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GAIARINE DIOCESI DI VITTORIO VENETO. PARROCO DON PIETRO SILVESTRINI - cellulare Liturgia della Settimana

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Academic year: 2022

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B B O L L E T T I N O O L L E T T I N O O L L E T T I N O O L L E T T I N O O L L E T T I N O P P P P P A S T O R A L E A S T O R A L E A S T O R A L E A S T O R A L E A S T O R A L E

Anno XXVIII - Numero 37

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Messa del giorno: 1a lett.: Siracide 27,33-28,9 - Salmo: 102 - 2a lett.: Romani 14,7-9- Vangelo: Matteo 18,21-35

Liturgia della Settimana

D

OMENICA

13 S

ETTEMBRE

2020

Scaricabile dal sito Web Unità Pastorale Gaiarine https://www.upgaiarine.it (sezione: Bollettino di Gaiarine)

n n n n

n Domenica 13 Settembre - XXIV del Tempo Ordinario ore 08.00 S. Messa festiva -

In suffragio: def.ti De Marchi Ida e Attilio; def.to Baggio Giovanni; def.ta Uliana Caterina

ore 11.00 S. Messa festiva - per la parrocchia

ore 19.00 S. Messa festiva -

in ringraziamento per 45° anniversario di matri- monio di Fantuz Valerio e Santina. Alla Madon- na per famiglia di Fantuz Valerio e Santina In suffragio: per tutti i def.ti di Da Dalto Santina;

def.ti Da Dalto Vincenzo, Augusta e Antonio;

def.to Teo Giordano.

n n n n

n Lunedì 14 Settembre - Esaltazione della S. Croce ore 09.00 S. Messa - In suffragio: def.ta Polesel Ida; def.ta

Campion Fiorenza; def.ti Poletto Imelda e Pin Ulderico; def.ti Pin Angelo, Angela e Giuseppe

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n Martedì 15 Settembre - B. Vergine Maria Addolorata ore 09.00 S. Messa - In suffragio: def.ta Dotta Norma; def.ti Piai

Lucio e parenti; def.ta Paola Luisotto (ord. Via Salvatoizza); def.ti Rina, Angelo e Francesco Santarossa

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n Mercoledì 16 Settembre - Ss. Cornelio e Cipriano ore 09.00 S. Messa - In suffragio: def.ti fam. Bolzan Gabriele

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n Giovedì 17 Settembre

ore 09.00 S. Messa - In suffragio: def.ti Pasquali Antonio, Otello e Elvira

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n Venerdì 18 Settembre

ore 9.00 S. Messa - In suffragio: def.ta Rossetto Giovanna (ord. fam. Carli); def.ti Morandin Alberto, Carnelos Vittorio, Presotto Emilia, Carnelos Antonietta; def.ti Bilot Giuseppe e Fiorina; def.to don Angelo Dal Bo

n n n n

n Sabato 19 Settembre

ore 19.00 S. Messa festiva, nel parco dietro l’Orato- rio, animata dai ragazzi di Azione Cattolica.

In suffragio: def.ti Riva Egidio e Modolo Luigia;

def.to Favero Luigi; def.ti famiglia Tonello, genito- ri, fratelli e sorelle

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n Domenica 20 Settembre - XXV del Tempo Ordinario ore 08.00 S. Messa festiva -

In suffragio: def.ta Rosolen Carmen; def.ti Piai Lina e Bet Angelo; def.to Favero Giovanni; def.ta Santarossa Regina; per una famiglia bisognosa ore 11.00 S. Messa festiva e celebrazione del Battesi-

mo di Bolzan Riccardo di Flavio e Dassiè Serena La classe 1943, in memoria dell’amico Fantuz Sergio, deceduto nell’aprile scorso, senza la ce- lebrazione esequiale

ore 19.00 S. Messa festiva -

S.Messa per i gruppi AC e inzio anno scolastico

Ragazzi e animatori, ai primi di marzo di quest’anno, causa il diffondersi dell’epidemia Covid-19, sono stati costretti ad interrompere bruscamente i loro percorsi di formazione ed allentare i rapporti di amicizia.

Ora è tempo di ripensare a come ripartire insieme, con gioia e fiducia.

In attesa della ripresa delle attività parrocchiali, educatori ed animatori danno appuntamento a tutti i ragazzi e ragazze di Azione Cattolica per incon- trarsi e pregare insieme

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ABATO

19

SETTEMBRE

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ESSADELLEORE19,

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RATORIO

Sarà l’occasione per affidare al Signore anche il nuo- vo anno scolastico, invocando la protezione e l’aiu- to di Maria, nostra Madre.

