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CAPITOLO 1

NOTAZIONI METODOLOGICHE SUI SISTEMI DI CONTROLLO AZIENDALE

1. Azienda ed equilibrio: la genesi del controllo

Gli elementi costitutivi, nonché la natura e la finalità del sistema di controllo

aziendale presentano contorni piuttosto sfumati e difficilmente distinguibili.

Il termine controllo, già di per sé, rappresenta una delle espressioni più incerte e sfuggenti dell’intera letteratura aziendale, cui possono essere attribuiti, a secon-da dei vari Autori presi a riferimento, i più disparati significati1. Secondo l’impostazione teorica più recente, il controllo deve essere interpretato come

gui-da e supporto al processo decisionale e non, piuttosto, come ispettorato o verifica,

connotazione attribuita al termine nel passato, generalmente negativa e passibile di una facile azione di rigetto da parte dell’organismo destinatario.

D’altro lato, il concetto stesso di sistema, che tende spesso ad accompagnare quello testé esaminato, può delinearsi in più distinti significati2, anche se, comu-nemente, si tende a tratteggiare con esso un insieme di elementi, o fenomeni, spesso diversi tra loro, connessi ed interagenti al fine del raggiungimento di uno scopo comune.

Nella dottrina economico-aziendale, infatti, il sistema di controllo è assunto con un’accezione variamente ampia, comprendendo controlli esterni ed interni, preventivi e consuntivi, controlli strategici, direzionali ed operativi, etc.3. Nono-stante ciascuna di queste accezioni sia identificata come concettualmente autono-ma e, spesso, specializzata negli scopi asserviti, non è possibile trascurare come la finalità del perdurare d’azienda sia indissolubilmente legata alla capacità di coor-dinamento e integrazione a sistema delle diverse dimensioni del controllo4.

1 Per un’accurata analisi sul concetto di sistema di controllo nella dottrina economico-aziendale si veda diffu-samente F. Amigoni, I sistemi di controllo direzionali, Giuffrè, Milano, 1979.

2 Lo stesso Anthony ne dichiara circa tredici. Cfr. R. N. Anthony, Sistemi di pianificazione e controllo:

schema di analisi, Etas/Kompass, Milano, 1974, pag. 4.

3 Per un più approfondito esame sul termine controllo si veda S. Gallinaro, Teorie del controllo, Franco An-geli, Milano, 1990, passim.

4 “(…) L’area direzionale generalmente denominata sistemi di pianificazione e controllo attualmente ha

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intui-Pur con le difficoltà di caratterizzazione appena esposte, premessa indispensa-bile dell’indagine condotta non può che essere la definizione stessa di controllo - o almeno il tentativo - dalla quale tendono ad emergere alcuni aspetti di rilievo.

Il controllo, o più squisitamente il sistema di controllo, è generalmente defini-to come “meccanismo operativo, integradefini-to con gli altri componenti del sistema

organizzativo, in grado di orientare lo svolgimento del processo, in presenza di vincoli ambientali, verso l’efficiente realizzazione degli obiettivi dell’impresa”5.

Ozioso notare, di poi, che il punto di partenza per condurre un’analisi soddi-sfacente sui diversi modelli di controllo aziendale è la descrizione stessa dell’oggetto di osservazione.

Dalla definizione accolta, infatti, si può facilmente intuire l’impossibilità di a-strarre il controllo dall’attività di impresa, ed in particolare dalla nozione stessa di impresa come sistema6.

E proprio il fine ultimo perseguito dall’organismo aziendale, che da sempre raffigura oggetto di primaria attenzione negli studi di economia d’azienda, rappre-senta il fondamento del sistema di controllo.

Più precisamente, l’impresa appare caratterizzata da un’insieme di obiettivi di fondo, taluni consapevoli altri no, che essa persegue tramite innumerevoli atteg-giamenti di azione-reazione-azione. Ognuno di tali comportamenti, come eviden-zia la dottrina7, è pur tuttavia funzionale al perseguimento del fine ultimo dell’azienda: “l’equilibrio economico a valere nel tempo” 8.

tivamente o seguendo vecchi schemi pratici. (…) solo quando i pezzi vengono organizzati, entro qualche tipo di schema, si chiariscono l’un l’altro e il loro insieme risulta più grande della loro semplice somma.”. Cfr.

R. N. Anthony, Sistemi di pianificazione e controllo: schema di analisi, op. cit., pag. XI.

5 Cfr. F. Fontana, I sistemi di controllo, Rivista italiana di ragioneria e di economia aziendale, nov.-dic. 1987, pag. 475.

6 Nello specifico, l’analisi dell’azienda secondo un’ottica sistemica può essere ricondotta alla nascita dell’economia aziendale, laddove si afferma che “nel loro insieme tutte le manifestazioni del mondo

azienda-le costituiscono un corpo unico di fenomeni retti da azienda-leggi identiche e orientati verso fini comuni”, compazienda-lesso

eterogeneo di elementi la cui coordinazione consente l’attribuzione ad esso del rango di sistema. Cfr. U. Ber-tini, Il sistema d’azienda. Schema d’analisi, Opera Universitaria, Pisa, 1976, pag. 16. Zappa sostiene, inoltre, il carattere olistico del sistema impresa, laddove ritiene che “il complesso aziendale, appunto perché è

solida-le nella sua interezza, è qualcosa di più, o almeno di diverso dalla somma dei suoi esolida-lementi (…) ma anche l’elemento di un sistema, in ragione delle relazioni che lo avvincono agli altri elementi, è qualcosa di più e di diverso di un elemento qualitativamente identico ma autonomo nella sua vita”. Cfr. G. Zappa, Il reddito d’impresa, Giuffrè, Milano, 1937, Pag. 13.

7 Cfr. per tutti E. Giannessi, Appunti di economia aziendale, Libreria Scientifica – Giordano Pellegrini, Pisa, 1970, pag. 60.

8 Occorre a tal fine rimarcare che in ambito di azienda non si può parlare di equilibrio genericamente inteso, ma piuttosto considerare la presenza di sfaccettate accezioni di equilibrio, ossia piuttosto di molteplici poten-ziali posizioni di equilibrio, espressione degli infiniti modi in cui può avvenire la compensazione delle forze che agiscono sul sistema. Il concetto di equilibrio qui inteso, infatti, deve necessariamente essere oggetto di un approfondimento, dovendosi analizzare sia sotto il suo aspetto oggettivo, sia sotto quello soggettivo.

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In più, al momento in cui una o più delle forze condizionanti non trovano ade-guato bilanciamento, si vengono a creare condizioni di instabilità che, muovendo l’impresa dalla precedente posizione di equilibrio, determinano una sostanziale pressione verso il cambiamento.

E proprio questo continuo modificarsi dell’organismo aziendale determina la necessità di contrapporre a tale metamorfosi un processo di fondo diretto al con-seguimento, al mantenimento e, più in particolare, al continuo riorientamento ver-so specifiche posizioni di equilibrio.

E’ da queste considerazioni che hanno origine le teorie inerenti al controllo

dei sistemi d’impresa, poiché è innegabile l’esistenza di un legame forte tra il

mo-do attraverso il quale si percepisce la realtà e l’influenza che tali percezioni hanno successivamente sulla guida dei comportamenti. Da qui il richiamo ad un sistema di controllo orientato al supporto dell’attività d’impresa, il quale, tramite specifici strumenti sensoriali, riesca a recepire gli stimoli provenienti dall’ambiente e ad e-laborarli in informazioni utili ai fini decisionali. Una volta poi che le decisioni si sono tramutate in azioni concrete, il sistema stesso ha il compito di provvedere a misurare i risultati e ad analizzare le differenze rispetto alle aspettative.

Il controllo perciò diviene un’attività di orientamento del sistema azienda ver-so i suoi obiettivi, articolato tramite un complesver-so procesver-so di verifica e di ade-guamento dei comportamenti in atto.

