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Alla predetta statuizione consegue l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (pena accessoria) e la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia, come da dispositivo.

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Dunque, si afferma la penale responsabilità del presente imputato, per il reato contestato al capo n.1 del decreto di rinvio a giudizio, in riferimento all’arco temporale maggio ’88/luglio ’95. Si assolve, ai sensi dell’art.530 co.1 c.p.p. il medesimo imputato per il periodo luglio ’95 / dicembre ’96.

Quanto alla commisurazione della pena, va osservato che il ruolo di elevata responsabilità esercitato (fino al luglio ’95) comporta la determinazione, valutati i criteri tutti di cui all’art.133 c.p. e ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.416 bis co.4 c.p., della pena di anni dieci di reclusione.

Alla predetta statuizione consegue l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (pena accessoria) e la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia, come da dispositivo.

Inoltre, attesa la mancata dimostrazione circa la provenienza dei beni tuttora in

sequestro preventivo, nonché la sproporzione tra il valore di detti beni ed i redditi legalmente conseguiti (si vedano le schede patrimoniali in atti al faldone B21) va disposta la confisca ai sensi dell’art.12 sexies l.356/’92 dei beni tuttora in sequestro, analiticamente indicati in dispositivo.

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FERRAIUOLO ALFONSO

L’ apporto stabilmente fornito da Ferraiuolo Alfonso alla organizzazione camorristica è ampiamente emerso nel corso della trattazione dei singoli episodi delittuosi.

Non vi è dubbio alcuno, infatti, sull’avvenuto utilizzo della abitazione in uso ad Alfonso Ferraiuolo (ed intestata alla madre Iovine Maria Raffaella) sita in via Croce di Casal di Principe, per lo svolgimento di incontri di enorme rilievo stategico per l’intera organizzazione.

Come si ricorderà (si veda il capitolo 6 punto 1) ciò è emerso in una prima occasione durante l’ampia trattazione degli omicidi di Antonio Bardellino e Paride Salzillo, in virtù delle dichiarazioni che in rapporto a tale episodio hanno reso le principali fonti (Luigi Basile, Giuseppe Quadrano, Carmine

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Nel cortile di Alfonso Ferraiuolo si dà inizio, infatti, alla complessa operazione che conduce – di lì a poco – alla eliminazione di Salzillo Paride. Inoltre, anche in relazione ad altri episodi delittuosi (si veda la narrazione di Franco Di Bona e Carmine Schiavone sul quadruplice omicidio Pagano ed altri, cap. 6 punto 6) è emerso analogo utilizzo, come vera e propria ‘base operativa’, del cortile posto all’interno di detta abitazione, nonché è emersa (a seguito di accurata perquisizione del 20 luglio ’89, già indicata) l’esistenza in tale luogo di un ampio e sofisticato nascondiglio (a piena conferma delle originarie dichiarazioni del Basile).

In effetti, l’utilizzo costante degli ‘spazi’ forniti in tale abitazione dal Ferraiuolo, in rapporto alla realizzazione di eventi delittuosi ‘collettivi’ (che in alcuni casi segnano addirittura la ‘nascita’ della nuova organizzazione casalese) è qualcosa che va – di per sé – ben oltre il semplice favoreggiamento (la disponibilità è preventiva rispetto al fatto) e che ‘lambisce’ il concorso di persona negli omicidi che vengono – di volta in volta – posti in essere.

Il contributo materiale alla realizzazione di tali episodi è infatti ben percepibile e rilevante nella dinamica dei fatti delittuosi (cui si rinvia, al cap. 6).

Ciò che esclude il concorso del Ferraiuolo negli omicidi (del resto, non contestato) è soltanto il concreto dubbio sull’elemento psicologico del reato, ossia il dubbio sulla effettiva consapevolezza in capo al Ferraiuolo (che non è presente agli incontri) delle finalità concrete che venivano, di volta in volta, perseguite dai soggetti ‘fruitori’ di quello spazio, da lui messo a disposizione (in virtù di un legame personale con Francesco Schiavone di Nicola, più volte emerso nel corso del processo).

Ma, al contempo, non vi è dubbio alcuno sul fatto che – ai fini del reato associativo – tale condotta è valutabile come ‘indice rivelatore’ di partecipazione, posto che è certa la disponibilità in capo al Ferraiuolo di ‘quella’ abitazione, da lui ‘posta a disposizione’ della organizzazione.

La difesa ha, infatti, cercato di sostenere che l’abitazione in questione era in esclusivo uso alla madre dell’imputato (deceduta in data 11.8.’92) .

Tale donna, in questa ipotesi, avrebbe dovuto ‘consentire’ lo svolgimento degli incontri tra gli associati e finanche la costruzione (e l’uso) del nascondiglio poi rinvenuto.

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Ma tale tesi, oltre che con la logica comune, si scontra con alcune risultanze documentali

dell’istruttoria, che (al di là delle affermazioni dei collaboranti) confermano la concreta disponibilità e l’uso dell’abitazione da parte dell’imputato.

Si è già notato che in data 31.3.’87 Ferraiuolo Alfonso apre un c.c. (n.27/3206) presso il Banco di Napoli di Casal di Principe (tale conto verrà chiuso solo nel ’92);

nella copia del contratto (in atti, al fald.A21), lo stesso Ferraiuolo indica quale proprio (unico) indirizzo (ove chiede di ricevere gli estratti conto periodici) l’abitazione sita in Casal di Principe, via Croce n.64 . La copia del contratto risulta sottoscritta

dall’imputato.

Dunque, non vi è dubbio che un simile comportamento risulterebbe del tutto illogico se il Ferraiuolo avesse – come ha cercato di sostenere – reciso i legami con tale immobile.

Inoltre, anche ulteriori elementi emersi nel corso del dibattimento confermano la

concreta disponibilità offerta da Alfonso Ferraiuolo al gruppo Schiavone e, dunque, convalidano il giudizio qui espresso.

Il primo è rappresentato dal fatto che Ferraiuolo Alfonso nel maggio del 1989, come risulta dalle indagini illustrate in dibattimento dal teste De Stefano, consente l’utilizzo da parte di Schiavone Francesco di Nicola, allora latitante in Francia, di una autovettura Mercedes a lui intestata . Così il teste De Stefano (udienza del 13.1.’00) rievoca l’ascolto delle conversazioni (in atti) e gli ulteriori accertamenti operati : “ ..

P.M.: segua questo filone che pensa di rappresentare, quello che la portò alla cattura

di Schiavone Francesco. Teste: avendo deciso, con il dirigente della CriminalPol, che non era forse il caso -perchè non avevamo un'apparecchiatura idonea, il cosiddetto "beep", di seguire l'autovettura fino a destinazione- non ci demmo da fare ulteriormente, anche perchè la Corte capirà le preoccupazioni di una indagine legata

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veramente ad un filo, che poteva essere una unica utenza telefonica. Quindi noi temevamo in tutti i modi che ci potesse essere pubblicità o qualche perquisizione, fatta anche per altri fini, che avrebbe interrotto quel unico legame che avevamo.

Anche la strumentazione tecnica dell'epoca per le intercettazioni non ci consentiva di risalire al chiamante: eravamo limitati rispetto agli attuali mezzi di intercettazione.