In caso maltempo, la celebrazione si terrà in Chiesa.

Le famiglie che non hanno potuto celebrare il funerale in Chiesa, per l’emergenza sanitaria Covid-19, nei mesi di marzo e aprile, qualora desiderassero far celebrare una Messa in suffragio del proprio caro, per parenti e amici, possono prendere contatto con don Piero per stabilire la data della celebrazione, preferibilmente di sabato sera, alla Messa delle ore 19.

Funerali non celebrati

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l Vescovo Corrado ci attende per iniziare insieme il nuovo anno pastorale, in un clima di preghiera e condivisione del cammino di fede. L’appuntamento è per

L’avvio dell’anno pastorale in diocesi

Offerte della Settimana

Per la parrocchia: Nn • 10 - Famiglia Fantuz Valerio

• 100 - Nn • 20 - Nn • 50

Durante la Messa, all’offertorio, non vengono raccolte le offerte dei fedeli, in base alle direttive della CEI.

Possiamo però mettere la nostra offerta nelle tre cassette poste all’uscita della Chiesa.

Con l’occasione, desideriamo ringraziare tutte le persone che in questo periodo sostengono la parrocchia con delle offerte generose, in chiesa o aggiungendo, all’offerta per le messe in suffragio, una somma anche per la parrocchia.

Ringraziamo in particolare la via Terraglio per quanto raccolto in occasione della S.Messa per la via, di cui abbiamo dato conto la settimana scorsa.

Ringraziamo inoltre tutte le persone che hanno aderito alla raccolta di generi alimentari, l ’iniziativa promossa dalla Caritas parrocchiale, per le borse della spesa, da distribuire alle famiglie in difficoltà.

Riunione del gruppo liturgico

Il gruppo liturgico parrocchiale, allargato a tutti gli incaricati del servizio liturgico e ai referenti degli ambiti Catechesi e Carità, è convocato per il giorno di

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IOVEDÌ

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SETTEMBRE

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ORE20.45

-

presso la sala grande dell’oratorio parrocchiale, per trattare i seguenti punti all’ordine del giorno:

1. Il servizio liturgico nelle Messe domenicali:

aspetti positivi e problematici nella cura delle celebrazioni, come da Protocollo CEI, con particolare riferimento:

- Al periodo estivo (con la sospensione della Messa domenicale ore 19:00);

- Al periodo attuale (con la ripresa delle quattro celebrazioni domenicali, di cui una prefestiva);

2. Nuove disposizioni anti-Covid (Ministero Interno- CEI): osservazioni e proposte;

3. Incontro in diocesi per moderatori e aiuto moderatori: breve resoconto;

4. Varie ed eventuali.

Per favorire il discernimento, si confida sulla parteci- pazione del più ampio numero di operatori

Messaggio dell’Ufficio Catechistico della diocesi Il momento di ripartenza che stiamo vivendo genera tanti pensieri e sentimenti, e sicuramente gioia e pre- occupazione mischiate insieme. L’Ufficio Catechistico Diocesano ha steso delle semplici e concrete linee comuni, per aiutare a ripartire nell’attività catechisti- ca con fiducia, con responsabilità, con audacia pa- storale.

Nessuna ricetta magica, nessuna soluzione definitiva.

La catechesi dei ragazzi e il processo di Iniziazione Cristiana continua ad essere un grande “cantiere” nel quale sono presenti momenti felici e attesi dalle co- munità, ma anche tanti momenti più fragili e precari, segnati anche da relazioni sfilacciate, in cui il tempo di pandemia ha sicuramente influito. Solo abitando questo cantiere, da operai fedeli al Signore Risorto, potremo continuare a pensare, ad agire, a trasmet- tere la fede, magari operando anche qualche scelta nuova.

A ciascuno e a tutti, l’Ufficio Catechistico augura buona ripartenza, buon annuncio del Vangelo, che sempre ci sorprende. E lo farà anche quest’anno!

Ritorna, con qualche mese di ritardo causa COVID, l’iniziativa promossa dalla Comunità Missionaria di Villaregia di Pordenone e sostenuta anche dalla nostra parrocchia: ““Abbiamo RISO per una cosa seria”. La raccolta si terrà

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ABATO

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EDOMENICA

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SETTEMBRE Dopo le Sante Messe festive, sul piazzale della Chiesa, alcuni incaricati della parrocchia offriranno un pacco di riso (italiano) per una donazione di 5 euro.

Con il ricavato dell’iniziativa, i missionari di Villaregia sosterranno varie attività a favore della popolazione rurale del Burkina Faso e dell’Etiopia, nei luoghi dove è presente la comunità, e che troverete meglio specificate nel depliant che verrà dato con il riso.

