2. RIGIDITÀ E IMMOBILITÀ NELLA FIGURA FEMMINILE:
SIGNICATO, ORIGINE E ANALISI DELLE RICORRENZE
È possibile osservare come rigidità e immobilità, il più delle volte associate a figure femminili, da un lato, e movimento, il più delle volte associato a figure maschili, dall’altro, non siano casuali nelle loro ricorrenze e associazioni. L’approfondimento di tali osservazioni sembra trovare riscontro pratico nelle opere di Giacometti e nell’intera sua esistenza, dall’indagine della quale ravvisiamo un rapporto conflittuale con le donne che, nel corso del tempo, ingenera, da parte dell’artista, l’elaborazione di una visione di negatività, esplicitata a livello visivo con l’immobilità. Dunque, la spiegazione di tali associazioni – movimento ↔ uomo ↔ positività vs. immobilità ↔ donna ↔ negatività – sembra ritrovarsi nella stessa conflittualità elaborata da Giacometti sulla base di particolari esperienze della sua vita affettiva e sessuale.
Ciò che vorremmo mettere in evidenza nel corso di questa trattazione è
il graduale processo di conflittualità nel rapporto con le donne elaborato da
Giacometti, che ci è permesso di ricostruire grazie alle sue opere più
significative, e investigarne, in particolar modo, le ragioni e i tempi di
rielaborazione da parte dell’artista. Dunque, per quanto segue, attraverso la
selezione di opere a tal proposito eloquenti a nostro parere, tenteremo di
Figura 9 La madre dell’artista
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restituire un quadro quanto più esaustivo possibile del rapporto di Giacometti con le donne, di fondamentale importanza per le sue concezioni artistiche.
Ai nostri occhi appare, quindi, significativo partire dal rapporto con la madre che, oltre a essere la prima donna in assoluto della sua vita, rappresenta probabilmente il primo e più sano rapporto di Giacometti con le donne, scevro da visioni negative che ingenereranno nella vita dell’artista in seguito, e sembra anche costituire l’unico vero rapporto di affettività puro.
Con uno sguardo alle opere dell’artista, prendiamo a titolo d’esempio per il rapporto con la madre un bassorilievo datato 1921, in cui appare scolpito il volto di Annette Stampa, dal titolo La madre dell’artista (Fig. 9). A conferma del rapporto, protratto per tutta la vita, di Alberto con la madre esistono numerose testimonianze fotografiche che li raffigurano insieme, anche in evidente età avanzata della donna. Inoltre, abbiamo prova dell’intenso rapporto anche dai ritratti e dai numerosi e precoci disegni risalenti al 1913, nei quali l’artista ritraeva la madre intenta in attività casalinghe, quali il cucito e il lavoro a maglia, o frontalmente, mettendone costantemente in luce lo sguardo intenso e affettuoso, che osserviamo anche nel succitato bassorilievo. Dal punto di vista puramente artistico osserviamo che La madre dell’artista rappresenta ancora un tipo di raffigurazione di stampo naturalistico e, come ricorda Alessandro Del Puppo
1, dall’analisi della superficie marmorea si possono leggere rielaborate le influenze dello stiacciato donatelliano, che probabilmente Giacometti ebbe modo di studiare durante il suo viaggio a Firenze alla fine del 1920. Tuttavia, ben più evidente risulta essere l’influsso di Medardo Rosso. Vediamo, inoltre, come questo pezzo artistico sia unico nel suo genere nel repertorio artistico
1 Cfr. A. DEL PUPPO, Alberto Giacometti, cit., p. 50.
Figura 10 Uomo e Donna del 1928/29
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di Giacometti, per entrambi gli aspetti summenzionati: la vena naturalistica e la pacatezza affettuosa. Abbiamo osservato che tale spensieratezza d’animo subisce un crollo allorché l’artista percepisce l’insoddisfazione per la resa naturalistica del modello: condizione che costituisce la premessa del suo avvicinamento alle avanguardie.
