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Notiziario n. 3 Marzo 2013

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Commercialisti

Cugnasco dr. Massimo m.cugnasco@studiocugnasco.it Coccarelli dr. Fernando f.coccarelli@studiocugnasco.it Collino rag. Giovanni g.collino@studiocugnasco.it Martini rag. Cristina c.martini@studiocugnasco.it Tealdi dr. Alberto a.tealdi@studiocugnasco.it Luciano dr. Davide d.luciano@studiocugnasco.it Cugnasco dr. Marianna mar.cugnasco@studiocugnasco.it

Consulenti del lavoro

Bongiovanni rag. Monica m.bongiovanni@studiocugnasco.it

Collaboratori tirocinanti info@studiocugnasco.it Giusto dr. Davide

Ufficio Contabilità contabilita@studiocugnasco.it Giordano Chiara

Giordano Angela Bruno Massimo Cavallera Nicolas

Ufficio consulenza del lavoro paghe@studiocugnasco.it Dao Ormena Daniela

Bottasso Elisabeth

Segreteria segreteria@studiocugnasco.it Magliano Silvana

Garino Marisa Tardivo Elisa

Strutture controllate ge.co@studiocugnasco.it Ge.co. Gestione e Controllo S.r.l.

Società fiduciaria - Trustee

Strutture collegate e rapporti internazionali EURODEFI Professional Club of Tax, Legal &

Financial Advisers

CONSULENZA FISCALE, SOCIETARIA, CONTABILE E DEL LAVORO

Notiziario n. 3 Marzo 2013

Dario Ghibaudo, “De bove spinosa” 2005 – Cow Parade Resina, pigmenti e spine in silicone

Dario Ghibaudo artista contemporaneo nato a Cuneo, vive e lavora a Milano (www.darioghibaudo.it). È sua la “Curva di Peano”, opera entrata ormai tra le principali attrattive artistiche della nostra città. Le copertine dei Notiziari 2013 sono dedicate ai suoi lavori e lo ringraziamo vivamente per la disponibilità.

V i a P o n z a d i S a n M a r t i n o , 8 - 1 2 1 0 0 C u n e o - T e l . 0 1 7 1 6 3 4 4 4 0 - F a x 0 1 7 1 6 6 1 0 3 - E - m a i l : i n f o @ s t u d i o c u g n a s c o . i t

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Temi del mese

Nuove istruzioni per la responsabilità solidale negli appalti e subappalti...

L’imposta sulle transazioni finanziarie: la c.d. “Tobin tax”...

Novità in materia di contratto a progetto...

Tributi

Comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva effettuate nel 2012 (spesometro): dubbi applicativi.

Detrazione del 55%: comunicazione per i lavori non terminati entro il 31.12.2012...

Approvazione definitiva dei modelli di dichiarazione per l’anno 2013...

Adempimenti relativi alla proroga tacita del contratto di locazione...

Limiti all’accesso dell’Amministrazione finanziaria nei locali dell’azienda contigui all’abitazione...

Cause di disapplicazione della disciplina fiscale delle società in perdita sistematica...

Effetti ai fini Iva dell’estromissione di immobili strumentali dalla sfera imprenditoriale...

Chiusura dei locali commerciali a seguito di ripetute violazioni...

La svalutazione degli immobili merce...

Diritto commerciale, bilancio, contabilità e varie

Rinvio del termine di approvazione del bilancio a 180 giorni...

Trattamento contabile dei certificati verdi secondo il nuovo OIC 7...

Bilancio d’esercizio privo della relazione dei Sindaci: conseguenze sulla delibera di approvazione...

Trust e attività fiduciaria

Un inedito utilizzo del trust per i moduli fotovoltaici esausti: il “Trust GSE”...

Finanziamenti e contributi

Contributo per la promozione e lo sviluppo di contratti di rete tra imprese...

Bando CCIAA per il sostegno dell’area I.T.C...

Contributo europeo per l’avvio di nuove imprese...

Finanziamento per l’aggiornamento tecnologico delle imprese di autoriparazione...

Contributo CCIAA per l’ottenimento della certificazione NTC...

Consulenza del lavoro

Richiesta all’Inps di invio del CUD in modalità cartacea...

Agevolazioni contributive...

Trattamento dati sensibili dei lavoratori...

Legittimità di licenziamento...

Coefficiente di rivalutazione del TFR...

Scadenziario

Mese di marzo...

Pag.

3 5 7 9 9 9 10 10 11 11 11 12 12 13 13 13 14 14 14 15 15 15 16 16 16 16 17

Numeri utili

Cambio €/$ (4) 1,2937

Rivalutazione TFR (5) 0,265845 %

Indice ISTAT (6) 2,2 %

Aliquote Irpef (1) - fino a 15.000,00

- oltre 15.000,00 fino a 28.000,00 - oltre 28.000,00 fino a 55.000,00 - oltre 55.000,00 fino a 75.000,00 - oltre 75.000,00

23 % 27 % 38 % 41 % 43 %

Aliquota Ires (2) 27,5 % Tassi Banca Centrale Europea (7) - Tasso di sconto

- Tasso di deposito

1,25 % 0,50 %

Aliquota Irap (2) 3,9 %

Saggio di interesse legale (3) 2,5 %

Tassi Euribor (8) - 6 mesi - 12 mesi

0,331 % 0,552 % (1) A decorrere dall’1.01.2007

(2) A decorrere dall’1.01.2008 (3) A decorrere dall’1.01.2012 (4) Rilevazione alla data del 14.03.2013 (5) Vedi pagina 16

(6) Variazione % del mese di gennaio 2013 sul mese gennaio 2012 (7) A decorrere dal 13.04.2011

(8) Aggiornati alla data del 14.03.2013, valuta del 18.03.2013, base 365

Link utili

Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.it

Ministero delle Finanze www.finanze.it

Enea (pratiche 55%) www.enea.it

Camera di commercio di Cuneo www.cn.camcom.it

Catasto

www.agenziaterritorio.it Comune di Cuneo www.comune.cuneo.it

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Temi del mese

Nuove istruzioni per la responsabilità solidale negli appalti e subappalti

L’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 2/E del 1° marzo u.s. è nuovamente intervenuta in merito all’ambito applicativo dell’art. 13, DL 22.06.2012 n. 83 che ha introdotto la responsabilità solidale per i versamenti dell’Iva e delle ritenute fiscali nei rapporti di appalto e subappalto.

Il citato documento di prassi, che segue la circolare n. 40/E dell’8.10.2012, ha di fatto esteso l’ambito applicativo della disposizione a tutti i settori economici smentendo di fatto quella parte della dottrina che sosteneva si applicasse solamente nell’ambito dei rapporti intervenuti nei lavori del settore edile in quanto inserita in un capo del DL che faceva riferimento a disposizioni specifiche per il settore dell’edilizia. La stessa circolare n. 2/E ha inoltre precisato quali sono i casi di oggettiva esclusione dall’ambito applicativo della norma.

Si ricorda che per effetto della disciplina in commento viene stabilito che l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, oltre che per i versamenti previdenziali, per il versamento all’Erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell’Iva con riferimento alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto e nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto al subappaltatore. Tale responsabilità solidale viene meno se l’appaltatore verifica che i versamenti delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e dell’Iva, già scaduti, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore, acquisendo la relativa documentazione prima del pagamento del corrispettivo ed è autorizzato a sospendere tale pagamento fino all’esibizione della predetta documentazione.

La disciplina in commento stabilisce anche per il committente precisi adempimenti in quanto può provvedere al pagamento del corrispettivo dovuto all’appaltatore solamente previa esibizione da parte di quest’ultimo della documentazione attestante i versamenti all’Erario eseguiti dall’appaltatore stesso e dagli eventuali subappaltatori, pena una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 a 200.000,00 euro qualora i versamenti delle ritenute e dell’Iva non siano stati correttamente eseguiti. Anche il committente può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all’esibizione della documentazione. In questo caso non si tratta di una responsabilità solidale come nel caso precedente ma di una violazione che determina una precisa sanzione pecuniaria.

