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Solo una comprensione così approfondita e multidisciplinare del sito, nell’ampio contesto di Londra, come in quello ristretto del quartiere, permette di approcciarsi nel modo più corretto e più rispettoso al progetto.

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INTRODUZIONE

Preliminarmente al lavoro di tesi strettamente progettuale, si è ritenuto utile delineare studi ad ampio raggio, in particolare circa la genesi e lo sviluppo urbani di Londra, la sede delle prossime Olimpiadi estive del 2012, soprattutto al fine di comprendere al meglio l’atmosfera, intesa in senso multidisciplinare, entro cui tale lavoro si colloca. E proprio i Giochi Olimpici sono un evento così particolare, catalizzatore di attività e finanziamenti, occasione imperdibile per una città per balzare alla ribalta, mostrarsi in tutta la sua modernità e avanguardia a tutto il mondo, tale da meritare una comprensione più profonda delle dinamiche che le Olimpiadi moderne hanno innescato, dal 1896 a oggi, nelle varie città ospitanti.

Si è ritenuto utile cominciare tracciando una storia urbanistica di Londra, per comprendere il contesto territoriale più ampio entro cui si colloca il progetto e di cogliere i caratteri urbani così peculiari di una città come Londra, con una storia tanto lunga quanto diversa da quella delle città europee continentali. La zona di Stratford, nell’East End, assume, nel panorama della Grande Londra, un carattere ancora più definito e personale, che può emergere solo dal confronto delle due realtà.

Oltre ai valori territoriali, lo studio si propone di comprendere la specificità dell’occasione fornita dai Giochi Olimpici per la costruzione di un nuovo quartiere. Lo studio e la comprensione, dal punto di vista urbano, di un evento così particolare come le Olimpiadi, forniscono altresì nuove specificità, legate non più al luogo, ma al tempo, che entra nel progetto come quarta dimensione, in modo ancor più incisivo e decisivo che in altri progetti.

Solo una comprensione così approfondita e multidisciplinare del sito, nell’ampio contesto di Londra, come in quello ristretto del quartiere, permette di approcciarsi nel modo più corretto e più rispettoso al progetto.

Oggi Londra appare come una delle città più grandi

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e viva del mondo, sia dal punto di vista sociale che economico e politico. Nel cuore della città hanno sede più di un quinto delle cinquecento principali società europee non operanti nel settore finanziario, il principale centro bancario del mondo e il principale centro affari europeo; vi sono concentrati negozi che attirano clienti da tutto il mondo, vi sono situati teatri e centri d’intrattenimento di fama internazionale. Ma come nasce questa metropoli, meta di milioni di turisti ogni anno, così capace di catalizzare le sorti dell’economia mondiale, ma anche di imporre mode e simboli della nostra società?

Che cosa rappresenta l’evento olimpico per una città? Come si sono approcciate, nel corso dell’ultimo secolo, le varie città, ognuna con i suoi problemi economici, i suoi obiettivi politici e urbani, a un evento di tale portata? Le Olimpiadi catapultano una città sotto i riflettori di tutto il mondo, ma durano troppi pochi giorni, rispetto ai tempi di vita di impianti e edifici. Com’è possibile conciliare queste due scale temporali così diverse? Come può una città come Londra all’inizio del XXI secolo, sfruttare una tale occasione per mostrarsi al mondo ancora una volta come capitale della nuova società?

In seguito, il lavoro di tesi si concentrerà su un’area molto particolare della città di Londra, Stratford, nell’East End, e cercherà di comprenderne i valori territoriali e i motivi per cui proprio in un’area così decentrata e sconosciuta, sia stato deciso di localizzare il villaggio Olimpico per i prossimi Giochi Olimpici del 2012.

Lo studio del Piano di Londra pubblicato definitivamente nel 2008 e in particolare del masterplan previsto per il Villaggio Olimpico permetterà di capire quale sarà il carattere dell’area nei prossimi anni, durante la manifestazione e anche dopo.

Confinante con il masterplan olimpico è stata individuata un’area marginale precisamente fra il quartiere di Leyton e quello progettato dal piano olimpico, Stratford Village, dove viene proposto un masterplan strategico, cercado di ricucire le due aree, attraverso una rete viaria che connetta i due quartieri e attraversi quelli proposti ad uso misto residenziale-uffici e in cui è previsto il progetto di un leisure centre .

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Londra è la città più popolata dell’Unione Europea, con più di 7,5 milioni di abitanti (dato del 2006). L’area

metropolitana conta più di 12 milioni di residenti e si estende per svariate decine di chilometri lungo la valle del Tamigi,

fino al suo estuario.

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CAPITOLO 1

LA STORIA URBANA DI LONDRA

Al giorno d’oggi, il termine Londra si riferisce alla conurbazione, meglio detta Grande Londra, composta da 32 distretti

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e dalla City of London. Storicamente, però, il nome indicava unicamente il miglio quadrato della City, da cui la città ha avuto origine e si è sviluppata; dal 1889 al 1965 identificò la ormai non più esistente Country of London

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. Con la costituzione della nuova unità territoriale della Greater London, il nome Londra si dovrebbe estendere all’attuale regione. È tuttavia comune fra gli abitanti indicare con tale termine tutto il territorio interno all’autostrada anulare M25

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.

Eppure Londra sfugge al genere della città europea classica, rendendo difficile definire, ad esempio quale sia, o se esista, il suo centro.

Il fenomeno ha molte facce, collegate e distinte allo stesso tempo. Da almeno quattrocento anni, in seguito alla ricostruzione successiva all’incendio del 1666, Londra non ha avuto confini o margini, tanto che le ultime vestigia dell’unica cerchia di mura cittadine sono state cancellate un secolo più tardi, a causa della mancanza di invasioni da parte di popoli stranieri. Londra si è allargata ed è cresciuta da serie di villaggi a metropoli multi-culturale, senza essere mai ‘città’ nel senso classico e rinascimentale del termine, come invece è successo a Parigi, Roma o Amsterdam.

I piani urbani che si sono succeduti nel tempo, da quello di Wren in poi, non sono mai piani di espansione o ristrutturazione, quanto operazioni di ricucitura di parti di tessuto urbano. Londra è estranea ai grandi gesti alla Hausmann, e questo deriva dalla natura stessa del popolo britannico, che dalla Magna Charta in poi è allo stesso tempo campione delle libertà individuali e sospettoso di qualsiasi piano che tenda a limitarle.

Londra, come la vediamo oggi, è il risultato temporaneo e in continuo movimento di una storia di oltre duemila anni.

Sarà proprio l’indagine di questi aspetti a guidarci in questo breve studio storico delle origini e dello sviluppo di Londra.

Figura 1 - Foto satellitare. È evidenziato il territorio della Grande Londra.

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Borghi di Londra, in inglese London Boroughs, sono le suddivisioni amministrative in cui è ripartita la metropoli di Londra..

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Oggi coincidente con la zona chiamata Inner London.

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Nota anche come M25 corridor, è il secondo raccordo anulare in Europa, con i suoi 188 km. Costruita tra il 1973 e il

1986, quando il primo ministro Margaret Thatcher ne inaugurò il primo tratto, ha dimostrato subito di essere sorpassata

a causa dell’aumento esponenziale del traffico; per questo sono succeduti lavori di miglioramento e allargamento,

tuttora in corso.

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Figura 2 - Nello schema, in rosso il territorio della Grande Londra, attraversata dal Tamigi. In nero, il tracciato dell’autostrada M25.

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1. Le origini e la città romana

Nonostante l’esistenza di alcune leggende

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in merito alla fondazione di Londra, non esistono prove certe dell’esistenza di una qualsivoglia forma di insediamento precedente a quello romano. Sono stati trovati resti di abitazioni e di tombe, ma niente che lasci immaginare una grande città. Dunque durante la preistoria Londra fu molto probabilmente un'area rurale con scarsi insediamenti umani. Importanti ritrovamenti, fatti nel letto del Tamigi vicino a Chelsea

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, suggeriscono peraltro l’importanza dell’area, dove sono stati portati alla luce importanti vestigia urbane a Egham e Brentford

7

, ed una fortificazione a Uppall

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, ma non c’è traccia di resti nell'area della Londra romana, l'attuale City of London.

