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Academic year: 2021

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PARTE CLINICA

Riportiamo qui la nostra casistica clinica, riferibile a nove casi affetti da alcune delle principali patologie a carico delle varie articolazioni; tali casi sono costituiti da quattro castroni e 5 femmine, dall’età compresa tra 2 e 14 anni.

Tutti i soggetti sono stati sottoposti alla visita clinica e all’esame ecografico, sette dei nove soggetti sono stati sottoposti all’esame radiografico, otto al test di flessione e uno ad anestesia diagnostica, due a quello artroscopico, e due all’esame del liquido sinoviale.

In tutti i casi, l’esame ecografico è servito a rendere completa la raccolta delle informazioni cliniche del soggetto e a poter stabilire la diagnosi definitiva.

CASO PATOLOGIA RAZZA SESSO ETA’ USO

1 Frattura Parcellare della Porzione

Dorsoprossimale della prima falange

PSI C 2 anni Galoppo

2 Ossificazione del Lega-mento coll. del nodello

MS F 6 Galoppo

3 Artrite Traumatica del nodello

PSI C 10 Sella

4 Frattura dei collo dell’ileo e dell’acetabolo

PSI F 2 Galoppo

5 Lesioni Meniscali PSA F 14 Western 6 Ematoma Periarticolare

della grassella sinistra

PSA C 5 Galoppo 7 Sinovite dell’articolazione Tibiotarsica MS C 8 Equitazio ne 8 Desmite del Legamento

collaterale mediale dell’articolazione Tibio-tarsica

MS F 5 Equitazio

ne 9 Artrite settica

dell’arti-colazione Tibiotarsica

PSI F 7 Fattrice

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CASO 1

FRATTURA

PARCELLARE

DELLA

PORZIONE

DORSOPROSSIMALE DELLA PRIMA FALANGE

Si tratta di un purosangue inglese castrone di due anni utilizzato per le corse al galoppo in piano presentato per zoppia a livello dell’arto anteriore sinistro. L’anamnesi non riportava traumi conosciuti e non venivano riferite notizie precise sull’insorgenza dei sintomi.

Alla visita clinica era presente una lieve effusione dell’articolazione metacarpofalangea sinistra.

Il soggetto presentava zoppia di primo grado a carico dell’arto anteriore sinistro. Il test della flessione era positivo.

L’anestesia diagnostica intrarticolare dell’articolazione metacarpofalangea eliminava completamente la zoppia.

L’esame radiografico evidenziava la presenza di un frammento osteocondrale della porzione dorsoprossimale mediale della prima falange (fig 1). L’esame radiografico dell’articolazione metacarpofalangea destra era nella norma.

L’esame ecografico, eseguito con sonda lineare da 7,5 MHz, confermava la presenza del frammento intrarticolare ed inoltre metteva in evidenza un lieve ispessimento della plica sinoviale dorsale dell’articolazione metacarpofalangea sinistra (fig. 2, 3).

Il soggetto veniva sottoposto ad intervento artroscopico in anestesia generale con rimozione del frammento e lavaggio articolare; la plica sinoviale ipertrofica veniva rimossa con forbici da artroscopia.. Il soggetto veniva tenuto a riposo in box e successivamente sottoposto ad un programma di esercizio controllato.

I frammenti osteochondrali (“chip”) sono una patologia comune del cavallo da corsa, soprattutto del cavallo purosangue da galoppo in piano. (Stashak

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2002). Gli arti anteriori sono più frequentemente colpiti. Essi sono di origine traumatica e si formano generalmente in seguito ad un allenamento troppo intenso e ad alta velocità.

Da un punto di visto patogenetico, l’estensione massima del nodello, incrementata anche dalla stanchezza nelle fasi finali del lavoro o della corsa, comporta una compressione ripetuta della porzione dorsoprossimale della prima falange sulla fisi distale del metacarpo (Stashak 2002). La maggior parte di queste fratture coinvolge la faccia dorsale della porzione prossimale della prima falange, appena lateralmente o, più di frequente, medialmente al piano sagittale. Questo stesso meccanismo inoltre induce spesso una ipertrofia della plica sinoviale dorsale del nodello, che è un ammortizzatore naturale delle concussioni tra prima falange e terzo metacarpo (Stashak 2002). L’ipertrofia e la progressiva fibrosi di questa struttura portano con il tempo alla comparsa di segni clinici e zoppia.

Clinicamente si riscontra effusione sinoviale, zoppia di vario grado e positività al flexing test.

Questi segni clinici sono più intensi durante i primi giorni, si attenuano con un periodo di riposo per poi ripresentarsi alla ripresa del lavoro. L’anestesia diagnostica perineurale o intrarticolare confermano la regione del nodello come sede di zoppia.

L’esecuzione di un esame radiografico completo della regione (proiezione LateroMediale, DorsoPalmare, DorsolateralePalmaromediale obliqua e DorsomedialePalmarolaterale obliqua, eventualmente proiezioni addizionali particolari) conferma la diagnosi di frattura parcellare e permette di evidenziare la posizione del frammento.