Quindi questa macchina la lasciamo partire regolarmente: la macchina ci risultò che arrivò regolarmente in Francia, solo che era una macchina di cui "Sandokan" si lamentava, diceva "questa macchina è come una bella femmina, però è fracida in corpo. E` una macchina che non mi va, non va bene, mi dovete portare la mia macchina, mi dovete portare la Mercedes", lui faceva riferimento ad una Mercedes che doveva avere. Anche questo elemento della Mercedes ci dava delle perplessità perché non sapevamo né quale macchina fosse e nè avevamo altri elementi per poter risalire all'autovettura: sapevamo solo che lui parlava di un'autovettura propria. In realtà, in questo caso, io cercai di predisporre dei servizi allorchè telefonicamente appresi che questa macchina sarebbe stata portata su e che loro gliela stavano mettendo in condizioni questa macchina di essere portata in Francia: ricordo in particolare che la macchina doveva partire in serata. Presidente: quale macchina?

Teste: questa Mercedes, disse "portatemi la Mercedes mia". Questa macchina doveva

partire in serata, quindi io in serata stessa avevo predisposto dei posti di controllo agli ingressi autostradali di Caserta Nord, Caserta Sud e Capua al fine di individuare, di fermare, di identificare gli occupanti di tutte le Mercedes che passavano, perchè non avevamo altri elementi. Ricordo, invece, che in tarda serata arrivò una telefonata con la quale lui chiedeva contezza di questa macchina e di qua gli dicevano che la macchina era già partita e, contrariamente a quelli che erano gli accordi, la macchina era partita in mattinata. P.M.: questo in quale giorno? Teste:

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dovremmo vederlo un attimo. La telefonata dovrebbe essere del 19/5/89, delle ore 16:12, in cui lui dice -parlando dell'autovettura Jaguar inviata a Napoli dice al fratello Schiavone Antonio che se non gliela mettono a posto lui li spezza a tutti quanti. Dicevo che, avendo da questa telefonata appreso che l'autovettura -in realtà- la Jaguar era stata rimandata su e che gli si approntava un'altra autovettura, questa Mercedes che doveva salire, tenuto conto che questi servizi che erano in atto per individuare l'autovettura erano completamente inutili perchè l'auto era partita in mattinata, feci un tentativo del tutto anomalo e strano: cioè chiamai la Polizia, il valico di frontiera di Ventimiglia per sapere se era transitata o stava in transito una Mercedes targata Napoli o Caserta di cui non sapevamo altro. Ebbi la fortuna che poco prima la Stradale aveva fermato questa autovettura: esattamente l'autovettura era stata fermata, era stata controllata alle ore 22:30 del giorno 18/5/89 un'autovettura Mercedes Benz targata CE595123 intestata a Ferraiuolo Alfonso con a bordo Caterino Luigi e Diana Nicola. Quindi con questo accertamento ero riuscito a sapere qual era l'auto che gli era stata destinata: il collegamento l'aveva fatto con Ferraiuolo, perché sapevamo che Ferraiuolo -comunque- era un elemento legato, una persona legata a Schiavone, nonchè con i due viaggiatori che erano Caterino Luigi e Diana Nicola, sicuramente affiliati al clan. La conferma l'avemmo quando l'autovettura venne trovata in possesso del latitante, quando fu arrestato a Millerie..”.

Anche tale aspetto, dunque, non lascia spazio a dubbi : il Ferraiuolo consentiva che il latitante Schiavone Francesco utilizzasse l’autovettura in questione. Ciò è indicativo di un rapporto di estrema fiducia, da cui derivava un beneficio per l’intera organizzazione (data la ‘caratura’ del soggetto fruitore dell’auto intestata al Ferraiuolo).

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Ed inoltre, il Ferraiuolo fornisce ‘copertura’ anche agli interessi economici del

gruppo.

Costui, infatti, partecipa all’operazione di ‘acquisto’ (contratto preliminare) dell’azienda agricola Ferrandelle in Santa Maria La Fossa, operazione che, come risulta dagli atti, viene operata nell’interesse di Schiavone Francesco di Nicola e rappresenta un primo caso di ‘reimpiego’ di utili provenienti dalle attività illecite del gruppo.

Su tale ‘filone istruttorio’ – anch’esso emerso dalle intercettazioni telefoniche del 1989 – ha anzitutto deposto il teste De Stefano (udienza del 13.1.’00) :

“ ..nel corso delle investigazioni poi inerenti sempre l'acquisto di erba medica, noi apprendemmo anche ed accertammo che la famiglia Schiavone aveva anche acquistato la società Ferrandella sita in Santa Maria la Fossa e già di proprietà della vedova Auriemma. Anche in questo caso ci trovammo di fronte ad una pressione che era stata fatta dal gruppo Schiavone per l'acquisto di questa azienda; in realtà l'azienda era tenuta in fitto da tal Di Foggia Michele unitamente a due soci che erano Gordini Adriano e D'Aniello Francesco, da circa trent'anni tutti e tre conducevano in fitto questa azienda agricola. E in particolare, poichè il Di Foggia Michele, affittuario dell'azienda, era nel frattempo deceduto perchè in realtà era morto il 7/6/88, noi non avemmo l'opportunità di poterlo sentire più a verbale e ci rivolgemmo un po' al figlio che era Di Foggia Roberto per sapere un poco... perchè avevamo saputo che comunque il Di Foggia Michele era interessato all'acquisto di questa azienda, non foss'altro perchè la deteneva a titolo di fittuario da oltre trent'anni. Difatti la stessa vedova Auriemma, proprietaria dell'azienda -essendo venuta nella determinazione di alienarla- aveva preso contatti anche... aveva iniziato le trattative per la vendita di cui era a conoscenza sicuramente anche il Di Foggia Roberto, al quale si era dimostrato -a differenza dei due soci che poi erano venuti meno- a voler rilevare interamente l'azienda lui. Ed emerse nel corso dell'interrogatorio che noi facemmo del Di Foggia Roberto, quindi il figlio di Michele, che in realtà nel gennaio dell'88 nell'azienda si era presentata una persona ben conosciuta dal genitore, dal Di Foggia Michele, e che da questa persona era stato accompagnato in Casal di Principe per parlare con una persona che lui ben conosceva. Il figlio ci disse anche che quando il genitore ritornò da questo incontro avuto a Casale si dimostrò

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molto turbato, pallido in viso e non si confidò del tutto con i figli, dicendo in particolare che si era incontrato con la famiglia Schiavone e aveva appreso che la famiglia Schiavone era interessata all'acquisto di questa azienda. Vado oltre in questo modo? P.M.: sì. Teste: in realtà successivamente, ed arriviamo nel mese di marzo, il signore Di Foggia vi vide recapitato un compromesso tra la famiglia Schiavone e gli eredi Auriemma, compromesso che riguardava l'acquisto dell'azienda e dava modo al Di Foggia di esercitare il diritto di prelazione nel caso in cui fosse intenzionato ad

acquistarla. La somma che veniva indicata, offerta nel compromesso, era di un miliardo e 500 milioni.

