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Percorso pz con dolore da metastasi ossee

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Academic year: 2022

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Percorso pz con dolore da metastasi ossee Introduzione

In ambito sanitario, il trattamento di un problema di salute richiede frequentemente il contributo di più attori all’interno di un sistema multi-interdisciplinare.

L‟approccio per processi, insito nella strutturazione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA), permette di valutare la congruità delle attività svolte rispetto agli obiettivi, alle linee guida di riferimento ed alle risorse disponibili, permette il confronto (benchmarking) e la misura delle attività e degli esiti con indicatori specifici, conducendo al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza di ogni intervento.

Il PDTA è uno strumento di gestione coordinata dei processi produttivi sanitari, mirante alla presa in carico del paziente e al governo della domanda secondo un approccio sistemico per ottimizzare la Qualità delle cure. Esso è la contestualizzazione per adattamento alle risorse professionali, organizzative e tecnologiche disponibili in loco delle Linee Guida, con la quale il paziente riceve una sequenza e una temporizzazione preordinata, integrata e condivisa di prestazioni di diagnosi e cura da parte del personale medico e non.

La costruzione di un PDTA definisce gli obiettivi, i ruoli e gli ambiti di intervento, garantisce chiarezza delle informazioni all‟utente e chiarezza dei compiti agli operatori, aiuta a migliorare la costanza, la riproducibilità e l‟uniformità delle prestazioni erogate e, nel contempo, aiuta a prevedere e quindi ridurre l‟evento straordinario, facilitando la flessibilità e gli adattamenti ai cambiamenti.

Il valore aggiunto dei PDTA è insito nella valorizzazione dell‟esito (outcome) come obiettivo e non tanto come prodotto, nel coinvolgimento multi-interdisciplinare che consente lo scambio di informazioni e la comprensione dei ruoli.

Condividere un PDTA non vuol dire perdere autonomia e flessibilità, bensì utilizzare uno strumento che supporti lo svolgimento dei compiti e che sia d‟aiuto in caso di contenzioso, con un costante adattamento alla realtà specifica ed una costante verifica degli aggiornamenti e dei miglioramenti.

Condizioni essenziali per la realizzazione di un PDTA

Il processo di costruzione di un PDTA prevede, secondo il modello plan-do-check- act, alcuni momenti fondamentali:

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1. Ricognizione dell'esistente con la descrizione e rappresentazione di quanto effettivamente succede ad un “paziente tipo” nel suo percorso di diagnosi e/o di terapia e/o assistenza nella specifica organizzazione aziendale (percorso effettivo).

2. Definizione delle migliori pratiche professionali e gestionali (“guidelines”)e successiva costruzione del “percorso ideale” che serva da riferimento e confronto per valutare incongruenze e punti critici del percorso effettivo oggetto di modifica e monitoraggio.

3. Costruzione del “percorso di riferimento” identificando i traguardi assistenziali e gli outcomes attesi, sulla base delle linee guida EBM/EBN e del percorso ideale, la migliore sequenza temporale e spaziale possibile delle attività da svolgere nel contesto di una determinata situazione organizzativa e di risorse. L‟obiettivo sarà quello di ottenere il miglior risultato (efficacia), di utilizzare la miglior pratica clinica (appropriatezza) e di ottimizzare risorse e tempi (efficienza).

4. Fase pilota: ha l'obiettivo principale di valutare la solidità in ambito assistenziale e organizzativo dell‟applicazione del percorso di riferimento aziendale, così come definito, ed eventualmente correggere le azioni che non risultino congruenti con il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

5. Attuazione del PDTA all'interno dell'azienda: è la fase successiva a quella pilota e consiste nell‟applicazione del PDTA all‟intera organizzazione con punti critici di partenza. Obiettivi, destinatari, compiti del Medico di Medicina Generale, compiti dei vari specialisti (Oncologo, Algologo, Radioterapista, etc.), diagramma di flusso e identificazione delle tappe nodali, canali e strumenti di comunicazione tra medico di medicina generale e specialista, indicatori, formazione, distribuzione di materiale informativo, ricorso a opinion leader locali, tecniche tipo audit, reminder scritti o computerizzati, eventuale documentazione di approfondimento , pianificazione dei momenti di verifica e riesame.