In questi casi l’esame ecografico è complementare all’esame radiografico, permettendo di confermare la posizione del frammento. L’ esame ecografico non è indispensabile soprattutto se il soggetto viene sottoposto ad intervento artroscopico, tuttavia la valutazione delle strutture molli intra e periarticolari, in particolare della plica sinoviale dorsale, può fornire una valutazione prognostica in vista di un possibile intervento (Denoix 1994, 1997).

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La terapia di elezione è la rimozione per via artroscopica del frammento/i. (Stashak 2002). Questa tecnica consente inoltre la visualizzazione di buona parte dell’articolazione e dà quindi la possibilità di individuare e trattare chirurgicamente altre lesioni, come ad esempio una sinovite proliferativa o una lesione cartilaginea del condilo metacarpale.(Stashak 2002)

Fig 1 Proiezione dorsolaterale-palmaromediale obliqua dell’articolazione

metacarpofalangea sinistra. E’ visibile un frammento osteocondrale a livello della porzione dorsoprossimale mediale della prima falange.

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Fig.2

Scansione longitudinale, parasagittale mediale della regione metacarpofalangea sinistra. E’ visibile, evidenziato dai cursori il frammento osteocondrale, e sulla sinistra, superficialmente alla linea del condilo mediale del terzo metacarpo, la plica sinoviale ipertrofica.

Fig. 3 Scansione parasagittale mediale della regione metacarpofalangea dorsale sinistra, particolare della porzione prossimale della prima falange. E’ ben visibile il frammento osteocondrale.

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CASO 2

DESMITE CRONICA DEL LEGAMENTO COLLATERALE

DEL NODELLO

Si tratta di un mezzosangue femmina di sei anni utilizzato per corse al galoppo in piano che veniva presentato alla visita per una tumefazione della faccia mediale del nodello dell’arto anteriore sinistro.

Questa tumefazione, presente da un mese prima della visita, si era formata come esito della guarigione di una ferita. Il soggetto era al momento della visita a riposo.

All’esame clinico la tumefazione era prontamente rilevabile, di consistenza dura: non era presente calore o risentimento alla palpazione profonda della regione. All’esame dinamico non era presente zoppia ed il test di flessione era negativo.

L’esame radiografico della regione metacarpofalangea sinistra non evidenziava alterazioni.

L’esame ecografico eseguito con sonda lineare da 7,5 MHz evidenziava un lieve aumento di dimensioni del legamento collaterale mediale. Erano presenti nell’ambito del legamento alcuni foci iperecogeni. (fig.4)

E’ stata emessa diagnosi di desmite cronica post-traumatica del legamento collaterale mediale.

E’ stato consigliato un periodo di esercizio controllato prima di riprendere l’attività agonistica. Non è stato possibile eseguire il controllo ecografico previsto a due mesi dal primo esame.

La desmite dei legamenti collaterali dell’articolazione metacarpofalangea è una lesione non comune nel cavallo (Philips 1986). E’caratterizzata da una tumefazione moderata e da segni clinici variabili.

Queste lesioni, cronicizzando portano allo sviluppo di foci iperecogeni legati a fenomeni di fibrosi; alcune di essi creano delle ombre acustiche;

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caratteristiche dei processi di mineralizzazione. Questi foci riflettono generalmente una situazione cronica. Se sono molto estesi e se vi sono ombre acustiche, rendono difficile l’esame delle strutture circostanti. La scansione trasversale rivela l’aumento dello spessore del legamento.

Il soggetto in esame mostrava un quadro clinico quiescente essendo la lesione di lieve entità ed essendo ormai trascorsa la fase acuta in cui probabilmente erano presenti zoppia e segni locali più evidenti.

Essendo questi processi conseguenza subdola di una patologia o un insulto precedente, l’eziologia rimane spesso non identificata. L’iniezione locale di corticosteroidi deposito può causare fenomeni di fibrosi e calcificazione distrofica. Se il danno legamentoso è importante, l’instabilità articolare porterà allo sviluppo di osteoartrite secondaria ed aggravamento del quadro con ulteriore progressione dei fenomeni di fibrosi e calcificazione del legamento leso. L’ossificazione vera e propria del legamento in genere è associata ad una zoppia cronica e permanente.

Fig. 4 . Scansione longitudinale della porzione mediale dell’articolazione metacarpofalangea sinistra. Il legamento collaterale mediale presenta, nella sua compagine, piccoli foci iperecogeni.

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CASO 3

ARTRITE TRAUMATICA

Si tratta di un purosangue inglese castrone di 10 anni ritirato dalle corse da sei mesi.

L’anamnesi riferiva di una grave zoppia acuta con gonfiore e calore a carico dell’arto posteriore destro, associata a piressia, insorta tre settimane precedentemente alla visita.

Il soggetto presentava un gonfiore localizzato a livello della faccia dorsolaterale del nodello dell’arto posteriore destro. A questo livello era inoltre presente una piccola ferita in via di guarigione Alla palpazione, la regione era calda e dolente. La manipolazione del nodello provocava una intensa reazione algica.

