INTRODUZIONE
I cambiamenti avvenuti nella sanità negli ultimi vent'anni sono la conseguenza di un susseguirsi di normative che hanno portato ad un rimodellamento dell'assetto tecnico- organizzativo su tutto il territorio nazionale italiano. Dalla legge 833/78
1, che introdusse le USL ( Unità Sanitarie Locali) come unico centro di riferimento assistenziale ( il cui ambito territoriale coincideva con quello del Comune), ai decreti legislativi “ De Lorenzo”
502/92 e “Gravaglia” 517/93
2che diedero inizio al processo di aziendalizzazione
spostando il potere dai Comuni alle Regioni, si è visto un graduale ma determinato
mutamento della concezione stessa di sanità, interamente gestita ( a livello pubblico) da
Aziende ( Aziende Ospedaliere, Aziende sanitarie Locali e Aziende Ospedaliere-
Universitarie) e, quindi, da una nuova organizzazione sia sul piano economico che sul
piano delle responsabilità del personale sanitario. È proprio da quest'ultimo punto che
nasce questo elaborato, non tanto per porre l'accento sull'excursus normativo quanto
per far emergere la trasformazione relativa alla gestione dei rapporti nella nuova
leadership, in un contesto di coordinamento e management di persone in ambito
lavorativo, sia che si tratti di unità operative che di dipartimenti. In virtù dei nuovi
sviluppi legati alle responsabilità infermieristiche è doveroso, nonché di fondamentale
importanza, pensare ad un cambiamento nella gestione delle relazioni, non solo perché
esso oramai viene “imposto”, ma anche e soprattutto perché venga fortemente ed
intimamente voluto per maturare e migliorare la qualità di un gruppo di lavoro. Si
inizierà introducendo cenni sulla storia della leadership per arrivare ad analizzare il
concetto di intelligenza emotiva e di come essa possa essere integrata nella quotidianità
lavorativa, fino a far emergere la realtà esistente tramite interviste e questionari e
giungere a conclusioni che possano prevedere delle proposte di miglioramento.
CAPITOLO I
I CAMBIAMENTI IN ATTO NELLA SANITA'
1.1 L'ASSETTO ORGANIZZATIVO
Dagli anni '90 ad oggi, la nostra Sanità Pubblica ha subito profondi mutamenti che hanno visto un riassetto strutturale/organizzativo degli enti eroganti salute e parallelamente un riordino delle normative che regolamentano le diverse professioni sanitarie. L'attuale organizzazione di tipo dipartimentale, derivante dal processo di aziendalizzazione iniziato con le leggi 502/92 e 517/93, si riferisce alle diverse strutture presenti sul nostro territorio nazionale quali ASL, AO, AOU governate dalla Regione di competenza in cui sono locate, attraverso il SSR ( il quale non può prescindere comunque dal SSN).
Quindi la Regione diventa titolare della Funzione Pubblica e la competenza amministrativa è la AUSL.
Si parla di amministrazione ogni volta che si devono gestire delle risorse economiche scarse ( o limitate).
È un concetto che ben si adatta a svariate situazioni, compreso l'ambito familiare, ma restando nel dominio sanitario, ciò porta a definire le responsabilità a più livelli.
Nel momento in cui nasce questo elaborato, i dipartimenti sono ancora divisi in unità operative, anche se il processo di trasformazione sanitario porta verso una nuova organizzazione impostata sull'intensità di cura.
Essa prevede un trattamento di fase acuta interamente gestito in ambiente ospedaliero e
suddiviso in base all'intensità di cure necessarie alla patologia, più o meno severa, da
trattare. Terminata questa fase, le persone ricevono assistenza a livello territoriale
( gestione delle cronicità).
1.2 LE RESPONSABILITA' PROFESSIONALI
A capo di dipartimenti ed unità operative, con responsabilità e competenze relative al proprio ambito professionale, vi sono anche gli infermieri.
Senza andare nello specifico, l'infermiere, con il D.M. 739/94
3, in possesso dei requisiti accademici, è il solo responsabile dell'assistenza infermieristica. Questo Decreto ministeriale è stato la chiave di volta per la professione infermieristica che, in linea con lo scenario europeo, è stata coinvolta, per necessità maggiore e per scelta culturale, in un cambiamento di responsabilità e sviluppo delle proprie competenze.
Infatti, la formazione di base prevede anche una formazione di post-base in diverse aree ( critica, pediatrica, geriatrica, psichiatrica e di sanità pubblica) riconducibili ai master di primo livello compreso quello in coordinamento, unico requisito necessario per svolgere la funzione di coordinatore di unità operativa.
I due anni integrativi, riconosciuti come Laurea Magistrale, permettono di accedere a quelle aree dirigenziali più complesse, come i dipartimenti.
Il percorso formativo continua con i master di secondo livello ed il Dottorato di ricerca.
Tutto ciò comporta, come detto, ad un aumento delle competenze e delle responsabilità non solo tecnico/ professionali ma anche relazionali/ gestionali che l'infermiere esplicita in più settori.
Trattandosi di aziende ( sanitarie) si parla, di conseguenza, di gestione del personale e di interazioni con altri professionisti, processi basilari finalizzati al raggiungimento degli obiettivi comuni all'organizzazione.
Come non trattare, quindi, sulla leadership?
CAPITOLO II
LA LEDERSHIP ED IL LEADER
2.1 DEFINIZIONE DI LEADERSHIP
Si parla spesso do leadership, più o meno consapevolmente. Il concetto è di derivazione relativamente recente e di dominio largamente diffuso: la leadership è applicabile in molte situazioni, non solo quella lavorativa.
Ne derivano, quindi, diverse definizioni di cui se ne riportano quelle maggiormente riconosciute.
George R. Terry sostiene che “ la leadership è l'attività volta a influenzare le persone a impegnarsi volontariamente agli obiettivi di gruppo”
4.
Novara e Sarchielli, nel 1996, scrivono che “ la leadership è definibile come una forma di influenza, caratterizzata dalla capacità di determinare un consenso volontario, una accettazione soggettiva e motivata nelle persone rispetto a certi obiettivi di gruppo o dell'organizzazione. La leadership implica la persuasione degli altri a mettere in un secondo piano, per un certo tempo, i propri personali interessi al fine di perseguire uno scopo comune, importante per il gruppo”
5.
Nel 2001 Kotter J.P. Definisce la leadership come “ un processo attraverso il quale un individuo o un gruppo sono guidati in una data direzione, verso determinati comportamenti, utilizzando metodi non coercitivi, cioè senza imposizioni di autorità”
6. Infine, più recentemente, nel 2003, G. Sarchielli sostiene che la leadership è una “ forma di influenza, caratterizzata dalla capacità di determinare un consenso volontario, un'accettazione soggettiva e motivata delle persone rispetto a certi obiettivi del gruppo o dell'organizzazione”
7.
È possibile evidenziare come queste definizioni hanno un comune denominatore riconosciuto nel raggiungimento degli obiettivi ottenuto tramite l'intersecarsi di fattori quali il gruppo e la capacità di influenzare gli altri. È proprio quest'ultima attività a rendersi necessaria al ruolo del leader.
4 George R. Terry, Principles of Management, ed. richard D. Irwin, Inc., Homewood, III,1960 5 F. Novara e G. Sarchielli, Fondamenti di Psicologia del Lavoro, Bologna, Il Mulino, 1996
6 J.P. Kotter in : M. Bergamaschi, Organizzazioni nelle Aziende Sanitarie, Milano, Mc Graw-Hill, 2001 7 G. Sarchielli, Psicologia del Lavoro,Bologna, Il Mulino, 2003
2.2 LA FIGURA DEL LEADER E DEL MANAGER
Nel 1991 Turner sostiene che “ il leader è una persona che, in un gruppo, esercita più influenza degli altri membri”.
