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3. Il metodo di Galerkin-elementi finiti

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Academic year: 2022

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(1)

In questa Nota tratteremo della soluzione numerica di equazioni a derivate parziali scalari con condizioni al contorno attraverso il metodo di Galerkin. Illustreremo poi, come caso particolare, il metodo degli elementi finiti. In particolare, affronteremo il problema della soluzione numerica dell’equazione di Poisson, Helmholtz, diffusione e propagazione con il metodo degli elementi finiti. Tutti questi problemi hanno in comune l’operatore laplaciano, che “governa” il comportamento spaziale delle soluzioni. Per questa ragione introdurremo il metodo di Galerkin ed il metodo degli elementi finiti riferendoci all’equazione di Poisson. Per non appesantire la trattazione considereremo dapprima un problema monodimensionale e poi estenderemo i risultati alle situazioni più generali ed alle altre equazioni. Infine, applicheremo il metodo di Galerkin e degli elementi finiti ad equazioni integrali di Fredholm di tipo scalare.

3.1 Formulazione debole e metodo dei residui pesati

L’equazione

!2u= f P

( )

"P #$ (3.1)

è la forma forte dell’equazione di Poisson. Con l’espressione “forma forte” intendiamo il fatto che bisogna cercare una funzione definita nel dominio ! che soddisfi l’equazione differenziale (3.1), quindi deve avere adeguate proprietà di regolarità. La soluzione del problema (3.1) deve essere cercata nello spazio delle funzioni continue, con derivate prime e seconde continue, lo spazio funzionale C2

[ ]

! , che è uno spazio di dimensione infinita.

Il metodo delle differenze finite si basa su un’approssimazione discreta dell’operatore laplaciano nei nodi della griglia del dominio di definizione dell’equazione di Poisson e

(2)

l’equazione di Poisson è imposta nella forma forte. C’è un altro modo di risolvere lo stesso problema, che è allo stesso tempo generale e molto elegante. Invece di approssimare l’operatore laplaciano si approssima lo spazio in cui si cerca la soluzione: si cerca la soluzione dell’equazione di Poisson in uno spazio funzionale a dimensione finita che approssima lo spazio funzionale di definizione del problema. Allo scopo di ridurre il grado di regolarità richiesto alle funzioni di questo spazio il problema sarà riformulato nella cosiddetta forma debole.

Una soluzione approssimata dell’equazione (3.1), con le appropriate condizioni al contorno, è ottenuta cercando la soluzione in un opportuno spazio di funzioni di dimensione finita M , definite su tutto ! fin sulla frontiera, che indichiamo con UM. Sia

BM= w

{

1

( )

r , w2

( )

r ,..., wM

( )

r

}

(3.2)

una base1 di UM. Le funzioni di base wk = wk

( )

r possono essere, ad esempio, polinomi, funzioni trigonometriche, funzioni lineari a tratti, funzioni costanti a tratti. La soluzione approssimata è cercata nella seguente forma

uM

( )

r = akwk

( )

r

k=1

!

M . (3.3)

Lo spazio UM ha la seguente caratteristica: al crescere della dimensione M la funzione uM approssima meglio la generica funzione dello spazio funzionale di definizione del problema, ovvero lo spazio funzionale a dimensione finita UM tende per M ! " allo spazio funzionale di dimensione infinita in cui bisogna cercare la soluzione del problema.

Le funzioni wk

( )

r sono dette “funzioni di forma”, mentre i coefficienti ak sono i cosiddetti “gradi di libertà”. Allora, la soluzione del problema è ricondotta alla determinazione dei gradi di liberta dell’espansione (3.3). Come si scelgono le funzioni di forma? Come si determinano i gradi di libertà? Ora affronteremo queste due questioni.

Affronteremo prima il problema di come determinare i gradi di libertà, poi affronteremo il problema della scelta delle funzioni di forma.

3.1.1 Formulazione debole dell’equazione di Poisson monodimensionale

Come al solito, per introdurre nel modo più semplice possibile l’essenza di un’idea, esemplificheremo dapprima attraverso un problema semplice: determinare la funzione

u= u x

( )

che verifica l’equazione d2u

dx2 = f x

( )

per x! 0,l

( )

, (3.4)

1 Attraverso una opportuna combinazione lineare delle funzioni della base è possibile rappresentare una qualsiasi funzione di UM.

(3)

e assegnate condizioni ai limiti, che per il momento non è necessario specificare; u appartiene a C2

[ ]

0,l , ovvero lo spazio delle funzioni continue fino alla deriva seconda definite in 0,l

[ ]

e f appartiene a C0

[ ]

0,l , ovvero lo spazio delle funzioni continue definite in 0,l

[ ]

. La (3.4) è la formulazione forte dell’equazione di Poisson monodimensionale.