L’Agenzia delle Entrate con la circolare 40/E ha fornito importanti chiarimenti in relazione alla documentazione che l’appaltatore/subappaltatore deve produrre per dimostrare il regolare versamento delle ritenute e dell’Iva in quanto può alternativamente rilasciare:

- un’attestazione dell’avvenuto adempimento dei suddetti obblighi di versamento anche tramite asseverazione di un soggetto iscritto nell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili o dei consulenti del lavoro oppure del responsabile dell’assistenza fiscale di un CAF-imprese;

- una dichiarazione sostitutiva in cui attesta l’avvenuto adempimento degli obblighi di versamento in esame (autocertificazione resa ai sensi del DPR 28.12.2000 n. 445) nella quale deve indicare:

- il periodo in cui l’Iva relativa alle fatture concernenti i lavori eseguiti è stata liquidata, specificando, se dalla suddetta liquidazione è scaturito un debito d’imposta, gli estremi di versamento del modello F24, ovvero la motivazione del mancato versamento qualora la liquidazione Iva abbia evidenziato un saldo a credito oppure qualora in relazione alle fatture oggetto del contratto è stato applicato il regime dell’ “Iva per cassa”, la disciplina del reverse charge; la non imponibilità a seguito di dichiarazione di intento; ecc...;

- il periodo in cui le ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente sono state versate riportando gli estremi del modello F24 di versamento;

- che l’Iva e le ritenute versate includono quelle riferibili al contratto di appalto/subappalto per il quale la dichiarazione viene resa.

Nella Circolare n. 2/E viene precisato come tale dichiarazione sostitutiva possa essere rilasciata unitariamente anche per più contratti intercorsi tra le parti e che può essere rilasciata anche con cadenza periodica a patto che al momento del pagamento l’appaltatore/committente si veda attestata la regolarità dei versamenti scaduti.

Nel recente documento di prassi l’Amministrazione Finanziaria ha sostenuto l’applicabilità della sopra citata disposizione a tutti i settori economici precisando però che è riferita alle sole fattispecie riconducibili al contratto di appalto di cui all’art. 1655 del Codice Civile.

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Per questo motivo sono esonerate dalla disciplina in esame le tipologie contrattuali diverse dall’appalto o dal subappalto quali:

- la fornitura di beni;

- il contratto d’opera, disciplinato dall’art. 2222 del codice civile;

- il contratto di trasporto di cui agli artt.1678 e seguenti del codice civile;

- il contratto di subfornitura di cui alla Legge n. 192/1998;

- le prestazionirese nell’ambito del rapporto consortile.

Considerato che la normativa si applica ai rapporti che intercorrono tra soggetti passivi Iva, la circolare ha ribadito che sono esclusi dai suddetti obblighi le persone fisiche private e i condomini oltre alle stazioni appaltanti di cui all’art. 3, c. 33, DLgs. N. 163/2006.

Per adempiere correttamente agli obblighi di legge diventa perciò necessario scindere correttamente le situazioni in cui si è nell’ambito della fornitura di beni ovvero nella prestazione d’opera da quelle in cui si tratta di appalto vero e proprio.

Evitando di trattare quelli che sono i casi eclatanti per i quali non vi è dubbio di classificazione, è necessario definire nel modo più preciso possibile i concetti di fornitura di beni, di contratto d’opera e di appalto evidenziando le loro rispettive peculiarità e sottolineando le reciproche differenze in modo tale da poter classificare i casi di dubbia interpretazione.

L’appalto ed il contratto d’opera hanno in comune l’obbligazione verso il committente di compiere un’opera od un servizio dietro corrispettivo, senza vincolo di subordinazione e con l’assunzione del rischio da parte di chi li esegue. La sostanziale differenza risiede nel fatto che nell’appalto la realizzazione dell’opera o la prestazione del servizio richiede una complessa organizzazione del lavoro e dei fattori produttivi da parte del titolare a fronte del contratto d’opera in cui il lavoro è svolto prevalentemente dal titolare stesso, seppur con l’ausilio di collaboratori familiari o di altri collaboratori, sempre secondo il modello organizzativo della piccola impresa.

La Corte di Cassazione con le sentenze n. 819/1997 e 7606/1999 ha rilevato le differenze tra appalto e contratto d’opera proprio nella natura di media o grande impresa del soggetto appaltatore e nella complessa organizzazione dei fattori produttivi. Nel contratto d’opera risulta quindi fondamentale il requisito del lavoro prevalentemente proprio rispetto alla prevalenza dell’organizzazione del lavoro altrui e dell’organizzazione dei fattori produttivi che invece sono prevalenti nel contratto di appalto. Per questo motivo la prestazione di un piccolo artigiano o quella di un lavoratore autonomo vanno classificate tra le prestazioni d’opera e quindi escluse dalla normativa in esame, avendo ben presente che la natura di artigiano da sola non classifica le prestazioni nel contratto d’opera ma è necessario valutare la complessità dell’organizzazione dei fattori produttivi e la prevalenza del lavoro del titolare e dei suoi familiari.

Altro discorso riguarda invece l’individuazione del confine tra contratto di appalto e contratto di fornitura di beni. Nell’appalto si ha la prevalenza del lavoro per la realizzazione dell’opera o del servizio rispetto alla fornitura del materiale necessario per la realizzazione, viceversa nel contratto di fornitura prevale la cessione dei beni.

L’Amministrazione Finanziaria con le Risoluzioni Ministeriali n. 501629/1975 e 503351/1974 ha evidenziato, a titolo esemplificativo, che si configura quale contratto di vendita la fornitura e l’eventuale posa in opera di impianti di condizionamento d’aria, di cucina, di infissi, ecc...quando l’assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi abitualmente commercializza tali prodotti e che si ricade invece nell’appalto quando la fornitura ha oggetto beni diversi dalla normale serie produttiva e per i quali il produttore ha prevalentemente un’obbligazione di fare, come per esempio nella fornitura e posa di infissi costruiti appositamente per le esigenze del committente non rientranti nella ordinaria produzione dell’impresa (C.T.R.

Regionale di Perugia 49/1989; Comm.Trib.Centrale 16.04.1996 n. 1706). Sempre a tale riguardo, in tema di

«reverse charge» in campo edilizio, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 220 del 10 agosto 2007, aveva affermato che si rientra nella compravendita con posa in opera quando lo scopo principale è la cessione di un bene, mentre l’esecuzione dell’opera è esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente, o a consentirne la fruizione, senza modificarne la natura. Viceversa si è in presenza di un contratto di appalto se la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, in quanto la prestazione di servizi si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato.

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Temi del mese

L’imposta sulle transazioni finanziarie: la c.d. “Tobin tax”

A seguito di numerose e consistenti modifiche subite in fase di approvazione è stata emanata la nuova disciplina della c.d. “Tobin tax”, imposta di natura indiretta sulle transazioni finanziarie. La nuova imposta, disciplinata dai cc. 491 - 500 della Legge di Stabilità 2013 (L. 24.12.2012 n. 228), viene applicata a tre diverse fattispecie di transazione con modalità differenti. Specificatamente il prelievo colpisce:

- i trasferimenti della proprietà di azioni e strumenti finanziari partecipativi (art. 1, c. 491, della L.

228/2012);

- le operazioni su strumenti derivati (art. 1, c. 492, della L. 228/2012);

- le operazioni “ad alta frequenza” (art. 1, c. 495, della L. 228/2012).

L’entrata in vigore del prelievo è scaglionata in quanto è stata fissata, in alcuni casi, con decorrenza 1.03.2013, ed in altri dall’1.07.2013. Come previsto dalla norma per l’applicazione concreta dell’imposta è stato approvato uno specifico provvedimento attuativo, il DM 21.02.2013, pubblicato sulla G.U. 28.02.2013 n. 50.