6. Interventi correttivi, messa a regime del percorso e monitoraggio.

RAZIONALE

L’osso rappresenta la terza sede più comune di metastasi, preceduto solo da polmone e fegato. In Italia è possibile stimare un’incidenza annuale di metastasi ossee di circa 35000 nuovi casi/anno. Circa l’80% delle metastasi scheletriche è sostenuto dai tumori della mammella, della prostata, del polmone, del rene e della tiroide.

Si sta osservando inoltre un progressivo aumento di incidenza delle metastasi ossee correlato al fatto che il malato oncologico grazie a terapie più efficaci vive più a lungo. Il 25% dei pz è asintomatico; nel restante 75% le localizzazioni ossee sono responsabili di una serie di complicanze definite eventi scheletrici correlati (SRE).

Il dolore è il sintomo principale

Gli SRE e il dolore hanno dimostrato in diversi studi di peggiorare in maniera

significativa la qualità di vita del paziente, riducendone l’autonomia e peggiorando la qualità di vita.

Si rende quindi necessaria la centralizzazione delle cure del paziente che rappresenta un obiettivo importante da conseguire per un soggetto così fragile, sia da un punto di vista fisico che psichico. La limitazione dell’autonomia ha gravi ripercussioni

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all’interno della rete familiare o di cura che ha in carico il paziente. È evidente come la mancanza di tale rete rappresenti un limite oggettivo all’accesso alle cure, siano essere terapeutiche sia palliative. A rendere più complesso il quadro organizzativo è la necessità del paziente metastatico di consulenze multispecialistiche e di complessi e ripetuti esami di imaging. La qualità dell’assistenza al malato va intesa quindi non solo come eccellenza medico-chirurgica, ma anche come la possibilità di accedere nello stesso luogo di cura ai servizi sanitari di cui necessita (consulenze specialistiche, indagini radiologiche..).

L’impegno del sistema sanitario deve essere volto ad identificare le diverse necessità assistenziali del paziente oncologico e creare centri dedicati, su base regionale, e su input epidemiologici, che prevedano all’interno di una rete assistenziale integrata, il trattamento dei pazienti in un’unica struttura evitando scomodi percorsi itineranti.

Il ruolo dei Centri per la cura delle metastasi ossee, in una prospettiva di

semplificazione e di snellimento del percorso diagnostico-terapeutico assistenziale, è da considerarsi come importante momento evalutativo e di presa in carico del

paziente. Una volta che team multi- disciplinari abbiano deciso il percorso

diagnostico-terapeutico- assistenziale, il paziente può essere avviato presso sub- strutture a lui logisticamente più comode.

Gestione del paziente con metastasi ossee

Le metastasi ossee sono la causa maggiore di morbilità nei pazienti con cancro. Le complicanze principali sono il dolore, fratture patologiche, compressione midollare, ipercalcemia e soppressione midollare.

L'insieme di questi problemi è responsabile dell'alto tasso di ospedalizzazione di questi pazienti con tutte le conseguenze socio-economiche che possono derivare. Per questo è utile selezionare i pazienti a rischio, e trattarli immediatamente per prevenire queste complicanze e di conseguenza abbattere l'alta morbilità.

Questo implica la partecipazione di vari specialisti nella gestione del paziente con metastasi ossee: l'Oncologo medico, il radioterapista, l'ortopedico, l’algologo ed altri.

Purtroppo fino ad oggi la gestione di questi pazienti è frammentaria e spesso il

paziente deve recarsi da vari specialisti in momenti e tempi diversi con lunghe liste di attesa e grandi disagi psicofisici.

Tutto questo rende più che mai necessario il ricorso ad un approccio multidisciplinare che implica la partecipazione (coordinata dallo specialista oncologo che ha in cura il paziente) dei vari specialisti coinvolti ed a tutti andrebbe richiesta la massima

disponibilità al confronto, allo scambio delle opinioni e alla collaborazione reciproca.

