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Il bilancio d’esercizio

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Academic year: 2021

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CAPITOLO UNO: L’IDENTIFICAZIONE DELLE RISORSE IMMATERIALI AL FINE DELLA RAPPRESENTAZIONE CONTABILE DEGLI INTANGIBLE ASSETS NEL BILANCIO D’ESERCIZIO.

1.1 NOTE INTRODUTTIVE.

Le risorse immateriali rappresentano variabili critiche, sia dal punto di vista economico, per il forte potenziale strategico e la capacità d’influire sul processo di creazione di valore; sia sul piano contabile.

Infatti, queste importanti variabili, che partecipano e trasferiscono utilità alla combinazione produttiva e spesso perdurano all’interno del sistema azienda per più periodi, hanno difficoltà in sede di rappresentazione nei documenti contabili, come il bilancio d’esercizio.

Il bilancio d’esercizio

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, è un documento contabile fondamentale, che sintetizza la struttura quali-quantitativa del capitale di funzionamento di un’impresa al termine di un esercizio e l’entità e la composizione del risultato economico di

22 Secondo la normativa civilistica, introdotta dal D.lgs. n°127/91 di recepimento delle direttive comunitarie (la IV Direttiva 78/660/CEE e la VII Direttiva 83/349/CEE), il bilancio d’esercizio deve essere composto da due documenti di natura contabile, lo Stato Patrimoniale e il Conto Economico, e da un documento a contenuto narrativo-illustrativo, la Nota Integrativa; ed inoltre deve essere corredato dalla Relazione sulla Gestione.

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periodo

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, cercando di fornire una rappresentazione veritiera, chiara e corretta

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della situazione aziendale.

Esso è un atto “comunicazionale”, che svolge un’importante funzione sia come mezzo d’informazione interno e privato, che aiuta il soggetto economico

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e gli organi decisionali interni nel processo informazione-decisione-controllo; sia come strumento di pubblicità esterna,

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che informa sul profilo patrimoniale,

23 Cfr. PARIS, I beni immateriali nel bilancio d’esercizio, 1996, pag 3. Inoltre, MATACENA in Introduzione allo studio del bilancio d’esercizio, 1979, pag.27, specifica che lo Stato Patrimoniale “è chiamato a dimostrare la composizione quali-quantitativa del capitale o patrimonio di bilancio attraverso l’esposizione dei suoi elementi componenti (attività e passività) ”, mentre il Conto Economico “esprime il processo di formazione e l’entità del risultato economico d’esercizio”.

24 Il legislatore civile nell’art.2423 c.c. (comma 2) sottolinea che“il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto”; cosi ricorda i due importanti Postulati di Bilancio (che rappresentano i concetti base, gerarchicamente sovraordinati ai Principi e alle norme di redazione): il postulato della chiarezza e il postulato della rappresentazione veritiera e corretta (del quadro fedele), che traduce l’espressione comunitaria

“true and fair view”. POZZA in Le risorse immateriali,1999, sottolinea come i principi e le regole che guidano la redazione del bilancio “non rivestono mai un ruolo autonomo e assoluto di formazione del bilancio, ma piuttosto una funzione strumentale e subordinata al raggiungimento della rappresentazione veritiera e corretta della situazione aziendale”. In merito al significato di quadro fedele secondo lo spirito della direttiva e nella prospettiva di attuazione della medesima nell’impianto normativo italiano vedi: PROVASOLI, Il “Quadro fedele” ai sensi della legge 72/1983 e le valutazioni di bilancio, Rivista dei Dottori Commercialisti, 1984, n.5., pag.810-811.

25 Il soggetto economico, da AIROLDI definito “assetto istituzionale”, è formato dall’insieme dei soggetti (persone e aziende) che contribuiscono, in modo critico, al funzionamento e alla gestione dell’impresa, e che sono portatori di interessi istituzionali economici. Vedi AIROLDI, BRUNETTI, CODA., Lezioni di economia aziendale, Il Mulino, 1989.

26Secondo FELLEGARA in I valori delle immobilizzazioni immateriali nelle sintesi d’esercizio, 1995, pag 51 e ss., “(Il bilancio d’esercizio) può configurarsi differentemente a seconda delle finalità ultime per cui viene determinato: per soddisfare le esigenze di informazione del soggetto economico, ovvero per rispondere agli obblighi posti dal legislatore”, e sottolinea che

“Il capitale di bilancio o di funzionamento, viene determinato … con regole e tecniche che sono proprie dell’economia d’azienda, quando il bilancio, cosiddetto interno, è destinato a soddisfare le esigenze conoscitive del soggetto economico, mentre appaiono influenzate dalle norme giuridiche esistenti, qualora il bilancio sia destinato a terzi (bilancio pubblico).”

L’Autrice ricorda che in un primo periodo l’attenzione degli Autori era indirizzata all’indagine del bilancio interno, come tema centrale nel quadro della definizione della teoria dell’Economia d’Azienda; in tal senso operò ZAPPA(1950) , con una rilevante portata innovatrice, seguito da numerosi Autori (molti, allievi della scuola zappiana), tra cui ONIDA (1951), MAZZA (1962), AMADUZZI(1963), AMODEO (1964), DE DOMINICIS (1968). E solo in un secondo momento l’interesse degli studio si estende anche al bilancio destinato a pubblicazione, che, a pieno

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economico e reddituale, i vari stake-holders, i quali hanno interesse a conoscere i bilanci dell’azienda (fisco, banche, obbligazionisti, consumatori..)

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.

La funzione rappresentativa del bilancio d’esercizio spesso è frenata da limiti legati, oltre che alla difficoltà di rilevare, misurare e sintetizzare i complessi e numerosi valori del sistema azienda, anche alla necessità di seguire dei principi e criteri universali nella redazione del bilancio, che poco si adattano ad una specifica realtà aziendale, con una propria peculiare combinazione patrimoniale, produttiva e finanziaria, ma che permettono la comparabilità dei bilanci tra diverse aziende.

Particolarmente critico risulta il trattamento contabile delle condizioni di produzione prive di consistenza fisica, le quali sono caratterizzate da una maggiore indeterminatezza ed incertezza rispetto alle risorse materiali.

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Oggi è fortemente avvertita la tesi dell’inadeguatezza delle metodologie contabili nell’uso corrente, tanto a livello accademico, quanto a livello professionale ed aziendale, specie con riferimento agli aspetti della stima dell’utilità pluriennale degli assets intangibili e della loro valorizzazione

titolo,entra nella teorica delle determinazioni di sintesi del sistema dei valori d’azienda. Tanti sono i contributi che trattano sull’elaborazione di principi di ragioneria per la redazione del bilancio pubblico, tra cui: PROVASOLI (1974), CAPALDO (1975), COSSAR (1979), TERZANI (1982), AMADUZZI (1981), MATACENA (1984), SUPERTI FURGA (1987), DE SARNO (1992), ANDREI-AZZALI-BISASCHI-FELLEGARA-PEZZANI (1993). (I riferimenti alle opere sono indicati in bibliografia).

27 Per approfondimenti sulla funzione informativa del bilancio d’esercizio e sull’analisi di domanda d’informazione e dei soggetti interessati (dirigenti, soci, dipendenti, concorrenti ecc..) DI STEFANO, Il sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna, 1990. Sull’argomento anche CAPALDO, Bilancio d’esercizio e informazione esterna, in “Studi in onore di Pietro Onida”, 1981, CASSANDRO, Sulla capacità informativa del bilancio annuale delle società, in, 1978 Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, LIPARI, Funzioni informative esterne del bilancio d’esercizio, 1981.

