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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA NEL CONTESTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (*)(12)

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Academic year: 2022

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LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

NEL CONTESTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (*)(12)

di Giuseppe Nicoletti

La responsabilità dei dipendenti della pubblica amministrazione trova il suo riferimento basilare nell’art.

28 della Costituzione che afferma la responsabilità dei funzionari e dipendenti di enti pubblici secondo le leggi penali, civili e amministrative per atti compiuti in violazione di diritti, prevedendo espressamente che “in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. La responsabilità, conosciuta dal giudice ordinario, è diretta alla tutela dei terzi e realizzata attraverso la responsabilità solidale dell’operatore pubblico e dell’ente di appartenenza.

A tali forme di responsabilità si aggiungono quelle devolute alla cognizione della Corte dei conti che trovano supporto nell’art. 103, c. 2, Cost., che attribuisce alla magistratura speciale la giurisdizione in materia di contabilità pubblica.

Responsabilità contabile

Essa si configura come particolare responsabilità patrimoniale che colpisce coloro a cui è demandata la gestione di beni o di valori, agenti contabili di diritto.

Sono agenti contabili gli amministratori delle risorse, i tesorieri demandati della custodia del denaro e del- la esecuzione dei pagamenti, gli agenti consegnatari e tutti coloro che senza legale autorizzazione si ingeriscono nel ruolo di agenti contabili.

La qualifica di agente contabile compete non solo a coloro che in virtù del rapporto di servizio sono pre- posti alla funzione contabile, ma anche a tutti coloro che realizzano gestione contabile per ingerenza (contabili di fatto).

La posizione di agente contabile comporta che gli agenti contabili di diritto e di fatto sono assoggettati al giudizio di conto.

Infatti gli agenti contabili debbono alla fine di ogni anno rendere il conto giudiziale della loro gestione.

L’agente contabile sarà tenuto a rispondere degli ammanchi e dei danni ove vengano riscontrate differenze ingiustificate tra valori ricevuti in consegna e valori restituiti.

Responsabilità amministrativa

Questa forma di responsabilità sviluppatasi dal giudizio di conto è una forma di responsabilità per clausole generali assimilabile per molti aspetti alla responsabilità civile extracontrattuale; essa invece presuppone un rapporto di impiego o di servizio con la p.a..

Il fondamento si riscontra negli artt. 82 e 83 della legge di contabilità di Stato, r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, e negli artt. 52 e 53 del t.u. sull’ordinamento della Corte dei conti, approvato con r.d. n. 1214/1934.

Elementi differenziali dalla responsabilità civile risarcitoria vanno rinvenuti nel ruolo pubblico dell’autore del danno con conseguente ricaduta nella giurisdizione della Corte dei conti.

Elementi costitutivi sono:

a) una condotta riconducibile ad un soggetto legato alla p.a. da un rapporto d’impiego o di servizio.

L’evento dannoso deve essere riconducibile all’autore secondo i criteri comuni del rapporto causale. Esso deve porsi come conseguenza inevitabile della condotta cui è riconducibile. La nozione di causa è quella deli- neata dall’art. 40 c.p. secondo cui l’evento dannoso non può essere attribuito all’agente se non è conseguenza immediata e diretta all’azione od omissione. Il concetto di causalità adeguata di natura penalistica trasfusa nel diritto amministrativo consente di accertare se ed in che misura l’entità della lesione è riconducibile all’autore.

(*) Relazione introduttiva alla seconda sessione del convegno su “La responsabilità contrattuale, extracontrattuale, disciplinare e penale di pubblici funzionari”, tenuto presso l’Università di Sassari il 2 e 3 dicembre 2011.

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b) l’evento dannoso di natura patrimoniale sotto il duplice profilo del danno emergente o del lucro cau- sante.

c) la condizione che il danno sia stato arrecato nell’esercizio di una pubblica funzione.

d) l’elemento psicologico. L’evento dannoso prodotto dal comportamento attivo od omissivo dell’opera- tore pubblico deve essere attribuibile al soggetto agente sotto il profilo del dolo o volontà cosciente se non addi- rittura intenzionale oppure della colpa intesa come negligenza, disattenzione o inadeguata sensibilità nell’assol- vimento dei doveri d’ufficio. All’agente deve potersi rimproverare un comportamento diverso da quello dovuto secondo i criteri di serietà, lealtà e coerenza ai fini pubblici istituzionali.

L’art. 83 della richiamata legge di contabilità di Stato dispone: “I funzionari... sono sottoposti alla giu- risdizione della Corte dei conti, la quale, valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto. Questa particolare potestas judicandi ha assunto la con- notazione di un potere determinativo del quantum di danno risarcibile e viene esercitata dal giudice in conside- razione del contesto in cui il funzionario ha operato, nonché del grado di colpa attribuibile.