Visto che i processi sociali sono reciproci, anche il leader viene influenzato dagli altri membri del gruppo. Per cui un'altra definizione può essere quella di Brown ( 1989): “ il leader è la persona che può influenzare gli altri membri di un gruppo più di quanto essa stessa sia influenzata”.
È comune pensare che leader e manager siano la stessa cosa, riconducibili ad una sola persona, ma non sempre è così.
Il manager, di fatto, ricopre un ruolo ben preciso riconosciuto dall'organizzazione, basato su requisiti specifici come i titoli universitari, di carriera, etc...
Si tratta di una figura “imposta”, che viene accettata dal gruppo di collaboratori e dipendenti in virtù della carica che gli è stata conferita.
Il leader non sempre è colui che è a capo di un'organizzazione, può anche essere un altro membro del gruppo: ciò che conta è che egli venga riconosciuto dal gruppo stesso perché capace di influenzare le altre persone a raggiungere obiettivi comuni.
È accettato, informalmente, dagli altri individui.
Di seguito si riporta una tabella che sintetizza le differenze principali tra leader e manager.
Leader Manager
Non ha necessariamente una nomina E' nominato ufficialmente Riesce a far mettere in atto le sue decisioni nella misura in
cui gli altri sono disposti ad accettarle
Ha l'autorità di far mettere in atto le sue decisioni
Influenza gli altri verso la realizzazione degli obiettivi in modo formale o informale
Responsabile della pianificazione, predetermina politiche, norme e procedure per conseguire i risultati dell'azienda E' disposto ad assumere rischi e interessato a esplorare
nuove strade
Tende a mantenere una struttura razionale, stabile, ordinata e controllata
Si relaziona con gli altri sul piano personale in maniera tendenzialmente empatica
Si relaziona con gli altri sulla base del proprio e del loro ruolo
Si ritiene gratificato dalle proprie realizzazioni Si ritiene gratificato dal conseguimento dei fini istituzionali Può essere o non essere altrettanto bravo come manager Può essere o non essere altrettanto bravo come leader
È auspicabile che un manager abbia la consapevolezza di essere o saper diventare anche un leader e, viceversa, chi ha doti da leader sviluppi una carriera manageriale.
Parlando di influenza sugli altri si parla anche di potere, di cui esistono diverse tipologie e differenti usi legati ad esso.
2.2.1 IL POTERE
Il concetto di potere è intimamente collegato al concetto di leadership, poiché il potere è uno dei mezzi attraverso il quale un leader influenza il comportamento dei suoi collaboratori.
Rogers
8lo definisce come “ il potenziale d'influenza”, quindi come una risorsa che può essere sfruttata o meno per giungere ad ottenere il consenso degli altri.
Il potere ha due fonti: quella data dalla posizione ( potere di posizione) e quella data dalle abilità personali ( potere personale). Alla luce di questo, diversi studiosi hanno descritto altre basi di potere. Si riporta lo scema proposto da French e Raven
9i quali sostengono che ci sono cinque basi di potere: il potere coercitivo, il potere di legittimazione, il potere specialistico, il potere esemplare ed il potere premiante.
Raven, poi, collaborando con Kruglanski
10, ha aggiunto una sesta base di potere: il potere informativo.
Succesivamente, Hersey e Goldsmith ne hanno proposta una settima: il potere connettivo.
Brevemente, ogni base di potere può essere descritta come segue:
– potere connettivo, fondato sulla paura. Il leader fa leva su questa emozione per ottenere obbedienza, “minacciando” punizioni e penalizzazioni
– potere di legittimazione, basato sulla posizione ricoperta dal leader. Più la
8 M.F. Rogers, Instrumental and Infra-Resources: The beses of Power, in “ American Journal of Sociology”, 1973
9 J.R.P. French e B. Raven, The bases of social power, in D. Carthwright, Studies in social power, Institute for Social Research, University of Michigan, Ann Arbor, 1959
10 B.H. Raven e W. Kruglanski, Conflict and Power, in P.G. Swingle, The Structure of Conlict, academic Press, New York, 1975
posizione è elevata e più si ottiene consenso dagli altri
– potere specialistico, legato all'esperienza specialistica, alle conoscenze ed alle capacità del leader che inducono rispetto da parte degli altri, quindi ad obbedire ai desideri del leader
– potere esemplare, richiama la fonte del potere personale. È proprio grazie alla sua personalità che il leader viene apprezzato ed ammirato
– potere premiante, basato sulle capacità del leader di elargire ricompense agli altri, convinti che il loro consenso si tradurrà in incentivi economici e di carriera – potere informativo. Il leader possiede delle informazioni ritenute preziose dalle
altre persone.
– Potere connettivo, fondato sui contatti del leader con persone che rivestono una certa importanza all'interno dell'organizzazione.
2.3 STORIA DEI MODELLI DI LEADERSHIP
Nei primi anni del Novecento, con la crescita dell'industrializzazione, Frederick Winslow Taylor diede vita ad un movimento basato sul management scientifico. Egli sosteneva che l'aumento della produzione era direttamente proporzionale al miglioramento delle tecniche e dei metodi utilizzati dai lavoratori. I leader, quindi, dovevano organizzare al meglio il lavoro per ottenere un massimo rendimento. Il management doveva essere separato da emozioni e questioni umane, puntando sui bisogni dell'organizzazione e non su quelli dell'individuo.
Fu Elton Mayo, negli anni Trenta, a dar luce al movimento delle relazioni umane: non solo un miglioramento dei metodi tecnologici, ma anche e soprattutto l'interesse del management verso i problemi umani del personale. Funzione cardine del leader era quella di facilitare il raggiungimento degli obiettivi tra i collaboratori dando loro la possibilità di sviluppo e crescita personale.
Queste due teorie diedero l'input alle ricerche sulla leadership dell'Università del Michigan, le quali individuarono due concetti chiamati “ orientamento al dipendente” ed
“orientamento alla produzione”. Come si può intuire, il primo risaltava l'aspetto
dell'Ohio State University descrissero il comportamento del leader attraverso due dimensioni: la “struttura d'iniziazione” in riferimento al comportamento del leader nel costruire i rapporti tra se stesso e gli altri membri del gruppo, stabilendo schemi organizzativi, procedure e canali di comunicazione; la “considerazione”, intesa come l'insieme di rispetto, calore e fiducia tra leader e staff.
Nacque così il Questionario Descrittivo del Comportamento del Leader ( QDCL) che doveva essere compilato dai membri del gruppo proprio per verificare la frequenza con cui il leader adottava ciascun comportamento in riferimento alle due dimensioni sopracitate. Parallelamente, il gruppo di ricerca elaborò anche il Questionario sulle Opinioni dei Leader (QOL) per sondare la percezione dello stesso leader sulla propria leadership. Il risultato di tutte queste ricerche offrì un buon terreno per lo sviluppo del Modello Tridimensionale dell'Efficacia del Leader.
Paul Hersey e Kenneth Blanchard del Center for Leadership Studies, riferirono il loro modello di leadership al comportamento direttivo ed al comportamento di relazione.
Dalla loro combinazione nascono i quattro quadranti fondamentali del comportamento di leadership:
molta guida e poco sostegno; molta guida e molto sostegno; molto sostegno e poca guida;
poco sostegno e poca guida.