28 Vedere introduzione e paragrafo 3.1. In merito alle principali caratteristiche che differenziano gli intagible assets dai tangible assets: BROCKINGTON ,Accounting for intangible assets: a new prospective on the true and fair view, 1996, pag.13-14; POZZA,Le risorse immateriali. Profili di rilievo nelle determinazioni quantitative d’azienda, 1999, pag107 e ss.

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nell’ipotesi di generazione interna (dove manca il momento dello scambio con terze economie).

Infatti, nonostante le risorse intangibili abbiano un ruolo determinante nell’economia dell’impresa, si assiste ad un paradosso: da una parte si ha la volontà di comunicare, attraverso il bilancio sociale, ai diversi interlocutori aziendali un’informativa economica completa e che come un quadro fedele rappresenti la realtà dell’impresa, come dettano la IV Direttiva CEE e le sue leggi di attuazione;

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dall’altra parte si ha l’impossibilità di rappresentare in modo compiuto delle determinanti risorse, quali appunto sono gli intangibili, nel capitale di funzionamento, a causa dei condizionamenti e dei vincoli posti dai principi alla base del modello contabile

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.

I rilevanti limiti che il modello contabile ha, rispetto ad una compiuta rappresentazione delle risorse immateriali, si manifestano nella presenza di quelle risorse, dette “invisible assets” (esse risultano “invisibili” rispetto al bilancio), le quali, nonostante contribuiscano a determinare una quota del valore

29 L’importanza della completezza dell’informativa economica aziendale è al centro delle istanze di armonizzazione contabile portate avanti dagli organismi internazionali.

30 In particolare il principio della prudenza enunciato al punto 1) dell’art 2423bis c.c.. Esso si estrinseca attraverso quanto dettato nei punti 2) e 4) del medesimo articolo, dove il legislatore prescrive l’obbligo di tenere conto dei rischi e delle perdite di competenza anche se solo presunti, e prevede l’iscrizione dei ricavi e utili solo se realizzati. Tale principio dispone un trattamento contabile asimmetrico dei componenti, a seconda che siano positivi o negativi, diretta conseguenza di ciò è che il bilancio non presenta né anticipazioni di utili, né posticipazioni di perdite.

POZZA,1999, op. cit., pag.74; BROGLIA, in Il bilancio d’esercizio destinato alla pubblicazione, 1990, pag.126 ss., ricorda che il contenuto del principio della prudenza sottintende, oltre a quanto citato sopra, altre implicazioni, che si possono scorgere nella relazione allo schema di legge, ma che la Commissione D’Alessandro non ha ritenuto necessario evidenziare, perché considerate ovvie od implicite, in altre regole esplicitamente esposte. Infatti il principio di prudenza si riflette anche nel processo valutativo delle componenti attive e passive, che FERRERO, in I complementari principi della “chiarezza”, della “verità”

e della “correttezza”nella redazione del bilancio d’esercizio, 1991, chiama “prudenza estimativa”.

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dell’impresa, vengono escluse dalla rappresentazione del capitale di funzionamento nei prospetti di bilancio

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.

Ciò avviene per quelle condizioni produttive immateriali che contribuiscono all’economicità dell’impresa, senza tuttavia che il “quantum” ad esse attribuibile, in termini di apporto al raggiungimento del risultato, possa oggettivamente

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o ragionevolmente

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essere determinato.

31 SICA in Beni immateriali e costi capitalizzati nell’economia e nei bilanci delle aziende, 1983, pag.38 e ss, distingue tra “beni” immateriali palesi e latenti, a seconda che abbiano o meno evidenziazione nel bilancio d’esercizio. LIBERATORE in Le risorse immateriali nella comunicazione economica integrata, 1996, pag 45, scrive: “ si possono dunque ravvisare delle risorse accumunate dalla possibilità di esplicitazione in bilancio (visibili), e per contro, risorse non figuranti nel capitale di bilancio che rimangono a tutti gli effetti invisibili all’esterno.”

L’autore ricorda tra le motivazioni di questa esclusione, l’utilità futura opinabile e l’impossibilità di rintracciare gli specifici flussi d’investimento( egli nomina anche altre argomentazioni, su cui si contano pareri contrari e critiche: la mancanza di concretezza e la non separabilità).

La distinzione tra risorse immateriali visibili ed invisibili nelle sintesi di esercizio è stata variamente sottolineata dalla letteratura. Al riguardo si vedano: BARRET, Why not, why and how to value intangible marketing assets in European Journal of marketing,1986, pag.32 ss;

CATTURI, Lezioni di economia aziendale, Volume I, L’azienda e l’ambiente in cui vive ed opera, 1984, pag.337-33; CINQUINI, La dimensione “tempo” e il sistema dei valori aziendali, 1994, pag. 235 ss; INVERNIZZI, MOLTENI, Analisi di bilancio e diagnosi strategica, 1990, pag.198 ss.

32 Spesso per motivi legati alla natura aleatoria degli intangibili vi è difficoltà nel determinare in modo attendibile il loro valore. Come vedremo più avanti uno dei requisiti che legittima l’iscrizione in bilancio di un valore immateriale risiede nell’attendibile valutabilità autonoma del bene stesso; requisito che viene disatteso qualora non si disponga di un riferimento certo, o meglio, di un elemento attendibile di valutazione quale appunto può essere il prezzo pagato per l’acquisto o il costo di produzione sostenuto dall’azienda (è quanto dispone il legislatore civile nell’art.2426cc., comma 1).

La dottrina contabile, nel documento 24 dell’Organismo Italiano di Contabilità (organismo nato nel 2001, che ha sostituito la commissione congiunta del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri) precisa che, “le immobilizzazioni immateriali sono iscritte nell’attivo patrimoniale, solo se si riferiscono a costi effettivamente sostenuti,..che possono essere distintamente identificati ed attendibilmente quantificati” e puntualizza che “non è consentita la capitalizzazione di beni immateriali acquisisti a titolo gratuito”.

33 Alcune risorse intangibili vengono generate inconsapevolmente, con l’espletarsi delle attività direttamente indirizzate alla produzione del risultato, e non delle attività dirette all’acquisizione e produzione di risorse immateriali (approfondiremo successivamente nel paragrafo 1.2.1), per cui vi è difficoltà a identificare le relazioni di causa-effetto tra risorsa generata e il sorgere di costi derivanti da operazioni specifiche svolte nel passato. E in ambito di redazione del bilancio, molti costi sorti, non possono essere capitalizzati in bilancio, ma spesati in Conto Economico,

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Tali risorse non concorrono a formare il capitale di bilancio (o di funzionamento) con un aumento del patrimonio immateriale, poiché gli investimenti che le generano sono rappresentati in bilancio come componenti di costo spesati in Conto Economico; ma contribuiscono ad incrementare l’avviamento originario, che ha rilevanza determinante nella determinazione del valore economico dell’azienda, quindi incide nell’ambito del capitale economico

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.

L’avviamento può essere definito come una grandezza residuale espressiva di valori aziendali non suscettibili di autonoma rilevabilità, non identificabili o quantificabili, quali ad esempio le sinergie prodotte dalla combinazione e dall’organizzazione delle risorse aziendali materiali e immateriali.

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L’avviamento progressivamente generato dall’impresa rimane inespresso sul piano contabile, concorrendo solo ad incidere sul capitale economico, salvo che non si verifichino operazioni straordinarie, quali conferimenti, scissioni e

proprio perché difficilmente riconducibile ad una determinata risorsa intangibile o perché nel momento non è ancora preventivabile la connessione tra risorsa e benefici futuri. Cfr. POZZA, Le risorse immateriali, 1999, pag.97 ss. Inoltre, il costo sostenuto e/o il contributo al risultato della risorsa immateriale devono essere di una certa rilevanza, che giustifichi il tentativo oneroso, in termini di risorse e tempo, di individuarla e valutarla. Cfr. FELLEGARA, I valori delle immobilizzazioni immateriali nelle sintesi di esercizio, 1995.

