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LETIZIA DOMENICO del ’33

P. M.: lei ricorda altro lavoro che pure aveva svolto Letizia Domenico?

Teste: sì, un altro lavoro che fu fatto alla periferia di Casal di Principe, non mi ricordo se era un collettore, una cosa del genere. Però -ripeto- sapevo solo che era un lavogli datogli... perché in quella zona il lavoro se non te lo dà l'organizzazione tu non lo fai, ecco. Però non lo so chi si è interessato in quel caso di fargli fare questo lavoro. P.M.: e lei ha mai avuto rapporti diretti con Letizia Domenico, l'imprenditore? Teste: io lo conosco, però non ho avuto rapporti di lavoro o per altre cose. Lo conosco solo... ci siamo incontrati diverse volte, però non abbiamo avuto mai niente...”.

Dunque, pur senza un ‘effettivo inserimento’ del Letizia Domenico nella organizzazione, il De Simone afferma che la ‘costante disponibilità’ di tale soggetto era almeno ‘in parte’ ricambiata dalla organizzazione, che influì sulla assegnazione di alcuni lavori stradali.

Dichiarazioni di analogo tenore sono state rese da altri collaboranti che – come il De Simone – hanno vissuto effettivi periodo di

‘inclusione’ nel contesto criminoso (si veda il capitolo 5 punto 7) . Così, infatti in sede di requisitoria il P.M. ha riportato (si veda il verbale di udienza del 14.6.’04) i contributi narrativi di Pagano Giuseppe e di Schiavone Carmine.

A tale ampia convergenza, già di per sé dimostrativa, si aggiungono i risultati delle verifiche patrimoniali (in faldone B21) e la considerazione, come ulteriore indice rivelatore, dell’intestazione a Letizia Domenico di uno dei ‘conti in sofferenza’ del Credito Cooperativo di S. Marcellino (si veda la deposizione del tesre Perini, citata al capitolo 5 punto 6).

Quanto alla attività economica, l’esame della scheda evidenzia una lunga serie di appalti ottenuti dalla ditta individuale del Letizia nel periodo interessato alla verifica.

E’ evidente che, per stessa indicazione dei dichiaranti, non tutti gli affidamenti possono dirsi ottenuti attraverso l’interesse della organizzazione, ma appare significativo :

- il numero degli appalti (16) e l’entità economica di alcuni lavori, tra cui quello relativo alla costruzione di un collettore fognario in Casal di Principe (per 1 miliardo e 282 milioni) relativo all’anno ’85; quello relativo alla copertura dell’ Alveo Incoronata (Comune di Frignano) per 1 miliardo e 325 milioni ottenuto nel 1988 ; quello ottenuto dal comune di San Marcellino nel 1989 e relativo alla costruzione di una strada di collegamento tra la strada provinciale esterna e il comune di Trentola (per 313 milioni) ;

- l’inserimento del Letizia Domenico negli appalti relativi ai lavori per la sistemazione dei Regi Lagni (2 appalti per 4 miliardi e 600 milioni) in associazione temporanea di imprese con Natale Giuseppe e Iavarazzo Antonio.

Ora, alcuni di questi lavori, di notevole entità economica, corrispondono alle ‘indicazioni’ dei collaboranti (si vedano le affermazioni del De Simone) e sono altamente ‘indicativi’ (anche per ciò che riguarda il condizionamento della organizzazione sui lavori relativi alla sistemazione dei Regi Lagni, attraverso la figura di Natale Giuseppe) della ‘protezione’ accordata al Letizia Domenico del ’46.

Dunque, pur non potendosi ritenere provata l’inclusione del Letizia nella organizzazione in qualità di ‘partecipe’, non vi è dubbio che l’istruttoria ha fornito, come si diceva, la prova di uno stabile

‘collegamento’ : il Letizia era pronto a soddisfare esigenze logistiche degli affiliati ( si veda l’episodio della ‘messa a disposizione dell’immobile’ nel caso che determina l’omicidio di Paride Salzillo), e l’organizzazione influiva sulla assegnazione e ‘mantenimento’ di lavori di particolare rilievo in capo al Letizia.