Chiaramente il Di Foggia si sentì risentito di questa mancanza, quantomeno di riguardo nei propri confronti, ed era andato a lamentarsi di ciò con i proprietari, la vedova Ruller a Napoli, presso la signora Ruller Concetta, lamentando un comportamento quantomeno scorretto nei suoi confronti e la Ruller in realtà si giustificò dicendo che l'offerta avuta era sicuramente più vantaggiosa e che nessuno si sarebbe rifiutato di fronte a del denaro contante. Voglio precisare che il compromesso, il contratto preliminare di compravendita era tra Schiavone Nicola... le generalità... dunque, nato a Casal di Principe il 30/01/27, Schiavone Antonio, nato sopra a Casal di Principe il 23/10/62... P.M.: il figlio di Nicola? Teste: Nicola era padre di Francesco Schiavone "Sandokan" ed Antonio era il fratello di "Sandokan". Nella circostanza l'anticipo che era stato versato era di 500 milioni. Sentimmo anche a verbale il D'Aniello Francesco che era socio del Di Foggia, anzi esattamente il D'Aniello Francesco era il cognato di Di Foggia e anche Gordini, che erano i soci affittuari dell'azienda. In realtà l'azienda era stata fittata loro per un totale di circa 50 ettari e veniva pagato un fitto di 20- 22.000 lire al moggio grosso modo, un fitto annuo per questa somma. E poi i due soci erano andati via, sia il D'Aniello che il Gordini ed avevano ceduto la loro quota a Di Foggia Michele per una soma di 40-45 milioni. Loro stessi avevano dimostrato di non essere interessati all'acquisto della società questi due soci dicendo che un poco per l'età avanzata che avevano, un poco per mancanza di fondi, e l'unica persona, quindi, che era risultato interessata all'acquisto era il Di Foggia Michele e tale era l'interesse che aveva anche chiesto un prestito a una società finanziaria. Presidente: Di Foggia Michele era interessato all'acquisto di tutta l'azienda che deteneva in... Teste: sì, in fitto unitamente agli altri soci, soci che invece, chi per età, chi per mancanza di fondi, si erano dimostrati

disinteressati. Purtroppo poi, nel frattempo, cioè successivamente al tutto, il Di Foggia era deceduto e quindi né il figlio né altri ci seppero spiegare se era stato successivamente avvicinato o meno da altri.

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preliminare, questo compromesso e veniva data, quindi, la possibilità di esercitare il diritto di

prelazione dell'acquisto di questa azienda pagando il prezzo di 1 miliardo e mezzo, Di Foggia Michele era ancora vivo? Teste: sì, era vivo. Presidente: e ovviamente non le risulta che esercitò questo diritto di prelazione? Teste: non lo esercitò. Presidente: non lo esercitò? Teste: non lo esercitò. Presidente: e dopo quanto tempo morì? Teste: un attimo che facciamo subito il confronto tra... il Di Foggia Michele morì il 07/06/1988, quando lui ebbe la notifica del compromesso, quindi lui si recò dalla vedova Ruller, compromesso che gli fu notificato nel mese di marzo dell'88. Presidente: e lui quindi si recò dalla vedova e... Teste: a mostrare il suo risentimento e dire: "io ho un fitto di 40 anni, voi prima di farmi un'offerta mi mandate un compromesso con una cosa già fatta". Presidente: e rispetto al compromesso che gli venne notificato nel marzo dell'88, quanto tempo prima lui era andato a Casal di Principe accompagnato da una persona che conosceva e aveva comunque avuto un contatto con la famiglia Schiavone? Teste: dunque, nel gennaio dell'88 c'era stata una persona di Casal di Principe di loro conoscenza, di sua conoscenza, che era andata nell'azienda agricola proponendosi di portarlo a Casale per... Presidente: ho capito, va bene. Teste: chiaramente a seguito di ciò noi interrogammo anche la vedova Ruller e un poco gli eredi, i quali avevano ancora... loro dissero che già alla fine dell'87, verso la fine dell'anno '87 erano stati contattati da tale Borriello Luigi da Casal di Principe, il quale sapendo della volontà degli Auriemma di vendere questa azienda agricola aveva fatto da intermediario e aveva portato a casa delle vedove, qua, della proprietaria, Schiavone Antonio e Schiavone Nicola. C'era stato, quindi, un incontro a fine '87. C'era stato un successivo incontro agli inizi... quindi siamo a gennaio-febbraio dell'88 e il compromesso era stato, invece, fatto, stilato il giorno 07/03/88 presso il notaio Farinaro di Aversa 1543. Gli accordi prevedevano in quella circostanza un versamento di 500 milioni in contanti, cioè in assegni circolari, 500 milioni

1543Copia del contratto, stipulato il 7 marzo ‘88 è in atti, al faldone B2 . Risulta che il fondo in questione si estende per circa 56 ettari catastali e che, testualmente, : …è tuttora detenuto dai sigg. Di Foggia Michele, Gordini Adriano e D’Aniello Francesco, che lo coltivano direttamente da decenni, il tutto ben conosciuto dai sottoscritti promittenti Schiavone .. . Il prezzo concordato è pari ad un miliardo e cinquecento milioni di lire. Risulta altresì che .. in anticipo di tale prezzo i sottoscritti promittenti Schiavone versano alle sottoscritte Auriemma e Ruller la somma di cinquecento milioni, costituita da 38 vaglia cambiari del Banco di Napoli e dall’assegno di conto corrente tratto sulla Filiale di Casal di Principe dello stesso Banco di Napoli risultanti dalle fotocopie che previa sottoscrizione da parte di tutti i contraenti, si allegano al presente contratto.. . I titoli in questione, allegati al contratto, risultano emessi in favore di Schiavone Pasquale, Schiavone Giuseppe, Sestile Salvatore, Ferraiuolo Alfonso, Iovine Maria Raffaella, Schiavone Luigi, Schiavone Nicola, Schiavone Antonio.

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successivamente da dare all'atto della scadenza dei termini accordati. Poi successivamente le signore stesse ci dissero che dopo i 30 giorni, il termine dei 30 giorni dalla data della stipula del compromesso loro avevano appreso che gli Schiavone avevano tacitato i coloni con un accordo presso

l'Associazione Alleanza Contadina di Caserta. Presidente: ma, che le risulti, un accordo, una tacitazione avvenne anche nei confronti del Di Foggia? Teste: una? Presidente: un accordo avvenne anche nei confronti dei Di Foggia che comunque era l'affittuario dell'azienda? Teste: diciamo pure che quando noi interrogammo il figlio soprattutto per saperne... forse anche se non... non ricordo se poi traspare dalle dichiarazioni che il Di Foggia ci fece, il Di Foggia ci disse che sicuramente il padre ne aveva sofferto tantissimo, non foss'altro perché era stato 30 anni in quell'azienda e sicuramente- ricordo che me lo disse quasi in lacrime- disse: "sicuramente mio padre è morto di crepacuore proprio perché non ha potuto realizzare il suo sogno di poter restare nell'azienda". Quindi non so la

tacitazione poi in che modo fosse... Presidente: mi spiego meglio: certamente in questa azienda c'erano dei coloni? Teste: sì. Presidente: ma era Di Foggia che era con questa società, con questi amici a cui prima lei faceva riferimento, che deteneva in fitto l'azienda. Teste: sì. Presidente: una volta che l'azienda è stata acquistata dalla famiglia Schiavone, è stata acquistata evidentemente con questo contratto di fitto, cioè la famiglia Schiavone avrebbe dovuto, almeno da un punto di vista legale, rispettare il contratto di fitto che di questa azienda era stato fatto dal precedente proprietario a favore del Di Foggia. Quindi a me interessava sapere poi... Teste: se era stato tacitato in qualche modo dagli Schiavone. Presidente: se era stato tacitato, se era stato lasciato ancora per un certo periodo, magari, che era previsto nel contratto originario, nel fitto, nella detenzione di questa azienda? Teste: il figlio non ci diede alcun chiarimento su questa circostanza. L'accordo prevedeva anche che entro il dicembre dell'89 poi si doveva effettuare l'atto definitivo e le signore Auriemma ci mostrarono in visione anche gli assegni con cui erano stati pagati questi 500 milioni, fotocopie degli assegni. Presidente: e l'atto pubblico venne regolarmente rogato, no? L'atto pubblico, l'atto

definitivo? Teste: non ricordo questo particolare. E` un particolare, questo, che non ricordo al momento. Presidente: mi pare che lei prima si riferiva proprio a questo, quando parlava di

trasferimento definitivo, questo in fondo l'atto pubblico dovrebbe essere. Prima, poco fa... Teste: sì, sì, dicevo, questo era uno dei punti dell'accordo del contratto preliminare. Presidente: ah, ho capito,