Vi chiediamo, seppur in un momento difficile per tante persone, di condividere con un piccolo gesto, con chi vive situazioni ancor più drammatiche delle nostre.

Grazie

“Abbiamo RISO per una cosa seria”

Catechesi: come ripartire?

Campane a Festa...

Annunciamo con gioia la nascita di Sofia Lucchetta

per la gioia di mamma Nicole e papà Sandro.

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Papa Francesco all’Angelus di domenica 6 settembre 2020

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di questa domenica (Mt 18,15-20) è tratto dal quarto discorso di Gesù nel racconto di Matteo, conosciuto come discorso “comunitario” o “ecclesiale”. Il brano odierno parla della correzione fraterna, e ci invita a riflettere sulla duplice dimensione dell’esistenza cristiana: quella comunitaria, che esige la tutela della comunione, cioè dell’unità della Chiesa, e quella personale, che impone attenzione e rispetto per ogni coscienza individuale.

Per correggere il fratello che ha sbagliato, Gesù suggerisce una pedagogia del recupero. E sempre la pedagogia di Gesù è pedagogia di recupero; Lui sempre cerca di recuperare, di salvare. E questa pedagogia di recupero è articolata in tre passaggi. In primo luogo dice: «Ammoniscilo fra te e lui solo» (v. 15), cioè non mettere in piazza il suo peccato. Si tratta di andare dal fratello con discrezione, non per giudicarlo ma per aiutarlo a rendersi conto di quello che ha fatto. Quante volte noi abbiamo avuto questa esperienza: qualcuno viene e ci dice: “Ma, senti, tu in questo hai sbagliato. Tu dovresti cambiare un po’ in questo”. Forse all’inizio ci arrabbiamo, ma poi ringraziamo, perché un gesto di fratellanza, di comunione, di aiuto, di recupero.

E non è facile mettere in pratica questo insegnamento di Gesù, per diverse ragioni. C’è il timore che il fratello o la sorella reagisca male; a volte manca la confidenza sufficiente con lui o con lei... E altri motivi. Ma tutte le volte che noi abbiamo fatto questo, abbiamo sentito che era proprio la strada del Signore.

Tuttavia, può avvenire che, malgrado le mie buone intenzioni, il primo intervento fallisca. In questo caso è bene non desistere e dire: “Ma si arrangi, me ne lavo le mani”. No, questo non è cristiano. Non desistere, ma ricorrere all’appoggio di qualche altro fratello o sorella. Gesù dice: «Se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni» (v. 16). Questo è un precetto della legge mosaica (cfr Dt 19,15). Sebbene possa sembrare contro l’accusato, in realtà serviva a tutelarlo da falsi accusatori. Ma Gesù va oltre: i due testimoni sono richiesti non per accusare e giudicare, ma per aiutare. “Ma mettiamoci d’accordo, tu ed io, andiamo a parlare a questo, a questa che sta sbagliando, che sta facendo una figuracela. Ma andiamo da fratelli a parlargli”. Questo è l’atteggiamento del recupero che Gesù vuole da noi. Gesù infatti mette in conto che possa fallire anche questo approccio - il secondo approccio - con i testimoni, diversamente dalla legge mosaica, per la quale la testimonianza di due o tre era sufficiente per la condanna.

In effetti, anche l’amore di due o tre fratelli può essere insufficiente, perché quello o quella sono testardi. In questo caso - aggiunge Gesù - «dillo alla comunità» (v. 17), cioè alla Chiesa. In alcune situazioni tutta la comunità viene coinvolta. Ci sono cose che non possono lasciare indifferenti gli altri fratelli: occorre un amore più grande per recuperare il fratello. Ma a volte anche questo può non bastare. E dice Gesù: «E se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano» (ibid.). Questa espressione, in apparenza così sprezzante, in realtà invita a rimettere il fratello nelle mani di Dio: solo il Padre potrà mostrare un amore più grande di quello di tutti i fratelli messi insieme. Questo insegnamento di Gesù ci aiuta tanto, perché - pensiamo ad un esempio - quando noi vediamo uno sbaglio, un difetto, una scivolata, in quel fratello o quella sorella, di solito la prima cosa che facciamo è andare a raccontarlo agli altri, a chiacchierare. E le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della è chiesa. Il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità. Per favore, fratelli e sorelle, facciamo uno sforzo per non chiacchierare. Il chiacchiericcio è una peste più brutta del Covid!