Trasferimento di azioni e strumenti partecipativi (c. 491)

A norma dell’art. 1, c. 491, della L. 228/2012 dall’1.03.2013 sono soggetti ad imposta i trasferimenti di proprietà:

- di azioni ed altri strumenti finanziari partecipativi di cui all’art. 2346, c. 6, cod. civ., emessi da società residenti nel territorio dello Stato;

- di titoli rappresentativi dei predetti strumenti indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente.

L’imposta è dovuta indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione e dallo Stato di residenza delle parti contraenti.

Il riferimento all’art. 2346, c. 6, cod. civ. consente di escludere dall’ambito di applicazione della norma il trasferimento di quote di Srl e di società di persone.

Inoltre a norma dell’art. 1, c. 491, della L. 228/2012, sono esclusi dall’imposta:

- i trasferimenti realizzati per successione o donazione;

- le operazioni di emissione ed annullamento dei titoli azionari e dei predetti strumenti finanziari;

- le operazioni di conversione in azioni di nuova emissione;

- le operazioni di acquisizione temporanea di titoli indicate nell’art. 2, punto 10, del regolamento CE 1287/2006 tra le quali rientrano, ad esempio, il prestito titoli e le operazioni di pronti contro termine;

- i trasferimenti di proprietà di azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emesse da società la cui capitalizzazione media nel mese di novembre dell’anno precedente a quello in cui avviene il trasferimento di proprietà sia inferiore a 500 milioni di euro.

L’imposta è dovuta in misura proporzionale ed è dimezzata se il trasferimento avviene in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione. Sono inoltre previste specifiche aliquote maggiorate per il 2013. Precisamente l’imposta si applica con le seguenti aliquote:

- per l’anno 2013:

- 0,22% per i trasferimenti che non avvengono in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione;

- 0,12% per i trasferimenti in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione;

- “a regime” (dal 2014):

- 0,20% per i trasferimenti che non avvengono in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione;

- 0,10% per i trasferimenti in mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione.

Le aliquote sopra individuate sono applicate sul valore della transazione, vale a dire sul valore del saldo netto delle transazioni regolate giornalmente relative al medesimo strumento finanziario e concluse nella stessa giornata operativa da un medesimo soggetto.

Ai sensi del c. 499 dell’art. 1 della L. 228/2012 l’imposta di cui ai cc. 491, 492 e 495 del medesimo articolo non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap.

Il legislatore individua nell’acquirente delle azioni o degli strumenti partecipativi il soggetto passivo dell’imposta, ma dispone che il versamento sia operato dagli intermediari (banche, società fiduciarie, imprese di investimento, ecc.). Il versamento dell’imposta deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello del trasferimento della proprietà delle azioni o degli strumenti finanziari partecipativi.

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L’art. 1, c. 494, della L. 228/2012 prevede un’ulteriore esenzione con riferimento al soggetto che pone in essere l’operazione. Questa esenzione soggettiva interessa: la Banca Centrale Europea; le banche centrali degli Stati membri dell’Unione europea; le banche centrali e gli organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali di altri Stati; gli enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia.

Inoltre l’imposta sul trasferimento di azioni e di strumenti partecipativi non si applica:

- ai soggetti che effettuano le transazioni e le operazioni soggette ad imposta, nell’ambito dell’attività di supporto agli scambi (c.d. “market making”);

- ai soggetti che effettuano, per conto di una società emittente, le transazioni e le operazioni soggette ad imposta in vista di favorire la liquidità delle azioni emesse dalla medesima società emittente, nel quadro delle pratiche di mercato ammesse, accettate dalla Consob;

- agli enti di previdenza obbligatori (pubblici e privati), nonché alle forme pensionistiche complementari di cui al DLgs. 5.12.2005 n. 252;

- alle transazioni ed alle operazioni tra società fra le quali sussista il rapporto di controllo di cui all’art.

2359, c. 1, nn. 1 e 2 e c. 2, cod. civ.;

- alle operazioni effettuate nell’ambito di operazioni di riorganizzazione aziendale;

- alle transazioni ed alle operazioni relative ai prodotti ed ai servizi qualificati come etici o socialmente responsabili a norma dell’art. 117-ter del DLgs. 24.02.98 n. 58 e della relativa normativa di attuazione.

Operazioni su strumenti derivati (c. 492)

A norma del c. 492 dell’art. 1 della L. 228/2012 sono soggette ad imposta in misura fissa, determinata con riferimento alla tipologia di strumento ed al valore del contratto, da un minimo di euro 0,01875 ad euro 200,00 per ciascuna parte (per il dettaglio si rimanda alla tabella allegata alla Legge di Stabilità), le operazioni effettuate:

- su strumenti finanziari derivati di cui all’art. 1, c. 3, del TUF (DLgs. 58/98) e successive modificazioni, che abbiano come sottostante prevalente uno o più degli strumenti finanziari di cui al c. 491 dell’art. 1 della L. 228/2012 od il cui valore dipenda prevalentemente da uno o più degli strumenti finanziari di cui al medesimo comma;

- sui valori mobiliari di cui all’art. 1, c. 1, lett. c) e d) del TUF (DLgs. 58/98) che permettano di acquisire o di vendere prevalentemente uno o più strumenti finanziari di cui al c. 491 dell’art. 1 della L. 228/2012 o che comportino un regolamento in contanti determinato con riferimento prevalentemente a uno o più strumenti finanziari indicati al c. 491 medesimo, inclusi warrants, covered warrants e certificates.

Risultano esclusi dal prelievo i derivati su strumenti sottostanti esteri.

L’imposta è dovuta indipendentemente dal luogo di conclusione della transazione e dallo Stato di residenza delle parti contraenti.

Negoziazioni ad “alta frequenza” (c. 495)

Allo scopo di tassare operazioni di natura spiccatamente speculativa è stata introdotta un’imposta proporzionale sulle operazioni definibili “ad alta frequenza”. L’imposta colpisce operazioni effettuate elettronicamente in periodi di tempo molto brevi, in quanto viene applicata all’invio, alla cancellazione ed alla modifica di ordini. La ratio della norma è antispeculativa e mira a contrastare il ricorso a sistemi di trading automatico “ad alta frequenza” che, mediante appositi software, consentono l’esecuzione automatica di ordini di compravendita contemporanea di strumenti finanziari anche su mercati diversi.

L’art. 1, c. 495, dell’art. 1 della L. 228/2012 prevede l’applicazione di un’imposta dello 0,02% sulle negoziazioni ad alta frequenza effettuate sul mercato finanziario italiano aventi ad oggetto azioni, strumenti partecipativi, nonché derivati. L’imposta si applica sul controvalore degli ordini annullati o modificati che in una giornata di borsa superino la soglia del 60% degli ordini trasmessi.

La nuova imposta sulle operazioni ad alta frequenza si applica alle transazioni concluse a decorrere:

- dall’1.03.2013, per le operazioni ad alta frequenza relative a trasferimenti di azioni e strumenti finanziari partecipativi di cui all’art. 1, c. 491, della L. 228/2012;

- dall’1.07.2013 per le operazioni ad alta frequenza relative ad operazioni su strumenti finanziari derivati.

Rinvio alle norme in materia di Iva

In relazione all’accertamento, alle sanzioni, alla riscossione ed al contenzioso, trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di Iva.

(7)

Temi del mese

Novità in materia di contratto a progetto

La Legge n. 92 del 28.06.2012 c.d. “riforma del mercato del lavoro” (o “riforma Fornero”), in vigore dal 18.07.2012, ha modificato diversi aspetti della disciplina del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (o, semplicemente, lavoro a progetto), di cui agli artt. 61 e ss. del DLgs. n. 276/2003.