In ciò può cogliersi anche la sussistenza dell’elemento psicologico del reato qui ritenuto (concorso esterno) : l’imprenditore realizza, con

l’ausilio prestato agli associati, anche un proprio interesse, posto che

‘sa’ di poter contare sull’influenza di alcuni associati per l’assegnazione di appalti (e per la serena esecuzione delle opere sul territorio, che è controllato dal gruppo criminoso), dunque ‘vuole’

l’effetto di ‘permanenza’ di quel gruppo a cui fornisce ausilio. Non si tratta, dunque, di un soggetto ‘costretto’ o di un soggetto ‘estorto’, ma, appunto, di un concorrente esterno.

Da tutto ciò deriva l’affermazione di penale responsabilità, nei confronti di Letizia Domenico del ’46 per il reato di concorso esterno nell’associazione camorristica (110 – 416 bis c.p.), così modificata l’originaria imputazione.

Quanto al trattamento sanzionatorio, va detto che la particolare pericolosità della associazione camorristica - cui accede la condotta – conduce al diniego delle circostanze attenuanti generiche Pertanto, valutati i criteri di cui all’art.133 c.p. e ritenuta sussistente l’aggravante di cui al comma 4 dell’art.416 bis c.p. appare equo irrogare al presente imputato la pena di anni quattro di reclusione.

Alla predetta statuizione consegue l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque (pena accessoria) e la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia, come da dispositivo.

--- LIGATO RAFFAELE.

L’ istruttoria ha fornito ampia dimostrazione della condotta associativa tenuta da Ligato Raffaele, nell’ambito dell’area territoriale di Pignataro-Sparanise.

Sul punto, sono state già evidenziate le dettagliate dichiarazioni rese da Abbate Antonio (in sede di descrizione della condotta associativa dallo stesso tenuta) nel corso dell’intero suo esame, che consentono di ricostruire – data l’ampia convergenza con altre fonti di rilievo – il

‘transito’ di Abbate e Ligato dal gruppo Nuvoletta-Lubrano al clan dei casalesi.

Come si ricorderà, tutto ciò avviene dopo il conflitto (giugno ’84) sorto nell’ambito della ‘federazione’ Nuova Famiglia tra il gruppo Bardellino ed il gruppo Nuvoletta (ricostruito nel capitolo 5 della presente sentenza) e dopo che, usciti da un comune periodo detentivo (per possesso di armi) Abbate e Ligato vennero a trovarsi in contrapposizione con la famiglia Lubrano, che operava sul territorio di Pignatato per conto di Lorenzo Nuvoletta.

I due, come risulta dalle dichiarazioni di Abbate, ritennero opportuno, per evitare l’isolamento cui sarebbero stati destinati, accordarsi – tramite Papa Giuseppe – con il gruppo degli Schiavone,

cui restarono legati anche nel periodo successivo, mantenendo così la

‘gestione’ del territorio di Pignataro.

Le dichiarazioni rese da Abbate hanno trovato conferma negli ulteriori apporti narrativi provenienti da Dario De Simone, Giuseppe Quadrano, Carmine Schiavone, Franco Di Bona, Domenico Frascogna, D’Alessandro Salvatore, così come indicato dal P.M. in sede di requisitoria (verbale del 14.6.’04, cui si rinvia).

L’ampia convergenza ed i profili di ‘inclusione’ di tali dichiaranti, già vagliati al capitolo 5 punto 7, rendono superflua l’illustrazione delle singole dichiarazioni, reperibili attraverso le indicazioni operate in requisitoria.

Sta di fatto che l’alleanza tra il gruppo di Pignataro- Sparanise (Abbate, Ligato, Papa) ed il nucleo ‘direttivo’ della organizzazione (in particolare con Schiavone Francesco di Nicola) è risultata costante (come deswcritto dallo stesso Abbate) e non ha mai dato luogo, nel periodo qui trattato, a contrasti di sorta.

La conclusione cui si perviene è, pertanto, l’affermazione di penale responsabilità a carico di Ligato Raffaele in relazione al capo numero 1 del decreto di rinvio a giudizio.

Quanto al trattamento sanzionatorio, va osservato che l’imputato è gravato da precedenti allarmanti. Pertanto, valutati i parametri di

cui all’art.133 c.p. e ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.416 bis co.4, appare equo determinare la sanzione in anni nove di reclusione.