Facciamo uno sforzo: niente chiacchiere. È l’amore di Gesù, che ha accolto pubblicani e pagani, scandalizzando i benpensanti dell’epoca. Non si tratta perciò di una condanna senza appello, ma del riconoscimento che a volte i nostri tentativi umani possono fallire, e che solo il trovarsi davanti a Dio può mettere il fratello di fronte alla propria coscienza e alla responsabilità dei suoi atti. Se la cosa non va, silenzio e preghiera per il fratello e per la sorella che sbagliano, ma mai il chiacchiericcio.

La Vergine Maria ci aiuti a fare della correzione fraterna una sana abitudine, affinchè nelle nostre comunità si possano instaurare sempre nuove relazioni fraterne, fondate sul perdono reciproco e soprattutto sulla forza invincibile della misericordia di Dio.

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La Parola in Famiglia - 25a Domenica del Tempo Ordinario - 20 settembre 2020 - anno A Mettiamoci attorno alla Parola di Dio come discepoli del Signore. Genitori e figli sono tutti ascoltatori di questa parola che è Gesù. Ci si sente uniti e incamminati sulla stessa strada verso un’unica meta: la perfezione nell’amore. In un mondo di tanta confusione, Gesù è la luce che illumina la strada.

Allora dedicate 10-15 minuti spesso, se non ogni giorno, ad ascoltare insieme la Parola di Dio, utilizzando questo piccolo strumento che ci propone la lettura e la riflessione su Gesù e sulla nostra vita secondo il vangelo di Matteo 20,1-16 che sarà letto domenica prossima.

Le altre letture della Messa: 1a lett.: dal profeta Isaia 55,6-9 - Salmo: 144 - 2a lett.: lettera ai Filippesi 1,20-24.27

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REGHIAMO

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio...

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ESSAGGIODELLA

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AROLADI

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IO della 25° domenica del tempo ordinario Al servizio dell’eccedente bontà di Dio.

Il tema centrale delle letture di questa domenica è la bontà di Dio, che va ben al di là delle misure e dei calcoli umani.

Il brano di Isaia, nella prima lettura, si apre con l’imperativo «cercate il Signore». Un’autentica ricerca di Dio non è possibile senza la più ampia disponibilità al cambiamento. Isaia parla di “abbandonare” e “ritornare”, e ci ricorda che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie. Non si va in cerca di Dio per conservare sé stessi e per difendere le proprie abitudini. Cercare Dio significa uscire da sé.

Nella seconda lettura, l’affermazione di Paolo «per me vivere è Cristo» ci fa prendere coscienza della nostra distanza dall’ideale cristiano. Siamo persone dai troppi interessi, persone frantumate e distratte. Per Paolo invece l’unica cosa importante è Cristo: corre, si affanna in molte cose, ma non è mai disperso. È attivissimo e nel contempo immobile, fisso al centro.

Nel vangelo, infine, la parabola narrata da Gesù capovolge ogni criterio umano di valutazione e retribuzione. Egli non è venuto ad abolire la giustizia e il diritto, ma a stabilire, al di sopra dell’una e dell’altra, un regime di bontà sovrana. La ricompensa riservata a chi risponde alla chiamata di Dio non si misura sulla bilancia del “diritto”, su una tassativa rispondenza tra prestazione e salario, ma unicamente sulla bontà divina.

Da libro del profeta Isaia 55,6-9

Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési 1.20-24.27

Fratelli, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere. Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d’altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne. Per conto mio, sono convinto che resterò e continuerò a essere d’aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede, perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta tra voi. Soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo.

Dal vangelo secondo Matteo 20,1-16

1 II regno dei cieli è simile a un padrone di casa, il quale, sul far del giorno, uscì a prendere a giornata degli uomini per lavorare la sua vigna. 2 Si accordò con i lavoratori per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3 Uscì di nuovo verso l’ora terza, ne vide altri che se ne stavano sulla piazza disoccupati, 4 e disse loro: “Andate anche voi nella vigna e vi darò quello che sarà giusto”. Ed essi andarono. 5 Poi, uscito ancora verso la sesta e la nona ora, fece lo stesso. 6 Uscito verso l’undicesima, ne trovò degli altri in piazza e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno inoperosi?”. 7 Essi gli dissero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. 8 Fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore:

“Chiama i lavoratori e dà loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9 Allora vennero quelli dell’undicesima ora e ricevettero un denaro ciascuno. 10 Venuti i primi, pensavano di ricevere di più, ma ebbero anch’essi un denaro per ciascuno.