Strategie di controllo delle metastasi ossee

- Terapie mediche antiblastiche: chemioterapia, ormonoterapia - Bioterapie

- Radioterapia - Terapia antalgica

- Terapia radiometabolica

- Altre terapie mediche: bisfosfonati - Chirurgia ortopedica

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Il team di professionisti

La gestione del paziente con metastasi ossee, richiede multiple competenze

specialistiche e strutture adeguate e altamente qualificate. Le figure di riferimento che non possono venire meno in questa gestione sono:

 Algologo

 Oncologo

 Radioterapista

 Ematologo

 Ortopedico

 Radiologo

 Medico Nucleare

 Case Manager

RUOLO

Il ruolo dell'oncologo medico - coordinamento dell'attività clinica;

- ha in carico il paziente ed interviene con i trattamenti specifici (chemioterapia ormonoterapia, bioterapie e bisfosfonati, ecc);

- essendo l'esperto nella storia naturale dei tumori gli sarà affidato il compito di identificare il fattore principale per la programmazione terapeutica multidisciplinare cioè la prognosi della malattia neoplastica in atto.

Il ruolo dell’algologo

Il ruolo dell’algologo si svolge a vari livelli sia nell’ambito delle metastasi ossee non complicate che nell’ambito delle forme complicate.

Nel primo caso l’approccio è esclusivamente di tipo farmacologico, basato

prevalentemente sull’uso di farmaci non oppioidi, oppioidi e adiuvanti (cortisonici, anestetici locali..). Tali farmaci possono essere somministrati singolarmente o in associazione secondo il tipo e l’intensità del dolore. Un approccio farmacologico al dolore basato prevalentemente sull’uso corretto degli analgesici oppioidi in

associazione agli altri trattamenti previsti (terapia con bifosfonati, chemioterapia, radioterapia…), consente di controllare il dolore in oltre il 90 % dei casi.

Nel secondo caso, cioè nelle forme complicate di metastasi ossee l’approccio avviene con tecniche di tipo mini-invasive. In particolar modo, negli ultimi anni si stanno sviluppando tecniche come la Termoablazione con Radiofrequenza, Cifoplastica e Vertebroplastica.

Termoablazione con Radiofrequenza

Il trattamento con RF delle metastasi ossee è stato proposto ed attuato solo da pochi anni, ma ha già ottenuto numerose conferme e notevoli consensi sulla efficacia nel controllo del dolore quando la radio- e/o chemioterapia non sono attuabili e/o efficaci e si voglia sostituire o integrare la terapia con oppiacei.

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Esso permette con una procedura mini-invasiva, divenuta già tecnica di elezione nel trattamento dell’osteoma osteoide, di controllare per qualche mese il dolore

neoplastico, con notevole beneficio fisico e psichico del paziente.

La termoablazione a radiofrequenza (RF) con approccio percutaneo TC-guidato sta riscuotendo crescente attenzione nel trattamento delle lesioni focali del sistema

muscolo-scheletrico.

La termoablazione a RF sfrutta le onde lunghe delle radiazioni elettromagnetiche per produrre una coagulazione termica. La prima applicazione medica (cordotomia percutanea) risale agli anni sessanta; successivamente la termoablazione a RF é stata utilizzata per trattare la nevralgia del trigemino e, più di recente (anni novanta), e' stata applicata alla patologia del sistema muscolo-scheletrico.

INDICAZIONI

Osteoma osteoide

Metastasi ossee e delle parti molli

Lesioni benigne dolorose (herniation pith, geodi)

Lesioni benigne ad aggressività locale (condroblastoma epifisario o vertebrale, cordoma, tumore gigantocellulare) e loro recidive chirurgiche

Piccoli ascessi di Brodie

Il trattamento delle predette lesioni e' possibile nelle localizzazioni dello scheletro sia appendicolare che assiale (rachide compreso).

Controindicazioni

Difetti della coagulazione

Infezioni

Esami da eseguire

Esame radiografico

Scintigrafia ossea trifasica con TC99m

Tomografia computerizzata

Risonanza magnetica (in alcuni casi)

Il trattamento di termoablazione con RF prevede di norma il ricovero per una notte.

Criteri di Inclusione

L’indicazione al trattamento con termoablazione in radiofrequenza comprende le metastasi dolorose non rispondenti alle terapie tradizionali di tipo osteolitico o miste osteolitiche/osteoaddensanti .

Criteri di esclusione

Tale indicazione trova ovviamente, come tutte le procedure interventistiche, alcuni criteri di esclusione: una distanza minore di 1 cm tra la lesione e strutture nobili come il midollo spinale, tronchi nervosi maggiori, vasi principali come aorta e cava, anse intestinali e vescica.

In certi casi, quando indicato, alla termoablazione si fa seguire la cementoplastica (vedi procedura combinata) che risulta più efficace rispetto alla procedura singola.

