del riso (CU L 20, pag. 14).

3 — Art. 4 del regolamento n. 2169/86.

4 — Art. 6 del regolamento n. 2169/86.

5 — Regolamento del Consiglio 25 marzo 1986. che fissa le norme generali applicabili alle restituzioni alla produzione nel settore dei cereali e del riso (GU L 94, pag. 6).

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mento n. 2169/86 e il controllo ammini- strativo previsto dall'articolo successivo di tale stesso regolamento è stato effettuato.

3. Tuttavia, l'esperienza ha rivelato che tale meccanismo di concessione e di controllo delle restituzioni non consentiva di lottare efficacemente contro talune forme di spe- culazione praticate dai fabbricanti, soprat- tutto nel caso dell'amido o fecola esterifi- cato o eterificato. Tale prodotto ha la particolarità di poter essere ritrasformato in materia prima, cosicché i fabbricanti possono, eventualmente, sollecitare (illegal- mente e abusivamente) molteplici restitu- zioni. Per tale motivo è stato adottato il regolamento (CEE) n. 3642/87 6, il quale stabilisce che, se il prodotto indicato nel certificato è amido o fecola esterificato o eterificato, vale a dire rientra nel codice NC 3505 10 50 della tariffa doganale comune, la cauzione di cui all'art. 7 del regolamento n. 2169/86 «è pari a 105% della restitu- zione alla produzione di cui è prevista la concessione per la trasformazione del pro- dotto di cui trattasi» 7. Tale cauzione sarà svincolata quando le competenti autorità abbiano ottenuto la prova che il prodotto

«è stato usato per la fabbricazione di prodotti diversi da quelli elencati nell'alle- gato 1 » 8, vale a dire è stato trasformato in un prodotto che non può essere ritrasfor- mato in materia prima.

4. Tale specifico regime previsto per l'a- mido o fecola esterificato o eterificato è

stato modificato dal r e g o l a m e n t o n. 165/89, che ha modificato l'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86 e ha inserito un nuovo paragrafo 5 in tale art. 7. Si tratta delle disposizioni che preoccupano il giu- dice a quo.

L'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86, come si applica nella fattispecie, è redatto come segue:

«Fatto salvo il disposto del paragrafo 2, la cauzione di cui al paragrafo 1, secondo comma è svincolata solo se le competenti autorità hanno ottenuto la prova che il prodotto di cui al codice NC 3505 10 50 è:

a) stato usato per la fabbricazione di prodotti diversi da quelli elencati nel- l'allegato 1, oppure

b) stato esportato verso paesi terzi.

Nel caso di cui alla lettera a), la prova può essere fornita dietro presentazione da parte

6 — Regolamento della Commissione 2 dicembre 1987, che modifica il regolamento (CEE) n. 2169/86 che stabilisce le modalità d'applicazione relative al controllo e al pagamento delle restituzioni alla produzione nel settore dei cereali e del riso (GU L 342, pag. 10).

7 — Art. 1, n. 1, del regolamento n. 3642/87.

8 — Art. 1, n. 2, del regolamento n. 3642/87.

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del fabbricante all'autorità competente di una dichiarazione in cui si affermi che:

— qualora il prodotto in questione è destinato a trasformazioni successive, il fabbricante userà tale prodotto sol- tanto per produrre prodotti diversi da quelli elencati nell'allegato 1, e

— il fabbricante venderà il prodotto in questione soltanto ad una parte che accetti gli stessi obblighi e otterrà una copia di tale impegno che conserverà e terrà a disposizione delle autorità com- petenti, e

— il fabbricante è al corrente delle dispo- sizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 5

L'art. 7, n. 5, del regolamento (CEE) n. 2169/86, come vigente all'epoca dei

fatti nella fattispecie, era redatto come segue:

«L'autorità competente è tenuta a verificare mediante mezzi appropriati, ivi compresi controlli a posteriori in loco, che la dichia- razione di cui paragrafo 4 è stata piena- mente rispettata. Qualora la parte interes- sata non ottemperi alle condizioni di cui al presente articolo, fatte salve le sanzioni nazionali, l'autorità competente nello Stato membro interessato esige il pagamento dalla parte interessata di un importo pari al 105% della restituzione più alta alla produzione applicabile al prodotto in que- stione durante il periodo dei 12 mesi precedenti».

5. Infine, occorre far notare che il regola- mento n. 2169/86 è stato abrogato con l'entrata in vigore del regolamento (CEE) della Commissione n. 1722/93 9, al quale dedicherò una descrizione più dettagliata nel seguito delle presenti conclusioni. Tut- tavia, per quanto riguarda la presente causa, occorre applicare il regolamento n. 2169/86 come modificato e completato dai regolamenti nn. 3642/87 e 165/89.

I I I — Fatti e procedimento

6. La ditta tedesca Döhler GmbH (in prosieguo: la «Döhler»), ricorrente nella

9— Regolamento 30 giugno 1993, recante modalità d'applica- zione dei regolamenti (CEE) n. 1766/92 e (CEE) n. 1418/76 del Consiglio riguardo alle restituzioni alla produzione nel settore dei cercali e del riso, rispettivamente (CU L 159, pag. 112).

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causa a qua, produce e distribuisce alimenti e bevande. Al termine dell'ispezione effet- tuata, per il periodo dal 1° gennaio 1988 al 31 dicembre 1990, dalle autorità ammini- strative tedesche competenti, veniva redatto un rapporto di ispezione, in data 30 dicembre 1992, recante i seguenti accer- tamenti.

La ricorrente acquistava, negli anni dal 1988 al 1990, complessivamente 916 925 kg di amido o fecola esterificato o eterifi- cato, di cui al codice NC 3505 10 50. I fornitori di tale amido o fecola erano la ditta belga Amylum NV e la ditta tedesca Cerestar Deutschland GmbH. La ricorrente dichiarava per l'anno civile 1989 nei riguardi della ditta Amylum che «gli amidi o fecole esterificati o eterificati acquistati dalla Amylum sono destinati al proprio consumo ed alla produzione di prodotti finiti diversi da quelli menzionati nell'alle- gato 1 del regolamento n. 2169/86. Tali amidi e fecole non saranno ceduti successi- vamente a terzi». La ricorrente precisa di non aver rilasciato una corrispondente dichiarazione per l'anno civile 1990 nei confronti della ditta Amylum. Inoltre, essa dichiarava nei riguardi della ditta Cerestar che «con la presente si conferma che i prodotti trasformati ricevuti sono stati utilizzati per la produzione di merci che non figurano menzionate nell'allegato 1 del regolamento (CEE) n. 2169/86». Occorre far notare che, secondo le affermazioni della ricorrente, le ditte che le avevano fornito tali merci avevano ricevuto a tale titolo le restituzioni previste dalla citata legislazione comunitaria.

Dei 916 925 kg di amido e fecola acqui- stati, la Döhler ne rivendeva successiva-

mente, nell'ambito della CEE, 726 860 kg, senza sottoporli a nessuna trasformazione.