Della città fondata dai Romani rimangono invece numerose tracce, da cui si evince la presenza di robuste fortificazioni, ma non ne conosciamo con esattezza la pianta. Sicuramente questa ricalcava fedelmente lo schema dell’accampamento romano, con le strade ortogonali, cardo maximus e decumanus maximus (parallelo alla riva del fiume).

Uno studio dell’Università di Denver, ha provato a ricostruire la pianta della città romana.

Figura 3 - Sono evidenziate in verde le strade romane, in rosso gli edifici sorti durante l’epoca romana, in blu edifici importanti della città, di epoche successive.

La Londra romana occupava una superficie di circa 140 ettari, con una popolazione di circa 50000 abitanti

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; non era una città sede di governo, mentre probabilmente lo era l’attuale St. Albans (Verulamium), circa venti miglia a Nord, e Londra ne era forse, in origine, il porto.

L’elemento importante dell’insediamento romano è la creazione del grande nodo di comunicazioni: “questo determinò la scelta del luogo di fondazione, poiché l’importanza di Londra – ancora e sempre – è principalmente dovuta alla sua posizione quale centro di un sistema commerciale”

10

.

Analizziamo quindi la posizione geografica dell’insediamento, rivelatasi particolarmente favorevole.

La valle argillosa del Tamigi è delimitata a nord e a sud da due sistemi collinosi; quello meridionale, detto Weald, era coperto da foreste vergini impenetrabili, che si estendevano anche sul continente.

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Secondo la leggendaria Historia Regum Britanniae, di Geoffrey of Monmouth, Londra venne fondata da Bruto di Troia dopo che questo ebbe ucciso i giganti Gog e Magog e venne chiamata Nuova Troia, nome che secondo una pseudo etimologia venne corrotto in Trinovantum e Trinovantes dove abitarono le tribù dell'età del ferro prima della conquista romana della Britannia. Secondo Geoffrey, Londra ebbe una lunga serie di leggendari re come Lud che cambiò il nome della città in CaerLudein, da cui discenderebbe il nome Londra.

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Corrisponde oggi a un quartiere della Grande Londra, a sud ovest della City lungo il Tamigi.

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Due città a monte di Londra, lungo il fiume Tamigi

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Insediamento a nord della City

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Benevolo L., Storia delle città, Edizioni Laterza, Bari, 1986, p. 257

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Rasmussen S. E., Londra città unica, Officina Edizioni, Roma, 1972, p. 13

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Figura 4 Schema fisico – in azzurro è evidenziato il corso del fiume Tamigi, in verde i sistemi boschivi particolarmente impenetrabili, in rosso il rapporto con la foce del fiume Reno.

Il clima, particolarmente mite nonostante la latitudine, grazie all’influenza di correnti caldi atlantiche, si rivela propizio all’agricoltura primitiva; a tali favorevoli condizioni geografiche si aggiunsero le opportunità fornite dall’organizzazione del sistema viario romano.

Figura 5 Carta storica dell’età romana, in cui sono evidenziate in rosso la Watling Street e in blu la Stane Street – Ermine Street.

I Romani, infatti, erano riusciti a rendere il territorio eccezionalmente sicuro e pacifico, grazie a un sistema ferreo di leggi e ad un’ottima organizzazione militare. Al fine di rendere veloce e più semplice lo spostamento delle truppe, in caso di bisogno, vennero tracciate strade larghe che attraversavano le foreste, con fortini a protezione dei punti chiave, come la Watling Street, una strada importante che da Dover proseguiva verso nord-ovest attraversando anche la città di Verulamium, una delle principali dell’epoca. Alla Waitling Street si incrociava la Stane Street, che da sud ovest proseguiva verso nord in quella che più tardi fu chiamata Ermine Street, attraversando il Tamigi su un ponte fisso, l’unico fino al 1729, il London Bridge.

La città di Londra nacque all’estremità settentrionale di questo ponte, la cui difesa era evidentemente

necessaria. Furono quindi costruite le mura di difesa, all’interno delle quali si sviluppò la città.

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2. Londra nel basso medioevo

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, le Isole Britanniche, abbandonate dalle legioni romane, furono facile preda per le invasioni delle tribù germaniche, in particolare degli Anglosassoni, provenienti da oriente.

Questi territori resistettero alle invasioni arabe del VII secolo, ma si ritrovarono al margine del mondo civilizzato. “La vita diminuisce e in molti casi si interrompe. Solo più tardi, dopo il 1000, in quest’area, che diventa l’Europa moderna, si forma una vita economica e civile, e le città tornano a svilupparsi; ma qui, a differenza delle altre zone del Mediterraneo, la crisi intermedia ha creato una frattura fra i due periodi di sviluppo. La nuova città cresce sulla traccia di quella antica, ma con un carattere sociale e un’organizzazione edilizia diversi, che invece si collegano, senza interruzione, al carattere dello scenario della città contemporanea. Quel che rimane della città antica è una serie di rovine, che si studiano e si visitano, ma non funzionano più come parte della città attuale.”

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In questa società rurale e autarchica, le città rivestivano un ruolo marginale, non rivestendo la funzione di centri amministrativi e solo in parte quella di centri di produzione e di scambio. “Ma le strutture fisiche delle città romane sono ancora in piedi, e diventano luoghi di rifugio; i grandi edifici pubblici dell’antichità – terme, teatri, anfiteatri – sono trasformati in fortezze; le cinta murarie sono mantenute in efficienza oppure sono ristrette per difendere una parte limitata della città, collegando fra loro i capisaldi più importanti.”

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Non sappiamo con certezza se Londra abbia continuato a vivere senza interruzioni durante l’Alto Medioevo;

probabilmente la città rimase per circa un secolo abbandonata e ridotta a un monte di rovine. Dal VI secolo è invece provato che Londra fosse abitata

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, con caratteristiche mercantili; Alfredo il Grande

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comprese l’importanza strategica di Londra, tanto da farne la città fortificata che doveva proteggere a sud il suo regno dai Danesi. Si preoccupò quindi che le mura romane fossero restaurate e ampliate e da allora Londra fu una fortezza che, pur conservando la propria indipendenza, serviva gli interessi del re.

11

Benevolo L., Storia della città, Edizioni Laterza, Bari, 1986, p. 327

12

Ivi, p. 330

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Rasmussen, nel suo libro, prospetta come plausibile l’esistenza di una città nel VI secolo. Non ne è nota l’organizzazione; se la città fosse sopravvissuta come comunità romana indipendente, o se gli abitanti entro le mura fossero stati costretti, vista la precarietà della vita, a stringersi in un patto solidale, non si sa con certezza. Risulta chiaro, però, che la città doveva essere indipendente dai piccoli re anglosassoni delle due rive del Tamigi.

“Quando Gregorio Magno mandò dei missionari in Inghilterra (597), Londra mostrò un tale spirito d’indipendenza e ostinazione, da consigliare al papa a scegliere quale capitale ecclesiastica Canterbury, anziché Londra, come era stabilito.” (Rasmussen, op. cit., p.19)

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Re del regno anglosassone meridionale del Wessex, 849-899

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7

2.1 Città senza centro

Nel IX secolo Londra assunse il nome di Lundunaborg. Il suffisso borg, che è finito per indicare semplicemente un agglomerato urbano, significa “muro di difesa in terra battuta o fortino”. A dare un carattere alla città erano, infatti, le mura, così costose e preziose che a nessuno venne mai in mente di spostarle.

A causa dei confini ristretti dettati dalle mura, Londra cominciò a svilupparsi in modo centrifugo, ossia per mezzo di nuovi insediamenti esterni alle mura, organizzati in comunità con amministrazione locale, senza un centro propulsore dell’espansione

15

.

Talvolta i regnanti vivevano a Londra per qualche breve periodo, ma non vi ebbero mai dimora fissa; anzi, la City arrivò in seguito ad essere considerata indipendente dalla Corona.

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La sede del governo venne fissata a Westminster, che ebbe sempre un forte legame con i sovrani.