All’esame in movimento era evidente una zoppia di secondo grado al passo e di terzo grado al trotto

All’esame radiografico, in proiezione dorso-plantare erano apprezzabili alcune aree radiopache irregolari a livello della porzione dorsolaterale dell’articolazione metacarpofalangea (fig.5 )

All’esame ecografico eseguito con sonda lineare da 7,5 MHz era evidente una reazione infiammatoria del sottocute ed una sinovite cronica; era inoltre presente un marcato ingrossamento del legamento collaterale laterale dell’articolazione metacarpofalangea. Lo stesso presentava aree ipoecogene irregolari; era inoltre presente entesiofitosi ed una piccola avulsione a livello dell’inserzione del legamento sul terzo metacarpo. (fig. 6 )

Veniva eseguito un prelievo di liquido sinoviale che rivelava un aumento delle cellule nucleate (2500/l) e delle proteine (3,2 g/dl). L’esame colturale del liquido sinoviale dava esito negativo.

Sulla base di questi reperti veniva emessa diagnosi di artrite traumatica associata a sepsi dell’articolazione metacarpofalangea destra.

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Il cavallo veniva sottoposto ad esame artroscopico per valutare l’articolazione, rimuovere detriti intrarticolari ed eseguire un lavaggio articolare; al termine del lavaggio venivano iniettati nell’articolazione 500 mg di amikacina.

Veniva praticata una terapia antibiotica per via generale a base di Penicillina procaina (1000000 UI/q bid) e Gentamicina (6,6 mg/Kg sid).

L’arto veniva fasciato con un bendaggio di Robert-Jones; il cavallo veniva tenuto a riposo in un piccolo paddock per due settimane e quindi sottoposto ad un programma di esercizio controllato.

L’artrite traumatica può essere la conseguenza di un evento traumatico acuto di un trauma ripetuto e continuativo come può essere l’attività sportiva di un cavallo da corsa.

L’artrite traumatica è associata ad una o più delle seguenti alterazioni: a) Sinovite

b) Capsulite

c) Danno dei legamenti circostanti d) Fratture intrarticolari

e) Lesioni meniscali (articolazioni femorotibiali)

A seconda del quadro clinico è stata proposta la seguente classificazione (Stashak 2002):

TIPO 1: Sinovite e capsulite traumatica

TIPO 2: Sinovite e capsulite traumatica con lesioni cartilaginee e delle strutture circostanti (legamenti),fratture intrarticolari.

TIPO 3: Osteoartrite post-traumatica con rottura e/o lacerazione completa di legamenti, deformità, movimenti limitati o instabilità dell’articolazione.

Il soggetto in esame presentava una artrite traumatica probabilmente insorta seguito di un unico trauma non identificato che aveva inoltre portato

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all’instaurarsi di una sepsi intrarticolare, come rilevato dall’esame del liquido sinoviale e dal successivo esame artroscopico.

L’esame ecografico in questo caso è stato fondamentale per diagnosticare la presenza di una lesione del legamento collaterale laterale, dato importante da un punto di visto terapeutico e prognostico una volta debellata la sepsi intrarticolare.

Le artriti settiche costituiscono un problema non infrequente nel cavallo , sia successivamente ad iniezioni intrarticolari diagnostiche o terapeutiche , sia come conseguenza di ferite penetranti anche apparentemente di lieve entità. (Morton 2005). Il metodo diagnostico di elezione è in questo caso costituito dall’analisi di laboratorio ed eventuale coltura del liquido sinoviale (quest’ultima di esito in genere negativo qualora il soggetto sia già stato sottoposto a terapia antibiotica). L’esame ecografico può essere in questi casi utile nell’evidenziare l’aumento di liquido sinoviale e la presenza di sinovite (Reef 1998).

Fig. 5. Proiezione dorso-plantare della regione metatarsofalangea destra. Sono presenti, a livello dell’inserzione prossimale del legamento collaterale mediale alcune aree radiopache irregolari.

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Fig.6. Scansione trasversale della porzione mediale della regione metatarsofalangea destra. E’presente edema sottocutaneo, il legamento collaterale mediale appare ingrossato ed ipoecoico e si osserva un piccolo frammento da avulsione dall’inserzione del legamento collaterale mediale.

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CASO 4

FRATTURA DI COLLO DELL’ILEO E DELL’ACETABOLO

Si tratta di una femmina di razza purosangue inglese di 2 anni, utilizzata per corse al galoppo in piano. Il soggetto era stato trovato in box in decubito laterale ed era stato necessario l’utilizzo di un’imbracatura per farlo rialzare e mantenerlo in stazione. Era presente una zoppia di quinto grado a carico dell’arto posteriore sinistro.

