RR\483841IT.doc PE 313.407
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PARLAMENTO EUROPEO
1999
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2004
Documento di seduta
FINALE A5-0425/2002 3 dicembre 2002
RELAZIONE
sulla tipologia degli atti e la gerarchia delle norme nell'Unione europea (2002/2140(INI))
Commissione per gli affari costituzionali
Relatore: Jean-Louis Bourlanges
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INDICE
Pagina
PAGINA REGOLAMENTARE...4
PROPOSTA DI RISOLUZIONE ... 5
MOTIVAZIONE ... 15
OPINIONE DI MINORANZA... 27
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PAGINA REGOLAMENTARE
Nella seduta del 5 settembre 2002 il Presidente del Parlamento ha comunicato che la commissione per gli affari costituzionali era stata autorizzata a elaborare una relazione di iniziativa, a norma dell'articolo 163 del regolamento, sulla gerarchia delle norme. Nella seduta del 26 settembre 2002 il Presidente del Parlamento ha comunicato la modifica del titolo della relazione in: la tipologia degli atti e la gerarchia delle norme nell'Unione europea.
Nella seduta del 10 ottobre 2002 il Presidente del Parlamento ha comunicato di aver consultato per parere anche la commissione per i problemi economici e monetari.
Nella riunione del 15 luglio 2002 la commissione per gli affari costituzionali aveva nominato relatore Jean-Louis Bourlanges.
Nelle riunioni del 4 novembre 2002 e 27 novembre 2002, ha esaminato il progetto di relazione.
Nell'ultima riunione indicata ha approvato la proposta di risoluzione con 12 voti favorevoli, 6 contrari e 3 astensioni.
Erano presenti al momento della votazione Giorgio Napolitano (presidente), Jo Leinen
(vicepresidente), Ursula Schleicher (vicepresidente), Jean-Louis Bourlanges (relatore), Teresa Almeida Garrett, Georges Berthu, Carlos Carnero González, Richard Corbett, Paolo Costa, Giorgos Dimitrakopoulos, Andrew Nicholas Duff, Gerhard Hager, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Hanja Maij-Weggen, Luís Marinho, Iñigo Méndez de Vigo, Camilo Nogueira Román (in sostituzione di Monica Frassoni), Jacques F. Poos (in sostituzione di Jean-Maurice Dehousse), Mariotto Segni, Antonio Tajani, Helle Thorning-Schmidt (in sostituzione di Olivier
Duhamel), e Joachim Wuermeling (in sostituzione di Luigi Ciriaco De Mita).
Al momento della votazione sull'insieme del testo, Georges Berthu ha dichiarato la sua
intenzione di far allegare alla motivazione un'opinione di minoranza a norma dell'articolo 161, paragrafo 3 del regolamento.
La commissione per i problemi economici e monetari ha deciso il 4 novembre 2002 di non esprimere parere.
La relazione è stata depositata il 3 dicembre 2002.
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE
Risoluzione del Parlamento europeo sulla tipologia degli atti e la gerarchia delle norme nell'Unione europea (2002/2140(INI))
Il Parlamento europeo,
– vista la dichiarazione del Consiglio europeo di Laeken del 15 dicembre 2001 sul futuro dell'Unione europea1,
– vista la sua risoluzione del 18 aprile 1991 sulla natura degli atti comunitari2, – vista la sua risoluzione del 13 aprile 2000 recante proposte per la Conferenza
intergovernativa: adeguare le istituzioni per garantire il successo dell'ampliamento3, – vista la sua risoluzione del 29 novembre 2001 sul processo costituzionale e il futuro
dell'Unione4,
– vista la sua risoluzione del 29 novembre 2001 sul Libro bianco della Commissione
"Governance europea"5,
– vista la sua risoluzione in data 5 febbraio 2002 sull'attuazione della legislazione nel quadro dei servizi finanziari6,
– vista la sua risoluzione del 16 maggio 2002 sulla delimitazione delle competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri7,
– visto l'articolo 163 del suo regolamento,
– vista la relazione della commissione per gli affari costituzionali (A5-0425/2002),
A. considerando che la gerarchia delle norme giuridiche dell'Unione si articola lungo due assi distinti:
- una gerarchia orizzontale tra gli atti dell'Unione e quelli degli Stati membri che si basa su tre principi: la competenza di diritto comune spetta agli Stati membri; le
competenze attribuite all'Unione sono fondate sui principi della sussidiarietà e della proporzionalità; gli atti di diritto comunitario primeggiano su quelli degli Stati membri,
- una gerarchia verticale tra le varie categorie di atti normativi dell'Unione: trattati, direttive, regolamenti, decisioni individuali,
1 Conclusioni della presidenza - Allegato I.
2 GU C 129 del 20.5.1991, pag. 136.
3 GU C 40 del 7.2.2001, pag. 409.
4 GU C 153 E del 27.6.2002, pag. 310.
5 GU C 153 E del 27.6.2002, pag. 314.
6 P5_TA (2002) 0035.
7 P5_TA (2002) 0247.
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B. considerando che, con riserva di limitate modifiche, l'articolazione tra gli atti dell'Unione e quelli degli Stati membri è soddisfacente e che la gamma degli strumenti giuridici previsti dal trattato CE consente di rispondere efficacemente alle esigenze per il fatto che essa poggia su una duplice distinzione:
- tra le direttive, che stabiliscono gli obiettivi dell'intervento dell'Unione ma lasciano agli Stati il compito di determinare e attuare gli strumenti del caso, e i regolamenti, che sono obbligatori in tutti i loro elementi e di applicazione diretta,
- tra gli atti vincolanti, le direttive e i regolamenti, e gli atti aventi valore d'incitamento quali i pareri e le raccomandazioni,
C. considerando che è tuttavia opportuno
- riformare la procedura di determinazione delle competenze dell'Unione
istituzionalizzando e rafforzando la partecipazione all'esercizio del potere costituente di un organismo, quale la Convenzione per il futuro dell'Europa, più direttamente rappresentativo dei cittadini dell'Unione rispetto ai singoli governi nazionali e maggiormente capace rispetto ad essi di tener conto, nella determinazione delle competenze, della duplice esigenza di sussidiarietà e di proporzionalità,
- specializzare meglio gli strumenti giuridici esistenti della direttiva e del regolamento al fine di consentire, negli interventi dell'Unione, una migliore presa in considerazione del criterio dell'intensità,
- prevedere strumenti di coordinamento delle politiche nazionali al fine di assicurare una maggiore efficacia alle "strategie" d'azione decise dal Consiglio europeo,
D. considerando che in compenso l'articolazione degli atti normativi adottati dalle istituzioni dell'Unione è ben poco soddisfacente, e ciò per due motivi principali:
- la dualità degli strumenti d'intervento dell'Unione prevista dal trattato CE e dal trattato UE, e in particolare dal Titolo VI di quest'ultimo,
- la fondamentale inconsistenza delle varie categorie che riuniscono gli atti comunitari, inconsistenza risultante dall'assenza di un contenuto normativo omogeneo, di una procedura di adozione uniforme e di una denominazione specifica proprie agli atti di ciascuna categoria,
E. considerando che si rende pertanto necessario un rimodellamento globale della nomenclatura degli atti dell'Unione al fine di:
- unificare gli strumenti giuridici previsti dai trattati CE e UE,
- costituire categorie di atti giuridici più omogenee, definite dalla funzione, dalla procedura di adozione e dalla denominazione: atti costituzionali, atti legislativi, compresi gli atti di bilancio, e atti regolamentari di applicazione;
F. considerando che l'incremento senza precedenti del numero di Stati membri e
l'affermazione di un'autorità legislativa, costituita da due rami, il Parlamento europeo e il
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Consiglio, operanti in regime di codecisione, combinano i loro effetti in misura tale da giustificare una riorganizzazione in profondità del potere regolamentare di applicazione di cui, in particolare, all'articolo 202 del TCE, sulla base dei due seguenti principi:
- l'autorità esecutiva non dovrebbe essere il Consiglio, che tende, in conseguenza degli ampliamenti, a divenire un'assemblea legislativa, ma bensì la Commissione e, nei limiti della loro rispettiva competenza territoriale, gli Stati membri o ancora, a titolo di deroga, un'agenzia specializzata o un organismo di autoregolamentazione,