Già dal IX secolo esisteva un insediamento all’estremità sud del London Bridge, che ne costituiva la fortificazione. Questo, l’attuale Southwark, probabilmente non aveva mura di pietra ma bastioni di terra (in lingua scandinava «bulwark»), ormai completamente scomparsi. Era una specie di Londra “di seconda categoria”, da sempre connessa con la vita della città, ma che fu incorporata solo nel 1554. Là si rifugiava la gentaglia della città, mentre i più abbienti vi andavano in cerca di divertimenti.

Probabilmente già nell’Alto Medioevo i Danesi, pur non entrando in Londra, avevano una colonia fuori dalle mura, nella zona in cui attualmente sorge la chiesa di St. Clement Danes

17

.

Lo Strand, sobborgo dell’aristocrazia, ha le sue origini nel XIII secolo, quando Pietro II di Savoia (1203 – 1268), ricevuta della terra da Enrico III (1207 - 1272), costruì il Savoy Palace

18

.

“Insomma, nel medioevo riscontriamo un gruppo di cittadine raccolte attorno alle due città ufficiali – e tanto diverse – di Londra e Westminster. Era possibile costruire tranquillamente anche fuori dalle mura, in quanto il pericolo di guerre era diminuito. La libera espansione della città era però contrastata dal circuito dei conventi e dalle relative proprietà.”

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La Chiesa era ormai entrata a Londra e ben radicata in tutto il territorio.

Solo dopo l’abolizione dei conventi da parte di Enrico VIII (1491-1547) l’espansione urbana non incontrò più ostacoli; eppure non si verificò un ampliamento puro e semplice della City, la quale conserva tuttora l’area medievale; anzi, attorno ad ogni villaggio gli edifici si cristallizzarono a formare un comune, e praticamente si continuò con lo stesso metodo di sviluppo.”

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Questa caratteristica medievale della parziale autonomia dei vari sobborghi, è sopravvissuta fino ad oggi nella forma dei Borghi di Londra, London Boroughs, suddivisioni amministrative in cui è ripartita la metropoli di Londra. Ciascuno di essi ha un proprio sindaco ed un proprio consiglio, sebbene siano tutti nel complesso sottoposti all'Autorità della Grande Londra. Se di fatto le aree amministrative sono 33, da un punto di vista tradizionale i London Boroughs sono solo 32, poiché la Città di Londra ha un ordinamento particolare. A complicare il modo di dire comune, intervengono due borghi che hanno il titolo onorifico di borghi reali, mentre Westminster ha il titolo di città; inoltre 12 borghi più la City sono considerati costituenti la Inner London, e 20 componenti la Outer London.

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Ancora oggi sopravvive la curiosa tradizione secondo cui il re giunge ai confini della City come a un paese straniero e il suo capo, il lord major, gli porge il benvenuto consegnandogli simbolicamente una spada.

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San Clemente era il patrono dei marinai danesi.

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Nome ancora oggi conservato dal Savoy Hotel.

19

Rasmussen, op. cit., p. 25

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Ibidem

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3. Londra dopo la conquista normanna

All’alba del nuovo millennio, i Danesi regnavano sull’intera Inghilterra, avendo come città principale una sorta di capitale, Winchester. Nel frattempo Londra aveva sorprendentemente mantenuto la sua più totale indipendenza, autogovernandosi in base a una sorta di diritto tradizionale, mai sancito, in realtà, da nessun documento scritto o concessione reale.

Quando Guglielmo il Conquistatore giunse in Inghilterra, nel 1066, trovò due centri distinti di notevole importanza, quello reale di Westminster e quello commerciale di Londra.

Egli non avrebbe potuto avere la meglio in un assedio su una città tanto forte e unita come Londra; preferì fermarsi alle porte della City, incendiare Southwark e aspettare che i Londinesi, impauriti e persuasi dalla comunità normanna residente, lo scegliessero come re. Teoricamente il regno era ereditario, ma fu come se Londra, in base a una legge non scritta, avesse il diritto di nominare i sovrani

21

.

Alla fondazione del regno d’Inghilterra (14 ottobre 1066) seguì una solida organizzazione del regno, mediante un sistema feudale con una rigorosa gerarchia, che non lasciasse troppo potere e territori troppo vasti ai vari feudatari normanni.

A Londra, però, Guglielmo si comportò diversamente: “Capiva che era meglio mantenersi in buoni rapporti coi mercanti, pronto però a passare alla maniera forte in caso di conflitti. Nel loro statuto garantiva tutte le libertà desiderabili, ma nel contempo cominciava a costruire, proprio sul limitare della città, la Torre, la fortezza reale inespugnabile e minacciosa. I suoi successori ne continuarono la costruzione e intanto andavano assicurando, una costituzione dopo l’altra, le loro amichevoli intenzioni.”

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Questa benevolenza da parte del re non era certo gratuita. La gestione del regno era molto onerosa e sicuramente il re non aveva i mezzi necessari per accollarsi le spese; dunque la concessione di privilegi e favori era il suo strumento per estorcere denaro ai ricchi Londinesi. Anche in caso di conflitto, Londra poteva fornire al re armi, truppe e navi che egli, da solo, non avrebbe potuto permettersi.

Ben presto i continui tentativi di estorsione apparvero ai cittadini profondamente ingiusti. Una soluzione a questo problema avrebbe potuto essere l’accentramento del potere nelle mani di una sola persona; ma quando, alla fine del XII secolo, fu fatto questo tentativo, insorsero i baroni, desiderosi anch’essi di potere, che costrinsero Re Giovanni a firmare, nel 1215, la Magna Charta

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.

La soluzione definitiva al conflitto si sarebbe raggiunta solo più un secolo dopo, quando nacque la prima forma di sistema parlamentare inglese, che non permetteva più né al re né ai grandi nobili di avere la supremazia, risolvendo i problemi attraverso negoziati, cui prendevano parte anche i Comuni.

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Questo curioso diritto è stato esercitato altre volte. Venne esercitato in occasione dell’elezione di Stefano di Blois (1135) e Edoardo IV (1461) e Riccardo III (1483) salirono al trono per volontà dei londinesi, così come Guglielmo d’Orange (1689).

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Rasmussen, op. cit., p. 30

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La Magna Charta Libertatum è stata interpretata a posteriori come il primo documento fondamentale per il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini.

Tra i suoi articoli ricordiamo:

- il divieto per il sovrano di imporre nuove tasse ai suoi vassalli diretti senza il previo consenso del "commune consilium regni" (consiglio comune del regno, formato da arcivescovi, abati, conti e i maggiori tra i baroni, da convocarsi con un preavviso di almeno quaranta giorni e deliberante a maggioranza dei presenti (articoli 12 e 14)

- la garanzia, valida per tutti gli uomini di condizione libera, di non poter essere imprigionati senza prima aver sostenuto un regolare processo, da parte di una corte di pari, se la norma era incerta o il tribunale non competente, o secondo la

"legge del regno" (articolo 39, in cui si ribadisce il principio del "habeas corpus integrum") - la proporzionalità della pena rispetto al reato (articolo 20)

- l'istituzione di una commissione di venticinque baroni, che, nel caso in cui il re avesse infranto i suoi solenni impegni, doveva fargli guerra, chiedendo la partecipazione di tutti i sudditi (articolo 61, in cui si manifesta il futuro principio della legittima resistenza all'oppressione di un governo ingiusto)

In materia economica, la Charta faceva salve le "antiquas libertates" della città di Londra, dei borghi, delle ville e dei porti (articolo 13) e concedeva a tutti i mercanti, esclusi quelli provenienti da paesi in guerra con il re, il diritto gratuito di ingresso e di uscita dal paese (articolo 41); infine per agevolare il commercio, imponeva che in tutto il regno fossero adottate identiche misure per vino, birra e grano ed inoltre che le stoffe fossero confezionate in misure standardizzate (articolo 35).

Benché la Magna Charta nel corso dei secoli sia stata ripetutamente modificata da leggi ordinarie emanate dal

parlamento, conserva tuttora lo status di Carta fondamentale della monarchia britannica.