34 L’avviamento originario è concetto strettamente connesso al concetto e alla determinazione del capitale economico, inteso come grandezza che esprime il valore dei mezzi coordinati costituenti un’impresa in funzionamento, e non di un insieme di beni autonomi e singolarmente identificati.

Compiuta è la definizione di capitale economico, data da FERRERO in La valutazione economica del capitale d’impresa, 1966, pag.1-2, il quale lo definisce una grandezza che esprime “il modo d’intendere il capitale d’impresa in funzionamento come valore formatosi in connessione al congiunto divenire della gestione e del patrimonio nella dinamica economica … In questi termini il capitale d’impresa non rappresenta un aggregato di valori autonomi, variamente accostabili o dissociabili, ma si appalesa, invece, come un complesso economico determinato in funzione, non soltanto dei suoi elementi costitutivi, ma anche delle relazioni che rendono complementari codesti elementi in aderenza alla funzione strumentale esplicata - più o meno utilmente o addirittura negativamente - dalla dinamica coordinazione d’impresa, della quale è parte integrante.” Quanto detto aiuta a comprendere la divaricazione tra le due nozioni di capitale: capitale economico e capitale di funzionamento ( o di bilancio).

35 Cfr,RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, 1992, pag.26.

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fusioni, che portano all’espletazione del valore tra le immobilizzazioni immateriali, alla voce avviamento.

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In tal caso “le risorse invisibili si traducono in risorse visibili sul piano contabile”

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, e ciò può avvenire solo in presenza di operazioni di carattere straordinario.

Infatti, nel porre in essere le azioni di alienazioni, fusione, scissione è necessaria una stima del valore economico del capitale aziendale e quindi anche una quantificazione del valore dell’avviamento originario

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, al fine di giungere ad una determinazione di valore di scambio dell’azienda. Dalla differenza tra il valore dell’azienda, che si evince dal bilancio, e il corrispettivo pagato (non a titolo gratuito, ma non necessariamente in denaro.)

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per porre in essere le

36Approfondiremo l’argomento più avanti sia nella trattazione dell’avviamento, sia nella disciplina delle business combinations. Cfr. POZZA, Risorse immateriali e bilancio d’esercizio:

criteri di rilevazione e categorie logiche,Rivista Italiana di Ragioneria ed Economia Aziendale, n.1 e 2, 2000, pag.75.

37 Cfr. POZZA, Le risorse immateriali. Profili di rilievo nelle determinazioni quantitative d’azienda,1999, pag.101.

38Cfr. GUATRI, Il differenziale fantasma: i beni immateriali nella determinazione del reddito, in Finanza, Marketing e Produzione, 1989, pag.55. L’Autore fa rientrare nell’avviamento “sia le condizioni ed i fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito, e pur formandosi in modo oneroso e con utilità almeno parzialmente differita, non hanno però un valore autonomo; sia i maggiori valori che talvolta (i beni materiali e non) nel loro insieme acquisiscono in quanto composti in un sistema capace di produrre adeguati redditi.

BRUGGER in La valutazione dei beni legati al marketing e alla tecnologia, in Finanza, marketing e Produzione, n.1, 1989, definisce l’avviamento come “il maggior pregio che l’insieme dei beni materiali e immateriali presenta rispetto alla mera somma algebrica dei valori dei singoli componenti, per effetto delle particolari capacità di organizzazione e gestione dell’intero complesso aziendale”. E possiamo integrare tali definizioni con ciò che detta l’IFRS 3, che definisce l’avviamento come i benefici futuri che derivano da un’attività di cui non si è in grado di individuare separatamente ed individualmente i componenti. Ancora, in proposito DAMODARAN in Corporate Finance, 1997,pag.71: “Although accounting principles suggest that goodwill captures the value of any intangebles that aer not specifically identifiable, it is really a reflection of the differents between the book value of assets and their market value”

39 L’art 2426 comma 6, introdotto con il D.lgs. n°127/91, afferma che è iscrivibile l’avviamento

“se acquistato a titolo oneroso”, e sostituisce il previgente art.2427, che prevedeva l’attivizzazione solo in corrispondenza di un prezzo pagato. La nuova norma ha permesso di chiudere un dibattito a cui la dottrina contabile aveva in tal senso trovato soluzione. Oggi è pacificamente iscrivibile l’avviamento sia se acquisito dietro il pagamento in denaro, sia se acquisito tramite operazioni di permuta, fusione o conferimento.

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operazioni straordinarie, che deriva dal valore economico dell’impresa, si ottiene il valore attendibile dell’avviamento.

Solo dopo operazioni di questo tipo è possibile far affiorare l’avviamento, che finalmente possiede una valutazione attendibile data dal mercato, in bilancio.

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Esiste poi un secondo motivo di limitatezza del capitale di bilancio, attinente questa volta alle risorse immateriali iscritte in bilancio.

Il valore delle immobilizzazioni dovrebbe essere pari al valore di utilità residua.

In realtà, nella maggior parte dei casi il periodo d’ammortamento termina quando il bene conserva ancora parte del suo valore

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, infatti, sia il legislatore civile sia la pratica contabile, di fronte all’instabilità di valore che caratterizza, in particolare, le immobilizzazioni immateriali non trasferibili, prevedono tempi di ammortamento brevi.

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Dopo questa breve anticipazione, è bene iniziare a definire le modalità e i limiti in base ai quali le risorse immateriali possono o non possono essere iscritte in bilancio, e nel caso in quale voce.

Ricordiamo che le risorse intangibili possono affiorare in bilancio, secondo l’ottica del sistema dei valori e nell’ambito del sistema bilancistico italiano, come i costi sorti, sostenuti per acquisirle o realizzarle internamente, che possono essere capitalizzati in Stato Patrimoniale in aumento di una delle voci appartenenti alle immobilizzazioni immateriali, quando la loro utilità non si esaurisce nell’esercizio, ma è ragionevole pensare possa produrre benefici anche negli esercizi futuri, e soddisfano i requisiti per l’iscrivibilità; ovvero tali costi

40 Sia il legislatore civile, sia la dottrina contabile, rispettivamente nell’art. 2426 comma 6 e nel documento 24 dell’OIC, dispongono che l’avviamento sia iscrivibile solo se acquistato a titolo oneroso, escludendo la contabilizzazione in caso di acquisizione a titolo gratuito.

41 Cfr. LIBERATORE, op.cit., 1996.

42 L’art 2426 comma 5 e comma 6 sottolinea che i costi pluriennali e l’avviamento possono essere ammortizzati sistematicamente per un periodo non superiore ai 5 anni, con la possibilità per il solo avviamento di allungare i tempi di ammortamento, previa adeguata motivazione in Nota Integrativa.

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possono essere spesati in Conto Economico, come componenti negative d’esercizio, quando la loro utilità si esaurisce nel periodo, oppure quando non soddisfano i criteri per l’iscrizione in Stato Patrimoniale.

1.2. CRITERI PER L’IDENTIFICAZIONE E L’ISCRIZIONE DELLE RISORSE IMMATERIALI

Le risorse immateriali costituiscono condizioni di produzione la cui partecipazione allo svolgimento della combinazione economica riguarda archi temporali che generalmente trascendono il singolo periodo amministrativo, tale considerazione sul piano contabile, le avvicina al concetto proprio di elementi del capitale di funzionamento; infatti, è proprio nell’ambito del capitale di funzionamento che sono contabilizzate le condizioni produttive durevolmente legate all’azienda, che cedono la propria utilità per periodi trascendenti il singolo esercizio.

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La dottrina aziendale si è interrogata sui confini e sulle condizioni entro le quali una condizione produttiva immateriale possa, o meno essere considerata come bene patrimoniale componente il capitale di funzionamento, quindi come attività contabile.