- il potere regolamentare dev'essere esercitato secondo le modalità e nei limiti stabiliti dall'autorità legislativa e sotto il controllo dei suoi due rami,
1. raccomanda l'adozione di una tipologia profondamente rinnovata degli atti dell'Unione fondata sui tre seguenti principi:
- un principio di semplificazione, che presuppone l'eliminazione della dualità degli strumenti giuridici previsti dai trattati UE e CE, grazie all'introduzione di un regime giuridico unico fondato sulla sostituzione degli strumenti specifici attualmente in vigore ai Titoli V e VI del trattato UE con strumenti comunitari, giacché le procedure comunitarie quali il diritto d'iniziativa della Commissione, l'adozione di decisioni a maggioranza qualificata, la codecisione e il controllo della Corte sono le uniche in grado di offrire tutte le garanzie necessarie di efficacia, democrazia e certezza del diritto,
- un principio di specializzazione fondato sulla regola "una norma, una procedura, un nome", ciò che presuppone l'introduzione di una classificazione basata sulla funzione - costituzionale, legislativa, e regolamentare d'applicazione - degli atti dell'Unione e l'introduzione di una correlazione rigorosa tra contenuto normativo, procedura di adozione e designazione degli atti in ciascuna di queste tre categorie funzionali, - un principio di democratizzazione, che presuppone che la riforma della nomenclatura
giuridica non avvenga a diritto costante ma si traduca in progressi democratici significativi, laddove il potere deliberante degli eletti a suffragio universale deve essere sistematicamente rafforzato, in base a procedure adeguate, tanto per
l'elaborazione degli atti costituzionali e legislativi, fra cui gli atti di bilancio, che per il controllo degli atti regolamentari adottati su abilitazione dell'autorità legislativa; tale principio porta in particolare ad escludere che un atto legislativo, di bilancio o regolamentare possa essere adottato nel quadro di una procedura che non rispetti la parità tra i due rami dell'autorità legislativa che sono il Consiglio e il Parlamento;
2. suggerisce pertanto alla Convenzione sul futuro dell'Europa di introdurre nella futura Costituzione dell'Unione tre categorie di atti normativi, ciascuna di esse soggetta a procedure di adozione relativamente omogenee e dotate di denominazioni specifiche e intelligibili;
Il blocco costituzionale Composizione
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3. propone che il blocco costituzionale sia costituito da un solo atto diviso in due parti: la parte A, la Costituzione, (soppressione) dovrebbe determinare i diritti fondamentali, gli obiettivi e i principi dell'Unione, le competenze che le sono attribuite, le istituzioni e le procedure che ne disciplinano l'azione; essa integra la Carta dei diritti fondamentali; la parte B dovrebbe comprendere l'insieme delle disposizioni attualmente figuranti nei trattati e che non sarebbero né inserite nella parte costituzionale né rese caduche; si tratta in particolare delle disposizioni relative ai principi che disciplinano le politiche settoriali dell'Unione;
Forma
4. propone che la Costituzione sia un atto di diritto internazionale firmato dagli Stati membri e ratificato in base alle rispettive procedure costituzionali; essa assumerebbe quindi la forma di un Trattato costituzionale;
Procedura
5. ritiene che:
- ritiene che la procedura di revisione dei trattati dovrebbe essere modificata al fine di consolidare il passo avanti sulla via della democrazia costituito dalla partecipazione determinante di una Convenzione maggioritariamente composta di eletti a suffragio universale all'elaborazione della Costituzione; sarebbe opportuno prevedere che il Consiglio europeo approvi i progetti di emendamenti al trattato costituzionale elaborati da una Convenzione costituita sul modello dell'attuale Convenzione sul futuro dell'Europa; qualora il Consiglio europeo desideri modificare il progetto propostogli, le modifiche previste dovrebbero essere sottoposte all'approvazione della Convenzione;
- la procedura di ratifica dovrebbe essere modificata per evitare che una piccola
minoranza possa opporsi alla ratifica del futuro trattato costituzionale - ad esempio la ratifica potrebbe considerarsi approvata a doppia maggioranza qualificata
comprendente almeno tre quarti degli Stati membri rappresentanti almeno tre quarti della popolazione dell'Unione - fermo restando che forme particolari di cooperazione dovrebbero poter essere negoziate con gli Stati membri che non lo ratificano;
Il blocco legislativo
Composizione
6. propone che il blocco legislativo sia costituito da tutti gli atti legislativi adottati in codecisione dai due rami della "autorità legislativa" che sono il Parlamento europeo e il Consiglio, con decisione a maggioranza qualificata su proposta della Commissione; tali atti rientrano nelle seguenti categorie:
- la legge: è obbligatoria in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile. Essa determina necessariamente i principi fondamentali, gli orientamenti generali e gli
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elementi essenziali delle misure da adottare per la loro applicazione; essa stabilisce in particolare i diritti e i doveri delle persone fisiche e giuridiche nonché la natura delle garanzie di cui esse devono beneficiare in ogni Stato membro; la legge stabilisce la finalità e la portata delle misure che essa si prefigge di delegare8; le leggi che determinano il quadro giuridico, il calendario e il quadro finanziario dei programmi d'azione dell'Unione e prevedono il volume, la ripartizione e il calendario di
esecuzione degli stanziamenti necessari sono denominate leggi di programma 9; - la legge quadro che vincola gli Stati membri per quanto riguarda i risultati da
raggiungere ma lascia agli organi nazionali la competenza per quanto riguarda gli strumenti per raggiungere tali obiettivi10;
- la legge organica che adotta le disposizioni necessarie per il buon funzionamento delle istituzioni ma che richiedono una flessibilità di adozione incompatibile con la
procedura costituzionale: la decisione risorse proprie, il regolamento finanziario, le disposizioni relative al regime elettorale e alle modalità di scrutinio prescelte per l'elezione del Parlamento europeo, lo statuto della Corte di giustizia e della Corte dei conti, le disposizioni contenute in taluni accordi istituzionali, gli atti adottati in base all'attuale articolo 308;
- le leggi finanziarie che comprendono due tipi di atti:
- la legge relativa alle prospettive finanziarie che stabilisce la programmazione finanziaria dell'Unione per una durata di cinque anni e fissa il massimale globale della spesa annua autorizzata nonché i massimali settoriali su tutto l'insieme del periodo di programmazione; un atto organico, allegato al Regolamento finanziario, dovrebbe determinare la nomenclatura delle rubriche settoriali e le condizioni di esercizio della disciplina di bilancio,
- la legge finanziaria annuale, che prende il nome di bilancio dell'Unione, nonché le leggi finanziarie rettificative, che mantengono il nome di bilanci rettificativi e suppletivi (BRS); si tratta degli atti mediante i quali l'autorità di bilancio autorizza la raccolta delle risorse e l'esecuzione delle spese nel corso di un esercizio di bilancio di dodici mesi nonché le modifiche apportate in corso di esercizio alla legge finanziaria iniziale;
Procedura
7. propone che i vari tipi di atti legislativi siano adottati in codecisione sulla base delle procedure seguenti:
8. le leggi e le leggi quadro sono adottate in codecisione sulla base della procedura prevista dall'attuale articolo 251 del trattato la quale meriterebbe tuttavia di essere semplificata e
8 La legge dovrebbe sostituirsi all'attuale regolamento legislativo, eccettuati i regolamenti che disciplinano i programmi d'intervento comunitario.
9 Le leggi di programma dovrebbero sostituire i regolamenti legislativi che disciplinano i programmi comunitari d'azione in ambiti quali ad esempio lo sviluppo strutturale, la ricerca, l'insegnamento superiore e la mobilità delle persone.