Ai fini del controllo il sistema si caratterizza, poi, e per la struttura - dimen-sione statica - attinente, in particolare, alla natura degli elementi che lo compon-gono, e per il processo - aspetto dinamico - quale successione di fatti o fenomeni interconnessi, orientati al raggiungimento di uno specifico fine. Inoltre, all’interno di un sistema complesso come quello in parola, la struttura si articola generalmen-te in sottosisgeneralmen-temi, a loro volta frazionabili in sub-sisgeneralmen-temi aventi compiti specifici9. L’equilibrio oggettivo promana dall’integrazione, prevalentemente interna, di una serie di dinamiche (costi, ricavi, entrate, uscite), condizione minima di equilibrio indispensabile alla sopravvivenza aziendale. Tuttavia, tale tipologia di equilibrio ovviamente, non può essere isolata dal contesto esterno in cui l’impresa è inserita. Ciò indica apertamente la necessità di assicurare, altresì, un secondo grado di equilibrio, soggettivo appunto, identificabile nel soddisfacimento degli interessi di tutti gli stakeholders. Per approfondimenti sull’articolazione del concetto di equilibrio in azienda si vedano E. Giannessi, Le aziende di produzione

ori-ginaria, vol. 1, Cursi, Pisa, 1960, pag. 73 e A. Amaduzzi, Il sistema di impresa nelle condizioni prospettiche del suo equilibrio, Signorelli, Roma, 1949, passim. Per ulteriori approfondimenti sul concetto di stakeholders

e di equilibrio esterno vedasi S. Vicari, L’impresa vivente, Etas Libri, Milano, 1991, passim.

9 Questo processo di finalizzazione dei sub-sistemi, se da un lato avviene in modo strumentale allo scopo per-seguito, tanto che si può affermare che il processo determina la struttura, dall’altro non può che incidere, at-traverso la propria ingerenza sul processo, direttamente sugli obiettivi perseguiti, per cui è innegabile che

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an-Da qui deriva l’uso, spesso indistinto, dei termini sistema di controllo o sistemi di

controllo o, ancora, sistema di controlli10.

In sintesi, sulla base di quanto esposto, il sistema di controllo può configurarsi come organismo: attivo, in quanto capace di recepire dati input, provenienti dall’esterno, e trasformarli negli output nei quali si concretizzano le finalità del sistema; complesso e cibernetico, ossia caratterizzato al proprio interno da sistemi di ordine inferiore che consento, attraverso meccanismi di back e

feed-forward, una parziale autoregolazione rispetto agli obiettivi; aperto e dinamico,

poiché riceve e produce sollecitazioni da e verso l’esterno e per questo in continua evoluzione rispetto alle variabili che lo influenzano. In particolare, tale sistema non è passivo alle sollecitazioni ed è quindi in grado di interagire con gli altri si-stemi con i quali entra in contatto; proprio per la sua natura flessibile e la capacità di recepire anticipatamente le tensioni esterne, non si può trascurare il ruolo di traino da esso svolto nel processo di evoluzione dell’impresa, rielaborando e tra-smettendo opportunamente gli stimoli ambientali alle altre componenti.

A tal fine, come premessa ad un successivo approfondimento, occorre sottoli-neare che il presupposto fondamentale all’approccio di tipo sistemico proposto per l’analisi del controllo è proprio l’esistenza di molteplici variabili, interne ed ester-ne all’impresa, la cui dinamicità, varietà e complessità portano a differenti confi-gurazioni dei sistemi di controllo11. E proprio il governo della complessità della gestione aziendale esige e genera un sistema di controlli opportunamente articola-to in relazione alle dimensioni spazio-temporali dei fenomeni da controllare.

che la struttura determina il processo. Cfr. G. Brunetti, Il controllo di gestione in condizioni ambientali per-turbate, Franco Angeli, Milano, 1999 e M. Cecchi, Strategie e sistemi di controllo. Uno schema di analisi, Franco Angeli, Milano, 2001, pagg. 5-7.

10 Il contemporaneo utilizzo dei concetti di sistema o sistemi per l’interpretazione del medesimo fenomeno non è casuale. Infatti, già Anthony evidenziava che “un sistema di pianificazione e controllo (…) è formato

da parti diverse che perseguono uno scopo comune, e tale scopo è la pianificazione ed il controllo. L’uso del plurale – sistemi – per il complesso della materia sta a significare che, secondo noi, in una organizzazione vi sono più di un sistema di pianificazione e controllo”, a cui noi aggiungiamo anche “diversi controlli”. Cfr. R.

N. Anthony, Sistemi di pianificazione e controllo: schema di analisi, op. cit., pag. 4. Ad ogni modo, l’articolazione strutturale del sistema di controllo aziendale verrà approfondita nel prosieguo del lavoro. 11 Si fa qui riferimento a quell’insieme di fattori condizionanti che in varia misura impattano sui sistemi di controllo e sulla loro morfologia, quali le variabili ambientali, quelle umane, quelle sociali, quelle tecniche, quelle istituzionali, e quelle organizzative. Cfr. A. Rugiadini, Organizzazione d’impresa, Giuffrè, Milano,

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2. Caratteri definitori dei sistemi di controllo interno

Già da qualche anno si è affermato, sia sul piano dottrinale che operativo, il paradigma afferente il controllo interno. Nell’ambito della corporate governance generalmente intesa12, la pratica professionale, nonché le diverse indicazioni

legi-slative, hanno infatti suggerito l’impiego di schemi uniformi di controllo interno, al fine di aiutare le aziende ad autovalutare l’efficacia dei propri processi, a gestire la pluralità dei rischi legati all’attività d’impresa e ad accrescere la cultura mede-sima dei controlli.

La crescente complessità organizzativa e la sofisticazione dei processi produt-tivi e distribuprodut-tivi concorrono, infatti, ad aumentare in modo esponenziale la possi-bilità che il meccanismo aziendale subisca contraccolpi inattesi. Di fatto, la sco-perta della necessità di implementare a tal fine un’articolata rete di controlli a-ziendali non è ovviamente una percezione recente, tuttavia il problema ha assunto crescente urgenza di soluzione laddove, in un contesto sempre più dinamico, molti dei modelli di controllo tradizionalmente adottati rischiano di entrare in crisi. Mi-grare verso nuovi schemi di controllo, risulta poi necessario anche al fine di pla-smare il contesto aziendale a specifici principi internazionali di riferimento, utili a garantire un confronto obiettivo tra realtà differenti.

La definizione di sistema di controllo interno, al pari di quella di sistema di controllo testé delineata, è suscettibile di molteplici interpretazioni. Per analogia con quanto già esposto, occorre rimarcare che il sistema di controllo interno non può essere considerato solo una rete di protezione aziendale, bensì uno specifico strumento di governo volto al raggiungimento degli obiettivi aziendali. Sono quindi del tutto evidenti le similitudini con la precedente definizione di sistema di

1979, pagg. 10 e ss.. Si veda anche F. Vitolla, Un approccio di tipo sistemico per la valutazione degli output

del controllo di gestione, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 1/2003, pag. 86.

12 Si ricorda che per corporate governance si intende il processo di guida e di controllo dell’azienda verso le strategie aziendali, finalizzate a creare valore nel tempo e nello spazio competitivo. Si vedano sul tema della

corporate governance D. A. Bavly, Governance is the excercise of authority, control, management and power of government, Quorum Books, London, 1999, pag. 8, nonché J. Coley, Corporate governance. The test of the effectiveness of governance in the degree to which any organization is achieving its purpose,

McGraw-Hill, London, 2003, pag. 11. Si veda, inoltre, Comitato per la corporate governance delle società quotate, Codice di Autodisciplina, Borsa Italiana SpA, 2002, Edizione rivisitata, par. 9, disponibile sul sito www.borsaitalia.it.

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controllo, nonché gli indubbi punti di contatto con il concetto di governance, di cui riteniamo il controllo interno un meccanismo finalizzato13.

Di poi, pare opportuno notare come la legislazione domestica manchi di una definizione puntuale di sistema di controllo interno14. Per soddisfare tale lacuna, dobbiamo rinviare al framework internazionale emanato dalla Treadway

Commis-sion per il tramite del Committee of Sponsoring Organization, il cosiddetto Co.So. Report del 1992. Tale documento rappresenta lo schema di riferimento principale

ed offre, altresì, un contributo di considerevole portata anche per la prassi nazio-nale, essendo servito come orientamento al nostro Codice di Autodisciplina delle società quotate15.

Il Co.So. Report definisce il controllo interno come “un processo, svolto dal

consiglio di amministrazione, dai dirigenti e da altri soggetti della struttura a-ziendale, finalizzato a fornire una ragionevole sicurezza sul conseguimento degli obiettivi di: efficacia ed efficienza delle attività operative, attendibilità delle in-formazioni di bilancio, conformità alle leggi ed ai regolamenti in vigore”.