Il soggetto era stato sottoposto a terapia analgesica a base di flunixin-meglumine (1.1 mg/Kg sid)

All’esame clinico era presente un forte risentimento alla palpazione della tuberosità sacrale e coxale di sinistra ed alla palpazione profonda della regione glutea e della porzione prossimale e mediale della regione della coscia. Era presente scroscio. Reazione algica intensa e percezione di scroscio erano rilevabili anche alla palpazione per via rettale. Non era possibile manipolare l’arto a causa dell’intensa dolorabilità.

Veniva emessa diagnosi clinica di frattura comminuta dell’ileo.

I proprietari decidevano di tentare una terapia conservativa e la cavalla veniva sospesa in box mediante una imbracatura.

Ad un mese dal trauma, permanendo grave il quadro clinico e per una valutazione più accurata, utile soprattutto da un punto di vista prognostico veniva richiesto l’esame ecografico della regione.

Questo veniva eseguito per via percutanea a livello della regione glutea con una sonda convex da 3,5 MHz e per via transrettale con una sonda lineare da 5 MHz.

Veniva confermata la presenza di una frattura completa e scheggiosa del collo dell’ileo; era inoltre presente una frattura comminuta a livello dell’acetabolo (fig.7,8 )

La prognosi per il ritorno all’attività atletica era infausta; inoltre veniva emessa una prognosi grave anche quo ad vitam.

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Dopo due mesi veniva eseguito un controllo ecografico che non rilevava alcun segno di guarigione della frattura.

Di fronte a questo quadro ed in considerazione delle condizioni generali della cavalla che andavano progressivamente deteriorando, i proprietari decidevano di sottoporre il soggetto ad eutanasia.

Le fratture della pelvi non sono un reperto comune nel cavallo. Possono essere coinvolti l’ala o il collo dell’ileo, il tuber coxae, la sinfisi pubica, il foro otturato, l’acetabolo e l’ischio. (Stashak 2002)

Le fratture dell’ileo sono caratteristiche dei cavalli adulti che saltano degli ostacoli ad alta velocità, mentre le fratture a livello del pube, dell’ischio e dell’acetabolo si osservano maggiormente nei giovani cavalli.

La frattura a livello dell’acetabolo avviene quando un cavallo scivola o quando gli arti posteriori fanno una spaccata. Anche un’iperestensione dell’arto o la caduta del treno posterioe sull’articolazione possono esserne la causa.

I segni clinici variano con la posizione ed il tipo di frattura. La zoppia è sempre di grave entità. La groppa di solito risulta più bassa dal lato della frattura. Normalmente è presente una tumefazione dovuta a edema e/o emorragia, anche a livello della vulva o vagina. La manipolazione dell’arto interessato, se eseguibile, causa dolore; si può percepire scroscio. (Stashak 2002)

La diagnosi dipende dai segni clinici e dall’esame rettale. Se possibile, si può far muovere il cavallo durante l’esplorazione rettale, per poter apprezzare scroscio, frammenti ossei ed ematomi

L’esame radiografico in anestesia generale, che, in presenza di un apparecchio radiologico sufficientemente potente, consente i migliori risultati diagnostici, non è attuabile in caso di fratture accertate o presunte per il rischio legato alla fase del risveglio. May e coll.(1991) descrivono una tecnica di esecuzione dell’esame radiografico del bacino del cavallo in stazione quadrupedale.

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L’esame ecografico è attualmente la tecnica di elezione nella diagnosi delle fratture pelviche. (Shepherd 1994) .

Per ottenere le maggiori informazioni diagnostiche è necessario eseguire l’esame per via transcutanea con una sonda convex da3,5 MHz e per via transrettale con una sonda da 5 MHz. Le fratture dell’acetabolo sono più difficili da diagnosticare, in quanto l’area acetabolare è anatomicamente complessa; è situata più profondamente ed i contorni delle sue ossa cambiano continuamente; quindi, non tutte le strutture sono evidenziabili. Il grande trocantere del femore può servire come punto di riferimento.

(Shepherd 1994)

La regione acetabolare normale è rappresentata da una linea iperecogena continua e liscia che appartiene al cercine acetabolare. Il grande trocantere del femore si trova vicino alla superficie cutanea ed è rappresentato da una linea iperecogena che si porta in basso e verso il cercine acetabolare. A volte si può apprezzare una zona ipoecogena, la cavità articolare (Reef 1998). Nei puledri, vi può essere una linea convessa iperecogena partendo dal grande trocantere che rappresenta la testa del femore.(Shepherd 1994) Una frattura semplice viene evidenziata con una linea ipoecogena di discontinuità della corticale, mentre una frattura multipla o comminuta o dislocata è caratterizzata da più linee discontinue e situate su diversi piani. Un callo osseo si presenterà con una zona a superficie irregolare con un’ecogenicità eterogenea. (Reef 1998)

E’ a volte possibile apprezzare una distensione dell’articolazione coxo-femorale.

Per quanto riguarda il trattamento di queste fratture, ad oggi non vi sono interventi terapeutici al di là del riposo prolungato in box, se necessario utilizzando un’imbracatura in caso di fratture molto scomposte e comunque in caso di mancato appoggio dell’arto interessato.