Antesignano è stato il contributo di Zappa, egli, nella sua opera “Il reddito d’impresa” del 1950, critica la predominante concezione di capitale del suo

43 Cfr. POZZA, Le risorse immateriali,1999, pag.85; l’autore specfica che il capitale di funzionamento, nell’ approccio contabile alla base della redazione del bilancio, è concepito come l’insieme delle attività e passività risultanti dallo svolgimento della gestione passata e finalizzate allo svolgimento della gestione futura.

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tempo

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, ed afferma che “la forma materiale durevole e l’attitudine singola allo scambio non sono necessarie per dar vita ad un componente patrimoniale”

45

. Per l’Autore, la “materialità” non rappresenta più, un requisito che le risorse devono possedere per entrare a far parte del capitale di funzionamento, e lo sostituisce con quella che considera la condizione fondamentale per l’identificazione degli elementi del capitale: il sostenimento di un costo (per l’acquisizione del bene materiale o immateriale).

Il sorgere del costo come nuovo basilare criterio promuove l’accoglimento in Stato Patrimoniale, oltre che dei beni immateriali in senso stretto, che possiedono un valore di scambio, anche dei “costi sospesi”, ovvero dei costi sorti che continuano ad originare utilità "certa" anche negli esercizi futuri, quali i costi d’impianto, e "i segreti e i metodi di fabbricazione non brevettati"

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, ma che non possono avere un valore di scambio. Per Questo motivo egli concepisce come beni immateriali anche gli oneri pluriennali, l'avviamento e le invenzioni industriali non brevettate (know how), oltre ai beni immateriali intesi in senso stretto (marchi, brevetti..).

Zappa sostiene che il patrimonio è costituito da due categorie di beni economici:

quella materiale (macchinari, mobili, altri oggetti “materiali” di proprietà, ….) e

44 Che trova espressione nel pensiero del BESTA. Tale autore ritiene ricchezze o beni economici soltanto le " cose corporee " e definisce i crediti e l'avviamento di impresa "

condizioni o mezzi per il futuro acquisto di beni "; raggruppa, poi, gli elementi attivi del patrimonio in quattro categorie:

1. beni che presentemente appartengono all'azienda 2. i capitali investiti in imprese collettive;

3. i crediti;

4. gli elementi complementari,

BESTA, La ragioneria., 1922, Vol.I, pag. 83-ss.

Come ricorda PARIS in I beni immateriali nel bilancio d’esercizio, 1996, l’impostazione tradizionale incorporava gli intangibili in modo generico nell’avviamento.

45 ZAPPA, Il reddito d’impresa, Giuffrè, 1950,pag.65

46 ZAPPA, op. cit., pag. 70-71 e pag.129-130.

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quella immateriale, costituita dai beni che“permettono di procacciarsi beni materiali”, comprensiva della clientela, e di “tutto quello che rappresenta l’avviamento e l’organizzazione dell’esercizio…”.

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Tale impostazione zappiana apre le porte ad una nuova visione del patrimonio aziendale, appoggiata e sviluppata dagli economisti aziendali successivi, che hanno approfondito la questione dei fattori produttivi strutturali, caratterizzati dall’intangibilità e rappresentati nel capitale di funzionamento nella voce

“immobilizzazioni immateriali”.

La dottrina ha provato a delineare i presupposti, coerenti con la natura del bilancio, che una risorsa immateriale deve presentare perché possa essere accolta tra le componenti del capitale di funzionamento come elemento patrimoniale facente parte del capitale di funzionamento.

I contributi in tal senso molto spesso hanno portato a delineazioni di risorse immateriale simili, ma in altre circostanze a risultati contrastanti

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e alla definizione di differenti insiemi di requisiti, nel presente testo cercheremo di ricordare le configurazioni più significative.

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La risorsa immateriale affinché possa essere iscritta nello Stato Patrimoniale deve essere assimilabile in sostanza a tutti gli altri elementi che compongono il patrimonio, deve essere una risorsa aziendale.

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47 Vedi nota 46

48 PARIS ricorda, sebbene oggi superata, l’impostazione tradizionale , secondo la quale gli intangibili devono continuare ad essere incorporati in modo generico nell’avviamento, in pieno contrasto con l’approccio che distingue tra risorse immateriali identificabili (le quali anche se prodotte in economia sono separabili dal complesso aziendale, e quindi dall’avviamento) e non identificabili, le quali sono riconducibili alla voce dell’avviamento.

49 Esempio delle differenti impostazioni, su ciò che può o non può rilevare tra le componenti patrimoniali, sono le diverse prese di posizione dei principi contabili dei differenti paesi. Un riferimento immediato si ha confrontando l’ampia accezione di immobilizzazione immateriale, che il legislatore e i Principi contabili italiani hanno accolto, in contrasto con la visione di asset intangibile, molto più restrittiva di altri principi contabili, tra cui gli IAS/IFRS e i principi americani.

50 WILSON in Accounting for marketing assets, 1986,pag.82, anticipa il modus operandi che sarà ripreso qualche anno dopo, nel 1989, dal Framework dell’International Accounting

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Un riferimento importante nella definizione del concetto di attività contabile proviene dal Framework, redatto dallo IASC nel 1989, che definisce come asset

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, le risorse controllate dall’azienda in quanto risultato di operazioni svolte nel passato e foriere di benefici economici futuri per l’azienda.

52

Sulla base dell’analisi dei diversi contributi, divulgati dalla dottrina aziendale, possiamo affermare che una risorsa immateriale è qualificabile come elemento patrimoniale quando è costituita da una condizione di produzione d’impresa non monetaria, priva di consistenza fisica

53

e che presenta i seguenti presupposti:

∙ il sostenimento di oneri riferibili in modo specifico a tale risorsa;

∙ l’attesa di probabili benefici economici futuri la cui fruizione è controllabile dall’impresa;

∙ il valore autonomamente misurabile in modo attendibile.

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Standard Commitee (IASC). WILSON, per spiegare il trattamento contabile dei market assets, procede tenendo conto delle definizioni date dalla dottrina in primo luogo di assets ed in un secondo momento di intangible assets.

51 In relazione all’iscrivibilità si distingue, in ambito contabile, tra il termine asset o attività, e il termine resource o risorsa. Gli assets rappresentano un gruppo ben ristretto rispetto all’insieme generico delle risorse; essi sono le risorse alle quali si riconosce l’attitudine a generare benefici futuri e ad essere elementi iscrivibili nello Stato Patrimoniale. Non tutte le risorse intangibili sono anche assets intangibili, mentre è vero il contrario. Si veda SICOLI in Intangible assets (a cura di FABBRINI, RICCIARDI), 2007, pag.15.

52 “An assets is a resource controlled by the enterprise as a result of past events from which future economic benefits are expected to flow to the enterprise” dal Framework for the preparation of financial statements. Approfondiremo nell quarto capitolo, dedicato ai Principi Contabili Internazionali, la definizione di risorsa-attività e di attività immateriale secondo il Framework e gli IAS.

53 Si mantengono entro i requisiti anche le condizioni di produzione, che in realtà presentano una consistenza tangibile, ma limitata al supporto, per le quali la materialità funge come componente accessoria e ausiliare alla componente produttiva immateriale, per aiutare il trasporto e la fruibilità; come nel caso del dischetto magnetico di un software, oppure come il documento cartaceo di una licenza.

54 Non tutti gli Autori riconducono i requisiti per l’iscrizione nello Stato Patrimoniale ai tre appena presentati, molti preferiscono adottare una nozione di bene immateriale più restrittiva, come vedremo più avanti.

Abbiamo cercato di creare un insieme di requisiti che possa dare una visione ampia di bene immateriale e che possa riassumere i contributi di alcuni Autori.