Con le RF si distrugge il tumore e con la cementoplastica si riempie la cavità litica

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con rinforzo dell'osso e prevenzione delle fratture patologiche, piuttosto frequenti in questo tipo di lesioni.

CIFOPLASTICA E VERTEBROPLASTICA

VERTEBROPLASTICA

La vertebroplastica percutnea è una procedura terapeutica mini-invasiva per il trattamento delle fratture vertebrali dolorose introdotta per la prima volta in Francia negli anni ’80, che solo recentemente si è diffusa in Italia, Europa e Stati Uniti.

Questa tecnica consiste nell’iniezione, attraverso un ago metallico introdotto per via percutanea e sotto controllo radiologico, di un cemento a bassa viscosità in una vertebra fratturata/crollata che successivamente si diffonde al suo interno, prevenendo ulteriori cedimenti rafforzando la vertebra stessa.

Il risultato è la riduzione del dolore che consente ai pazienti, di riacquistare una mobilità normale con conseguente miglioramento dello stato fisico e psichico del paziente.

I risultati maggiori di questa tecnica si ottengono nel dolore causato da osteoporosi e metastasi ossee.

La vertebroplastica percutanea viene eseguita in anestesia locale, in casi selezionati in anestesia generale e necessita di un giorno di ricovero. La maggior parte dei pazienti che sono stati sottoposti a tale terapia riferiscono una cospicua e/o completa riduzione del dolore. Dopo questa metodica, spesso non è più necessario indossare un busto ortopedico e può essere anche ridotta e/o sospesa l’assunzione di farmaci analgesici con un sostanziale miglioramento della qualità di vita.

INDICAZIONI

 Frattura vertebrale dolorosa da osteoporosi refrattaria alla terapia medica.

 Frattura vertebrale dolorosa o osteolisi severa a rischio frattura

 Frattura dovuta a tumori benigni o maligni (angioma, metastasi, mieloma, linfoma).

 Pazienti con cedimenti multipli per i quali ulteriori cedimenti rappresenterebbero una compromissione respiratoria.

CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE

• Fratture stabili asintomatiche.

• Terapia medica efficace.

• Osteomielite nella vertebra interessata da frattura.

• Coagulopatia non correggibile.

• Allergia ai componenti utilizzati del cemento.

• Infezioni sistemiche o locali (spondilodiscite)

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RELATIVE

 Dolore radicolare causato da compressione non correlata a frattura vertebrale.

 Frammento osseo dislocato posteriormente con riduzione > 20%

del canale vertebrale.

 Tumore esteso all'interno del canale vertebrale

 Compressione severa del corpo vertebrale (vertebra plana).

CIFOPLASTICA

La Cifoplastica è un nuovo trattamento impiegato nei pazienti affetti da fratture vertebrali osteoporotiche dolorose e/o traumatiche senza chiari segni d’instabilità;

questa viene praticata inserendo un catetere a palloncino o un dilatatore meccanico all’interno del corpo

vertebrale attraverso un ago da vertebroplastica come in precedenza descritto. Viene quindi dilatato il corpo vertebrale fino a ristabilire il più possibile la sua normale altezza.

Al termine viene quindi iniettato il cemento per consolidare e stabilizzare la frattura come descritto per la vertebroplastica. In pazienti giovani si preferisce iniettare del materiale riassorbibile che facilita la calcificazione come dell’osso purificato proveniente da una

banca ossea.

La Cifoplastica è una procedura mini-invasiva. Generalmente necessita un solo giorno di ricovero e i pazienti possono tornare rapidamente a svolgere le loro

normali attività quotidiane. I Risultati della Cifoplastica sono nella maggior parte dei casi buoni/eccellenti (percentualmente> al 90%).

La Cifoplastica è principalmente indicata nelle fratture vertebrali recenti (entro 10 settimane). Anche le fratture croniche possono essere trattate, con lo scopo di ridurre la cifosi determinata dalla frattura. In questi casi, però, i risultati sono meno buoni.