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Figura 6 Pianta di Londra intorno al 1300

Dal punto di vista urbanistico, nel XIII secolo si assiste a una fioritura di numerosi piccoli nuovi centri urbani, frutto della fioritura economica della regione e del maggior sfruttamento agricolo delle aree.

In Europa nella seconda metà del Duecento si delinea il carattere metropolitano di molte città, tra cui Londra. Si tratta, in definitiva, della traduzione urbanistica dello sviluppo dell’agricoltura e del commercio che aveva riguardato un po’ tutta l’Europa, e che volgerà inesorabilmente alla crisi alla metà del 1300.

Figura 7 In rosso sono evidenziati le nuove città e in verde la posizione di Londra.

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Figura 8 – Individuazione dell’estensione della città nel Duecento, di Southwark, dello Strand e di St. Clemens, in arancione. In giallo sono evidenziate le preesistenze e gli elementi della città romana. In verde, la torre di Guglielmo I.

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4. LONDRA NELL’ETÀ MODERNA

4.1 Il centro del commercio mondiale

Le grandi scoperte geografiche e la conquisa dei mari, che segnano il passaggio all’età moderna, rappresentarono per Londra una grande svolta; infatti, finché le principali vie di comunicazione erano costituite dai fiumi, le città del continente, e in particolare quelle anseatiche, risultavano avvantaggiate, ma con lo sviluppo della navigazione marittima, Londra si trovò al centro di una fitta rete commerciale di portata pressoché mondiale.

Da circa quattro secoli (da quando i Cistercensi vi si erano stabiliti nel II secolo), l’allevamento ovino sull’isola britannica era cresciuto costantemente. In Inghilterra in particolare le greggi potevano pascolare numerose e libere, vista la sicurezza del territorio, quindi, la lana e il commercio della materia grezza dapprima e dei tessuti filati e lavorati poi, fecero la grandezza di Londra.

La presenza, inoltre, di monarchie particolarmente intuitive rese feconde queste condizioni favorevoli: in particolare Enrico VIII (1509 - 1547) fece di tutto per aumentare l’esportazione dei tessuti e per mantenere degli ottimi rapporti tra Westminster e Londra, fra il centro governativo e quello mercantile; quest’ultima giunse grazie alle sue attività, all’accumulo di ingenti capitali, che a loro volta ne producevano altrettanti, con investimenti in nuove iniziative commerciali.

In questo scenario, le grandi scoperte geografiche non fecero altro che fornire nuovi sbocchi ai traffici inglesi: i mercanti londinesi disponevano di capitali sufficienti per equipaggiare le spedizioni e l’Inghilterra aveva navigatori abili e intraprendenti per compierle. Il governo li sosteneva e, indirettamente, anche la Chiesa

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operava in tal senso.

A Londra si affrontò la corsa al Nuovo Mondo in modo profondamente diverso dalle altre monarchie europee; infatti nessuna strategia definita a tavolino guidava le spedizioni, ma i privati che le intraprendevano di propria iniziativa sapevano che, in caso di successo, lo stato li avrebbe sostenuti e che la Corona stessa era economicamente interessata alle loro conquiste commerciali.

24

Appariva un dovere morale, ai gentiluomini inglesi, strappare quanto più possibile dalle mani degli spagnoli papisti.

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4.2 Le condizioni urbane nel XVII secolo

Figura 9 Mappa di Londra di John Norden del 1593

All’inizio del 1600 l’espansione di Londra aveva raggiunto proporzioni allarmanti. L’aumento demografico degli ultimi secoli e l’incremento del commercio avevano riversato in città un’enorme quantità di persone, tutte in cerca di alloggio

25

. La forma così ristretta della città aveva portato allo sviluppo di vasti quartieri fuori dalle mura, spesso abitati da stranieri e immigrati malvisti dai residenti e quindi in cerca di insediamenti periferici, che presto raggiunsero condizioni di vita pessime e insalubri.

“Nel 1598 John Stow

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, nel descrivere un distretto di Londra, cita questo resoconto che, a suo dire, dovrebbe risalire a «non molti anni fa» e che indica chiaramente le condizioni di emarginazione in cui vivevano gli stranieri:

“Nel Billingsgate Ward si contavano cinquantuno famiglie straniere, e trenta di esse abitavano nella parrocchia si St. Botolph, nei palazzi più importanti, dove pagavano venti sterline l’anno per una casa che prima si affittava per quattro marchi; più vicini si trovavano al fiume più caro pagavano, e solo trent’anni prima non c’erano più di tre olandesi in tutto il ward; a quel tempo nella suddetta parrocchia si raccoglievano, per i sussidi ai poveri, settantadue sterline all’anno; dacché la popolazione si è fatta così numerosa, non si poterono raccogliere più di undici sterline, poiché gli stranieri non intendono provvedere a tali necessità come fanno gli altri cittadini.”

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Inoltre, le trasformazioni socio economiche in corso portarono alla formazione di flussi migratori di artigiani impoveriti dalla City verso i quartieri esterni, lasciando spazio alla nuova ricca classe emergente dei mercanti. Il valore fondiario nella City era infatti aumentato e gli artigiani, indeboliti dai commercianti, abbandonavano le botteghe. La City divenne quindi per lo più un quartiere residenziale e commerciale, mentre i sobborghi assunsero le vesti di quartieri artigianali. In seguito si sarebbe verificata un’altra trasformazione: anche gli edifici residenziali dei mercanti si sarebbero trasferiti fuori dalle mura, lasciando nella City solo negozi e uffici.

La schiera del vasto proletariato londinese era accresciuta anche dalla massa di contadini, ormai disoccupati a causa del crescente sfruttamento del latifondo, non più per l’agricoltura, ma per il pascolo più redditizio.

A Shoreditch e a Spitalfields si stabilì quell’ondata migratoria che introdusse la tessitura della seta, a Southwark si stanziarono i cappellai francesi e i

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Gli abitanti dovevano essere circa 400000, compresi i cittadini di Westminster e fuori le mura, nonostante non fosse mai stato fatto un censimento.

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Storico inglese, 1525 - 1605

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Rasmussen, op. cit., p.56

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fiamminghi che sapevano estrarre la birra dal luppolo e a Westminster e a Clerkenwell trovarono residenza gli stampatori olandesi.

Nella pianta riportata, si nota lo sviluppo di Londra quasi esclusivamente sulla riva sinistra del Tamigi, con la Torre normanna a est e l’unico passaggio sul Tamigi al centro.

A occidente, dopo l’ansa del fiume, il centro di Westminster appare indipendente da Londra, con l’abbazia e la Whitehall. Attorno ci sono ampie zone verdi, come testimoniano i nomi di alcune chiese, come St.

Martin in the fields.

I due centri sono collegati dallo Strand (che significa riva), una strada curva che segue l’ansa del fiume.

Durante il regno di Carlo I (1625 – 1648), gli aristocratici iniziarono a stabilirsi nel West End intorno allo Strand e, costituendo così la spina dorsale fra i due centri, popolarono e urbanizzarono le grandi tenute nobiliari.

La City, residenza di antiche famiglie di mercanti e commercianti, è segnata da due grandi vie di attraversamento, pressappoco parallele al fiume: Thames Street e, più a nord, Cheapside Poultry che, all’altezza dell’edificio della Borsa, si divide in Chill e Lombard Street.

Il reticolo di strade che scende fino al fiume ha il suo asse principale in Old Fisch Street, che giunge fino al ponte. Le strade sono strette e le costruzioni in legno. Già nel XVI secolo il sovraffollamento della città era una questione preoccupante, sia per motivi di igiene che di sicurezza; peraltro un provvedimento elisabettiano che vietava di costruire in legno e imponeva la pietra, venne completamente disatteso.

Figura 10 Ingrandimento della pianta, in cui sono visibili alcuni degli elementi urbani principali della città del Seicento

Figura 11 Londra, una delle prime pianta conosciute. 1553-59, con vedute generali della città.