10 La legge quadro dovrebbe sostituirsi all'attuale direttiva.
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chiarita;
9. le leggi organiche devono essere adottate nel quadro di procedure che combinino l'esigenza di democrazia che presuppone la partecipazione del Parlamento europeo alla codecisione, l'esigenza di efficacia che implica che sia proscritto il ricorso all'unanimità e l'esigenza di solennità che richiede una partecipazione eminente alla decisione del
Consiglio riunito al livello dei Capi di Stato o di governo; la procedura prescelta per l’adozione di tali leggi deve pertanto essere la procedura di base prevista per l'adozione degli atti legislativi in codecisione con riserva delle seguenti modifiche:
- la Commissione potrebbe esercitare il suo diritto d'iniziativa solo su domanda espressa del Consiglio europeo,
- esse sarebbero adottate da una maggioranza qualificata rafforzata tanto in seno al Parlamento che al Consiglio,
- la decisione finale del Consiglio sarebbe presa al livello dei Capi di Stato o di governo, il quale avrebbe oltretutto il potere di chiedere alle istituzioni di riprendere la
procedura allo stadio che esso giudichi più appropriato;
10. per quanto riguarda le leggi finanziarie ritiene che:
- le leggi relative alle prospettive finanziarie debbano essere adottate in codecisione dai due rami dell'autorità di bilancio secondo la stessa procedura degli atti legislativi, - il bilancio annuale, iniziale o rettificativo, debba essere adottato secondo una
procedura più trasparente e più semplice identica per le entrate e per la totalità delle spese, dal momento che la differenziazione delle procedure di determinazione delle spese obbligatorie e non obbligatorie e l'esclusione dell'autorità di bilancio da qualsiasi decisione relativa alle entrate non hanno alcun motivo di essere mantenute in vita;
11. reputa tuttavia che la codecisione di bilancio non possa essere soggetta alla stessa procedura della codecisione legislativa nella misura in cui, dal momento che il bilancio deve essere adottato entro scadenze precise, non può assolutamente essere presa in considerazione l'ipotesi di un rifiuto finale della legge finanziaria risultante da un disaccordo tra il Consiglio e il Parlamento; sottolinea la necessità di semplificare la procedura annuale di bilancio e di conferirle maggiore trasparenza, il che permetterebbe di concentrarsi su un periodo più breve; è consapevole del fatto che potrebbero essere esaminate varie opzioni al fine di superare un eventuale disaccordo tra i due rami dell'autorità di bilancio; bisognerebbe ad esempio prevedere o un meccanismo
d'iscrizione d'ufficio degli stanziamenti necessari alla copertura degli impegni legislativi e contrattuali dell'Unione, o l'attribuzione di un potere di "ultima parola" al Parlamento nello stretto limite di un tasso massimo di aumento della spesa, determinata rubrica per rubrica, rispetto all'esercizio precedente; questi due approcci potrebbero essere combinati tra loro;
12. invita, in tale spirito, la commissione per i bilanci ad elaborare rapidamente una relazione relativa alla riforma della procedura di bilancio;
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Gerarchia
13. ritiene che le leggi organiche debbano essere conformi alla Costituzione e che le leggi, le leggi quadro e le leggi finanziarie debbano essere conformi alla Costituzione e alle leggi organiche;
14. ricorda, tuttavia, che gli atti di bilancio pongono quattro problemi specifici di gerarchia giuridica, segnatamente:
- le leggi finanziarie relative alle prospettive finanziarie e al bilancio devono essere conformi alle disposizioni di due tipi di atti:
- il regolamento finanziario che traduce i principi del trattato in norme di
esecuzione, definisce le competenze attribuite a ciascuna istituzione nel quadro della procedura di bilancio e deve formare oggetto di una legge organica;
- le disposizioni che istituiscono la cooperazione di bilancio e altre procedure in materia di disciplina e le disposizioni applicabili per la modifica delle prospettive finanziarie, che devono formare oggetto di una legge organica;
- le decisioni di bilancio relative alle entrate devono rispettare le disposizioni della legge organica che determina il regime delle risorse proprie ossia l’importo massimo dei prelievi autorizzati, la natura, la determinazione dell’imponibile, le modalità di raccolta ed eventualmente le aliquote massime delle entrate tributarie e dei contributi al bilancio dell'Unione; sarebbe tuttavia opportuno che la predetta legge organica fosse sufficientemente flessibile da lasciare all'autorità di bilancio un sufficiente margine di manovra nella fissazione delle entrate necessarie alla copertura delle spese di ciascun esercizio;
- gli "importi ritenuti necessari" fissati negli atti legislativi devono vincolare parzialmente l'autorità di bilancio; quest'ultima dev'essere tenuta, salvo eccezioni motivate dalla necessità di rispettare lo spirito dell'atto legislativo, a non superare gli importi iscritti nel relativo atto, ma dev'essere autorizzata a non iscrivere la totalità di questi importi nella legge finanziaria se essa lo reputi necessario, - l'autorità di bilancio deve, nei bilanci annuali, rispettare i massimali stabiliti dalla
legge relativa alle prospettive finanziarie ma soltanto nella misura in cui quest'ultima sia stata adottata in codecisione; essi possono essere modificati secondo la stessa procedura;
Il blocco regolamentare
15. ritiene che il potere regolamentare abbia per funzione di assicurare l'applicazione degli atti legislativi; ritiene, in tale ottica, che esso debba spettare alla Commissione e, nel quadro delle rispettive competenze territoriali, agli Stati membri; ritiene tuttavia che l'autorità legislativa, costituita dal Consiglio e dal Parlamento, debba poter delegare a un'agenzia specializzata o a un organismo di autoregolamentazione il compito di determinare talune misure tecniche di applicazione delle leggi;
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16. rammenta che tutti gli atti regolamentari debbono essere conformi agli atti legislativi e soggetti al controllo generale di legalità esercitato dalla Corte di giustizia;
17. ricorda che l'articolo 202 deve essere modificato in modo da conferire al Parlamento europeo e al Consiglio la responsabilità dell'autorità legislativa fondata sulla piena parità di diritti per quanto riguarda la definizione dell'abilitazione legislativa all'autorità
esecutiva e il controllo dell'esercizio dei poteri che le sono stati attribuiti;
Composizione
18. propone che gli atti regolamentari vengano divisi in due categorie:
- decisioni, destinate a disciplinare le condizioni procedurali di applicazione degli atti legislativi e di bilancio; la decisione non sancisce norme supplementari o
complementari rispetto all'atto legislativo; essa è lo strumento giuridico di diritto comune di cui dispone l'esecutivo comunitario per assicurare l'attuazione delle leggi;
essa è di competenza esclusiva della Commissione la quale decide eventualmente di assicurarsi il concorso di un comitato consultivo composto da rappresentanti degli Stati membri;
- misure di esecuzione, che determinano, in conformità della legge e nei limiti fissati dalla medesima, le norme tese a integrare quelle già emanate dal legislatore; nessun atto regolamentare di questa natura deve poter essere adottato senza l'abilitazione e il controllo dei due rami dell'autorità legislativa; l'abilitazione legislativa deve definire la materia, i principi, gli obiettivi e i limiti della delega; essa può fissare un limite
temporale alla delega; l'autorità legislativa esercita il suo controllo sulle misure di esecuzione;
Procedura
19. ritiene che la procedura di adozione e di controllo delle misure di esecuzione non possa essere esattamente la stessa a seconda che l'autorità legislativa ne affidi la responsabilità alla Commissione o a un'altra autorità, agenzia specializzata o organismo di
autoregolamentazione; propone al riguardo i seguenti orientamenti:
- la misura di esecuzione affidata alla Commissione dev'essere trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo; se il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, o il Parlamento, che si pronuncia alla maggioranza dei suoi membri, formulano entro un termine di tre mesi delle obiezioni a una misura di esecuzione, la misura in questione è sottoposta alla procedura legislativa (codecisione) mediante la quale può essere
confermata, modificata o annullata, a meno che la Commissione non la ritiri;
- la misura di esecuzione affidata a un organismo tecnico o professionale, che potrebbe essere qualificata come misura tecnica di esecuzione, sarebbe sottoposta ai due rami dell'autorità legislativa alle stesse condizioni di una misura di esecuzione della Commissione; la Commissione disporrebbe comunque del potere di opporsi al progetto allo stesso titolo dei due rami dell'autorità legislativa;
