Lezioni del corso di
Progettazione Assistita e Meccanica Sperimentale
1
Università del Salento
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica
prof. ing. Riccardo Nobile
Tensioni residue
Si definiscono “tensioni residue” o “tensioni interne” quelle tensioni che esistono in un corpo o in parte di esso in assenza di carichi esterni e che sono autobilanciate.
Secondo Orowan, in un corpo sono presenti tensioni interne se alcune parti di esso sono costrette da quelle circostanti in un volume che differisce, in forma e dimensioni, da quello che occuperebbero se fossero separate dal corpo (stato di coazione)
Condizioni di
equilibrio:
s dA 0 dM 0
Definizione delle tensioni residue
R. Nobile –Progettazione Assistita e Meccanica Sperimentale Tensioni residue
U niversit à del Sa len to
Concetti introduttivi
3
Tipo I
le tensioni residue macroscopiche sono costanti in grandezza e direzione su un’ampia area, dell’ordine di parecchi grani
Tipo II
le tensioni residue microstrutturali sono costanti su un’area dell’ordine di un grano
Tipo III
le tensioni residue intergranulari esistono all’interno di un grano e non sono costanti in esso; sono essenzialmente dovute alla presenza di dislocazioni o altri difetti cristallini Le tensioni residue possono agire all’interno del materiale su scale diverse
Definizione delle tensioni residue
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U niversit à del Sa len to
Classificazione delle tensioni residue
Le tensioni residue di interesse in campo strutturale sono quelle macroscopiche di tipo I
In alcuni casi, specie nel caso dei rivestimenti superficiali, hanno un interesse strutturale anche le tensioni residue di tipo II
La presenza di tensioni residue all’interno del materiale necessita di un campo di deformazioni geometricamente incompatibile di tipo elasto-plastico prodotto dall’esterno.
Questo deriva da processi di lavorazione e formatura che si basano su deformazione del materiale indotta dai trattamenti termici e dai processi che cambiano la forma o le proprietà del materiale.
Genesi delle tensioni residue
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U niversit à del Sa len to
Classificazione delle tensioni residue
5
In generale, le tensioni residue sono di varia origine:
meccanica:
fresatura, tornitura, pallinatura, rettifica, lavorazioni plastiche a freddo (estrusione, forgiatura)
termica:
sono dovute a processi di riscaldamento e raffreddamento non uniformi (tempra, saldatura…)
chimica:
sono generate da variazioni volumetriche associate a reazioni chimiche, precipitazione o trasformazione di fase;
deposizione di coating
Genesi delle tensioni residue
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U niversit à del Sa len to
Classificazione delle tensioni residue
y/b
22 1 e y 2
1 y
s
s
Le TR prodotte in un processo di saldatura sono il risultato di:
tensioni termiche;
deformazioni plastiche.
La tensione residua
longitudinale è caratterizzata da:
massima tensione
longitudinale nella regione di saldatura sm;
larghezza b della zona delle tensioni di trazione.
Esempi di tensioni residue
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Tensioni residue da saldatura
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Evoluzione delle tensioni residue in funzione della variazione di temperatura T all’avanzare del processo.
• Elevate tensioni di trazione nella Zona Affetta Termicamente (HAZ) possono provocare la rottura prematura per frattura fragile, stress corrosion, fatica.
• Le distorsioni e le tensioni di compressione possono ridurre la resistenza a buckling.
Tensioni residue da saldatura
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Distorsioni da saldatura:
1. Ritiro trasversale perpendicolare al cordone (a),
2. Distorsione angolare: rotazione attorno alla linea di saldatura dovuta alla distribuzione non uniforme della temperatura nello spessore (b,c).
3. Ritiro longitudinale parallelo al cordone (d),
1. Il piatto base si espande durante la saldatura; quando il cordone solidifica il metallo base deve ritirarsi e questo ritiro avviene principalmente a causa della contrazione trasversale al cordone nel piatto base, mentre il ritiro del cordone è solo il 10%.
Tensioni residue da saldatura
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L' introduzione delle tensioni residue nel pezzo avviene secondo un meccanismo che è l'unione di due fenomeni:
1. allungamento degli strati
superficiali causati dall' impronta dei pallini;
2. plasticizzazione degli strati sub-superficiali per effetto della pressione hertziana.