Principale acquirente di tali prodotti era la Döhler Food Service GmbH, società con- trollata dalla ricorrente al 100%. Tale filiale cedeva i prodotti controversi a pic- cole o piccolissime ditte, vale a dire ditte individuali di fornai o pasticceri. La ricor- rente non si faceva rilasciare da tali acqui- renti le dichiarazioni di impegno ai sensi dell'art. 7, n. 4, quarto comma, del regola- mento n. 2169/86 e non le aveva neppure esibite su richiesta delle autorità ammini- strative nel corso del procedimento ammi- nistrativo di ispezione.

Ciò premesso, le autorità nazionali compe- tenti adottavano il 7 giugno 1994 una decisione che ingiungeva alla Döhler il rimborso di un importo di 181 330,71 DM, a causa del non corretto utilizzo di 500,4 tonnellate di amido o fecola esterifi- cato o eterificato. La base giuridica di tale decisione era l'art. 7, n. 5, del regolamento n. 2169/86. La data di riferimento scelta ai fini del calcolo del periodo di dodici mesi ai sensi di tale disposizione è quella in cui è stato accertato che l'amido o fecola era usato per fini diversi da quelli previsti. La ricorrente fa notare, tuttavia, nelle sue osservazioni che la sanzione amministrativa di cui trattasi le era stata inflitta, in realtà, non perché aveva fatto del prodotto un uso non appropriato, ma perché non aveva richiesto agli acquirenti ai quali aveva rivenduto tale prodotto le dichiarazioni di impegno previste dall'art. 7, n. 4, del rego- lamento n. 2169/86.

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La Döhler ha proposto al giudice a quo un ricorso contro la citata decisione e tale giudice ha giudicato indispensabile sotto- porre alla Corte le seguenti questioni pre- giudiziali.

IV — Questioni pregiudiziali

7. «1) Se l'art. 7, n. 5, seconda frase, del regolamento (CEE) della Commis- sione 10 luglio 1986, n. 2169, che stabilisce le modalità di applica- zione relative al controllo e al pagamento delle restituzioni alla produzione nel settore dei cereali e del riso, nella versione modificata con regolamento (CEE) 24 gennaio 1989, n. 165, debba essere inter- pretato nel senso che con l'espres- sione "parte interessata" si intende anche l'acquirente di un prodotto classificato sotto il codice NC 3505 1050 che si sia da parte sua impegnato nei confronti del fabbri- cante e/o del fornitore di tale prodotto a utilizzare quest'ultimo esclusivamente per la fabbricazione di prodotti diversi da quelli elen- cati nell'allegato I.

2) In caso di soluzione affermativa della questione sub 1):

a) Se l'importo pari al 105% della più alta restituzione alla produzione applicabile al prodotto in que- stione durante il periodo dei dodici mesi precedenti sia dovuto dall'ac-

quirente indipendentemente dal fatto che la cauzione prestata dal fabbricante sia stata svincolata, eventualmente sulla base di una dichiarazione d'impegno delibera- tamente falsa rilasciata da una delle parti interessate indicate sub 1).

b) Se l'importo pari al 105% della più alta restituzione alla produzione applicabile al prodotto in que- stione durante il periodo dei dodici mesi precedenti possa essere richie- sto all'acquirente anche nell'ipotesi in cui non sia più possibile accer- tare se questi abbia rilasciato una dichiarazione d'impegno, ma con- sti che non ha avuto luogo ovvero che non è stata provata la trasfor- mazione in un prodotto diverso da quelli menzionati nell'allegato I ad opera del detto acquirente o di un acquirente successivo.

3) In caso di soluzione affermativa delle questioni sub 2):

A partire da quale data si debba risalire nel tempo per calcolare i "dodici mesi precedenti" di cui all'art. 7, n. 5, seconda frase, del regolamento (CEE) n. 2169/86».

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V — Prima questione pregiudiziale

8. Il principale problema che preoccupa il giudice a quo è se gli acquirenti di amido o fecola esterificato o eterificato che hanno rilasciato una dichiarazione d'impegno ai sensi dell'art. 7, n. 4, quarto comma, del regolamento n. 2169/86 siano inclusi tra le persone che possono essere costrette al pagamento «di un importo pari a 105%

della restituzione più alta alla produzione applicabile al prodotto in questione durante il periodo dei dodici mesi prece- denti» in forza dell'art. 7, n. 5, del mede- simo regolamento. Ritengo opportuno for- mulare in primo luogo tre osservazioni.

9. Innanzi tutto, è indispensabile sottoli- neare che le disposizioni controverse del- l'art. 7, n. 5, del regolamento n. 2169/86 prevedono una sanzione amministrativa diretta a reprimere la speculazione e le frodi in materia di restituzioni alla produ- zione. Nessuna delle parti che hanno pre- sentato osservazioni contesta che tali dispo- sizioni abbiano carattere di sanzione; tale carattere risulta anche dal tenore letterale e dal sistema delle norme interessate. L'ob- bligo di pagare un importo corrispondente alla restituzione più alta possibile aumen- tato del 5% spetta alle persone di cui è accertato che non si siano conformate alle norme enunciate dal regolamento in que- stione e che abbiano agito a danno del sistema delle restituzioni comunitarie alla produzione; il loro comportamento ha provocato lo svincolo illegale della cau- zione ai sensi dell'art. 7 del regolamento n. 2169/86 o la concessione illegale di una restituzione. Inoltre, l'obbligo di paga-

mento controverso è applicato «fatte salve le sanzioni nazionali». Tale frase del legi- slatore comunitario significa, da un lato, che la misura introdotta dall'art. 7, n. 5, costituisce una sanzione amministrativa e, dall'altro, che il principio ne bis in idem non è applicabile nella fattispecie.

10. E essenziale sottolineare anche l'impor- tanza della repressione della speculazione e delle frodi riguardo alla delicata questione delle restituzioni alla produzione di amido o fecola esterificato o eterificato.

Come fa osservare l'avvocato generale Léger nelle sue conclusioni nella causa Kyritzer Stärke 10, «non vi è dubbio che la lotta contro le frodi nel campo delle operazioni di trasformazione dell'amido o della fecola in amido esterificato o eterifi- cato sia, dal 1987, uno degli scopi perse- guiti dal legislatore comunitario nei rego- lamenti applicabili. Inoltre, l'utilizzo cor- retto dei prodotti trasformati è il mezzo adottato per raggiungere tali scopi» 11.

Nella stessa causa, la Corte ha dichiarato che l'obbligo di utilizzo corretto dei pro- dotti per i quali viene concessa una restitu- zione alla produzione, in particolare l'a- mido o fecola esterificato o eterificato, è una componente dell'obbligo di trasforma- zione delle sostanze interessate in prodotti approvati in modo da garantire il carattere irreversibile della trasformazione; di conse-

10 — Sentenza 16 luglio 1998, causa C-287/96 (Racc.

pag. I-4729).

11 — Paragrafo 59 delle conclusioni.