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entro una certa data... Teste: esatto. Presidente: e lei non sa se in quella data venne fatto l'atto pubblico 1544. Teste: no. Presidente: ma ma io presumo di sì, perché poi è stato fatto un sequestro preventivo nei confronti di Schiavone Nicola. Sì, volevo solo vedere in che data era stato fatto, va bè, ma comunque l'abbiamo agli atti noi. P.M.: ora, senza che ci indica i singoli assegni, perché già ne ha parlato l'ispettore Merola, vuole riferirci invece di eventuali conversazioni che sono state intercettate anche su questo argomento? Teste: sì. Conversazioni... P.M.: probabilmente sono solo quelle che lei ha già indicato. Teste: sì. I riferimenti successivi li abbiamo con Schiavone quando lui chiede: "sono arrivati i bufali, sono arrivate queste cose qua", ma vengono, diciamo... un attimo soltanto...

vediamo... per esempio si fa riferimento nel corso di una telefonata in cui c'è proprio, appare proprio Schiavone Francesco, una telefonata del -se vede a pagina 64- del giorno 03/05/89 delle ore 19:05, in cui tra l'altro -parlando delle altre cose- si fa riferimento anche che Schiavone Carmine conversando con Pasquale lo informa "che è arrivato il coso grande con tutta l'attrezzatura e al piccolo stanno facendo delle modifiche". Sono due trattori agricoli che servono per lavorare il terreno e quindi da destinare al terreno che era stato acquistato 1545. P.M.: questa conversazione è stata intercettata sul'utenza di Schiavone Eliseo, però? Teste: sì, sì. Perché poi successivamente noi allargammo un tantino. C'è un'altra telefonata anche importante che dovrebbe essere una delle prima conversazioni sempre intercettate su Schiavone Eliseo, e faccio riferimento quindi ad un... dovrebbe essere delle 10:54 del 04/05/89, in cui Schiavone Carmine informa Pasquale, che nella circostanza è Schiavone Francesco, che sabato dovrà andare insieme a Schiavone Antonio sul terreno che quest'ultimo ha acquistato e che nell'occasione avrebbe utilizzato una delle sue autovetture perché era appiedato.

1544 Come è stato poi precisato dalla AURIEMMA MARIA (udienza del 26.1.’00), le venditrici incassarono un primo acconto di 500 milioni all’atto del preliminare; un secondo pagamento di altri 500 milioni (e dunque 1 miliardo), ma non venne stipulato il contratto definitivo perché intervenne il sequestro .. Avemmo un acconto di 500 milioni e l'atto definitivo doveva essere fatto dopo un anno dal compromesso. Prima di quella data ci fu chiesta una proroga, proroga che noi concedemmo ed in quell'occasione avemmo altri 500 milioni. Ci furono chieste, mi pare, una o due proroghe ancora, non vorrei dire cose inesatte, e dunque il contratto definitivo doveva essere fatto il 31 dicembre dell'89, ci fu chiesta una nuova proroga e dovevamo andare a stipulare a giugno del '90. Non stipulammo e a luglio '90 c'è stato il sequestro. Quindi noi non abbiamo mai fatto l'atto definitivo, non abbiamo mai incassato il residuo prezzo e questo è tutto.. .

1545Ciò è di estremo rilievo, in quanto conferma che l’acquisto era stato operato nell’interesse di Schiavone Francesco di Nicola, che anche attraverso il cugino Carmine, verificava durante il periodo di latitanza l’andamento delle attività aziendali. Tutto ciò viene interrotto dal sequestro operato nel corso del 1989. L’azienda in questione è stata confiscata in via definitiva in sede di prevenzione patrimoniale, con decreto emesso dalla Corte d’Appello di Napoli in data 14.2.’96.

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Pagina 67. Quest'ultimo passaggio di conversazione trova riscontro, noi diciamo, con altra conversazione intercettata sull'utenza di Schiavone Carmine nonché con il contratto preliminare di compravendita relativo all'azienda zootecnica Ferrandella di proprietà della signora Ruller, vedeva Auriemma. Quindi questi riferimenti verranno fuori nel corso di varie telefonate perché tra le altre cose ogni tanto si parla pure di questi investimenti…” .

Ora, è di estremo significato che una parte dei titoli indicati in sede di deposizione (pari a 180 milioni), e offerti in acconto alle Auriemma nel momento in cui si verificò la sottoscrizione del preliminare, risultavano emessi in favore di Ferraiuolo Alfonso (ed altri anche in favore della madre Iovine Maria Raffaella, pari ad ulteriori 140 milioni, per un totale di ben 320 milioni) e da costui ‘girati’ ai

promittenti acquirenti : “ .. P.M.: per quanto riguarda la figura di Alfonso Ferraiuolo vi risultava già qualcosa dalle indagini? Teste: il Ferraiuolo, a parte il fatto che -se non ricordo male- abitava nelle immediate vicinanze dell'abitazione di Schiavone Francesco, comunque era il firmatario di uno di quelli assegni che erano stati dati in pagamento per l'acquisto dell'azienda agricola Ferrandelle, ed inoltre era l'intestatario... P.M.: di uno solo o più assegni? Teste: erano stati 18 assegni dell'importo di 10 milioni ciascuno e poi era anche l'intestatario dell'autovettura Mercedes che era in uso a Schiavone.

L’operazione di acquisto, infatti, nasconde con assoluta certezza un investimento operato dall’organizzazione camorristica, ed in particolare dal ‘gruppo Schiavone’.

Va ricordato, infatti, che – oltre alle modalità con cui venne condotta la trattativa ed alle modalità con cui vennero ‘tacitati’ i coloni, descritte dal teste De Stefano 1546 - le sorelle Auriemma nel momento in

1546Ed in sostanza confermate da Auriemma Maria, promittente venditrice, nel corso della sua deposizione del 26.1.’00. Costei, infatti ha affermato che anche il Di Foggia era interessato all’acquisto, ma che gli Schiavone ebbero ad offrire tempi più rapidi di pagamento e maggiore liquidità : “ .. G.a.L.: (Dr. Magi) signora, se ho capito quindi lei ha ricevuto in due soluzioni... Teste: sì. G.a.L.: 500 milioni una prima volta, 500 milioni una seconda volta? Teste: sì. G.a.L.: è esatto? Teste: sì. G.a.L.: quindi per un totale di un miliardo?

Teste: sì. G.a.L.: doveva ricevere ancora alla stipulazione del definitivo altri 500 milioni se ho capito bene? Teste: sì. G.a.L.: quindi il prezzo complessivo di questa tenuta agricola era stato convenuta nella cifra di un miliardo e mezzo? Teste: esatto. G.a.L.: con i signori Schiavone Nicola e Schiavone Antonio con cui c'era stata la trattativa? Teste: sì. G.a.L.: si ricorda queste due trance di 500 milioni che avete incassato con che modalità di pagamento sono state versate? Teste: assegni circolari. G.a.L.: tutta l'intera... Teste: assegni circolari, qualche assegno, non è che posso ricordare, comunque data l'entità della somma

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cui incassarono la seconda rata (i secondi 500 milioni) seppero che il contratto definitivo sarebbe stato sottoscritto da ‘altre persone’ : “ .. P.M.: ricorda le persone con le quali trattò? Teste: certamente.