La proporzione volutamente marcata dell'uno o dell'altro fenomeno dà origine ad una
distribuzione di tensioni residue di compressione
Profondità Profondità
Compressione Compressione
- +
A/B B A
- + Z
Tmax.
0,47a 2a
Pressione di Hertz Allungamento degli strati superficiali
Tensioni residue da pallinatura
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Immaginiamo che il componente da temprare sia di forma cilindrica e individuiamo una zona esterna superficiale e una più interna che abbiano la medesima sezione, ovvero la medesima rigidezza
Durante il raffreddamento il cilindro esterno si accorcerà più velocemente di quello interno a causa del gradiente di temperatura e della contrazione termica.
Il cilindro esterno sarà inizialmente in trazione e quello interno, ancora caldo, in compressione.
Successivamente, anche il cilindro interno si raffredda e contraendosi trascina in compressione lo strato esterno.
Tensioni residue da tempra
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Poiché lo stato di deformazione e tensionale deve essere congruente, i cilindri dovranno avere la stessa lunghezza
è il coefficiente di espansione termica e i pedici s e c indicano la superficie e il centro del cilindro.
Tensioni residue da tempra
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Metodo del foro (rosetta forata) Metodo della misura
Metodo di rimozione degli strati
Metodi di sezionamento
Metodi combinati
Diffrazione dei raggi X
Ultrasuoni
Metodo magnetico
Fotoelasticità
I metodi di analisi sperimentale si differenziano in base al grado di danneggiamento che l’applicazione del metodo provoca nei componenti.
Metodi non distruttivi
Metodi distruttivi
Metodi semi-distruttivi
Metodi di misura delle tensioni residue
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a) Ultrasuoni
b) diffrazione a raggi X c) il metodo magnetico d) il metodo fotoelastico
Metodi non distruttivi
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Gli ultrasuoni sono onde meccaniche che consistono nella oscillazione attorno alla posizione di equilibrio degli atomi o delle molecole che costituiscono un mezzo.
Poiché sono onde meccaniche non possono propagarsi nel vuoto
Gli ultrasuoni si differenziano dai suoni esclusivamente per la lunghezza d’onda caratteristica, che è superiore al campo percepibile dall’uomo
Ultrasuoni
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Caratteristiche generali
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Per caratterizzare un’onda ultrasonora è necessario definire i seguenti parametri:
Direzione di propagazione
Direzione di oscillazione
Lunghezza d’onda λ
Frequenza f
Velocità di propagazione V
Queste ultime sono legate dalla relazione:
Ultrasuoni
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Caratteristiche generali
=
Le possibili combinazioni di direzione di propagazione e di oscillazione danno luogo a diverse tipologie di onde ultrasonore.
Per convenzione, la velocità di propagazione è definita come
Ultrasuoni
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Caratteristiche generali
Il primo pedice - i - indica la direzione
Il secondo pedice - j- indica la direzione di oscillazione
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Le onde longitudinali o di compressione sono caratterizzate dal fatto che la direzione di propagazione e di oscillazione coincidono
Sono le onde più comuni e si trasmettono in tutti i mezzi La velocità di propagazione caratteristica è denominata V11
Ultrasuoni
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Onde longitudinali
V11 [m/s]
acciaio 6000
acqua 1500
aria 330
Le onde trasversali o tangenziali sono caratterizzate dal fatto che le particelle del mezzo oscillano in un piano ortogonale alla direzione di propagazione
Si trasmettono esclusivamente nei solidi e in fluidi estremamente viscosi
La velocità di propagazione caratteristica è denominata V21, V31 ed è all’incirca il 50% della V11
Ultrasuoni
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Onde trasversali
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Le onde superficiali o di Rayleigh si propagano sia longitudinalmente che trasversalmente lungo la superficie piana o curva di un solido sufficientemente spesso
A differenza delle onde longitudinali e trasversali che possono propagarsi all’interno del solido, la propagazione delle onde superficiali richiede la presenza di una interfaccia (la superficie) caratterizzata da un lato da forze elastiche tra le particelle molto elevate (all’interno del solido) e dall’altro lato da forze trascurabili come quelle che agiscono tra le molecole di un gas La profondità interessata da queste onde è all’incirca pari ad una lunghezza d’onda λ dell’oscillazione
Ultrasuoni
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Onde superficiali di Rayleigh
L’oscillazione tipica delle onde superficiali è di forma ellittica, con l’asse maggiore ortogonale alla superficie mentre l’asse minore è parallelo alla direzione di propagazione