La prognosi dipende da molti fattori, come il tipo di frattura, l’età, le condizioni generali e l’utilizzo del cavallo.

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Le fratture dell’acetabolo esitano invariabilmente in un processo degenerativo dell’articolazione coxo-femorale (Shepherd 1994). Spesso si forma un callo osseo di notevoli dimensioni che restringe il diametro del canale pelvico, fattore da considerare nel caso il soggetto in questione sia di sesso femminile con una potenziale carriera riproduttiva.

Fig.7. Ecografia dell’articolazione coxo-femorale sinistra per via transcutanea. I margine articolari dell’osso coxale appaiono fortemente irregolari e si visualizza un’osteoproliferazione peri-articolare a livello della porzione coxale dell’articolazione lesa. E’ presente anche una distensione sinoviale articolare. Il quadro ecografico è compatibile con un’artropatia coxo-femorale sub-acuta o cronica.

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Figura 8 : Ecografia dell’articolazione coxo-femorale sinistra per via

transrettale. La linea iperecogena, corrispondente alla superficie acetabolare sinistra, appare interrotta ed irregolare. Tale reperto è indicativo di una discontinuità ossea per frattura acetabolare.

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CASO 5

LESIONE MENISCALE

Si tratta di un soggetto di razza Quarter Horse, femmina, di anni 14, utilizzato per monta western. L’anamnesi riferiva di una zoppia a carico dell’arto posteriore destro, insorta da circa tre mesi.

Alla visita, la cavalla presentava una moderata distensione dell’articolazione femorotibiale mediale; a livello della porzione prossimale della tibia era palpabile un rimodellamento in corrispondenza dell’inserzione del legamento collaterale mediale. Era presente una zoppia di grado 2/5, che diventava di grado 3/5 in volta a mano sinistra. Il test di flessione era positivo.

All’esame radiografico, in proiezione caudo-craniale era evidente un rimodellamento del condilo tibiale mediale (Fig.9)

L’esame ecografico, eseguito con sonda lineare da 7,5 MHz, evidenziava la distensione articolare e l’alterazione del profilo del condilo tibiale mediale. Inoltre era ben evidente un quadro patologico a livello del menisco mediale, che presentava aree ipoecogene irregolari e prolasso abassiale rispetto alla sua sede normale(Fig.10).

Veniva emessa diagnosi di lesione meniscale con osteoartrite secondaria. La prognosi a lungo termine per l’attività atletica era negativa ed il proprietario optava per una terapia intrarticolare a base di betametasone e glicosaminoglicani polisolforati.

Le lesioni meniscali avvengono in seguito ad un insulto traumatico e sono associate ad una zoppia cronica più o meno grave e distensione dell’articolazione femorotibiale (Stashak 2002). Il menisco mediale è più frequentemente colpito.

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A caso acuto radiograficamente non si può evidenziare direttamente la lesione meniscale; nei casi gravi si può osservare un restringimento dello spazio articolare.

Nei casi cronici diventano evidenti i segni radiologici secondari, rappresentati da un’eventuale calcificazione del menisco e dai segni di osteoartrite o da neo-proliferazione ossea a livello dell’eminenza intercondiloidea mediale e dei condili femorali e tibiali. Può essere interessato anche il legamento collaterale.

Nel caso di lesioni meniscali, l’esame ecografico è di grande ausilio diagnostico (Reef 1998).

Il menisco danneggiato cambia la sua grandezza, la forma, l’ecogenicità o la sua posizione rispetto ai condili femorali e tibiali. Il menisco può presentare dei foci iperecogeni indicativi di processi di calcificazione. In caso di rottura, il menisco perde il suo tipico aspetto triangolare, e nei casi più gravi si arriva al suo prolasso.

Un altro ausilio diagnostico importante è rappresentato dall’esame artroscopico dell’articolazione femorotibiale coinvolta, che è pero invasivo e richiede l’anestesia generale; inoltre consente l’esame del solo corno craniale e caudale del menisco, essendo il corpo solo parzialmente accessibile alla visualizzazione. In ogni caso, vantaggio importante di tale tecnica è la possibilità di intervenire terapeuticamente su lesioni di lieve entità, con un cero grado di successo terapeutico (Walmsley, 2004)

La prognosi per le lesioni meniscali più gravi è di solito negativa per l’attività agonistica; infatti è inevitabile l’insorgenza di osteoartrite secondaria a seguito dell’instabilità articolare dovuta al danno meniscale.

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Fig.9. Proiezione caudo-craniale della grassella destra . E’ visibile rimodella mento della porzione del condilo tibiale mediale in corrispondenza dell’inserzione del legamento collaterale mediale.

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Fig.10. Scansione longitudinale dell’articolazione femorotibiale mediale, prossimale a sinistra dell’immagine. Il menisco è irregolarmente ipoecogeno e prolassato rispetto alla posizione fisiologica; il condilo tibiale mediale presenta un profilo alterato e irregolare.