Alla predetta statuizione consegue l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (pena accessoria) e la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia, come da dispositivo.

Inoltre, attesa la mancata dimostrazione circa la provenienza dei beni tuttora in

sequestro preventivo, nonché la sproporzione tra il valore di detti beni ed i redditi legalmente conseguiti (si vedano le schede patrimoniali in atti al faldone B21) va disposta la confisca ai sensi dell’art.12 sexies l.356/’92 dei beni tuttora in sequestro, analiticamente indicati in dispositivo.

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LUCARIELLO ORLANDO.

La posizione associativa di Lucariello Orlando è stata oggetto di valutazione in riferimento al concorso di tale imputato nel delitto di omicidio commesso il 13 novembre del ’90 nei confronti di D’Alessandro Andrea (capitolo 6 punto 7).

Come si è evidenziato in tal sede, la partecipazione del Lucariello a questo episodio delittuoso è di assoluto rilievo ‘strategico’ ed implica l’esistenza di un profondo legame ‘operativo’ con De Simone Dario, che ha trovato ampia conferma in altri apporti dichiarativi (in particolare, quelli di Quadrano Giuseppe, D’Alessandro Salvatore,

Ferrara Raffaele, Frascogna Domenico, così come evidenziato dal P.M. in sede di requisitoria al verbale di udienza del 14.6.’04 ).

Non può dunque che operarsi un rinvio alla ricostruzione di tale evento delittuoso, ove si è anche segnalato che il Lucariello venne poi tratto in arresto in data 15 ottobre del ’91 perché intento a

‘scaricare’ un carico di armi lunghe provenienti da Como (si veda la sentenza in atti). Ciò consente di comprendere il motivo per cui tale soggetto non viene coinvolto, sul territorio di Carinaro-Gricignano negli scontri tra i gruppi che vennero a determinarsi dopo la scarcerazione di Giuseppe Quadrano del ‘92 . In tale periodo, si è infatti precisato che nell’area territoriale in questione viene

‘reclutato’ all’interno del gruppo casalese l’ex cutoliano Autiero Andrea che assume il ruolo di capo-zona in Gricignano e che

‘contribuisce’ alla ‘difesa’ contro l’alleanza Quadrano-Di Tella . Ma in tale periodo il Lucariello è, come si diceva, detenuto in forza dell’arresto del 15.10.’91.

Del resto, la contestazione associativa lo vede ‘incluso’ nel gruppo casalese sino al momento della ‘scissione’ (febbraio del ’91) e dunque ricomprende l’indice rivelatore – concorso nell’omicidio di D’Alessandro Andrea – che viene qui valutato come efficace. Il periodo successivo (durante il quale non risulta alcuna ‘alleanza’ tra

il Lucariello ed i gruppi antagonisti ai casalesi) è fuori contestazione, come si è precisato al capitolo 2 .

Va dunque, per quanto sinora detto, affermata la penale responsabilità di Lucariello Orlando anche in riferimento al reato contestato al capo 1 del decreto di rinvio a giudizio.

Quanto al trattamento sanzionatorio, in rapporto a tale reato, va detto che il circoscritto periodo di consumazione induce a contenere la sanzione – valutati i criteri di cui all’art.133 c.p. e ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.416 bis co.4 c.p. – in anni sei di reclusione . Le restanti statuizioni verranno operate al capitolo 9 .

--- MARANO GIORGIO.

Anche nei confronti di Marano Giorgio l’istruttoria ha fornito chiari ed univoci elementi di prova circa l’inserimento nella organizzazione casalese.

Come si ricorderà, l’attuale imputato è stato ritenuto responsabile del concorso nell’omicidio di D’Alessandro Andrea e tentato omicidio Di Grazia Paolo (capitolo 6 punto 7), il che è di per sé un concreto ‘indice rivelatore’ di appartenenza alla organizzazione delittuosa.