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14

4.2.1 Inigo Jones

Il maggior protagonista dell’architettura e dell’urbanistica londinese nella prima metà del XVII secolo fu senza dubbio Inigo Jones

28

. Al ritorno dai suoi viaggi in Francia e in Italia, è nominato nel 1615 sovrintendente alle fabbriche reali alla corte di Giacomo I. Sbarca così in Inghilterra un modo tutto nuovo di progettare, quel rigore razionalista e quel metodo urbanistico della facciata uniforme, provenienti soprattutto dalla Francia, che creano una netta rottura con la tradizione insulare e che derivano dal linguaggio palladiano contenente già i presupposti del neoclassicismo inglese. Durante il suo incarico alla corte del re, avvennero i più interessanti cambiamenti nella concezione urbana e architettonica. La Banqueting House di Whitehall e l’apertura di Lincoln’s inn Fields, ai margini dello Strand, la prima piazza regolare ad architettura omogenea, stabiliscono alcuni canoni profondamente innovativi.

Figura 12 Whitehall, Banqueting House, 1829

Intorno al 1620 venne avviata la prima lottizzazione urbana, cui questo tipo di architettura fornirà il linguaggio progettuale, quella di Lincoln’s inn Fields. I terreni su cui viene costruita erano stati venduti dal re a un imprenditore privato, Newton, che si impegnava a costruire trentadue case di abitazione intorno ad un’area rettangolare, una piazza con giardini e percorsi, disegnata da Inigo Jones, che in realtà si configura come spazio misto tra l’urbano e il naturale.

Nonostante il divieto di costruire a Londra eccetto che su vecchie fondazioni, il conte di Bedford ottenne nel 1630 – previo pagamento – il permesso di costruire nella sua vasta tenuta di Covent Garden

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, circa a metà dello Strand. La licenza prevedeva la costruzione di abitazioni per persone di un certo livello sociale ed economico, in modo da creare un complesso che conferisse onore alla città; per questo la progettazione venne affidata a Inigo Jones.

Questo tipo di lottizzazioni, con abitazioni continue e molto basse, che nel Seicento e nel Settecento ispireranno la costruzione di altri squares londinesi, erano destinate a classi sociali privilegiate; le più antiche piazze del West End erano riservate ai ceti abbienti legati alla monarchia, poiché la nobiltà continuava a risiedere in campagna.

L’area centrale di Covent Garden, un rettangolo di 123 x 92 metri, fu destinato, in tempi successivi, a mercato di frutta e ortaggi, portando in tal modo ad un conseguente notevole deprezzamento delle abitazioni.

28

Smithfield, 15 luglio 1573 – Londra, 21 giugno 1652: fu architetto, scenografo e costumista britannico, il primo a portare l'architettura rinascimentale oltremanica.

29

“Giardino del Convento”; il nome deriva dal fatto che in origine queste terre erano di proprietà ecclesiastica.

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Figura 13 Covent Garden col mercato, 1631-1635

Covent Garden è il primo esempio di popolamento delle zone fuori dai centri di Londra o Westminster;

questo delinea un procedimento di urbanizzazione che, sostanzialmente, non muterà fino all’età vittoriana e che, di fatto, consiste nella fondazione di una nuova città.

La zona del West End era composta da vaste tenute formatesi nel Cinquecento tramite gli espropri dei beni ecclesiastici: quelle terre che nei paesi mediterranei erano ancora in mano alla Chiesa, a Londra erano dunque di proprietà della corona e vennero assegnate a personaggi in vista nell’ambito della corte, i landlords, che, una volta ottenuta dal sovrano una licenza di popolamento, provvedevano ad affittare le proprietà, allo scopo di costruire (building lease), a imprenditori in grado di investire adeguati capitali.

Allo scadere della concessione in affitto, terra e case tornavano al landlord; la durata dell’affitto di Covent Garden era di trent’anni, ma in seguito il periodo si allungò, giungendo, alla fine del Settecento, alla durata di 99 anni. Una volta completato il piano di costruzione, le abitazioni venivano locate e il costruttore ne traeva il suo profitto.

Il landlord si comportava di fatto come un piccolo sovrano nei territori a lui affidati; egli non aveva bisogno

di utili immediati, quanto piuttosto preferiva promuovere una valorizzazione del terreno su larga scala

temporale. Aveva la facoltà di imporre il carattere sociale, architettonico ed economico del quartiere,

imponendo, tra le altre cose, i nomi della famiglia nella toponomastica; inoltre controllava minuziosamente

tutto il processo di realizzazione e la fase di manutenzione, in modo che il quartiere non fosse vittima di

degrado.

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16

4.3 Il Grande Incendio

Il Grande Incendio di Londra scoppiò nella tarda serata del 1° settembre del 1666 e si propagò alimentato dal vento dell’est, dopo esser scoppiato a Pudding Lane, nella zona sud della città, nella casa di Thomas Farrinor, un fornaio del re Carlo II. Si ritiene che l'incendio abbia avuto inizio perché Farrinor dimenticò di spegnere il forno prima di ritirarsi per la sera e che poco dopo la mezzanotte alcuni tizzoni ardenti abbiano dato fuoco a della legna posta nelle vicinanze. Farrinor riuscì a scappare dall'edificio in fiamme assieme alla famiglia, uscendo da una finestra del piano superiore, ma la sua domestica non riuscì a fuggire e fu la prima vittima dell'incendio.

Figura 14 Londra da Bankside, Southwark, durante il Grande incendio — da una stampa del periodo di Visscher

In un primo momento la gente non sapeva come comportarsi e molti abbandonarono la città in fiamme, cercando di mettere in salvo i propri averi; l’incendio continuò a divampare per giorni e giorni, così che si pensò di costruire una cintura vuota che lo bloccasse, abbattendo sistematicamente alcune file di case.

L’incendio si arrestò solo il 6 settembre, ma si riaccese in seguito e probabilmente continuò a covare per diversi mesi.

The Monument venne costruito per commemorare l’incendio

30

, che distrusse circa i due terzi della città, compresa la Old St. Paul Cathedral, oltre a 87 parrocchie, 44 associazioni commerciali e il Royal Exchange.

30

È posto vicino al luogo dove iniziò l'incendio, presso l'estremità nord del London Bridge. L'angolo tra Giltspur Street e

Cock Lane dove finì l'incendio è noto come Pye Corner, ed è segnato da una piccola statua dorata nota come Fat Boy

(Ragazzo grasso) o Ragazzo dorato di Pye Corner, probabilmente un riferimento ad una teoria esposta da un

predicatore anticonformista che disse: «La calamità non fu dovuta al peccato di blasfemia, perché in quel caso avrebbe

avuto inizio a Billingsgate, né per oscenità perché allora Drury Lane sarebbe stata la prima a prender fuoco, né per menzogna perché allora le fiamme avrebbero raggiunto la City da Westminster Hall. No, fu causata dal peccato di gola perché iniziò a Pudding Lane e finì a Pye Corner.»

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17

Figura 15 Il Monumento al grande incendio di Londra, di Christopher Wren e Robert Hooke

Figura 16 - Londra dopo l’incendio del 1666, Wenceslaus Hollar

Il 10 settembre, quando l’incendio non era ancora domato del tutto, Christopher Wren presentava al re un piano di ricostruzione della città. Tre giorni dopo anche l’amico John Evelyn portava a corte un progetto; il 20 settembre veniva presentato il progetto del capitano Valentine Knight e il giorno seguente anche quello del professor Hooke.

Christopher Wren

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, che aveva cominciato ad occuparsi di architettura solo quattro anni prima, sfruttò l’occasione dell’incendio per mettere in atto alcune idee urbanistiche nate dalla visita di alcune città

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Sir Christopher Wren (East Knoyle, 20 ottobre 1632 – Londra, 25 febbraio 1723) è stato un architetto e scienziato

inglese del XVII secolo. A metà del Seicento ricopre l’incarico di Vice sovrintendente ai Lavori di sua Maestà.

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europee. Il suo progetto, sicuramente rigoroso e ingegnoso, si basava su alcuni dati fondamentali, ossia che l’accesso alla città avvenisse attraverso le porte e il ponte, da cui si potesse giungere agilmente alle varie parti della città; che le case fossero rettangolari, con le strade incrociate ad angolo retto; che i due centri focali di Londra, St. Paul Cathedral e la Borsa, assumessero una posizione prevalente nell’urbanistica della città.