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I tre requisiti sono collegabili, ognuno in modo differente, ai tre diversi approcci mediante i quali il bilancio osserva, codifica e comunica la realtà aziendale: il primo requisito è connesso al concetto di bilancio come documento consuntivo, orientato verso il passato, che sintetizza in valori sintetici le operazioni di gestione; il secondo requisito, invece, è vicino all’orientamento al futuro e alla funzione prospettica che il bilancio fornisce, attraverso stime e congetture, il più possibile ragionevoli, dei valori dei cicli economici non ancora conclusi e legati alle dinamiche future della gestione

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; infine il terzo requisito è legato

Per dare un’idea dei diversificati contributi presenti nella letteratura aziendale citiamo alcuni punti di vista:

SICA in I beni immateriali e costi capitalizzati nell’economia e nei bilanci delle aziende, 1983 riconduce l’iscrivibiltà degli intangibili a sole due condizioni: il primo requisito e l’utilità durevole degli oneri.

Per BRUGGER in La valutazione dei beni immateriali legati al marketing ed alla tecnologia, 1989, pag.43, i requisiti che un fattore critico deve possedere per essere considerato un bene immateriale, sono: “essere oggetto di un rilevante flusso di investimenti”, “essere all’origine di benefici economici differenziali”, “essere trasferibile”.

Analogamente per GUATRI in Il differenziale fantasma, 1989. Pag.54 ss il bene deve essere:

“all’origine di costi a utilità differita”, “trasferibile” e “misurabile”.

LIBERATORE in Le risorse immateriali nella comunicazione economica integrata, 1996, pag.

58 ss, parla di “onerosità specifica”, “attesa di benefici futuri”, “assegnazione di un autonomo valore attendibile, e accenna all’“alienabilità”

55 Il bilancio d’esercizio deve essere considerato come un sistema di valori, condizionato dall’andamento passato della gestione aziendale e allo stesso tempo proiettato nella dinamica futura di svolgimento della gestione medesima. Tale duplice orientamento è necessario per poter rappresentare l’impresa rispettando un suo carattere essenziale, la continuità della gestione (il going concern, la continuità dell’attività è uno dei principi alla base della stesura del bilancio d’esercizio).

Nella costruzione del bilancio si deve tenere conto delle situazioni sospese e della naturale esistenza di cicli economici, a cavallo tra due periodi, non ancora conclusi alla data di redazione del bilancio, per i quali è necessario elaborare stime congetturate e proiettate al futuro. Ciò accade, ad esempio nella valutazione del contributo alla formazione del risultato dei costi pluriennali sostenuti nel passato; oppure nella determinazione delle rimanenze o dei crediti.

Sul tema del duplice orientamento al passato e al futuro del bilancio si vedano ROSSI, Il bilancio nel sistema operante della impresa, 1958, pag. 37 ss e POZZA, op. cit.,1999, pag.69 ss.

Sul tema del principio della continuità, in particolare, e degli altri principi di redazione del bilancio: D’IPPOLITO (1975), DEZZANI (1978), GALASSI (1978), MAZZA (1978), POLONELLI (1981), CASSANDRO (1982), CODA (1983), ANTHONY (1987), RINALDI (1989), MATACENA (1993), PINI (1993),LACCHINI (1994).

(14)

all’approccio e alla modalità con cui il bilancio cerca di raffigurare la realtà aziendale, cioè tramite la determinazione quantitativa degli elementi economici aziendali in fondi di valore riferiti ad un determinato istante, che dovrebbe essere il momento di chiusura al 31/12.

La compresenza dei caratteri sopra indicati determina la rilevanza contabile delle risorse immateriali, le quali, vista la loro utilità che trascende il singolo esercizio, possono essere contabilizzate nel bilancio come immobilizzazioni immateriali.

I tre caratteri appena individuati, come vedremo nella loro descrizione, sono tra loro strettamente correlati, in particolare, il primo permette la rilevazione contabile; il secondo, l’utilità pluriennale, permette il riconoscimento del costo come attività di bilancio, ed è il presupposto per la verifica del terzo requisito;

infine, la misurabilità rappresenta la fase di valutazione della condizione produttiva, ovvero la fase di misurazione economica del valore della risorsa intangibile, la quale avviene solo se, preventivamente, si è accertata la sua valenza patrimoniale.

56

Riassumendo i primi due requisiti permettono l’identificazione di una risorsa, mentre l’ultimo, verificata l’identificabilità, ne permette la rappresentazione in termini di valore.

1.2.1. L’IDENTIFICAZIONE TRAMITE L’ONEROSITÀ SPECIFICA.

Secondo il primo requisito una risorsa, per essere visibile contabilmente nell’ambito del capitale di funzionamento, non basta che sia il risultato di “costi effettivamente sostenuti”

57

, in perfetta coerenza con quanto sostiene Zappa, il

56 Cfr. Nova, La rappresentazione dei costi di pubblicità nel bilancio d’esercizio, Rivista dei Dottori Commercialisti, 1997, n.4, pag.655.

57 È quanto detta il documento n.24 dell’OIC nel punto AIII) dedicato alla rilevazione delle immobilizzazioni immateriali. Alcuni Autori e il Framework dello Iasc ricordano che le condizioni di produzione immateriali per essere componenti dell’attivo in stato patrimoniale

(15)

quale ha richiamato l’attenzione sul sorgere del costo (sostenuto), come criterio fondamentale per individuare una risorsa economica e patrimoniale.

58

La risorsa deve, anche, risultare da costi direttamente riferibili ad essa in modo specifico, o meglio deve verificarsi la così detta onerosità specifica.

59

Ed è proprio l’onerosità specifica, che rileva ai fini della contabilizzazione nell’attivo dello Stato Patrimoniale.

L’onerosità si verifica quando l’azienda, per impossessarsi della risorsa, ottenerne la fruibilità e/o sottrarla alla domanda di terzi, è disposta a sopportare un sacrificio, giustificato dall’attesa di un’utilità prevista almeno pari, o superiore all’esborso fatto

60

; e tale onerosità possiede il carattere della specificità quando il sacrificio, rappresentato dal costo, è direttamente riferibile in modo specifico alla risorsa.

E’ bene distinguere la specificità del costo, poiché, molto frequentemente, valore immateriale si genera e sviluppa in modo incidentale al di fuori di

devono anche essere risultato di operazioni svolte nel passato, cioè in momenti precedenti la rappresentazione contabile. Il fatto che le risorse immateriali, per essere iscritte, debbano presentarsi come costi sostenuti nel passato è in concordanza sia con la visione verso il passato propria del bilancio, sia con il suo ruolo di documento “consuntivo” , che lo caratterizza.

CINQUINI, in Strumenti per l’analisi dei costi, Vol. I, 2003, pag.5, scrive che la contabilità generale (entro la quale si forma il bilancio), è “un sistema finalizzato…alla redazione di documenti, la cui natura è in gran parte consuntiva. Ma egli tiene a precisare che “le valutazioni di bilancio non hanno solo carattere consuntivo, ma anche una valenza prospettica”. In tal senso GIANNESSI, Appunti di economia aziendale, 1979, pag.474-482.

58 ZAPPA, 1950, op.cit..

59 Termine utilizzato da LIBERATORE, 1996, op.cit., pag.61 ss.. Secondo l’Autore tra i requisiti per identificare un’attività patrimoniale vi è appunto l’onerosità specifica, che spiega così: “ la scelta di sostenere un costo s’inquadra in un disegno motivato, nel quale le risorsa assume un ruolo singolare ed insostituibile. In questo senso, si può parlare di onerosità specifica.

Viceversa, la specificità non ricorre quando la risorsa è ottenuta in via accessoria oppure come effetto di una fortunata combinazione di investimenti rivolti ad altri scopi.