Inoltre, il fatto che Marano Giorgio fosse uno degli ‘stabili’

componenti del gruppo coordinato da De Simone Dario è emerso – con assoluta certezza – dai contenuti delle conversazioni intercettate nel 1993 ull’utenza del ‘vivaio Andreana’, in cui proprio il Marano esercitava la propria attività

Tali intercettazioni sono state – in buona parte – illustrate al capitolo 5 punto 7, nella scheda dedicata ai profili di attendibilità del De Simone, cui si opera rinvio.

Dunque, le copiose indicazioni dei collaboranti (De Simone, Frascogna, D’Alessandro, Di Bona, Schiavone, Pagano così come indicato dal P.M. in sede di requisitoria al verbale di udienza del 14.6.’04) hanno consentito di ricostruire l’intero ‘percorso criminale’

di tale imputato che appare costantemente ‘disponibile’ ad eseguire gli ordini provenienti dal De Simone, Francesco Biondino e Vincenzo Zagaria. Come è emerso da tali indicazioni, Marano Giorgio è stato impiegato anche nello ‘scontro’ con il gruppo Caterino-Maisto (si veda l’episodio della ‘spedizione’ in Modena che porta al conflitto a fuoco del 5 maggio ’91, ricostruito al capitolo 6 punto 10) e nelle attività di contrasto al Venosa Luigi dopo l’episodio del 19 luglio ’91.

Inoltre, va anche ricordato – ad ulteriore riscontro del tipo di contributo fornito – che il 13 maggio del ’91 Giorgio Marano venne

arrestato perché trovato in possesso di un’arma con matricola abrasa.

L’ampia convergenza degli elementi di prova porta, dunque, a riconoscere sussistente la responsabilità penale di Marano Giorgio anche in riferimento al reato associativo, contestato al capo n.1 del decreto di rinvio a giudizio. Quanto alla commisurazione della pena, in rapporto a tale capo, valutati i parametri di cui all’art.133 c.p., ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.416 bis co.4, appare equo irrogare al predetto imputato la pena di anni nove di reclusione. Le restanti statuizioni verranno operate al capitolo 9.

Inoltre, attesa la mancata dimostrazione circa la provenienza dei beni tuttora in

sequestro preventivo, nonché la sproporzione tra il valore di detti beni ed i redditi legalmente conseguiti (si vedano le schede patrimoniali in atti al faldone B21) va disposta la confisca ai sensi dell’art.12 sexies l.356/’92 dei beni tuttora in sequestro, analiticamente indicati in dispositivo.

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MARTINELLI ENRICO.

L’assoluto rilievo di Martinelli Enrico nell’ambito della organizzazione camorristica è ampiamente emerso nel corso della trattazione dei singoli episodi delittuosi.

Come si ricorderà, il Martinelli risulta essere soggetto strettamente legato – sul piano operativo – a Iovine Antonio e la Corte ne ha affermato la penale responsabilità sia in riferimento al tentato omicidio Caterino-Maisto del 28.4.’91 (capitolo 6 punto 10) che in riferimento all’omicidio di Diana Liliano (capitolo 6 punto 9) .

Inoltre, essendo emersi precisi elementi di prova sul concorso del Martinelli anche nell’ omicidio di Vincenzo De Falco, questa Corte ha disposto la trasmissione degli atti al P.M. DDA in riferimento a tale condotta.

Dunque, già in riferimento ai dati istruttori che hanno consentito tali statuizioni – ampiamente illustrati al capitolo 6 – può dirsi che il Martinelli è stato ‘stabilmente inserito’ nella associazione per cui è processo, con compiti esecutivi di azioni criminose di grande importanza strategica.

Del resto, le ulteriori indicazioni dei collaboranti – riportate dal P.M.

in sede di requisitoria al verbale di udienza del 14.6.’04, cui si rinvia

1557 – oltre a convergere tra loro sul ruolo svolto nel corso del tempo dal presente imputato, hanno trovato puntuale conferma nei reiterati arresti del Martinelli per possesso abusivo di armi .

1557 Si vedano, in particolare, i contributi di Ferrara Raffaele, De Simone Dario, Frascogna Domenico, Di Bona Franco, Pagano Giuseppe, Quadrano Giuseppe, indicati in sede di requisitoria.