Lo stile di leadership di una persona implicava sempre una combinazione dei comportamenti, direttivo e di relazione:
– comportamento direttivo: adottato dal leader quando occorre organizzare e definire i ruoli di un gruppo, ovvero spiegare cosa deve essere fatto, quando e come
– comportamento di relazione: adottato per costruire e mantenere rapporti personali tra leader e collaboratori tramite un sostegno socio-emotivo, gratificazioni e agevolazioni psicologiche
A queste due dimensioni, William J. Reddin ne aggiunse una terza: l'efficacia. Essa dava
significato all'alternarsi dei due comportamenti principali: quando lo stile di un leader si
adeguava ad una certa situazione si definiva efficace; quando lo stile era inadeguato, si
parlava di inefficacia. Il concetto di efficacia venne approfondito da Rensis Likert. Egli
sosteneva che l'efficacia di un'organizzazione era il risultato dell'alternarsi di tre
variabili:
– le variabili intervenienti, come il comportamento strategico del leader che influenza le risorse umane. Sono le variabili che riflettono l'impegno verso gli obiettivi;
– le variabili prodotto o di risultato finale, vale e dire i risultati raggiunti dall'organizzazione;
– le variabili causali, ovvero i fattori che influenzano il processo di sviluppo ed il raggiungimento dei risultati.
Il Modello Tridimensionale dell'Efficacia mostrava quanto la capacità del leader di analizzare queste variabili fosse fondamentale per realizzare una valida diagnosi dell'ambiente in cui operavano. Un ulteriore sviluppo di questo modello ha portato alla formulazione del più completo modello della Leadership Situazionale.
2.4 IL MODELLO DELLA LEADERSHIP SITUAZIOANLE
“ Il leader deve avere la flessibilità e la capacità necessarie per variare il suo comportamento. Se i bisogni e le motivazioni dei suoi dipendenti sono diversi, bisogna trattarli in modo diverso”.
Questa definizione di Edgar H. Schein
11fu scelta dagli autori Paul Hersey e Kenneth Blanchard del Center for Leadership Studies per introdurre il concetto del Modello della Leadership Situazionale negli anni Ottanta.
La leadership situazionale si basa su un'azione reciproca tra:
1) la quantità di guida e direzione ( comportamento direttivo) offerta dal leader;
2) la quantità di sostegno socio-emotivo ( comportamento di relazione) dato dal leader;
3) il livello di prontezza ( maturità) dimostrato dai collaboratori nel perseguire un compito, funzione ed obiettivo.
Sebbene tutte le variabili situazionali siano importanti ( leader, superiori, collaboratori,
organizzazione, tempo, esperienze lavorative...), la leadership situazionale esalta il
persone.
Lo stile di leadership adottato è strettamente dipendente dalla maturità dei collaboratori.
Gli autori identificano quattro stili di leadership descritti come segue:
– stile 1 (S1) : telling, ovvero prescrivere. Il leader definisce i ruoli e spiega cosa fare e come, quando dove farlo. Si tratta di un comportamento altamente direttivo;
– stile 2 (S2): selling, ovvero vendere. Tale definizione è da ricondurre al fatto che la maggior parte degli indirizzi da seguire per eseguire un compito proviene dal leader. Quest'ultimo di “far acquistare” psicologicamente, ai collaboratori, i comportamenti voluti. È previsto un comportamento sia altamente direttivo, sia altamente relazionale;
– stile 3 (S3): participating, ovvero coinvolgere. Significa che sia il leader sia il collaboratore contribuiscono nel prendere decisioni. Il leader ha principalmente il ruolo di intraprendere una buona comunicazione ed offrire agevolazioni. Vi è dunque un comportamento altamente relazionale ed un basso comportamento direttivo;
– stile 4 (S4): delegating, ovvero delegare. Il leader delega i diversi compiti ai suoi collaboratori, sa di potersi fidare di loro. In questo caso si ha un basso comportamento direttivo e di relazione.
Ritornando alla già accennata “ maturità”, anche in questo caso Hersey e Blanchard definiscono quattro livelli:
– maturità bassa (M1), in riferimento alle persone che non sono né capaci né pronte ad assumersi delle responsabilità. Mancano di competenza e di sicurezza in se stessi e, di conseguenza, non si rendono disponibili;
– maturità medio-bassa (M2). Le persone mancano di capacità ma sono sicure di se stesse e pronte a dimostrarsi disponibili;
– maturità medio-alta (M3). A questo livello si hanno persone capaci ma insicure e poco disponibili. Non si sentono pronte a far ciò che è richiesto dal leader;
– maturità alta (M4). Le persone sono tanto capaci ( competenti) quanto disponibili
e sicure di se stesse.
Lo stile di leadership adeguato ( stile del leader) a precisi livelli di maturità dei collaboratori è indicato dalla “curva prescrittiva” che attraversa i quattro quadranti della leadership come segue:
( Figura a )
Ogni stile di leadership – prescrivere, vendere, coinvolgere, delegare- è il risultato della combinazione tra comportamento direttivo e comportamento di relazione.
La maturità dei collaboratori è un qualcosa di graduale. Lo stile di leadership adeguato
per ciascun livello di maturità comprende la giusta combinazione di guida
( comportamento direttivo) e di sostegno ( comportamento di relazione). Da ciò ne
quanto è fondamentale il comportamento di alta guida del leader;
– vendere (S2) si lega ad un livello di maturità medio-basso (M2) dei collaboratori per cui il leader deve offrire molta guida e molto sostegno emotivo;
– coinvolgere (S3) è per collaboratori con livello di maturità medio-alto (M3). In questo caso il leader deve sostenere ed incoraggiare a discapito di un comportamento direttivo;
– delegare (S4) è lo stile adatto a collaboratori molto maturi (M4) per cui il leader sa di non doverli né motivare emotivamente né guidare con comportamenti direttivi.
Determinare lo stile adeguato da intraprendere in un'organizzazione lavorativa è correlato al decidere quali aree dell'attività di un individuo, o di un gruppo, si vogliono influenzare. Tali aree variano a seconda delle responsabilità di una persona ed il leader deve partire da questo, ovvero deve decidere quale aspetto delle mansioni di quella persona vuole influenzare. Successivamente, bisogna capire la capacità o motivazione dell'individuo o gruppo ( livello di maturità) in ciascuna delle aree prescelte. In ultima analisi, il leader deve decidere quale stile sarebbe adeguato in ciascuna area.
Ad esempio, se il leader nota che un collaboratore non ha le competenze giuste in un determinato settore, dovrà privilegiare un comportamento di alta guida, spiegando come fare una determinata cosa ed organizzando il lavoro, e tralasciare momentaneamente il comportamento di sostegno. Ciò non significa che il leader sia ostile nei confronti del collaboratore ma che semplicemente dedica più tempo a dirigerlo, indirizzandolo verso una corretta esecuzione del compito. Un aumento del comportamento di relazione avviene quando il collaboratore dimostra la capacità di gestire il lavoro richiestogli. Può avvenire anche che un collaboratore con un alto livello di maturità regredisca momentaneamente ad una maturità più bassa. Il leader dovrà essere in grado di accorgersi di questo cambiamento e prendere una decisione, traducendola nello stile di leadership adeguato a quella determinata situazione.
La filosofia della leadership situazionale, infatti, trova la sua più alta espressione nella
capacità del leader di essere flessibile nella propria leadership, poiché non sempre potrà
comportarsi allo stesso modo con una persona. La coerenza non è adottare sempre lo
stesso stile, ma usare lo stesso stile verso tutte le situazioni analoghe, variandolo al
variare della situazione.