Ciò si realizza in connessione con cinque elementi costituenti il sistema dei controlli interni:

a) Ambiente di controllo: punto di riferimento e base di partenza di tutto il si-stema in parola. Da esso dipende il modo in cui sono utilizzate tutte le informa-zioni e i canali di comunicazione; rappresenta, in termini generali, l’elemento del-la cultura aziendale che determina il livello di sensibilità del personale alle

13 Per ulteriori approfondimenti sul tema della governance ed in particolare sulle varie accezioni ad essa attri-buibili si veda per tutti A. Cadbury, Corporate Governance and Chairmanship, Oxford University Press, O-xford, 2002, passim.

14 I riferimenti in tal senso si evincono al Libro quinto, titolo V, del Codice Civile, in merito agli organi socia-li delle società per azioni e in particolare al collegio sindacale, dove si dispone che il collegio sindacale è

“l’organo di controllo interno delle società per azioni, con funzioni di vigilanza sull’amministrazione delle società” (art. 2403 c.c.). Nell’ordinamento civilistico tale figura non ha subito, nell’arco dei decenni,

signifi-cativi cambiamenti, mentre il legislatore è intervenuto nel disciplinare meglio le funzioni, i poteri, la compo-sizione e le modalità di nomina nelle sole società quotate. Il controllo del collegio sindacale ha per oggetto l’amministrazione della società nella sua interezza, al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della legge e dell’atto costitutivo, nonché dei principi di corretta gestione; ciò comporta, nelle società quotate, la necessità di predisporre un’adeguata struttura organizzativa, un adeguato sistema di controllo interno e un consono sistema amministrativo-contabile. Cfr. D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), artt. 148 e ss.. Per le imprese bancarie ed assicurative si veda invece la relativa documentazione legislativa, Bankitalia, Istruzioni di

vigi-lanza per le banche, Sistema dei controlli interni – Compiti del collegio sindacale, Aggiornato al 28 marzo

2006, II° Aggiornamento, Titolo IV, Capo 11 e Isvap, Codice delle Assicurazioni private, D.Lgs. n. 209/2005

– Art. 213 (Procedure di controllo interno e poteri di vigilanza), Titolo III°, Capo II°.

15 A partire dagli anni ’90, anche in Italia si sono manifestate iniziative tese al riconoscimento, quali pilastri del buon governo societario, della trasparenza, affidabilità e rilevanza dei controlli interni d’azienda. Fonda-mentale è stato, infatti, il ruolo di stimolo svolto da Consob alla redazione del Codice di Autodisciplina delle società quotate. Cfr. Comitato per la corporate governance delle società quotate, Codice di Autodisciplina,

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genze di controllo. Per questo riceve forte condizionamento dal clima organizzati-vo, il quale determina un efficiente ambiente di controllo laddove i responsabili si dimostrino motivati ed impegnati al raggiungimento di specifici obiettivi;

b) Valutazione dei rischi: rappresenta il primo momento logico del processo di controllo. Infatti, essendo la definizione degli obiettivi parte integrante del si-stema di controllo interno, il rischio può essere definito come un evento potenzia-le che modifica gli scenari previsti per la realizzazione degli obiettivi stessi. La valutazione dei rischi consiste perciò nell’individuare, analizzare e gestire i fattori di opportunità e minaccia che possono incidere positivamente o negativamente sul raggiungimento degli obiettivi;

c) Attività di controllo: rappresenta l’insieme delle procedure predisposte dal management per garantire l’aderenza ai programmi e mantenere l’azienda lungo il percorso ideato. Esse agevolano l’adozione di provvedimenti necessari per far fronte ai rischi aziendali e pervadono tutta l’organizzazione a tutti i suoi livelli;

d) Informazioni e comunicazioni: indicano la necessità di informazioni perti-nenti, da rilevare e diffondere in modi e tempi appropriati per consentire la gestio-ne dei rischi e quindi l’attività di controllo. Comunicazioni efficaci devono per-meare tutta l’organizzazione, verso l’alto, verso il basso e trasversalmente, in mo-do da permettere una chiara identificazione degli obiettivi e delle responsabilità;

e) Monitoraggio: come tutti i sistemi manageriali, anche il sistema di control-lo interno ha bisogno di essere adeguatamente monitorato, per valutarne la qualità delle performance nel tempo. Tale monitoraggio implica la valutazione critica di tutte le altre componenti attraverso uno specifico sistema di internal auditing.

Ozioso notare l’esistenza di una stretta correlazione tra gli obiettivi primari del controllo interno, indicati dal framework, e quelli che esso considera i

compo-nenti del sistema.

Infatti, laddove si parla di efficacia ed efficienza dei processi aziendali, un’enfasi particolare spetta sicuramente alla componente relativa all’ambiente di

controllo ed al suo manifesto legame con la cultura d’impresa e l’organizzazione.

Occorre richiamare, poi, il ruolo di quella serie di attività di controllo deputate al coordinamento dell’intera organizzazione e chiamate, nello specifico, a Borsa Italiana SpA, 1999. Si veda inoltre anche il contributo offerto sul tema in M. Allegrini – G. D’Onza,

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zare le diverse strutture aziendali sui costi generati, evidenziando le eventuali i-nefficienze16.

Proseguendo ancora, in merito all’affidabilità e integrità delle informazioni

contabili e gestionali da non sottovalutare risulta il rilievo della componente

rife-ribile all’information technology, il cui contributo alla predisposizione dell’architettura del sistema informativo è indispensabile per il raggiungimento di tutti gli obiettivi di un sistema di controllo interno, ma in particolare per quel che concerne l’obiettivo in esame.

E’ indispensabile ricordare, inoltre, il ruolo trasversale svolto dall’ambiente di

controllo e dalla componente relativa al monitoraggio sul raggiungimento

dell’obiettivo della conformità delle operazioni con la legge e con i regolamenti e

le procedure interne. In questo senso, infatti, l’esito del processo in discorso è

fortemente legato alla qualità professionale, ma soprattutto morale, del personale -elemento fondamentale del sistema di controllo interno - nonché all’adeguatezza dei molteplici sub-processi di controllo che, dal loro interagire, originano il prin-cipale.

Di fatto, l’insieme degli obiettivi attribuibili al sistema dei controlli interni può essere ulteriormente ampliato.

In particolare, un’altra finalità generalmente attribuita al processo descritto è quella della salvaguardia del valore delle attività e della protezione da perdite. Qui può essere utile sottolineare l’influenza dell’attività di valutazione dei rischi, poiché una filosofia orientata al loro controllo rafforza indubbiamente la consape-volezza dello stretto legame tra rischi, strategia e risultati. Tale legame non è ine-splorato, basti pensare allo studio delle minacce/opportunità e dei punti di forza e debolezza aziendale – ossia al concetto di gestione strategica – che si traduce in attività di identificazione, descrizione e stima dei rischi aziendali.

16 Sul rapporto tra sistema di controllo interno e controllo di gestione torneremo ampiamente più avanti infra § 2.2. del presente capitolo. Per analizzare invece il legame tra il sistema di controllo e l’organizzazione si vedano G. Airoldi, Aspetti organizzativi dei sistemi di controllo d’impresa, in scritti in onore di U. Caparra, Vallardi, Milano, 1965; R. A. Dahl, The concept of power, Behavioral Science, 1957; A. Etzioni,

Comparati-ve analysis of complex organization, Free Press, New York, 1961; A. Tannembaum, Control in organization,

McGraw-Hill, New York, 1968; A. G. Hopwood, Accounting and human behaviour, Haymarket, 1974; E. G. Flamholtz, Organizational control as a managerial tool, California management Rewiew, winter, 1979; D. T. Otley – A. J. Berry, Control, organization and accounting, Accounting organizations and society, vol. 5, n. 2, 1980; M. Lebas – J. Weigenstein, Management control: the roles of rules, Market and Culture, Journal of management Studies, May, 1986 ; E. G. Flameholtz – T. K. Das – A. S. Tsui, Toward on integrative

frame-work of organizational control, Accounting, Organization & Society, 1985, pag. 7; W. Ouchi, La progetta-zione dei meccanismi di controllo organizzativo, Sviluppo e Organizzaprogetta-zione, n. 64, 1981.