60 Il requisito dell’onerosità qui proposta presenta un’analogia con uno dei requisiti, necessari per identificare un bene immateriale, evidenziati da BRUGGER, in La valutazione dei beni immaterial.,1989 pag.43.L’Autore considera come prerequisito l’essere oggetto di un significativo flusso d’investimenti e precisa che “un investimento è un’operazione che comporta un sacrificio iniziale di risorse in cambio della formazione futura di nuove (e possibilmente accresciute risorse)”.

(16)

specifici investimenti; e in tali casi, di fronte all’incapacità di distinguere la fonte-attività che l’ha generato e il costo cui è riconducibile, si esclude la rappresentazione di tale maggior valore nel bilancio.

Per capire meglio quanto appena detto e distinguere l’onerosità specifica dall’onerosità priva di specificità, introduciamo la questione sui processi di generazione e di sviluppo delle risorse immateriali.

Nel sistema azienda possiamo, a grandi linee, identificare due canali attraverso cui è possibile creare risorse intangibili

61

: il primo canale è riconducibile alle

“attività ordinate direttamente all’acquisizione/produzione di risorse immateriali, che dunque intervengono in via diretta sulla struttura ed in particolare sulla dotazione di intangibibles”

62

, il secondo canale si riferisce, invece, alle attività che sono direttamente indirizzate alla produzione dei risultati, le quali incidono sul patrimonio intangibile ma in modo indiretto e non volontario.

Al primo gruppo appartengono attività riconducibili ad azioni, che scaturiscono da processi di pianificazione ed investimento, frutto di decisioni strategiche del soggetto economico, finalizzate specificatamente alla generazione di risorse immateriali.

61 POZZA, 1999,op.cit., pag.62.L’Autore per descrivere i processi di generazione delle risorse intangibili, prende come punto di partenza un modello input-output elaborato da CODA e presentato ne L’orientamento strategico dell’Impresa, 1988. Il modello rappresenta, in modo schematizzato il sistema azienda come insieme di variabili strutturali (input), variabili operazioni/attività (variabili intercorrenti) e variabili risultanti (output). Nel modello le variabili-struttura (input) rappresentano le risorse materiali ed immateriali che compongono il patrimonio aziendale e che permettono lo svolgimento delle attività aziendali; le variabili- attività rappresentano sia le operazioni volte alla realizzazioni delle scelte direzionali e strategiche, sia le azioni svolte nella gestione operativa, sia le operazioni indirizzate alla produzione di risultati ovvero alla modifica della struttura patrimoniale; infine gli output corrispondono ai risultati, che si possono raggruppare in competitivi, sociali ed economici.

62 POZZA, 1999,op.cit.

(17)

Tali operazioni sono dirette ad accrescere il patrimonio intangibile, tramite l’acquisizione mediante negoziazioni con terze economie, oppure attraverso un processo di produzione interna.

Esempi di attività di questo tipo sono: gli investimenti in ricerca e sviluppo, finalizzati ad incrementare know how specifico, che può originare nuovi prodotti o processi brevettabili; l’acquisizione di un brevetto, che permette di fruire in via esclusiva di una tecnologia, e le attività di pubblicità per creare e diffondere un’immagine forte dell’azienda.

Il secondo insieme, invece, è composto da attività direttamente indirizzate alla produzione di risultati, cioè dalle attività operative attraverso cui si svolge la gestione caratteristica dell’azienda.

L’esplicarsi di queste ultime attività spesso,genera in via accessoria ed in modo non volontario, all’interno del processo di produzione risorse- risorse, intangibile senza che ve ne sia l’intenzione; infatti all’intero del dinamico processo produttivo si generano risorse immateriali, in via secondaria, attraverso inevitabili processi di apprendimento, auto sviluppo e accumulo della conoscenza,

Si assiste alla creazione di valore immateriale al di fuori di un investimento specificatamente volto a ciò, ma come effetto collaterale derivante da investimenti rivolti, in realtà, ad altri scopi.

Il gruppo di intangibili, generati da questo secondo ordine di attività, è molto vasto e pervade la struttura aziendale a tutti i livelli, esempi sono: il know how commerciale e tecnologico, il sapere organizzativo, le conoscenze sul mercato, la formazione del personale, ecc.

63

63 Anche PODESTA’, in Intangibles e valore, Finanza, Marketing, Produzione, 1993, pag104 ss,distingue due modalità di formazione di intangible, che generano rispettivamente due differenti categorie di intangibili che individua:

_ gli “intangible specifici autonomi”, i quali si generano come “conseguenza di scelte strategiche ( generati da attività indirizzate direttamente alla creazione di intangibile)..l’elemento soggettivo è determinante, nel senso che questa categoria non

(18)

Le attività indirizzate direttamente alla produzione di risultati possono indirettamente concorrere all’aumento del patrimonio intangibile su due piani:

sia attraverso l’esplicarsi di attività che permettono il raggiungimento di un determinato obiettivo-risultato definito in ambito strategico, sia attraverso l’ordinario svolgimento delle funzioni operative eseguite nella quotidianità

64

.

può non essere frutto di decisioni imprenditoriali o comunque del management”, l’Autore specifica che questa tipologia di risorse immateriali, come ad esempio, i costi di pubblicità soggetti alla pressione competitiva costante che corrode velocemente le posizioni raggiunte, e gli investimenti in R & S caratterizzati da un processo di natura continua di innovazione, “necessitano di attenzione continua, costanza di investimenti e propensione al rischio”.

_gli “intangible generici”, rappresentano la seconda categoria; secondo l’Autore, “la loro genesi può essere diversa (in alcuni casi) può essere frutto di scelte deliberate”, ma nella generalità dei casi sono riconducibili alle sopra citate azioni indirizzate.direttamente ai risultati.

64 Cfr. POZZA nell’op.cit., 1999. L’Autore approfondisce la questione e sottolinea che “le attività direttamente indirizzate alla produzione di risultati … concorrono all’accrescimento del patrimonio intangibile su due piani”: Su un piano più visibile, si attua il processo di generazione di risorse intangibili attraverso il conseguimento di determinati risultati procacciati dall’impresa, come ad esempio la realizzazione di un maggiore reddito o l’aumento della quota di mercato. Prendendo come esempio l’aumento della quota di mercato (ottenuto svolgendo operazioni finalizzate direttamente a tale risultato) si nota che esso può sviluppare come effetti accessori il consolidamento dell’immagine del marchio o dell’azienda, e l’accrescimento della conoscenza della domanda. Quindi si possono avere accrescimenti delle risorse immateriali legate alle sfere della conoscenza e della credibilità dell’azienda.

Su un altro piano, spesso considerato in sordina, le attività finalizzate ai risultati generano risorse immateriali nel quotidiano svolgimento della combinazione produttiva, come sottoprodotti della gestione operativa ordinaria, che difficilmente trovano un riconoscimento.

Ad esempio il continuo accumulo e scambio d’informazioni e le conoscenze, che si realizzano nello svolgimento delle funzioni operative, nell’andare del tempo, creano know-how, il quale costituisce una risorsa immateriale e un elemento distintivo dell’azienda, che si crea in modo spontaneo senza la consapevolezza di ciò; stesso discorso vale quando il progettare, sviluppare e produrre un prodotto valido, percepito positivamente dal cliente, in seconda istanza, permette un maggiore consolidamento dell’immagine del marchio e/o dell’azienda.