2.4.1 L'USO SITUAZIONALE DEL POTERE
Hersey e Blanchard sostengono anche che l'uso del potere di un leader debba variare in base al livello di maturità delle persone, sia individualmente che in gruppo.
Alto Intermedio Basso
M4 M3 M2 M1
Specialistico Esemplare Premiante Coercitivo Informativo Di Legittimazione Connettivo
( Figura b )
– Il potere coercitivo: con persone incapaci e riluttanti ( livello M1), le sanzioni ( il potere percepito di trasferire, punire, retrocedere) possono indurre al consenso voluto dal leader.
– Il potere connettivo: le persone ad un livello medio basso di maturità (M2) cercheranno di ottenere vantaggi nell'eseguire le disposizioni del leader considerando i suoi contatti importanti.
– Il potere esemplare. Con persone capaci ma insicure e riluttanti( livello M3) occorre che il leader infonda fiducia in modo tale che essi, sviluppando ammirazione verso il loro superiore ed identificandosi con lui, si lascino influenzare.
– Il potere informativo. Il passaggio di un collaboratore da un livello M3 ad uno M4 può essere agevolato se egli sa di poter contare sul leader per farsi chiarire o spiegare problemi e per ottenere l'accesso a dei dati.
– Il potere specialistico. Lo sviluppo di un collaboratore che arriva ad un livello M4
Gli autori giungono infine alla conclusione che “potere di posizione”, il termine
“consenso” e l'espressione “ potere su” sono adatti a descrivere le basi di poteri coercitivo, premiante, connettivo e di legittimazione. Invece “potere personale”, la parola
“influenza” e l'espressione “ potere con” sono termini riconducibili alle basi di poteri esemplare, informativo e specialistico.
2.5 RICERCA SULL'USO DEL MODELLO DELLA LEADERSHIP SITUAZIONALE: GLI ARTICOLI PIU' RECENTI IN MATERIA A LIVELLO INTERNAZIONALE
La ricerca sulla banca dati PUBMED, digitando “ situational leadership in hospitals”
( MeSH terms: “leadership”, “hospitals”; operatore boleano utilizzato= AND), ha evidenziato n. 72 articoli.
Ne sono stati scelti cinque, pubblicati tra il 2009 ed il 2014 - vedi testi originali in allegato.
1° ARTICOLO : “ The Frontline Clinical Manager Identifying Direct Reports' Level of Practice”, è uno studio descrittivo condotto in un ospedale pediatrico del Midwestern per determinare se la percezione dei manager clinici dei loro rapporti diretti con gli infermieri era la stessa degli infermieri.
Scopo: aprire la comunicazione circa la performance e lo sviluppo ed assistere lo staff a sviluppare competenze, educare lo staff su come fornire a loro stessi direzione e supporto ( Blanchard, 2000), nonché fornire un'accurata diagnosi della situazione usando uno stile appropriato in base alle necessità del singolo.
.Metodo: gli infermieri di assistenza diretta autoidentificarono il loro livello di pratica
tramite le definizioni di P. Benner usate per descrivere ed interpretare l'acquisizione di
abilità e giudizio clinico.
Il manager clinico ha adoperato lo stesso strumento senza conoscere quale era il livello scelto dagli infermieri.
Risultati: l'uso di uno stile appropriato di leadership era parallelo alla conoscenza del manager dei livelli di pratica degli infermieri, poiché infermieri più esperti cercavano indipendenza e flessibilità.
2° ARTICOLO: “ Leadership and job satisfaction among Azorean hospital nurses: an application of the situational leadership model”, è uno studio quantitativo descrittivo Scopo: comparare i comportamenti di leadership dei manager infermieristici con la percezione dello staff infermieristico della leadership dei loro capi così come determinare se le componenti della leadership influenzano la soddisfazione lavorativa tra lo staff infermieristico.
Metodo: questionario sull'abilità ed efficacia della leadership (Hersey e Blanchard) distinto in tre sezioni: la prima riguardante domande demografiche e relative alla professione, la seconda sull'efficacia della leadership e descrizione di adattabilità (LEAD); la terza sulla soddisfazione lavorativa. Lo studio venne condotto in due ospedali portoghesi su 266 infermieri tra manager e staff.
Risultati: vi era minor soddisfazione lavorativa tra lo staff infermieristico e, in termini di adattabilità, i dirigenti si consideravano efficienti mentre il loro staff non li consideravano così.
Un'altra differenza emersa era su cosa è veramente importante per condurre un team di infermieri ed essere un dirigente di un'unità operativa. Nelle conclusioni si sottolinea l'importanza di aumentare la consapevolezza dei manager sull'uso efficace della leadership tramite un training.
3° ARTICOLO: “ Coaching: a reference model for the practice of nurse-leaders in the
hospital context”, è uno studio descrittivo trasversale.
(Brasile) su 11 infermieri dirigenti e 122 infermieri prepararti a partecipare allo studio tramite la realizzazione del “ programma di training di sviluppo della leadership”.
Metodo: utilizzo della strategia di coaching e identificare, misurare ed analizzare l'acquisizione di competenze dal punto di vista degli infermieri coach attraverso un questionario di 32 domande aperte, divise in tre parti: caratterizzazione della popolazione di studio; dati sulle conoscenze degli infermieri sulla leadership ed il coaching; dati sulle abilità ed attitudini che gli infermieri praticano nella coaching leadership.
Risultati: nessun infermiere vedeva la leadership come legittima ragione di esercitare potere con l'organizzazione per guadagnare l'obbedienza dei collaboratori. Il modello della leadership situazionale venne riconosciuto per diventare coach con uno stile finalizzato al compito ed alle persone in base alle situazioni, evidenziando le abilità comunicative ed avere influenza.
4° ARTICOLO: “ Relationship between nurses' leadership styles and power bases”, è uno studio quantitativo.
Scopo: provare la relazione tra le basi di potere del leader e gli stili di management infermieristico.
Metodo: fu preso un campione random di 290 infermieri su un totale di 980 di un ospedale pubblico di Granada. Risposero solo 225 infermieri.
Venne utilizzato un questionario SBDQ ( Supervisory Behavior Description Questionaire) di 48 item che descrivono il comportamento del leader usando una scala di cinque punti per risposta. Il “Profilo di percezione del potere” fu usato per misurare la percezione del potere.
Risultati : in riferimento agli stili di leadership (prescrivere, vendere, coinvolgere,
delegare) e alle sette basi di potere( coercitivo, di ricompensa, legittimo, referenziale, di
esperienza, informativo e connettivo), risultò che l'efficacia di una leadership dipende
dalla regolazione tra lo stile di management ed il livello di disponibilità dei subordinati e
che il potere del leader aumenta la probabilità di successo quando lo stile è efficace.
5° ARTICOLO: “ Leadership in tranformation: a longitudinal study in a nursing organization”, è uno studio longitudinale,in un ospedale della Finlandia a prevalenza di servizi psichiatrici, condotto in due momenti differenti della storia dell'organizzazione della sanità finlandese.
Scopo: presentare analisi teoriche ed empiriche della trasformazione della leadership e cercare di migliorare la comprensione di come i leader costruiscono la loro leadership relativamente al cambio di organizzazione.
Metodo: lo studio fu centrato sull'organico infermieristico il quale management è organizzato in quattro livelli:
– 1° livello : infermieri
– 2° livello: infermieri in carica ( i superiori degli infermieri). Ognuno di essi ha un infermiere in carica ( leader).
– 3° livello: infermieri superiori, ognuno dei quali supervisiona un gruppo di infermieri in carica. Vi è incluso il direttore infermieristico.
– 4° livello: manager dell'ospedale.