11 Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: 12 “Questi ultimi hanno fatto un’ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato tutto il peso della giornata e sofferto il caldo. 13 Ma egli, rispondendo ad uno di loro, disse: “Amico, non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? 14 Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. 15 Non mi è lecito di fare del mio ciò che voglio? 0 vedi tu di mal occhio che io sia buono? 16 Così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”.

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Ma vediamo quali elementi sono presenti nella parabola.

Personaggi o attori 1. Il padrone della vigna;

2. I lavoratori assunti in diverse ore.

3. Tempo e luogo

Le assunzioni avvengono:

all’alba, alle 9 (ora terza), alle 12 (ora sesta), alle 15 (ora nona) e alle 17 (undicesima ora); in un luogo che è molto probabilmente la piazza del paese dove, come avveniva nei paesi del mediterraneo e del medio oriente, la manodopera si metteva a disposizione per essere assunti a giornata.

Il contratto

Ai primi assunti viene promessa la paga di un denaro (la paga di una giornata); a tutti i restanti lavoratori viene promesso “ciò che è giusto”.

La retribuzione

L’ordine di pagamento non segue la logica dell’anzianità nel lavoro: qui vengono prima pagati gli ultimi per arrivare ai primi. Agli ultimi assunti viene corrisposto un denaro. Sicché l’aspettativa degli assunti nelle prime ore è grandissima perché, secondo la logica umana, chi lavora di più riceve di più.

Questa parabola non vuole essere un trattato di economia, ma l’illustrazione del modo di agire di Dio nel suo regno. “Il regno dei cieli è simile a...”. Dio non tratta i suoi come il padrone di un’azienda che deve far quadrare il bilancio, ma agisce in base al principio della sua misericordia, dell’infinita e gratuita bontà divina e non del merito dell’uomo. Infatti, i lavoratori assunti all’alba sono retribuiti con giustizia, gli altri con generosità.

L’insegnamento

La sovranità di Dio si esprime nella sua libera decisione di sovvertire ogni modo di pensare umano. Gli interessi particolari, le aspettative umane, la logica razionale del pensiero e della giustizia umana dovranno fare i conti con la volontà e la giustizia di Dio che agisce per andare incontro ai bisogni dell’uomo, sia spirituali che materiali. “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie” (Is. 55: 8). Laddove gli uomini si considerano al primo posto, per Dio diventano gli ultimi e viceversa. D’altra parte, il criterio che Gesù segue per essere primi nel suo regno non è quello di coloro che rivendicano di essere più bravi o migliori degli altri, ma è quello del servizio svolto in ubbidienza ed umiltà verso Dio e verso il prossimo.

Di fronte a Dio, sul terreno della grazia, non esistono primi e ultimi; il suo regno è un regno di uguali, perché tutti sono oggetto in ugual modo della sua grazia redentrice.

I Padri della chiesa hanno visto in questa parabola l’uguaglianza davanti a Dio dei credenti giunti alla fede in età diverse.

Altri vi hanno visto un’argomentazione per evidenziare l’orgoglio dei farisei (“Noi siamo migliori di quegli altri”) e il loro disprezzo verso i pubblicani. Altri ancora l’hanno considerata come una riflessione sulla storia di Israele (Lc. 23: 42-43) o addirittura l’ambizione dei dodici.

Questa parabola ci insegna che:

la giustizia di Dio e la sua bontà non si possono mettere in discussione. La sua giustizia non è quella che giudica, ma è quella che giustifica, come Lutero ci ha fatto comprendere attraversando una profonda crisi spirituale. Un Dio giustiziere, pronto soltanto a condannare le malefatte degli uomini, non gli dava pace. Ma quando egli comprese che la giustizia di Dio non era finalizzata alla punizione ma alla salvezza degli uomini (Rom. 1: 16-17), allora la sua vita si illuminò di gioia e di pace. Da questa illuminazione dello Spirito Santo iniziò quella riforma che ci ha fatto conoscere, attraverso una nuova lettura della bibbia, la libertà che abbiamo in Cristo.

Quando facciamo delle valutazioni dobbiamo imparare a vedere e giudicare gli avvenimenti secondo la prospettiva di Dio, imparare a capire il punto di vista di Dio.

La conoscenza ci aiuta a capire cosa ha detto e fatto Dio, ma sapere il punto di vista di Dio sugli eventi della storia ci fa comprendere perché Dio lo ha detto e perché lo ha fatto. La prospettiva ci spiega i perché della vita ed è utile per far crescere il nostro amore per Dio, per far aumentare la nostra fede, per darci gli strumenti per affrontare le difficoltà della vita, per aiutarci a fare meno errori.