Casi particolari
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Gli atti normativi rientranti nel Titolo VI del TUE
20. chiede che tutti gli atti giuridicamente vincolanti previsti all'articolo 34 del TUE vengano rimossi e sostituiti da atti legislativi; constata che talune materie particolarmente sensibili, in particolare le questioni di carattere penale che formano attualmente oggetto di
disposizioni adottate sotto forma di convenzioni, possono giustificare, nel rispetto del principio di codecisione, l'introduzione di alcune specificità procedurali per quanto riguarda, ad esempio, il diritto d'iniziativa o le maggioranze richieste per la sua adozione;
Gli accordi internazionali
21. ritiene che gli accordi internazionali conclusi dall'Unione concernenti:
- la costituzione di un'associazione con uno o più Stati terzi o organizzazioni internazionali,
- la creazione di un quadro istituzionale specifico mediante l'organizzazione di procedure di cooperazione,
- la politica commerciale comune,
- materie soggette alla procedura di codecisione legislativa o di bilancio,
debbano essere adottati dal Consiglio a maggioranza qualificata, previo parere conforme del Parlamento europeo; i negoziati sono condotti dalla Commissione sulla base di un mandato conferitole dal Consiglio previa consultazione del Parlamento;
22. reputa necessario, tenuto conto del fatto che gli accordi internazionali hanno un valore giuridico superiore a quello dell'insieme degli atti giuridici interni dell'Unione, che la loro conformità alla Costituzione e agli atti organici sia rigorosamente verificata; propone che il diritto di consultazione per parere della Corte di giustizia in merito alla conformità di un accordo internazionale con la Costituzione e gli atti organici dell'Unione venga esteso al Parlamento europeo e anche a una significativa minoranza di membri di questa assemblea;
Gli accordi tra le parti sociali previsti all'articolo 139 del trattato
23. ritiene che gli accordi previsti all'articolo 139 del trattato debbano essere omologati dalla Commissione su richiesta delle parti sociali; ritiene, tuttavia, che l'omologazione non possa intervenire qualora i due rami dell'autorità legislativa, il Parlamento europeo e il Consiglio con decisione a maggioranza qualificata, vi si oppongano;
24. rammenta che gli accordi tra le parti sociali devono rispettare la Costituzione e gli atti organici;
Gli accordi interistituzionali
25. ribadisce che gli accordi interistituzionali costituiscono strumenti importanti di
coordinamento e di organizzazione dei rapporti di lavoro tra le istituzioni; ritiene che tali accordi debbano essere conformi alle disposizioni costituzionali ed organiche; ritiene che, per consentire alla Corte di giustizia di esercitare più efficacemente il suo controllo,
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sarebbe opportuno estendere le condizioni per la consultazione di questa giurisdizione su tali atti a un numero significativo di parlamentari europei;
Il coordinamento delle politiche nazionali
26. reputa indispensabile razionalizzare e strutturare le procedure relative alle azioni di coordinamento delle politiche nazionali previste nei trattati. Propone, soprattutto nei casi in cui la competenza di coordinamento spetta all'Unione:
- che gli interventi a carattere vincolante assumano la forma di una legge quadro, - che gli interventi a carattere non vincolante in ambiti di competenza legislativa degli
Stati membri vengano adottati dai due rami dell'autorità legislativa sotto forma di
"raccomandazione dell'autorità legislativa"; dovrebbe essere il caso per quanto riguarda i grandi orientamenti per le politiche economiche, che dovrebbero essere proposti dalla Commissione e approvati dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel quadro di un'apposita procedura;
27. auspica che gli Stati membri formalizzino mediante un accordo politico esterno al trattato le loro procedure di cooperazione in ambiti che rientrano tra le loro competenze; esprime il suo consenso acciocché l'intervento della Commissione in questo ambito possa essere richiesto dal Consiglio europeo e ribadisce il diritto del Parlamento europeo a beneficiare di tutte le informazioni necessarie, alla luce del fatto che questi tipi di cooperazione inevitabilmente incidono sull'attuazione della parte comunitaria della strategia comune;
28. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla
Commissione, ai parlamenti del Stati membri e dei paesi candidati e alla Convenzione sul futuro dell'Europa.
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MOTIVAZIONE
"Gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b)
imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche".
Jorge Luis Borges11
L'Unione europea esercita le competenze che le sono state attribuite mediante atti giuridici, i cui principali – direttive, regolamenti, decisioni, pareri e raccomandazioni – sono enumerati all'articolo 249 del trattato CE. Tali atti formano, insieme ai trattati e agli atti legislativi, regolamentari e individuali adottati dagli Stati membri al fine di garantire il rispetto dei trattati e del diritto da essi derivante, un insieme giuridico imperfettamente ma fortemente
gerarchizzato. Tale gerarchia si articola su due assi distinti:
- un asse "orizzontale" che determina l'articolazione degli atti dell'Unione con quelli degli Stati membri;
- un asse "verticale" di gerarchizzazione delle norme giuridiche prodotte dalle istituzioni dell'Unione, nella maggior parte dei casi nel quadro comunitario: trattati, direttive e regolamenti, atti regolamentari d'applicazione e decisioni individuali.
Oggetto della presente relazione è l'esame di questo duplice sistema di gerarchizzazione delle norme o, meglio, delle categorie di atti con cui queste norme giuridiche sono stabilite, e dei miglioramenti che potrebbero esservi apportati.
Prima parte: La gerarchia degli atti dell'Unione e degli Stati membri
L'articolazione degli atti dell'Unione con quelli degli Stati membri risulta dall'attuazione di tre principi complementari:
- la competenza di diritto comune spetta agli Stati, mentre l'Unione dispone solo di competenze di attribuzione12;
- l'Unione deve modulare il suo intervento alla luce dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità;
11 Il testo che JL Borges sostiene di aver trovato in una enciclopedia cinese è stato oggetto, in "Le parole e le cose", di un brillante commento di questo incontestato specialista della tassonomia che era Michel Foucault.
12 E' in questo senso che la relazione Lamassoure concernente la delimitazione delle competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri (INI/2001/2024) propone di riconoscere agli Stati ciò che essa chiama una
"competenza di principio".
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- esiste un primato del diritto comunitario rispetto al diritto nazionale nel quadro delle competenze che sono quelle specifiche dell'Unione.
Queste esigenze si riflettono nell'attuale tipologia degli atti dell'Unione. Il trattato opera in effetti una duplice distinzione tra, da un lato, gli atti che producono effetti vincolanti (direttive e regolamenti) e i pareri e le raccomandazioni, i quali "non vincolano", e, d'altro lato, tra le direttive, che stabiliscono gli obiettivi da raggiungere ma lasciano agli Stati la scelta di determinare e di attuare i mezzi legislativi e regolamentari del caso, e i regolamenti, che sono obbligatori in tutti i loro elementi e producono effetti diretti.
Questa ricerca di un equilibrio tra gli Stati membri, che dispongono della competenza di diritto comune e l'Unione, che beneficia di mere competenze di attribuzione, si ritrova nell'organizzazione dei poteri per l'attuazione degli atti legislativi. La gerarchia di cui sopra appare al tempo stesso coerente e solida, anche se potrebbe formare l'oggetto di marginali ritocchi.
Da questo punto di vista pare inutile tentare di stabilire una correlazione tra la gamma degli strumenti giuridici di cui dispone l'Unione e la distinzione tra i tipi di competenze - esclusive (o proprie), condivise o complementari - che le sono attribuite. In effetti, per quanto
politicamente molto illuminante sulla natura e la diversità dei compiti che l'Unione deve svolgere, questa classificazione non è tuttavia in grado di comportare conseguenze precise a livello di determinazione e ripartizione degli strumenti giuridici dell'Unione. L'effettiva articolazione degli atti adottati dalle istituzioni comunitarie e dagli Stati membri pone
anch'essa taluni problemi non indifferenti. Questi problemi potrebbero essere risolti al prezzo di modifiche limitate relative alla gamma degli strumenti di azione dell'Unione e alla
protezione giurisdizionale della gerarchia degli atti comunitari e nazionali.
