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Il non profit cresce e punta sulla qualità

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Academic year: 2022

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Il non profit cresce e punta sulla qualità

Radiografia del terzo settore e un sistema di rating nel rapporto “Valutare il non profit”

Nuovi strumenti e obiettivi per un mondo in espansione, protagonista del nuovo Welfare Sette milioni di italiani coinvolti, 5,4 milioni di volontari e oltre 221 mila associazioni. Sono queste le dimensioni del terzo settore analizzato nel Rapporto

“Valutare il non profit”, promosso dalla Fondazione Unidea e presentato oggi, 18 gennaio, a Roma. Il Rapporto traccia una radiografia dell’universo non profit e formula per la prima volta in Italia una proposta di valutazione (un “rating”) delle associazioni di volontariato, un fenomeno sociale diffuso e in crescita, che coinvolge il 15% circa della popolazione adulta e gode di un’ampia visibilità:

l’84,2% degli italiani sa infatti dell’esistenza delle associazioni non profit.

Valutare la qualità: un sistema di rating

Il Rapporto analizza in particolare le associazioni di tipo privato e di dimensioni intermedie che si occupano di sociale in senso stretto, hanno origine locale e radicamento sul territorio. L’universo di riferimento della ricerca, così definito, comprende tra le 15 mila e le 20 mila associazioni, per un totale di 120-160 mila addetti e 300-400 mila volontari. Lo scopo dello studio è quello di proporre un sistema per valutare la qualità, la competenza, l’efficacia delle associazioni e dei progetti, cioè un’ipotesi di rating da sperimentare e discutere.

E’ dunque possibile misurare la qualità dei servizi e l’efficienza delle associazioni di volontariato? Un’indagine condotta su 350 organizzazioni nell’ambito del Rapporto rivela che per il 94% delle associazioni non profit non solo è possibile, ma “è anche importante per riconoscere quello che si è capaci di raggiungere” e perché una buona

“valutazione serve a preparare migliori progetti”. Circa il 30% delle associazioni intervistate, inoltre, ha già avuto molte esperienze di valutazione esterna, mentre un altro 48% ha sperimentato almeno una volta tale meccanismo. Un’associazione su sei ha poi affrontato da tempo il tema della valutazione interna. Dati che fanno sperare nell’inizio di una nuova stagione di sperimentazione, a cui il rapporto intende offrire un primo contributo. Già 80-100 associazioni si sono dichiarate disponibili a sperimentare i parametri e gli indicatori individuati per definire una seconda versione del sistema proposto.

Il mondo del non profit mostra quindi il desiderio di mettersi in gioco, conoscersi meglio e svilupparsi.

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Dal welfare state al welfare mix

Il Rapporto spiega inoltre come il terzo settore giochi ormai un ruolo fondamentale nella trasformazione dello stato sociale dal Welfare State al “Welfare mix”, contribuendo alla nascita di un nuovo sistema sociale con una pluralità di attori, pubblici e privati. Circa il 30% dei comuni dispone infatti di un albo delle organizzazioni di volontariato, con le quali gli enti locali stipulano convenzioni nel 64,4% dei casi e su cui fanno affidamento per attuare specifici interventi. Il contributo del mondo non profit al Welfare è importante in ogni area del paese: le associazioni del terzo settore forniscono il 54,3% dei servizi di Welfare nel Nord Italia, il 20,1% al Centro e il 25,6% nel Sud e nelle Isole.

Fondazioni bancarie e non profit

Per meglio formulare la proposta di rating, il Rapporto analizza i criteri di valutazione che le fondazioni di origine bancaria adottano per scegliere associazioni e progetti meritevoli di finanziamento. Lo studio di nove case studies rivela che le fondazioni bancarie si avviano a ricoprire un ruolo di politica attiva e sono sempre più sensibili al tema della valutazione, anche se mancano criteri comuni per selezionare le associazioni e i progetti beneficiati dei finanziamenti.

Per la Fondazione Unidea, il Rapporto “Valutare il non profit” è solo il primo passo.

La Fondazione intende infatti promuovere un Rapporto Monografico Annuale sulla cultura del sociale in Italia, che potrebbe diventare un punto di riferimento per il dibattito su questo tema.