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guenza, tale obbligo è una «esigenza prin- cipale», ai sensi dell'art. 20, n. 2, del regolamento (CEE) n. 2220/85 12. È mani- festo che l'osservanza delle condizioni imposte dall'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86 in relazione con il trattamento e la distribuzione dell'amido o fecola eterifi- cato o esterificato si inserisce nell'ambito dell'obbligo di utilizzo corretto summen- zionato. Tuttavia, occorre far notare che la sentenza Kyritzer riguardava un produttore di amido che aveva costituito una cauzione per beneficiare di una restituzione alla produzione e non di un acquirente di amido, come la ricorrente nella causa a qua.

11. Infine, occorre non dimenticare che, quando il legislatore comunitario prevede sanzioni, deve necessariamente soddisfare determinate condizioni, che la Corte ha sancite in una giurisprudenza costante.

Nella sentenza Konecke13, la Corte ha dichiarato che «una sanzione, anche di natura non penale, può essere inflitta solo qualora abbia un fondamento giuridico chiaro ed inequivoco» 14. La sentenza Milchwerke Köln 15 è anch'essa interes- sante riguardo alla soluzione da fornire alle questioni pregiudiziali sollevate nella presente causa; in tale sentenza la Corte ha dichiarato che «nonostante la necessità di combattere i comportamenti fraudolenti, una sanzione che consista nel sostituire l'acquirente al produttore presuppone una

previa base legale che ne definisca i pre- supposti e la portata» 16. Per tale motivo, la Corte non ha permesso che si fornisse ad una disposizione comunitaria che impo- neva sanzioni ai produttori di latte per infrazioni commesse nell'ambito del sistema di organizzazione comune di mer- cato un'interpretazione estensiva, la quale implicasse che tale disposizione fosse appli- cata anche nei confronti degli acquirenti, quantunque questi ultimi fossero responsa- bili delle infrazioni accertate.

Pertanto non si può aggirare in via inter- pretativa l'obbligo per il legislatore di redigere chiaramente le norme che preve- dono sanzioni, per quanto opportuna possa sembrare l'applicazione della sanzione di cui trattasi per la salvaguardia della legalità comunitaria. Tale obbligo comporta, per- lomeno, la necessità di determinare, in primo luogo, l'infrazione che è alla base della sanzione inflitta (crimen), in secondo luogo, la natura e il contenuto della san- zione prevista (poena) e, in terzo luogo, la cerchia di persone contemplate dal mecca- nismo della sanzione amministrativa.

In sintesi, la prima questione pregiudiziale ci invita ad analizzare, da un lato, se la sanzione di cui all'art. 7, n. 5, del regola- mento n. 2169/86, riguardi anche gli acqui- renti di amido o fecola esterificato o eterificato che hanno rilasciato la dichiara- zione d'impegno indicata al paragrafo precedente dello stesso articolo; dall'altro, se così è, in quale misura la sanzione in

12 — Regolamento della Commissione 22 luglio 1985, recante fissazione delle modalità comuni di applicazione del regime delle cauzioni per i prodotti agricoli (GU L 205, pag. 5).

13 — Sentenza 25 settembre 1984, causa 117/83 (Racc.

pag. 3291).

14 — Punto 11 della sentenza Konecke, citata alla nota 13.

15 —Sentenza 1 4 luglio 1994, causa C-352/92 (Racc.

pag. I-3385).

16 — Punto 22 della sentenza Milchwerke Köln, citata alla nota 15.

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questione sia compatibile con le esigenze stabilite dalla giurisprudenza della Corte circa le sanzioni amministrative.

A — Possono essere inflitte sanzioni agli acquirenti?

12. Tale questione è sollevata dal giudice a quo e dalla ricorrente nella causa a qua.

Essi affermano che l'applicazione della sanzione controversa agli acquirenti di amido o fecola solleva problemi, in quanto questi ultimi non beneficiano delle restitu- zioni alla produzione e in quanto la san- zione è in relazione diretta con lo svincolo o no della cauzione che il fabbricante è stato . chiamato a costituire. Di conseguenza, solo quest'ultimo può essere punito in caso di violazione delle norme relative alla costitu- zione della cauzione enunciate dal regola- mento in questione.

Non posso condividere l'iter logico che precede. La sanzione prevista dall'art. 7, n. 5, è certo in relazione diretta con le disposizioni comunitarie riguardanti lo svincolo della cauzione costituita dal fab- bricante; ciò non significa, tuttavia, che tale sanzione non possa, in via di diritto, colpire persone diverse dal fabbricante che ha costituito la cauzione. Il legislatore comu- nitario è libero di stabilire, nell'ambito del sistema delle restituzioni alla produzione, una serie di norme giuridiche che impon- gono determinati obblighi alle persone coinvolte in tale sistema, tra le quali gli acquirenti dei prodotti di cui trattasi. Se il legislatore comunitario ha effettivamente

introdotto tali disposizioni, non è escluso che si possa reagire all'inosservanza degli obblighi summenzionati infliggendo san- zioni ai trasgressori, anche se tali persone con il loro comportamento illegale non hanno beneficiato direttamente del danno provocato al sistema delle restituzioni comunitarie.

Pertanto, la sanzione prevista all'art. 7, n. 5, del regolamento n. 2169/86 è diretta a far fronte alle infrazioni connesse allo svincolo abusivo ed eventualmente fraudo- lento della cauzione prevista dallo stesso articolo. L'identità di colui che può essere considerato come l'autore delle infrazioni in questione dipende dalla formulazione e dal contenuto delle norme giuridiche vio- late; l'eventualità che tali norme colpiscano persone diverse dal fabbricante che ha costituito la cauzione, in particolare gli acquirenti dei prodotti di cui trattasi, non è esclusa a priori.

Un'ultima osservazione. L'argomento secondo il quale gli acquirenti non benefi- ciano delle restituzioni concesse ai fabbri- canti o dello svincolo della cauzione è esatto solo in parte. Se tali persone hanno collaborato con il fabbricante in modo da ottenere che la cauzione sia svincolata e che la restituzione sia, successivamente, con- cessa — intendo per collaborazione la dichiarazione rilasciata da tali persone ai sensi dell'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86, secondo la quale esse «accet- tano gli stessi obblighi» — esse possono, eventualmente, aver ottenuto un prezzo d'acquisto più favorevole.

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Pertanto, ritengo che nessuna norma giuri- dica superiore osti a che il legislatore comunitario adotti un meccanismo in forza del quale l'inosservanza da parte degli acquirenti di un prodotto degli impegni presi — inosservanza che ha per conse- guenza che il venditore ottenga lo svincolo della cauzione che era stato chiamato a costituire — comporta l'applicazione di sanzioni a tali acquirenti.

Resta da esaminare se il regolamento n. 2169/86 abbia effettivamente istituito un tale meccanismo di sanzione, che soddi- sfi le condizioni sancite dalla giurispru- denza per quanto riguarda le sanzioni amministrative.

B — Le disposizioni del regolamento n. 2169/86 prevedono sanzioni nei con- fronti degli acquirenti?

a) La «parte interessata» ai sensi dell'art. 7, n. 5, del regolamento n. 2169/86.