In questa parabola, il contrasto tra Gesù e i farisei concerne un punto fondamentale della fede, cioè come agisce Dio verso gli uomini. I farisei pensano che al di fuori di loro tutti gli altri uomini non rispettano la legge e, dunque, sono condannati. Ma Gesù rivela di essere venuto per quelli che si dichiarano peccatori, per i malati e non per i sani, per gli impuri, per i ciechi e per gli zoppi.

Questa parabola è un atto di accusa contro i farisei perché praticavano una religione individualista di pura esteriorità che dava loro l’idea di essere i “veri” israeliti, ma che “li rendeva insensibili o indifferenti alle sofferenze del popolo e incapaci di comprendere l’amore di Dio per la gente comune, la sua compassione per le malattie e la fame dei poveri, il suo orrore per l’oppressione degli esseri umani e la sua volontà di dare a ciascuno vita abbondante, esuberante e libera da restrizioni e oppressioni.” (Aldo Comba).

Quante volte anche noi cristiani abbiamo fatto vanto della nostra conoscenza di Cristo e del fatto di essere figli di Dio! Spesso guardiamo “il mondo” con gli occhi di severi giudici anziché con quelli della misericordia che Gesù ci ha insegnato ad usare verso tutti, perché per l’umanità intera egli è venuto a morire.

Il Signore allontani da noi il pericolo di cadere in questa mentalità settaria e ci faccia comprendere le sue vie e i suoi pensieri

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per poterlo servire con umiltà, testimoniando a tutti che Egli è giusto, buono e misericordioso.

La vigna è la Chiesa che ha bisogno di tutti

«Il Regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata operai per la sua vigna...»

La Vigna del Signore è molto vasta ed ha bisogno di molti operai umili e riconoscenti. Il lavoro non manca ed è necessario che ci siano sempre forze fresche che si mettano all’opera affinchè siano tanti i frutti di conversione.

È per questo motivo che tutti noi dobbiamo credere fortemente nella comunione vicendevole. Ciò che importa non è quando si è chiamati. Questo appartiene ad un mistero che non ci è dato di conoscere. Ciò che importa è lavorare insieme mettendo da parte pregiudizi, gelosie, invidie, maldicenze, mormorazioni e cose del genere. Tutte queste cose non ci fanno onore. Sono frutti della carne e non dello Spirito Santo, e noi non possiamo lasciare spazio ad essi nel nostro cuore. Se lo facciamo, non potremo mai edificare il Regno di Dio. Finiremo per collaborare con chi il Regno di Dio vuole distruggerlo, o per lo meno vuole impedire che esso cresca e si estenda fino agli estremi confini della terra.

La parabola di questa XXV Domenica del Tempo Ordinario è un invito a credere fortemente che nella Chiesa c’è bisogno di tutti e nessuno può sentirsi esonerato dal dare il suo contributo in ordine alla missione di salvezza che ci è stata affidata, come singoli e come comunità dei fedeli.

Solo se ognuno di noi si prende a cuore la Vigna del Signore, essa potrà produrre molta uva e di conseguenza vino di prima qualità. Dobbiamo tutti darci da fare e spronarci a vicenda affinchè l’ozio o la stanchezza non abbiamo il sopravvento. La fede dell’uno deve sostenere la fede dell’altro e l’opera dell’uno deve agire in sinergia con l’opera dell’altro. Uno è il padrone. Molti sono coloro che devono lavorare ma sempre in obbedienza al suo volere che è mosso e governato dalla sapienza celeste.

Dinanzi a tale sapienza non ci è consentito fare obiezioni. Essa supera le nostre categorie. Noi non la comprendiamo.

Dobbiamo solo adorarla e ringraziare il Signore che nella sua misericordia ci chiede di collaborare con lui.

Chi nella Chiesa mormora contro l’agire di Dio, che chiama chi vuole e quando lo reputa opportuno, è uno stolto. Costui non sa che la vita dell’uomo è un grande mistero che non può essere conosciuto né governato dalla mente umana. La nostra preoccupazione deve essere quella di conoscere e fare la volontà di Dio per quanto ci riguarda, e aiutare gli altri a fare lo stesso.

Anche sulla ricompensa che tocca a ciascuno non possiamo noi decidere. Non ne abbiamo la potestà perché non siamo padroni né della benedizione di Dio, né della vita eterna, né di ogni altra grazia celeste. Non ne abbiamo la capacità perché ci mancano infiniti elementi per operare un sano e corretto discernimento. Cosa possiamo noi infatti sapere di ciò che c’è nel cuore di un uomo? Come possiamo pretendere di conoscere la storia di Tizio o Caio se a stento conosciamo la nostra? Come possiamo ergerci a giudici del fratello se le intenzioni recondite che muovono il suo agire ci rimangono sconosciute?