L’intervento rientra nell’opera di rivisitazione delle tipologie contrattuali attuata dalla suddetta riforma con l’obiettivo, tra l’altro, di contrastare l’uso distorto, per finalità elusive, dei contratti di lavoro atipici e flessibili, quale fattore di illegalità e di precarietà (sia economica che di stabilità del rapporto) per i lavoratori. La legge n. 92/2012 se da un lato mira a favorire la costituzione di rapporti di lavoro stabili, valorizzando il lavoro subordinato a tempo indeterminato quale “contratto principale”, dall’altro – anche in considerazione delle istanze delle imprese a fronte dell’attuale congiuntura economica – si propone di preservare la c.d. flessibilità “buona” nell’uso del lavoro.

Così si spiegano le novità introdotte con riguardo ad alcune forme contrattuali (associazione in partecipazione con apporto lavorativo, lavoro autonomo con partita Iva e, per quanto qui interessa, collaborazioni coordinate e continuative a progetto), le quali per le loro caratteristiche – ossia la flessibilità di utilizzo e la semplificazione degli obblighi generalmente connessi alla prestazione lavorativa e, quindi, la maggiore economicità sotto il profilo gestionale, oltre che sul piano contributivo ed assicurativo – si prestano spesso ad abusi, venendo utilizzate per mascherare forme di lavoro maggiormente garantiste per i lavoratori (in primis, il contratto di lavoro dipendente) ed evitare l’applicazione del relativo regime.

Lo spirito della norma punta a:

- circoscrivere l’utilizzo del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto e delle altre forme di lavoro “non standard” di cui sopra alle sole prestazioni “genuinamente” autonome (benché, come vedremo, nel caso delle co.co.pro., coordinate con l’organizzazione del committente);

- scoraggiare – attraverso disincentivi normativi ed economici, che ne riducano la convenienza al fine del contenimento dei costi aziendali – l’uso delle suddette forme di lavoro non come effettivo strumento di flessibilità, bensì solo come “copertura” per dissimulare veri e propri rapporti di natura subordinata, eludendo gli obblighi/oneri previsti in relazione a questi ultimi.

Prima di esaminare le novità che riguardano in modo particolare la normativa che disciplina il lavoro a progetto va ricordato che questa figura contrattuale è una forma di lavoro di natura autonoma connotata dai caratteri della continuità e del coordinamento e necessariamente riconducibile ad uno specifico progetto.

Infatti nell’area di lavoro autonomo vengono fatti rientrare anche i rapporti di lavoro caratterizzati sì dall’autonomia del lavoratore nello svolgimento dell’attività e dall’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione in funzione del risultato, ma con un legame più intenso con il committente che si manifesta attraverso la continuità e il coordinamento con l’organizzazione di quest’ultimo. Si parla infatti di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o di rapporti parasubordinati.

Principali novità in materia di collaborazioni a progetto

Tra le disposizioni della Legge 92/2012 che intervengono sulla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto con la finalità di porre fine all’uso anomalo e distorto di tale tipologia contrattuale, si evidenziano quelle che prevedono:

- l’eliminazione del riferimento al concetto di “programma di lavoro” o “fase di esso”;

- una definizione più stringente del “progetto” cui deve risultare riconducibile la collaborazione e la valorizzazione del “risultato” cui il progetto stesso deve essere funzionalmente collegato;

- una descrizione più dettagliata del progetto nel contratto di lavoro;

- il potenziamento del regime sanzionatorio con il ricorso alla tecnica legislativa delle presunzioni (assolute e relative) di subordinazione;

- per quanto riguarda i disincentivi di carattere economico, il progressivo incremento delle aliquote contributive pensionistiche per gli iscritti alla Gestione separata INPS, in modo da proseguire nel percorso di avvicinamento alle aliquote previste per il lavoro dipendente.

Sono invece volte ad innalzare il livello di tutela del collaboratore a progetto le disposizioni della Legge 92/2012 che: prevedono l’introduzione, a favore di quest’ultimo, di un corrispettivo minimo; pongono limiti alla facoltà di recesso anticipato del committente, con l’eliminazione della facoltà di introdurre clausole contrattuali che abilitino quest’ultimo a recedere dal contratto in corso, previo preavviso, senza necessità di presentare “causali”; prevedono, sul piano del sostegno al reddito, la stabilizzazione, dal 2013, dell’indennità

“una tantum” prevista a favore dei lavoratori a progetto iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, al ricorrere di determinate condizioni.

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Le novità introdotte dalla legge trovano applicazione esclusivamente per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto stipulati successivamente al 18.07.2012.

Opportunità del ricorso alla certificazione del contratto di lavoro a progetto

Si tratta di una speciale procedura a carattere volontario, disciplinata dagli artt. 75 e ss. del DLgs. 276/2003, che prende avvio a seguito di un’istanza rivolta congiuntamente dalle parti contrattuali a determinati enti (le Commissioni di certificazione), affinché “certifichino” che il contratto che esse intendono sottoscrivere (o tra di esse intercorrente) presenta i requisiti di forma e di contenuto richiesti dalla legge.

In caso di contratto di lavoro certificato:

- gli effetti dell’accertamento effettuato in sede di certificazione permangono, sia tra le parti che verso i terzi (compreso il personale ispettivo del Ministero del Lavoro e degli Istituti previdenziali ), sino alla pronuncia di una sentenza di merito che, su ricorso di una delle parti o dei terzi interessati, accerti l’erronea qualificazione del contratto o la discordanza tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione ovvero l’esistenza di vizi del consenso;

- gli organi di vigilanza non possono procedere direttamente a riqualificare il rapporto e a procedere con pretese contributive o sanzionatorie, adottando provvedimenti amministrativi che contrastino con il provvedimento certificatorio, essendo necessario, anche per i suddetti organi, richiedere ed ottenere una sentenza che rimuova gli effetti preclusivi della certificazione.

Al fine di rafforzare ulteriormente il valore vincolante dell’istituto della certificazione dei contratti anche nei confronti dell’autorità giudiziaria, l’art. 30, c. 2, della Legge n. 183 del 4.11.2010 ha inoltre stabilito che il giudice, nella qualificazione del contratto di lavoro e nell’interpretazione delle relative clausole, non possa discostarsi dalle valutazioni delle parti espresse in sede di certificazione, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso, o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.

Nuova definizione di collaborazione a progetto

La riforma del mercato del lavoro ha previsto la sostituzione dell’art. 61, c. 1, del DLgs. 276/2003 rivisitando quindi la stessa nozione di collaborazione coordinata e continuativa a progetto.

La norma citata, nella formulazione precedente, recitava infatti: “Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”.

Ora il nuovo c. 1 dell’art. 61, come sostituito dall’art. 1, c. 23, della Legge 92/2012 ed integrato, con la predisposizione di una speciale disciplina per i call center “outbound”, dall’art. 24-bis del DL 83/2012 convertito stabilisce che, salvo determinate categorie tipizzate, “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Confrontando le due normative relative ai requisiti qualificanti ed essenziali del contratto in esame, necessari perché un contratto di collaborazione a progetto possa considerarsi legittimo, emerge quanto segue: dopo la riforma (dal 18.07.2012) i requisiti qualificanti del contratto a progetto sono i seguenti:

- riconducibilità dei rapporti di collaborazione coordinata continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, ex art. 409 n. 3 c.p.c., ad uno o più progetti specifici determinati dal committente con i seguenti requisiti: collegamento ad un determinato risultato finale; non coincidenza con l’oggetto sociale del committente; oggetto comportante lo svolgimento di compiti non meramente esecutivi o ripetitivi;

- autonomia organizzativa ed esecutiva del collaboratore nella gestione del progetto;

- coordinamento con l’organizzazione del committente;

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Tributi

Comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva effettuate nel 2012 (spesometro): dubbi applicativi In mancanza di ulteriori proroghe scadrà il prossimo 30.04.2013 il termine per effettuare l’invio del c.d.

“spesometro”, ovvero la comunicazione delle seguenti operazioni:

- cessioni di beni e prestazioni di servizi, per le quali è previsto l’obbligo di emissione della fattura, effettuate nel 2012 dai soggetti passivi Iva nei confronti di ciascun cliente e fornitore, a prescindere dall’importo dell’operazione;

- cessioni di beni e prestazioni di servizi, per le quali non è previsto l’obbligo di emissione della fattura, effettuate nel 2012, di importo pari o superiore a 3.600 euro Iva compresa.