13. Se ci si basa sulla formulazione letterale della disposizione controversa, si può soste- nere che la sanzione istituita riguarda anche gli acquirenti di amido o fecola esterificato o eterificato che acquistano tali prodotti presso il fabbricante e accettano, quanto al loro uso, gli obblighi di cui all'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86.

Il legislatore comunitario, in taluni prece- denti passaggi dello stesso articolo utilizza, in linea di principio, il termine «fabbri- cante» per indicare la persona che sollecita la restituzione alla produzione ed è tenuta a costituire una cauzione; tuttavia, nel pas- saggio controverso del n. 5, che descrive il contenuto della sanzione amministrativa di cui trattasi, utilizza il termine «parte inte- ressata» per determinare le persone che rientrano nell'ambito di applicazione di tale sanzione. La differenza di terminologia potrebbe essere interpretata come rivela- trice della volontà del legislatore comuni- tario di non limitarsi a reprimere il com- portamento dei fabbricanti che contravven- gono, ma di estendere l'applicazione di sanzioni ad altre categorie di persone. Il motivo è che, nel caso contrario, ci si aspetterebbe che riprendesse il termine

«fabbricante» nel passaggio di cui trattasi dell'art. 7, n. 5.

La questione che si pone è in quale misura gli acquirenti del prodotto controverso — categoria alla quale appartiene la Döh¬

ler — possano far parte delle persone indicate dal termine «parte interessata». A tal proposito, basta far osservare che gli acquirenti costituiscono la sola categoria di persone diverse dai fabbricanti alla quale il legislatore comunitario può logicamente riferirsi quando utilizza il termine «parte interessata». Come risulta dal contenuto dell'art. 7 del regolamento, le sole persone diverse dal fabbricante il cui comporta- mento preoccupa il legislatore sono gli acquirenti che «accettano gli stessi obbli- ghi» circa l'uso del prodotto di cui trattasi.

Di conseguenza, poiché il passaggio in questione dell'art. 7, n. 5, parla delle «parti interessate», tra le quali è possibile che siano incluse persone diverse dai fabbri¬

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canti, tali persone possono essere solo gli acquirenti del prodotto controverso.

14. La constatazione che precede non basta, tuttavia, a consentire un'interpreta- zione soddisfacente delle disposizioni con- troverse e non è possibile affermare che il termine «parte interessata» non si identifica necessariamente con quello di «fabbri- cante».

Un primo argomento a favore di tale identificazione si deduce dalla stessa dispo- sizione dell'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86. L'ultima frase di tale paragrafo indica che, qualora le prove che il prodotto controverso ha lasciato il territorio doga- nale della Comunità debbano essere costi- tuite dalla presentazione di una copia dell'esemplare di controllo T5 17 e qualora tale esemplare non sia rispedito alle auto- rità competenti entro il termine fissato, «a causa di circostanze indipendenti dalla parte interessata18, quest'ultima può chie- dere all'autorità competente di accettare come equivalenti altri documenti (...)».

L'art. 7, n. 4, consente di concludere che la persona indicata come la «parte interes- sata» nella disposizione controversa può essere solo il fabbricante, che si propone di svincolare la cauzione che egli stesso ha costituito. Di conseguenza, se, ai sensi dell'art. 7, n. 4, si intende per «parte interessata» unicamente il fabbricante, non è possibile che esattamente lo stesso termine giuridico, quando viene utilizzato

nell'ambito del paragrafo che segue imme- diatamente, abbia un ambito di applica- zione diverso (più ampio).

A prescindere dalle considerazioni che precedono, per affermare senza riserve che, utilizzando il termine «parte interes- sata», il legislatore comunitario ha voluto includere anche gli acquirenti di amido o fecola esterificato o eterificato nell'ambito di applicazione della sanzione prevista, occorrerà esaminare le infrazioni addebi- tate alla categoria di persone indicata dal termine «parte interessata». Se si tratta di infrazioni a norme che impongono deter- minati obblighi di diritto pubblico agli acquirenti, non vedo per quale motivo tali persone dovrebbero essere escluse dall'am- bito di applicazione della sanzione di cui trattasi.

b) L'infrazione che giustifica la sanzione controversa

15. Le disposizioni comunitarie di cui trat- tasi non si distinguono per la loro chia- rezza. Come risulta dalla formulazione dell'art. 7, n. 5, la sanzione prevista da tale articolo è inflitta qualora le autorità nazio- nali competenti accertino che la parte interessata «non ottemperi alle condizioni di cui al presente articolo», nell'ambito del controllo amministrativo diretto a verifi- care se «la dichiarazione di cui al para- grafo 4 è stata pienamente rispettata».

17 — Tale esemplare di controllo è rilasciato conformemente al disposto del regolamento (CEE) della Commissione 18 set- tembre 1987, n. 2823, relativo ai documenti da utilizzare in vista dell'attuazione delle misure comunitarie che prevedono il controllo dell'utilizzazione e/o della destina- zione delle merci (GU L 270, pag. 1).

18 — Il corsivo è mio.

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Ritengo che occorra considerare che tale

«dichiarazione» sia quella che il fabbri- cante, il quale costituisce la cauzione, rilascia alle autorità nazionali competenti e non l'impegno ai sensi del quale gli acquirenti assumono gli stessi obblighi del fabbricante circa l'uso dell'amido o fecola esterificato o eterificato che acquistano.

Tale interpretazione si impone per il fatto che solo la prima di tali pratiche è quali- ficata espressamente come «dichiarazione»

nel testo dell'art. 7, n. 4; per contro, gli acquirenti sono menzionati solo in modo indiretto in tale norma, senza che sia previsto che rilascino una dichiarazione alle pubbliche autorità. Solo il fabbricante, con la dichiarazione che presenta, prende l'impegno che «venderà il prodotto in questione soltanto ad una parte che accetti gli stessi obblighi e otterrà una copia di tale impegno che conserverà e terrà a disposi- zione delle autorità competenti».

Malgrado ciò, si può affermare che l'ob- bligo che assumono gli acquirenti costitui- sca una delle «condizioni di cui al presente articolo», ai sensi dell'art. 7, n. 5, in modo che l'inosservanza da parte loro di tale obbligo giustifichi l'irrogazione nei loro confronti della sanzione prevista dal mede- simo paragrafo? Non considero tale iter logico come il più corretto. Se il fabbricante vende il prodotto interessato, lo svincolo della cauzione presuppone che egli rilasci una dichiarazione che indichi che gli acqui- renti accettano i suoi stessi obblighi circa l'uso del prodotto e che una copia dell'im- pegno assunto sia trasmessa alle autorità amministrative. Tuttavia, quale è la natura giuridica di tale impegno e nei confronti di chi è assunto? Malgrado l'oscurità della norma, ritengo che la tesi più convincente

sia quella secondo la quale si tratti di un obbligo di natura civile incombente sulle persone che acquistano l'amido o fecola presso il fabbricante e non di un obbligo di diritto pubblico incombente su tali persone nei confronti delle autorità amministrative.