Il materiale venne raccolto tramite racconti scritti dagli infermieri leader ( 2° livello) che descrivevano in modo informale la leadership dell'ospedale. Il primo set di materiale qualitativo fu distribuito nel 2003, il secondo nel 2011, il terzo ( in aggiunta) tramite intervista telefonica con infermieri superiori ( 3° livello) nel 2013.
Risultati: la costruzione della leadership era drammaticamente diversa nei due differenti
momenti storici e situazionali. La leadership era mostrata come un fenomeno di
cambiamento fragile e complesso, il quale variava insieme ad altri cambiamenti
organizzativi. Si sottolinea l'importanza di un' “ agenzia” ( ente governativo) nella
leadership ed il ruolo centrale degli “ altri significativi”.
CAPITOLO III
LEADERSHIP ED INTELLIGENZA EMOTIVA
3.1 DEFINIZIONE DI INTELLIGENZA EMOTIVA.
L'intelligenza non è un concetto unico. Già nel 1983 Howard Gardner formulò la teoria delle intelligenze multiple che sono:
logico-matematica, spaziale, linguistica, cinestetica, musicale, interpersonale naturalistica ed esistenziale.
Si pensa che una persona sia intelligente quando ha un tipo di intelligenza più elevata rispetto alla nostra ( ad es. quella logico-matematica), ma, in realtà, in ognuno di noi prevale una forma intellettiva che può essere diversa rispetto a quella di un altro. Quindi è più appropriato parlare di intelligenze.
Oggi la leadership si sta orientando anche nel riconoscere l'intelligenza emotiva/ sociale intesa come la capacità introspettiva di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, senza negarle od esserne sopraffatti, tant'è che si parla di Q.E., ovvero di Quoziente Emozionale.
L'intelligenza emotiva coinvolge due aree, quella intrapersonale e quella interpersonale o sociale, ciascuna con proprie competenze:
– competenze intrapersonali, riguardano la comprensione di noi stessi, dei nostri sentimenti, obiettivi e la capacità di automotivarsi e gestire i nostri stati emotivi e mentali anche in condizioni di stress
– competenze interpersonali o sociali, riguardano la comprensione degli altri, dei loro sentimenti e la capacità di creare con loro dei rapporti in modo efficace.
Negli ultimi vent'anni, diversi studi hanno dimostrato che leadership ed intelligenza
emotiva sono strettamente collegate.
Giovanna D'Alessio, nel suo libro “ Il potere di cambiare”
12, cita uno studio del Center for Crative Leadership (CCL) intitolato “ The MacIndoe Executive Derailment Study”
condotto negli anni Ottanta e Novanta, che ha dimostrato che la prima causa del turnover dei dirigenti è relativa ad una carenza di competenza emotiva.
Si tratta di difficoltà nel gestire il cambiamento, incapacità condurre il lavoro di squadra e di inadeguatezza nelle relazioni interpersonali.
L'autrice continua citando Daniel Goleman, secondo il quale è possibile sviluppare l'intelligenza emotiva tramite un adeguato allenamento mirato specialmente a cogliere i sentimenti e le emozioni nostre e degli altri, indirizzandoli in senso costruttivo.
Tutto ciò, quindi, non può prescindere dal saper comunicare in modo adeguato.
3.2 LA COMUNICAZIONE
“ Non si può non comunicare”. È questo il primo assioma della comunicazione enunciato nel 1967 dai ricercatori del Mental Research Institute di Palo Alto, California, nella loro pubblicazione intitolata “ Pragmatica della comunicazione umana”.
La comunicazione avviene principalmente attraverso due canali, riconosciuti come canale verbale e canale non verbale, ed è proprio a quest'ultimo a cui fa riferimento il sopracitato assioma, esplicitando come non sia possibile non interagire con gli altri anche senza dialogo, poiché un atteggiamento assunto da una persona suscita molteplici significati per chi lo osserva. Si tratta del linguaggio corporeo, non verbale appunto, e risulta essere la forma comunicativa più antica dell'essere umano.
Il canale verbale, invece, necessita propriamente di una lingua parlata ed è costituito da due contenuti:
– il contenuto informativo, ovvero cosa si dice
– il contenuto relazionale, vale a dire il valore ed il significato assunti da ciò che si dice sul piano della relazione.
Contenuto (informazione) e relazione danno significato alla comunicazione e non possono essere scissi dal linguaggio non verbale.
Il “cosa dico” ed il “come lo dico”, il tono della voce, determinano l'efficacia o l'inefficacia
Il generarsi di disaccordi e conflitti, quindi, diventa una situazione che si manifesta con buona probabilità quando le modalità comunicative tra le persone non sviluppano efficacia.
Quando si parla di disaccordo si considera il lato più razionale, cognitivo, della comunicazione, mentre il conflitto riguarda sempre il lato relazionale, coinvolgendo i sentimenti e le emozioni.
Sul piano lavorativo ciò si traduce con l'impegno dei professionisti, se non si trova un accordo per una data situazione, a rimanere sul piano del disaccordo senza giungere ad un conflitto.
In una leadership è fondamentale saper gestire questi aspetti, in quanto un conflitto porta a dei giudizi personali non ammissibili in rapporti lavorativi e decisamente controproducenti.
Vista l'importanza crescente assunta dall'intelligenza emotiva in questo settore, l'ascolto e l'empatia diventano chiave maestra per aprire le porte più importanti della comunicazione umana.
3.2.1 EMPATIA ED ASCOLTO ATTIVO.
L'etimologia greca del termine empatia ( en- dentro e pathos- sentimento) custodisce il significato profondo della stessa parola: è la capacità di entrare dentro al sentimento di una persona.
Ciò comporta la volontà di instaurare una vicinanza affettiva con l'altro per capire e comprendere l'origine dei suoi comportamenti e delle sue opinioni, sintonizzandosi col suo punto di vista.
Questo “ mettersi nei panni dell'altro” diventa positivo, per l'altro e per se stessi, quando il farsi carico dei problemi altrui non passa il confine di diventare un problema personale: il farsi coinvolgere senza farsi travolgere.
L'essere veramente interessati a cosa dice una persona richiede la capacità di saper ascoltare che, unita alla consapevolezza di essere ascoltati, è alla base di una buona relazione.
Questa reale disponibilità all'ascoltare l'altro , richiede di allargare le maglie della rete
che formano il modello del nostro giudizio ( e pregiudizio) nei confronti delle persone e
dell'ambiente in cui agiamo, per permettere di far passare fluidamente le informazioni che ci vengono fornite dagli altri.
Se ho un modello a maglie strette, ovvero un pregiudizio, passeranno poche informazioni, o meglio solo quelle che si legano al mio punto di vista.
Dimostrare di aver compreso, rimanda al “ capire” di Roger, che non è segno di Q.I.
( Quoziente Intellettivo), ma è il prendere atto inteso come il rimandare indietro all'altro ciò che ha detto, senza giudicare od interpretare sulla base delle proprie esperienze di vita.
È questa la sfumatura di passaggio tra l'ascolto attivo e l'ascolto empatico, il quale richiede il cercare di staccarsi da sé per capire perché l'altro dice una certa cosa. Non è il pensare come mi comporterei al suo posto...l'ascolto empatico copre la distanza tra se stessi e l'altro.
3.3 L'INTELLIGENZA EMOTIVA APPLICATA ALLA LEADERSHIP: LA LEADERSHIP TRASFORMAZIONALE
Il continuo processo di cambiamento che interessa i sistemi organizzativi propri degli ambienti di lavoro, richiede un' adattività da parte di un leader e della sua leadership.