Roma, 18 gennaio 2006

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Il terzo settore in cifre:

mappa del volontariato italiano

Oltre 221 mila associazioni e 7 milioni di persone coinvolte: un fenomeno sociale diffuso Sono circa 7 milioni, in Italia, le persone “dentro o vicine” al mondo del non profit. In termini relativi, il settore interessa dunque il 15% circa della popolazione adulta in Italia. All’interno di questi 7 milioni, 5,4 milioni di persone sono impegnate direttamente nell’attività di volontariato. Di queste, circa 3,2 milioni prestano la loro opera con continuità.

Nel complesso, più di un italiano su quattro (27,3%) ha avuto esperienze dirette o indirette di aiuto fornito da volontari. Il fenomeno volontariato gode inoltre di una visibilità e di una percezione sociale ampie: l’84,2% degli italiani sa dell’esistenza delle associazioni non profit.

Il vasto universo del non profit si compone inoltre di più di 221 mila associazioni, diverse tra loro per organizzazione e obiettivi, che si possono suddividere in due principali categorie: il 62,1% svolge supporto al welfare (attività socio-assistenziali e sanitarie); il 37,9% si occupa di partecipazione civica (attività educative- formative, tutela dei diritti, tutela dei beni culturali, attività ricreative e sportive, solidarietà internazionale).

Le stime quantitative del volontariato italiano indicano che il non profit è ormai un fenomeno sociale diffuso, sviluppatosi negli ultimi 25 anni in seguito alla crisi del Welfare State, ma che svolge anche funzioni sociali che non rientrano nel concetto di Welfare.

All’interno di questo universo, la ricerca “Valutare il non profit”, promossa dalla Fondazione Unidea, ha selezionato un gruppo considerato significativo per gli obiettivi dello studio. Sono state infatti oggetto d’indagine solo le associazioni che:

- si occupano di sociale in senso stretto (infanzia, giovani, anziani);

- si occupano di bisogni seri o gravi (“sociale povero”) o di bisogni secondari (“sociale dinamico e autonomo”);

- hanno origine locale e mantengono il radicamento sul territorio;

- sono di tipo privato e non appartengono a enti pubblici locali;

- sono di dimensioni né troppo grandi né troppo piccole (i cosiddetti “corpi intermedi”) ma comunque sufficientemente sviluppate per rendere possibile una proposta di rating.

L’universo di riferimento della ricerca così definito comprende tra le 15 mila e le 20 mila associazioni, per un totale di 120-160 mila addetti e 300-400 mila volontari (cfr. cap. 1, tabella 14).

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COMUNICATO STAMPA.3

Valutazione? Sì, grazie Il non profit si mette in gioco

Le associazioni di volontariato pronte a sperimentare il nuovo sistema di valutazione Per migliorare l’organizzazione e l’efficacia, ma anche per comunicare meglio

Le associazioni non profit, nel 94% dei casi, giudicano importante il tema della valutazione perché “è bene riconoscere quello che si è capaci di raggiungere” e perché una buona “valutazione serve a preparare migliori progetti”.

E’ quanto emerge da un’indagine svolta nell’ambito del Rapporto “Valutare il non profit” (cfr. cap.5) promosso dalla Fondazione Unidea. Lo studio è stato realizzato sulla base di un questionario inviato a circa 350 associazioni che si occupano di sociale in senso stretto. Secondo le associazioni, la valutazione “fa parte di una necessaria, migliore organizzazione” che deve subentrare alla spontaneità associativa iniziale” e “serve a comunicare meglio la propria attività all’esterno”.

Circa il 30% delle associazioni intervistate, inoltre, ha già avuto molte esperienze di valutazione esterna, mentre un altro 48% ha sperimentato almeno una volta tale meccanismo. Quasi otto associazioni su dieci, dunque, non risultano nuove al tema.

Un’associazione su sei ha poi affrontato da tempo il tema della valutazione interna, mentre un restante 55% risulta “in movimento” e quindi potenzialmente sensibile a formule di rating interne.

Il mondo del non profit mostra quindi il desiderio di mettersi in gioco, conoscersi meglio e svilupparsi. I dati che emergono dall’indagine sottolineano una crescita della cultura associativa, che può fornire una buona base di partenza per l’introduzione di un eventuale sistema di rating. L’introduzione di un sistema di valutazione condiviso e formalizzato, è infatti uno degli elementi indispensabili per favorire la maturazione e la professionalizzazione dell’intero sistema.