Introduciamo il residuo dell’equazione (3.4) così definito

R w x

{ ( ) }

! ddx2w2 " f x

( )

per x! 0,l

( )

. (3.5)

Le soluzioni dell’equazione (3.4) sono le funzioni derivabili almeno due volte che annullano il residuo in ogni punto di 0,l

( )

,

R u x

{ } ( )

= 0 per x! 0,l

( )

. (3.6)

Sia r= r x

( )

una funzione definita in 0,l

[ ]

e ivi identicamente nulla,

r x

( )

= 0 . (3.7)

Allora, si ha che

p x

( )

r x

( )

dx= 0

0

!

l (3.8)

per ogni funzione p= p x

( )

continua definita in 0,l

[ ]

. E’ vero anche il contrario: se la (3.8) è verificata per ogni funzione continua p= p x

( )

definita in 0,l

[ ]

, allora la funzione r= r x

( )

deve essere necessariamente uguale a zero nel dominio 0,l

[ ]

(ad

eccezione di un numero finito di punti). Infatti, se r x

( )

fosse diversa da zero in un intervallo di 0,l

[ ]

di lunghezza diversa da zero esisterebbe almeno una funzione p x

( )

per cui la (3.8) non sarebbe verificata. Allora le (3.7) e (3.8) sono equivalenti, cioè

r x

( )

= 0 in 0,l

[ ]

! p x

( )

r x

( )

dx= 0 " p x

( )

0

#

l $C0

[ ]

0,l . (3.9)

Le funzioni p x

( )

sono denominate “funzioni peso”. Questo è il metodo dei residui pesati: imporre la condizione (3.7) equivale a imporre che le “proiezioni di r x

( )

lungo

ogni elemento dello spazio C0

[ ]

0,l ” sia uguale a zero. La (3.7) impone che r x

( )

sia

uguale a zero in ogni punto del dominio 0,l

[ ]

, mentre la (3.8) impone che la media di

(4)

r x

( )

pesata per una qualunque funzione peso sia uguale a zero. In realtà questa equivalenza sussiste anche se si restringe lo spazio delle funzioni peso allo spazio delle sole funzioni continue e derivabili definite in 0,l

[ ]

. Un’ulteriore restrizione che non inficia la validità della (3.9) consiste nel considerare funzioni peso che siano uguali a zero agli estremi dell’intervallo.

Torniamo al nostro problema. Per determinare la soluzione del problema in esame non è necessario imporre che sia verificata la (3.6), ma basta imporre che

p x

( )

R u x

{ } ( )

dx= 0 ! p x

( )

0

"

l #C0

[ ]

0,l . (3.10)

Per non appesantire la notazione è utile introdurre la seguente notazione:

w, v = w x

( )

v x

( )

dx

0

!

l . (3.11)

w, v rappresenta l’estenzione del prodotto scalare 2 tra due vettori di uno spazio a dimensione finita alle funzioni continue definite in 0,l

[ ]

, che costituiscono uno spazio di dimensione infinita. Utilizzando la notazione appena introdotta, la (3.10) può essere così riscritta 3

p,u!! = p, f " p x

( )

#C0

[ ]

0,l . (3.12)

Restringendo la (3.12) alle funzioni continue e derivabili C1[ ]0, l , possiamo applicare la formula dell’integrazione per parti e otteniamo

p,u!! = " p x!

( )

u x!

( )

dx

0

#

l + p !u x=x=l = " !p ,u! + p l

( )

u l!

( )

" p 0

( )

u 0!

( )

. (3.13)

Allora, determinare le soluzioni dell’equazione (3.4) equivale a determinare le funzioni u tali che

! "p ,u" + p l

( )

u l"

( )

! p 0

( )

u l"

( )

= p, f # p x

( )

$C1

[ ]

0,l . (3.14)

2 Nello spazio funzionale lineare U è definito un prodotto scalare se ad ogni u, v!U è associato un numero reale, denotato usualmente con ( )u, v , tale che: 1. ( )u, u > 0 se u! 0 e ( )u, u = 0 se u= 0; 2.

( )u, v = v,u( ); 3. (!u, v)=! u, v( ); 5. (u+ v, w)= u, w( )+ v, w( ). Per poter definire il prodotto scalare

( )u, v le funzioni ue v devono essere a quadrato integrabile (non devono essere necesariamente continue).

3Per allegerire la notazione poniamo u!" du / dx e u!!= d2u / dx2.

(5)

Questa è la forma debole dell’equazione di Poisson monodimensionale. A differenza della (3.4) o della (3.12) nell’equazione (3.14) compaiono solo derivate prime della soluzione, nonché delle funzioni peso: il problema è stato riformulato in modo tale da

“indebolire” il vincolo sulle proprietà di regolarità richieste all’incognita del problema.

Questa è un’altra ragione per cui si dice che la (3.14) è una “formulazione debole”

dell’equazione di Poisson, mentre la (3.4) (o l’equivalente (3.12)) è una “formulazione forte”. Come in seguito vedremo è estremamente conveniente dal punto di vista numerico l’aver indebolito il vincolo sulle proprietà di regolarità richieste alla soluzione.

La soluzione della forma debole e le funzioni peso non devono essere necessariamente continue e con derivate prime continue, è sufficiente che siano a quadrato integrabile insieme alla derivate prime 4. L’insieme delle funzioni definite in 0,l

[ ]

a quadrato integrabile e con derivata prima a quadrato integrabile costituisce lo spazio di Sobolev e lo si indica con H1

[ ]

0,l .

Osservazione

La soluzione della forma forte (3.6) è la soluzione che annulla il residuo in ogni punto del dominio, invece la soluzione della forma debole è la funzione tale da annullare la media del residuo sul dominio di definizione, pesata per qualunque funzione peso. Il risultato fondamentale è che se f x

( )

è una funzione continua queste due soluzioni coincidono. La forma forte può essere ottenuta dalla forma debole, basta scegliere come funzioni peso le funzioni impulsive,

p x

( )

=! x " #

(

x

)

con x!" 0,l

( )

. (3.15)

3.1.1.1 Problema di Dirichlet

Consideriamo, ora, il problema delle condizioni al contorno. Nel problema di Dirichlet bisogna imporre

u 0

( )

= g0, u l

( )

= gl.