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CASO 6

EMATOMA PERIARTICOLARE

Si tratta di un Purosangue arabo castrone di cinque anni utilizzato per corse al galoppo in piano.

L’anamnesi riferiva di una tumefazione a livello della grassella sinistra presente da tre mesi e non associata a zoppia. Non erano conosciuti eventuali eventi traumatici.

Alla visita clinica era evidente una tumefazione periarticolare di consistenza dura a livello della faccia craniale della grassella sinistra, delle dimensioni di un’arancia. Il cavallo non presentava zoppia alcuna ed i test di flessione erano negativi.

L’esame radiografico della grassella non evidenziava lesioni.

L’esame ecografico eseguito con sonda lineare da 7,5 MHz confermava che la tumefazione, situata cranialmente alla rotula, non coinvolgeva strutture articolari ed evidenziava un pattern ecogenico irregolarmente alveolare, tipico di un ematoma organizzato. La rotula non presentava alterazioni del suo profilo (fig.11 ).

Veniva emessa diagnosi di ematoma periarticolare organizzato.

Non sono stati eseguiti altri accertamenti od interventi terapeutici ed il cavallo è stato messo a riposo in paddock.

La porzione craniale della regione della grassella nel cavallo è frequente sede di traumi; è importante in questi casi eseguire una scrupolosa indagine diagnostica per escludere o confermare la presenza di lesioni alle importanti strutture articolari e periarticolari di questa regione. In questo senso l’esame radiografico è fondamentale per indagare sulle strutture ossee, mentre l’esame ecografico ha una indiscussa superiorità nella valutazione dei tessuti molli(Reef 1998). In particolare in questo caso era importante confermare il

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sospetto clinico che la tumefazione non aveva coinvolto strutture articolari, permettendo quindi di emettere una prognosi più favorevole per la futura attività sportiva del soggetto, anche in vista di un’eventuale visita di compravendita.

Un’emorragia acuta o diffusa è difficile da localizzare ecograficamente in quanto il sangue fresco coagulato è molto ecogenico. Dopo 3-4 giorni, la formazione di un ematoma è vista ecograficamente con un’immagine di ecogenicità irregolare (Reef 1998). Si vede una struttura alveolare piena di liquido anecoico. In caso di cronicizzazione ed organizzazione dell’ematoma come in questo caso, si assisterà ad un graduale aumento dell’ecogenicità della massa fino ad osservare, in alcuni casi, la comparsa di aree di calcificazione distrofica. Ai fini terapeutici, soprattutto per una risoluzione di tipo cosmetico della lesione, è consigliata l’asportazione chirurgica dell’ematoma organizzato.

Fig.11. Scansione longitudinale della porzione craniale della regione della grassella sinistra. Cranialmente alla rotula è visibile un’area ad ecogenicità mista irregolarmente alveolare, compatibile con esiti di ematoma organizzato.

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CASO 7

SINOVITE DELL’ARTICOLAZIONE TIBIOTARSICA

Si tratta di un castrone mezzosangue di anni otto, utilizzato per concorso ippico.

L’anamnesi riferiva della comparsa di una tumefazione molle a carico del garretto destro, non associata a zoppia o cali di performance. Non erano conosciuti eventuali eventi traumatici.

All’esame clinico il soggetto si mostrava in buone condizioni; era evidente una marcata effusione dell’articolazione tibiotarsica destra. All’esame dinamico non era presente zoppia; il test di flessione del garretto era lievemente positivo.

L’esame radiografico del tarso non mostrava reperti patologici, ad eccezione di un lieve rimodellamento della porzione articolare del malleolo mediale (fig.12 ).

Veniva eseguito l’ esame ecografico della regione, che confermava la presenza dell’effusione articolare e la presenza di sinovite, rilevata dall’aumento di spessore della capsula articolare e membrana sinoviale (fig.13). Non erano presenti alterazioni significative dei legamenti collaterali delle articolazioni del tarso.

Veniva consigliata inizialmente una terapia intrarticolare a base di acido ialuronico e piccole quantità di triamcinolone, associata ad un periodo di riduzione del carico di allenamento, prima di un’eventuale esame artroscopico dell’articolazione.

La presenza di sinovite dell’articolazione tibiotarsica è un reperto frequente nei cavalli sportivi; la diagnosi differenziale include traumatismi acuti, osteoartrite, artrite settica, osteocondrite dissecante e cause idiopatiche (Dabareiner in Ross, 2003). Il segno clinico oggettivo è rappresentato dalla distensione dei fondi ciechi articolari, in particolare a livello dorsomediale e plantarolaterale. In caso di traumi recenti, osteoartrite, o sepsi articolare,

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sono presenti altri segni clinici, come calore, dolore alla manipolazione passiva dell’arto e zoppia. Esami collaterali come l’esame del liquido sinoviale possono offrire ulteriori informazioni diagnostiche: L’esame radiografico consente di evidenziare o meno alterazioni della base ossea articolare mentre ancora una volta l’esame ecografico è importante per valutare i tessuti molli articolari e periarticolari.