Di conseguenza, anche se gli acquirenti sono venuti meno agli impegni che avevano assunto circa la natura dell'amido o fecola, il loro comportamento non costituisce un'infrazione che possa essere sanzionata con un'ammenda amministrativa, ma un atto contrario al contratto (che vincola l'acquirente al produttore) da cui derivano, eventualmente, conseguenze di altro tipo. Il legislatore comunitario sembra limitarsi agli obblighi che impone espressamente e direttamente al fabbricante e non prevede obblighi corrispondenti per gli acquirenti.

Tale interpretazione delle disposizioni di cui trattasi non è esente da qualsiasi critica.

Infatti, si potrebbe affermare che l'obbligo di utilizzare in modo appropriato l'amido o fecola, sul quale si basa il corretto funzio- namento del meccanismo delle restituzioni alla produzione, non spetti solamente al fabbricante nei confronti delle autorità nazionali competenti, ma anche ai suoi aventi causa a titolo particolare, che siano diventati proprietari del prodotto. In tal senso, dall'art. 7, n. 4, il quale stabilisce che il fabbricante può svincolare la cau- zione solo se ha dichiarato voler vendere il prodotto «ad una parte che accetti i suoi stessi obblighi», si può dedurre che l'ob- bligo assunto dagli acquirenti è della stessa natura di quello del fabbricante e che l'inosservanza di tale obbligo è un motivo sufficiente per infliggere loro la sanzione di cui all'art. 7, n. 5.

(12)

Come ho già spiegato, non condivido l'interpretazione appena descritta; aggiun- gerò, in seguito, taluni argomenti supple- mentari che corroborano tale conclusione.

Prima di ciò, tuttavia, ritengo indispensa- bile precisare che, anche se si condivide tale interpretazione, non è chiaro che gli obbli- ghi incombenti sull'acquirente si identifi- chino con quelli che spettano al fabbri- cante. In particolare, il fabbricante che rivende l'amido o fecola deve provvedere ad ottenere dagli acquirenti un documento che certifichi che essi accettano i suoi stessi obblighi. Per contro, non è manifesto che tale obbligo formale spetti agli acquirenti nei confronti dell'amministrazione, vale a dire che essi debbano ottenere il documento di cui trattasi dai successivi acquirenti se rivendono il prodotto. Il loro obbligo — se si dovesse considerare che esista un obbligo — sembra consistere esclusiva- mente nel provvedere all'uso regolare del prodotto19.

e) Il sistema delle disposizioni controverse

16. La Commissione, per fondare la sua tesi riguardante la responsabilità dell'ac·;

quirente, si richiama al sistema delle dispo-

sizioni controverse e la logica del meccani- smo di concessione e di controllo delle restituzioni alla produzione. Essa afferma, in particolare, che, poiché il fabbricante ha presentato la dichiarazione di cui all'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86, da cui risulta che vende il prodotto ad una per- sona che accetta i suoi stessi impegni, egli, che ha costituito la cauzione, ha ottempe- rato l'obbligo fondamentale che gli spetta circa l'utilizzazione appropriata dell'amido o fecola e non può più vedersi infliggere la sanzione di cui all'art. 7, n. 5. La Commis- sione osserva che la soluzione contraria andrebbe contro il principio della natura soggettiva della responsabilità, che disci- plina le sanzioni amministrative comunita- rie. Di conseguenza, poiché è impossibile infliggere la sanzione controversa al fab- bricante qualora si sia conformato agli obblighi ad esso incombenti in forza del regolamento n. 2169/86, è. indispensabile riconoscere alle autorità amministrative nazionali la possibilità di dare attuazione alle stesse disposizioni sanzionatorie nei confronti degli acquirenti che non abbiano mantenuto gli impegni assunti circa l'uso del prodotto di cui trattasi. Un'interpreta- zione diversa delle disposizioni controverse avrebbe per effetto di consentire lo svincolo della cauzione e l'eventuale concessióne delle restituzioni sollecitate senza che l'a- mido o fecola esterificato o eterificato abbia costituito oggetto di un utilizzo appropriato e senza che sia possibile san- zionare i colpevoli ai quali tale comporta- mento illegale è imputabile.

Al contrario, la Döhler afferma che si può sempre applicare la sanzione prevista dal n. 5 al fabbricante, che ha costituito la cauzione, in modo da garantire l'efficacia del meccanismo comunitario di controllo delle restituzioni alla produzione. Essa osserva, inoltre, che tale soluzione è la più

19—Tale osservazione è importante se è vero ciò che la ricorrente indica riguardo alla motivazione della decisione delle autorità tedesche impugnata nel procedimento nella causa a qua (v. paragrafo 6). Mi chiedo in quale misura l'amministrazione nazionale potesse fondarsi sul fatto che la Döhler non aveva richiesto ai successivi acquirenti dell'amido o fecola di accettare i suoi stessi obblighi per quanto riguarda l'uso di tale prodotto e applicare auto- maticamente la sanzione di cui all'art. 7, n. 5. Ho l'im- pressione che, anche se tale articolo è interpretato nel senso che impone un obbligo agli acquirenti, quest'ultimi hanno il diritto di provare che il prodotto è stato utilizzato correttamente dai successivi acquirenti, anche senza pos- sedere dichiarazioni d'impegno.

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opportuna; peraltro, è per tale motivo che il legislatore comunitario ľha scelta quando ha elaborato il regolamento n. 1722/93, che ha sostituito il disposto del regola­

mento n. 2169/86.

17. Personalmente, sono propenso a condi­

videre l'iter logico seguito dalla ricorrente nella causa a qua.

Innanzi tutto, occorre far notare che ľat- tribuzione di una responsabilità oggettiva all'operatore e l'imputazione a quest'ul- timo di un comportamento illegale che dipende da terzi non sono necessariamente contrarie ad una norma comunitaria supe- riore. Di conseguenza, è possibile, a deter- minate condizioni, infliggere sanzioni comunitarie non penali anche se colui al quale la sanzione è inflitta non sia perso- nalmente responsabile. Occorre citare la sentenza Piange20, nella quale la Corte ha dichiarato che, qualora un operatore si impegni ad esportare prodotti che devono soddisfare talune condizioni e i prodotti in questione non soddisfino tali condizioni, tale operatore deve rimborsare automati- camente le restituzioni corrispondenti, anche se non è responsabile dei vizi che i prodotti controversi presentavano.

È importante anche la sentenza Boterlux21, da cui risulta che l'operatore in buona fede il quale esporti un prodotto al di fuori della Comunità non ha il diritto di ottenere aiuti

comunitari sotto forma di restituzioni, nel caso di reimportazione fraudolenta di tale prodotto nella Comunità, anche se è un terzo il responsabile della frode commessa.

Più in particolare, la Corte ha dichiarato che «sebbene la reimportazione fraudolenta nella Comunità sia atta a costituire una circostanza estranea all'esportatore, cio- nondimeno essa fa parte dei rischi com- merciali usuali»2223.