!"

# (3.16)

4 Le funzioni a quadrato sommabile sul dominio ! sono tutte le funzioni u definite in ! per le quali esiste l’integrale u2

"

! dV ed è limitato. L’insieme di queste funzioni è uno spazio di Hilbert e lo si indica con L2( )! . Le funzioni u con derivata prima a quadrato integrabile sono tutte le funzioni per cui esiste anche l’integrale

#

"!u2dV ed è limitato. L’insieme di queste funzioni è uno spazio di Sobolev e lo si indica con H1( )! .

(6)

Data l’arbitrarietà delle funzioni peso, esse possono essere scelte uguali a zero o diverse da zero agli estremi del dominio 0,l

[ ]

. A seconda di questa scelta cambia la (3.14). E’

evidente, allora, che quando non sono noti i valori della derivata prima agli estremi di

[ ]

0,l , come in questo problema, conviene scegliere le funzioni peso in modo tale che

p 0

( )

= p l

( )

= 0 . (3.17)

In questo caso, la (3.14) diventa

! "p ,u" = p, f # p x

( )

$H0

1

[ ]

0,l (3.18)

dove H01

[ ]

0,l indica il sottospazio di H1

[ ]

0,l che verifica le (3.17). Come in seguito vedremo per altri tipi di problemi conviene fare altri tipi di scelta.

La (3.18) deve essere risolta imponendo esplicitamente le condizioni al contorno (3.16). Sia u! = u!

( )

x una funzione di H1

[ ]

0,l tale che

u!

( )

0 = g0, u!

( )

l = gl. (3.19) La funzione u così definita

u x

( )

= u!

( )

x + ˆu x

( )

(3.20)

verifica le condizioni al contorno (3.16) se la funzione ˆu= ˆu x

( )

verifica le condizioni al contorno omogenee

ˆu 0

( )

= ˆu l

( )

= 0 . (3.21)

La funzione ˆu x

( )

deve essere tale che

! "p ,u= p, f + "p ,u#" $ p x

( )

%H0

1

[ ]

0,l . (3.22) Questa formulazione del problema mette bene in evidenza come le condizioni al contorno contribuiscono al termine noto dell’equazione.

3.1.1.2 Problema di Neumann

Nel problema di Neumann bisogna imporre che

!

u 0

( )

= q0,

!

u l

( )

= ql.

"

#$ (3.23)

(7)

Sostituendo la (3.23) nella (3.14) otteniamo che

! "p ,u" = p, f + p l

( )

ql ! p 0

( )

q0 # p x

( )

$H1

[ ]

0,l . (3.24)

Imporre la (3.24) è equivalente ad imporre l’equazione di Poisson in forma debole con le condizioni al contorno (3.23). Infatti, la (3.24) è equivalente a (basta applicare di nuovo l’integrazione per parti)

p,

(

u!!" f

)

= p l

( )

#$u l!

( )

" ql%& " p 0

( )

#$u 0!

( )

" q0%& ' p x

( )

(H1

[ ]

0,l . (3.25)

Siccome la (3.25) deve essere verificata per ognip x

( )

!H1

[ ]

0,l , deve essere verificata in particolare per ogni p x

( )

!H0

1

[ ]

0,l . Imponendo che la (3.25) sia verificata per ogni p x

( )

!H0

1

[ ]

0,l si ha che

p,

(

u!!" f

)

= 0 p x

( )

#H0

1

[ ]

0,l , (3.26)

quindi u!!= f . Utilizzando questo risultato la (3.25) dà

p l

( )

#$u l!

( )

" ql%& " p 0

( )

#$u 0!

( )

" q0%&=0 ' p x

( )

(H1

[ ]

0,l . (3.27)

Imponendo, prima, che la (3.27) sia verificata per p 0

( )

! 0 e p l

( )

= 0 , e poi che sia verificata per p 0

( )

= 0 e p l

( )

! 0 si ottengono immediatamente le condizioni al contorno (3.23).

3.1.2 Formulazione debole dell’equazione di Poisson in 3D

Il metodo dei residui pesati e la formulazione debole possono essere estesi a problemi nel piano e nello spazio senza richiedere alcuna condizione di rilievo sulla geometria del dominio di definizione. Consideriamo l’equazione

!2u= f in !, (3.28)

dove ! è un generico dominio e f è una funzione limitata. Le soluzioni devono appartenere allo spazio C2

[ ]

! 5, cioè allo spazio delle funzioni derivabili almeno due volte, definite in !. Introduciamo il residuo

5Con Cp[ ]! indichiamo lo spazio delle funzioni definite in ! derivabili p volte.

(8)

R u r

{ } ( )

! "2u# f. (3.29)

Il problema (3.28) è equivalente a determinare il campo scalare u tale che p r

( )

"""

! R u r

{ } ( )

dV = 0 #p $C0

[ ]

! . (3.30)

Questa è l’estenzione del metodo dei residui pesati per l’equazione di Poisson tridimensionale: determinare le soluzioni della (3.28) equivale a determinare le funzioni u r

( )

per le quali la proiezione del residuo dell’equazione (3.28) lungo ogni elemento dello spazio C0

[ ]

! è uguale a zero. Come nel caso monodimensionale, questa equivalenza sussiste anche se si restringe lo spazio delle funzioni peso allo spazio C1

[ ]

! delle sole funzioni continue e derivabili definite in !. Un’ulteriore restrizione, che non inficia questa equivalenza, consiste nel considerare funzioni peso uguali a zero sulla frontiera di !.