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Risulta perciò evidente, sulla base di quanto testé enunciato che l’obiettivo su-periore perseguito dal sistema in esame possa essere ricondotto proprio al rispetto e alla salvaguardia delle strategie aziendali, delineando ancora una volta e con più forza il legame imprescindibile con il concetto stesso di governance. Tale traguar-do, inoltre, richiama nuovamente il fondamentale contributo di quelle attività di

controllo che tradizionalmente assumono il compito di analizzare il contesto di

ri-ferimento, individuando il posizionamento strategico nel lungo e nel medio perio-do, tenendo in considerazione anche la propensione al rischio dell’organizzazione; di qualificare gli obiettivi in un orizzonte temporale di breve periodo; nonché oc-cupandosi successivamente dell’analisi obiettivi-risultati-scostamenti, suggerendo eventuali cambiamenti di rotta.

A ben vedere, il perseguimento di tutti gli obiettivi sopra delineati richiede ne-cessariamente la definizione di appropriati sub-sistemi di controllo, caratterizzati da metodi, strumenti e filosofie organizzative peculiari. In particolare, nel tentati-vo di presidiare tutti gli aspetti finora considerati, risulta possibile individuare, tra i vari processi che compongono il sistema analizzato, tre distinti sub-sistemi17:

- controllo sulla gestione dei rischi, volto alla puntualizzazione di

meto-dologie e processi di individuazione e misurazione dei rischi aziendali, al fine della salvaguardia delle risorse;

- controlli di linea, diretti ad assicurare, per il tramite di una conoscenza

profonda dei momenti critici dei diversi processi sorvegliati, il corretto perseguimento degli obiettivi aziendali;

- attività di revisione interna, volta ad individuare andamenti anomali,

violazione delle procedure e della regolamentazione, nonché a valutare la funzionalità complessiva del sistema dei controlli interni18.

Nonostante le differenze insite in ciascuno dei tre sub-sistemi indicati, occorre rimarcare che il sistema di controllo - interno - è unitario così come è unitaria la

17 Avendo constatato l’attuale assenza di uno sviluppo altrettanto valido in tema di impresa in generale, si è voluto qui richiamare l’impostazione adottata, in tema di controlli interni, nei confronti del sistema bancario dalle istruzioni di vigilanza. Cfr. Circolare ABI serie Legale n. 16 del 26 aprile 1999 e aggiornamento n. 145 alla circolare Banca D’Italia n. 4 del 29 marzo 1988 – Sistema dei controlli interni e compiti del collegio

sin-dacale – pubblicate su G.U. – supplemento ordinario – n. 245 del 20 ottobre 1998. Si veda al proposito anche

G. Forestieri – M. Onado, Governo societario e imprese bancarie, Banca, Impresa e Società, anno XVII, n. 1, pag. 127.

18 Essa è nota anche come controllo dei controlli, o più precisamente Internal auditing, e consta di tutte quel-le attività volte a verificare la regolarità operativa e la funzionalità compquel-lessiva del sistema di controllo

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inter-gestione dei processi e dei rischi aziendali, alla quale si applicano, e la quale ri-comprende, diverse metodologie di controllo, tra le quali promanano precise rela-zioni di complementarietà e di rafforzamento. Un’essenziale indicazione dell’assoluta trasversalità dei controlli viene proprio dalla terminologia utilizzata che, come abbiamo visto, fa riferimento, da un lato, al sistema - insieme integrato di elementi, tale da contemplare tutti i rischi, e non piuttosto semplice giustappo-sizione caotica, e non sempre esaustiva, di controlli – e, d’altro lato, ai controlli

interni, cioè una pluralità di sottosistemi locali di controllo idonei, appunto,

all’analisi finalizzata delle differenti problematiche aziendali.

Si delinea così un sistema di controllo interno che pervade l’intera struttura a-ziendale, come strumento di governo teso al raggiungimento degli obiettivi, capa-ce anche di cogliere ed apprezzare quei cambiamenti di rotta che si rendessero ne-cessari al modificarsi del contesto di riferimento. Con ciò si tende a confermare il superamento dell’interpretazione di controlli solo formali, fin troppo restrittiva e incapace, in un contesto dinamico come l’attuale, di innescare per tempo meccani-smi di risposta adeguati al mutare delle variabili di contesto, per confermare una sempre maggiore attenzione al controllo interno inteso in termini gestionali e stra-tegici19.

Al processo di controllo è pertanto chiesto un ulteriore contributo per aiutare l’impresa a cogliere ogni possibilità di futuro successo.

In tal guisa, il sistema dei controlli interni deve essere metodicamente soggetto a ricognizione e validazione, in relazione all’evoluzione dell’operatività aziendale ed al contesto di riferimento. Ciò significa che l’investimento nel sistema deve es-sere continuativo e tale da renderlo costantemente coerente con le strategie azien-dali in continua evoluzione.

Alla luce di quanto esposto non si possono trascurare alcune problematiche inerenti l’implementazione di un sistema di controllo interno così come delineato no. A tale attività, di particolare rilievo concettuale e pratico, è riservato un apposito paragrafo. Infra § 2.3. del presente capitolo.

19 Il controllo, di per sé, vive momenti e modi differenti di approccio conoscitivo, strettamente correlati al contesto in cui opera e influenzati dalle spinte rivenienti dall’ambiente esterno. In questa dimensione di me-tamorfosi si possono collocare due diverse filosofie del controllo, quello a norma e quello sostanziale. Per le connotazioni ambientali che contraddistinguono ormai da tempo i mercati, non v’è dubbio che si tenda a ri-dimensionare il controllo a norma, riorientandosi verso una visione più concreta dello stesso. In tale filosofia, vi è un maggiore orientamento alla conoscenza dei fatti e delle motivazioni sottostanti ad un’organizzazione, nonché dei suoi obiettivi, presupponendo una focalizzazione non solo sull’ambiente di riferimento, ma anche

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nelle pagine precedenti, tra cui, primo tra tutti, la definizione dei confini del si-stema in esame rispetto ai controlli esterni.

La dimensione esterna del sistema dei controlli aziendali, infatti, è tradizio-nalmente legata a linguaggi codificati mediante principi di generale accettazione, idonei a favorire trasparenza, comparazione e verificabilità delle informazioni dif-fuse, prevalentemente tramite i bilanci. La dimensione interna tende ad assumere, invece, scopi prevalentemente operativi, per i quali, accanto a linguaggi strutturati e sistematici, come quello contabile, operano linguaggi ricchi di valenza emotiva. Allo stato delle cose, però, la separazione tra controlli esterni e controlli interni appare sempre meno precisa. In effetti, mentre ai controlli interni si deve ricono-scere valenza pubblica nella misura in cui la collettività riesce, per il loro tramite, a trarre presupposti di legalità, affidabilità etica ed economicità di comportamento degli attori aziendali, i controlli esterni sono sempre più focalizzati sulla congruità dei controlli interni, venendo ad assumere la funzione di verificarne l’equilibrata strutturazione ed il corretto funzionamento nel promuovere una condivisa cultura del controllo.

Il secondo ordine di problemi, invece, attiene l’inquadramento del sistema dei controlli interni rispetto al sistema di controllo gestionale. A questo quesito, di na-tura particolarmente complessa, nonché punto nodale dello studio sul tema del controllo, tenteremo di offrire una possibile interpretazione nel prosieguo della trattazione.

2.1. Il Risk Management Control

Sulla base di quanto esposto poco sopra, è possibile considerare il sistema di controllo interno come un elemento costitutivo dell’azienda, atto a supportare la

mission aziendale e prevalentemente finalizzato a ridurre i numerosi e diversi

ri-schi a cui è esposta la gestione aziendale.

Qualunque attività d’impresa, infatti, indipendentemente dal settore di appar-tenenza, operando prevalentemente in condizioni di incertezza, è sottoposta a si-tuazioni di rischio, per cui, uno dei punti focali dell’azione del sistema di sulle caratteristiche ed esigenze dell’utenza del sistema. Cfr. C. Patalano, L’evoluzione dei sistemi di

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lo interno consiste proprio nella capacità delle imprese di tenere sotto stretto con-trollo i fattori di rischiosità in maniera consapevole, unitaria, dinamica e continua-tiva.

Nel corso degli ultimi anni, invero, le imprese manifestano una crescente at-tenzione alle strategie di valutazione dei rischi, o risk management, attività che abbiamo inteso indicare quale sub-sistema del più ampio controllo interno azien-dale20.

Ozioso notare, inoltre, come la gestione consapevole del rischio costituisca il

driver di riferimento nell’evoluzione dei sistemi di controllo interno.