20 —Sentenza 5 febbraio 1987, causa 288/85 (Racc. pag. 611).

21—Sentenza 9 agosto 1994, causa C-347/93 (Race, pag. I-3933).

22 — Punto 35 della sentenza Boterlux, citata alla nota 21.

23 — Le conclusioni di tale giurisprudenza, da cui risulta che e possibile addebitare una responsabilità oggettiva ad un operatore che ha beneficiato di aiuti comunitari, non sono confutate neanche dalla (recente) sentenza 12 maggio 1998, causa C-366/95, Steff-Houlberg Export e a. (Race, pag. I-2661). Nel dispositivo di tale sentenza la Corte dichiara che «il diritto comunitario non osta, in via di principio, alla nonnativa nazionale che consenta tl¡

escludere la ripetizione di aiuti comunitari indebitamente versati prendendo in considerazione, purché sia dimostrata la buona fede del destinatario, criteri come il comporta- mento negligente delle autorità nazionali c un rilevante lasso di tempo trascorso dal versamento degli aiuti di cui trattasi, a condizione, tuttavia, che i presupposti siano gli stessi del recupero di prestazioni finanziarie esclusivamente nazionali e che l'interesse della Comunità sia pienamente preso in considerazione».

Vi è una differenza essenziale tra il contesto normativo in cui si inseriscono le sentenze Piange e Boterlux e quello in cui si inserisce la sentenza Steff-Houlberg Export. Nei due primi casi, esistevano disposizioni comunitarie specifiche che regolavano le modalità di ripetizione delle restituzioni comunitarie abusivamente concesse; nella causa Steff- Houlberg Export, in mancanza di disposizioni comunitarie che disciplinassero la questione, occorreva applicare le disposizioni contrarie del diritto nazionale. Dalla combi- nazione delle due soluzioni summenzionate, risulta, da un Iato, che il legislatore comunitario è libero di stabilire un regime di responsabilità oggettiva imputabile ad un operatore in buona fede, costringendolo a rimborsare le somme abusivamente percepite, e dall'altro, che, tuttavia, se non esistono disposizioni comunitarie pertinenti e nel contesto dell'autonomia giuridica degli Stati membri, non è vietato che il diritto nazionale stabilisca solamente un sistema di responsabilità soggettiva ed esoneri, a detcrmi- nate condizioni, l'operatore in buona fede dal rimborso degli aiuti, tenendo conto, sempre, dell'interesse comuni- tario.

Di conseguenza, se si presuppone die le disposizioni dt cui trattasi del regolamento n. 2169/86 introducono diretta- mente un sistema comunitario di responsabilità oggettiva imputabile al fabbricante, che costituisce la garanzia, tali disposizioni non sono contrarie a nessuna norma superiore di diritto. Tale constatazione è basata sulle sentenze Piange e Boterlux (già citate). La situazione sarebbe eventual- mente diversa se il meccanismo di sanzione dell'art. 7 del regolamento n. 2169/86 fosse assolutamente inesistente, sicché le autorità amministrative dovrebbero ricercare nell'ambito dell'ordinamento giuridico nazionale le norme adeguate per sanzionare i casi di svincolo ingiustificato o fraudolento della cauzione costituita. Non sarebbe, allora, inconcepibile che il diritto nazionale escluda l'attribuzione di una responsabilità oggettiva all'operatore che ha costituito la cauzione e l'imputazione a quest'ultimo del comportamento illegale degli acquirenti.

(14)

Se trasponiamo al regolamento di cui trattasi le conclusioni della giurisprudenza summenzionata, possiamo rilevare che l'in- teresse comunitario che è salvaguardato grazie all'applicazione della sanzione di cui all'art. 7, n. 5, del regolamento n. 2169/86, ogni volta che la cauzione contemplata dallo stesso articolo è svincolata abusiva- mente, è anche garantito dall'interpreta- zione secondo la quale solo il fabbricante, che ha costituito la cauzione, può subire la sanzione in questione. In particolare, que- st'ultimo è chiamato a pagare l'importo fissato dall'art. 7, n. 5, ogni qual volta l'amministrazione accerti che egli o uno degli acquirenti che hanno acquistato da lui l'amido o fecola esterificato o eterificato non fanno un uso adeguato di tale pro- dotto. In quest'ultimo caso, il fabbricante, che ha costituito la cauzione, non ha, a mio giudizio, la facoltà di invocare la propria mancanza di responsabilità, in quanto tale responsabilità è definita dalla legge come responsabilità oggettiva. Spetta al fabbri- cante inserire nel contratto una clausola che gli consenta di agire contro gli acqui- renti in considerazione del danno che può derivargli dall'applicazione delle disposi- zioni controverse del regolamento, facendo valere le norme civili della responsabilità contrattuale ed (eventualmente) extracon- trattuale.

18. Ritengo che tale soluzione sia preferi- bile anche per un altro motivo. Il fabbri- cante, che ha costituito la cauzione, è la sola persona che, nell'ambito dell'applica- zione del regolamento n. 2169/86, sia in relazione diretta con le autorità ammini- strative competenti; si presume inoltre che egli sia solvibile, in quanto è stato già chiamato a costituire e ha costituito una

cauzione di un importo pari a quello previsto dalla sanzione di cui all'art. 7, n. 5. Se, quindi, tale cauzione è stata abusivamente svincolata per un motivo x oy-—· circostanza che ha consentito al fabbricante di trarre, sebbene non ne abbia il diritto, un certo vantaggio da tale svin- colo — è probabile e più semplice nella prassi che le autorità amministrative nazio- nali agiscano contro di lui per reprimere l'irregolarità commessa 24.

19. Infine, esiste un altro argomento deter- minante, da cui sembra risultare che la sanzione controversa prevista dal regola- mento n. 2169/86 riguardi solo il fabbri- cante. Si tratta dell'argomento basato sul- l'analisi comparativa del regolamento con-

24 — A tale iter logico, la Commissione contrappone l'argo- mento secondo il quale l'interpretazione estensiva del- l'art. 7, n. 5, in conformità della quale la sanzione controversa può anche essere inflitta agli acquirenti dell'amido o fecola esterificato o eterificato consente di sanzionare colui che è ogni volta personalmente responsa- bile dello svincolo abusivo della cauzione, che si tratti del fabbricante, che ha costituito la cauzione, o di un'altra persona.

Tuttavia, tale osservazione è solo parzialmente giusta.