La velocità di propagazione è all’incirca il 90% di quella delle onde trasversali
Ultrasuoni
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Onde superficiali di Rayleigh
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Le onde di Lamb si propagano esclusivamente nelle piastre, aventi uno spessore caratteristico pari a 2÷3 λ
L’oscillazione tipica delle onde superficiali è di forma ellittica e avviene contemporaneamente su entrambe le superfici, con una configurazione simmetrica (estensionale) o antisimmetrica (flessionale)
La velocità di propagazione dipende in maniera complessa dallo spessore della piastra e dalla frequenza di eccitazione
Ultrasuoni
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Onde di Lamb
Le onde ultrasonore che possono essere utilizzate per la misura dello stato tensionale in un corpo sono essenzialmente due:
Onde longitudinali criticamente rifratte LCR
Onde trasversali polarizzate
La presenza di uno stato tensionale, residuo o prodotto da carichi esterni, determina una variazione della velocità di propagazione
La misura di tale velocità può essere correlata allo stato tensionale esistente
Ultrasuoni
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Misure di tensione
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Indichiamo con 1 la direzione della tensione che si vuole determinare, 2 la direzione corrispondente allo spessore e 3 la direzione ortogonale alle prime due
Nella prima configurazione, si misura la variazione della velocità delle onde longitudinali V11 che si propagano lungo la direzione della tensione da misurare
Si osserva che in questa configurazione si ha la massima sensibilità della tecnica
Ultrasuoni
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Misure di tensione – Onde L
CRIndichiamo con 1 la direzione della tensione che si vuole determinare, 2 la direzione corrispondente allo spessore e 3 la direzione ortogonale alle prime due
Nella seconda configurazione, si misura la variazione della velocità delle onde trasversali V21 che si propagano lungo lo spessore ma la cui oscillazione è nella direzione della tensione da misurare
Ultrasuoni
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Misure di tensione – Onde trasversali
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La rifrazione delle onde ultrasonore è governata dalla legge di Snell
Ultrasuoni
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Legge di Snell
=
Per poter eseguire la misura è necessario generare delle onde longitudinali che si propagano parallelamente alla superficie del corpo. Imponendo α2 = 90° occorre che l’onda incida sulla superficie con un angolo α1 specifico:
Ultrasuoni
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Misure di tensione – Onde L
CR= arcsin
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Se il materiale è esente da tensioni residue ed è scarico, la velocità di propagazione V11 tra le due sonde può essere calcolata misurando il tempo di volo t0, ossia il tempo necessario perché l’onda longitudinale emessa dal trasmittente T percorra la distanza d e arrivi al ricevitore R
Ultrasuoni
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Misure di tensione – Onde L
CR=
Introducendo una variazione dello stato tensionale Δσ1 si determina una corrispondente variazione di velocità ΔV11:
Ultrasuoni
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Misure di tensione – Onde L
CR∆ = ∆
Ovvero in funzione della variazione del tempo di volo:
L11 = coefficiente acustoelastico
∆ = − ∆
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Il supporto delle sonde è in genere realizzato in PMMA e si utilizza un fluido accoppiante viscoso, come olio o glicerina
La variazione del tempo di volo è dell’ordine di pochi ns
L’accuratezza e ripetibilità della misura è fortemente influenzata dallo spessore del fluido accoppiante, dalle variazioni delle proprietà del materiale e dalla temperatura
Per aumentare la ripetibilità le sonde devono essere premute sulla superficie con una forza controllata
E’ richiesta una calibrazione iniziale eseguita su una zona di materiale libero da tensioni residue
Ultrasuoni
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Misure di tensione – Onde L
CRTale metodo si può applicare solo su modelli di materiale trasparente con proprietà di birifrangenza. Un'applicazione del metodo fotoelastico si ritrova nel caso dei vetri temprati usati nei parabrezza delle automobili, dove si può osservare lo stato di tensione indotto per effetto della tempra.
La misura delle tensioni residue congelate nel materiale bi- rifrangente deve essere eseguita immediatamente dopo la rimozione delle sollecitazioni esterne per evitare che le tensioni col tempo si modifichino (ad esempio per rilassamento), a causa della sensibilità dei materiali fotoelastici alla temperatura e all'umidità.