La cifoplastica è una metodica molto versatile che permette la stabilizzazione delle fratture vertebrali conseguenti a:

- osteoporosi - traumi

- emangioma vertebrale

- granuloma multiplo eosinofilo - mieloma multiplo

- metastasi

Anche la Cifoplastica è considerata una procedura minimamente invasiva che può essere eseguita in anestesia locale. E' richiesto un solo giorno di ospedalizzazione quindi i pazienti possono ritornare immediatamente a svolgere le normali attività

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della vita quotidiana. I Pazienti dimessi verranno strettamente controllati con follow- up clinico-radiologici ad intervalli di 1, 3 e 6 mesi dopo l’intervento.

La Cifoplastica trova indicazione unicamente nelle fratture vertebrali recenti (entro 90 giorni) e nelle fratture traumatiche;

COMPLICANZE

La Vertebroplastica, Cementoplastica Ossea e la Cifoplastica determinano

una scomparsa del dolore o una significativa riduzione dello stesso in una percentuale variabile dal 70%-90% per Metastasi, con una bassissima percentuale di

Complicanze Maggiori (<1%).

Nella maggior parte dei casi descritti, le Complicanze sono legate all'impiego di apparecchiature radiologiche di bassa qualità ed alla scarsa esperienza dell'operatore.

In una percentuale variabile dal 9% al 20% dei pazienti trattati è possibile che si verifichi la comparsa di una nuova frattura in un'altra vertebra (in un periodo

variabile tra 7 giorni e 5 anni); in questo caso è sempre possibile trattare con successo la nuova frattura con la Vertebroplastica Percutanea

Possono essere classificate in:

MINORI:

• embolizzazione del plesso venoso perivertebrale (asintomatica)

• piccoli stravasi di Cemento nei tessuti molli (asintomatica)

• embolizzazione polmonare (generalmente asintomatica)perineurite foraminale (generalmente asintomatiche o facilmente risolvibili con

infiltrazioni locali di cortisone) MAGGIORI:

• stravaso di Cemento nel canale vertebrale (complicanza rara ma che richiede una decompressione chirurgica)

• ematoma endocanalare, sezione midollare (con possibile paraplegia)

• insufficienza respiratoria acuta (per abbondante embolizzazione polmonare)

• decesso

La cifoplastica utilizza un cemento osseo ad alta viscosità, mentre la vertebroplastica usa un cemento a bassa viscosità, questo giustifica la minore percentuale di

fuoriuscita di materiale nel caso della cifoplastica.

Controindicazioni alla Cifoplastica 1) instabilità vertebrale

2) fratture con frammenti ossei che esercitano compressione sulle strutture vicine 3) fratture dei peduncoli o delle faccette articolari

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4) osteomielite

5) disordini della coagulazione

Il ruolo dell'ortopedico

Allo scopo di eliminare il dolore, prevenire l’insorgenza di frattura patologica e di migliorare la qualità della vita residua conferendo al paziente la possibilità di riprendere le attività della vita quotidiana comunemente eseguite il trattamento chirurgico ortopedico è diventato sempre più aggressivo. Attualmente, infatti, molti dei pazienti che in passato venivano abbandonati a letto o trattati con terapie solo palliative beneficiano di trattamenti chirurgici anche impegnativi che però

consentono al paziente una migliore qualità di vita. Quindi qualsiasi tipo di metastasi ossea potrebbe giovarsi di un trattamento chirurgico purchè:

- le condizioni generali del paziente non lo controindichino;

- non ci siano altre terapie locali o sistemiche più efficaci;

- le complicazioni eventuali non impediscano per lungo tempo il trattamento sistemico che resta il trattamento principale per questi ammalati;

- il recupero postoperatorio non sia troppo complesso;

- l’intervento previsto offra un effettivo miglioramento della funzionalità del paziente.

In base a quanto detto sopra si possono definire tre tipi di trattamento chirurgico:

- osteosintesi: stabilizzazione di una frattura patologica o trattamento preventivo della stessa;

- curettage: asportazione a pezzi della metastasi a cui si associa sempre una stabilizzazione e radioterapia locale;

- resezione: asportazione in blocco della metastasi e ricostruzione del segmento asportato con protesi. La radioterapia viene eseguita in base all’ampiezza

dell’asportazione chirurgica.