Nel 1929 inizia a comparire in maniera esplicita, in una serie di opere di Giacometti, il tema della violenza e della crudeltà sessuale. Nella prima di questo gruppo, Uomo e Donna, risalente al 1928-1929 (Fig. 10), il tema è svolto con forte intensità. Inoltre, come osserva Alessandro Del Puppo
2, questa sembra essere l’unica scultura nella quale due figure si pongono in diretta ed esplicita relazione. Dall’analisi dei singoli elementi che compongono l’opera emerge un dato a nostro parere interessante a descrivere questo rapporto di forza improntato sulla violenza e, da non trascurare, costante e ravvisabile in numerose altre opere: l’uomo agisce sempre, collocandosi quindi all’attivo; la donna, dal canto suo, subisce sempre, collocandosi dunque al passivo. In particolare, in Uomo e Donna l’uomo è delineato da una doppia falcatura che emerge dal piedistallo ed è colto nell’atto di estroflettere una lunga appendice allusiva del fallo contro il corpo della donna. Quest’ultima, connotata attraverso il ventre dalla forma ampia e concava, come spesso accade in numerose sculture di Giacometti, sembra subire l’aggressione: tale sensazione deriva, come osserva Del Puppo
3, dal forte scarto all’indietro delle sue gambe rispetto al piedistallo, che allude a un gesto istintivo di repulsione. Inoltre, possiamo osservare come si alternino costantemente nelle figure di Giacometti, in particolare in quelle femminili, aspetti contrastanti, ovvero l’effetto della forma contenitiva del ventre risulta ammortizzata dalle linee zigzagate della
2 Ibidem, p. 69.
3 Ibidem.
Figura 11
Donna distesa
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parte superiore del corpo, conferendo all’intera figura un’atmosfera di forte tensione. Occorre ricordare che la conflittualità tra i sessi era anche un tema vivamente sentito dalla cerchia dei surrealisti capeggiati da Breton con i quali, in quegli anni, Giacometti intratteneva un’intensa dialettica. Dunque, tutto ciò è invero da cogliersi come riferimento a tensioni interne alla persona dell’artista Giacometti, ma anche come manifestazione di un’espressione ancora corale.
Buona espressione del conflitto e della percezione negativa delle donne proviene anche dalla scultura in gesso del 1929 dal titolo Donna distesa (Fig. 11). Da quest’ultimo è già possibile ricavare l’idea di immobilità e inerzia che emerge nella caratterizzazione della figura femminile in Giacometti. Occorre dire che in quest’opera il conflitto non emerge in maniera esplicita come in altre, tuttavia, soggiace e non scompare completamente. Infatti, la posizione supina, il modellato morbido dei fianchi e l’alternanza tra forme concave e concesse sembrano alludere a un atteggiamento invero recettivo da parte della donna ma, ciò non di meno, passivo. Per comprendere al meglio il motivo per cui, da ognuna delle opere sinora analizzate, trapela un senso di tensione e ambiguità occorre ricordare che esse costituiscono il repertorio delle creazioni surrealiste di Giacometti, che avevano proprio come scopo primario l’attribuzione di significati simbolici a forme organiche e la riduzione all’osso delle forme e che, con oscillazione costante tra concavo e convesso, erano consce di insinuare una sensazione di ambigua tensione. Ciò che si rivelò illustrativo di siffatte opere simboliche fu il primo racconto autobiografico di Giacometti, che permise di leggerle in una luce maggiormente personale. In tale testo, Ieri, sabbie mobili, del 1933, ricordato da Del Puppo
4, Giacometti rivelava
4 Ibidem, p. 70.
Figura 12 Donna distesa che sogna
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tensioni psicologiche interiori derivate dal rapporto conflittuale e ambivalente con il sesso opposto, nonché fantasie sadiche e distruttive, mettendoci in condizione di ben interpretare i simboli ricorrenti nelle opere del suo periodo surrealista.
Allo stesso modo, Donna distesa che sogna (Fig. 12), bronzo dipinto nello stesso anno di Donna distesa, sembra alludere nel titolo all’idea di immobilità. Tuttavia, inerzia (posizione: ambito esteriore) si interfaccia con movimento (attività onirica: ambito interiore), dando origine al motivo ricorrente delle opere di Giacometti nelle quali riscontriamo una coesistenza di elementi in contrapposizione che contribuisce a incrementare la sensazione di forte ambiguità. Il nastro ondeggiante al di sopra del basamento, evocativo della figura femminile, nella sinuosa alternanza di concavità e convessità, sembra nuovamente alludere al tema dell’accoglienza del corpo femminile. Nondimeno, un secondo piano ondeggiante che scorre al di sopra del primo offre un’identità soltanto apparente, infatti, a una più attenta osservazione, è percepibile la non completa sovrapponibilità tra i due piani e tutto ciò tende a suggerire un’idea di allontanamento tra le due superfici. Viene in tal modo a delinearsi un continuo e costante frapporsi di attrazione e repulsione:
La scultura inizia a divenire per Giacometti un dispositivo in grado di convertire lo sguardo in un sistema di tensioni emotive5.