Ciò comporta, secondo l'autrice Giovanna D'Alessio
13, percorrere una trasformazione in se stessi per poter guidare gli altri e raggiungere insieme gli obiettivi di un'organizzazione.
Il leader, attraverso la propria auto consapevolezza, sa rendersi adattivo alle sfide che si propongono e trova il coraggio di intraprendere cambiamenti importanti, talvolta profondi, in un sistema.
Ancora una volta si evidenzia quanto sia importante lo sviluppo delle capacità umane e relazionali su quelle che sono le competenze tecnico-gestionali.
Il leader, attraverso l'empatia e l'ascolto e prestando attenzione a quelle che sono le emozioni dei propri collaboratori, promuove in loro autostima e spirito d'iniziativa.
La leadership trasformazionale, quindi, è un profondo processo trasformativo nei
collaboratori che, tramite l'influenza del leader, riescono a realizzare molto più di quanto
essi stessi si aspetterebbero da loro. Si pone l'accento sul termine “cambiamento” : leder
CAPITOLO IV: INDAGINE SULLA LEADERSHIP: LA PERCEZIONE DI CHI GUIDA E DI CHI E' GUIDATO.
4.1 : SOGGETTI COINVOLTI, STRUMENTI E METODI.
L'indagine è di tipo conoscitivo-qualitativo ed ha lo scopo di far emergere le differenze di percezione sulla leadership da parte di chi guida e da parte di chi è guidato.
SOGGETTI COINVOLTI.
Coordinatori, direttori, infermieri e medici di cinque unità operative (U.O.) dell' Asl 5 Spezzino, precisamente dei presidi ospedalieri di Sarzana e di La Spezia, per un totale di n.119 operatori di cui : 5 coordinatori di U.O., 5 direttori di U.O. , 86 infermieri e 23 dirigenti medici.
Le UU. OO. coinvolte sono: malattie infettive ( P.O. La Spezia), pneumologia, medicina interna uomini e donne, cardiologia e geriatria del P.O. di Sarzana.
Nello specifico, il personale è così ripartito:
Tabella II : distribuzione soggetti coinvolti per Unità Operativa ( totale 119).
UNITA' OPERATIVA COORDINATORI DIRETTORI INFERMIERI DIRIGENTI MEDICI MALATTIE
INFETTIVE
1 1 16 4
PNEUMOLOGIA
1 1 18 7
MEDICINA
INTERNA U. e D.
1 1 25 4
CARDIOLOGIA
1 1 14 4
GERIATRIA
1 1 13 4
TOTALE
5 5 86 23
STRUMENTI.
Sono stati formulati due tipi di questionari, diversi nella forma ma speculari nel contenuto : un tipo per coordinatori e direttori ( chi dirige le U.O.), con quesiti mirati a sondare come pensano di esercitare la loro leadership, e l'altro tipo per infermieri e dirigenti medici ( i collaboratori) con gli stessi quesiti formulati per i coordinatori e direttori ma adattati ad indagare come i collaboratori recepiscono la leadership dei loro superiori.
Il questionario comprende dieci domande e si struttura in quattro sezioni:
– la prima sezione è una premessa in cui si presenta e si spiega qual'è la motivazione che richiede la compilazione del questionario, chiarendo che l'anonimato viene garantito in tutte le fasi, dalla raccolta dati all'elaborazione dei risultati;
– la seconda sezione raccoglie i dati anagrafici che servono a conoscere il sesso e la fascia di età ( ad introdurre il questionario) e da quanto tempo si svolge il ruolo ricoperto, che corrisponde alla domanda numero uno;
la terza sezione comprende le altre nove domande relative all'argomento, ovvero
5 5
86
23
GRAFICO 1: DISTRIBUZIONE SOGGETTI COINVOLTI PER RUOLO
COORDINATORI DIRETTORI INFERMIERI MEDICI
METODI.
Sono state stampate in totale quattro copie del questionario:
– due copie del questionario creato per chi dirige le UU.OO riservate rispettivamente ai coordinatori ed ai direttori
– due copie del questionario creato per i collaboratori riservate rispettivamente agli infermieri ed ai dirigenti medici delle UU.OO
Questo per garantire ad ogni categoria di professionisti una corretta e mirata compilazione e per facilitare la raccolta dei dati, per cui le quattro copie del questionario sono state nominate come questionario n.1, questionario n.2, questionario n.3 e questionario n.4.
Ogni numero corrisponde ai diversi ruoli, per cui i questionari sono stati consegnati e ritirati personalmente, dopo essere stati riposti in cartelline non trasparenti.
La consegna delle diverse copie nelle UU.OO è avvenuta a fine giugno 2015, previa autorizzazione ottenuta tramite le procedure richieste dalla Asl di appartenenza.
Inizialmente il tempo concesso per la compilazione era di circa venti giorni ma, date le ferie estive, si è protratto fino alla fine di luglio 2015 per consentire la partecipazione a tutte le figure professionali coinvolte nell'indagine.
Nei risultati non vengono citate le Unità Operative ma, in alcuni casi, si propone una
divisione in settori per evidenziare maggiormente le differenze significative.
4.2 RISULTATI
Su un totale di 119 operatori sanitari interessati ( infermieri, coordinatori, direttori e dirigenti medici) hanno risposto in 58.
Andando nello specifico:
U.O. medicina interna uomini e donne:
su 31 operatori sanitari hanno risposto in 7.
U.O. malattie infettive:
su 22 operatori sanitari hanno risposto in 16 U.O. geriatria:
su 19 operatori sanitari hanno risposto in 5.
U.O. cardiologia:
su 20 operatori sanitari hanno risposto in 13.
U.O. pneumologia:
su 27 operatori hanno risposto in 17.
med u e d mal inf geriatria cardiologia pneumologia 7
16
5
13
17 31
22
19 20
27
GRAFICO 2: QUESTIONARI COMPILATI SU QUESTIONARI DISTRIBUITI
compilati non compilati
ANALISI QUESTIONARI COORDINATORI E DIRETTORI.
È stato chiesto di specificare il sesso e la fascia di età ma, data la netta prevalenza di un genere rispetto all'altro sia dei coordinatori che dei direttori, nei risultati non è stato riportato questo dettaglio.
FASCIA DI ETA' COORDINATORI ED ANZIANITA' DI SERVIZIO : – 1 coordinatore su 5 ha tra i 30 ed i 40 anni;
– 1 coordinatore su 5 ha tra i 40 ed i 50 anni;
– 3 coordinatori su 5 hanno tra i 50 ed i 60 anni.
– 2 coordinatori su 5 ricoprono il ruolo da meno di cinque anni;
– 1 coordinatore su 5 ricopre il ruolo da oltre cinque anni ma da meno di dieci anni;
– 2 coordinatori su 5 ricoprono il ruolo da oltre dieci anni.
FASCIA DI ETA' DIRETTORI ED ANZIANITA' DI SERVIZIO:
– 1 direttore su 5 ha tra i 40 ed i 50 anni;
– 3 direttori su 5 hanno tra i 50 ed i 60 anni;
– 1 direttore su 5 ha più di 60 anni.
– 1 direttore su 5 ricopre il ruolo da meno di cinque anni;
– 2 direttori su 5 ricoprono il ruolo da oltre cinque anni ma da meno di dieci anni;
– 2 direttori su 5 ricoprono il ruolo da oltre dieci anni.
DOMANDA N.2
Quali sono gli aspetti che secondo lei sono più motivanti/importanti nel suo lavoro?