I pazienti da trattare potrebbero essere divisi in quattro categorie:

• Pazienti con frattura patologica:

a) all’esordio della malattia: biopsia, stadiazione con Rx, Tac mdc lesione (RNM rachide) + Tac torace, Scinti

b) durante il follow-up: Stadiazione con Scinti + Tac torace, Tac mdc lesione (RNM rachide) per intervento

• Pazienti a rischio di frattura patologica in ossa sottoposte a carico (rachide, femore, tibia, omero, cotile): valutazione radiografica con Rx, TAC mdc lesione (RNM rachide)

• Pazienti con possibilità di chirurgia radicale:

a) condizioni generali buone;

b) metastasi solitaria;

c) istotipo favorevole, buona prognosi (mammella, prostata, tiroide, ipernefroma, colon-retto, linfomi, mielosi)

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d) intervallo libero lungo: 2-3 anni

Valutazione radiografica: Rx, Tac mdc lesione (RNM rachide)

• Pazienti che non necessitano obbligatoriamente di una chirurgia ortopedica primaria:

a) pazienti con metastasi addensanti;

b) pazienti con metastasi a rischio di frattura ma in ossa non sottoposte a carico;

c) pazienti con metastasi litiche non a rischio di frattura;

d) pazienti con metastasi in ossa spendibili (coste, perone, scapola, clavicola, periferiche)

e) pazienti con metastasi all’ala iliaca, sacro, branche ileo-ischiopubiche;

f) pazienti in cui la metastasi potrebbe solo essere amputata.

I primi tre gruppi dovrebbero essere considerati a rischio e valutati correttamente nell’ambulatorio di osteoncologia per un adeguato percorso terapeutico.

Il ruolo del radioterapista

Il ruolo del radioterapista nella gestione dei pazienti con metastasi ossee tiene conto dei seguenti punti:

- Intento del trattamento

Palliativo: controllo di un sintomo, effetto analgesico per il rilascio di enzimi lisosomiali ad azione antiedemigena ed antinfiammatoria.

Preventivo: prevenire la comparsa di sintomi e fratture.

Curativo: obiettivo la cura della lesione con degenerazione e necrosi cellulare

neoplastiche e rispettiva proliferazione del collagene ed attivazione osteoblastica con ricalcificazione e riparazione dello stroma intratrabecolare

Occorre considerare attentamente anche le caratteristiche proprie dei paziente:

- performance status

- tempo di intervallo dalla diagnosi alla comparsa delle metastasi - sede delle lesioni

- numero delle lesioni (unica verso multiple).

Frazionamento

In tutti i casi trattasi di schemi di trattamento ipofrazionati con dosi che vanno dagli 8 Gy in dose unica ai 20 Gy in 5 frazioni ai 30 Gy in 10 frazioni.

Risposta al trattamento

L’ effetto antalgico pur essendo variabile va da dopo qualche giorno nel 25% dei casi alle 4/5 settimane nel 50% dei casi e dopo le 5 settimane nella restante percentuale.

Da considerare che la risposta antalgica completa si ha nel 75-85% dei casi, con abbandono della terapia antalgica farmacologica e recupero funzionale.

Ritrattamento

Possibilità di rivalutazione per un eventuale ritrattamento in base alla risposta del trattamento iniziale, dose, volume,tecnica, tempo intercorso dal primo trattamento.

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- Radiosensibilità

Radiosensibili: es. mammella, prostata, polmone.

Radioresistenti: es. melanoma.

Tecnica

Complessa :3D conformazionale- stereotassica.

Semplice : previa simulazione- calcolo dosimetrico.

- Selezione dei pazienti

Occorre tenere conto dei precedenti fattori per definire per ogni singolo paziente quale deve essere l’obiettivo del nostro trattamento e quindi scegliere il trattamento più idoneo.

Il ruolo del radiologo

Le metastasi ossee possono essere identificate in base a diverse tecniche di immagine: in particolare mediante radiodiagnostica convenzionale, tomografia computerizzata (TAC), scanning radioisotopico e risonanza magnetica. Le indagini radiologiche sono quelle più comunemente usate per la valutazione dei siti

sintomatici a livello scheletrico, ma non rappresentano tuttavia un buon metodo per la scarsa sensibilità, se si eccettua il mieloma multiplo. In questi pazienti il quadro

radiologico convenzionale consente una più precoce dimostrazione di lesioni litiche in comparazione con la scintigrafia ossea, che generalmente rappresenta il mezzo più idoneo nella valutazione scheletrica in corso di tumori solidi. Uno dei vantaggi

generali della radiologia convenzionale è tuttavia quello di poter effettuare una

diagnosi differenziale con altre manifestazioni ossee (cisti, necrosi asettiche), di poter identificare tumori primitivi e di poter valutare il rischio di fratture patologiche

allorchè è interessata la corticale.