Metodo fotoelastico
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Le tecniche attualmente più diffuse che sfruttano le proprietà magnetiche dei materiali sono:
· il metodo del rumore Barkhausen;
· il metodo della magnetostrizione.
Entrambi rilevano le variazioni di magnetizzazione (quindi di campo magnetico) nel materiale al variare dell'entità delle autotensioni presenti. Infatti, si opera mantenendo costante un campo magnetico esterno (H) e misurando la magnetizzazione (M) del materiale, proporzionale alla permeabilità magnetica , variabile con le tensioni residue a vari livelli di sforzo:
M=H
Metodi magnetici
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Condizioni di diffrazione:
la diffrazione si ottiene quando un reticolo cristallino viene investito da raggi incidenti con un certo angolo θ
la lunghezza d’onda λ deve essere dello stesso ordine di grandezza della distanza tra i piani cristallini
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Principio fisico
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In condizioni di diffrazione raggio incidente, raggio diffratto e direzione normale giacciano nello stesso piano
Nel piano di diffrazione, l’angolo di incidenza della radiazione e l’angolo di diffrazione coincidono: i = d
La radiazione che si diffonde fino ai piani cristallini al di sotto della superficie rimane in fase
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Principio fisico
Se si verificano le condizioni di diffrazione, i raggi diffratti che investono due piani cristallini posti a una distanza d rimangono in fase se la differenza di cammino ottico è un multiplo intero della lunghezza d’onda
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Legge di Bragg
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Metodi diffrattometrici a raggi X
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Utilizzo della legge di Bragg
La diffrazione dei raggi X, che investono due piani cristallini posti a distanza d, produce un picco di diffrazione in corrispondenza di un angolo 2θ
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Utilizzo della legge di Bragg
Applicando un carico di trazione, la distanza tra i piani cristallini diventa (d-Δd) determinando una variazione dell’angolo di diffrazione (2θ+Δ2θ)
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Metodi diffrattometrici a raggi X
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Utilizzo della legge di Bragg
Rappresentando su un grafico il picco di diffrazione in funzione di 2θ, esso appare traslato (shift)
La legge di Bragg può essere utilizzata per misurare la distanza interplanare d
Differenziando la legge di Bragg si ottiene:
Tenendo conto dell’espressione di d si ha:
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Utilizzo della legge di Bragg
= 2
= 2
= 2 − 1
sin = −
2 = −
= −
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Passando a variazioni finite si ottiene:
Ovvero in termini di deformazione normale al piano cristallino:
in cui si considera per il valore di θ quello della radiazione incidente
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Utilizzo della legge di Bragg
Δ = − ∙ Δ
′ = Δ
= − ∙ Δ
Per poter misurare la variazione di Δθ occorre confrontare il picco di diffrazione misurato sul corpo sollecitato con quello ottenuto su un corpo completamente scarico
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Utilizzo della legge di Bragg
41
Il picco di diffrazione sul materiale scarico si ottiene eseguendo la misura in particolari condizioni
1) analizzando delle polveri dello stesso materiale di granulometria controllata (non tensionate per definizione) ottenute per via elettrolitica;
2) eseguendo la misura su piani cristallini che siano paralleli alla superficie del corpo (ψ = 0°), in modo che la tensione residua sia sicuramente nulla
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Utilizzo della legge di Bragg
Nella realtà i corpi metallici non sono costituiti da un’unica struttura cristallina, ma piuttosto da diversi grani con piani cristallini variamente orientati
In pratica il fascio di raggi X investirà dei piani cristallini che
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
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Fissiamo un sistema di riferimento macroscopico sulla superficie piana del materiale
S1, S2 – versori sulla superficie
S3 – versore normale alla superficie
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
44
Il generico grano avrà un’orientazione qualsiasi e possiamo definire un sistema di riferimento microscopico solidale ai piani cristallini
L1, L2 – versori sulla giacitura dei piani cristallini