È questo l’elemento caratterizzante della responsabilità amministrativa che la distingue da quella civile e da quella disciplinare nella quale il comportamento del funzionario viene valutato per inosservanza di norme di servizio.

La giurisprudenza ha utilizzato il potere riduttivo per determinare l’entità del danno risarcibile sia in rela- zione al grado della colpa identificata che per proporzionare l’addebito all’apporto causale di ciascun autore del danno.

È una forma di responsabilità pur sempre subordinata all’esistenza di un danno da recuperare anche par- zialmente e diretta essenzialmente a monitorare l’azione degli operatori pubblici.

Le riforme degli anni ‘90

Il richiamato quadro normativo della responsabilità amministrativa che si era enucleata dalla responsabi- lità contabile fino a caratterizzarsi in modo del tutto autonomo ed estesa a tutti gli operatori pubblici indipen- dentemente da un rapporto di impiego in ragione della legittimazione a gestire le pubbliche risorse, ha subito incisive riforme introdotte dal legislatore da una serie di interventi succedutisi negli anni ‘90.

Invero già a partire dagli anni ‘60 con l’attacco alla responsabilità formale prevista dall’art. 252 legge comunale e provinciale del 1934 venivano delineati nuovi confini e prospettive per la giurisdizione di respon- sabilità amministrativa.

Ma nel 1990 la maturazione culturale aveva portato a nuovi valori che sono stati recepiti dal legislatore con diverse iniziative.

Interventi incisivi nella materia risultano introdotti dalla l. n. 142/1990 che ha varato il nuovo ordinamen- to degli enti locali e la l. n. 639/1996 di cui si richiamano le norme di maggior rilievo per la responsabilità in argomento.

Prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità

Con l’art. 58 l. n. 142/1990 è stato affermato il principio che la prescrizione dell’azione del p.m. contabile si prescrive in 5 anni.

La riconduzione di tutta la responsabilità amministrativa di amministratori e di funzionari alla giurisdizio- ne della Corte dei conti, comprensiva di quella già devoluta al giudice ordinario, ha ispirato la limitazione del termine prescrizionale dell’azione di responsabilità che era decennale per gli amministratori e quinquennale per i dipendenti sottoposti alla giurisdizione ordinaria.

L’unificazione ha comportato la scelta del termine più breve con portata generale con il definitivo varo della l. n. 639/1996 di conversione dei decreti-legge iterati con modifiche quasi per un biennio dopo il varo delle l. nn. 19 e 20 del 1994.

Invero la introduzione di un termine più breve di prescrizione dell’azione di responsabilità è tesa non tanto alla unificazione omologa del trattamento dei dipendenti degli enti locali, quanto alla introduzione di nuovi valori nell’accertamento giurisdizionale delle devianze dell’azione amministrativa. Valore preminente

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al riguardo sembra dover annettere alla esigenza di tempestività degli interventi giurisdizionali che ove tar- divi, non solo non hanno funzione pedagogica nella pubblica amministrazione ma finirebbero con l’essere dannosi.

La colpa grave quale elemento costitutivo della responsabilità amministrativa

L’art. 3 della richiamata l. n. 639 prevede: “La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti è limitata ai fatti commessi con dolo o colpa grave”.

L’innovazione distacca ulteriormente nei contenuti e negli effetti la responsabilità amministrativa risarci- toria dalla responsabilità civile.

L’elevazione della soglia di rilevanza della gravità della colpa si risolve nella limitazione degli effetti dell’azione del pubblico ministero contabile ai casi di gravi devianze dell’azione amministrativa poste in essere in condizioni di particolare gravità.

Sotto il profilo risarcitorio è chiaro che l’innovazione normativa, restringendo l’area del danno risarcibile, sposta la sua parte del rischio a carico dell’amministrazione. Infatti pur permanendo la natura risarcitoria della responsabilità amministrativa in argomento, l’elevazione della soglia di rilevanza dell’elemento psicologico la distacca dalla responsabilità civile nella quale l’autore del danno è chiamato a risarcirlo anche se lo ha posto in essere con colpa lieve.

La ratio della innovazione va individuata nell’esigenza di non terrorizzare gli operatori dell’Amministra- zione con la prospettazione di interventi repressivi devastanti.

Rimane prevalente ed assorbente la considerazione che l’amministratore o funzionario che è chiamato ad adottare un provvedimento amministrativo per il fisiologico soddisfacimento di interessi dell’ente di apparte- nenza possa farlo serenamente confidando nella discrezionalità amministrativa che si traduce nell’agire libero della p.a. per il soddisfacimento dei pubblici bisogni.