Oltre l’80% delle associazioni consultate concordano sul fatto che un buon sistema di rating è essenziale se si vuole mettere in evidenza a livello locale quale sia l’effettiva produzione di valore sociale da parte delle associazioni. Dall’indagine emerge anche la necessità di non formalizzare l’attività di valutazione in modo eccessivo, perché le associazioni, oltre a compiere azioni concrete, sviluppano un insieme di relazioni che fanno crescere il tessuto sociale ma sono di difficile misurazione.

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Dal Welfare state al “Welfare mix”:

lo stato sociale cambia volto

Si afferma un nuovo modello di Welfare che vede protagoniste le associazioni non profit I comuni si affidano sempre di più al non profit per realizzare interventi nel campo dei servizi sociali. Circa il 30% degli 8mila comuni italiani utilizza infatti un albo delle organizzazioni di volontariato. Il terzo settore non è più quindi una

“ruota di scorta”, ma gioca un ruolo fondamentale nella trasformazione dello stato sociale. E’ uno degli aspetti che emergono dalla ricerca “Valutare il non profit”

promossa dalla Fondazione Unidea (cfr. cap.3).

Gli enti locali selezionano le associazioni in base agli albi. La percentuale dei comuni capoluogo provvisti di albi per il non profit è del 28,6% (in media 120 associazioni registrate per ciascun comune), e del 29,6% per i comuni non capoluogo (52 associazioni registrate in media).

Questo fenomeno segna il passaggio dal Welfare state al “Welfare mix”, cioè l’emergere di un sistema sociale con una pluralità di attori. Nel nuovo scenario, l’ente pubblico svolge funzioni propulsive e di programmazione, mentre si espande la gestione indiretta dei servizi, sempre più esternalizzati. Lo stato sociale vive dunque un profondo processo di trasformazione, che rende ancor più opportuna la definizione di un sistema condiviso di rating delle associazioni non profit.

Il nuovo ruolo del non profit è dovuto anche all’emergere di nuovi bisogni legati alla crescita della vita media della popolazione. Un maggior numero di anziani richiede maggiori servizi, soprattutto nel campo sanitario e sociale. Le associazioni non profit che si occupano in modo specifico del Welfare ammontano infatti a circa 29 mila unità (dati Fivol, Fondazione Italiana per il Volontariato).

Il contributo del mondo non profit al Welfare è importante in ogni area del paese:

le associazioni del terzo settore forniscono il 54,3% dei servizi di Welfare nel Nord Italia e in particolare in Lombardia (sanità), Trentino-Alto Adige e Piemonte (assistenza sociale). Al Centro (20,1%) è la Toscana a eccellere per associazioni impegnate nella sanità e il Lazio per l’assistenza sociale, mentre al Sud e Isole (25,6%) il non profit è protagonista in Molise (sociale) e Sardegna (sanità).

Il Rapporto “Valutare il non profit” della Fondazione Unidea, oltre a sottolineare i vantaggi della registrazione in albi e registri, quali la maggior trasparenza, mette in luce anche alcuni inconvenienti: l’eccessiva discrezionalità e le molte deroghe ai requisiti di legge; le frequenti duplicazioni di albi e registri a livello nazionale e regionale (se ne contano ben 25 tipi diversi); il pericolo che la registrazione favorisca legami di dipendenza delle associazioni non profit dal pubblico.

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COMUNICATO STAMPA.5

Rating del terzo settore: come funziona

Un sistema per valutare qualità, competenza ed efficacia del non profit:

100 associazioni italiane pronte alla sperimentazione

La ricerca “Valutare il non profit” della Fondazione Unidea ha predisposto per la prima volta in Italia un’ipotesi di rating del terzo settore pronta per la sperimentazione. Il Rapporto delinea cioè un sistema per misurare e valutare la qualità, la competenza, l’efficacia delle associazioni che operano nel sociale in Italia. Si tratta di un “pacchetto” che comprende i principi e le procedure per effettuare il “rating di soggetto” (delle associazioni) e il “rating di progetto”, realizzato grazie anche al contributo delle associazioni di volontariato.