Fondamenta-le condizione di incisività gestionaFondamenta-le risulta essere, infatti, la sistematica attività di prevenzione dei rischi, che permette di stimare il plafond di rischio a cui esporsi, individuando, di conseguenza, le relative contromisure per il contenimento dello stesso ad un livello giudicato di equilibrio.

A tale funzione viene, perciò, assegnato il compito di monitorare che il profilo di rischio complessivo dell’impresa, in termini di soglia ritenuta strategicamente accettabile, rispetti quanto previsto dall’organo amministrativo-decisionale.

I fattori di rischio cui è soggetta l’amministrazione d’azienda sono indubbia-mente molteplici e generalindubbia-mente impattano in modo differente sull’economia del-le diverse aziende, in considerazione degli specifici profili di rischio di cui del-le im-prese stesse sono portatrici, a loro volta condizionati da differenti fattori endoge-ni21.

Proprio per l’estesa varietà dei rischi insiti nell’attività d’impresa risulta diffi-cile, se non impossibile, applicare processi di valutazione che mirano a misurare la probabilità di manifestazione di tutti i possibili rischi da cui è condizionato l’operare d’impresa.

Tra le componenti del processo di risk management è perciò fondamentale l’attività di individuazione dei rischi che possono pregiudicare, in maniera

20 E’ proprio per questo crescente interesse che dopo una prolungata fase di preparazione anche il Committee

of Sponsoring Organizations (Co.So) ha pubblicato l’Enterprise Risk Management Framwork, il quale

defini-sce il risk management come quel “processo progettato (…) per identificare gli eventi potenziali gravanti

sull’azienda, per gestire il rischio secondo la propria propensione, per fornire ragionevole assicurazione di raggiungimento degli obiettivi aziendali”. Cfr. Committee of Sponsoring Organization of the treadway

Commission, Enterprise risk management, Exposure Draft, 2003, pag. 3, disponibile su www.Erm.coso.org.. 21 Cfr. U. Bertini, Introduzione allo studio dei rischi nell’economia aziendale, Cursi, Pisa, 1969 e F. Dezzani,

Rischi e politiche d’impresa, Giuffrè, Milano, 1971. Si veda anche G. Bruni, Le politiche aziendali per una strategia di risanamento, in G. Paolone (a cura di), Percorsi e piani di risanamento aziendale, Giappichelli,

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minante, il raggiungimento degli obiettivi di business, processo indispensabile per garantire l’efficacia del sistema di controllo interno. Si tratta di un’attività conti-nua ed iterativa, finalizzata ad individuare i rischi potenziali e rilevanti e successi-vamente ad eliminare o a ridurre la probabilità della loro manifestazione. Natu-ralmente, nel processo di identificazione è necessario fissare dei limiti, al fine di evitare di prendere in considerazione anche rischi non sempre ragionevolmente connessi all’attività aziendale, o ad essa connessi, ma non rilevanti o perché im-probabili o perché di impatto ridotto.

L’identificazione dei fattori di rischio sensibili, o meglio critici, di provenien-za interna ed esterna, è indispensabile per poter procedere ad una efficace proce-dura di valutazione dei rischi. Questa seconda fase, di risk assessment, non può limitarsi, per correttezza, a considerare esclusivamente la probabilità della manife-stazione del rischio, ma deve scendere a valutare anche la significatività del suo eventuale impatto, indicandone contestualmente le modalità di gestione attraverso la definizione delle eventuali misure da intraprendere. Infatti, dopo aver indivi-duato la significatività e la probabilità del rischio, il management deve indagare come regolarlo, in modo da intraprendere misure adeguate, anche in termini di co-sto, ad eliminare, o almeno ridurre, la possibilità della sua manifestazione.

E’ qui opportuno confermare che il controllo della gestione dei rischi deve es-sere implementato non solo in ottica difensiva, bensì anche e soprattutto al fine di saper cogliere consapevolmente le opportunità scaturenti dai rischi che si vanno ad assumere. L’oculata gestione del rischio, infatti, rappresenta un imprescindibile presupposto di esistenza stessa dell’impresa. In particolare, si può sottolineare come un’impresa eccessivamente cauta per il timore di incorrere in rischi di qual-sivoglia natura non attua i principi di una corretta gestione, poiché, senza l’assunzione di un adeguato livello di rischio è impossibile remunerare in modo appropriato il capitale22, mostrandosi così destinata all’insuccesso.

Da tali considerazioni, si può desumere che il rischio generale d’impresa non è eliminabile in senso assoluto e per questo risulta utile l’introduzione di opportune

22 Sul rapporto tra rischio e capitale ed in particolare sull’incidenza del rischio sul reddito d’esercizio e sull’equilibrio economico duraturo si veda il riferimento alla contabilità del valore in L. De Minico, Lezioni

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attività di controllo all’interno dei processi aziendali che monitorano e gestiscono, o in qualche modo limitano, la probabilità della sua manifestazione23.

Esse, poi, risultano anche i più consoni tra tutti gli strumenti disponibili a ga-rantire l’efficacia degli interventi in parola. In effetti, i diversi fattori di rischio, sia di fonte interna che esterna, richiedono la presenza di un processo di riconosci-mento dei cambiamenti dell’attività aziendale tali da determinare effetti sui siste-mi di controllo interno, poiché i nuovi contesti potrebbero non consentire al pree-sistente sistema di essere efficace come in precedenza. Per tale ragione deve esse-re pesse-resente un meccanismo, affiancato al processo di gestione dei rischi, in grado di individuare le implicazioni conseguenti ai cambiamenti, al fine di prendere op-portuni provvedimenti24. Tale meccanismo afferisce proprio alle componenti di processo del sistema di controllo, ossia alle diverse attività che devono essere po-ste in essere proprio al fine di salvaguardare la gestione dai rischi, attraverso l’individuazione ed il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Infatti, potendo definire il rischio come tutto ciò che può sensibilizzare il rag-giungimento ottimale degli obiettivi aziendali, ecco allora che la determinazione, la conoscenza, nonché la chiara comunicazione all’interno dell’azienda degli o-biettivi rappresenta un presupposto irrinunciabile per poter avviare un coerente e completo processo di individuazione di quei fattori critici che, originando i rischi, possono concorrere ad ostacolare il raggiungimento degli obiettivi stessi25.

L’aver definito la radice comune dei rischi costituisce ovviamente solo il pri-mo passo: è infatti ancora necessario definire come captare, e conseguentemente gestire, i vari driver di rischio una volta che questi siano emersi e prima che im-pattino sulla gestione aziendale. E’ perciò compito dell’organismo azienda, e più in particolare della sua organizzazione, intesa nell’accezione più ampia a questa attribuibile, porre in essere le misure, per l’appunto organizzative, tra cui procedu-re, norme interne e risorse umane, idonee a contenere gli effetti dei driver di

23 In alcuni casi è possibile eliminare il rischio, ma in altri può solo essere ridotta la probabilità della sua ma-nifestazione. E’ da ciò che consegue l’importanza di una metodologia di analisi e gestione sistemica dei rischi particolari, in modo che il rischio generale d’impresa possa essere consapevolmente governato e ridotto ad un livello di accettazione (rischio residuale) strettamente collegato al grado di propensione al rischio ed alla stra-tegia istituzionale perseguita. Cfr. U. Bertini, Introduzione allo studio dei rischi nell’economa aziendale, op. cit., pagg. 39-40.

24 Cfr. F. Bava, Il sistema di controllo interno: le componenti di struttura, Amministrazione & Finanza, n. 10/2004.

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schio prima individuati, attraverso un processo continuo, da reiterare con partico-lare attenzione nei momenti di cambiamento aziendale, che non potrà mai ridursi ad un’attività una tantum.

2.2. Il controllo gestionale e il legame metodologico con il sistema di control-lo interno

Così come definito nei paragrafi precedenti, tra i sub-sistemi costituenti il si-stema dei controlli interni il controllo di linea risulta essere quello maggiormente dinamico, in quanto rappresentato dall’insieme delle attività di controllo necessa-rie a raggiungere, con una ragionevole sicurezza, gli obiettivi prefissati26.

I processi di controllo che lo compongono possono essere, infatti, definititi come un insieme di attività e procedure intraprese dall’azienda per ridurre, gestire o trasferire i rischi di business27, o ancora meglio, quell’insieme di politiche

atti-vate per consentire di attuare quelle direttive del management, finalizzate a ridurre i rischi connessi al raggiungimento degli obiettivi.