Tuttavia sussistono ancora numerosi dubbi in ordine all’operatività di detto adempimento, a seguito delle modifiche introdotte dal DL 16/2012. Si attendono pertanto ulteriori istruzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, che dovrà emanare un provvedimento per fissare le modalità di trasmissione delle comunicazioni.

Sono molte le questioni che necessitano di un chiarimento ad hoc. Un primo esempio riguarda le fatture di importo inferiore 300,00 euro. Per queste fatture, infatti, le regole di semplificazione del DPR 695/96 consentono al contribuente di produrre e registrare un unico documento riepilogativo che riporti i numeri delle fatture riepilogate, l’ammontare complessivo dell’imponibile delle operazioni e l’ammontare dell’imposta totale, distinta per aliquota, senza l’obbligo di registrare le singole operazioni una ad una. Di conseguenza, essendo stata abolita la soglia di esenzione dei 3.000 euro nella nuova versione dello spesometro, la comunicazione implicherebbe la necessità di recuperare i dati richiesti manualmente, con molte evidenti difficoltà, che farebbero venir meno la ratio di semplificazione della norma in oggetto.

Un’analoga questione riguarda gli obblighi di comunicazione dei commercianti al dettaglio quando gli stessi emettono la fattura in luogo dello scontrino o della ricevuta fiscale. In tal caso costoro saranno tenuti a distinguere tra le operazioni fatturate, che andranno comunicate a prescindere dall’importo, e quelle riepilogate nei corrispettivi, per le quali sussiste il limite di 3.600,00 euro.

Queste sono solo due delle casistiche che necessitano di chiarimenti e semplificazioni da parte dell’Agenzia;

pertanto si auspica che al più presto vengano emanate le linee direttive che consentano a tutti i contribuenti di provvedere correttamente, senza inutili e gravose inefficienze, all’obbligo in commento.

Si ricorda che, ai fini dello spesometro, non vanno comunicate le operazioni non rilevanti ai fini dell’Iva, ovvero prive dei requisiti oggettivo, soggettivo e territoriale; le operazioni già segnalate al Fisco tramite altri strumenti che ne consentono il monitoraggio (importazioni, esportazioni, operazioni riepilogate nei modelli Intrastat e negli elenchi black list, contratti di assicurazione, mutui, atti di compravendita immobiliare, fornitura di energia elettrica, servizi di telefonia); nonché le operazioni effettuate nei confronti di privati se il pagamento dei corrispettivi è stato eseguito con carte di credito, debito o prepagate emesse da operatori finanziari stabiliti in Italia.

Detrazione del 55%: comunicazione per i lavori non terminati entro il 31.12.2012

Coloro che hanno iniziato lavori di riqualificazione energetica degli edifici che ricadono nell’ambito della detrazione Irpef/Ires del 55% devono comunicare telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro il 2.04.2013, le spese sostenute nel 2012 se i lavori non sono terminati entro il 31.12.2012. Nella comunicazione vanno indicate le sole spese sostenute nel periodo d’imposta in corso al 31.12.2012, ancorché l’intervento fosse già avviato nei periodi d’imposta precedenti.

Si ricorda inoltre che il DL 83/2012 ha disposto la proroga dell’agevolazione in commento alle spese sostenute fino al 30.06.2013. Salvo ulteriori proroghe, infatti, a decorrere dalle spese effettuate dall’1.07.2013 in relazione ad interventi di risparmio energetico, non sarà più possibile beneficiare della

“vecchia” detrazione del 55%. I soggetti Irpef potranno usufruire di quella “nuova” contenuta nell’art. 16-bis del TUIR (detrazione Irpef pari al 50% fino al 30.06.2013, che dovrebbe poi tornare al 36%), ma non ciò non è previsto per i soggetti Ires. Questi ultimi, se hanno iniziato lavori di riqualificazione energetica, dovranno anticipare tutte le spese entro il 30.06.2013, se vorranno usufruire della detrazione in commento.

Approvazione definitiva dei modelli di dichiarazione per l’anno 2013

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato in data 1.02.2013, rendendolo noto con un comunicato stampa, le versioni definitive dei modelli Unico Persone Fisiche, Mini, Società di Persone, Società di Capitali ed Enti Non Commerciali, oltre al modello Irap.

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Tali modelli, con i relativi provvedimenti di approvazione, completano quindi il quadro delle dichiarazioni 2013, poiché vanno ad aggiungersi ai modelli CUD, 770, Iva e 730 già approvati in precedenza.

Per ciò che concerne le principali novità, in relazione al modello Unico persone fisiche, si ricorda l’introduzione del bonus per le ristrutturazioni edilizie, che passa dal 36% al 50% per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 30 giugno 2013. Inoltre prende il via il regime semplificato per i nuovi imprenditori, artigiani e professionisti, che prevede la riduzione dell’imposta sostitutiva dal 20% al 5% (nuovo quadro

“LM”).

Con riferimento al modello Unico società di persone dal 2013 i soggetti che non presentano la dichiarazione Iva in via autonoma possono chiedere il rimborso dell’eventuale imposta a credito in una nuova sezione ad hoc del quadro “RX” del modello.

Infine, indipendentemente dalla forma imprenditoriale adottata, è prevista l’introduzione della deduzione dal reddito della quota di Irap relativa alle spese per il personale dipendente ed assimilato.

Adempimenti relativi alla proroga tacita del contratto di locazione

La maggior parte dei contratti di locazione viene redatta utilizzando la regola della proroga tacita la quale, al termine del periodo indicato dal contratto, in assenza di risoluzione espressa, consente il rinnovo per un ulteriore periodo di tempo. L’ipotesi più diffusa è quella dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, disciplinati dall’art. 2 del DPR 431/98, che prevede la regola del 4+4, ovvero una durata di 4 anni, prorogabile alla scadenza di ulteriori 4 anni.

Al momento della registrazione il periodo da considerare per il versamento dell’imposta di registro è quello della durata originaria pattuita per contratto, ovvero 4 anni. Resta ferma la possibilità di denunciare l’eventuale ulteriore periodo di durata e di pagare la relativa imposta a norma dell’art. 19 del DPR 131/86.

Tale norma va integrata con l’art. 21, c. 2, DM 31/07/98 che ha stabilito che il pagamento telematico dell’imposta sulla proroga assolve l’obbligo di denuncia. Ciò significa che se l’imposta sulla proroga è pagata telematicamente non occorre presentare alcuna denuncia della proroga medesima (modello 69).

Pertanto entro 30 giorni dalla data di proroga le parti sono tenute a versare l’imposta di registro commisurata al nuovo periodo di proroga ed entro ulteriori 20 giorni occorre presentare l’attestato di pagamento all’Agenzia delle Entrate. L’art. 12 del DPR 131/86 ha esteso tale procedura anche all’ipotesi in cui l’imposta sia assolta mediante presentazione cartacea del modello F23: anche in tal caso le parti sono tenute esclusivamente a presentare l’attestato di pagamento all’Agenzia entro 20 giorni.

Esistono però due ipotesi in cui la disciplina testè illustrata non può essere applicata ed è pertanto obbligatorio presentare il modello 69 in caso di proroga del contratto:

- contratti soggetti al regime di tassazione della cedolare secca;

- contratti registrati anteriormente al 1° luglio 2010.

Per quanto concerne la cedolare secca si rileva che qualora il locatore intenda accedere nuovamente, o per la prima volta, al regime sostitutivo per la durata della proroga, lo stesso dovrà presentare il modello 69, riportante l’opzione alla cedolare, entro 30 giorni dalla data di proroga.

Con riferimento ai contratti registrati anteriormente al 1° luglio 2010 in sede di proroga, cessione o risoluzione del contratto scatta l’obbligo di indicare i dati catastali degli immobili oggetto del contratto (obbligo sancito a decorrere dalla predetta data a norma del DL 78/2010) e pertanto occorre presentare il modello 69 nel quale vengono indicati tali dati.