Anche se si dovesse ammettere che la responsabilità sia trasferita dal fabbricante alla sua controparte contrattuale per l'impegno assunto da quest'ultimo in forza dell'art. 7, n. 4, non è scontato che un trasferimento corrispondente di responsabilità possa aver luogo dal summenzionato acqui- rente ai successivi acquirenti; le disposizioni di cui trattasi del regolamento non contengono nessuna indicazione esplicita degli impegni che sarebbero chiamati ad assumere i successivi acquirenti, vale a dire gli aventi causa del primo acquirente. Se, pertanto, si considera che i successivi acquirenti si situino al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 7, nn. 4 e 5, del regolamento n. 2169/86, il primo acquirente si trova di conseguenza in una situazione sfavorevole. Mentre il fabbricante riesce a liberarsi dalla responsabilità riguardante l'utilizzo adeguato dell'amido o fecola, a svincolare la cauzione e a ottenere eventuali restituzioni, il primo acquirente diventa responsabile tanto dell'utilizzo che lui stesso farà del prodotto quanto di quello che ne faranno coloro che gli succederanno nella catena degli acquirenti. Di conseguenza, è privo di fondamento l'argomento secondo il quale la summenzio- nata interpretazione è più in armonia con il principio della responsabilità soggettiva di colui al quale la sanzione amministrativa è inflitta.

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(15)

traverso e del regolamento n. 1722/93, che lo ha sostituito. Non intendo, certamente, effettuare un'interpretazione contra legem delle precedenti disposizioni del regola- mento n. 2169/86, facendo una lettura

«retroattiva» di quelle del regolamento n. 1722/93. Tuttavia, poiché le disposizioni che tali due regolamenti contengono e la logica che ne è alla base presentano nume- rose similitudini, non vedo perché non si potrebbe prendere in considerazione il regolamento n. 1722/93 per spiegare deter- minati punti non chiari del regolamento n. 2169/86 25.

Per quanto riguarda più in particolare il problema controverso, risulta dall'esame del regolamento n. 1722/93 che, nell'adot- tare tale testo, il legislatore comunitario ha scelto di mantenere lo stesso meccanismo sanzionarono già esistente all'art. 7, n. 5, del regolamento n. 2169/86, pur apportan- dovi taluni miglioramenti e formulando le disposizioni pertinenti in modo più chiaro e più adeguato. Si tratta del disposto del- l'art. 10 del regolamento n. 1722/93.

L'art. 10, n. 2, del regolamento n. 1722/93 corrisponde all'art. 7, n. 4, del regola- mento n. 2169/86. Tale disposizione del

regolamento n. 1722/93 prevede che la dichiarazione che il fabbricante presenta per poter svincolare la cauzione deve indicare che «il prodotto sarà venduto solo ad una persona che assuma l'impegno di cui al primo trattino, risultante da un'ap- posita clausola contrattuale o da ima condizione specifica contenuta nella fattura di vendita» 26. Il fabbricante dovrà inoltre

«tenere a disposizione dell'autorità compe- tente una copia del contratto di vendita o della fattura di vendita contenenti detta clausola o condizione».

È pertanto precisato che gli impegni che assume l'acquirente — e che sono descritti nella dichiarazione che il fabbricante sotto- pone alle autorità competenti — sono assunti nei confronti del fabbricante e non dell'amministrazione e rivestono, di conse- guenza, un carattere convenzionale e rien- trano nell'ambito del diritto delle obbliga- zioni; non si può quindi affermare che l'acquirente assuma, nei confronti delle autorità amministrative, obblighi che rien- trano nell'ambito del diritto pubblico, la cui inosservanza potrebbe eventualmente comportare l'applicazione di una sanzione amministrativa.

Ritengo che sia più corretto dare esatta- mente la stessa interpretazione alle dispo- sizioni controverse e contestate dal regola- mento n. 2169/86; coloro che, come la

25 — La Corte lia, peraltro, riconosciuto nella sentenza Kyritzer (citata alla nota 10, punto 11) che «il regolamento n. 1722/93 (...), riprende, come indicato al terzo 'conside- rando', adattandole alla situazione attuale del mercato, le disposizioni del regolamento n. 2169/86, abrogandolo».

Nella stessa causa, l'avvocato generale Léger osserva (paragrafo 36 delle conclusioni) che «sembra che (...) le similitudini esistenti fra il regolamento del 1986 e quello del 1993 ne giustifichino l'interpretazione congiunta al fine

di risolvere le questioni sollevate dal giudice a quo». 26 — Il corsivo è mio.

(16)

Döhler, acquistano amido o fecola esterifi- cato o eterificato dal fabbricante, che costituisce la cauzione, assumono nei con- fronti di quest'ultimo, e non dell'ammini- strazione, gli impegni di cui all'art. 7, n. 4, del regolamento n. 2169/86 circa l'utilizza- zione del prodotto in questione. Se si accerta che tali impegni non sono rispettati, ' solo il fabbricante può vedersi infliggere la sanzione prevista dall'art. 7, n. 5, pur con- servando, certamente, il diritto di agire, sul piano del diritto delle obbligazioni, contro gli acquirenti per ottenere il risarcimento del danno subito.

C — Anche se le disposizioni controverse prevedono una sanzione che riguarda gli acquirenti di amido o fecola, tale sanzione è legale?

20. L'analisi che precede impone di risol- vere negativamente tale questione, se si tiene conto della citata giurisprudenza relativa all'obbligo per il legislatore di determinare chiaramente le sanzioni extra- penali comunitarie. Basti rilevare che il semplice fatto che la ricerca del vero senso delle disposizioni dell'art. 7, nn. 4 e 5, del regolamento n. 2169/86 presupponga spie- gazioni circostanziate e valutazioni com- plesse rivela il loro carattere confuso e poco chiaro. Di conseguenza, se si adotta l'inter- pretazione della Commissione relativa all'esistenza di una sanzione che riguarda gli acquirenti — tesi che, come già spie- gato, non condivido -, la sanzione di cui trattasi diventa inapplicabile, in quanto non è basata su «un fondamento giuridico

chiaro ed inequivoco», ai sensi della sen- tenza Könecke 27.

In particolare, il termine «parte interes- sata», utilizzato all'art. 7, n. 5, non con- sente al lettore di tale disposizione di risolvere con certezza la questione se gli acquirenti del prodotto che hanno assunto, con riferimento all'utilizzazione di quest'ul- timo, gli impegni previsti dal n. 4 del medesimo articolo rientrino nell'ambito di tale categoria. Tuttavia, anche se si supera tale ostacolo, si deve far osservare che le condizioni alle quali è subordinata l'appli- cazione della sanzione agli acquirenti non sono chiaramente descritte nella norma. Le componenti degli obblighi che il regola- mento impone agli acquirenti — se tali obblighi esistono veramente — e la cui inosservanza giustifica l'esercizio del potere sanzionatorio che l'art. 7, n. 5, conferisce alle autorità nazionali, non sono sufficien- temente precisate.

D — Conclusione

21. Tenuto conto di quanto precede, ritengo che il termine «parte interessata»

utilizzato all'art. 7, n. 5, del regolamento

27 — V. nota 13.

I - 10922

(17)

n. 2169/86, correttamente interpretato, non riguardi gli acquirenti di amido o fecola esterificato o eterificato menzionati al n. 4 di tale articolo; la disposizione controversa dell'art. 7, n. 5, può essere applicata solo nei confronti del fabbricante del prodotto, nel senso assunto da tale termine nel regolamento n. 2169/86. Tut- tavia, anche se si adottasse l'interpretazione contraria, la sanzione nei confronti degli acquirenti che ne risulterebbe sarebbe incompatibile con le norme elaborate dalla giurisprudenza circa la chiarezza e la com- pletezza delle disposizioni di cui trattasi e non potrebbe pertanto essere applicata.