Le tipologie di attività di controllo svolte sono numerose e variamente classi-ficabili28. Tradizionalmente, però, il governo della complessità aziendale prevede la scomposizione dei processi di controllo su tre livelli: pianificazione e controllo strategico, controllo direzionale e controllo operativo29.

La pianificazione ed il controllo strategico riguardano il processo di formula-zione, e revisione periodica, degli obiettivi e delle strategie. Quantunque nel mo-dello tradizionale non si parli esplicitamente di pianificazione, tale processo va in-teso in senso ampio, come sistema a supporto dell’organo di governo per

25 In azienda non può esserci controllo delle prestazioni, e quindi dei possibili rischi di un loro detrimento, se non sono stati definiti prima gli obiettivi e i parametri su cui misurare le performances stesse. Cfr. A. Bubbio,

Controllo di gestione e corporate governance, Controllo di gestione, n. 1/2004.

26 Si veda in proposito quanto esposto nel paragrafo 2 di questo capitolo, pag. 15.

27 Cfr. M. Livatino – N. Pecchiari – G. Pogliani, Auditing. Il manuale di revisione per il controllo contabile, Egea, Milano, 2005, pag. 775.

28 Le attività di controllo possono essere distinte in relazione: al momento di effettuazione dei controlli (pre-ventivi, contestuali e successivi), ai soggetti che le effettuano (direzionali ed operative), all’oggetto del trollo (fisiche o su dati), alle modalità di effettuazione (manuali o automatiche). Cfr. F. Bava, Sistemi di

con-trollo interno: “processi” per la gestione dei rischi aziendali, Amministrazione & Finanza, n. 12/2004, pagg.

36-37.

29 Anthony suggerisce l’utilità di considerare come due facce della stessa attività la pianificazione ed il con-trollo, proponendo invece una separazione di tali processi manageriali su tre livelli, ovverosia proprio la pia-nificazione strategica, il controllo direzionale e il controllo operativo. R. N. Anthony, Planning and control

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re funzioni di indirizzo e validazione ex-ante di un particolare disegno di svilup-po30. Esso consiste nella verifica della congruenza delle scelte strategiche effettua-te rispetto alle poeffettua-tenzialità del siseffettua-tema aziendale ed all’evoluzione delle variabili ambientali, che danno conto della formazione di vincoli, di opportunità e di mi-nacce per l’organizzazione. Al contempo, il controllo ad essa associato tende a prevedere i risultati dell’attività del sistema aziendale, mediante la verifica dell’andamento degli inputs che hanno determinato le scelte strategiche, in modo che queste ultime possano essere eventualmente modificate prima che diventino irreversibili31. Come avremo modo di approfondire successivamente32, qualora l’ambiente sia caratterizzato da turbolenza, difficilmente esso consentirà un con-trollo efficace delle variabili esterne, per cui i meccanismi forward e

feed-back33, tipici dell’attività in parola, dovranno tendere a integrarsi in un’ottica di

maggiore tempestività e flessibilità di analisi, tale da produrre piani flessibili, ca-paci cioè di modificarsi celermente in funzione delle metamorfosi costanti del contesto.

Il controllo direzionale attiene, invece, al processo mediante il quale i dirigenti si assicurano che le risorse siano ottenute ed impiegate efficacemente ed efficien-temente in relazione agli obiettivi dell’organizzazione34. Esso presuppone l’attività di predisposizione del budget35 sulla base degli inputs provenienti dal processo di pianificazione, riferendosi ad un orizzonte temporale di breve periodo It. Sistemi di pianificazione e controllo. Schema di analisi, op. cit., pag. 13 e ss.. Si veda in tal senso anche G. Vecci, I sistemi di pianificazione e controllo: una sintesi, L’impresa, maggio/giugno, 1970, pagg. 243-247. 30 Sul concetto di pianificazione si veda diffusamente L. Di Stasi, Pianificazione e controllo di gestione, Giuf-frè, Milano, 2002, pagg. 17-31.

31 Il controllo in discorso è finalizzato a dare supporto alle decisioni dei vertici dell’organizzazione, consen-tendo l’analisi e la valutazione della domanda esterna in relazione al mercato di riferimento, nonché delle principali caratteristiche strutturali e di funzionamento dell’organizzazione. L’orizzonte temporale è di me-dio-lungo periodo, in quanto questo tipo di attività è ausiliaria a quella di pianificazione strategica. Di questo avviso R. N. Anthony, The management control function, Harward Business School Press, Boston, 1988. Sul tema si veda anche S. Sciarelli, Il controllo strategico, Sviluppo e organizzazione, n. 7-8, 1983.

32 Non è possibile relegare l’analisi del processo di controllo strategico a poche righe, soprattutto in relazione agli sviluppi e all’interesse che esso ha suscitato nel corso degli ultimi anni. L’argomento verrà perciò appro-fondito in seguito. Infra § 1.2.3..

33 Il controllo in parola, come del resto gli altri sub-sistemi del controllo di gestione, si avvale tradizionalmen-te di due meccanismi di retroazione: il feed-forward e il feed-back. Con il feed-forward si tradizionalmen-tende a tradizionalmen-tenere sotto controllo l’evoluzione delle variabili ambientali ed i fattori di competitività che hanno determinato le scelte strategiche, in modo da mantenere congruente il piano strategico con il sistema vincoli-opportunità, mentre con i meccanismi di feed-back si tende a proiettare, nell’orizzonte temporale di riferimento del processo di pianificazione, i risultati del controllo direzionale, valutandone l’impatto sul piano formulato, in modo da ap-portare gli interventi correttivi sulle variabili di processo per rendere congruente l’andamento della gestione con le scelte strategiche. Si fa perciò esplicito richiamo al legame tra pianificazione strategica e controllo stra-tegico, entrambi finalizzati alla redazione del piano. Per un approfondimento sul tema G. Azzone, Innovare il

sistema di controllo di gestione, Etas, Milano, 2000, pagg. 256 e ss..

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ed utilizzando prevalentemente meccanismi di retroazione, i quali, a loro volta, tendono ad alimentare nuovamente il processo di pianificazione e controllo strate-gico36. Il controllo direzionale ha il fine di consentire il governo della macchina organizzativa nel suo insieme37, concordando preventivamente le azioni da intra-prendere e i risultati da conseguire, sia in termini di gestione ordinaria, che di in-novazione ed investimento, verificando il conseguimento dei risultati contrattati e assegnati ai centri di responsabilità, nonché adottando i correttivi ed innescando processi di miglioramento dell’organizzazione.

Il controllo operativo tende invece a verificare l’efficienza tecnica delle singo-le unità organizzative38. Esso risulta incentrato sulle attività e sulle operazioni in-dividuali, come controllo puntuale su specifici atti di gestione e su determinati compiti organizzativi. Pertanto, a differenza del contesto di discrezionalità in cui opera il controllo direzionale, il controllo operativo è rivolto alle procedure, ossia alla conformità dei comportamenti, o meglio al modo di agire per raggiungere cer-ti risultacer-ti piuttosto che ai risultacer-ti di per sé, permeando, a tal fine, tutte le funzioni aziendali.

Giova qui sottolineare come nessun tipo di attività di controllo operi isolata-mente; i diversi tipi di controllo, infatti, interagiscono reciprocamente e sono parte integrante del più ampio sistema di pianificazione, programmazione e controllo, o più sinteticamente sistema di controllo gestionale39. Più in particolare, il sistema in menzione è efficace qualora possieda tutti e tre i livelli di controllo, diversa-mente enfatizzati in funzione del grado di stabilità dei fenomeni da controllare. Il

sistema di controllo gestionale è perciò una locuzione generale che indica un

in-sieme di imputazioni organizzative e di metodologie contabili e informatiche

35 Sul tema del budget si veda L. Di Stasi, Pianificazione e controllo di gestione, op. cit., pagg. 33-39. 36 In anni più recenti, la dottrina ha assunto una posizione meno marcata sulla netta separazione tra controllo strategico e controllo direzionale. Infatti, quando il controllo direzionale viene esercitato con la necessaria frequenza, in relazione ad un adeguato orizzonte temporale, e coerentemente integrato con il controllo strate-gico, tende a configurarsi come un controllo sulla direzione di marcia o controllo sul futuro. Cfr. W. H. Ne-wman, Direzione e sistemi di controllo, Etas, Milano, 1981. Si veda in tal senso anche M. Bergamin Barbato,

Programmazione e controllo in un’ottica strategica, Utet, Torino, 1991, pag. 42.