Consideriamo, ora, la (3.30) per funzioni peso appartenenti a C1

[ ]

! . Utilizzando l’identità vettoriale

! " p!u

( )

= p!2u+ !p

( )

" !u

( )

, (3.31)

e la formula di Green

! " p!u

( )

dV

$$$

# = p

(

!u " ˆn

)

dS

$$

%# , (3.32)

dove nˆ è il versore normale alla superficie !" che delimita !, uscente da !, la (3.30) diventa

! "p #"udV

%%%

$ + p&u&ndS=

&$

! %%

pfdV

%%%

$ , (3.33)

dove

!u

!n " ˆn #$u (3.34)

è la derivata normale di u sulla superficie !". La (3.33) è la “forma debole”

dell’equazione di Poisson e la (3.28) è la corrispondente “forma forte”. Posto a, b ! a r

( )

"

###

$ b r

( )

dV (3.35)

(9)

la (3.30) può essere così riscritta

! "p,"u = p, f ! p#u

#ndS

! %%

#$ &p 'H1

( )

$ . (3.36)

3.1.2.1 Problema di Dirichlet

Consideriamo, ora, il problema delle condizioni al contorno. Nel problema di Dirichlet bisogna imporre che

u !" = g. (3.37)

Come nel caso monodimensionale, data l’arbitrarietà delle funzioni peso, esse possono essere scelte uguali a zero o diverse da zero su !". A seconda di questa scelta cambia la (3.36). Quando non sono noti i valori della derivata normale di u su !" conviene scegliere le funzioni peso in modo tale che

p !" = 0. (3.38)

e la (3.36) diventa

! "p,"u = p, f #p $H01

( )

% (3.39) dove H01

( )

! indica il sottospazio di H1

( )

! in cui la (3.38) è verificata. La (3.39) deve essere risolta imponendo esplicitamente le condizioni al contorno (3.37). Sia u! = u!

( )

r una funzioni di H1

( )

! tale che

u! !" = g. (3.40)

La funzione u così definita

u r

( )

= u!

( )

r + ˆu r

( )

(3.41)

verifica le condizioni al contorno (3.37) se la funzione ˆu= ˆu r

( )

ˆu !" = 0. (3.42)

La funzione incognita ˆu!H01

( )

" deve essere tale che

(10)

! "p," ˆu = p, f + "p,"u# $ p %H01

( )

& . (3.43)

3.1.2.2 Problema di Neumann

Nel problema di Neumann bisogna imporre che

!u

!n !" = q (3.44)

Sostituendo la (3.44) nella (3.36) otteniamo che

! "p,"u = p, f ! pqdS

! %%

#$ &p 'H1

( )

$ . (3.45)

Imporre la (3.45) è equivalente ad imporre l’equazione di Poisson in forma debole con le condizioni al contorno (3.44). Analogamente al caso monodimensionale, la (3.45) contiene la condizione di compatibilità tra i dati del problema. Infatti, se si particolarizza la (3.45) per p= 1 si ha

1, f = fdV

"""

! = qdS

! ""

#! . (3.46)

Esercizio 3.7

Si dimostri che imporre la (3.45) è equivalente ad imporre l’equazione di Poisson in forma debole con le condizioni al contorno (3.44).

3.2 Metodo di Galerkin

Un modo semplice e generale per risolvere numericamente uno dei problemi in forma debole descritti nel precedente paragrafo consiste nel:

- cercare la soluzione in un sottospazio a dimensione finita UM dello spazio di funzioni a cui la soluzione appartiene; M indica la dimensione dello spazio.

- imporre che la forma debole sia verificata per ogni funzione peso appartenente allo stesso spazio a dimensione finita UM in cui si cerca la soluzione.

Consideriamo la formulazione debole dell’equazione di Poisson (con condizioni al contorno di tipo Dirichlet o di tipo Neumann)

(11)

trovare u!U : "p,"u = F p

( )

#p !U, (3.47) essendo U un opportuno spazio funzionale e F p

( )

il termine noto. Come abbiamo già messo in evidenza non è necessario che U sia lo spazio delle funzioni continue e derivabili, è sufficiente che sia un opportuno spazio di Sobolev. Il metodo di Galerkin per l’approssimazione numerica della (3.47) consiste nel cercare una soluzione approssimata uM !UM, essendo UM una famiglia di spazi dipendente da un parametro positivo intero M , tali che

UM ! U, dimUM = M < " . (3.48) Il problema approssimato assume allora la forma

trovare uM !UM : "pM,"uM = F p

( )

M #pM !UM. (3.49)

3.2.1 Problema di Dirichlet

La forma debole per l’equazione di Poisson con condizioni al contorno tipo Dirichlet consiste nel determinare la funzione ˆu= ˆu r

( )

!H0

1

( )

" tale che sia verificata la (3.43).

Sia UM

0 un sottospazio a dimensione finita di H01

( )

! e BM

0 = w

{

1

( )

r , w2

( )

r ,..., wM

( )

r

}

(3.50)

una base di UM. Una soluzione approssimata della (3.43) può essere espressa nella seguente forma

ˆuM

( )

r = ahwh

( )

r

h=1

!

M . (3.51)

I coefficienti ah sono determinati imponendo che la (3.43) sia verificata per ogni p!WM0. Le funzioni peso possono essere espresse in forma analoga alla (3.51),

p r

( )

= chwh

( )

r

h=1

!