Potremmo osservare, inoltre, come il movimento che permea l’intera opera non attenga tanto al corpo della donna quanto alla sua mente: si tratta dunque di una connotazione di libertà di movimento incondizionato concessa alla donna soltanto nella misura in cui il movimento avviene nella
5 A. DEL PUPPO, Alberto Giacometti, cit., p.72.
Figura 13 Sfera sospesa
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sfera recondita del sogno, laddove ogni elementi si caratterizza per i connotati difformi e conformi al tempo stesso, laddove l’oscillazione tra ciò che esiste e ciò che non esiste è costante. Ci muoviamo, anche nel caso di quest’opera, sul piano dell’ambivalenza, nella percezione sempre più connotata al negativo maturata da Giacometti verso le donne.
Altra opera veramente emblematica e, al tempo stesso, assai interessante nel panorama delle opere scultoree di Giacometti è Sfera sospesa (Fig. 13) del 1930. A nostro parere, le molteplici letture interpretative evocate dalla stessa struttura a gabbia dell’opera danno prova dell’estrema abilità dell’artista nella creazione di dispositivi geniali, alla cui rappresentazione ben si adatta la nota affermazione shakespeariana descrittiva dell’ambigua personalità di Jago «che non è quello che è». Più nello specifico, la mezzaluna appoggiata su un piano in gesso all’interno della struttura metallica della gabbia è sovrastata da una sfera, potenzialmente oscillante, che pende dall’alto. Lateralmente è osservabile come la sfera presenti una profonda fenditura che andrebbe ben a combaciare con la struttura sottostante della mezzaluna. Tuttavia, proprio in nome dell’intera costruzione dell’opera, l’incontro tra le due forme si attiva soltanto sul piano potenziale, in quanto il movimento reale si otterrebbe solo facendo leva sulla corda dalla quale pende la sfera. Dunque, anche in questo caso, realtà e irrealtà si frappongono: il mondo esterno nel quale si realizzerebbe il movimento e il mondo interno dominato dall’inerzia enigmatica. «È quindi l’intera scultura a rimanere letteralmente sospesa in un’atmosfera enigmatica e inquietante»
6. Siffatta opera, più di altre, reca il marchio dei sentimenti di attrazione e repulsione, vivi al tempo stesso nell’animo di Giacometti, in quanto il movimento, reale o presunto,
6 Ibidem, p. 76.
Figura 14 Gabbia
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suggerito dalla struttura, spinge l’osservatore a cogliere l’idea del desiderio sessuale, contenuto nelle forme allusive della sfera e della mezzaluna, rimasto inappagato, nell’immobilità interna della sfera. Osserviamo, inoltre, che la percezione della sfera sessuale da parte di Giacometti subisce una distorsione di visione che non gli permette di rendere distinguibili univocamente, sul piano visivo, l’elemento femminile dall’elemento maschile. In maniera più evidente che altrove, in quest’opera si palesa l’intricata confusione e commistione tra maschile e femminile. Infatti, se da un lato la fenditura della sfera contiene in sé riferimenti alla sessualità femminile, dall’altro la stessa forma concava della mezzaluna sembra alludere alla recettività accogliente caratterizzante il corpo femminile.
Dunque, in questa oscillazione, all’interno di uno stesso elemento, di maschile e femminile è evocata l’intenzionalità dell’artista che, affidandosi alla reversibilità delle forme simboliche, giunge a dar voce in maniera sempre più urlata al conflitto tra i sessi. Infine, sul piano della ricezione del messaggio, la sfera, per così dire archetipo di pulsioni erotiche, sembra in grado di innescare, attraverso il movimento suggerito e potenziale, tensione sia fisica sia inconscia nell’osservatore. Non a caso, come ricorda Alessandro Del Puppo
7, Salvador Dalí ravvisò nella Sfera sospesa di Giacometti l’oggetto «mobile e muto» che precedette gli «oggetti a funzionamento simbolico» dei surrealisti.