La parabola degli operai dell’ultima ora è liberante, se noi ne comprendiamo il significato. A noi è dato di lavorare nella Vigna del Signore; di fare ogni cosa con sapienza e amore; di stimarci a vicenda e gioire quando qualcuno si impegna perché essa produca frutti. Il resto lasciamolo a Gesù. Lui non è ingiusto, né distratto, né tantomeno cattivo. E’ al contrario ricco di sapienza e possiede occhi capaci di andare oltre ogni apparenza. Pertanto tutto ciò che fa è santo. In ogni cosa lui è irreprensibile.

Lodiamo allora in eterno la sua misericordia e non dimentichiamo mai che la nostra chiamata - quella di ciascuno di noi - è purissima sua grazia. Dono d’amore da accogliere con gratitudine e riconoscenza infinita. Poteva lasciarci nella piazza con le braccia conserte senza far nulla. Poteva lasciare la nostra vita nel “non senso” e il nostro cuore nell’inquietudine di chi non sa quanto grande è il suo amore. Ma ha avuto pietà di noi e ci ha chiamati a lavorare nella sua Vigna, la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

Per questo dobbiamo benedirlo prostrati con la faccia a terra per tutti i giorni della nostra vita e pregarlo perché - anche attraverso di noi - chiami tanti altri a collaborare nell’opera della salvezza dell’umanità.

La Vergine Maria, nostra Madre e Regina, ci aiuti e ci ottenga un cuore umile e riconoscente.

Testimonianza di don Marco Pozza

Mio padre non ha mai fatto il fannullone. Chiaro?

All’ultima riga del Vangelo, mi si è annunciato davanti mio papà, quasi mi avesse aspettato che uscissi da quella vigna tutta colma di parole, d’immagini, d’improperi. L’ho tradotto così quello sguardo che mi ‘ fissava: “L’hai capita bene la parabola che hai letto? Ripensa a quelle nostre serate, anni Novanta”.

Quelle sere le ricordo come fossero stasera: erano d’autunno, malinconiche, stagioni di sconsolante miseria. Tornavamo a casa e lo incrociavamo muto, nascosto nella sua officina. Poi - quando proprio non ce la faceva più - capivo che aspettava che noi bambini andassimo a giocare per chiedere cinquemila lire alla mamma, per andare a fare benzina: era così stanco d’andare a piedi per cercare lavoro, che si sforzava di vincere quella stupida vergogna che per troppe sere gli rigava i suoi

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presi a giornata». Non era il gesto d’un fannullone quel suo stare-a-casa: era l’umiliante storia di un padre al quale nessuno pareva disposto a dare fiducia, voleva prendere a giornata. Il mondo pareva non capire, non voleva capire. Qualcuno capì. Dio in agguato: ora pro nobis.

In quelle sere m’innamorai follemente di questa parabola: era autobiografia del papà più bello del mondo, la storia feriale di casa mia. In malora quelli che si sono lamentati delle ore trascorse al sole, delle braccia affaticate, dei muscoli spossati.

Sono stati bravi, hanno lavorato, sudato: non rinfaccio loro nulla. Ma il mio papà - che tante sere ho visto seduto alle cinque del pomeriggio sui gradini di casa (non al banco dell’osteria) - non era stato un fannullone: semplicemente “nessuno l’aveva ancora preso a giornata”. Quanto mi rallegravo nel vedere mia mamma all’opera: non gli dava cinquemila lire, gli dava il suo portafoglio, pure lo abbracciava qualche sera. Si preoccupava di non farlo sentire un nulla dentro quel dramma operaio: «I vostri compagni arrivati all’ultima ora sono uomini come voi, hanno una famiglia come l’avete voi» (L. Santucci).

Alla retribuzione, il Cristo-vignaiolo s’infuria. Rimette le cose in ordine: “La prossima volta leggete bene il contratto prima di accettare. Non vi ho fregato, e poi i soldi sono miei”. Il Vangelo, per chi offende il povero, è ago arroventato sulla pelle: «Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene (...) Sei invidioso perché io sono buono?» È la verità, mica mentono: è dalla mattina che lavorano. Però, sotto, sotto, sono grandi bugiardi: dicono, senza dirlo, che papà non ha lavorato. Che ha cominciato alle cinque, che prima era sotto il fico a grattarsi i capelli. Mica hanno capito, loro signori, che il lavoro duro non è quello di zappare la vigna, ma di volerla zappare e non poterlo fare. Non trovare nessuno che ti dia fiducia, un accredito di speranza, un’altra possibilità.