– riconoscimento sociale
– possibilità di guidare gli altri
– l'aspetto retributivo – l'aspetto legato al potere – l'autostima
Entrambi i ruoli hanno risposto che è la possibilità di guidare gli altri la forza trainante legata alla propria posizione. Prevalente nei coordinatori il bisogno di stima, attribuita dagli altri ma anche da se stessi.
DOMANDA N. 3
Quali sono gli aspetti che secondo lei sono più motivanti/ importanti nel lavoro dei suoi collaboratori?
– l'aspetto retributivo
– avere delle regole da seguire e poche responsabilità – essere supportati ed incoraggiati moralmente
– agire in autonomia e responsabilità nel collaborare con colleghi e superiori
ric.soc
guida
retribuz
potere
autostima
nessuna 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 3. FATTORI DI MOTIVAZIONI AL LAVORO PER COORD. E DIRETT.
coord dirett
ASPETTI MOTIVANTI RUOLO
FREQUENZE
Agire in autonomia e responsabilità nel collaborare con colleghi e superiori è, secondo i diretti superiori, la motivazione lavorativa principale dei collaboratori infermieri e medici. Per alcuni coordinatori sono importanti gli aspetti relazionali, per i direttori l'aspetto differenziante è costituito dall'importanza attribuita alla definizione ed al rispetto delle regole.
DOMANDA N. 4
Come definirebbe il grado di maturità dei suoi collaboratori? Indicare approssimativamente per ogni categoria la percentuale che ritenete più idonea in base al numero dei vostri collaboratori :
– maturità bassa: il collaboratore è inesperto, insicuro e non si dimostra disponibile;
– maturità medio-bassa: il collaboratore è inesperto ma si dimostra disponibile e sicuro di sé;
– maturità medio alta: il collaboratore è esperto ma insicuro e non si dimostra disponibile;
retribuz regole supporto mor auton e resp 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 4: MOTIVAZIONI AL LAVORO ATTRIBUITA DAI SUPERIORI AI COLLABOR.
coord dirett
ASPETTI MOTIVANTI DEI COLLAB
FREQUENZE
– maturità alta: il collaboratore è esperto/ competente e disponibile/ sicuro di sé.
Sia i coordinatori che i direttori sostengono di avere una parte dei collaboratori con un livello di maturità compreso tra il medio basso e l'alto. Solo un coordinatore ritiene di avere anche dei collaboratori con un livello basso di maturità.
Per questo grafico ne sono stati fatti altri due, uno relativo ai coordinatori ed uno relativo ai direttori dei diversi settori, per far risaltare alcune differenze significative nella stessa categoria.
coord dirett
0 1 2 3 4 5
GRAFICO 5: MATURITA' ATTRIBUITA DAI RESPONSABILI AI COLLABOR.
mat.bassa mat medio bassa mat medio alta mat alta
FREQUENZE
Il coordinatore di un determinato settore ha scelto di valutare indistintamente tutti gli infermieri come collaboratori con un livello alto di maturità. Gli altri coordinatori sostengono da avere un'alta percentuale di collaboratori molto maturi, anche se uno di loro ha bilanciato maggiormente le sue valutazioni ( colore blu).
mat. Bassa mat. Medio bas mat.medio alta mat. Alta 0
20 40 60 80 100
20 20
30 30
0
10
30
60
0
20
0
80
0 5 11
84
0 0 0
100 GRAFICO 6: VALUTAZIONE IN % DEI COORDINATORI SU MATURITA' INFERMIERI
a b c d e
TIPI DI MATURITA'
% COLLAB. INFERMIERI
Nel caso dei direttori, nessuno ha sostenuto di collaborare con medici aventi una maturità bassa. Solo i direttori di due settori hanno dichiarato di avere una certa percentuale di collaboratori medio bassa.
DOMANDA N. 5
A suo parere, in quale delle seguenti circostanze un'equipe tende a produrre di più ( in termini di rendimento qualitativo e quantitativo) ed a raggiungere gli obiettivi stabiliti dall'organizzazione?
– attraverso uno stile prettamente direttivo, definendo chiaramente cosa fare, come farlo e quando, tramite una supervisione periodica delle attività richieste
– attraverso uno stile in cui il coordinatore/ direttore sia meno presente, lasciando spazio all'autodisciplina ed alla creatività dei collaboratori.
Anche in questo caso si riportano due differenti grafici per sottolineare le nette differenze all'interno di una stessa categoria.
mat.bassa mat medio bas mat. Medio alta mat alta 0
20 40 60 80 100
0
30
70
0
0 0
50 50
0 0
43
57
0 0
40
60
0
40
0
60 GRAFICO 7: VALUTAZIONE IN % DEI DIRETTORI SU MATURITA' MEDICI
a b c d e
TIPI DI MATURITA'
% COLLAB. MEDICI
Quasi la totalità dei direttori ritiene necessario adottare con i propri collaboratori uno stile di leadership direttivo ed orientato al compito, al fine di raggiungere gli obiettivi organizzativi.
Tra i coordinatori è invece più utile, sebbene non di molto, scegliere uno stile di leadership relazionale, basato sulla fiducia nei propri collaboratori.
DOMANDA N. 6
Si supponga la seguente situazione: i suoi collaboratori non hanno risposto adeguatamente al suo atteggiamento di disponibilità ed al suo interessamento. Il loro rendimento sta diminuendo. Lei :
– richiede il rispetto di procedure uniformi e sottolinea la necessità di conseguire il compito assegnato;
– si rende disponibile per una discussione;
– parla con i collaboratori e stabilisce i vari obiettivi;
– lascia al gruppo la totale responsabilità della situazione.
stile direttivo stile relazionale 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 8:STILI LEADERSHIP COORDINATORI
STILI DI LEADERSHIP
FREQUENZE
stile direttivo stile relazionale 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 9: STILI LEADERSHIP DIRETTORI
STILI DI LEADERSHIP
FREQUENZE
Esattamente due coordinatori e due direttori scelgono di rendersi disponibili per una discussione, mentre tre coordinatori e tre direttori decidono di parlare con i collaboratori stabilendo gli obiettivi.
DOMANDA N.7
Segnate, per ogni voce dell'argomento che segue:
5 ( moltissimo) : accanto al comportamento che ritenete più conforme al vostro sistema manageriale.
4 ( molto) : accanto alla risposta che vi sembra subito dopo la più consona al vostro comportamento.
3 ( abbastanza) e 2 ( poco) : in graduatoria a ciò che si avvicina alla scala precedente.
1 ( pochissimo) : accanto alla risposta che meno rispecchia il vostro sistema manageriale.
rispettare proced
disponib per discuss
stabilire obiet.
resp.al gruppo 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 10:COMPORTAMENTO LEADER VERSO NON DISPONIBILITA' COLLABORATORI
coord dirett
ATTEGGIAMENTI LEADER
FREQUENZE
– faccio qualche ispezione ma non mi interesso molto dei singoli problemi. Lascio che ognuno se li risolva da sé;
– controllo che il gruppo sia soddisfatto e mi assicuro che ognuno abbia ciò che chiede;
– mi tengo informato di ulteriori miglioramenti, identifico i problemi, rivedendo obiettivi e programmi con il gruppo. Concedo il mio aiuto quando mi viene richiesto;
– controllo i miei collaboratori, li critico quando è necessario ed introduco modifiche se ne vedo la necessità.
L'elaborazione delle risposte viene rappresentata meglio separando i grafici delle due categorie interessate.