Da ciò consegue che, come nel diritto civile c’è il rischio di impresa che pone a carico della società una parte dei danni subiti, analogamente nell’ambito del diritto pubblico i danni arrecati all’amministrazione con comportamenti in cui non sono riscontrabili scostamenti gravi dai moduli di buon andamento, non possono essere addebitati all’operatore amministrativo, ma è giusto che rimangano a carico della gestione pubblica.

L’elemento psicologico del pubblico funzionario o amministratore, peraltro, non può essere valutato con criteri e parametri civilistici. Prevale la nozione normativa di colpa che nell’ambito della p.a. deve tener conto dei moduli amministrativi, dei criteri di riparto delle competenze, nonché della necessità di operare per pro- cedimenti amministrativi. Infatti l’operatore pubblico inserendosi nell’apparato dell’amministrazione assume obblighi ben precisi non solo in ordine al raggiungimento dei risultati, bensì della necessità di operare per pro- cedimenti in base al principio di legalità. La violazione delle regole di procedimento rende l’atto inidoneo allo scopo il che comporta un disservizio.

Natura personale della responsabilità che non si estende agli eredi

L’art. 58 della l. n. 142/1990 ha introdotto il principio della natura personale della responsabilità ammini- strativa risarcitoria che non si estende agli eredi.

Nella interpretazione della giurisprudenza la nuova norma ha una portata generale e visivamente innova- tiva del sistema della responsabilità.

Il principio della natura personale della responsabilità affermato dalla l. n. 142/1990 è stato esteso con le l. nn. 19 e 20 del 1994 nonché con la l. n. 639/1996 di definitiva conversione di successivi decreti-legge.

L’art. 1 della l. n. 639/1996 nell’affermare la natura personale della responsabilità amministrativa pone un eccezione “salvo il caso di illecito arricchimento dell’autore del danno e indebito conseguente arricchimento degli eredi”.

Se ne desume che in questo caso è esclusa la natura personale della responsabilità e quindi, ove sussista la condizione dell’illecito arricchimento dell’autore del danno e possa essere dimostrata la pervenienza dei vantaggi agli eredi, la responsabilità ha conservato quasi tutte le caratteristiche anteriori alla riforma. Si tratta della responsabilità amministrativa tradizionale vicina a quella civile risarcitoria e, quindi, sottratta al carattere personale e sanzionatorio.

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La giurisprudenza ha puntualizzato che la regola della natura personale della responsabilità amministra- tiva è generale per cui il riferimento alla intrasmissibilità non si configura come deroga bensì come criterio di giusta responsabilità.

Quella conseguente ad illecito arricchimento dell’autore del danno viene a configurarsi come diversa o dello stesso rigore di quella pregressa in quanto legata all’illecito arricchimento.

Insindacabilità delle scelte discrezionali

Afferma la richiamata norma dell’art. 3 l. n. 639 “ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali” L’affermazione sia pure incidentale deve essere intesa come perentoria esclusione di ogni pote- stas judicandi del giudice contabile in ordine alla discrezionalità della scelta. Devesi ricordare che anteriormen- te all’entrata in vigore della legge di riforma la Corte dei conti aveva elaborato una giurisprudenza sulla valuta- zione della discrezionalità amministrativa escludendo la legittimità della scelta in caso di accertata irrazionalità o estraneità della scelta ai fini istituzionali dell’ente. La Sezione II centrale ha affermato che sono comunque censurabili le scelte discrezionali che, eccedendo i limiti della ragionevolezza, sconfinano nell’arbitrio e sono perciò viziate di illegittimità per eccesso di potere.

In materia di discrezionalità tecnica la giurisprudenza (Sez. I centr. app. n. 110/2004) ha osservato che l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali affermata dall’art. 3 va intesa nel senso che la Corte dei conti non può valutare l’opportunità e convenienza amministrativa delle scelte e, quindi, delle ragioni per cui l’autorità amministrativa ha proceduto optando per una scelta piuttosto che per un’altra. La stessa Sezione ha, però riconosciuto che il giudice può ex post valutare lo svolgimento nel momento volitivo della scelta.

Vantaggi conseguiti dalla Comunità amministrata o dall’amministrazione

L’innovazione legislativa in merito al vantaggio conseguito per effetto del comportamento qualificato come illecito non si confonde con il potere riduttivo ma si aggiunge nel senso che con priorità logica può essere detratta dal danno arrecato l’entità di vantaggio conseguito ed economicamente valutabile. La II Sezione di appello ha affermato che il vantaggio è ontologicamente antitetico al danno per cui deve escludersi una com- pensatio lucri cum danno.

Delibere collegiali

In materia di atti collegiali la nuova normativa prevede l’attribuzione della responsabilità a tutti quei com- ponenti che abbiano espresso voto favorevole con ciò innovando la regola precedente secondo cui la responsa- bilità doveva ritenersi esclusa non con l’astensione bensì con il motivato dissenso.