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
45
L’orientazione relativa dei due sistemi di riferimento macroscopico e microscopico sarà definito da due angoli
ψ – angolo formato tra le due direzioni normali L3 e S3
Φ – angolo formato tra le direzioni del versore S1 e SΦ ovvero la proiezione sulla superficie del materiale di L1
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
Applicando uno stato di tensione piano al corpo, si determinerà una variazione della distanza interplanare del generico grano
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
47
La variazione della distanza interplanare si tradurrà in pratica in una deformazione in direzione L3, concorde alla normale ai piani cristallini
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
′ = −
Sulla base delle equazioni di cambiamento di riferimento, è possibile esprimere la deformazione del reticolo cristallino attraverso le deformazioni macroscopiche concordi al sistema di riferimento globale S1, S2, S3
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
′ = cos sin + 2 sin
+ sin sin + cos + 2
+ 2
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Tenendo conto delle relazioni costitutive per un materiale omogeneo isotropo e indicando con σij le tensioni nel riferimento globale si ha:
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
′ = 1 +
cos + 2 + sin − sin
+ 1 +
− + +
+ 1 +
+ 2
L’espressione ottenuta può essere semplificata tenendo conto che lo stato di tensione è piano (σ13=σ23=σ33=0):
Osservando inoltre che la tensione normale nella direzione individuata da Φ è data da:
si ottiene la relazione fondamentale:
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
′ = 1 +
cos + 2 + sin sin
− +
= cos + 2 + sin
′ = 1 +
sin − +
51
Si ottiene quindi la relazione fondamentale della diffrattometria a raggi X o legge del sin2ψ
La variazione di distanza interplanare viene misurata applicando la legge di Bragg
Ponendo:
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Deformazione dei grani
′ = −
= 1 +
sin − +
′ = sin + ℎ
= 1 +
ℎ = − +
Retta del sin2ψ
sen2
’33
s1 s2
E h
s
m E
1
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Misura delle tensioni residue
La pendenza della retta del sin2ψ sarà proporzionale alla tensione in direzione Φ
L’intercetta con l’asse delle ordinate sarà proporzionale alla somma delle tensioni secondo le direzioni del riferimento
= 1 +
ℎ = − +
53
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Misura delle tensioni residue
Per ricavare il campo tensionale completo basterà ripetere la misura con due angoli Φ1 e Φ2 differenti
Le due pendenze m1 e m2 permetteranno di ricavare le tensioni
= 1 +
= 1 +
ℎ = − +
=
= 1 +
( cos + 2 + sin )
= 1 +
( cos + 2 + sin )
ℎ = − +
NOTA
Per cambiare l’angolo Φ basta cambiare l’orientazione del provino nel diffrattometro
componenti fondamentali 1) generatore a raggi X;
2) rivelatore di raggi X;
3) goniometro a testa mobile;
4) sistema di posizionamento e movimentazione provini;
5) sistema di raffreddamento;
6) sistema di controllo e acquisizione;
7) software di elaborazione.
Esempio di diffrattometro a raggi X per la misura delle
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Diffrattometro a raggi X
55
Le grandezze fondamentali che caratterizzano la figura di diffrazione sono:
intensità dei picchi principali rispetto al segnale di fondo (deve essere >3-4 per garantire una buona misura);
posizione del picco;
larghezza a metà altezza del picco (FWHM).
L’analisi diffrattometrica a vari angoli ψ di misura, cioè l’angolo tra la normale al provino e la direzione di misura, produce uno spettro del segnale di uscita con una serie di picchi.
Metodi diffrattometrici a raggi X
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Diffrattometro a raggi X
Esempio di spettro di misura di diffrazione a raggi X (43°<2θ<46°), ad angolo θ fissato.
Metodi diffrattometrici a raggi X
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La posizione del picco prodotto dal provino contenente le TR è shiftata rispetto al materiale scarico e viene determinata in maniera molto precisa (nell’ordine del centesimo di grado) elaborando i punti della figura di diffrazione. Lo Shift è il parametro fondamentale nella misura delle TR.
Metodi diffrattometrici a raggi X
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L’FWHM, parametro indice della definizione del picco, deve essere basso, infatti il picco risulterebbe molto stretto e risulta più
semplice individuare
precisamente la posizione del massimo. Anche l’FWHM è influenzato dalle TR presenti nel pezzo; tuttavia mentre la posizione del picco è legata ai macrostress (TR), la larghezza dipende dalle distorsioni del reticolo, ovvero dai microstress.