A/ L'articolazione degli atti legislativi e regolamentari dell'Unione e degli Stati membri:
sono necessari dei rimaneggiamenti
A/ 1/ La distinzione tra direttiva e regolamento deve essere rafforzata
Si noterà innanzitutto che la tradizionale distinzione tra direttive e regolamenti si smorza progressivamente sotto l'effetto di una tendenza apparentemente irresistibile dell'autorità legislativa a elaborare direttive sempre più precise e sempre più dettagliate che non lasciano alle autorità nazionali incaricate del recepimento che dei margini di manovra esageratamente esigui. La decisione della Corte in cui si afferma che, a talune condizioni e entro determinati limiti, le direttive possono essere di applicazione diretta, alla stessa stregua dei regolamenti, anche se non possono essere fatte valere nei confronti dei privati, contribuisce anch'essa a stemperare la differenza tra queste due categorie di atti.
Poiché essa offre all'Unione europea la possibilità di modulare il proprio intervento legislativo, la dualità di questi strumenti merita tuttavia di essere salvaguardata. Al fine di rafforzare la differenziazione tra questi due tipi di atti e di conferire loro funzioni più specializzate, bisognerebbe prevedere di escludere la possibilità di ricorrere ad atti
regolamentari adottati dalle istituzioni dell'Unione in applicazione di una direttiva e lasciare invece agli Stati membri la cura di prendere per via legislativa e regolamentare le disposizioni
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di recepimento e di applicazione che sembrano loro le più adeguate. E' in effetti piuttosto incongruo incaricare le istituzioni esecutive comunitarie di adottare i testi di applicazione di un atto che dovrebbe limitarsi a definire gli obiettivi dell'azione prevista e lasciare agli Stati membri la scelta dei mezzi più adeguati per raggiungerli. Inoltre può apparire contraria ai principi e agli usi della vita democratica pretendere di sottomettere l'autorità legislativa di uno Stato membro a vincoli determinati non già da un'assemblea eletta a suffragio universale ma da un'autorità esecutiva, anche se comunitaria.
A/ 2/ Potrebbero essere creati due strumenti di coordinamento delle politiche nazionali A seguito dei "processi" di Lussemburgo I e di Lisbona, l'Unione europea ha manifestato la propria volontà, sotto l'impulso del Consiglio europeo, di mettere a punto "strategie" basate contemporaneamente su un intervento comunitario e su un'azione coordinata degli Stati membri in ambiti che restano di loro competenza. I risultati relativamente deludenti ottenuti nel quadro di tali "processi" sottolinea tuttavia la necessità di una riflessione sulle condizioni per l'elaborazione di queste misure di coordinamento più adatte a conciliare un minimo di efficacia con il rispetto delle competenze nazionali.
- La panoplia degli strumenti d'intervento comunitario dovrebbe arricchirsi con l'introduzione della "raccomandazione dell'autorità legislativa":
L'attuazione di un'azione comunitaria di coordinamento, non appena questa sarà prevista dal trattato costituzionale, presuppone che sia data una chiara risposta a due quesiti semplici:
questo intervento rientra nel quadro del potere esecutivo o di quello legislativo? Ha esso carattere vincolante o no? Se l'intervento, magari anche una semplice raccomandazione, verte su un ambito che a livello degli Stati membri rientra tra le competenze legislative, è l'autorità legislativa che deliberando in codecisione deve adottare la raccomandazione. Ciò implica quindi l'attuazione di un nuovo tipo di strumento, che si potrebbe chiamare "raccomandazione dell'autorità legislativa", che combini taluni aspetti della procedura codecisionale dell'atto legislativo con l'effetto non vincolante della raccomandazione. Gli "orientamenti di massima delle politiche economiche degli Stati membri" (GOPE) attualmente definiti nel quadro di disposizioni procedurali inutilmente complicate e abusivamente accentrate dal Consiglio, potrebbero assumere utilmente la forma di una "raccomandazione dell'autorità legislativa", ciò che implicherebbe una revisione approfondita dell'articolo 103 del trattato CE. Beninteso, l'accordo tra il Consiglio e il Parlamento europeo su questo tipo di raccomandazione deve essere ricercato attraverso procedure molto più semplici di quella dell'articolo 251, ma che comportino in ogni caso l'approvazione da parte del Parlamento europeo.
Se viceversa l'intervento comunitario di coordinamento riveste carattere esclusivamente legislativo (disposizioni obbligatorie adottate in ambito legislativo), ciò che sarebbe senz'altro auspicabile a livello di disciplina di bilancio macroeconomica, non vi sarebbe motivo per prevedere strumenti diversi da quello della direttiva13. Se infine l'intervento comunitario rientra nel quadro di una decisione esecutiva (come l'adozione di sanzioni prevista all'articolo 104 in caso di superamento dei "valori di riferimento" stabiliti mediante Protocollo dal Patto di stabilità) la decisione dovrebbe spettare all'autorità esecutiva dell'Unione, vale a dire la
13 Direttiva che sarebbe, in caso di approvazione delle proposte contenute nella presente relazione, qualificata come legge quadro.
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Commissione che opera sotto il controllo della Corte.
- Uno strumento informale di coordinamento delle politiche nazionali potrebbe rivelarsi utile:
L'attuazione di un quadro formalizzato di cooperazione tra gli Stati e di coordinamento della loro azione sarebbe senza alcun dubbio preziosa. Essa pone tuttavia quattro interrogativi:
Occorre conferire a tali misure di coordinamento un effetto vincolante per gli Stati membri?
Occorre limitarsi a prese di posizione unanimi dei quindici Stati dell'Unione o è invece meglio prevedere o decisioni a maggioranza qualificata o costellazioni più ristrette di Stati?
Occorre prevedere la partecipazione di talune istituzioni comunitarie all'elaborazione delle misure previste?
Occorre inserire le corrispondenti disposizioni nel futuro trattato?
La risposta ai tre ultimi interrogativi dipende in realtà da quella, ovviamente negativa, che è necessario destinare al primo di essi:
- destinate a coordinare politiche che sono di esclusiva competenza degli Stati membri, le misure previste non possono che assumere la forma di raccomandazioni non vincolanti;
- ciò premesso, pur non imponendo agli Stati membri alcun obbligo di attuazione, non vi sarebbero affatto inconvenienti perché le raccomandazioni in questione vengano adottate a maggioranza qualificata;
- il concorso della Commissione potrebbe essere richiesto dal Consiglio europeo ed essa potrebbe intervenire in qualità di fornitore di servizi intellettuali senza disporre, in questo quadro specifico, di alcuna delle prerogative procedurali riconosciutele dal trattato. D'altro canto non sarebbe un gran che auspicabile prevedere l'intervento del Parlamento europeo in un ambito di competenza che non sarebbe quello dell'Unione, anche se esso deve tuttavia beneficiare di tutte le informazioni necessarie ai fini del suo intervento nelle procedure di adozione della parte comunitaria della strategia comune;
- dal momento che le raccomandazioni previste si applicano ad ambiti esterni alla competenza dell'Unione, e ancor di più a quella della Comunità, non risulta pertinente inserire in un trattato o in un Protocollo allegato le modalità per l'esercizio dei poteri di coordinamento. Sarebbe tuttavia opportuno che esse venissero formalizzate in un modo o nell'altro, ad esempio nel quadro di una dichiarazione congiunta da parte dei membri del Consiglio europeo.
B/ Un problema centrale: il mancato riconoscimento del principio di sussidiarietà da parte dell'autorità costituente dell'Unione
La sensazione di inadeguatezza, se non addirittura di assurdità, prodotta da un intervento eccessivo dell'Unione in ambiti che non dovrebbero essere i suoi propri non ha tanto a che
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fare con un'applicazione troppo rigorosa del principio del primato del diritto comunitario o con una carente applicazione nell'azione legislativa quotidiana dei principi della sussidiarietà e della proporzionalità quanto con la determinazione, sostanzialmente insoddisfacente, delle competenze attribuite all'Unione da parte dei vari trattati che si sono succeduti.
La ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri risulta in effetti ben più da compromessi empirici raggiunti tra i governi che da un'autentica sollecitudine di distribuzione razionale delle responsabilità. Una rigorosa applicazione del principio di sussidiarietà nella definizione delle competenze comunitarie condurrebbe in effetti non già a una diminuzione ma a un'estensione netta e spettacolare delle stesse: basti pensare alla politica economica e di bilancio, alla politica di immigrazione e di controllo alle frontiere, di lotta contro la
criminalità mondiale organizzata, alla politica estera e di difesa, ecc..