L'uso della tomografia computerizzata ha un impatto molto limitato nella

diagnostica delle metastasi ossee; in effetti benchè risulti maggiormente sensibile rispetto alla radiologia convenzionale nell'identificare lesioni ossee distruttive, tuttavia non è praticamente utilizzabile per l'esame dello scheletro in toto.

L'uso della Risonanza Magnetica (RM) infine si è dimostrato notevolmente utile per l'elevata sensibilità nel rivelare metastasi ossee, specialmente nella valutazione delle metastasi a livello spinale. Questa tecnica avrebbe vantaggi rispetto alla scintigrafia con radioisotopi, per l'evidente difficoltà a riconoscere lievi modificazioni nella captazione del radionuclide. In effetti la scintigrafia convenzionale rivelerebbe soltanto da un terzo a due terzi delle alterazioni osservabili con la RM. Svantaggi sono rappresentati dall’ incapacità di distinguere alterazioni dovute a fratture o trattamento.

- Radiologia interventistica: biopsia ossea, trattamenti locoregionali (chemioterapia e/o embolizzazione), vertebroplastica.

Il ruolo del medico nucleare Si identificano 2 ruoli:

il 1° nella diagnosi e stadiazione strumentale:

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Scintigrafia ossea Total-Body con difosfonati marcati con 99mT): è utilizzata nella ricerca delle metastasi ossee e nella valutazione della risposta al loro trattamento radio-chemioterapico.

E’ basata sulla rilevazione di alterazioni metaboliche dell’osso. Per questo motivo tale indagine è altamente sensibile.

Nel confronto con la radiologia è in grado di identificare l’interessamento neoplastico dello scheletro più precocemente in quanto le alterazioni metaboliche precedono le alterazioni morfostrutturali evidenziabili con indagine radiologica.

I migliori risultati, in termine di sensibilità, si hanno con lesioni ossee che inducono elevata risposta osteoblastica (prostata, carcinoide bronchiale, stomaco, ecc.) e forme miste (polmone e mammella); la metodica è meno sensibile in lesioni litiche pure, in assenza di reazione riparativa osteoblastica, come in tumori del rene, tiroide, mieloma multiplo, ecc.

La scintigrafia ossea entra nei protocolli di stadiazione, follow-up, nella valutazione di efficacia terapeutica e nella stratificazione prognostica della malattia.

La scintigrafia ossea esprime un importante giudizio sul rischio di fratture fortemente invalidanti.

Scintigrafia ossea con SPET o con SPET/TC: è un approfondimento della scintigrafia ossea planare, finalizzata alla precisazione anatomica di aree di aumentata attività osteometabolica; tali tecniche tomografiche aumentano la sensibilità e la specificità della sola indagine planare.

Scintigrafia con leucociti marcati o anticorpi antigranulociti marcati; per la diagnosi differenziale di processi flogistici versus lesioni di origine neoplastica.

Tomografia ad emissione di positroni (PET) con traccianti di metabolismo glucidico: fluoro desossiglucosio (18F-FDG).

Il FDG si accumula nelle cellule in modo proporzionale all’entità del metabolismo glucidico, che in genere nei tessuti neoplastici è aumentato.

La performance diagnostica della PET con FDG dipende dal tipo di lesioni ossee;

massima per le lesioni litiche pure (mieloma multiplo, metastasi intramidollari).

La PET con FDG risulta meno sensibile per le lesioni miste o osteoblastiche.

Importante il ruolo della PET con FDG nel monitoraggio della risposta alle terapie.

Tomografia ad emissione di positroni (PET) con traccianti specifici per il

metabolismo osseo: 18 F-fluoride. Tale radiofarmaco ha un meccanismo di accumulo a livello del tessuto osseo analogo ai difosfonati marcati con 99mTc, dipendente dal flusso sanguigno e dall’attività metabolica osteoblastica; è finora utilizzato per studi di ricerca farmacologica; deve ancora essere dimostrata la sua validità in ambito clinico.

Tomografia ad emissione di positroni con TC diagnostica (PET/TC)

Unisce i vantaggi delle due metodiche, PET e TC, in un unico studio, con risparmio di costi gestionali e di tempo diagnostico.