La maggior parte dei coordinatori ritiene di essere informata moltissimo sul lavoro degli infermieri, garantendo la soddisfazione del gruppo e sapendo identificare problemi ed obiettivi.
informato del lavoro
ispezione
gruppo soddisfatto
identif. Probl e obiet.
controllo e critico 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 11:COORDINATORI: PERCEZIONE DEL PROPRIO COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO.
moltissimo molto abbastanza poco pochissimo
ATTEGGIAMENTI
FREQUENZE
I direttori hanno distribuito più criticamente la valutazione sui vari comportamenti organizzativi.
DOMANDA N. 8
Rispondete come per la domanda precedente.
Argomento: quando la mia decisione è messa in discussione da un mio collaboratore.
– ripeto la decisione per accertarmi che sia stata capita. Se non sembra ancora convinto, gli spiego che deve comunque attenersi ad essa anche se non gli sembra la più idonea;
– sento che la mia posizione viene minacciata. La mia reazione naturale è quella di esclamare: “ la decisione è questa e basta!”;
informato del lavoro
ispezione
gruppo soddisfatto
identi. Probl e obiet
controllo e critico 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 12: DIRETTORI: PERCEZIONE DEL PROPRIO COMPORTAMENTO ORGANIZZATIVO
moltissimo molto abbastanza poco pochissimo
ATTEGGIAMENTI
FREQUENZE
– vedo come si è arrivati a quella determinata decisione e do delle informazioni che prima potevano non essere disponibili. Infine considero dei nuovi motivi che potrebbero farmi cambiare decisione.
Come per le risposte della domanda precedente, è utile proporre due grafici differenti per le due categorie.
Quasi la totalità dei coordinatori afferma di riuscire moltissimo a rivalutare la decisione considerando dei nuovi motivi. Invece atteggiamenti come il sentirsi minacciati, ritirare la decisione per mantenere buoni rapporti e rinunciare alla decisione, vengono valutati come molto poco conformi al proprio stile ( pochissimo).
ripeto e affermo
sento minaccia
riprop e ritiro
mi ritiro
rivaluto possib. 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 13:COORDINATORI: COMPORTAMENTI A FRONTE DI CRITICHE DEI COLLABOR.
moltissimo molto abbastanza poco pochissimo
ATTEGGIAMENTI
FREQUENZE
Almeno tre direttori ritengono di: ripetere ed affermare la propria decisione con una valutazione che si avvicina molto al proprio atteggiamento; avvertire abbastanza la minaccia alla loro posizione qualora la decisione venga messa in discussione dal collaboratore; saper rivalutare molto bene ( moltissimo) le varie possibilità che possano indurli a cambiare decisione. La maggioranza di loro ( 4 su 5) ritiene di non arrivare a ritirarsi, non facendo rispettare la decisione ( pochissimo).
DOMANDA N.9
Pensi ad un leader che conosce e che ammira. Quali di queste qualità apprezza maggiormente e quali qualità avverte come carenti nella sua leadership ( massimo tre risposte per colonna).
ripeto e affermo
sento minaccia
riprop e ritiro
mi ritiro
rivaluto possib. 0
1 2 3 4 5
GRAFICO 14: DIRETTORI: COMPORTAMENTI A FRONTE DI CRITICHE DEI COLLABOR.
moltissimo molto abbastanza poco pochissimo
ATTEGGIAMENTI
FREQUENZE
Tabella III : COORDINATORI: QUALITA' IMPORTANTI PER UN LEADER
AMMIRO DEL LEADER FREQUENZE IO SONO CARENTE FREQUENZE
PAZIENZA 2 PAZIENZA 3
EQUITA' 1 EQUITA' 0
LEALTA' 1 LEALTA' 1
INFLUENZA 0 INFLUENZA 1
COMUNICAZIONE 4 COMUNICAZIONE 0
RISPETTO 1 RISPETTO 1
VISIONE 3 VISIONE 1
GIUDIZIO 0 GIUDIZIO 1
SPIRITO D'INIZIATIVA 0 SPIRITO D'INIZIATIVA 1
PASSIONE 3 PASSIONE 0
Le qualità maggiormente ammirate nel leader sono la comunicazione, la visione e la passione. Segue la pazienza, mentre non vengono scelte qualità come l'avere influenza, il giudizio e lo spirito d'iniziativa.
Invece la qualità maggiormente sentita come carente nella propria leadership è la pazienza.
Tabella IV : DIRETTORI: QUALITA' IMPORTANTI PER UN LEADER
AMMIRO DEL LEADER FREQUENZE IO SONO CARENTE FREQUENZE
PAZIENZA 2 PAZIENZA 3
EQUITA' 0 EQUITA' 0
LEALTA' 2 LEALTA' 1
INFLUENZA 3 INFLUENZA 2
COMUNICAZIONE 1 COMUNICAZIONE 3
RISPETTO 2 RISPETTO 1
VISIONE 2 VISIONE 0
GIUDIZIO 0 GIUDIZIO 3
SPIRITO D'INIZIATIVA 0 SPIRITO D'INIZIATIVA 0
PASSIONE 3 PASSIONE 0
Per i direttori, invece, l'avere influenza sui collaboratori è un aspetto da ammirare ma anche sentito come carente nella propria leadership. Qualità degne di ammirazione sono anche la passione e, a seguire, pazienza, lealtà, rispetto e visione. La comunicazione è poco ammirata ed altrettanto percepita come carente nella propria leadership.
DOMANDA N. 10 Segnare con una “x” la casella pertinente dove:
– 0 = per nulla sviluppata – 5 = sviluppata molto bene
Nei grafici ( separati) che seguono, i punteggi da 0 a 5 sono denominati come:
0 – per niente
1 – pochissimo
2 – poco
3 – abbastanza
4 – molto
5 - moltissimo
GRAFICO 15: AUTOVALUTAZIONE DEI COORDINATORI SULLE PROPRIE ABILITA' DI LEADER
GRAFICO 16: AUTOVALUTAZIONE DEI COORDINATORI SULLE PROPRIE ABILITA' DI LEADER ABILITA' LEADER
RICON. FORZE E DEBOL
ABILITA' COMUNIC.
GESTIONE GRUPPO 0
1 2 3 4 5
2
1
2
1 3
1
2
3
0
3
1 1
per niente pochissimo poco abbastanza molto moltissimo
ABILITA' LEADER
FREQUENZE
DELEGO MOTIVO COLLAB. DECISIONI AUTON 0
1 2 3 4 5
2
1
0 2
0
1
0
2 2
1
2 2
per niente pochissimo poco abbastanza molto moltissimo
ABILITA' LEADER
FREQUENZE
Spiccano autovalutazioni come abbastanza, molto e moltissimo in situazioni quali:
consapevolezza delle proprie abilità di leader; saper riconoscere i propri punti di forza e
di debolezza; abilità comunicative; saper gestire un gruppo; saper motivare i
collaboratori; saper prendere decisioni in autonomia. Segue, in senso decrescente, il
saper delegare.
GRAFICO 17: AUTOVALUTAZIONE DEI DIRETTORI SULLE PROPRIE ABILITA' DI LEADER
GRAFICO 18: AUTOVALUTAZIONE DEI DIRETTORI SULLE PROPRIE ABILITA' DI LEADER
ABILITA' LEADER
RICON. FORZE E DEBOL
ABILITA' COMUNIC.
GESTIONE GRUPPO 0
1 2 3 4 5
0
1
0 0
1
2 2
1 3
1
2
3
1 1 1 1
per niente pochissimo poco abbastanza molto moltissimo
ABILITA' LEADER
FREQUENZE
DELEGO MOTIVO COLLAB. DECISIONI AUTON 0
1 2 3 4 5
1
2
0 2
3
1 2
0
4
per niente pochissimo poco abbastanza molto moltissimo
ABILITA' LEADER
FREQUENZE