L'attuazione di una razionale ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri non può quindi passare che per una rimessa in discussione del quasi monopolio del potere
costituente detenuto dai governi nazionali e per una parziale o totale devoluzione di tale potere a un'autorità meno desiderosa degli stessi di preservare le prerogative di ciascuno Stato membro e maggiormente sollecita di fondare la distribuzione delle competenze sul principio della sussidiarietà, vale a dire sul buon senso. L'introduzione di una Convenzione composta in maggioranza da parlamentari europei e nazionali nel processo di elaborazione del futuro trattato costituente marca al riguardo una salutare rottura con il passato. Tale Convenzione dovrebbe essere istituzionalizzata nel processo costituente fissato nel prossimo trattato.
Seconda parte: La gerarchia delle norme adottate dalle istituzioni dell'Unione
Com'è organizzata la gerarchia degli atti dell'Unione e quella delle norme che essi sanciscono? A parte qualche "neo" di portata relativamente limitata, il sistema di atti e di norme giuridiche, quale formalizzato all'articolo 249 del trattato CE, presenta un'apparenza di coerenza e sembra essere soggetto a una gerarchia relativamente chiara: trattati, atti
legislativi, atti regolamentari di applicazione, decisioni individuali, pareri e raccomandazioni.
Si tratta tuttavia di un'apparenza che inganna. Tale gerarchia subisce in effetti la concorrenza dall'esterno di tutta una serie di atti che o traggono origine dal trattato sull'Unione ma pesano sull'azione comunitaria o che figurano nel trattato CE ma non all'articolo 249. Essa è per giunta minata dall'interno dalla fondamentale inconsistenza delle varie categorie che la compongono.
A/ Una gerarchia comunitaria sotto la pressione della concorrenza A/ 1/ Gli atti che figurano nel TUE
L'articolo 249 del trattato CE concerne, per definizione, i soli atti comunitari. Orbene, i Titoli V e VI (secondo e terzo pilastro) del TUE hanno arricchito il catalogo degli strumenti
giuridici dell'Unione. Una parte non indifferente di tali nuovi strumenti ha effetti giuridici molto limitati che riguardano sostanzialmente la formalizzazione dell'elaborazione, delle procedure di adozione e dell'attuazione delle decisioni politiche che rientrerebbero, se fossero prese a livello nazionale, nell'ambito della gestione governativa. L'articolo 34 del Titolo VI del trattato (cooperazione giudiziaria nell'ambito penale) prevede in compenso svariate
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categorie di atti, e in particolare le "decisioni quadro", le "decisioni" e le "convenzioni", i quali producono eccome effetti giuridici. Ciò che distingue sostanzialmente questi strumenti del Titolo VI del TUE da quelli della Comunità, è il desiderio, giustificato dal carattere
"sensibile" della materia, di proteggere gli Stati da presunte eccessive invasioni di campo da parte delle istituzioni comunitarie, motivo per cui il regime giuridico di tali atti è
caratterizzato da un minor ricorso alla maggioranza qualificata in seno al Consiglio,
dall'esclusione del Parlamento dal processo decisionale e da una limitazione delle possibilità di azione della Corte. Si osservi innanzitutto che se l'Unione dispone di una competenza normativa, non si capisce bene come mai il carattere "sensibile" della materia da disciplinare possa giustificare il ricorso a una procedura specifica che si distingue dalla procedura
comunitaria di diritto comune per il triplice fatto di essere meno efficace, meno democratica e comportante una minore certezza del diritto!
A/ 2/ Gli atti esterni all'articolo 249
Nell'ordine comunitario un certo numero di atti che producono effetti giuridici non rientra nella tipologia dell'articolo 249. A titolo illustrativo si segnalano:
- le decisioni di bilancio, il bilancio iniziale e i bilanci rettificativi e suppletivi, che sono disciplinati nel quadro di una procedura definita sostanzialmente all'articolo 272 del trattato e che pongono taluni problemi di articolazione con gli atti legislativi;
- la "decisione risorse proprie" adottata nel quadro dell'articolo 269 secondo una procedura particolarmente farraginosa (unanimità dei governi, ratifica da parte degli Stati membri) che l'assimila a un vero e proprio "trattato nel Trattato";
- gli "accordi" adottati dalle parti sociali a norma dell'articolo 139 del trattato CE che hanno una portata legislativa una volta che il Consiglio dei ministri li abbia omologati.
A/ 3/ Gli atti non direttamente previsti dai trattati
Talune decisioni che i trattati ignorano o cui essi non riconoscono alcun effetto giuridico possono, per il solo fatto della qualità eminente dei loro autori, esercitare un'autorità politica sufficiente da perturbare gravemente l'ordine giuridico comunitario. Al riguardo si pensa in particolare agli "accordi interistituzionali" destinati ad assicurare un'applicazione
soddisfacente del Trattato ma che comportano talvolta disposizioni a carattere quasi costituzionale.
Si pensa in particolare al potere esercitato dal Consiglio europeo. Formalmente esso si limita ad adottare delle semplici "conclusioni" fatte scivolare sotto la porta dei diplomatici sul finir della notte e considerate come adottate se non vengono contestate nelle ore successive. Il fatto che esse abbiano l'aureola del prestigio dei Capi di Stato o di governo non impedisce che queste conclusioni portino scompiglio nelle procedure legislative o di bilancio comunitarie.
Si noti che la combinazione di questi due ultimi strumenti può rivelarsi temibile. Ad esempio, l'approvazione il 6 maggio 1999 alla maggioranza semplice di un Parlamento uscente
dell'accordo interistituzionale contenente le disposizioni finanziarie decise nelle "conclusioni"
del Consiglio europeo di Berlino ha avuto l'effetto di limitare per sei anni il livello globale
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degli stanziamenti che possono essere votati mediante emendamento al progetto di bilancio sulla base dell'articolo 272 del trattato e la libertà dei parlamentari di introdurre emendamenti sulle spese non obbligatorie di loro scelta.
B/ Una gerarchia fasulla
Il vero e proprio punto debole della gerarchia introdotta dal trattato CE ha a che fare con l'inconsistenza delle varie categorie di atti giuridici che la compongono. Come regola generale, un atto giuridico è definito dagli effetti che esso produce e dalle procedure che presiedono alla sua adozione. Esso produce sì o no norme di portata generale o decisioni individuali, effetti obbligatori o facoltativi che si ripercuotono direttamente sui singoli cittadini o che interessano solo gli Stati? Da quali istituzioni è adottato e in base a quali modalità?
Un atto costituzionale si definisce contemporaneamente per il fatto che la norma che esso sancisce ha per oggetto di disciplinare la strutturazione dei poteri costituzionali di uno Stato e per il fatto che esso rappresenta il punto di arrivo di una particolare procedura decisionale distinta, ad esempio, da una procedura legislativa ordinaria. Analogamente, la legge si definisce nella maggior parte dei casi per il fatto che essa sancisce una norma di portata generale e che è votata da un Parlamento costituzionalmente abilitato a farlo. Gli atti che sanciscono un medesimo tipo di norma e che sono adottati nel quadro di procedure identiche o molto simili formano insieme una categoria giuridica, come ad esempio gli atti costituzionali, legislativi o regolamentari, e vengono designati con un termine identificatore – la
Costituzione, la legge o il regolamento, ad esempio – capace di far apparire la loro specificità giuridica nel sistema generale.
Questa non è tuttavia la situazione degli atti comunitari che rientrano in categorie indefinibili e mobili, giuridicamente indeterminate. Inoltre, la denominazione degli atti è fatta nella maggior parte dei casi con una terminologia incerta, sovrabbondante e non specializzata, raramente precisa e talvolta ingannevole, capace di aggiungere alla confusione giuridica una opacità mediatica evidentemente contraria alle esigenze della trasparenza democratica.
Malgrado le apparenze di ordine, è quindi a una realtà caotica che rimanda l'attuale nomenclatura giuridica dell'Unione.