Proseguendo, all’interno della struttura lignea di Gabbia (Fig. 14) del 1930-1931 si dispiega nuovamente, nella disposizione di forme allusivamente erotiche, la stessa conflittualità tra i sessi che accomuna le opere di quel periodo. È importante ricordare che gli anni in cui Giacometti elaborò quest’opera lo vedono ancora fortemente legato alla cerchia dei
7 Cfr. ibidem, p. 79.
Figura 15 Uomo, donna e bambino
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surrealisti, per cui l’accidentale incontro delle forme fluttuanti all’interno della gabbia suggerisce un senso di forte sensualità percepita, tuttavia, per lo più sul piano dell’aggressione, alla quale alludono esplicitamente i denti aguzzi della forchetta.
Similmente a Uomo e Donna del 1928-1929, Uomo, donna e bambino
(Fig. 15) del 1931 sembra offrire un incontro diretto tra uomo e donna,
anche se, come vedremo, rimane inesplicato. Inoltre, quello che a un occhio
ignaro delle tematiche ricorrenti in Alberto Giacometti potrebbe sembrare
un sereno dispiegamento di scena di vita familiare è, in realtà, l’allusione
puramente potenziale al tema dell’allegra famiglia. L’elemento che
maggiormente turba l’atmosfera di un sereno quadretto familiare è quello
maschile, che si distingue per i tratti fortemente aggressivi. L’uomo è
connotato da un triangolo dagli angoli aguzzi che alludono alla possibilità
di ferire, inoltre, pur essendo fissato alla base, sembra suggerire l’idea
dell’ampio movimento data dall’incisione del cerchio all’interno del quale è
collocata la figura. A suggerire lo squilibrio con gli altri due elementi è
proprio la maggiore sfera d’azione della figura maschile sia rispetto al
bambino, il quale è raffigurato tramite un piccolo globulo che scorre lungo
un ristretto binario rettilineo, sia rispetto alla figura femminile, la quale è
costretta anch’essa in uno spazio ristretto, questa volta semicircolare,
rievocando in tal modo la predisposizione ad accogliere. Ancora una volta,
dunque, vediamo il movimento associato per lo più all’uomo che si muove
sempre all’attivo, di contro alla passività femminile che semplicemente
accoglie. Occorre dire, tuttavia, che la presenza del bambino in quest’opera
contribuisce a mettere in luce un’accezione aggiuntiva rispetto alla
concezione della donna. Se da un lato, similmente ad altre opere, la donna
accoglie passivamente attraverso l’apertura delle braccia sia l’uomo sia il
Figura 16 Donna sgozzata
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bambino in maniera del tutto potenziale, in quanto con nessuno dei due giunge a un completo contatto, dall’altro sembra farsi soggetto attivo sulle sorti del destino di entrambe le altre figure. La stessa posizione centrale della donna, pur collocata in posizione costrittiva, suggerisce una presa di posizione, autorevole, come vedremo, però soltanto verso il bambino.
Infatti, nel gesto non concretamente espletato dell’abbraccio, che accoglie ma non fino in fondo, esiste l’impedimento alla crescita del bambino.
Quindi, come osserva Del Puppo
8, è chiaro il passaggio da protezione a imposizione. L’azione nei riguardi dell’uomo, tuttavia, appare limitata in quanto sembra ricondursi nella sfera passiva dell’accoglienza. Infine, a descrivere questo scenario di rapporti di forza in cui chi meno si muove maggiormente soccombe (bambino e donna), riportiamo la seguente citazione:
[…], Giacometti è in grado di traslare le fantasie oniriche e le ossessioni edipiche in sculture mobili, dove il rapporto conflittuale tra amore e morte, generazione e distruzione, identità e destino, assume le forme aperte del gioco9.
Donna sgozzata (Fig. 16), opera alquanto eloquente già a partire dal
titolo, del 1932 raffigura ancora il rapporto conflittuale e il sentimento di orrore che scaturisce in Giacometti al cospetto della donna. La negatività della donna in questo caso risulta immediatamente percepibile nell’associazione con un insetto o un crostaceo, la cui presenza risulta accresciuta dallo stesso materiale bronzeo. La sensazione di angoscia viene
8 Ibidem, p. 86.
9A. DEL PUPPO, Alberto Giacometti, cit.