M . (3.52)

Al variare dei coefficienti ch nel campo reale la (3.52) dà tutte le funzioni appartenenti a UM0 . Essendo le funzioni di base linearmente indipendenti, imporre la (3.43) per ogni funzione peso (3.52) equivale ad imporla per ogni funzione base wh. Sostituendo la (3.51) nella (3.43) e imponendo che sia verifica per ogni funzione di base wh otteniamo

(12)

! "ph,"wk ak

k=1

#

M = ph, f + "ph,"u$ h= 1,2,..., M . (3.53) Questo è un sistema di M equazioni algebriche lineari nelle M incognite a1, a2,..., aM. Indichiamo con LM la matrice M ! M con elementi lhk, per h, k = 1,2,..., M , così definiti

lh, k ! "wh,"wk (3.54)

con bM il vettore di dimensione M dei termini noti con elementi bh, h= 1,2,..., M , così definiti

bh = ph, f + !ph,!u" , (3.55)

e con aM il vettore di dimensione M dei coefficienti incogniti dell’espansione (3.51), ah, h= 1,2,..., M . Il sistema (3.53) può essere così riscritto

LMaM = !bM. (3.56)

La matrice LM è simmetrica perché

!wh,!wk = !wh"!wkdV

$$$

# = !wk"!whdV

$$$

# = !wk,!wh . (3.57)

Questa proprietà è una diretta conseguenza del fatto che abbiamo scelto le stesse funzioni base per rappresentare la soluzione e le funzioni peso. E’ evidente che se avessimo fatto una diversa scelta non sarebbe verificata la (3.57). Essendo LM simmetrica si ha che

aTLMc= cTLMa (3.58)

per ogni a,c!"M. Una matrice con questa proprietà si dice che è auto-aggiunta. Anche l’operatore laplaciano nello spazio C02

( )

! è auto-aggiunto, cioè

s r

( )

!2zdV

"

###

= z r

( )

!2sdV

"

###

(3.59)

per ogni coppia di funzioni s r

( )

, z r

( )

!C0

2

( )

" . Questa proprietà è una diretta conseguenza dell’identità (3.31) e del fatto che le funzioni sono uguali a zero sulla frontiera di !. Lasciamo al Lettore la dimostrazione. Non è per caso che !2 e LM siano entrambi auto-aggiunti. Si consideri la forma bilineare aTLMc . Posto

(13)

s r

( )

= ahwh

( )

r

h=1

!

M , (3.60)

z r

( )

= chwh

( )

r

h=1

!

M , (3.61)

e tenendo presente che

aTLMc= ahlhkck

k=1

!

M h=1

!

M = ah "wh,"wk ck k=1

!

M h=1

!

M , (3.62)

si ha immediatamente

aTLMc= !s,!z = " s,!2z . (3.63) La matrice LM è definita positiva, cioè

aTLMa> 0 !a " 0 . (3.64) Infatti, dalla (3.63) si ha

aTLMa= !s,!s = !s2dV

"

###

. (3.65)

Allora si ha aTLMa> 0 per !s " 0 e aTLMa= 0 per !s = 0, cioè per s r

( )

costante in

!. Essendo s r

( )

uguale a zero sulla frontiera di !, le funzioni s r

( )

costanti sono solo quelle uguali a zero ovunque in !. In conclusione, aTLMa= 0 se e solo se a = 0 , altrimenti la forma quadratica aTLMa è positiva.

Lo stesso risultato può essere ottenuto risolvendo il problema di Dirichlet attraverso la formulazione variazionale illustrata in § 1.8.4. Il minimo del funzionale J v

( )

è cercato nello spazio a dimensione finita UM

0 . Si lascia al lettore la dimostrazione.

3.2.2 Problema di Neumann

La forma debole per l’equazione di Poisson con condizioni al contorno tipo Neumann consiste nel determinare la funzione u= u r

( )

!H1

( )

" tale che sia verificata la (3.45). Si procede come nel problema di Dirichlet. La soluzione viene cercata in un sottospazio a dimensione finita UM di H1

( )

! . Una soluzione approssimata della (3.45) può essere espressa nella stessa forma della (3.51),

(14)

uM

( )

r = ahwh

( )

r

h=1

!

M . (3.66)

I coefficienti ah sono determinati imponendo che la (3.45) sia verificata per ogni p!UM. Le funzioni peso possono essere espresse in forma analoga alla (3.66),

p r

( )

= chwh

( )

r

h=1

!

M . (3.67)

Al variare dei coefficienti ch nel campo reale la (3.67) dà tutte le funzioni appartenenti a WM. Come per il problema di Dirichlet, essendo le funzioni di base linearmente indipendenti, imporre la (3.45) per ogni funzione peso (3.67) equivale ad imporla per ogni funzione base wh. Sostituendo la (3.66) nella (3.45) e imponendo che sia verifica per ogni funzione di base wh otteniamo

! "ph,"wk ak

k=1

#

M = ph, f ! phqdS

! &&

$% h= 1,2,..., M , (3.68) ovvero

LMaM = !bM (3.69)

dove la matrice LM e il vettore incognito a hanno espressioni analoghe a quelle ottenute per il problema di Dirichlet, mentre il vettore dei termini noti bM ha componenti

bh = ph, f ! phqdS

"#

! $$

. (3.70)

Anche per questo problema la matrice LM è simmetrica, ma non è definita positiva. Nel problema di Neumann accade che la matrice LM è semidefinita positiva, cioè

aTLMa! 0 per a! 0. (3.71)