P.M.: come si chiamavano? Teste: Nicola Schiavone ed Antonio Schiavone, figlio di Nicola. P.M.:

furono le uniche persone con le quali si trattò la vendita? Teste: furono le uniche persone con le quali si trattò la vendita, però devo dire che in un secondo momento quando in realtà abbiamo incassato gli altri 500 milioni in realtà loro ci dissero che sarebbe stato... le persone con le quali avremmo fatto il contratto erano altre persone, cioè ci fu una cessione delle persone con le quali andavano a trattare che però erano loro parenti strettissimi, in realtà però noi non abbiamo mai liberato gli acquirenti da questo vincolo, abbiamo detto: "va bene, ma in realtà voi comunque siete solidamente vincolati a questa trattativa". P.M.: però non vi dissero anche quali erano le persone che avrebbero acquistato al loro posto? Teste: sì, certamente. P.M.: e quali sarebbero state queste persone? Teste: Sestile

chiamava Luigi? Teste: Borriello. G.a.L.: ci furono delle altre... come si arrivò diciamo alla scelta, all'un individuazione come acquirenti di Schiavone Nicola e Schiavone Antonio, ci furono delle altre persone che lei sa che si interessarono, per esempio voglio dire che noi siamo nel corso del dibattimento sentito che sarebbe stato interessato, per lo meno da alcune deposizioni che abbiamo avuto, uno dei soggetti che avevano in locazione il fondo, ci furono insomma delle trattative anche con altre persone che non fossero Schiavone Nicola e Schiavone Antonio? Teste: le uniche trattative ci sono state proprio con i tre diciamo affittuari del fondo i quali stavano da tanti anni nel fondo, ci sono state tantissime trattative, ma il problema era che purtroppo queste persone non avevano la possibilità economica di poter arrivare al prezzo da noi richiesto, quindi chiaramente quando noi avemmo... quando abbiamo avuto la possibilità di iniziare una trattativa con gli acquirenti la possibilità di avere il denaro contante, la possibilità di avere una trattativa che si fosse risolta nell'anno, dal 7 marzo al 7 marzo '88, '89, in un anno noi avremmo risolto i nostri problemi. Il problema è che queste persone tra l'altro erano tre. G.a.L.: ricorda i nomi? Teste: Di Foggia, D'Aniello e Gordini: uno voleva acquistare e doveva dare, doveva risolvere i suoi problemi con gli altri due soci. G.a.L.: chi era quello più interessato all'acquisto? Teste: Di Foggia, il Di Foggia era più interessato, però il Di Foggia... abbiamo fatto tante trattative, siamo andati anche davanti al notaio, ma i tempi sarebbero stati lunghi e perché doveva fare delle pratiche e poi si trattava di avere un prezzo esiguo rispetto a quello che era il valore anche in trenta anni. G.a.L.: quindi il motivo per cui voi come proprietari... chi erano i proprietari, lei e sua sorella? Teste: io sono proprietaria in nome mio e per conto di mia sorella Antonina di cui sono procuratrice, poi c'è mia sorella Anita che è procuratrice della sorella Roberta e poi c'è mia madre che è usufruttuaria, questo è un bene che noi abbiamo ereditato da mio padre che fa pare te di una grande proprietà. G.a.L.: e quindi la preferenza, tra virgolette, che poi accordaste poi a questi altri acquirenti era tutta improntata ovviamente al problema della liquidità? C'era una grossa liquidità e dei tempi di pagamento molto più brevi... Teste: noi non sapevamo se c'era una grossa liquidità, noi abbiamo una richiesta... G.a.L.: vi veniva prospettata... Teste: di fronte a due proposte, una che naturalmente in un anno si risolveva il problema ed incassavamo del denaro e viceversa rispetto ad altre proposte per anni anni ed anni che poi in fondo non si potevano realizzare, tra l'altro quando il Di Foggia ci disse: "io comunque devo poi risolvere i problemi con i miei soci", quindi doveva prima dare i soldi ai soci, poi venire ad acquistare con noi, ad un certo punto, lei si renderà conto, uno deve anche pensare agli interessi economici ..” .

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Salvatore e Pasquale Schiavone. P.M.: nessun altro? Teste: no, assolutamente no. P.M.: il bene fu sequestrato e voi non riceveste più gli altri 500 milioni? Teste: no, le cose certe sono che non abbiamo mai fatto il contratto regolare di vendita, non abbiamo mai incassato gli altri 500 milioni.. (così Auriemma Maria all’udienza del 26.1.’00 ).

Ora, al di là del fatto che le indagini dell’epoca (scaturite, si badi bene, da intercettazioni telefoniche e

non da contributi dichiarativi) impediscono la sottoscrizione del definitivo, non vi è dubbio che la modalità scelta per la conclusione del trasferimento di proprietà (dopo che era stato già versato 1 miliardo) è la piena conferma del ‘tipo di acquisto’ che era stato operato : il denaro sino ad allora

versato da Schiavone Antonio e Schiavone Nicola non solo aveva una provenienza formalmente

‘frantumata’ in più sottoscrittori dei titoli (e ciò, in tutta evidenza, allo scopo di evitare indagini patrimoniali che potessero destare sospetti) ma avrebbe condotto ad una ‘intestazione di comodo’ a Sestile Salvatore e Schiavone Pasquale. Chiaro, dunque, l’intento di mascherare la reale provenienza (almeno in parte) delle notevoli risorse economiche utilizzate per l’acquisto e la reale ‘disponibilità’

del bene (come si è detto, è Schiavone Francesco di Nicola, dalla Francia, ad ‘impartire istruzioni’ e ad ottenere informazioni sulla predisposizione dei mezzi e dei beni aziendali).

Dunque, può dirsi senza dubbio alcuno che l’operazione in questione – non conclusa solo per

l’intervento del provvedimento di sequestro – è stata realizzata con l’ausilio, tra gli altri, di Ferraiuolo Alfonso, i cui redditi dichiarati nel periodo in questione (si veda la scheda patrimoniale al faldone B21) non sostengono, ad ulteriore riscontro, l’impiego dei complessivi 320 milioni che il Ferraiuolo, formalmente, girò in titoli agli Schiavone.

Vero è che l’attività di coltivatore svolta dal Ferraiuolo, su alcuni fondi di proprietà familiare, anche in società con un fratello, potrebbe aver determinato la percezione di ulteriori redditi non assoggettati a dichiarazione IRPEF (ciò spiegherebbe come riusciva il Ferraiuolo ad avere un normale tenore di vita, posto che dalle suddette dichiarazioni Irpef appaiono redditi modestissimi ), ma pur la consulenza difensiva espletata sul punto non riesce a quantificare un reddito conseguito con approssimazione accettabile (così il teste Albieri, consulente della difesa .. Teste: sì, sì ma io questo concetto poi alla fine nella mia sintesi, nelle mie conclusioni lo esprimo questo concetto, dico che sicuramente non è la prova di redditi conseguiti, realmente conseguiti, ma che un'azienda agraria di questo tipo può

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un'azienda agraria con questi elementi, questa consistenza, queste capacità, queste cose, possono raggiungere questi redditi, poi se i conduttori abbiano fatto fatture di vendita o non le abbiano fatte, queste cose qua io nel mio mandato non avevo fatto di accertare queste cose..)e dunque non sostiene una ‘reale’ capacità di investimento del Ferraiuolo nell’anno 1988.Del resto, per quanto sinora detto, pur l’eventuale esistenza – in ipotesi – di una quota di investimento ‘proprio’, operata dal Ferraiuolo per l’acquisto dell’azienda Ferrandelle in società di fatto con Schiavone Francesco di Nicola (che di sicuro impiegava redditi conseguiti nell’ambito della attività camorristica) non modifica la valenza indiziante della condotta : di certo il Ferraiuolo ‘concorre’ a rendere possibile l’investimento operato dalla organizzazione e dunque (anche in ipotesi di impiego concorrente di denaro proprio) realizza una forma partecipativa di ‘consolidamento degli effetti’ dell’azione del gruppo criminale sul territorio.