Limiti all’accesso dell’Amministrazione finanziaria nei locali dell’azienda contigui all’abitazione

E’ nullo, in virtù del principio di inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita, l’atto di accertamento basato su prove prelevate dall’Amministrazione finanziaria attraverso l’accesso presso i locali dell’azienda, utilizzati promiscuamente dall’imprenditore anche a titolo abitativo, senza previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n.

4140/13 depositata il 20.02.2013, riconfermando un filone giurisprudenziale di legittimità già ampiamente consolidato (cfr. Cass. 6908/2011 e Cass. 16570/2011).

I Giudici di legittimità hanno affermato che qualora l’accesso dei funzionari debba avvenire in un locale dove viene svolta l’attività professionale o commerciale, ma il medesimo locale sia adiacente e comunicante con l’abitazione del contribuente, il luogo è da ritenersi promiscuo, per cui è necessaria la preventiva autorizzazione del PM. Infatti secondo i Supremi Giudici la destinazione promiscua non sussiste soltanto quando i medesimi ambienti siano utilizzati contestualmente per la vita familiare e per l’attività lavorativa,

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Tributi

come erroneamente affermato dall’Agenzia delle Entrate in sede di ricorso nel caso di specie, ma ogni qual volta l’agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento dei documenti propri dell’attività commerciale nei locali abitativi. L’art. 52 del DPR 633/72 reca la disciplina del potere di accesso dell’Amministrazione finanziaria, individuando tre tipologie di accesso:

- se i locali sono destinati esclusivamente ad attività lavorative è necessaria soltanto un’apposita autorizzazione rilasciata dal Capo Ufficio o dal Comandante del reparto;

- se i locali sono adibiti promiscuamente ad attività lavorativa e ad abitazione è necessario, oltre all’autorizzazione di cui al punto precendente, anche il preventivo rilascio di un’apposita autorizzazione del Procuratore della Repubblica;

- nei cosiddetti “locali diversi”, ovvero destinati ad esclusiva abitazione del contribuente o considerati quali altri locali privati, l’accesso può avvenire esclusivamente dietro preventiva autorizzazione del PM, ma solo se rilasciata in base all’esistenza di “gravi indizi” di violazione delle norme tributarie.

In mancanza del rispetto di tali regole la documentazione irritualmente acquisita è inutilizzabile e l’eventuale atto di accertamento basato su tali prove è nullo; ciò anche in considerazione delle garanzie difensive accordate dall’art. 25 della Costituzione.

Cause di disapplicazione della disciplina fiscale delle società in perdita sistematica

La circolare n. 1/2013 dell’Agenzia delle Entrate con riferimento alla disciplina delle società in perdita sistemica chiarisce che la stessa non si applica alle società che detengono partecipazioni iscritte esclusivamente tra le immobilizzazioni finanziarie, il cui valore economico sia prevalentemente riconducibile a società considerate non in perdita sistemica, anche per interpello, o società collegate estere di cui all’art. 168 TUIR (società residenti in paesi a regime fiscale privilegiato). La disapplicazione opera a condizione che la società svolga solo attività strettamente funzionali alla gestione delle partecipazioni.

Tuttavia nel caso in cui la società risulti contemporaneamente non operativa per insufficienza dei ricavi ed in perdita sistematica è possibile escludere il valore delle partecipazioni dal calcolo del reddito minimo, in forza del contenuto del provvedimento direttoriale del 14.2.2008.

Inoltre si ricorda che possono disapplicare la disciplina delle società in perdita sistemica le società il cui margine operativo lordo (MOL) sia positivo almeno in uno dei tre anni di riferimento, per il 2012 quindi, in uno dei periodi d’imposta 2009, 2010 o 2011. Il MOL è pari alla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle voci A e B del Conto economico, escludendo però dai costi della produzione gli ammortamenti, le svalutazioni e gli accantonamenti indicati nelle voci B.10, B.12 e B.13, nonché anche i canoni di leasing dei beni strumentali iscritti nella voce B.8.

Effetti ai fini Iva dell’estromissione di immobili strumentali dalla sfera imprenditoriale

A seguito delle modifiche introdotte dal DL 83/2012 con effetto dal 26.06.2012 la cessione di un fabbricato strumentale può essere esente da Iva anche se effettuata nei confronti di soggetti privati (la norma previgente prevedeva invece l’assoggettamento obbligatorio ad Iva per le cessioni poste in essere nei confronti di soggetti che effettuavano operazioni esenti in misura superiore al 75% del fatturato, ovvero nei confronti di privati). Tale nuova possibilità favorisce l’estromissione dei predetti immobili dalla sfera dell’impresa per autoconsumo personale dell’imprenditore o per assegnazione ai soci (salva la conseguenza di assoggettare a tassazione l’eventuale plusvalenza). Se l’autoconsumo di un fabbricato strumentale viene effettuato in regime di esenzione Iva prima che siano trascorsi 10 anni dall’acquisto del medesimo, la cessione comporta l’obbligo della rettifica della detrazione Iva a suo tempo effettuata, ai sensi dell’art. 19- bis2 del DPR 633/72, in misura pari a tanti decimi quanti sono gli anni mancanti al compimento del decennio. L’onere del versamento dell’imposta a debito risultante dalla rettifica non viene meno anche se al momento dell’acquisto l’Iva è stata detratta con il meccanismo del reverse charge (ovvero l’emissione di una fattura senza addebito dell’imposta da parte del cedente e l’integrazione della medesima da parte dell’acquirente con applicazione dell’Iva e registrazione nel registro acquisti e nel registro vendite).

Chiusura dei locali commerciali a seguito di ripetute violazioni

L’art. 12, c. 2, del DLgs 471/1997 prevede che, in seguito a quattro violazioni dell’obbligo di rilascio dello scontrino fiscale nel corso di un quinquennio, la DRE può disporre, oltre alla sanzione del 100% del

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corrispettivo non documentato, la sospensione dell’esercizio dell’attività per un periodo compreso tra i tre giorni ed il mese. Per molta dottrina, però, questo provvedimento, ancorché risulti impugnabile, conterrebbe gravi indizi di incostituzionalità.

Infatti, in una situazione come quella appena delineata, il giorno dopo il provvedimento i funzionari possono apporre i sigilli all’attività commerciale. Allo stesso tempo il contribuente ha la facoltà di presentare ricorso ma, per quanto il procedimento possa essere celere, si può verificare il concreto rischio che la sanzione accessoria sia già stata applicata per il periodo disposto dalla DRE. Il titolare dell’attività, per bloccare la sanzione accessoria, dovrebbe quindi paradossalmente chiedere la sospensiva in relazione al ricorso contro la terza violazione. L’unica soluzione possibile, in realtà, è quella di invocare il profilo di illegittimità della sanzione accessoria davanti al giudice, avvalendosi della tutela risarcitoria, lasciata alla discrezione della DRE, che, dovendo garantire la costituzionalità del sistema, dovrebbe evitare di disporre la sospensione, soprattutto se le precedenti contestazioni di violazione siano ancora in attesa di giudizio.

La svalutazione degli immobili merce

La duratura crisi del mercato immobiliare comporta nelle società del settore diverse problematiche tra le quali, in sede di chiusura di bilancio, la valutazione sulla opportunità o meno di rettificare la valutazione degli immobili a magazzino destinati alla futura vendita. L’art. 2426 del codice civile prevede che le giacenze di magazzino devono essere iscritte al valore di presumibile realizzo desumibile dall’andamento del mercato qualora questo sia minore del costo di acquisto o di produzione. La citata situazione economica generale ha comportato in moltissimi casi una diminuzione delle vendite e molte imprese edili si ritrovano ad avere immobili invenduti da tempo che, spesso, per esigenze di cassa si trovano costrette a cedere anche al di sotto del costo di costruzione. Dal punto di vista fiscale la svalutazione delle rimanenze valutate a costi specifici, così come avviene per i beni immobili, non risulta disciplinata nè dall’art. 92 c. 5, del TUIR (che regola la svalutazione dei beni fungibili) né dall’art. 110, c. 1 (relativo alle norme generali sulle valutazioni).