37 Sul tema del controllo direzionale, e in particolare sul contesto di riferimento, si veda R. N. Anthony – D. F. Hawkins – D. M. Macrì – K. A. Merchant, Sistemi di controllo. Analisi economiche per le decisioni

azien-dali, McGraw-Hill, Milano, 2001, pagg. 193-203.

38 Cfr. R. N. Anthony, Sistemi di pianificazione e controllo. Schema di analisi, op. cit., pag. 15.

39 Il sistema di programmazione e controllo si inserisce in economia aziendale nell’ambito del più vasto si-stema di amministrazione e controllo, che si è sviluppato partendo dalla ragioneria tradizionale, o meglio con l’introduzione della partita doppia, fino ad integrare i sistemi informativi aziendali e il sistema in menzione. Per ulteriori approfondimenti sull’approccio si vedano M. Saita, Manuale di contabilità, bilancio e controllo,

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stinate alla programmazione delle scelte aziendali e al controllo dei livelli di effi-cienza ed efficacia della loro realizzazione.

La letteratura esistente40 riconosce proprio nel sistema in parola un meccani-smo organizzativo, in quanto parte degli assetti organizzativi dell’impresa e gene-ratore di quel necessario coordinamento tra le diverse unità di gestione, mediante la creazione di specifici flussi informativi41.

Per controllo gestionale si intende, perciò, il sistema di comunicazione fondato sulla scelta di indicatori destinati ad aiutare i diversi livelli decisionali a coordina-re le proprie azioni in modo da coordina-realizzacoordina-re obiettivi e performances stabiliti. Con-sente, infatti, di interpretare informazioni e fenomeni economici per supportare le decisioni del management, consentendogli di impossessarsi degli strumenti neces-sari per programmare e rilevare le prestazioni aziendali42.

Quindi, nel suo insieme, esso rappresenta il primo strumento a supporto del processo decisionale43; ozioso sottolineare, perciò, il peso di rilievo che la qualità

delle informazioni da esso generate ha su quest’ultimo.

Appare evidente da quanto fin qui sostenuto, che per coadiuvare e rendere at-tuativo il processo di guida e controllo dell’impresa verso le strategie aziendali, finalizzate a creare valore nel tempo e nello spazio competitivo, già sinteticamente Il Sole 24 Ore, Milano, 1999, pagg. 500 e 700-730 e A. Travaglini Sabbatini, Controllo di gestione:

evoluzio-ne del ruolo, Amministrazioevoluzio-ne & finanza, n. 9/2003, pagg. 51-53.

40 I contributi sul tema della pianificazione e controllo sono moltissimi, per citarne solo alcuni si ricorda F. Besta, La ragioneria, Vol. II, Vallardi, Milano, 1922; E. Giannessi, Attuali tendenze delle dottrine

economi-co/tecniche italiane, Cursi, Pisa, 1954; G. Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, Giuffrè,

Mila-no, 1957; A. Amaduzzi, La pianificazione nell’economia dell’azienda industriale, Giappichelli, ToriMila-no, 1961; C. Caramiello, Programmi e piani aziendali, Isedi, Milano, 1971; R. L. Ackoff, La programmazione

azienda-le: principi, metodi, tecniche, obiettivi, Franco Angeli, Milano, 1973; E. Giannessi, Possibilità e limiti della programmazione, Opera Universitaria, Pisa, 1981. Per un approfondito excursus storico sul sistema di

con-trollo di gestione si rimanda a M. Bergamin Barbato, Programmazione e concon-trollo in un’ottica strategica, op. cit., pagg. 3-15.

41 Non si tratta di produrre informazioni genericamente utili. Occorre che esse siano utili ai decisori, nel senso di dar loro supporto nella definizione degli obiettivi e stimolo nell’individuazione delle migliori soluzioni ge-stionali. In merito si veda L. Cassia – S. Paleari – R. Redondi, Sistemi di controllo di gestione e

configurazio-ni orgaconfigurazio-nizzative: un’analisi su un campione di imprese italiane,Budget, n. 31/2002, pagg. 84-97.

42 Presuppone, con ciò, la definizione degli obiettivi da parte dell’organizzazione, la realizzazione degli stessi attraverso programmi d’azione e l’adozione di indicatori capaci di misurarne il raggiungimento. In tal senso G. Brunetti, Il controllo di gestione in condizioni ambientali perturbate, op. cit., pag. 7 e ss. e L. Noferi – L. Parrini, Controllo di gestione: azienda sotto osservazione, PMI, n. 6/1999, pagg. 9-10.

43 Le persone responsabili dei processi decisionali, infatti, dovrebbero avere a disposizione strumenti adeguati a valutare le possibili linee d’azione ed a controllare l’effetto delle azioni sulle performance aziendali, sulla creazione di valore e di soddisfazione massima per gli stakeholders. Sul tema della creazione di valore si ri-manda per maggiori approfondimenti a F. Amigoni, Il value based management: i principi di fondo e gli

im-patti sui sistemi di pianificazione e controllo, FMP, n. 1/2001, pagg. 7-23. Si vedano sul tema anche G.

Ai-roldi, Aspetti organizzativi dei sistemi di controllo di impresa, in Scritti in onore di Ugo Caprara, Vallardi, Milano, 1975; L. Brusa, Organizzazione aziendale e controllo di gestione, Giuffrè, Milano, 1983, pagg. 127-146; V. Coda, I costi standard, Giuffrè, Milano, 1975.

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definito governance44, che sia di sostanza e non solo normativo e legislativo, oc-corre che il sistema di controllo gestionale venga integrato con il sistema di con-trollo interno, al fine di garantire informazioni di qualità al processo decisionale, favorendo così la prevenzione e la gestione dei rischi aziendali45. Si sostiene, in-fatti, che sulla scorta delle informazioni ottenibili dalle aree critiche aziendali e delle capacità di intervento della direzione su tali aree è possibile definire un pro-filo attendibile di rischio dell’impresa46.

Sempre più acceso risulta, quindi, il dibattito dottrinale circa il processo di sensibilizzazione sulle tematiche di governo, controllo e trasparenza aziendale, laddove venga riconosciuta, nell’ambito del sistema di controllo interno, una di-mensione autonoma di controllo gestionale47.

Di fatto, senza una diffusa conoscenza dei processi aziendali non può esistere una governance efficace. Non bastano quindi le norme; lo stesso Codice di Auto-disciplina, può dare utili indicazioni sul sistema di controllo interno e sui relativi processi, ma non può offrire una loro corretta architettura che dovrebbe essere strutturata in funzione dei fabbisogni informativi che sono diversi e specifici per ogni azienda. Di fatto solo chi ha profonde conoscenze di controllo, ed in partico-lare di gestione, è in grado di progettare l’architettura più idonea ai fabbisogni in-formativi, e di implementare il sistema più efficace e migliore in termini di qualità e costo.

44 Vedi infra § 2, pag. 11 ed in particolare nota 12.

45 A tal proposito si vedano Aa.Vv., Committee on Corporate Governance – The Combined Code, GEE, Lon-don, 1998 e A. D. Chambers, Internal auditing: theory and practice, Pitman, LonLon-don, 2001, pag. 80 e ss.. Di impostazione parzialmente difforme altri Autori, che prevedono di mantenere distinto il controllo di gestione dagli altri sistemi di controllo interni, pur essendo naturalmente deputato ad essere di supporto a questi ultimi pur senza invaderne le rispettive competenze. Si veda per tutti C. D’Aries, Il controllo di gestione e la

crea-zione di valore per la collettività, Azienditalia, n. 1/2003, pagg. 19-29. In controtendenza anche M. Bergamin

Barbato, laddove ritiene che “ (…) certamente i sistemi di controllo sviluppano competenza manageriale e

contribuiscono alla crescita della cultura aziendale; non sono però in grado di stimolare la creatività e la propensione al rischio imprenditoriale, ma solo di ridurre l’area potenziale di errore nelle scelte fornendo schemi di razionalizzazione e sostenendo il processo di delega”. Cfr. M. Bergamin Barbato, Programmazione e controllo in un’ottica strategica, op. cit., pag. 17.