A differenza di quanto accade per il problema di Dirichlet, esiste almeno un vettore ˆa! 0 tale che ˆaTLMˆa= 0 . Infatti, come per il problema di Dirichlet si ha

aTLMa= !s,!s = !s2dV

"

###

. (3.72)

Essendo, in questo caso, s r

( )

! 0 sulla frontiera di !, la funzione s può essere costante e diversa da zero in !, quindi esiste almeno un ˆa! 0 per cui ˆaTLMˆa= 0 . Gli elementi

(15)

di ˆa sono i gradi di libertà dell’espansione (3.66) di una funzione costante in !. Questo risultato, ovviamente, è valido solo se è possibile rappresentare una funzione costante attraverso la base BM. Su questa questione torneremo in seguito quando affronteremo il problema della scelta delle funzioni di base.

Assumiamo, per il momento, che attraverso la base BM sia possibile rappresentare una funzione costante su !. Essendo LM simmetrica e semidefinita positiva si ha che essa ha almeno un autovalore uguale a zero e, quindi, non è invertibile. E’ un problema? In realtà, come ora vedremo, non c’è nessun problema, perché l’insieme di equazioni (3.68) è un insieme di equazioni linearmente dipendenti e il rango della matrice LM è M ! 1. Le equazioni indipendenti del sistema (3.68) sono M ! 1. Ora dimostriamo questo risultato.

Siano gli elementi di ˆa i gradi di libertà della funzione unitaria in !,

ˆs r

( )

= ˆahph

( )

r

h=1

!

M = 1. (3.73)

Moltiplichiamo ambo i membri dell’equazione (3.68) per ˆah e poi sommiamo ambo i membri di tutte le equazioni così ottenute per h= 1,2,..., M . Abbiamo:

! ˆah"ph

h=1

#

M ,"wk ak k=1

#

M = ˆahph

h=1

#

M , f ! ˆahph

h=1

#

M qdS

! &&

$% , (3.74)

ovvero

! "ˆs,"wk ak

k=1

#

M = ˆs, f ! ˆsqdS

! &&

$% . (3.75)

A causa della (3.73) e della condizione di compatibilità tra i dati (3.46) la (3.75) è un’identità, quindi le M equazioni (3.68) sono linearmente dipendenti.

Il rango della matrice LM è M ! 1. Si elimini, ad esempio, l’ultima riga della matrice LMe si indichi con !LM la matrice M

(

! 1

)

" M ! 1

( )

così ottenuta. Per !LM si ha

!aT!LM!a= !!s,!!s = !!s2dV

"

###

(3.76)

dove

!s r

( )

= !ahwh

( )

r

h=1 M!1

"

. (3.77)

L’aver eliminato un grado di libertà non consente, in generale, di rappresentare più una funzione costante sul dominio !, a meno che non sia identicamente nulla. Di conseguenza, la matrice !LM è definita positiva, quindi è invertibile. In conclusione, il sistema (3.69) ammette infinite soluzioni. La soluzione è unica se si fissa il valore di un grado di libertà nell’espansione (3.66). Il valore di questo grado di libertà non può che

(16)

essere arbitrario. Ciò è in accordo con il fatto che il problema di Neumann ha un’unica soluzione a meno di una costante additiva arbitraria.

3.2.3 Analisi del metodo di Galerkin

Ci soffermeremo, ora, brevemente su queste tre questioni generali:

- esistenza ed unicità della soluzione dell’equazione di Galerkin;

- stabilità della soluzione dell’equazione di Galerkin;

- convergenza della soluzione dell’equazione di Galerkin alla soluzione esatta.

La soluzione del problema di galerkin esiste ed è unica in conseguenza del fatto che la matrice LM è definita positiva.

La soluzione del problema di Galerkin è stabile perché l’inversa della matrice LM è limitata per ogni M (quindi anche per M ! " ), allo stesso modo di quanto si verifica nel metodo delle differenze finite.

Infine la soluzione del metodo di Galerkin converge alla soluzione del problema esatto se per M ! " lo spazio UM tende allo spazio intero U .

3.3 Metodo degli elementi finiti

La scelta delle funzioni di base è fatta, sostanzialmente, in base a due esigenze contrastanti:

i) le funzioni devono appartenere allo spazio H1

( )

! , perché devono avere derivate a quadrato integrabili;

ii) la complessità e il costo computazionale per calcolare la matrice LM e il termine noto b devono essere ridotti al minimo.

Come al solito, solo allo scopo di semplificare la trattazione, tratteremo prima il caso di domini monodimensionali e poi estenderemo i risultati a domini più generali bidimensionali e tridimensionali.

Il metodo degli elementi finiti consiste:

a) nel partizionare il dominio di definizione del problema ! in domini

“elementari”, detti elementi finiti;

b) nello scegliere come funzioni di base funzioni di H1

( )

! che hanno come supporto solo elementi finiti contigui.

Un “elemento finito” è un dominio di ! con dimensioni molto più piccole della più piccola lunghezza caratteristica su cui la soluzione varia in modo significativo. Attraverso una scelta opportuna della forma e del numero di elementi finiti è possibile partizionare adeguatamente domini di forma complessa. Il “supporto” di una funzione è la parte del

(17)

suo dominio di definizione dove è diversa da zero (quasi ovunque). Già si intuisce che il metodo degli elementi finiti, a differenza del metodo delle differenze finite, consente di risolvere in maniera adeguata problemi definiti su domini geometricamente complessi.