B/ 1/ Un caos normativo
Gli atti comunitari difficilmente si caratterizzano per la natura, la portata e il contenuto delle norme che essi sanciscono. Ci si accontenterà di fornire cinque esempi di questa preoccupante indeterminazione normativa:
- la distinzione tra atti costituzionali e legislativi è fortemente viziata dal fatto che i trattati comunitari contengono al tempo stesso disposizioni a carattere costituzionale che
stabiliscono gli obiettivi, le competenze e la ripartizione dei poteri in seno alle Comunità europee e orientamenti legislativi che stabiliscono, in modo talvolta assai preciso, i principi e gli orientamenti di talune politiche comuni;
- la distinzione tra atti legislativi e atti esecutivi è ignorata alla grande dal Trattato. La nozione di "atto legislativo" compare tra l'altro in misura assai incidentale nel trattato CE.
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In assenza di qualsiasi definizione dell'ambito della legge, se non addirittura di qualsiasi definizione di atto legislativo, l'autorità legislativa e l'autorità regolamentare di
applicazione - che del resto si trovano talvolta, ma non sempre, riunite nel capo del Consiglio - campeggiano sui due lati di un terreno ambìto di cui si dividono l'occupazione a seconda delle iniziative della Commissione e dei meccanismi di abilitazione, sotto il controllo liberale di una Corte di giustizia che lascia agire le istituzioni alla sola
condizione che gli atti legislativi contengano "gli elementi essenziali" (?) del dispositivo previsto14;
- la distinzione tra atti di portata generale e misure individuali non è neanch'essa chiaramente stabilita dal diritto comunitario. Gli atti di esecuzione rientrano
indifferentemente in una o nell'altra di queste due categorie. E' ad esempio sbagliato considerare che la "decisione" prevista all'articolo 249 costituisca per forza di cose un atto individuale nella misura in cui essa è obbligatoria solo per "i destinatari da essa designati". I testi e la pratica dimostrano a sufficienza che il termine decisione non è esclusivamente riservato alle misure individuali;
- le decisioni di bilancio sono suddivise in più atti appartenenti a categorie diverse. Il bilancio, vale a dire l'atto che stabilisce annualmente le entrate e le spese dell'Unione, costituisce in effetti una materia legislativa omogenea ma la cui adozione è affidata a più autorità: autorità di bilancio per il voto del bilancio, autorità quasi costituente per la
"decisione risorse proprie", autorità legislativa per la fissazione degli importi che
figurano nei grandi programmi legislativi, Consiglio europeo e istituzioni firmatarie degli accordi interistituzionali per le Prospettive finanziarie che limitano severamente il potere dell'autorità di bilancio introducendo un massimale alla spesa comunitaria e
predeterminando la ripartizione tra le grandi rubriche;
- il caso particolare dell'articolo 308. Destinato a consentire al Consiglio di "prendere le disposizioni del caso" per "raggiungere ... uno degli scopi della Comunità" in assenza di una base giuridica espressamente prevista dal trattato, l'articolo 308 presenta, in termini di gerarchia delle norme, una duplice anomalia: articolo dalla doppia natura, a metà costituzionale e a metà legislativo, esso amalgama in un unico atto la base giuridica e il dispositivo legislativo corrispondente; sottoposto per l'adozione degli atti da esso previsti a regole procedurali particolarmente severe - adozione all'unanimità e relegamento del Parlamento nell'inferno del potere consultativo - esso sembra trarre dal posto eminente che esso conferisce nella gerarchia delle norme agli atti da esso previsti, il dubbio
privilegio di vedere questi atti sottrarsi alle procedure democratiche in uso per l'adozione degli atti legislativi.
B/ 2/ Un caos procedurale
Il sistema di adozione degli atti costituisce un vero e proprio caos procedurale. La
moltiplicazione degli organi comunitari e dell'Unione creati sulla scorta dei successivi trattati e potenzialmente associati in un modo o nell'altro alla presa di decisioni comune nonché la grande varietà delle regole per la presa di decisioni in seno al Parlamento e soprattutto al
14 Sentenza Koster, 17 dicembre 1970 (CJ 25/70, Racc. p 1161).
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Consiglio15 hanno dato nascita a una vertiginosa proliferazione delle procedure decisionali utilizzate per l'adozione degli atti senza che si possa in compenso percepire, né dal punto di vista dell'efficacia né da quello della democrazia, il minimo senso di una tale sovrabbondanza;
- il Trattato. Senza dubbio il Trattato, a parte casi particolari limitati e poco significativi, può essere modificato solo nel quadro della procedura di revisione prevista all'articolo 48 del TUE. Eppure taluni atti dell'Unione, come le convenzioni del terzo pilastro, o
addirittura taluni atti comunitari quali la decisione risorse proprie dell'articolo 269, sono adottati secondo condizioni procedurali praticamente identiche a quelle del Trattato e fanno figura, come si è già detto, di "trattato nel Trattato". E' certamente una bella offesa alla gerarchia delle norme l'esistenza di questi atti che sono subordinati gli uni agli altri ma che sono entrambi adottati secondo procedure di pari livello;
- gli atti legislativi, che empiricamente possono essere definiti come gli atti che coprono una materia disciplinata nella maggior parte degli Stati membri per via legislativa, rientrano, ai fini della loro adozione, nelle combinazioni procedurali più disparate, laddove questo "imbarazzo dovuto alla troppa scelta" è spiegato dal carattere progressivo e quasi geologico della costruzione europea: l'abbondanza delle procedure risulta in effetti dalla sovrapposizione sedimentaria di compromessi politici raggiunti nel corso del tempo dagli Stati membri tra due serie di tentazioni contraddittorie:
- l'auspicio di mantenere le competenze a livello nazionale e l'esigenza di efficacia che dominano i dibattiti relativi all'estensione della maggioranza qualificata in seno al Consiglio;
- l'allergia delle amministrazioni al potere parlamentare e l'esigenza generale di democratizzazione della presa di decisioni che dominano il dibattito sul grado di associazione - consultazione, cooperazione, codecisione, parere conforme - della rappresentanza parlamentare all'elaborazione e all'adozione degli atti legislativi.
Ragionando in termini statici, non si può che essere colpiti non soltanto dal rigoglio della giungla procedurale che vede coesistere le configurazioni istituzionali e decisionali più svariate ma soprattutto dal carattere perfettamente empirico, per non dire gratuito, delle scelte operate tra procedure concorrenti trattato dopo trattato. Ragionando invece in termini
dinamici, s'impone l'evidenza di un'ascesa irresistibile del Parlamento europeo che, grazie ai trattati di Maastricht e di Amsterdam, ha solidamente preso piede, grazie alla codecisione, nel processo decisionale legislativo e che esercita una pressione assai forte al fine di rimettere in discussione il monopolio del Consiglio sul controllo dell'attività legislativa secondaria.
- gli atti di bilancio. E' senza alcun dubbio la procedura di bilancio, o meglio le procedure di bilancio, che presentano nel sistema attuale le caratteristiche più aberranti. In appresso ci si accontenterà di menzionare le due anomalie più eclatanti:
- il voto sulle entrate e quello sulle spese non rientrano nel quadro della stessa procedura. L'autorità di bilancio è in effetti esclusa dal voto su qualsiasi decisione
15 Maggioranza semplice per le questioni di procedura, maggioranza qualificata, unanimità, accordo comune, unanimità temperata dall'astensione positiva, ecc.
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concernente le entrate. Queste ultime sono determinate e inquadrate entro dei massimali mediante la "decisione risorse proprie" ma stranamente non formano
l'oggetto di alcuna presa di posizione esplicita nel quadro della procedura di bilancio e, restando entro il massimale stabilito con la "decisione risorse proprie", si accontentano di essere in qualche modo dedotte dalla scelta dell'autorità di bilancio in materia di spese, o addirittura, entro i limiti di un tasso massimo di aumento della spesa puramente meccanico, dalla scelta del solo ramo parlamentare di questa autorità;
- il voto sulle spese obbedisce a procedure radicalmente diverse a seconda che esse siano qualificate, con un termine del resto assolutamente inadeguato, di "obbligatorie"
o di "non obbligatorie". Le prime, che di obbligatorio hanno solo il nome e riguardano sostanzialmente solo l'agricoltura, sono decise dal Consiglio, mentre sulle seconde, considerate non obbligatorie, è il Parlamento ad avere, in teoria, l'ultima parola.