Figura 17 – Progetto di ricostruzione di Christopher Wren

Il problema della rete viaria era risolto secondo le teorie dell’epoca, con le strade convergenti in un punto, come nel celebre esempio di Piazza del Popolo a Roma. Nel piano di Wren dal London Bridge si irradiano quattro strade principali, di cui una conduce allo Stock Exchange, al centro della rete viaria; dalla porta occidentale, Ludgate, partono in diagonale due direttrici e al centro dell’angolo da loro formato sorge la chiesa di St. Paul. Le piazze non sono ancora progettate alla maniera europea, ma sono solo delle dilatazioni degli incroci stradali.

John Evelyn, colto aristocratico inglese, redasse il proprio progetto sulla base della sua grande passione architettonica e urbanistica, alimentata da numerosi viaggi nel continente, e quindi denotando una maggior conoscenza dell’architettura contemporanea rispetto a Wren. Egli proponeva una serie di piazze ampie e regolari, che ordinassero un sistema geometrico simmetrico. Evelyn accompagnò il progetto con una minuziosa descrizione per l’esecuzione di tutti i dettagli, fino al selciato, ai condotti di scarico, alle grondaie, alla decorazione delle porte urbane, con tutta una serie di suggerimenti molto convenienti, a parer suo, per Londra.

Il progetto è sostanzialmente costituito da una scacchiera con quattro diagonali che collegano i principali

accessi alla città e le cui intersezioni costituiscono le piazze, che potevano essere destinate al mercato, ma

anche abbellite con fontane e giardini.

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19

Figura 18 – Progetto di ricostruzione di John Evelyn.

Il progetto di Robert Hooke

32

, invece, è andato perduto, ma si sa che consisteva in una maglia di strade estremamente regolari.

Figura 19 – Progetto di ricostruzione attribuibile a Robert Hooke

Il piano di Valentine Knight consiste esclusivamente nella descrizione di un piano per la ricostruzione di Londra, con tutte le istruzioni per suddividere l’area devastata dal fuoco. Knight parte dalla determinazione degli isolati, lunghi e stretti, che potevano essere ulteriormente suddivisi senza spreco di spazio. Egli dispose innanzi tutto due larghe strade principali, parallele al Tamigi, intersecate da sei traverse perpendicolari. Gli isolati che ne risultavano avevano le dimensioni adatte per costruire due file di case separate da uno stretto cortile; si assicurava così la costruzione del maggior numero di case con un minimo di strade. Egli proponeva inoltre di costruire marciapiedi coperti da portici e di cingere la City con un canale, per permettere alle navi di raggiungere i magazzini nella città direttamente dal Tamigi.

32

Robert Hooke (Freshwater, 18 luglio 1635 – Londra, 3 marzo 1703) è stato un fisico, biologo, geologo e architetto

inglese. Fu uno dei più grandi scienziati del Seicento e una delle figure chiave della rivoluzione scientifica.

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Figura 20 – Ricostruzione del progetto di Knight

Nessuno dei piani redatti fu eseguito, né fu messo in discussione dal Parlamento o dalla City corporation.

La storia di Londra dimostra che alla corte di Carlo II c’erano uomini dalle idee sorprendentemente moderne e nel contempo insegna che la vera forza della città è sempre stata l’indipendenza del suo governo dalla corona. Infatti solo un enorme esproprio da parte di una monarchia forte e assoluta, nonché ricca, avrebbe reso possibile la realizzazione di un piano come quello di Wren, in cui né una casa, né una strada conservavano la loro collocazione originaria. E anche se l’incendio avesse distrutto tutto, le aree e i loro confini non sarebbero scomparsi: ogni cittadino avrebbe potuto indicare con esattezza la posizione e le dimensioni della propria abitazione, con il conseguente calcolo del suo valore. Il piano di Wren non era quindi obiettivamente realizzabile. Il re vi rinunciò con una sorprendente prontezza e lucidità; emanò un proclama in cui proibiva ai cittadini di iniziare ogni costruzione, prima di qualsiasi disposizione, in modo da evitare incoerenze nella nuova City. Ben presto il re formò una commissione, formata da sir Roger Pratt, dal signor Hugh May e dal dottor Wren, al fine di redigere una descrizione della città e di stabilire alcune direttive per la ricostruzione. Alla commissione si aggiunsero altri tre componenti, tra cui il professor Hooke.

Lo stato precedente all’incendio fu studiato ed esposto in relazioni che divennero le basi per la Londra da ricostruire: si riconosceva che le strade erano troppo strette e quindi si disponeva che fossero più larghe, sia in conformità ai canoni estetici dell’epoca, sia in funzione del crescente traffico di carrozze. Si prevedeva inoltre che la case fossero costruite in mattoni o pietra e che fosse realizzato un grande lungofiume, dal momento che la presenza di casupole lungo il fiume aveva impedito di usare l’acqua del Tamigi per spegnere il Grande Incendio.

La legge edilizia

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fu completata con un grande lavoro del Parlamento e fu finalmente votata l’8 febbraio 1667. Essa stabiliva le caratteristiche delle case in rapporto alla dimensione delle strade e permetteva di costruire case basse solo su strade strette, con poco traffico e poca illuminazione, mentre edifici più alti potevano essere costruiti su strade più ampie.

33Rebuilding of London Act 1666

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Figura 21- Tipi di case permesse nella ricostruzione, destinate a sorgere rispettivamente su strade secondarie, medie e principali.

Schema di W. R. Davidge

Inoltre, le proprietà anteriori all’incendio sarebbero state rispettate, senza lesione dei diritti dei proprietari.

“Una clausola della legge merita una particolare attenzione: se il proprietario non avesse ricostruito entro tre anni dall’Incendio, il suo terreno sarebbe divenuto proprietà della città, che lo avrebbe risarcito in base alla giusta stima fatta e avrebbe poi potuto rivenderlo ad altri privati desiderosi di costruire. Al fondo di tutto questo sta l’idea che la terra non può mai essere considerata interamente come proprietà privata. Per diritto la terra appartiene alla comunità; il privato può solo acquisirne l’uso, ma se non l’utilizza, perde questo diritto e deve cederlo ad altri. Viceversa colui che sa rendere produttiva la sua terra acquisisce uno speciale diritto, di cui non può essere impunemente privato.”

34

Anche se la ricostruzione non avvenne nei tre anni previsti dalla legge, la città fu ricostruita in pietra e mattoni, con strade larghe e un ampio lungofiume, assumendo un nuovo aspetto, l’aspetto di una città ricca e forte.

Molti aristocratici preferirono costruire la loro nuova dimora nel West End, dove vennero costruiti eleganti quartieri, come St. James’s, mentre anche la strada rurale di Piccadilly venne costellata da ricche dimore di cortigiani come la Burlongton House. Si veniva dunque delineando sempre più chiaramente la separazione tra città commerciale (City of London) e il mondo della corte (Westminster).

A Christopher Wren venne affidato l’incarico della ricostruzione di alcune chiese e della cattedrale di St.

Paul.

L’East End, una zona immediatamente fuori dalle mura, nella parte orientale, si andò popolando molto velocemente dopo l’Incendio. I moli del porto fluviale si estesero verso la foce del Tamigi, attraendo molta manodopera portuale e commerciale nei quartieri di Whitechapel, Wapping, Stepney e Limehouse, a est della City, dove si viveva in condizioni alquanto miserevoli.

Guglielmo III d’Orange, re dal 1689 al 1702, non amò molto Londra, in quanto il crescente smog gli provocava attacchi d’asma. Dopo l’incendio del 1691 in cui il Whitehall Palace subì molti danni, comprò Nottingham House e la trasformò in Kensington Palace. Kensington era, a quell’epoca, solo un piccolo villaggio, ma, con l’arrivo della Corte, crebbe notevolmente d’importanza. Il palazzo venne raramente abitato dai monarchi successivi, ma la sua costruzione portò questo quartiere di Londra ad essere molto popolato, tanto che durante il successivo regno della regina Anna

35

venne autorizzata la costruzione di numerose chiese, per far fronte all’aumento di popolazione e all’espansione della città.