Pertanto si ritiene che la svalutazione risulta essere rilevante anche ai fini fiscali. In tale senso si è espressa l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti nella norma di comportamento n. 168/2007. Di parere opposto risulta invece essere Assonime, come si evince dalla trattazione presente nel documento n. 1 del maggio 2011.

Diritto commerciale, bilancio, contabilità e varie

Rinvio del termine di approvazione del bilancio a 180 giorni

A norma dell’art. 2364 cod. civ. il bilancio d’esercizio deve essere approvato dall’assemblea ordinaria entro il termine previsto dallo statuto e comunque entro i 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio. Tale termine riguarda la prima convocazione dell’assemblea e non il suo effettivo svolgimento. Se poi questa andasse deserta il bilancio verrà approvato in data successiva, a seguito della seconda convocazione. Il medesimo articolo prevede altresì un maggior termine per l’approvazione degli schemi di bilancio, che comunque non può essere superiore ai 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale: questo può avvenire nel caso in cui la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato, oppure quando ci siano particolari esigenze che oggettivamente richiedano il differimento. La possibilità di avvalersi dell’ulteriore proroga deve però essere contenuta all’interno dello statuto sociale, anche se non è necessario che vengano elencate in maniera specifica e dettagliata le condizioni che permettono tale slittamento: si può pertanto ritenere sufficiente una semplice clausola legittimante la proroga dei termini di approvazione del bilancio. A titolo esemplificativo, alcune possibili cause legittimanti l’allungamento a 180 giorni possono essere:

- la necessità di esaminare i bilanci delle imprese partecipate, per poter valutare correttamente il valore delle partecipazioni;

- l’esigenza di far convergere nella casa madre tutti i dati economico-finanziari delle varie sedi distaccate;

- la partecipazione ad operazioni straordinarie;

- la modifica dei sistemi informativi e dell’organigramma societario;

- la presenza di lavori su commessa;

- il cambio del management.

Le cause della dilazione dovranno comunque essere esposte dettagliatamente nella relazione sulla gestione o, in caso di bilancio redatto in forma abbreviata, in nota integrativa.

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Diritto commerciale, bilancio, contabilità e varie

Trattamento contabile dei certificati verdi secondo il nuovo OIC 7

La nuova formulazione dell’OIC 7 ha fornito i criteri contabili per la rilevazione e valutazione dei certificati verdi all’interno del bilancio d’esercizio.

Il sistema di questi certificati ha l’obiettivo di introdurre una domanda di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili imposta per legge: infatti i produttori che utilizzano fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di produrre un minimo di energia “pulita” o, in alternativa, di acquistare sul mercato i certificati verdi per sanare il proprio obbligo. Tali certificazioni sono rilasciate dal GSE agli impianti che utilizzano le fonti rinnovabili e sono liberamente trasferibili e negoziabili sul mercato.

Il nuovo principio contabile distingue due tipi di soggetti cui si applica tale sistema.

- società che producono energia da fonti rinnovabili: queste imprese sono agevolate mediante l’integrazione dei ricavi con il rilascio dei certificati verdi. Tali componenti positivi di reddito devono essere contabilizzati per competenza, cioè in sede di chiusura dell’esercizio in cui è avvenuta la produzione di energia elettrica. Per loro natura, che è analoga ai contributi in conto esercizio, devono essere iscritti nella voce A.5 di conto economico (Altri ricavi e proventi). In contropartita si dovrà annotare il credito verso il GSE nell’attivo di stato patrimoniale, alla voce C.II.5 (Crediti verso altri). Se i certificati verdi saranno successivamente oggetto di alienazione da parte di queste imprese, si dovrà rilevare un ricavo di natura commerciale, che nell’attivo patrimoniale andrà collocato nella voce C.II.1, cioè come un semplice credito verso clienti. Se poi tale vendita avverrà dopo la chiusura dell’esercizio sociale, dovrà essere rilevata l’eventuale sopravvenienza attiva o passiva pari alla differenza tra il valore del credito a bilancio ed il relativo valore di realizzo.

- società che producono energia da fonti non rinnovabili: queste aziende, che sono obbligate all’acquisto sul mercato dei certificati, vedono di fatto un incremento dei costi di produzione. Pertanto le spese dovranno essere registrate per competenza nella voce B.14 di conto economico (Oneri diversi di gestione), iscrivendo in contropartita un debito verso il GSE nella voce D.14 di stato patrimoniale (Altri debiti). Se le certificazioni sono acquistate sul mercato l’azienda dovrà annotare un costo generato da un debito di natura commerciale (voce D.7, Debiti verso fornitori). Infine, se l’acquisto avvenisse dopo la chiusura dell’esercizio sociale, si dovrà rilevare una sopravvenienza attiva o passiva pari alla differenza del valore del debito iscritto al bilancio ed il prezzo pagato sul mercato.

Bilancio d’esercizio privo della relazione dei Sindaci: conseguenze sulla delibera di approvazione Recente giurisprudenza (tra le ultime sentenze si cita quella del Tribunale di Latina del 23 marzo 2011) sostiene che la delibera sociale di approvazione del bilancio d’esercizio privo – per qualsiasi motivo – della prevista relazione di accompagnamento del Collegio Sindacale è da considerarsi annullabile e non nulla qualora il controllo risulti comunque esercitato dall’organo medesimo. Per contro l’assunzione di delibera di approvazione senza alcuna partecipazione del Collegio Sindacale al procedimento di formazione del bilancio, è da considerarsi nulla per illiceità dell’oggetto. La nullità della delibera in tale ipotesi ha sostanzialmente la ratio di garantire la tutela del diritto di informazione per i soci ed i terzi i quali, attraverso la relazione del Collegio Sindacale che accompagna il bilancio depositato presso il Registro delle Imprese, si trovano nella condizione di valutare meglio la veridicità del bilancio e conseguentemente di esprimere un giudizio sullo stesso in maniera più consapevole.

Trust e attività fiduciaria

Un inedito utilizzo del trust per i moduli fotovoltaici esausti: il “Trust GSE”

La duttilità dell’istituto giuridico del trust, ormai entrato a pieno regime tra gli strumenti da utilizzare con profitto per la soluzione dei più svariati problemi afferenti la vita economica sia dei privati che delle aziende, ha recentemente visto una nuova e singolare proposta applicativa.

Infatti il GSE – la società di gestione dei servizi energetici – dovendo dettare la regolamentazione indirizzata ai produttori dei moduli fotovoltaici utilizzati sugli impianti per i quali è richiesto l’accesso alle tariffe del

“conto energia” e giunti a “fine vita”, con conseguente necessità di recuperarli e riciclarli, ha disposto che occorre dar vita ad un “Fondo” a ciò destinato avente le seguenti caratteristiche: sia alimentato con un

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contributo commisurato al peso del modulo; non sia pignorabile ed assoggettabile a procedure concorsuali;

venga gestito da un soggetto esterno che assuma la funzione di depositario e gestore del fondo.

Tutte le predette caratteristiche il GSE le ha individuate in un trust, del quale ha pure scelto la legge regolatrice, indicandola in quella della Repubblica di San Marino.

Il progetto è stato inoltre completato con la previsione di un “Protector” o “Guardiano”, che deve appartenere ai ruoli della magistratura in servizio o in quiescenza, ovvero ai diversi ruoli delle Forze dell’Ordine con particolari e comprovate competenze in materia di discipline in tema di gestione di fondi patrimoniali o finanziari.