Metodi diffrattometrici a raggi X
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I metodi di rimozione degli strati:
- metodo di Stäblein per lastre piane,
- metodo di Sachs per componenti cilindrici;
I metodi di sezionamento basati sulla:
- misura delle deformazioni, - misura degli spostamenti;
i metodi combinati (sezionamenti multipli e rimozione degli strati)
Metodi distruttivi
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U niversit à del Sa len to
Il metodo di Stäblein è applicabile al caso di travi ad asse rettilineo e piastre piane, anche per tensioni residue variabili nello spessore purché costanti nel piano della lastra.
Il metodo è basato sulla rimozione di strati superficiali della trave
Rimuovendo alcuni strati superficiali, si rilasciano le tensioni residue e le superfici di taglio si deformano.
La rimozione degli strati può essere eseguita mediante lavorazione meccanica, chimica o elettrochimica.
Metodi di rimozione degli strati
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Metodo di Stäblein
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Dopo aver asportato ogni strato di materiale, si determina la curvatura della deformata misurando la freccia con un comparatore o le deformazioni con estensimetri elettrici a resistenza posti sulla faccia opposta a quella lavorata.
Nel caso di una trave, la relazione tra la tensione residua nel generico strato n e la curvatura C risulta:
dove C0 è la curvatura relativa allo spessore iniziale w0, Cn-1 è la curvatura relativa allo spessore wn-1 dopo la rimozione di n- 1 strati.
Formule analoghe più semplici si applicano nel caso delle piastre
s
0 1 n w w
1 n 0
1 n 0
1 n 2
n
xn C C dw
3 C E
C 3Ew
2 dw w dC 6 E
Metodi di rimozione degli strati
R. Nobile –Progettazione Assistita e Meccanica Sperimentale Tensioni residue
U niversit à del Sa len to
Metodo di Stäblein
Il metodo di Sachs è utilizzato per componenti cilindrici con distribuzione delle tensioni residue assialsimmetrica e costante lungo l'asse del componente.
Gli strati di materiale vengono asportati mediante operazioni di tornitura interna (od esterna) a seguito delle quali si misurano le deformazioni, longitudinale l e circonferenziale c, sulla superficie esterna (od interna) del componente.
Metodi di rimozione degli strati
R. Nobile –Progettazione Assistita e Meccanica Sperimentale Tensioni residue
U niversit à del Sa len to
Metodo di Sachs
63
Le seguenti formule consentono di determinare le TR:
s L
dS S dL S
1 E
2 1
l C
S 2
S S 1
E 1
r 2
s
s C
S 2
S S dS S dC 1 S
E 1
2 1 c
c
L l C c l essendo:
S1 è l'area della sezione relativa al raggio esterno
S è l'area della sezione relativa al raggio interno dopo l'alesaggio.
Metodi di rimozione degli strati
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U niversit à del Sa len to
Metodo di Sachs
2 l 2
L 2
sd 1
E
s
Rilassamento delle tensioni residue nelle piastre.
Metodi di sezionamento
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U niversit à del Sa len to
Tensione residue nelle piastre
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Rilassamento delle tensioni residue nei tubi a parete sottile.
s
1 2 0
c D
1 D
1 1
s E
2 l 2
L d 1
s E
s
Tensione circonferenziale:
Tensione longitudinale:
Metodi di sezionamento
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U niversit à del Sa len to
Tensione residue nei tubi
a) il metodo della cava anulare (o della carota) e della cava rettilinea
b) il metodo del foro o della rosetta forata c) altri metodi di rimozione
(a) (b) (c)
ER ER ER
(a) metodo del foro, (b) metodo della cava, (c) metodo dell'anello (ER = rosetta estensimetrica).
Metodi semi-distruttivi
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U niversit à del Sa len to
67
Metodo della cava anulare (o della carota) rettilinea
Metodi semi-distruttivi
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U niversit à del Sa len to
Metodo del foro o della rosetta forata
1. Applicazione di una rosetta estensimetrica generalmente a tre griglie sovrapposte;
2. Azzeramento della rosetta e rimozione dei collegamenti elettrici ed esecuzione di una cava anulare mediante apposita fresa;
3. Ricostituzione dei collegamenti elettrici e misura delle deformazioni prodotte dal rilassamento delle tensioni residue;
4. Calcolo delle tensioni residue mediante l’elaborazione delle deformazioni misurate.
Il diametro della cava, per le rosette più piccole, è dell’ordine di 20 mm
Metodo della cava (cenni) Metodi semi-distruttivi
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