Cristo, quando arriva, fa i conti a modo suo. Quand’è arrivato a casa mia - vestito in borghese sotto mentite spoglie - a papà ha pagato in monete di gioia non solo quel poco lavoro ma tutta la pena di quei mesi in cui si vedeva rifiutato, le lacrime mute di quella stagione, il pane che mancava ai bambini. Gli ha pagato, col valore degli straordinari, lo struggimento di settimane intere nelle quali nessuno lo voleva assumere. Papà è un uomo delle “cinque del pomeriggio”: in quanto a fierezza, ancora cerco chi lo possa battere ai miei occhi di figlio. Pure io sono “prete delle cinque”, come la super-maritata di Samaria, Maddalena, Zaccheo, Levi, Disma. Tutti canaglie che il Cielo ha chiamato all’ultimo, sul finire, al limite. Allo scadere: col sogno di non farli scadere.

Quando papà ha ritrovato lavoro, quella sera si riaccesero i sorrisi: scoprimmo che il Vangelo era una storia scritta negli sguardi di mamma e papà.

Una testimonianza

L’appello di Gesù «Andate anche voi nella mia vigna» non cessa di risuonare da quel lontano giorno della storia ed è rivolto a ciascuna persona..

«Lettera aperta di un giovane socialista» è un documento che dovrebbe scuotere come una campana a martello. Eccone la sostanza: «Ho incontrato Cristo all’età di 28 anni. Considero gli anni che hanno preceduto questo incontro come anni perduti.

Ma questa perdita non è imputabile soltanto a me, perché nessuno mai mi domandò di interessarmi del Cristianesimo. Ho avuto amici, praticanti cristiani, pienamente consapevoli di quanto apporta la fede ad una vita umana. Ma nessuno di loro mi parlò della sua fede. Eppure si sapeva che io non ero un empio di cui bisognasse temere i sarcasmi. Ero semplicemente uno di quelle migliaia di giovani che non sono né buoni né cattivi, che del Cristianesimo hanno un’impressione molto vaga ed erronea. Sapete perché ho dovuto attendere così a lungo per scoprire la verità? Perché la maggior parte dei credenti sono troppo indifferenti, pigri ed egoisti, e non si preoccupano dell’anima dei loro fratelli...».

La paga

Secondo la parabola evangelica, il padrone chiama gli operai nelle diverse ore della giornata: alcuni all’alba, altri alle nove del mattino, altri verso mezzogiorno e altri infine alle cinque del pomeriggio (Mt 20,1-7).

Secondo S. Gregorio Magno: «II mattino può rappresentare la fanciullezza. L’ora terza l’adolescenza. L’ora nona l’anzianità e l’undicesima l’età di coloro che sono molto avanzati negli anni...». Come dire che alla vita santa uno è condotto durante la fanciullezza e altri più avanti. La paga tuttavia non è in ragione delle ore di fatica, ma secondo la persona.

Già lì in germe la teoria del salario familiare: ogni operaio ha diritto di essere rimunerato non solo per il lavoro materiale, ma per quel lavoro che è l’unico mezzo per mantenere la famiglia .

La paga è uguale per tutti e brontolano gli operai della prima ora. Ma Iddio applicando una giustizia ai primi e un’altra agli ultimi, vuole attestare il suo amore per gli uni e per gli altri, tenendo conto delle diverse situazioni in cui ciascuno si trova parità di misericordia.

Un testimone

Dopo la Cresima, più nulla. Trascorsi 10 anni, Eleonora, a causa di una brutta esperienza, sente il bisogno di recuperare la fede. Riprende la partecipazione alla Messa e avverte il desiderio di impegnarsi a testimoniarla. Con esitazione e paura, un giorno varca i cancelli del vecchio oratorio: “Che mi diranno? Che vuole questa qui? E poi, se non c’è più nessuno che mi conosce?”. Andrea e Fabio, due adolescenti scalmanati, stanno tentando, con difficoltà di spostare un tavolo. “Ehi biondina, che fai li impalata? Prendi ‘sta roba e dacci una mano!”. Eleonora esita, ma viene trascinata dalla contagiosa allegria dei due.

Poi una voce amica colpisce il cuore della ragazza: “Eleonora! Come va? È un po’ che ti aspetto, forse 10 anni”. E una sonora pacca sulla spalla le dà il benvenuto. I capelli un po’più bianchi, ma la mano sempre “leggera”. Era il solito don, dal cuore grande e dalle porte sempre aperte. Fossero tutti così!

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