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Rasmussen, op. cit. , p. 117

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1702 - 1714

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Figura 22 – Mappa di Londra, 1673, Richard Blome

Figura 23 – In rosa sono evidenziate le zone oggetto di espansione nel Seicento, in rosso le aree abitate nel Quattrocento e Cinquecento.

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5. Londra e la rivoluzione industriale

Dopo la Gloriosa Rivoluzione del 1689, la monarchia costituzionale inglese diventò in breve tempo la prima potenza economica d’Europa; Londra si sostituì ad Amsterdam come centro del commercio e della finanza mondiale, e crebbe fino a diventare la più grande città d’Europa; alla metà del ‘700 era più grande di Parigi, e alla fine del ‘700 era la prima città occidentale, con un milione di abitanti.

Infatti Londra è la prima grande città borghese, in cui la forma urbana non dipende più da grandi interventi del governo o di una ristretta classe dominante, ma dalla somma di un gran numero di piccoli interventi privati; si trattava di composizioni architettoniche eleganti ed equilibrate (strade o piazze circondate da case tutte uguali, con giardini comuni al centro), ma la ripetizione di questi episodi formava un organismo nuovo e sconcertante: una periferia gigantesca e inafferrabile, che dilagava in ogni direzione e si mescolava gradatamente alla campagna, senza arrivare a un limite definito.

Daniel Defoe

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nel 1726 la considera una “città mostruosa” e domanda “dove deve collocarsi una linea di confine una circonvallazione?”. Un secolo più tardi Heinrich Heine

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arrivando a Londra dalla Germania, scrive: “Mi attendevo grandi palazzi e non vidi che casupole. Ma è appunto la loro uniformità e il loro numero incalcolabile che lasciano un’impressione così grandiosa”.

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Il XVIII secolo è caratterizzato in Inghilterra dalla rivoluzione industriale

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, un fenomeno socio economico che affonda le sue cause in una particolare concomitanza di fattori sociali, economici, culturali e tecnologici e diviene un capitolo complesso della storia dell’intera civiltà occidentale, tanto che le sue conseguenze dirette o indirette e non sempre negative, sono state pressoché infinite sia in Inghilterra e poi in Europa e in tutto il mondo.

Il territorio e le città ne furono praticamente sconvolti; il fenomeno dell’urbanesimo, ossia il passaggio di grandi masse di lavoratori dalla campagna alla città, portò, insieme all’abbandono delle campagne, all’espansione caotica di squallide periferie urbane e alla trasformazione del nucleo preesistente. Le classi abbienti abbandonarono gradualmente il centro, stabilendosi in periferia: le vecchie case diventarono tuguri dove si ammassavano i poveri e i nuovi immigrati. Le zone verdi comprese nell’organismo antico – i giardini dietro le case a schiera, i giardini più grandi dei palazzi, gli orti – furono occupate da nuove costruzioni, case e capannoni industriali.

Gli effetti di queste trasformazioni si sommarono e si aggravarono verso la metà del secolo successivo, quando nella periferia industriale sparì l’omogeneità sociale e architettonica della città antica. Gli individui e le classi non desideravano integrarsi nelle città come in un ambiente comune, ma accadeva che le varie classi sociali tendessero a stabilirsi in quartieri diversi – ricchi, medi, poveri – e le famiglie a vivere il più possibile appartate.

La residenza individuale con giardino – riservata una volta ai re e ai nobili – divenne accessibile (in una versione ridotta) ai ricchi e ai medi borghesi, e il grado di indipendenza reciproca era il contrassegno più importante del livello sociale: i ricchi abitavano in case più appartate – ville o villini - , i poveri avevano abitazioni meno appartate: case a schiera o alloggi sovrapposti in fabbricati a molti piani.

Poiché i regolamenti mancavano o erano disattesi, la qualità degli alloggi più poveri arrivava fino ad un limite a mala pena sopportabile dai lavoratori peggio pagati. Gruppi di speculatori costruivano queste case, poche alla volta o in grandi complessi, mirando solo a ottenere il massimo guadagno: l’operaio, il cui salario era appena compatibile con la sopravvivenza, doveva pagare l’affitto e il padrone, che aveva costruito una casa più ristretta possibile e con i materiali più scadenti, doveva ricavarne un guadagno superiore al costo di costruzione. L’incontro di queste due esigenze determinava il carattere della casa e del quartiere.

La casa era sicuramente migliore della capanna dove la stessa famiglia aveva abitato in campagna: i muri erano di mattoni invece che di legno, la copertura di ardesia invece che di paglia, il mobilio e i servizi erano ugualmente primitivi o mancanti. Ma la capanna aveva molto spazio intorno, dove i rifiuti potevano essere eliminati con facilità e molte funzioni – l’allevamento degli animali, il traffico dei pedoni e dei carri, i giochi dei bambini – potevano svolgersi all’aperto senza disturbarsi troppo fra loro. Ora l’accostamento di molte case in un ambiente ristretto ostacolava lo smaltimento dei rifiuti e lo svolgimento delle attività all’aperto:

lungo le strade correvano fogne scoperte, si accumulava immondizia, e nei medesimi spazi circolavano

36

Londra, 3 aprile 1660 – 21 aprile 1731 è stato lo scrittore britannico, generalmente indicato come il padre del romanzo inglese.

37

Düsseldorf, 13 dicembre 1797 – Parigi, 17 febbraio 1856 è stato il maggior poeta tedesco del periodo di transizione tra il romanticismo e il realismo.

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Citato in Benevolo L., op. cit. pp. 764 - 771

39

Cfr. Benevolo L., op. cit. pp. 801 e segg. e Brunetti F., Profilo storico dell’urbanistica moderna, Modena, 1995, p. 1 -

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persone e veicoli, vagavano animali, giocavano bambini. Inoltre i quartieri poveri sorgevano nei posti più sfavorevoli, soprattutto vicino alle industrie e alle ferrovie, lontano dalle zone verdi. Le fabbriche disturbavano le case coi fiumi e coi rumori, inquinavano i corsi d’acqua e attiravano ulteriore traffico.

Questo ambiente disordinato e inabitabile fu il risultato della sovrapposizione di molte iniziative pubbliche e private, non regolate e non coordinate. La libertà individuale, richiesta come condizione per lo sviluppo dell’economia industriale, si rivelò insufficiente a regolare le trasformazioni edilizie e urbanistiche, prodotte appunto dallo sviluppo economico; evidentemente le classi povere subivano in modo più diretto gli inconvenienti della città industriale, ma le classi ricche non potevano sfuggirvi del tutto.

Charles Dickens nel suo romanzo Hard Times (1854) descriveva una città di fantasia, Coketown, che rispecchiava un qualsiasi centro industriale dell’Inghilterra dei suoi tempi: “Era una città di mattoni rossi, o meglio di mattoni che sarebbero stati rossi se il fumo e la cenere lo avessero permesso; ma, così come stavano le cose, era una città di un rosso e nero innaturale come la faccia dipinta di un selvaggio. Era una città di macchine e di alte ciminiere dalle quali uscivano senza soluzione di continuità interminabili serpenti di fumo… Aveva molte strade larghe, tutte eguali una all’altra e molte viuzze ancor più simili le une alle altre, che uscivano e entravano tutte alla stessa ora, con lo stesso scalpiccio sugli stessi selciati, per fare lo stesso lavoro, persone per le quali ogni giorno era eguale al giorno precedente e all’indomani, ogni anno il duplicato dell’anno trascorso e dell’anno a venire.”

40

A partire dal 1830, quando si svilupparono le prime linee ferroviarie in Inghilterra, aumentò la concentrazione degli opifici in grandi centri: lo sviluppo della ferrovia, le fabbriche e gli slums, i miserabili quartieri operai, caratterizzarono in modo evidente la città, divenendo da allora i simboli della città industriale.

“Erano essi a comporre la città industriale: un’espressione per designare semplicemente il fatto che almeno duemila persone erano concentrate in un territorio che poteva essere indicato con un unico nome proprio.

Questi grumi urbani potevano ingrandirsi cento volte – e alcuni effettivamente si ingrandirono – senza per questo acquistare qualcosa di più che un’apparenza delle istituzioni che caratterizzano una città nell’accezione sociologica del termine, di luogo in cui si concentra un’eredità sociale e in cui la possibilità di continui rapporti e di reciproche influenze eleva a un potenziale più alto le complesse attività dell’uomo”

41

.