Esclusione della solidarietà

La nuova norma dispone che se il fatto è causato da più persone, solo i concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo sono responsabili solidalmente.

Ne consegue che, salvo il caso del dolo, ognuno risponde della propria quota parte di debito risarcitorio.

Invito a dedurre

Tra le riforme rilevanti di natura preprocessuale va sottolineata l’introduzione dell’invito a dedurre quale garanzia dei soggetti che possono essere chiamati in giudizio. Il Procuratore regionale erariale, che è il soggetto titolare dell’iniziativa processuale in materia di responsabilità amministrativa, a seguito dell’introduzione della garanzia, parallela all’avviso di garanzia nel processo penale, non può chiamare in giudizio i soggetti nei cui confronti non sia stato notificato un invito a dedurre con il quale vengono indicate le fattispecie di danno ricon- ducibili a comportamenti attivi o passivi dei destinatari.

L’invitato è tenuto a controdedurre in merito a tutte le ipotesi di responsabilità causalmente e a titolo di colpa grave a lui attribuite, entro il termine di 120 giorni dalla notifica dell’invito. L’invitato può chiedere di essere sentito facendosi assistere da un avvocato.

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L’invito a dedurre ha effetto interruttivo del termine prescrizionale quinquennale.

In mancanza di questa fase preliminare di garanzia, la citazione in giudizio del pubblico ministero erariale nei confronti dei soggetti ai quali non è stato notificato l’invito a dedurre è improcedibile.

La responsabilità finanziaria per fattispecie tipiche

Alle responsabilità amministrativa e contabile in cui incorrono gli operatori della pubblica amministra- zione si aggiunge una nuova forma di responsabilità sanzionatoria, individuata dal legislatore con fattispecie tipiche riconducibili alle funzioni di amministrazione attiva negli enti locali.

Di particolare interesse risulta la norma contenuta nella legge finanziaria 2003 del 27 novembre 2002 n.

289 al c. 15 dell’art. 30 laddove prevede espressamente che “qualora enti territoriali ricorrano all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento in relazione all’art. 119 della Costituzione i relativi atti e contratti sono nulli”.

Il richiamato art. 119 della Costituzione, come novellato della l. cost. n. 3 del 18 ottobre 2001, riconosce ai comuni, alle province e alle regioni autonomia finanziaria di entrata e di spesa ma pone il limite invalicabile al ricorso al mercato finanziario statuendo che gli stessi enti possono ricorrere all’indebitamento solo per finan- ziare spese di investimento escludendo ogni garanzia dello Stato sugli stessi prestiti.

Per assicurare l’osservanza del rispetto del divieto costituzionale lo stesso art. 30 prevede che “Le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti possono irrogare agli amministratori che hanno assunto la relativa deliberazione, la condanna ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque fino a venti volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione della violazione.

La previsione della sanzione è preceduta dall’affermazione della nullità di atti e contratti.

La norma in esame che è seguita da altre analoghe prevede una responsabilità per fattispecie tipica di natura esclusivamente sanzionatoria che trova fondamento nel contesto costituzionale degli artt. 130, c. 2 e 119 della Costituzione e che si distacca completamente dalla tradizionale forma di responsabilità amministrativa e contabile che presuppone un danno erariale riconducibile alla condotta di operatori pubblici che abbiano agito ponendo in essere comportamenti illeciti caratterizzati dalla sussistenza del dolo o di colpa grave.

Il fine della nuova norma non è la reintegrazione del patrimonio pubblico leso dal comportamento in giu- dizio, bensì l’accertamento della sussistenza delle condizioni per l’organismo deliberante dell’ente locale per far ricorso a spese che non risultano supportate di copertura finanziaria.

La ratio è da individuare nell’equilibrio di bilancio per il rispetto del patto di stabilità.

Obiettivo del legislatore è che la gestione finanziaria dell’ente locale si fondi sul pareggio complessivo e non apparente nell’osservanza della regola basilare secondo cui alla copertura delle spese correnti debba prov- vedersi facendo ricorso alle entrate correnti.

Fattispecie analoga è quella prevista dall’ultima legge finanziaria che pone il divieto di contrarre mutui per spese che non risultino di investimento con l’effetto di trasferire alle generazioni successive o comunque in un contesto politico-finanziario non attuale spese che vengono a soddisfare esigenze immediate cui bisognereb- be far ricorso con copertura di entrate correnti. La tecnica sanzionatoria è la stessa già richiamata: infatti il con- tratto di mutuo è nullo e gli amministratori che hanno provveduto ad adottare la deliberazione sono condannati ad una sanzione nei limiti di un minimo di cinque fino a venti volte l’indennità di carica percepita.

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