46 Se consideriamo, infatti, l’obiettivo della salvaguardia delle risorse, enunciato per il sistema dei controlli interni, esso presuppone l’esistenza di adeguati sistemi di controllo gestionale atti a proteggere risorse e com-petenze verificando la razionalità delle procedure organizzative e la bontà degli obiettivi. Sul tema si veda M. Baraldi – A. Paletta – M. Zanagni, Corporate governance e sistema di controllo interno, Franco Angeli, Mi-lano, 2004, pag. 19. Dello stesso avviso V. Coda, Aree critiche e rischio del finanziatore, Ricerche Economi-che, n. 1, 1976.

47 Sul tema dibattuto si veda R. Monks – A. Minow – G. Neill, Corporate governance edition 2, Blackwell Publisher, Oxford, 2001; B. Lechem, Chairman of the board: a handbook for effective corporate governance, John Wiley & Sons, London, 2002; G. Proctor – L. Miles, Corporate Governance, Cavendish Publishing Ltd., London, 2002; S. Learmount, Corporate governance, Oxford University Press, New York, 2002.

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In sintesi, si può affermare che, se da una parte la corporate governance può essere spinta da leggi e dalla normativa tramite il preciso disegno di un sistema di controllo interno come quello delineato nelle pagine precedenti, dall’altra è neces-sario sviluppare una cultura manageriale del controllo che si manifesti in compor-tamenti concreti, attraverso l’adozione di strumenti e tecniche di management che la facilitino. Occorre perciò attivare, affianco ad un adeguato sistema di controllo interno, un corretto processo di controllo gestionale, che integrato con il primo, offra strumenti efficaci a supporto del processo di guida e controllo dei diversi or-gani.

2.2.1. Il controllo strategico quale nuovo paradigma del controllo gestionale

Le tematiche di controllo gestionale, ed in particolare quelle connesse a quello strategico, stanno attraversando, in questi ultimi anni, un periodo di profondo ri-pensamento, motivo per cui risulta opportuno un approfondimento.

Le caratteristiche dei sistemi tradizionali di controllo di gestione sono, infatti, diventate sempre più obsolete48, comportando due principali conseguenze: da un lato, una serie di punti di debolezza nel funzionamento degli stessi, dall’altro, l’emissione di segnali distorti nei comportamenti dei managers.

48 Esse possono essere riassunte nelle seguenti: orientamento alla dimensione economico-finanziaria e al

bre-ve periodo (indicatori come il Roi bre-vengono, o meglio, fino ad oggi, bre-venivano calcolati nel rispetto del

princi-pio di competenza, facendo sì che il successo dell’azienda fosse calcolato sulla redditività dell’esercizio, an-ziché sulle reali potenzialità di sviluppo); orientamento al passato, in quanto gli attuali controlli si basano prevalentemente su meccanismi di feed-back di continuo confronto ex-post tra risultati ed obiettivi, modo di intendere il controllo che poteva risultare soddisfacente solo fino a quando l’azienda operava in ambienti ca-ratterizzati da elevata stabilità dei mercati, delle tecnologie e dei processi di interazione sociale; orientamento

all’interno, poiché l’attività di controllo è quasi interamente diretta alla misurazione dell’efficienza, con

scar-sa attenzione alla misurazione della qualità, dei tempi e del livello dei prodotti e dei servizi, mancando com-parazioni dei risultati ottenuti con quelli delle aziende concorrenti (si fa qui riferimento al concetto di

ben-chmarking, strumento che serve per dare risposte in merito a quanto e come migliorare, attivando un

appren-dimento diffuso, finalizzato all’eccellenza delle prestazioni); orientamento alla dimensione verticale, ossia di azienda strutturata su base gerarchico-funzionale secondo il principio dei centri di responsabilità, con scarsa attenzione ai processi di tipo orizzontale. Per vedere come da oltre quindici anni il controllo di gestione cerchi di spostare la propria attenzione dai soli risultati economico-finanziari a strumenti più completi e capaci di dare un contributo al processo di definizione della strategia e nel monitoraggio della sua corretta messa in pratica si veda C. Sternini, Dal tableau de board alla balance scorecard, l’evoluzione dei sistemi di controllo, Amministrazione & finanza, n. 11/2005, pagg. 23-33. Sull’evoluzione degli indicatori di performance si veda anche S. Pacchiarotti, I concetti fondamentali del controllo di gestione, Rivista trimestrale di scienza dell’amministrazione, n. 3-4, 1998, pagg.168-169. Per un analisi dei principali criteri di revisione del sistema di budgeting al fine di ovviare alle distorsioni provocate dalla turbolenza ambientale si veda G. Donna – L. Zamprogna, Sistemi di controllo direzionale e dinamismo ambientale, L’impresa, n. 5/1983, pagg.13-25. Sul tema del benchmarking si veda A. Biglia, Controllo di gestione: le nuove linee guida, Amministrazione & Finanza, n. 13/1995, pagg. 727-729. Sulla gestione per processi, ibidem, pagg.730-733.

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A questo punto è opportuno cercare di comprendere come l’evoluzione del contesto competitivo incida sul processo di trasformazione nel controllo gestiona-le. La pressione competitiva spinge infatti tali sistemi verso il cambiamento, af-finché essi non abdichino alla propria funzione di giuda alla gestione pur in un contesto profondamente mutato49.

In particolare, la turbolenza ambientale richiede alle imprese la capacità di a-dattarsi rapidamente alle condizioni mutevoli del contesto di riferimento, renden-do inadeguato il tradizionale processo di controllo, fornitore di risposte troppo lente al cambiamento50. Le esigenze di mutamento dei sistemi sono molteplici e si legano a fattori di natura ambientale, strategica e organizzativa51. Questi generano nuovi fabbisogni di controllo cui è stato necessario dare una risposta.

Il nuovo paradigma del controllo deriva, perciò, proprio dalla continua evolu-zione del contesto ambientale52.

Con “nuovo paradigma” si allude, qui, al controllo strategico, il quale sottoli-nea il giovane, e particolarmente stretto, legame che si viene a creare tra sistema di controllo gestionale e processo di attuazione delle strategie53. Infatti, l’accresciuta competitività dei mercati, l’ampliamento della deregolamentazione dei processi, con la conseguente maggiore discrezionalità operativa nelle selezio-ne delle alternative, sono tutti fattori che chiedono di aumentare il contenuto stra-tegico dei sistemi di controllo54.

49 Il quadro di riferimento in cui le imprese si muovono risulta infatti caratterizzato da crescenti livelli di complessità e turbolenza, rendendo sorpassata l’impostazione tradizionale di controllo di gestione. Sui feno-meni di perturbazione ambientale che influenzano l’ambiente di controllo si veda per tutti G. Brunetti, Il

con-trollo di gestione in condizioni ambientali perturbate, op. cit., pagg. 100-184.

50 Cfr. M. Bergamin Barbato, Programmazione e controllo in un’ottica strategica, op. cit., pag. 29.

51 Sul tema dell’ipercompetizione e sulle relative variabile critiche si rimanda ad A. Bubbio, Controllo di

ge-stione e innovazione, Amministrazione & Finanza Oro, n. 3/2005, pagg. 59-61.

52 Il vecchio paradigma per essere impiegato proficuamente viene assoggettato ad aggiustamenti di vario ge-nere e sottoposto parallelamente ad ulteriori modifiche per consentire impieghi efficaci. Si ritiene che la fase di transizione verso un successivo paradigma del controllo sia ancora attualmente in corso. “La sensazione è

che nelle aziende, (…) si sia più propensi ad adeguare i sistemi di controllo alle esigenze ambientali median-te aggiustamenti ed incrementi piuttosto che attraverso reimpostazioni globali”. Cfr. ibidem, pag. 42.

53 Per un’approfondita analisi del legame tra obiettivi, disegno strategico e controllo si veda P. Lorange,

Pia-nificazione strategica, McGraw-Hill, Milano, 1990, passim.

54 La letteratura ha ampiamente sottolineato i vantaggi derivanti da un sistema così delineato, tra i quali: o-rientare la gestione dell’impresa al lungo periodo; arricchire la natura e il profilo temporale delle misure di performances; costringere l’impresa a fare chiarezza sulle proprie strategie, accrescendo la tempestività degli interventi di cambiamento e migliorando così la proattività strategica dell’impresa per metterla in grado di osservare e prevedere fenomeni strategicamente rilevanti e anticipare le proprie risposte. Cfr. M. Goold – A. Campbell, Strategies and styles. The role of the centre in managing diversified corporations, Basil Blackwell, Oxford, 1987 e M. Goold – J. J. Quinn, Il controllo strategico. Nuove pietre miliari per una performance di

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