Altre scelte sono ovviamente possibili per le funzioni di base. Ad esempio, i metodi spettrali impiegano come funzioni di base funzioni che hanno come supporto l’intero dominio di definizione e sono ortogonali, cioè

wh, wk =!hk. (3.78)

Ad un costo computazionale più elevato se confrontato con quello degli elementi finiti non è detto che corrisponda sempre una maggiore accuratezza.

3.3.1 Domini monodimensionali

L’obiettivo di questa sezione è costruire un sottospazio UM per domini monodimensionali. Introduciamo una partizione T!, in generale non uniforme, dell’intervallo 0,l

[ ]

in N+ 1 sottointervalli Ih = x

[

h!1, xh

]

, h= 1,2,..., N + 1. Il generico sottointervallo Ih è un elemento finito della partizione T!, Figura 3.1 . Il pedice ! nel simbolo T! sta ad indicare la lunghezza dell’elemento finito più grande. La partizione T! definisce una griglia G! costituita dai nodi xk, k= 0,1,..., N + 1, e dagli elementi Ih. In ciascun nodo interno incidono due elementi finiti, mentre in un nodo di frontiera incide un solo elemento finito.

Figura 3.1 Griglia di un dominio monodimensionale.

Il modo più semplice ed efficace di costruire una base per UM consiste nell’utilizzare funzioni che hanno supporto o in due elementi contigui, interni al dominio di definizione, o in un elemento finito che comprende uno dei due nodi di frontiera. Lo spazio generato da funzioni di base che hanno come supporto un solo elemento finito interno non sarebbe adeguato, perché tutte le funzioni di questo spazio sarebbero uguali a zero nei nodi (ricordiamo che le funzioni devono essere continue). Con questa scelta ad ogni nodo della griglia è associata una funzione di base: la funzione wh = wh

( )

x associata al nodo h ha supporto negli elementi finiti che incidono nel nodo h. Siccome la funzione wh

( )

x deve essere continua, essa deve essere uguali a zero nei nodi contigui h

(

! 1

)

e h

(

+ 1

)

se h è

un nodo interno; se h= 0 wh

( )

x deve essere uguale a zero nel nodo 1; se h= N + 1 wh

( )

x deve essere uguale a zero nel nodo N . Una conseguenza molto interessante di questa scelta è che gli elementi

(18)

lhk = dwh dx

dwk dx dx

0

!

l h, k= 1,2,..., N (3.79)

della matrice LM corrispondenti a coppie di funzioni di base wh

( )

x , wk

( )

x con supporti a intersezione vuota sono uguali a zero, di conseguenza LM è fortemente sparsa. Il supporto di wh

( )

x è l’unione degli intervalli Ih e Ih+1. Di conseguenza solo i supporti di wh!1

( )

x e wh+1

( )

x hanno intersezione non vuota con il supporto di wh

( )

x . Pertanto, nel caso monodimensionale la matrice LM è tridiagonale.

Il numero di funzioni wh

( )

x è uguale al numero dei nodi interni della griglia più il numero di nodi di frontiera. Le funzioni wh

( )

x , h= 0,1,...., N + 1, costituiscono un insieme di funzioni indipendenti perché esse hanno supporti diversi e, quindi, sono una base per uno sottospazio WM di dimensione M = N + 2 .

E’ comodo scegliere le funzioni di base wh

( )

x in modo tale che wh

( )

xh = 1 (elementi finiti lagrangiani). In conseguenza di ciò si ha

u x

( )

h = uh = ah, (3.80)

cioè i gradi di libertà coincidono con i valori della funzione incognita nei nodi della griglia G!. Allora, per gli elementi finiti lagrangiani si ha, in generale,

wh

( )

xk =!hk (3.81)

dove !hk è il simbolo di Kronecher

!hk = 1 se h= k, 0 se h" k.

#$

% (3.82)

Abbiamo fino ad ora definito una serie di proprietà generali della base costruita attraverso gli elementi finiti. Resta ancora da specificare l’andamento delle funzioni di base nei rispettivi supporti.

3.3.1.1 Lo spazio X!1

[ ]

0,l

Il modo più semplice ed efficace di costruire funzioni di base appartenenti a H1

( )

0,l consiste nel considerare funzioni continue e lineari a tratti, vedi Nota 7. Indichiamo con

X!1 lo spazio composto dalle funzioni continue e lineari a tratti sulla partizione T!, Figura 3.1. Le funzioni di base di questo spazio che verificano le condizioni sopra descritte sono illustrate in Figura 3.2 e le espressioni analitiche sono

(19)

w0

( )

x = x1! x x1! x0

per x0 " x " x1, (3.83)

wh

( )

x =

x! xh!1 xh! xh!1

per xh!1" x " xh xh+1! x

xh+1! xh per xh " x " xh+1 0 altrove

#

$

%%

%

&

%%

%

h= 1,2,..., N, (3.84)

wN+1

( )

x = x! xN+1 xN+1! xN

per xN " x " xN+1. (3.85)

Figura 3.2 Funzioni di base dello spazio X!1

[ ]

0,l . 3.3.1.2 Problema di Dirichlet

Applichiamo quanto appena descritto al problema di Dirichlet. La base BM0 è data da BM

0 = w

{

1

( )

x , w2

( )

x ,..., wN

( )

x

}

, (3.86)

e la funzione di contorno u!

( )

x è data da

u!