Per il rating di soggetto, la ricerca ha individuato cinque tipologie di grandi categorie o macroparametri, suddivise a loro volta in una serie di microparametri (cfr. cap.6):

1) elementi formali (macroparametro): natura giuridica, statuto, etc.

(microparametri);

2) elementi strutturali: radicamento locale, dati di bilancio, numero di volontari etc.;

3) elementi funzionali: risultati raggiunti, capacità di rilevare i bisogni sociali, etc.;

4) reputazione sociale: capacità di comunicare, riconoscimenti istituzionali, etc;

5) strumenti di valutazione: valutazione interna ed esterna, rendicontazione, etc.

Ad ognuna dei microparametri, viene assegnato un valore variabile tra 0 e 3 (0=nullo; 1= sufficiente; 2=discreto; 3= massimo). Il valore viene poi moltiplicato per un coefficiente compreso tra 0 e 1, che varia a seconda dell’importanza attribuita a ogni microparametro. I punteggi così ottenuti vanno a formare gli indicatori per ottenere il rating “grezzo” dell’associazione (cfr.cap.6, quadro 1)

Il rating di progetto si avvale di un meccanismo analogo, ma più semplice (non c’è distinzione tra parametri macro e micro) e prende in esame parametri quali: la rispondenza agli obiettivi del bando; la coerenza con l’attività dell’associazione; la competenza degli operatori; il coinvolgimento degli enti pubblici; la presenza di meccanismi di valutazione (cfr.cap.6, quadro 1) .

Già 80-100 associazioni si sono dichiarate disponibili a sperimentare i parametri e gli indicatori individuati nella proposta di rating elaborata dal Rapporto, che nei programmi della Fondazione Unidea può aprire una nuova stagione di sperimentazione e maturazione del mondo del non profit.

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Fondazioni bancarie e non profit:

i risultati di nove “case studies”

La “politica attiva” delle fondazioni e le differenze nei criteri di finanziamento

Quello fra le Fondazioni Bancarie e il mondo del non profit è un matrimonio riuscito, ma occorre un linguaggio di valutazione comune. Per erogare finanziamenti, le fondazioni bancarie richiedono alle associazioni non profit affidabilità, esperienza e capacità di lavorare in rete. Sono questi i principali criteri di valutazione emersi nella ricerca “Valutare il non profit” che ha preso in esame nove case studies (cfr. cap.2) fra le fondazioni di origine bancaria*. Nel selezionare i beneficiari dei finanziamenti mancano strumenti di valutazione condivisi, ma c’è una diffusa esigenza di adottare una “metrica comune”.

Tra gli elementi considerati dalle fondazioni, ce ne sono alcuni peculiari del terzo settore:

la capacità delle associazioni di rimanere coerenti con la propria missione iniziale;

l’indispensabilità del finanziamento della fondazione per realizzare l’intervento; la presenza di volontari specializzati; il volume delle attività;

Tuttavia, mentre nell’analisi dei progetti si sono fatti molti passi avanti, lo studio rivela criteri assai differenziati nella valutazione delle associazioni beneficiarie.

Nell’analisi dei progetti, le associazioni tendono a privilegiare quelli innovativi, territoriali, cofinanziati e realizzati in collaborazione con strutture pubbliche.

Altri elementi frequenti sono la capacità di valorizzare il capitale umano, la ricaduta occupazionale e la previsione di un’attività di comunicazione.

Minore risulta invece l’attenzione verso gli effetti dei progetti sul contesto in cui agiscono. Poche sono le richieste di valutare ex post le iniziative: i casi in cui vi è un’esplicita richiesta di misure di autovalutazione non raggiungono il 10%.

A beneficio delle fondazioni, però, lo studio dei nove case studies fa emergere la tendenza a leggere in modo dettagliato i bisogni del territorio e delle comunità, individuando quelli prioritari. Le fondazioni, in altre parole, si avviano a ricoprire un ruolo di politica attiva, superando almeno in parte la mera logica di sportello.

Più in generale, emerge una crescente sensibilità al tema della valutazione, sia da parte delle fondazioni che delle associazioni di volontariato.