Capisca chi può;
- gli atti regolamentari di applicazione. L'articolo 202 definisce per l'esercizio dei poteri esecutivi un sottile equilibrio tra il Consiglio e la Commissione, equilibrio che fa della Commissione l'autorità regolamentare di diritto comune pur subordinandone il potere a quello del Consiglio, il quale può non soltanto precisare le "modalità" per l'esercizio del potere esecutivo che esso "conferisce alla Commissione", ma anche "in casi specifici"
sostituirsi ad essa.
Secondo l'interpretazione data dal Consiglio, l'articolo 202 l'autorizzerebbe a prendere una
"decisione" generale in materia di organizzazione delle procedure regolamentari di
applicazione degli atti legislativi. Le varie "decisioni comitatologia" che si sono succedute - quella attualmente in vigore risale al 28 giugno 1999 - hanno come caratteristica di declinare tutta la gamma di compromessi immaginabili tra due punti estremi, quello che rende la Commissione padrona del gioco nel quadro dei comitati di "consultazione" e quello che, all'inverso, l'assoggetta completamente al Consiglio nel quadro dei comitati di
"regolamentazione".
Questo sistema è perverso. Esso moltiplica in modo del tutto ingiustificato le procedure di applicazione delle leggi e crea uno squilibrio di poteri a tutto svantaggio del Parlamento e a beneficio del Consiglio che non ha assolutamente ragion d'essere per il fatto che il Consiglio, dopo aver per lungo tempo detenuto il quasi monopolio del potere legislativo è, alla luce della codecisione, tenuto a condividere questo potere con la rappresentanza parlamentare.
E' infatti chiaro che anche se è composto di rappresentanti dei governi nazionali e anche se detiene prerogative politiche a carattere governativo, il Consiglio non ha alcuna vocazione ad essere un'autorità esecutiva, dal momento che il potere esecutivo deve spettare a quelli che dispongono dei servizi amministrativi ed eseguono il bilancio, vale a dire, allo stato attuale delle cose, la Commissione e, ciascuno nel quadro delle rispettive competenze, gli Stati membri. L'ampliamento dell'Unione a nuovi Stati membri che tende a fare del Consiglio una piccola assemblea favorisce per di più un processo di maggiore divisione del lavoro tra un'autorità esecutiva organizzata su base funzionale e un collegio rappresentativo degli Stati.
L'ampliamento deve quindi condurre al riconoscimento di un'autonomia accresciuta
all'esecutivo, vale a dire alla Commissione, nella procedura di elaborazione e adozione delle misure di applicazione degli atti legislativi.
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E', in verità, nella sua qualità di legislatore che il Consiglio ha ricevuto dal Trattato i poteri di tutela sull'attività regolamentare dell'autorità esecutiva. Allo stato attuale, in cui il Consiglio e il Parlamento codecidono, niente può giustificare che questo potere di tutela e quindi di abilitazione e di controllo non venga condiviso tra le due istituzioni.
B/ 3/ Un caos linguistico
La denominazione degli atti dell'Unione è viziata da due difetti principali che, insieme, concorrono a rendere il sistema inintelligibile al cittadino, per quanto questo sia competente e informato in materia di diritto: essa ignora qualsivoglia principio di specializzazione giuridica dei termini e si basa su denominazioni nella maggior parte dei casi oscure e talvolta finanche ingannevoli.
- i termini prescelti per designare gli atti non obbediscono ad alcun principio di
specializzazione giuridica e vengono quindi impiegati indifferentemente per designare atti che rientrano nelle categorie più svariate. Si noti in particolare l'uso erroneamente
estensivo della nozione di "regolamento" che designa al tempo stesso atti legislativi e atti che, secondo il diritto francese, sarebbero qualificati di "regolamentari" nella misura in cui rientrano nella legislazione secondaria e sono adottati dietro abilitazione di un'autorità legislativa che opera essa stessa nel quadro di un atto curiosamente qualificato anch'esso di "regolamento". Analogamente, il termine di "decisione" deve senza dubbio alle virtù polisemiche della sobrietà il fatto di essere condito in tutte le salse del diritto comunitario.
In effetti, l'articolo 249 lo colloca a un livello mediocre della gerarchia giuridica
comunitaria mentre, in virtù degli articoli 202 o 269, esso è autorizzato a elevarsi senza alcuno sforzo al vertice di tale gerarchia o per designare quello che il trattato chiama le
"modalità" per l'esercizio del potere esecutivo ("decisione comitatologia"), ciò che lo fa assurgere al rango di un atto quasi costituzionale, o per formalizzare le "disposizioni"
relative alle "risorse proprie", ciò che ne fa l'eguale di un "Trattato internazionale". Di pari passo con l'abitudine di conferire una medesima denominazione ad atti che rientrano in categorie giuridiche diverse va palesemente la tendenza simmetrica a raggruppare in seno a una medesima categoria atti a cui sono affibbiate le denominazioni più svariate, e questi due movimenti coniugano i loro effetti per mantenere intorno al sistema giuridico
dell'Unione europea un alone di confusione che ha effetti non poco devastanti;
- la denominazione degli atti giuridici non si accontenta del resto di essere aleatoria. Essa è per di più ingannevole, dal momento che le modalità più correnti di menzogna linguistica sono in questo caso l'approssimazione, l'eufemismo e l'antifrasi. La preferenza per
l'approssimativo è attestata nelle maniere più disparate dalla scelta sistematica di termini utilizzati apposta per non dire niente di chiaro: "modalità", "disposizioni", "misure",
"accordi" interistituzionali o no o ancora "decisioni quadro", "posizione comune", "azione comune", "orientamenti", "conclusioni", "strategie"... Le grazie dell'eufemismo, segno indiscutibile del controllo storico del processo decisionale comunitario da parte del potere amministrativo, non contribuiscono certo di più alla chiarezza generale. In due parole, l'Europa sceglie sempre il meno: il trattato anziché la Costituzione, la Commissione anziché il governo, il "parere conforme" anziché la ratifica, la decisione anziché la legge o il regolamento, le "risorse proprie" anziché le imposte e i contributi. L'antifrasi, che consiste nel designare una cosa usando il termine che ne indica il contrario, costituisce al
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riguardo una forma aggravata e deviante dell'eufemismo comunitario. Ci si accontenterà a questo punto di segnalare che la denominazione degli "atti legislativi", termine che il trattato menziona un'unica volta a proposito delle regole relative alla trasmissione dei documenti senza peraltro darne la minima definizione, ricorre principalmente a due nozioni, quella di "direttiva" e quella di "regolamento", tratte dalla lingua francese,
laddove la prima rimanda al vocabolario più classico del comandamento esecutivo mentre l'altra serve a designare la norma giuridica che è caratterizzata precisamente dal fatto di non essere una legge!
Coniugare il difetto di specializzazione terminologica con i travisamenti più o meno pronunciati del vocabolario esercita effetti politicamente devastanti. E' la trasparenza
democratica che ne patisce dal momento che il cittadino non viene messo in grado di prendere la misura della regola che è tenuto a rispettare, determinarne la natura, coglierne l'origine e comprenderne la portata. La riforma del vocabolario deve imperativamente accompagnare quella delle cose.
Conclusione: le proposte formulate
Le proposte formulate nel progetto di risoluzione si prefiggono di porre fine a questo caos, introducendo una tipologia coerente di atti comunitari e definendo una gerarchia logica delle norme. Viene quindi proposta la creazione di tre categorie specifiche di atti normativi - costituzionale, legislativa (compresi gli atti di bilancio) e regolamentare di applicazione - categorie che sono facilmente identificabili tanto per la loro funzione, il loro contenuto e la loro procedura di adozione che per la loro denominazione. Questa riforma della nomenclatura obbedisce alla volontà di accrescere in modo significativo l'efficacia e il carattere democratico degli strumenti d'azione delle istituzioni europee.