Un primo arresto si verifica in data 3 febbraio ’87, un secondo arresto il 7 settembre 1988, un terzo il 19 ottobre ’89 (in compagnia del Martinelli vi è il D’Alessandro Cipriano), ed il quarto in data 19 giugno del ’91 .

Si tratta, peraltro, non solo di episodi tra loro ‘ravvicinati’ – ed omogenei circa il tipo di condotta – ma anche significativi sul piano della ricostruzione delle ‘esigenze’ che inducevano il Martinelli ad essere armato (come si è notato al capitolo 6, cui si rinvia).

Anche tali episodi, dunque, si legano alle dichiarazioni acquisite e contribuiscono a dedurne la piena affidabilità.

Va pertanto affermata la penale responsabilità di Martinelli Enrico anche in riferimento al reato associativo contestato al capo 1 del decreto di rinvio a giudizio.

Quanto al trattamento sanzionatorio, va osservato che il lungo periodo di consumazione e la particolare ‘intensità’ del contributo influiscono sulla quantificazione. Pertanto, valutati i criteri tutti di cui all’art.133 c.p. e ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.416 bis co.4, appare equo irrogare al Martinelli, in riferimento al capo 1, la pena di anni dieci di reclusione. Le ulteriori statuizioni verranno operate al capitolo 9.

Non risultano beni residui in sequestro.

--- MAURIELLO FRANCESCO.

Nei confronti di Mauriello Francesco questa Corte ha ritenuto raggiunta la prova in relazione alla condotta partecipativa indicata al capo 1 .

Come si ricorderà, il ruolo di Mauriello Francesco, come soggetto strettamente legato a Basco Antonio e Spierto Pasquale, posto alle

‘dipendenze’ di Caterino Giuseppe, è emerso durante l’analisi degli episodi successivi all’omicidio di Vincenzo De Falco.

In particolare, l’esistenza di dichiarazioni che indicano il Mauriello come soggetto partecipe al conflitto a fuoco che si scatena, contro Venosa Luigi, nella piazza Marconi di S.Cipriano d’Aversa il 19 luglio ’91 ha determinato la trasmissione degli atti a suo carico al P.M. DDA con l’ipotesi di tentato omicidio (episodio che al Mauriello non era stato contestato).

Le assoluzioni intervenute, nel presente processo, su altri episodi contestati (concorso nell’omicidio De Falco Vincenzo, nel tentato omicidio De Falco Giuseppe, nell’omicidio Diana Liliano, nell’omicidio De Falco Giuseppe e Mancini Caterina) non autorizzano, dunque, alcuna conclusione in termini di ‘estraneità’ del Mauriello al consorzio criminoso oggetto di giudizio.

Più semplicemente, l’andamento dell’istruttoria non ha confermato – in taluni casi – l’originario impianto accusatorio in termini di

‘partecipazioni soggettive’ ai singoli episodi delittuosi, attesa la pluralità di episodi trattati, il numero dei soggetti coinvolti ed i rischi di ‘imprecisione’ che sono emersi nell’esaminare alcune fonti dichiarative.

Ma, come si diceva, l’istruttoria ha fornito ampia convergenza sull’appartenenza del Mauriello alla organizzazione criminosa.

Le affermazioni più siginificative, sul punto, sono state rese – con ampia convergenza ed in riferimento a conoscenze dirette - da De Simone Dario, Frascogna Domenico, Di Bona Franco, Quadrano Giuseppe, Schiavone Carmine e sono state puntualmente indicate in sede di requisitoria al verbale del 14.6.’04, cui si rinvia. Il Mauriello viene coinvolto, in particolare, nel conflitto sorto dopo l’omicidio De Falco con Caterino Sebastiano (cui è peraltro legato da un vincolo di parentela).

E del resto un importante riscontro alle affermazioni, in tal senso, dei collaboranti – che descrivono il Mauriello come soggetto che andava a comporre una ‘squadra operativa’ insieme a Basco Antonio e Spierto Pasquale – sta nell’intervenuta condanna, in via definitiva, del Mauriello per detenzione e porto abusivo di armi proprio in

concorso con Basco e Spierto (episodio avvenuto in data 8 settembre del ’92, durante il conflitto con Maisto Vincenzo, che verrà poi eliminato il successivo 15 dicembre).