Figura 24 – Un’allegoria della città industriale: “Londra che esce dalla città, o la marcia dei mattoni e della calce” incisione di George Cruikshank, 1829

Verso il 1830 il colera si diffuse dall’Asia in Europa, e nelle grandi città si svilupparono epidemie, che obbligarono i governanti a correggere almeno i difetti igienici, cioè a scontrarsi col principio della libertà d’iniziativa, proclamato in teoria e difeso ostinatamente in pratica nella prima metà del secolo.

40

Dickens C., Tempi difficili, Rizzoli, Milano, 1951, p. 28

41

Mumford L., op. cit., p. 571

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In Inghilterra un gruppo di funzionari e di uomini politici radicali promosse una serie di inchieste sulle condizioni di vita nelle città (pubblicate nel 1842, nel ’44, nel ’45, fonti per l’analisi di Engels

42

, in cui i più agghiaccianti particolari sulle case e sui quartieri operai furono presentati all’opinione pubblica che, sconcertata, reclamava un intervento: ma solo dopo anni di discussioni accanite si votò la prima legge sanitaria, nell’estate del 1848.

La legge del 1844 stabiliva i requisiti minimi per gli alloggi da dare in affitto; nel 1848 fu varata una legge più organica, il Public Health Act, che per la prima volta in Inghilterra limitava l’indiscriminata libertà privata a favore dell’interesse pubblico. Il primo articolo di tale legge recita: “Poiché i nuovi e più efficaci provvedimenti debbono esser presi per migliorare le condizioni sanitarie della città e dei distretti popolosi in Inghilterra e Galles, conviene che la fornitura dell’acqua a queste città e distretti, le fognature, i drenaggi, la nettezza urbana e le pavimentazioni siano per quanto possibile poste sotto un solo e medesimo organo locale di gestione e controllo, sottoposto alla supervisione generale più sotto indicata…”

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A quel tempo le fognature scaricavano direttamente nel Tamigi. La situazione si rese insostenibile quando, nell’estate particolarmente calda e poco piovosa del 1858, gli scarichi che si riversavano nel Tamigi in regime di magra, generarono alcune prolificazioni batteriche che, con il loro odore nauseabondo, resero impossibile la vita in città. Inoltre, le acque inquinate usate per dissetare la popolazione determinarono una serie di infezioni intestinali. Il Parlamento si decise quindi ad affidare l’incarico per la costruzione di una rete fognaria di Londra; l’ingegnere Joseph Bazalgette piazzò 2100 chilometri di tubazioni interrate, realizzando una delle opere civili più grandiose dell’Ottocento. Il sistema, utilizzato ancora oggi, contribuì a diminuire sensibilmente le epidemie di colera e altre malattie.

42

Nel 1845 esce il suo scritto La situazione della classe operaia in Inghilterra

43

Citato in Benevolo L., Le origini dell’urbanistica moderna, Laterza, Bari, 1964, p. 132

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5.1 Altre trasformazioni urbane del XVIII secolo

Durante l’era georgiana

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la città di Londra si espanse notevolmente. Insieme alla nascita dei quartieri operai a seguito, come visto, della rivoluzione industriale, sorsero anche nuovi quartieri, come Mayfair, per la classe più facoltosa.

Nel 1750 sorse il secondo ponte della città, il Westminster Bridge, così che, insieme alla costruzione successiva di altri attraversamenti del fiume, si svilupparono i quartieri a sud del Tamigi e il porto si espanse vero il mare.

Figura 25 – Buckingham Palace nel 1842, prima che l’edificio del 1847 chiudesse il quadrilatero.

Nel 1762 Giorgio III acquistò dal duca di Buckingham Buckingham Palace, che divenne peraltro la stabile dimora regale solo nel XIX secolo, con la regina Vittoria.

Nel XVIII secolo si sviluppò a Londra il fenomeno delle coffee houses, già presenti dalla metà del Seicento, ma che ormai si erano abbondantemente diffuse, divenendo luoghi di aggregazione e confronto, dove si discutevano idee di egualitarismo e repubblicanesimo, si trattavano affari e si diffondevano le notizie. Con la diffusione della stampa quotidiana, Fleet Street, così chiamata da un fiume che un tempo la intersecava e che oggi scorre sotto la strada, divenne il centro della stampa britannica, essendo, almeno fino agli anni

’80, sede dei maggiori giornali inglesi.

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Generalmente ci indica così il periodo che va dal regno di Giorgio I a quello di Giorgio IV, fra il 1714 ed il 1830

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Figura 26 – In viola, le aree oggetto di espansione o di particolare importanza nel Settecento.

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6. Londra nell’ottocento

Figura 27 - Londra in una stampa di J. & C. Walker nel 1845 da una mappa di R Creighton. Molti distretti del West End appaiono pienamente sviluppati, e l'East End esteso ai margini della City of London. Si notano i diversi ponti sul Tamigi.

Nell’Ottocento Londra era la città più grande del mondo. All’inizio del secolo aveva già un milione di abitanti e nel 1851 – all’apertura della Prima Esposizione Universale al Palazzo di Cristallo – raggiunse i due milioni e mezzo.

Nel 1888 venne istituita la nuova Contea di Londra, amministrata dal London Country Council, con membri

eletti dal popolo, per amministrare tutto il territorio di Londra, che nel 1901 contava quattro milioni e mezzo

di abitanti. Nel 1900 fu conveniente dividere tale territorio in ventotto boroughs, quartieri con

un’amministrazione locale. Altri due milioni di abitanti abitavano ormai fuori dai confini della contea e questa

enorme aggregazione di case e abitanti crebbe fino a sfiorare i nove milioni di abitanti alla vigilia della

seconda guerra mondiale, nel 1939.

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Figura 28 – Sequenza che mostra la crescita di Londra tra l’Ottocento e il Novecento

I cambiamenti che si consumarono in questo secolo sono definibili epocali. Nel 1805 Pall Mall è la prima strada del mondo illuminata a gas; nel 1851 viene inaugurata la Prima Esposizione Universale al Palazzo di Cristallo, il più grande edificio mai costruito: è lungo, non a caso, 1851 piedi (550 metri) e copre sette ettari e mezzo. La fiera richiamò turisti da tutto il mondo e costituì un’evidente dimostrazione della potenza mondiale dell’Impero britannico.

Nel 1836 venne realizzata la prima linea ferroviaria, che collegava London Bridge a Greenwich, inizio della costruzione di una fitta rete di trasporti che metteva in comunicazione Londra con tutta l’Inghilterra.

Vennero allora costruite le stazioni della città: Euston station (1837), Paddington station (1838), Fenchurch street station (1841), Waterloo station (1848), King’s Cross station (1850) e St. Pancras station (1863). Dal 1863 venne messa in funzione la prima linea della metropolitana urbana; così il collegamento fra le varie parti della città divenne sempre più agevole e questo portò allo sviluppo di aree lontane dalla City e fuori dalla contea.

L’area urbanizzata cresceva propagandosi a Islington, Paddington, Belgravia, Holborn, Finsbury, Shoreditch, Southwark e Lambeth.

Tra il 1848 e il 1865 si realizzarono i due argini del Tamigi fra la City e Westminster; nel 1894 si inaugurò il nuovo ponte sospeso presso la torre di Londra, con la campata centrale mobile per permettere il passaggio delle navi. La City accentuò il suo carattere sempre più specializzato, diminuendo la popolazione residente e accogliendo una quantità sempre maggiore di uffici, negozi, laboratori e servizi collettivi, assumendo il ruolo di centro economico e finanziario più importante del mondo.

Figura 29 – Esterno e interno della stazione di King’s Cross

Figura 30 – In blu le aree di nuova edificazione o di sviluppo nell’Ottocento.

Come capitale di un grande impero, Londra richiamava enormi masse di migranti dalle sue colonie e da

tutta Europa. A seguito della grande carestia in Irlanda, un gran numero di Irlandesi si riversò a Londra

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