I copiosi indici rivelatori sin qui illustrati, dunque, segnalano la continuità di rapporto tra Alfonso Ferraiuolo e l’organizzazione, ed in particolare con il gruppo degli Schiavone.

In cambio, il Ferraiuolo ottiene sostegno e maggiore visibilità nel suo percorso di rappresentanza

‘politico-amministrativa’, sino a diventare Presidente della Coldiretti (sul punto si vedano, in particolare, gli apporti narrativi resi da Schiavone Carmine che hanno trovato piena conferma in tutte le circostanze qui esposte). Si veda quanto è stato precisato dal teste Mauro (udienza del 10.1.’02), che illustra anche i risultati di una ulteriore perquisizione operata nel settembre ’93 presso l’abitazione in via Croce, con rinvenimento di nun ‘ulteriore’ vano nascosto (sulla cui esistenza aveva riferito proprio Carmine Schiavone) : “ .. P.M.: e quando divenne presidente? Teste: successivamente poi divenne presidente del Consiglio Direttivo della Federazione Provinciale Coltivatore Diretti il 23 febbraio '89.

P.M.: sezione di Casal di Principe? Teste: sezione di Casal di Principe. P.M.: senta, venne eseguita

una perquisizione presso l'abitazione del Ferraiuolo proprio dal vostro ufficio? Teste: sì. P.M.: venne trovato qualcosa? Teste: sì, il 17 settembre '93 in seguito a una perquisizione operata nell'abitazione di Ferraiuolo, ai sensi dell'art. 41 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, per il rintraccio delle armi, sortiva nella fattispecie esito negativo, però consentì questa operazione di accertare che vi era un vano... si accertò che vi era un vano sottostante l'ultimo scalino di una scala interna

dell'appartamento che portava al livello superiore. All'epoca chiedemmo pure l'intervento di un tecnico, l'ingegnere Tavano, per accertare se... cioè fece degli accertamenti tecnici sul cemento che era stato utilizzato per incollare lo scalino in marmo, ricordo. Poi nel corso della perquisizione in un

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armadietto di legno contenente il congegno elettrico, cioè posto per chi entra sulla sinistra, fu rinvenuta una bolla di accompagnamento, un buono di consegna senza numero datato 10/10/88 con intestazione della ditta Saudino s.n.c. Elettricità e Colori sita al corso Umberto 511/513 di Casal di Principe e con la quale si attestava che alcuni materiali erano stati acquistati da Schiavone Mario, c'era scritto lì sopra che... P.M.: dunque, questo buono di consegna veniva trovato nella cassetta?

Teste: c'era un armadio in legno per chi entra sulla sinistra dell'appartamento dove vi era il sistema di

allarme e quindi tutto il congegno elettrico di quest'abitazione, all'interno di questo armadio fu trovato questo buono di consegna, partecipai pure io... P.M.: in particolare si trattava

dell'appartamento di via? Teste: dove era stata operata la perquisizione, appartamento di via Croce 64 ex 58... no, un attimo solo, sì, alla via Croce di Casal di Principe. P.M.: questo era il buono di consegna? Teste: sì..”.

Se si considerano, dunque, i risultati complessivi dell’istruttoria, è evidente che il riscontro sulle diverse forme di ‘ausilio’ prestato dal Ferraiuolo alla organizzazione si riflette su tale beneficio, che va ritenuto conseguito attraverso il sostegno della organizzazione.

Ciò porta a ritenere Ferraiuolo Alfonso non solo un ‘prestanome personale di Schiavone Francesco di Nicola ‘ (come pure è stato efficacemente definito dal dichiarante De Simone Dario), ma un ‘partecipe’

alla organizzazione camorristica.

I requisiti della partecipazione, sin qui indicati, appaiono del tutto univoci, atteso che l’ apporto fornito è di particolare rilievo, trova espressione in settori diversi (logistico ed economico) e reca vantaggio all’intera organizzazione; inoltre il Ferraiuolo, come si è detto, ne ricava anch’egli utilità (pur se diverse dalla ‘mera’ corresponsione di uno stipendio).

Va pertanto affermata la penale responsabilità di Ferraiuolo Alfonso in riferimento al reato contestato al capo numero 1 del decreto di rinvio a giudizio.

Quanto al trattamento sanzionatorio, va affermato che l’ampiezza del periodo in contestazione, il rilievo del contributo fornito e la particolare pericolosità dell’associazione cui accede la condotta sono motivi che inducono a negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Pertanto, valutati i criteri di cui all’art.133 c.p. e ritenuta sussistente la circostanza di cui all’art.416 bis co.4 c.p, appare equo irrogare al Ferraiuolo la pena di anni cinque di reclusione.

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Alla predetta statuizione consegue l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (pena accessoria) e la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia, come da dispositivo.

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FERRARO SEBASTIANO.

La posizione associativa di Ferraro Sebastiano è stata in gran parte anticipata lì dove si è valutato il contributo fornito al gruppo criminoso da Apicella Dante e Coppola Antonio .

In effetti, Ferraro Sebastiano svolge un ruolo del tutto analogo a tali soggetti, con cui va a comporre – insieme a Schiavone Vincenzo – un ‘nucleo di sostegno’ alle attività realizzate da Walter Schiavone, sia sul piano logistico che sul piano economico e delle ‘pubbliche relazioni’. Ciò realizza un preciso interesse del ‘gruppo’ (posto che Walter Schiavone, specie dopo il blitz di S.Lucia del 13.12.’90 ha pacificamente esercitato funzioni direttive, già illustrate al capitolo 6 ) e consente al Ferraro medesimo di incrementare i propri guadagni attraverso l’esecuzione di lavori pubblici ottenuti con la

‘mediazione’ della organizzazione o comunque con la ‘protezione’ dal clan.

La stretta contiguità tra Walter Schiavone e Ferraro Sebastiano, descritta da tutte le principali fonti dichiarative 1547, è emersa in numerosi ‘momenti’ della lunga istruttoria.

In effetti, anche durante la trattazione dei singoli episodi delittuosi – operata al capitolo 6 – non sono mancati riferimenti ‘spontanei’ - delle diverse fonti narrative risultate affidabili (specie il Di Bona) – a contatti intervenuti tra Walter Schiavone e Ferraro Sebastiano durante la fase degli appostamenti finalizzati alla eliminazione di Vincenzo De Falco.

Non che il Ferraro prendesse parte a tali appostamenti, ma spesso si recava nei luoghi ove i ‘gruppi di fuoco’ erano appostati per colloquiare con Walter Schiavone. Tutto

1547 Si vedano, in particolare, i contributi forniti da Di Bona Franco, De Simone Dario, Schiavone Carmine, Frascogna Domenico, Pagano Giuseppe sintetizzati dal P.M. in sede di requisitoria all’udienza del 9.6.’04 .