La singolare legittimazione all’uso del trust, che giunge da un organismo così importante come il GSE che promuove la sostenibilità ambientale attraverso l’incentivazione e lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, fa ben sperare che anche in Italia venga inserita una specifica regolamentazione sul trust ed inoltre che venga finalmente recepito, anche da parte dell’Amministrazione Finanziaria, il principio dell’intassabilità dei conferimenti a favore dei “trust di scopo”; così come hanno già ampiamente e ripetutamente affermato numerose Commissioni Tributarie sia provinciali che regionali.

Finanziamenti e contributi

Contributo per la promozione e lo sviluppo di contratti di rete tra imprese

La Camera di Commercio di Cuneo, in collaborazione con altri enti territoriali, ha deliberato la concessione di contributi per promuovere la costituzione di reti d’impresa nella provincia di Cuneo. Tutto ciò per potenziare la forza contrattuale delle imprese ed accrescere la loro competitività sui mercati nazionali ed internazionali. Possono accedere al bando i gruppi di imprese costituiti nella forma del contratto di rete, formati da una maggioranza di aderenti e capofila con sede nel territorio della Provincia. Tutte le aziende dovranno essere regolarmente iscritte al Registro Imprese ed in regola con il pagamento del diritto annuale, nonché degli oneri fiscali e previdenziali. L’agevolazione consiste nell’erogazione di un contributo a fondo perduto pari al 50% delle spese al netto dell’Iva ed oscillerà da un minimo di € 1.500,00 ad un massimo di

€ 6.000,00 per ogni rete d’impresa. Le spese ammissibili, che dovranno essere di competenza del periodo compreso tra l’01.01.2013 ed il 30.09.2013 vanno dai costi iniziali di promozione della rete ai servizi consulenziali e professionali per la sua costituzione e possono essere fatturate ad un solo soggetto capofila o a tutte le imprese. Condizione fondamentale del bando è l’effettiva creazione e registrazione del contratto di rete nel Registro Imprese. La presentazione delle domande di contributo dovrà avvenire per singole imprese entro e non oltre il 10.10.2013.

Bando CCIAA per il sostegno dell’area I.T.C.

La Camera di Commercio di Cuneo ha stanziato un contributo per le imprese che investono nell’area dell’Information and Communication Technology. Sono ammesse all’agevolazione tutte le aziende con sede legale o unità operativa nella provincia di Cuneo, che al momento della domanda siano iscritte al Registro Imprese, in regola con il pagamento del diritto annuale e che non si trovino in stato di difficoltà, sotto procedure concorsuali o in stato di liquidazione volontaria. Il contributo si sostanzia in un’erogazione a fondo perduto pari al 40% delle spese sostenute al netto dell’Iva, di competenza del periodo compreso tra l’1.01.2012 ed il 30.11.2013. I costi ammessi al bando riguardano l’utilizzo di tecnologie wifi, l’adozione di sistemi innovativi per la gestione dei flussi documentali, le soluzioni Business on-line, Business Intelligence e Business Process Management, la riduzione dei consumi. Il contributo andrà da un minimo di € 1.000 ad un massimo di € 4.000,00 per ogni impresa e le domande di contributo potranno essere presentate fino al 24.04.2013.

Contributo europeo per l’avvio di nuove imprese

Il Fondo Sociale Europeo 2007/2013 ha previsto lo sviluppo di servizi per la creazione di nuove imprese.

Sono ammesse al bando le aziende avente sede legale nella Regione Piemonte ed iscritte alla Camera di Commercio nell’anno 2011, o comunque a partire dall’1.01.2012, che abbiamo un’idea imprenditoriale ed un business plan sottoposto ed approvato dalla Provincia di competenza, a prescindere dal settore economico di operatività. Possono presentare domanda anche i titolari e/o i soci della neo-impresa che si trovino in stato di

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Finanziamenti e contributi

disoccupazione, che siano iscritti alle liste di mobilità o che siano in cassa integrazione, a condizione che l’impresa di provenienza sia in liquidazione o fallimento. Sono previsti diversi tipi di agevolazione, le cui domande di ammissione potranno essere presentate a partire dal 10.05.2012, fino ad esaurimento fondi:

- contributo forfettario in conto esercizio pari ad € 3.000,00 lordi per il titolare della nuova impresa e per ciascuno dei soci, fino ad un massimo di 5, per la fase di avvio dell’impresa;

- contributo in conto esercizio pari ad € 1.000,00 per il titolare e per ciascuno dei soci (sempre fino ad un massimo di 5) della nuova realtà, nel caso in cui questi siano giovani di età compresa tra i 18 ed i 35 anni al momento della presentazione della domanda;

- contributo forfettario per le spese di start up pari ad € 2.000,00.

Finanziamento per l’aggiornamento tecnologico delle imprese di autoriparazione

La CCIAA di Cuneo ha emanato un bando per la concessione di un contributo per le spese di aggiornamento tecnologico e professionale e per l’accesso ai mercati telematici alle imprese di autoriparazione. Sono ammesse alla misura le aziende residenti nella provincia di Cuneo, che al momento della presentazione della domande siano iscritte al Registro Imprese, in regola con il pagamento del diritto annuale, non in liquidazione o con procedure concorsuali aperte. Le spese ammesse a contributo dovranno riguardare l’accesso a banche dati digitali, cartacee e/o informatiche, contenenti notizie sulle specifiche tecniche delle autovetture, sull’aggiornamento dei prezzi e degli accessori di ricambio. Potranno anche essere finanziate le spese per l’acquisto di software per la gestione d’impresa e di magazzino ed i costi per la nuova attrezzatura di ricarica dei climatizzatori. Il bando, le cui domande di adesione dovranno avvenire entro e non oltre il 3.10.2013, prevede l’erogazione di un contributo a fondo perduto pari al 50% delle spese di competenza del periodo compreso tra l’1.10.2012 ed il 3.09.2013 al netto dell’Iva, ed avrà un tetto massimo di € 500,00 per impresa. Le spese minime dovranno essere superiori ad € 1.000,0, considerate al netto dell’Iva.

Contributo CCIAA per l’ottenimento della certificazione NTC

La Camera di Commercio di Cuneo ha deliberato un contributo per le imprese di costruzione che investono in qualità di processo, al fine di ottenere la certificazione NTC (Norme Tecniche sulle Costruzioni). Sono ammesse al bando le imprese che al momento della domanda siano iscritte al Registro Imprese ed in regola con il pagamento del diritto camerale annuale. Le spese ammissibili, che dovranno essere riferite alla sede e/o alle unità locali situate nel territorio provinciale, potranno riguardare la consulenza per la redazione dei documenti necessari all’iscrizione al Consiglio Superiore Lavori Pubblici (C.S.L.P.) ed i controlli a campione per la qualifica di processo eseguiti dagli organismi incaricati. Il finanziamento si configura come contributo a fondo perduto pari al 50% delle spese di competenza del periodo compreso tra l’1.07.2012 ed il 30.06.2013 considerate al netto dell’Iva; spese che non dovranno essere inferiori ad € 5.000,00.

L’agevolazione non potrà superare gli € 5.000,00 per ogni impresa e le domande di ammissione dovranno essere presentate entro e non oltre il 15.07.2013.

Consulenza del lavoro

Richiesta all’Inps di invio del CUD in modalità cartacea

È stato attivato un numero telefonico dedicato per la richiesta dell’invio del CUD cartaceo da parte dell’Inps.

I pensionati potranno, infatti, chiamare l’800.43.43.20 gratuitamente da numero fisso o lo 06.164.164 a pagamento se si utilizza un telefono mobile.

Si completa in questo modo il quadro delle modalità a disposizione per ottenere la certificazione unica dei redditi.

In base alla L. 228/2012 da quest’anno il canale principale per il recapito di questi documenti è quello telematico (sito internet INPS o PEC). I pensionati possono però:

- ottenere una stampa dei moduli presso gli sportelli delle sedi Inps o presso le postazioni self service presenti presso le stesse;

- in alternativa, rivolgersi ai centri di assistenza fiscale, oppure agli uffici postali che aderiscono al progetto

“reti amiche” (in questo caso a fronte di un costo di 3,27 euro).

Riferimenti

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