Dunque, per quanto sinora detto, non vi è dubbio alcuno circa l’effettivo ‘inserimento’ del Mauriello nella associazione per cui è processo.

Va dichiarata, pertanto, la responsabilità penale di tale imputato in rapporto al reato contestato al capo numero 1 del decreto di rinvio a giudizio.

Quanto al trattamento sanzionatorio, va osservato che il lungo periodo di consumazione e l’esistenza di precedenti influiscono sulla quantificazione. Pertanto, valutati i criteri tutti di cui all’art.133 c.p.

e ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui all’art.416 bis co.4, appare equo irrogare al Mauriello, in riferimento al capo 1, la pena di anni nove di reclusione.

Alla predetta statuizione consegue l’interdizione perpetua dai pubblici uffici (pena accessoria) e la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia, come da dispositivo.

Non risultano beni in sequestro.

--- MAZZARA AMEDEO.

La condotta di Mazzara Amedeo, indicata nella imputazione, non può esser ritenuta – a giudizio della Corte – una forma di

‘partecipazione’ al clan dei casalesi.

Come si è ampiamente indicato al capitolo 2 ed al capitolo 5 , e come è stato ‘ricostruito’ al capitolo 6, il clan dei casalesi è una associazione camorristica che sorge, come entità autonoma e distinta dal precedente clan Bardellino, nel mese di maggio del 1988, quando alcuni soggetti (ed in particolare Iovine Mario, De Falco Vincenzo e Schiavone Francesco di Nicola) decidono di ‘sovvertire’ gli assetti di vertice della organizzazione precedente.

Nella imputazione, infatti, tra i riferimenti di vertice del nuovo gruppo criminoso - in modo da ritenersi del tutto corretto rispetto all’evoluzione storica dei fatti - non è indicato Bardellino Antonio . Ora, l’imputato Mazzara Amedeo – pacificamente inserito nel clan Bardellino, come risulta dalla sentenza emessa dal Tribunale in sede il 29 aprile 1986 – non ha ‘promosso’ il nuovo assetto e non vi ha mai aderito, tanto che il suo ‘recesso’ è stato immediato, sino a coincidere (come è detto nella stessa imputazione) con il momento

‘immediatamente successivo’ alla morte di Antonio Bardellino.

Dunque, come emerge dalle numerose e qualificate dichiarazioni acquisite sul punto (si veda la deposizione di Ferrara Raffaele, già

citata in sede di analisi della posizione associativa di Caterino Nicola, cui si aggiungono i contributi di altri collaboranti, tra cui De Simone Dario), il clan dei casalesi non ha mai tratto beneficio dalle condotte di Mazzara Amedeo, il quale si è subito ‘dissociato’, tanto da determinare l’immediata nomina di un nuovo capozona in Cesa nella persona di Caterino Nicola (cui poi venne ‘aggiunto’ Marino Luigi).

Come si è notato al capitolo 6, la stessa ‘spedizione’ in Formia per realizzare l’agguato in cui finì ucciso Piccolo Pasquale venne – infatti – coordinata proprio da Caterino Nicola e Marino Luigi, posto che il Mazzara era già ‘uscito di scena’ (si veda il capitolo 6 punto 3).

Inoltre, dall’analisi dei contributi narrativi emerge che Mazzara Amedeo, successivamente, non si limitò a ‘dissociarsi’ dai nuovi assetti del clan dei casalesi ma fornì concreto ‘ausilio’ al ‘cartello antagonista’ che andò a formarsi, sotto la direzione di Caterino Sebastiano (prima) e di Quadrano Giuseppe (poi) contro il gruppo dirigente casalese (il tutto avviene, come si è visto, dopo la morte di

Inoltre, dall’analisi dei contributi narrativi emerge che Mazzara Amedeo, successivamente, non si limitò a ‘dissociarsi’ dai nuovi assetti del clan dei casalesi ma fornì concreto ‘ausilio’ al ‘cartello antagonista’ che andò a formarsi, sotto la direzione di Caterino Sebastiano (prima) e di Quadrano Giuseppe (poi) contro il gruppo dirigente casalese (il tutto avviene, come si è visto, dopo la morte di