In un quadro di sinovite dell’articolazione tibiotarsica in assenza di zoppia o calo di performance evidente, il diagnostico differenziale si restringe a sinovite idiopatica o post-traumatica e osteocondrite dissecante radiologicamente silente. Non è infatti raro il riscontro di frammenti osteocondrali del malleolo mediale radiologicamente silenti, o con unico segno radiologico un lieve rimodellamento del malleolo mediale come nel caso in esame (Richardson in Ross, 2003). In questo caso, l’esecuzione di più proiezioni oblique e l’esame ecografico dell’area dovrebbero escludere la presenza di lesioni, anche se la diagnosi definitiva può venire unicamente dall’esame artroscopico.

Nel caso in esame, la presenza di flogosi di capsula articolare e membrana sinoviale e l’assenza di ulteriori anomalie del malleolo mediale, ci hanno fatto propendere per una diagnosi di sinovite idiopatica, condizione benigna che ha come unico aspetto negativo il difetto cosmetico. In caso di richiesta del massimo livello di informazione diagnostica sarà consigliato l’esame artroscopico sempre tenendo presente che si tratta di una metodica più invasiva e che necessita di anestesia generale.

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Fig.12.Proiezione dorsolaterale-plantaromediale obliqua del tarso destro. E visibile un lieve rimodellamento della porzione articolare del malleolo mediale.

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Fig.13. Scansione longitudinale della porzione dorsomediale dell’articolazione tibiotarsica destra. E’ visibile distensione articolare ed

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CASO 8

DESMITE DEL LEGAMENTO COLLATERALE MEDIALE

DELL’ARTICOLAZIONE TIBIOTARSICA

Si tratta di un mezzosangue di razza Holsteiner, femmina di anni 5, utilizzato per salto ostacoli.

L’anamnesi riferiva di una caduta ad arto posteriore destro abdotto e successiva comparsa di tumefazione del garretto e zoppia.

All’esame clinico, eseguito a circa quindici giorni dall’evento traumatico, il soggetto si presentava in buone condizioni generali. Era presente una moderata distensione dell’articolazione tibiotarsica e tumefazione della porzione mediale della regione del garretto. Alla palpazione della regione era presente calore ed edema, il legamento collaterale mediale dell’articolazione tibiotarsica era ingrossato e dolente. La flessione passiva dell’articolazione era risentita dal soggetto.

All’esame dinamico era presente una zoppia di secondo grado, più evidente in volta a mano destra; il test di flessione del garretto era positivo.

L’esame radiografico del tarso era negativo.

L’esame ecografico rivelava la presenza di un ispessimento dei tessuti sottocutanei. La porzione lunga del legamento collaterale mediale del tarso appariva ingrossata rispetto al legamento controlaterale sano, e presentava delle aree di ecogenicità irregolare (Fig.14).

Veniva emessa diagnosi di desmite della porzione lunga del legamento collaterale mediale del tarso. Si consigliava riposo in box per un mese, seguito da un periodo di esercizio controllato di due mesi e successivo controllo ecografico. Quest’ultimo non veniva eseguito, ma ad una successiva visita clinica a tre mesi di distanza il soggetto non mostrava zoppia e riprendeva senza ulteriori problemi l’attività agonistica.

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L’articolazione tibiotarsica presenta un legamento collaterale mediale e laterale; ciascuno presenta una porzione lunga, che si inserisce sulla porzione distale del tarso e sul terzo metatarso ed una porzione corta con due fascicoli, uno calcaneale ed uno astragalico (Denoix, 2002).

Sono stati identificati diversi tipi di lesione dei legamenti collaterali: desmite del legamento collaterale lungo laterale e mediale, frattura da avulsione del legamento collaterale corto laterale (inserzione prossimale) e desmite del legamento collaterale corto laterale (Denoix, 2002).

In tutte queste varianti il momento eziopatogenetico è rappresentato da un trauma diretto o più spesso da una caduta. La zoppia può variare da lieve a grave. E’ in genere presente distensione dell’articolazione tibiotarsica e tumefazione dei tessuti periarticolari. La flessione del garretto è generalmente risentita. L’esame radiografico nel periodo successivo al trauma è negativo; a 4-6 settimane si può osservare la presenza di entesiopatia in corrispondenza delle inserzioni del legamento danneggiato. L’esame ecografico rappresenta sicuramente l’indagine di elezione per identificare la porzione colpita, quantificare l’entità della lesione e monitorare il processo di guarigione (Dabareiner e coll., 2002).

La terapia prevede riposo, terapia fisica a caso acuto, farmaci antinfiammatori non steroidei ed un programma di esercizio controllato (Dabareiner e coll., 2002).

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Fig.14. Scansione trasversale della porzione lunga del legamento collaterale mediale del tarso destro. E’ visibile edema sottocutaneo. Il legamento appare ingrossato e di ecogenicità irregolare.