Figura 17 Palazzo alle quattro del mattino
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suggerita dalla smembratura del corpo, dagli acumi che si alternano alle concavità, nonché e principalmente dal «lungo collo con la ferita aperta e la testa minuscola, tesa all’indietro in un grido di dolore»
10. Dunque, quest’opera, proprio per il suo diretto impatto sull’osservatore, rappresenta a nostro parere il giusto suggello della fase conclusiva della nostra panoramica sulla conflittualità verso la donna. Essa, infatti, mettendo a nudo la mescolanza tra umano e animale e tra Eros e Thanatos
11, si configura come il culmine della misoginia sadica di Giacometti, che abbiamo pian piano visto prender forma con il graduale passaggio dalla pura rappresentazione naturalistica della madre, attraverso forme stilizzate, sino a siffatta raffigurazione di morte. Come ricorda Alessandro Del Puppo nella sua monografia
12, la molla scatenante le fantasie sadiche e misogine è da ritrovarsi in un episodio di malattia che segnò la vita di Giacometti dai suoi diciassette anni, quando divenne sterile a causa di una parotite trascurata. L’episodio che implicava l’impossibilità di procreare spinse Giacometti a concepire i rapporti in maniera spesso conflittuale, in un misto di appagamento e insoddisfazione.
Un’altra sfaccettatura del difficile rapporto di Giacometti con le donne pertiene al problema della paternità, che risulta d’altronde fortemente correlato alla sfera sessuale. Nell’affascinate opera del 1932, Palazzo alle quattro del mattino (Fig. 17), trova raffigurazione siffatta tematica. L’opera
resterebbe alquanto emblematica se non fosse Giacometti stesso, nelle parole di Del Puppo
13, a offrire la chiave per decifrare l’opera. L’artista identificava nella donna sul lato sinistro, collocata di fronte a tre pannelli, la
10 Ibidem, p. 90.
11 Cfr. ibidem.
12 Ibidem, passim.
13 Ibidem, p. 95.
Figura 18 Carezza
XXVII
figura della madre nel lungo abito nero, vivo nella sua mente nei ricordi dell’infanzia. La figura organica e fallica rialzata al centro allude allo stesso Giacometti e la spina dorsale, all’interno di una gabbia sul lato destro, riecheggia la figura di Denise Bellon, donna con la quale Alberto Giacometti aveva condiviso intense emozioni, rievocate dal volo spiccato dell’uccello collocato al di sopra della colonna vertebrale. Possiamo osservare come, a dispetto di un dispiegamento di allusioni cifrate, la madre, parimenti al ritratto del 1921, continui a essere l’unica figura naturalizzata e caratterizzata per la forte presenza impositiva. Pare essere l’unica forma stabile all’interno dell’intera struttura e, similmente alla figura di donna in Uomo, donna e bambino dell’anno precedente, sovrintende al presente, nonché al passato del figlio come figura forte e
«severa custode e garante dei sentimenti familiari»
14.
Una seconda opera in cui trova dispiegamento il problema della paternità in Giacometti è Carezza (Fig. 18) dello stesso 1932. Quest’opera rappresenta un’eccezione rispetto allo scenario di violenza delle precedenti creazioni: la forma rotondeggiante della scultura richiama alla mente il ventre materno gestante e la sagoma incisa sulla superficie echeggia la forma di una mano che accarezza, a delineare il forte desiderio di paternità insito in Giacometti. Quest’opera sembra, come ricorda Del Puppo
15, far presagire un cambiamento stilistico caratterizzante le opere mature di Giacometti: maggiormente monumentali e ieratiche, quasi sacre.
Infine, Donna che cammina (Fig. 9), elaborata tra il 1932 e il 1934, risulta tanto più interessante, in quanto si configura come immagine dalla lettura apparentemente chiara. Per quanto contenga in sé i segni della succitata ieraticità e della naturalezza aliene allo spirito surrealista,
14 A. DEL PUPPO, Alberto Giacometti, cit., p.95.
15 Cfr. ibidem, p. 96.
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