* Queste le nove fondazioni oggetto dello studio: Cariplo; Compagnia di San Paolo; Fondazione CRT; Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia; Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo; Fondazione Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Fondazione CARIVIT; Istituto Banco di Napoli – Fondazione. Crf. “Valutare il non profit”, cap. 2.

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“Un rapporto annuale sul sociale in Italia”

Il Segretario Generale di Unidea annuncia le prossime iniziative della Fondazione A margine della presentazione del Rapporto “Valutare il non profit”, Francesca Gori, Segretario Generale della Fondazione Unidea, ha dichiarato:

“Per il mondo del non profit è tempo di fare un salto di qualità: la maturità si raggiunge grazie alla qualità e alla coerenza degli interventi, al know-how e alla professionalità. La ricerca ‘Valutare il non profit’ promossa dalla Fondazione Unidea è solo il primo passo: intendiamo promuovere un Rapporto Monografico Annuale sulla cultura del sociale in Italia, che potrebbe diventare un punto di riferimento stabile e significativo per il dibattito su questo tema”.

“Dopo il Rapporto “Valutare il non profit”, la Fondazione ha deciso inoltre di intraprendere un percorso di sperimentazione degli schemi di rating individuati dalla Ricerca, che coinvolgerà 80-100 associazioni. Predisporremo anche un

“Manuale di istruzioni” e contributi ad hoc (“borse di valutazione”) per le Associazioni, uno sportello di assistenza telefonica e un servizio di ‘tutoring’ per l’assistenza diretta”.

“E’ poi allo studio un’azione specifica volta a sostenere le associazioni nella gestione interna. Nel 2006, Unidea pubblicherà un Bando per finanziare corsi e attività di formazione mirate, in particolare, a migliorare la qualità nella gestione delle risorse umane. Nel mondo del non profit, infatti, si riscontra spesso una confusione di ruoli tra volontari, dipendenti e consulenti. Con la collaborazione di professionisti del settore, infine, la Fondazione curerà la pubblicazione di quaderni, manuali e Cd-rom come strumenti utili per la formazione”.

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COMUNICATO STAMPA. 8

Fondazione Unidea:

cooperazione e solidarietà

Progetti di integrazione sociale, ricerca e formazione in Italia Microcredito e aiuti allo sviluppo in Europa Centrale e Africa

Parole d’ordine: solidarietà e cooperazione allo sviluppo. La Fondazione Unidea, creata dal Gruppo UniCredit nel marzo 2003, progetta e sostiene interventi nei settori dell’assistenza, della sanità e dell’educazione.

In Italia

Nel 2005 Unidea ha sostenuto 38 associazioni impegnate sul territorio con progetti d’integrazione sociale che hanno coinvolto oltre 2500 giovani. Un esempio: il progetto Gratosoglio. Realizzato insieme alla Cooperativa Sociale San Martino e alla parrocchia Maria Madre della Chiesa in Gratosoglio, quartiere della periferia milanese ad alto rischio di disgregazione sociale, ha due anime: la Scuola Popolare, che aiuta ragazzi e ragazze con difficoltà ad affrontare la terza media, e la Scuola Bottega, rivolta ai giovanissimi che decidono di entrare nel mondo del lavoro dopo la scuola dell’obbligo.

Attenta alle nuove forme di disagio sociale, Unidea agisce anche a livello culturale e comunicativo promuovendo analisi, riflessioni e momenti di confronto per comprendere i contesti in cui si opera, valorizzando la cultura del non-profit, della donazione, del volontariato. Tra i progetti di ricerca e formazione, uno dei più riusciti è quello dell’Accademia della Carità (in collaborazione con la fondazione Casa della Carità di Milano), luogo di approfondimenti e iniziative culturali, laboratorio di confronto aperto per tutta la cittadinanza.

All’estero

Unidea interviene con progetti di cooperazione che si propongono di ricostruire le strutture indispensabili allo sviluppo delle comunità locali e per una crescita autonoma e responsabile della società civile. I progetti riguardano essenzialmente aree in via di sviluppo di Africa (circa 6 milioni di euro annui), Europa Centrale e Balcani (2 milioni di euro). Quelli in corso: interventi di sanità di base e sviluppo territoriale in Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Mali e Mozambico; programmi di formazione tecnico-professionale e microcredito in Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Romania e Croazia.

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