Il secondo ruolo è di tipo terapeutico.

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Sono candidati al trattamento radiometabolico pazienti con sindrome dolorosa da metastasi ossee.

I radiofarmaci utilizzati sono, infatti, registrati come “farmaci per terapia palliativa del dolore”

Le patologie tumorali più frequentemente oggetto del trattamento radiometabolico sono il tumore della prostata in fase di ormono resistenza e il tumore della mammella con metastasi prevalentemente osteoblastiche.

La Società Italiana di Medicina Nucleare (AIMN) ha pubblicato linee guida condivisibili sull’utilizzo dei radiofarmaci per tale tipo di terapia.

Le controindicazioni a questo trattamento sono:

Assolute:

il trattamento radiometabolico non va eseguito nel caso di;

1. gravidanza;

2. allattamento;

3. ipersensibilità conosciuta ai componenti della molecola.

Relative:

il trattamento radiometabolico è sconsigliato (a meno che i benefici derivanti dalla terapia non risultino superiori ai rischi) in caso di:

1. aspettativa di vita inferiore a 1 mese:

2. mielosoppressione importante (piastrine inferiori a100x109/lt o granulociti inferiori a2.5x109 /lt

3. pazienti con progressivo declino della funzionalità renale;

4. sito unico metastatico molto dolente;

5. frattura patologica;

6. compressione del midollo spinale;

7. necessità di instaurare trattamenti potenzialmente mielotossici;

8. Coaugulazione intravascolare disseminata (CID).

Terepia delle metastasi osseee del Carcinoma della prostata con 223 Radio

(Alpharadin/ Bayer) in corso di registrazione in Italia e per il quale è stata già chiesta autorizzazione all’impiego.

Obiettivi

• Percorso facilitato ai pazienti con metastasi ossee in fase critica con presa in carico del paziente da parte del centro;

• Approccio multidisciplinare al paziente con metastasi ossee in cui confluiscono;

• Un'attività ambulatoriale settimanale , a cui confluiscono i pazienti con metastasi ossee in fase critica, svolta dalle seguenti figure

professionali in un'unica visita: oncologo medico, algologo, radioterapista, radiologo, ortopedico e medico nucleare;

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• Visto l’alta prevalenza della patologia prevenire le complicanze delle metastasi ossee e di conseguenza abbattere l’alta morbilità, l’alto tasso di ospedalizzazione e di conseguenza i costi;

• Migliorare l'utilizzo delle risorse, della qualità del servizio

offrendo al paziente un'assistenza mirata e personalizzata volta a contenere il più possibile i disagi conseguenti alla malattia;

• Coinvolgere altre figure professionali (tra cui medici di Medicina Generale, psiconcologi, ecc) e sociali coinvolti nell'assistenza al paziente con metastasi ossee;

• La realizzazione di meeting interdisciplinari coinvolgendo i vari professionisti

Indicatori

Allo scopo di valutare l‟implementazione del percorso e la pratica clinica per un miglioramento della cura della paziente, si individuano indicatori di processo, di performance clinica e di esito che verranno periodicamente verificati.

Indicatori di processo:

1. Numero pazienti (affetti da metastasi ossee) inseriti nel PDTA da professionisti interni all’Azienda/n. totale paz. inseriti nel PDTA (monitoraggio capacità di accrual) (misura l’integrazione professionale.

2. Frequenza degli incontri del team multidisciplinare (>1/settimana) 3. Numero nuovi pazienti con metastasi ossee visitati /anno

4.Pazienti persi al follow-up dei primi 5 anni (non visti per oltre 12 mesi) (</= 5%) 5.Riduzione dei giorni di ricovero improprio (n. dei gg di ricovero in corso di

CPD/popolazione assistiti x100)( misura l’appropriatezza: Standard <10%) Indicatori di performance clinica:

• Consumo di FANS (criterio WHO)

• - N. visite/settimana/paziente:

• Completare Indicatori di esito

1. Intervallo libero da dolore per stadio

2. Mediana dei rilevamenti della scheda di valutazione del dolore < 4

3. Coefficiente di intensità assistenziale (CIA)= rapporto tra n. di giornate di effettiva assistenza ed il n. di giornate totali di presa in carico da parte dell’équipe (Standard Min. > a 60)

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