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ciò è di per sé indicativo del rapporto fiduciario esistente tra i due e della consapevolezza, da parte del Ferraro, del tipo di attività criminosa svolta da Walter Schiavone e dalla restante parte del clan. Come si ricorderà, proprio il Ferraro informa Walter Schiavone anche di un ‘incontro casuale’ da lui avuto con il De Falco e ciò induce il gruppo a cambiare, proprio il 2 febbraio del ’91, il proprio programma (così il Di Bona): … Sennonché verso mezzogiorno, mezzogiorno e trenta ricordo che quel giorno fummo raggiunti da una telefonata sul cellulare, dall'altro cellulare, che era Walter Schiavone, che ci disse: "rientrate e venite qua che...", solo questo. Di modo che noi scendemmo da questo terrazzo, ci calammo da questo muretto di cinta e ci recammo dove stavano le macchine, e lì vedemmo e sapemmo che Ferraro Sebastiano aveva incrociato poco prima, una mezz'oretta, un'oretta prima, un'oretta prima, sì, un'ora prima, sulla rotonda di Sant'Andrea al Pizzone, il De Falco Vincenzo in compagnia di un certo Castrese. Ed avendogli portato questa notizia logicamente Walter Schiavone e a tutti gli altri gli venne naturale che praticamente il De Falco si stava portando presso Mondragone,1548 quindi era inutile stare lì ad aspettare il suo passaggio, in quanto si trovava in tutt'altra zona. E si decise quindi di rientrare, comunque si è sostati un po' lì a commentare la cosa e ricordo che un po' dopo siamo rientrati…”.

1548Tale incontro tra il Ferraro e Vincenzo De Falco – cui segue l’avviso dato dal Ferraro a Schiavone Walter - è sostenuto, sul piano della logica dimostrativa non solo dalla estrema affidabilità, nell’intero episodio in questione, del dichiarante Di Bona (si veda il capitolo 6 punto 8) ma anche dalle circostanze di fatto che il Ferraro avrebbe indicato. Non è un caso, infatti, che il De Falco fosse in compagnia di un ‘certo Castrese’ . Si tratta di Papa Castrese, con cui il De Falco si accompagnava spesso in quel periodo (si veda la conversazione del 12 dicembre ’90 ampiamente citata al capitolo 6 punto 8 che vede il De Falco in compagnia del De Simone e di Papa Castrese parlare al telefono con Augusto La Torre e Mario Esposito).

Anche in tale occasione, dunque, il De Falco si stava recando in S.Andrea del Pizzone in

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L’affidabilità della notizia, fornita da Ferraro Sebastiano a Schiavone Walter, induce il gruppo a rimandare il prosieguo delle operazioni al pomeriggio (e, quel giorno, De Falco Vincenzo verrà eliminato) .

Inoltre, anche nel momento immediatamente successivo all’arresto in Francia di Schiavone Francesco di Nicola (22 maggio ’89), sempre il Di Bona compie un preciso riferimento alla presenza e ad al ruolo del Ferraro Sebastiano : “ .. devo precisare che Schiavone Carmine quando succedeva un qualcosa di grave come magari l'arresto di Francesco Schiavone "Sandokan", quello avvenuto sia in Francia e sia durante il blitz del 13 dicembre, ricordo che Walter Schiavone la prima persona che con consultava era Carmine Schiavone. P.M.: senta ma... innanzitutto lo consultava perché? Può ricordare un po' meglio questi due casi che lei ora ha fatto, dell'arresto in Francia e dell'arresto del 13 dicembre del '90, in che senso l'ha consultato? Teste: allora io in merito all'arresto in Francia, io ricordo che proprio con esattezza stavamo io e Russo Giuseppe, fummo chiamati da Ferraro Sebastiano e ci disse di recarci presso il deposito di Natale Giuseppe, perchè c'era Walter Schiavone che ci aspettava e ci disse anche quello che era successo, lì abbiamo trovato Walter Schiavone e Carmine Schiavone i quali stavano discutendo appunto, di come potesse essere accaduta una cosa del genere... Niente, Walter Schiavone magari chiedeva se potesse... sarebbe potuto... non lo so insomma, ci sarebbero potute essere delle intercettazioni telefoniche su una linea che Carmine Schiavone procurava, un numero sicuro diciamo, per comunicare, cioè queste cose qui comunque ricordo che in quell'occasione Walter Schiavone quando noi siamo arrivati già era in compagnia di Carmine a discutere di questa cosa ..”.

E che Ferraro Sebastiano si occupasse di trovare le ‘persone’ da portare al cospetto di Walter Schiavone, di sbrigare per lui acquisti, di operare cambi di assegni ed altro,

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emerge in modo inequivoco anche dalla lettura delle trascrizioni delle conversazioni intercettate nel gennaio e febbraio ’95 sulla sua utenza telefonica (in atti) . I contatti sono più che giornalieri ed i contenuti (contestati al Ferraro anche nel corso del suo esame, cui si rinvia 1549) sono ‘comprensibili’ solo ove si inquadri il rapporto in

1549Si veda il verbale di esame del 13.1.’03. Sulla identità dei colloquianti e sulla frequenza delle comunicazioni si veda anche l’ampia deposizione del teste Argenziano Antimo all’udienza del 8.3.’00. Le risposte fornite dall’imputato in sede di esame, tese a raffigurare un ‘semplice’ rapporto di amicizia, si scontrano fortemente – in verità – con i contenuti delle conversazioni (non riproducibili integralmente, ma consultabili in atti) : “ .. G. a. L. dal contenuto delle telefonate emerge una continua ricerca di Schiavone Walter della sua persona, cioè nel senso che Schiavone Walter lo chiama e dice: "vienimi a prendere, portami il dottore, portami le camice, portami il giubbotto, portami questo, portami quell'altro", c'è una richiesta continua, devo dire la verità. Imputato: però io... certo, un'amicizia continua perché ci siamo sempre frequentati. G.a.L.: ma questo rapporto era un rapporto di amicizia che andava più verso la persona di Schiavone Walter verso cui lei aveva una particolare preferenza, nel senso che non capita mai che lei chiama, dico per dire, a Schiavone Walter e dice: "no, vienimi a pigliare tu", cioè l'andava sempre a prendere lei. Imputato: no, era una persona che frequentava pure lui, veniva a vedere ogni tanto a vedere la partita, andavamo fuori a vedere anche il Napoli, ve l'ho ripetuto, siamo usciti con le moglie ai ristoranti, siamo andati fuori, siamo partiti in villeggiatura, la moglie mi ha battezzato mio figlio, un rapporto di amicizia continua. G.a.L.: ma Schiavone Walter aveva la patente? Imputato: Walter Schiavone aveva la patente, passaporti, aveva tutto, una persona incensurata fino al 5 dicembre del '95 e dopo il '95... G.a.L.: fino al 5 dicembre del '95 lui poteva guidare normalmente? Imputato: poteva fare tutto, non aveva sorveglianza speciale, non aveva proposte di sorveglianze, era una persona libera come tutti i cittadini di Casal di Principe.