Occorre, ciononostante, sottolineare che, se il legislatore comunitario auspica intro- durre sanzioni che riguardino anche gli acquirenti di amido o fecola, può benissimo farlo, ma adottando disposizioni adeguate a tale scopo.

VI — Seconda e terza questione pregiudi- ziale

22. Se si risolve negativamente la prima questione, è inutile risolvere tali questioni.

A titolo del tutto sussidiano e per essere completo, si può, tuttavia, aggiungere quanto segue.

23. Nella prima parte della seconda que- stione pregiudiziale, il giudice a quo si

domanda in quale misura la circostanza che la cauzione costituita in forza dell'art. 7 del regolamento n. 2169/86 sia o no svincolata abbia un'incidenza sull'applicazione della sanzione prevista dal n. 5 di tale articolo.

Sono propenso, in via di principio, a fornire a tale questione una soluzione affermativa, tratta da un'interpretazione sistematica delle disposizioni di cui trattasi 28.

24. Con la seconda parte della seconda questione pregiudiziale, la Corte è chia-

28 — Più in particolare, la sanzione di cui all'art. 7, n. 5, è la risultante del controllo amministrativo effettuato per verificare se la dichiarazione presentata dal fabbricante in osservanza del precedente paragrafo dello stesso articolo sia stara rispettata. Se tale dichiarazione non è stata effettivamente rispettata, possono proporsi due casi:

11 più probabile è che la cauzione sia già stata svincolata, come la Commissione a'mmette al punto 13 delle osserva- zioni scritte. Ricordo che la cauzione è svincolata «se le competenti autorità hanno ottenuto la prova che il prodotto di cui al codice NC 3505 10 50 è stato usato per la fabbricazione di prodotti diversi da quelli elencati nell'allegato 1»; tale prova è fornita dietro presentazione della dichiarazione da parte del fabbricante all'autorità competente. Di conseguenza, una volta presentata la dichiarazione di cui all'art. 7, n. 4, le condizioni alle quali lo svincolo della cauzione è subordinato sono soddisfatte e il controllo previsto al successivo paragrafo dello stesso articolo è effettuato a posteriori. La sanzione di cui all'art. 7, n. 5. ha per obiettivo il risarcimento del danno che risulta dallo svincolo abusivo della cauzione; inoltre, l'importo previsto dalla sanzione corrisponde all'importo della cauzione previsto dallo stesso articolo.

A titolo eccezionale, possiamo immaginare il caso in cui l'amministrazione non abbia provveduto allo svincolo rapido della cauzione, sebbene possieda la dichiarazione del fabbricante di cui all'art. 7, n. 4 e per contro, il controllo amministrativo previsto al n. 5 sia stato effet- tuato molto rapidamente e abbia consentito di accertare l'inosservanza della summenzionata dichiarazione. In tale caso eccezionale, non ritengo sia adeguato applicare la sanzione dì cui all'art. 7, n. 5. Basta semplicemente non svincolare la cauzione costituita per tutelare sufficiente- mente l'interesse comunitario. In altri termini, la stretta relazione esistente tra la sanzione controversa e lo svincolo della cauzione che il fabbricante è chiamato a costituire induce a concludere che l'applicazione della prima dipende dallo svincolo della seconda.

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mata ad esaminare la questione se sia possibile infliggere una sanzione all'acqui- rente dell'amido o fecola esterificato o eterificato anche nell'ipotesi in cui «non sia più possibile accertare se questi abbia rilasciato una dichiarazione d'impegno» 29. Ho già spiegato, nell'ambito dell'analisi effettuata a proposito della prima que- stione, che la sanzione di cui all'art. 7, n. 5, non riguardava l'acquirente. Tuttavia, anche se si ritenesse che tale sanzione lo riguardi, è manifesto che può esistere una responsabilità a suo carico solo se ha assunto gli impegni di cui all'art. 7, n. 4.

Se, quindi, è impossibile verificare se l'ac- quirente abbia effettivamente presentato una dichiarazione di impegno, la cauzione costituita dal fabbricante non può essere svincolata, la restituzione alla produzione non può essere concessa a quest'ultimo e, certamente, la sanzione di cui all'art. 7, n. 5, non può essere inflitta all'acquirente.

25. Infine, la terza questione pregiudiziale solleva il problema della data sulla base della quale sarà calcolato il termine di dodici mesi previsto dall'art. 7, n. 5, per la fissazione dell'importo che deve pagare colui a cui è inflitta la sanzione. La lettera della norma non si distingue per la sua chiarezza. Tenuto conto, tuttavia, dell'ana- lisi che precede, da cui risulta che la sanzione controversa riguarda solo il fab- bricante, l'interpretazione più corretta sem- bra essere, a mio parere, quella secondo la quale la data di riferimento per la fissazione

dell'importo da pagare è quella in cui il fabbricante presenta la dichiarazione di cui all'art. 7, n. 5. Peraltro, tale dichiarazione costituisce il fatto generatore degli obblighi incombenti sul fabbricante nei confronti dell'amministrazione per quanto riguarda l'utilizzo del prodotto di cui trattasi. Di conseguenza, è logico che tale stesso avve- nimento sia considerato come dies a quo del periodo «dei 12 mesi precedenti» nel corso del quale si cercherà quale sia stata la restituzione più alta per fissare, infine, l'importo dell'ammenda amministrativa.

Le altre soluzioni, che, per il calcolo del periodo in questione, considerano come punto di partenza, in primo luogo, il momento in cui il fabbricante o i suoi aventi causa fanno «cattivo uso» del pro- dotto di cui trattasi, in secondo luogo, il momento in cui l'amministrazione accerta l'infrazione e, in terzo luogo, il momento in cui la sanzione è inflitta, sono meno convincenti. La prima è difficile da appli- care nella prassi in quanto non si può verificare con precisione quando inizia il

«cattivo uso» del prodotto. Le altre due dipendono in larga parte dalla diligenza delle autorità incaricate del controllo; non ritengo che sia normale che l'importo di un'ammenda fluttui in funzione del grado di diligenza dimostrata dell'amministra- zione.

29 — V. la formulazióne della seconda questione pregiudiziale.

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(19)

VII — Conclusione

26. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate nel seguente modo:

«La sanzione di cui all'art. 7, n. 5, del regolamento (CEE) della Commissione 10 luglio 1986, n. 2169, che stabilisce le modalità di applicazione relative al controllo e al pagamento delle restituzioni alla produzione nel settore dei cereali e del riso, come modificato dal regolamento (CEE) 24 gennaio 1989, n. 165, non riguarda l'acquirente di amido o fecola esterificato o eterificato che ha assunto nei confronti del fabbricante l'impegno descritto nel paragrafo precedente dello stesso articolo».

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