PODESTA’ in Intangibles e valore, 1993, pag.96-97 ricorda che quest’ultimo processo di sviluppo delle risorse immateriali spesso sfugge all’osservazione, sia perché è lontano dal finalismo proprio delle strategie orientate al risultato che caratterizzano gli organi decisionali delle aziende, sia perché non vi sono strumenti atti alla rilevazione di questo fenomeno.

nonostante parte rilevante del know-how, delle informazioni e delle conoscenze derivano proprio da questo ciclo

CORNO in Patrimonio intangibile e governo d’impresa, 1996, pag.62, sintetizza, affermando, che le risorse sono simultaneamente sia il punto di partenza sia il punto di arrivo dell’attività

(19)

Anche Itami, nella sua opera “Le risorse invisibili”, afferma che le risorse intangibili “si possono accumulare in due modi”. (Secondo l’autore) una prima via è quella di “compiere azioni specifiche per raggiungere lo scopo”, mentre, una seconda via, indiretta, è riconducibile a quelle operazioni, nelle quali “le risorse vengono accumulate come sottoprodotti appunto delle operazioni giornaliere”.

65

Le risorse-attività iscrivibili nello Stato Patrimoniale, caratterizzate dal requisito dell’onerosità specifica, sono tipicamente il prodotto della prima tipologia di attività, cioè le attività direttamente ordinate alla generazione di risorse immateriali.

Mentre le risorse risultanti dalla secondo tipologia, cioè dalle attività direttamente indirizzate ai risultati, non possiedono il carattere dell’onerosità specifica e in linea di principio non sono ammesse nel capitale di funzionamento.

66

aziendale, esse rappresentano allo stesso tempo la fonte delle azioni poste in essere dall’azienda e le variabili risultanti da esse.

Sul tema si sono espressi anche: BUTTIGNON, Le risorse immateriali: ruolo strategico e problematiche di rilevazione, 1993, pag.124-125; e VICARI, Invisible asse e comportamento incrementale, 1989, pag.63 ss

65 ITAMI, Le risorse invisibili, 1988, pag.52 ss.

Analogo è l’approccio di alcuni autori che parlano di due differenti processi di generazione delle risorse immateriali e distinguono tra comportamenti resource oriented, basati su politiche promosse dal management e finalizzate a sviluppare un determinato accrescimento del patrimonio intangibile, e tra comportamenti non-resource oriented, che generano risorse immateriali, ma involontariamente ed in via accessoria, come sottoprodotti derivanti da azioni poste in essere per raggiungere obiettivi differenti dallo sviluppo di valore intangibile. In tal senso VICARI, Verso il Resourced-Based management in Brand Equity, 1995.

66 Il requisito dell’onerosità specifica e gli altri due requisiti rappresentano i presupposti, individuati dalla dottrina, tramite cui è possibile qualificare se un elemento è accettabile come strutturale e parte del capitale. Ma la distinzione non è così netta, alcuni elementi sono iscrivibili tra le immobilizzazioni immateriali sulla base di prescrizioni dettate da norme giuridiche e contabili, nonostante vi sia dubbio sul rispetto dei tre requisiti. Ad esempio secondo LIBERATORE, op.cit.,1996, un’ampia parte di voci riferibili ad oneri pluriennali, accolti in Stato Patrimoniale,non soddisfano tali requisiti. Egli richiama l’esempio delle spese di pubblicità, capitalizzate nella voce B 3) dell’attivo come Costi di pubblicità, ma che secondo l’Autore sono riferibili ad investimenti di natura derivata (non presentano onerosità specifica), che vanno ad incrementare il valore di una risorsa principale: il marchio.

(20)

Sono più d’uno i motivi che impediscono l’iscrivibilità delle appena citate risorse, e che sono collegati, non solo al primo requisito, ma anche agli altri due, a riprova della stretta interconnessione che esiste tra i requisiti.

In primo luogo, la difficoltà nasce dalla spiccata ambiguità causale

67

tipica di tale tipologia di risorse. Tale espressione sintetizza la diffusa incapacità di enucleare le operazioni specifiche e i costi sopportati, che hanno permesso la generazione e lo sviluppo di queste risorse.

Infatti le suddette risorse tendono a formarsi, in modo incidentale e inconsapevole, nel divenire ordinario dello svolgimento dell’attività aziendale;

quindi è difficile scorgere le relazioni dirette di causa-effetto tra le risorse ed i comportamenti che le hanno originate.

Oppure, esse possono essere chiaramente ricollegabili ad un preciso flusso di spesa, ma come risultato secondario e derivato di un investimento principale.

67 L’ambiguità causale, come ricorda POZZA, op.cit.1999, è una delle caratteristiche distintive delle immobilizzazioni immateriali, al riguardo vedere la nota nel capitolo 3.1.

(21)

Al fine di evitare duplicazioni di valore del capitale e sovrapposizioni

68

, tali valori intangibili vengono esclusi dal capitale di bilancio e vanno ad aumentare la compagine delle risorse invisibili.

In secondo luogo, i benefici economici delle risorse, generate da attività direttamente finalizzate ai risultati, emergono, solitamente, in modo non prevedibile, cioè si ha consapevolezza dei margini prospettici solo ex-post, quando ormai non son più capitalizzabili nello Stato Patrimoniale i costi che hanno contribuito a produrli.

Infatti ,a tal proposito, dobbiamo ricordare che l’iscrivibilità è “subordinata all’accertamento dell’utilità futura”

69

che deve essere presunta nell’esercizio di sostenimento del costo.

Nel caso in cui il benefico futuro sia riscontrato in un secondo momento, non è consentito che i costi precedentemente iscritti in Conto Economico, come componenti negative d’esercizio, possano essere recuperati per l’iscrizione nell’attivo dello Stato Patrimoniale tra le immobilizzazioni.

68 Vari autori si sono espressi riguardo ai fenomeni di convergenza e intersezione, che si verificano quando da un singolo flusso più o meno specifico di spesa si formano due o più risorse immateriali. In tal caso il criterio guida risiede nel privilegiare la contabilizzazioni delle configurazioni più forti, a discapito delle più deboli, che dovrebbero essere inglobate nelle prime.

Al riguardo: GUATRI in op.cit., 1989 avverte riguardo al rischio “frequentissimo in questo campo (dell’intangibilità) di sovrapposizioni e duplicazioni. Nel marketing, ad esempio, si citano talvolta, come esempi di beni immateriali, le quote di mercato, la rinomanza del nome, i marchi, i prodotti, le reti di vendita, un managment commerciale efficiente, e così via. Più d’una di queste voci sono in realtà modi diversi per enunciare le stesse cose.”.

BRUGGER in op.cit.1989, sottolinea che “l’imputazione ai vari fattori intangibili dei costi ad essi collegati funzionalmente, che definiscono gli impieghi di risorse in atto, spesso non è agevole e richiede talora una scelta. Una corretta delimitazione dei rispettivi centri d’investimento si rende ad evidenza necessaria anche per evitare duplicazioni di calcolo”.

ZANDA, LACCHINI in Aziende operanti in gruppo affermano che: “il problema cruciale riposa nella capacità di eliminare quei fattori che rappresentano, con tutta evidenza una duplicazione di altri, e nel riconoscere le intersezioni tra fattori, in modo che essi non vengano, inavvertitamente, valutati più volte”.

69 Vedi Doc 24 dell’oic. Approfondiremo tale aspetto nelle pagine successive. .

(22)

Il valore intangibile creato sia nello svolgimento corrente dell’attività aziendale, sia nel conseguimento dei risultati, rientra di norma nello schema appena descritto, infatti la manifestazione dei benefici si ha in archi temporali di regola medio-lunghi, difficilmente in periodi brevi.

In terzo luogo, dai due motivi appena esposti, cioè la difficoltà di collegare le risorse a costi storici, e la problematicità di riuscire a prevedere i margini prospettici, consegue l’impossibilità di definire un valore attendibile per queste risorse, e ciò preclude l’iscrivibilità.