G.a.L.: allora vogliamo vedere specificamente qualche telefonata così mi spiega un po' qualche soprannome, qualche cosa perché ci sono... Imputato: se riesco... G.a.L.: se riesce a ricordare ovviamente. Anche se ci mettiamo un po' più di tanto non fa niente, no?! Imputato:

prego. G.a.L.: un'altra cosa in via generale: questi continui scambi di assegni che emergono dalle telefonate... Imputato: assegni quali? G.a.L.: di parecchie persone che chiamano, dice non so: "bisogna coprire quest'assegno, bisogna coprire quell'altro assegno". Passarelli Dante che la chiama: "bisogna coprire là", sono tutti legati alla squadra di...? Imputato: sì, quattro o cinque dirigente, Cerullo, Iovine Salvatore, il macella... facevano gli assegni ai giocatori, pagamenti a due mesi e loro quando scadevano, siccome il factotum... chiamavano a me, io dovevo rintracciare il Passarelli che dovevano coprire questi assegni, sono tutti assegni del calcio oppure degli abbonamenti ritirati. G.a.L.: le faccio qualche esempio: il 3 gennaio del '95, questa è una telefonata telefonata delle 14:06, è una telefonata in entrata, cioè lei riceve la telefonata, un uomo chiede a Sebastino dove si trova ed i due parlano di assegni. Sebastino dice che per lui è un milione e mezzo, poi dice che sono 15, l'uomo dice che "se te li fa lui", l'uomo dice che "là sta pure Dantuccio". Sebastino dice che già l'ha visto e li portava là stasera; l'uomo dice che "si devono vedere stasera pure verso le nove tutti perché domani vanno a fare l'espresso a Napoli". Cioè, per esempio, una conversazione di questo tipo per lui un milione e mezzo, poi dice che sono 15, l'uomo dice che 7 li fa lui, che significa? Cioè non è molto chiara la telefonata? Imputato: veramente neanche io, dopo tutto questo tempo che è passato, non è che ricordo preciso. "Espresso" potrebbe essere che o Dante Passarelli o Dante Apicella che voleva andare a fare le buste a Napoli, qualche gara espressa. Mò non lo so le cose precise come potrebbero essere perché sono passati parecchi

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termini di ‘costante supporto logistico’ prestato (dal Ferraro) ad un soggetto (Walter Schiavone) che aveva – in relazione al tipo di attività esercitata – il potere di

‘comando’ e la ‘necessità’ di servirsi di altri soggetti per realizzare le proprie attività (senza scoprirsi troppo, visto che era – in quel momento – ben nota la collaborazione già prestata all’autorità giudiziaria da Schiavone Carmine).

E’ evidente, sul punto, che i contenuti – a volte criptici – delle conversazioni, vanno letti in riferimento al contesto complessivo che è emerso dall’istruttoria, comprensivo delle dichiarazioni dei collaboranti e degli approdi sul ruolo esercitato da Walter Schiavone e da altri soggetti con cui il Ferraro è in costante contatto (tra cui Panaro Sebastiano e Passarelli Dante). Da ciò si trae la consapevolezza di un’attività – sistematica – che non può essere ridotta alla mera relazione amicale o ai comuni interessi calcistici.

Del resto, trattando la posizione di Apicella Dante, è già emerso l’attivo coinvolgimento di Ferraro Sebastiano nell’attività di ‘condizionamento’ del voto operata, su incarico di Walter Schiavone (si vedano le dichiarazioni rese da Di Bona) in occasione delle elezioni amministrative del ’95. Trattasi di un ulteriore ‘indice rivelatore’ del tipo di apporto fornito dal Ferraro, assistito da numerosi riscontri in fatto 1550.

1550 Oltre ai dati già ricordati in sede di trattazione della posizione di Apicella Dante, va ricordata la deposizione del teste Bencivenga (udienza del 12.11.’01) relativa al controllo di Ferraro Sebastiano e Coppola Antonio: .. P.M.: senta, lei effettuò un controllo l'11 aprile '95, alle ore 19:00; vuole dire nei confronti di chi lo effettuò? Teste: sì, di Ferraro Sebastiano e Coppola Antonio, nei pressi dello stadio di Casal di Principe. All'atto del controllo a bordo della Golf, guidata da Ferraro Sebastiano, sul sedile posteriore della macchina vidi che c'erano dei bigliettini propagandistici per la campagna elettorale che doveva avvenire di lì a pochi giorni. P.M.: senta, vuole dire Ferraro Sebastiano...? Teste: classe '64, perché sono passati tanti anni. Presidente: comunque l'autorizzo a consultare a sua memoria gli atti a sua firma, può farlo. Teste: 11/9/64. P.M.: nato dove, ha detto? Teste: a Casal di Principe. P.M.:

senta, all'epoca quale attività svolgeva il Ferraro? Teste: imprenditore, per quanto disse lui all'atto del controllo, e poi l'impegno sportivo: era presidente dell'Albanova, mi pare. P.M.:

le pare...? Teste: no, no, presidente dell'Albanova; così riferì e io così scrissi in relazione,

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Inoltre, va ricordato che già in data 27 agosto ’88 (momento particolarmente delicato per gli equilibri associativi emersi dopo l’eliminazione di Antonio Bardellino e Paride Salzillo) Ferraro Sebastiano viene tratto in arresto perché trovato in possesso di un’arma a poca distanza dalla abitazione degli Schiavone, vanno ricordati i risultati delle attività di osservazione compiute presso la darsena di Castelvolturno tra maggio e luglio del 1994 (foto in atti, al faldone B2), ove il Ferraro compare costantemente in compagnia di Walter Schiavone (ed altri associati) a bordo dei natanti ivi ormeggiati, va ricordato l’episodio delle minacce telefoniche provenienti dal Ferraro che il cronista Giovanni Marino ha narrato in dibattimento (udienza del 8.3.’00) dopo la pubblicazione (nel ’94) di un articolo relativo alle vicende della società calcistica Albanova (di cui Ferraro era vicepresidente- presidente il Passarelli Dante - e che costituiva quantomeno un ulteriore ‘canale’ di formazione del consenso intorno a persone che, obiettivamente, sono risultate poi collegate alla organizzazione per cui è processo).

Tutto converge, dunque, seguendo la ‘traccia’ indicata dagli apporti narrativi, sulla costante

disponibilità del Ferraro a ricoprire – stabilmente – ruoli di sostegno logistico e di rilievo economico.

A ciò si unisce la considerazione dei ‘benefici’ che derivano al Ferraro dal rapporto con l’organizzazione.

Si è già notato che il Ferraro è uno dei soggetti titolari dei famosi ‘conti in sofferenza’ presso il Credito Cooperativo di S.Marcellino (si veda la deposizione del teste Perini, sintetizzata al capitolo 5 ) , e già tale dato – vista la riconducibilità del dissesto di tale istituto alla leggerezza nella concessione di fidi operata in favore di soggetti ‘vicini’ a Schiavone Walter – è un primo ‘indice’ dei benefici ottenuti dal Ferraro .

Ma, al di là di tale aspetto, anche l’esame della scheda patrimoniale (al faldone B21) incrementa la

‘qualità’ del riscontro complessivo alle affermazioni rese dai collaboranti.

l'Albanova Calcio. P.M.: e Coppola Antonio? Teste: imprenditore. P.M.: nato? Teste:

classe... non mi ricordo. Coppola Antonio, nato a Casal di Principe il 26/2/61. P.M.: senta, lei stava dicendo che venne trovato, venne comunque osservato, notato del materiale... Teste:

sì, osservato, del materiale propagandistico elettorale. P.M.: sì, e con riferimento a chi?

Teste: a Cosentino…”. E’ evidente che tale attività assume significato solo ove ‘raccordata’

alla deposizione del Di Bona ed ai contenuti delle ‘disposizioni’ che erano state impartite da Schiavone Walter. Analogamente, si ricorderà che secondo quanto ricostruito dal teste Petrilli, il Ferraro ‘transitava’ anche nei pressi della sezione PDS di Casal di Principe in occasione della ‘interruzione’ della riunione commemorativa del 25 aprile del ’92 (episodio ricostruito a carico dell’Apicella). Anche tale presenza non appare certo casuale, ma va

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