( )

x = u0w0

( )

x + ulwl

( )

x . (3.87) La dimensione di BM0 è N . Gli integrali (3.79) possono essere calcolati analiticamente. In particolare, per una griglia uniforme si ha

(20)

lhk =

! 1

"x per k = h + 1 e k = h ! 1 2

"x per h= k 0 negli altri casi

#

$

%%

%

&

%%

%

(3.88)

dove !x è la lunghezza dell’elemento finito. Per determinare il vettore dei termini noti bisogna calcolare gli integrali

dwh dx

dw0 dx dx

0

!

l , dwdxh dwdxldx 0

!

l , wh

( )

x f x

( )

dx 0

!

l h= 1,2,..., N . (3.89)

I primi due integrali sono facilmente valutabili analiticamente. Si ha dwh

dx dw0

dx dx

0

!

l =" #x1 $h1, dwdxh dwdxl dx 0

!

l = "#x1 $hN. (3.90)

In generale, il terzo integrale non può essere valutato analiticamente, può essere valutato solo numericamente. Si ha immediatamente che

wh

( )

x f x

( )

dx

xh!1 xh+1

"

= wh

( )

x f x

( )

dx

xh!1 xh

"

+ wh

( )

x f x

( )

dx

xh xh+1

"

. (3.91)

Una valutazione approssimata dei due termini nella (3.91), adeguata al nostro scopo, può essere ottenuta utilizzando il metodo dei trapezi (vedi Nota 7). Applicando il metodo dei trapezi si ha

wh

( )

x f x

( )

dx

xh!1 xh

"

= #xwh

( )

xh!1 f x

( )

h!12+ wh

( )

xh f x

( )

h + O #x

( )

2 , (3.92)

e

wh

( )

x f x

( )

dx

xh xh+1

!

= "xwh

( )

xh+1 f x

( )

h+12+ wh

( )

xh f x

( )

h + O "x

( )

2 . (3.93)

Siccome wh

( )

xh!1 = wh

( )

xh+1 = 0 e wh

( )

xh = 1, combinando le (3.92) e (3.93), e trascurando i termini O

( )

!x2 si ha che

(21)

wh

( )

x f x

( )

dx

xh!1 xh+1

"

# $xfh; (3.94)

si commette un errore che tende a zero come !x2 per !x2 " 0 . A questo punto possiamo valutare il termine noto. Utilizzando le (3.20), (3.90) e (3.94), dalla (3.55) si ha

bh = !xfh" u0

!x#h1" ul

!x#hN h= 1,2,..., N . (3.95) Riassumendo abbiamo,

LN = 1

!x

2 "1 0 0 ... 0

"1 2 "1 0 ... 0 0 "1 2 "1 ... 0 ... ... ... ... ... ...

0 ... 0 "1 2 "1

0 ... 0 0 "1 2

. (3.96)

e

bN = !x f1" u0 /!x2, f2,..., fN"1, fN " ul /!x2 T. (3.97) La matrice LM ha inversa limitata. In questo caso è facile verificare che il sistema (3.56) coincide con il sistema trovato con il metodo delle differenze finite.

Si può dimostrare che l’errore ! , definito come

! = 1

l u"# uM 2dx

0

$

l

%

&

' (

)*

1/2

, (3.98)

tende a zero come !x2 per !x " 0. Come al solito con u! = u!

( )

x indichiamo la soluzione esatta del problema in esame. Invece, l’errore sulla derivata prima della soluzione " , definito come !

" =! 1

l u!#$ !uM 2dx

0

%

l

&

'( )

*+

1/2

, (3.99)

tende a zero come !x per !x " 0.

(22)

3.2.1.2 Problema di Neumann

Consideriamo, ora, il problema di Neumann. La base BM è data da

BM = w

{

0

( )

x , w1

( )

x , w2

( )

x ,..., wN

( )

x , wN+1

( )

x

}

. (3.100)

La dimensione di BM è N

(

+ 2

)

. In questo caso la matrice LM ha dimensione N

(

+ 2

)

.

Abbiamo per h, k= 0,1,..., N + 1,

lhk =

! 1

"x per k= h + 1 e k = h ! 1;

1

"x

(

2!#h0 !#hN+1

)

per h= k;

0 negli altri casi.

$

%

&

&

&

'

&

&

&

(3.101)

Il termine noto è dato da

bh =

!x

2 f0" q0,

!xfh per 1# h # N,

!x

2 fN+1+ ql.

$

%

&

&

'

&

&

(3.102)

Il sistema di equazioni da risolvere è,

1

!x

1 "1 0 0 ... 0

"1 2 "1 0 ... 0 0 "1 2 "1 ... 0 ... ... ... ... ... ...

0 ... 0 "1 2 "1

0 ... 0 0 "1 1

a0 a1 a2 ...

aN aN+1

= "

0.5 f0!x " q0 f1!x f2!x ...

fN!x 0.5 fN+1!x + ql

. (3.103)

Il sistema (3.103) è diverso da quella che si ottiene con il metodo delle differenze finite.

Si noti, inoltre, che la matrice è diversa da quella ottenuta per il problema di Dirichlet.

Al secondo ordine in !x le equazioni del sistema (3.103) sono linearmente dipendenti. Infatti, la matrice ha rango N

(

+ 1

)

e la condizione di compatibilità dei dati dà

0.5!xf0" q0

( )

+ fh!x

h=1

#

N + 0.5!xf

(

N+1+ ql

)

+ O !x

( )

3 = 0 . (3.104)

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