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CASO 9

ARTRITE

SETTICA

DELL’ARTICOLAZIONE

TIBIO-TARSICA

Si tratta di un purosangue inglese, femmina, di 7 anni, utilizzata per la riproduzione. L’anamnesi riferiva di una grave zoppia con gonfiore e calore a carico dell’arto posteriore sinistro. Il soggetto aveva subito una ferita a livello del tarso durante l’accoppiamento ed era stato sottoposto a terapia antibiotica sistemica a base di penicillina e streptomicina.

A cinque giorni dal trauma il soggetto presentava zoppia di 5/5, il garretto si presentava gonfio e dolente, con marcata distensione dell’articolazione tibiotarsica.

L’esame radiografico non rilevava alterazioni a carico dei segmenti ossei. L’esame ecografico metteva in evidenza la presenza di sinovite con liquido sinoviale iperecogeno (Fig.15 ).

Veniva eseguito un prelievo di liquido sinoviale che rivelava un aumento delle cellule nucleate (2500/l) e delle proteine (3,2 g/dl). L’esame colturale del liquido sinoviale dava esito negativo.

Sulla base di questi reperti veniva emessa diagnosi di artrite settica dell’articolazione tibio-tarsica sinistra.

Veniva instaurata una terapia antibiotica sistemica a base di penicillina e gentamicina. Venivano eseguiti dei lavaggi articolari a giorni alterni con Ringer lattato e somministrazione intrarticolare, al termine del lavaggio, di amikacina.

Il soggetto è stato messo a riposo in box, e quindi sottoposto ad un programma di esercizio controllato.

Nel cavallo adulto, l’artrite settica può essere di natura traumatica, come conseguenza di una ferita che viola la cavità articolare, o iatrogena a seguito di contaminazione della cavità articolare durante un’artrocentesi diagnostica

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o terapeutica. Nel puledro è patologia importante l’artrite settica di tipo ematogeno. Sono ovviamente più esposte al rischio di artrite settica di tipo traumatico le articolazioni più superficiali delle parti distali dell’arto.

I segni clinici comprendono una zoppia acuta, tumefazione edematosa della parte interessata ed una reazione algica elevata alla manipolazione.

All’esame radiografico, nei puledri si può evidenziare un processo di osteomielite, mentre negli adulti, se non sono presenti fratture associate al trauma, il quadro è in genere negativo. Nei casi cronici si può osservare la diminuzione dello spazio articolare conseguente alla degenerazione della cartilagine.

L’esame ecografico rivela edema infiammatorio sottocutaneo, sinovite ed aumento importante di liquido sinoviale; l’ecogenicità del liquido sinoviale aumenta per la presenza di cellule nucleate e fibrina; se è presente del sangue, il liquido appare più ecogenico e turbinoso. Se nell’articolazione è in corso un’infezione sostenuta da microrganismi anaerobi, il gas prodotto da questi ultimi creerà echi iperecoici che generano artefatti da riverbero e ombre acustiche. Nei cavalli che hanno subito un trauma diretto sulla giuntura è possibile osservare la soluzione di continuo della capsula articolare (Reef 1998).

L’esame ecografico effettuato in campo si dimostra sensibile nel rilevare la presenza di liquido sinoviale di tipo settico, consentendo di emettere forte sospetto di sepsi articolare contestualmente al prelievo del liquido stesso,. L’esame ecografico può inoltre essere di supporto nell’esecuzione di un’artrocentesi ecoguidata.

L’analisi del liquido sinoviale e l’esame colturale del liquido sono importanti per confermare la diagnosi definitiva di sepsi articolare ed eventualmente individuare l’agente eziologico. Vengono valutati l’aspetto (torbido, purulento, talvolta emorragico), la viscosità (se diminuita), e la quantità delle cellule nucleate (in particolare la percentuale di granulociti neutrofili). Le proteine generalmente aumentano (sopra 4g/dL) e il pH diminuisce (Stashak 2002).

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La terapia medica o chirurgica e la prognosi da intraprendere dipende da molteplici fattori, come ad esempio la gravita della lesione, il tempo trascorso tra l’instaurarsi della patologia e l’inizio della terapia, e dall’agente eziologico.

Fig.15. Scansione longitudinale della porzione mediale dell’articolazione tibiotarsica sinistra. La membrana sinoviale e la capsula articolare si presntano ispessite. E’ presente distensione articolare; il liquido sinoviale appare iperecogene.

Figura

Fig 1 Proiezione dorsolaterale-palmaromediale obliqua dell’articolazione  metacarpofalangea sinistra
Fig. 3  Scansione parasagittale mediale della regione metacarpofalangea   dorsale sinistra, particolare della porzione prossimale della prima falange
Fig.  4    .  Scansione  longitudinale  della  porzione  mediale  dell’articolazione  metacarpofalangea  sinistra
Fig.  5.  Proiezione  dorso-plantare  della  regione  metatarsofalangea  destra.  Sono presenti, a livello dell’inserzione prossimale del legamento collaterale  mediale alcune aree  radiopache irregolari
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