1.2.2. L’ATTESA DELL’UTILITÀ FUTURA COME CRITERIO FONDAMENTALE.

Una risorsa immateriale per essere contabilizzata come elemento dell’attivo patrimoniale, oltre ad essere identificata tramite l’onerosità specifica, deve presentarsi come foriera di un flusso di benefici economici di probabile manifestazione futura, la cui disponibilità e fruizione sia controllabile dall’azienda.

Il concetto di flusso di benefici economici futuri può essere inteso, secondo l’approccio anglosassone e l’interpretazione dello IASC, come il potenziale contributo, diretto o indiretto, in termini di miglioramenti dei flussi finanziari e di flussi equivalenti, che affluiranno all’impresa grazie al controllo che essa esercita sull’attività.

70

Con l’espressione “flussi di benefici economici”, nell’accezione contabile del termine, s’intendono le utilità future che il bene-risorsa cede, in modo differito, sotto forma di risparmi di costo o incrementi di ricavi, che non si verificherebbero in assenza di tale bene; oppure come migliori prospettive reddituali rispetto a quelle che si avrebbero in assenza della risorsa.

71

70 Vedi Framework paragrafo 53

(23)

Una risorsa può essere riconosciuta come fattore produttivo strutturale, quando non esaurisce la propria utilità nell’esercizio di sostenimento dei costi, ma manifesta un’alta capacità di produrre benefici economici negli esercizi futuri

72

, in modo graduale e continuo nel corso della sua vita economica e del periodo d’ammortamento.

E’ in base alla capacità di produrre benefici economici di probabile manifestazione futura che un bene può essere capitalizzato ed accolto, come componente del capitale di funzionamento, nello Stato Patrimoniale; ed è, invece, in base alla dubbia convinzione che un bene possa cedere utilità negli esercizi futuri, che è preferibile imputarlo, come costo d’esercizio, in Conto Economico.

Sull’utilità futura non vi può essere certezza, in sede di redazione del bilancio, poiché nel presente, in nessun caso, si può conoscere, in modo certo, la capacità di un bene di generare utilità nel futuro; in particolare, se si considerano archi temporali pluriennali, la cui ampiezza temporale rende maggiormente labile la capacità e l’attendibilità di previsione.

Così chi redige il bilancio basa la scelta, d’iscrizione o meno di una risorsa, su stime e previsioni soggettive che al massimo possono essere altamente probabili, ma mai certe ed indiscutibili

73

.

Il valutatore, nella stima del capitale di bilancio, deve ragionare in termini di probabilità dei benefici; cioè deve valutare se sulla base dei presupposti presenti,

71 Ad esempio investimenti in Pubblicità, possono creare flussi di benefici futuri, sotto forma di prezzi differenziali spuntati rispetto a concorrenti omogenei o volumi differenziali di vendita.

72 Un’attività strutturale deve possedere il carattere della pluriennalità. Come è specificato nel Doc 24 dell’OIC: “le immobilizzazioni immateriali sono costituite da costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi” e “l’iscrivibilità …è innanzitutto subordinata all’accertamento dell’utilità futura”.

73 LIBERATORE in op.cit., 1996 scrive: “anche se a prima vista paradossale, la certezza di utilità futura per una risorsa va interpretata, al massimo come altamente probabile. In nessun caso, infatti, si può avere garanzia che un bene conservi il valore assegnato lungo periodi futuri relativamente estesi.”

(24)

la probabilità che, negli anni futuri, i benefici economici attesi si possano manifestare realmente, è alta e ragionevole, oppure è dubbia e debole.

Nel primo caso l’iscrizione della risorsa all’origine di tali benefici è ragionevole e motivata, mentre nel secondo caso sarebbe preferibile evitare la capitalizzazione, sebbene vi sia una seppur bassa probabilità di utilità differita.

Quanto appena detto rappresenta una semplificazione, poiché non vi sono né una definizione univoca né un grado accettabile di probabilità oggettivamente riconosciuti, in base ai quali è possibile definire i confini entro cui i benefici economici possono dirsi di manifestazione certa oppure no.

Nella redazione del bilancio, giocano un ruolo fondamentale le valutazioni

soggettive del soggetto redattore del bilancio, la sua esperienza e il suo buon

senso. Ma tale soggettività non deve mai tradursi nella libertà per il redattore di

(25)

agire in modo arbitrario e discrezionale

74

; egli deve sempre seguire, come guida i principi, gli schemi e le regole codificate per la costruzione del bilancio

75

.

In particolare deve applicare il principio di prudenza, necessario di fronte all’elevata aleatorietà dei benefici economici degli intangibili, che deve configurarsi “come elevato grado di attenzione e discernimento nella stima delle condizioni economiche aziendali necessarie per la capitalizzazione”

76

.

L’applicazione del principio di prudenza non deve giustificare un’eccessiva allocazione dei costi per le risorse intangibili in Conto Economico o una

74 Il soggetto che redige il bilancio dovrebbe, in linea di principio, agire senza mai dimenticare la primaria finalità del bilancio,cioè la corretta e veritiera rappresentazione della situazione aziendale, e la necessità di comunicare un’informativa corretta delle risorse disponibili e della loro natura più o meno duratura. Ma nella realtà molto spesso, nel dubbio sulla capitalizzazione o meno di condizioni produttive, in base alla capacità di generare benefici futuri, il problema viene risolto tenendo conto di finalità, ben diverse dalla veritiera rappresentazione, come il contenimento dell’imponibile o la redditività del capitale investito.

Nei paesi “orientati al mercato” solitamente si tende a capitalizzare le risorse, anche quando sarebbe ragionevole imputarle in Conto Economico, e si preferisce, dove possibile, rimandare l’allocazione tra i costi d’esercizio; al fine di poter comunicare all’esterno (al mercato azionario) un maggiore valore di patrimonio aziendale, migliori performance ed alti indici di redditività del capitale investito.

Tale modo di agire rappresenta una manipolazione nella determinazione di risorse costituenti il capitale ed espone a sopravalutazioni ed annacquamento del capitale aziendale.

Nei paesi e nelle aziende meno orientati al mercato azionario, si tiene maggiormente conto delle implicazioni fiscali e del contenimento dell’imponibile. Per cui in periodi di alti redditi si preferiscono spesare in Conto Economico costi, che in periodi di reddito medio o basso, sarebbero di norma capitalizzati. Tale manovra viene posta in essere per contenere il valore dell’utile imponibile.

L’identificazione e stima delle attività patrimoniali non dovrebbe seguire le sopra citate logiche politiche, ma dovrebbe essere libera da ogni condizionamento, . Si vedano sull’argomento.

LIBERATORE, op. cit., 1996, pag.86 e COOPERS & LYBRAND DELOITTE, Intangible assets.

75 PERADOTTO in Rivista Italiana di Ragioneria, sett/ott 1987. Ricorda che “i valori iscritti nel bilancio non hanno una capacità d’informazione assoluta e certa. Si tratta di valori fondati largamente su previsioni del futuro” e riguardo al ruolo dei redattori di bilancio scrive che: “c’è l’esigenza di porre limiti alla discrezionalità degli autori del bilancio sia per evitare abusi nell’esercizio di tale discrezionalità, sia per garantire la regolarità della rappresentazione. (Per soddisfare tale esigenza sono stati costruiti) corpi di norme dirette a regolare i criteri d’iscrizione e di valutazione dei componenti di bilancio”.

76 Cfr. Nova, La rappresentazione dei costi di pubblicità nel bilancio d’esercizio, Rivista dei Dottori Commercialisti, 1997, n.4, pag.681. In tal senso anche CATTURI, in La redazione del bilancio d’esercizio, 1988, pag. 28,scrive: “prudenza, quindi, come sinonimo di capacità e consapevolezza nella valutazione dei prevedibili rischi e delle potenziali perdite”.

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