CAPITOLO V MATERIALI E METODI
POLI(ε-CAPROLATTONE) A STELLA
Il poli(ε-caprolattone) a stella (*PCL), oggetto del presente studio sperimentale, è un polimero biodegradabile con struttura molecolare a stella costituita da tre catene polimeriche lineari legate a un atomo centrale di alluminio. Il polimero *PCL con peso molecolare 189000 g/mol è stato fornito dal prof. Ramani Narayan del Michigan Biotechnlogy Institute (Lansing, MI, USA) (Fig. V.1)
Fig. V.1 Struttura chimica del poli(ε-‐caprolattone) a stella.
IDROSSIAPATITE
Per questo studio abbiamo impiegato nanoparticelle di Idrossiapatite (HA) (Sigma-Aldrich, diametro <200nm).
WET-SPINNING e ALLESTIMENTO DEGLI SCAFFOLDS
La tecnica di wet-spinning, o filatura ad umido, è una tecnica ad inversione di fase indotta impiegata per la produzione di fibre polimeriche.
Come riportato da Puppi e coll. (2011b) questa tecnica consiste nel passaggio forzato
attraverso un ago sottile immerso in un bagno di coagulazione (costituito da un non-
solvente) di una soluzione polimerica viscosa. Il contatto della soluzione col non-solvente
determina la coagulazione del polimero a formare una fibra solida continua che può essere
depositata sul fondo del recipiente contenente il bagno di coagulazione per formare
strutture fibrose bi- o tri-dimensionali. Più dettagliatamente, una volta che il filamento
della soluzione polimerica è estruso nel bagno di coagulazione, il non-solvente diffonde
nella stessa, mentre il solvente diffonde nel bagno di coagulazione. Questo interscambio
ALLESTIMENTO DEGLI SCAFFOLDS
Gli scaffolds in bianco e caricati con HA, progettati con geometria e dimensioni anatomiche idonee a studi in vivo di rigenerazione ossea, sono stati allestiti mediante tecnica di wet-spinning automatizzata per mezzo di un sistema di Prototipazione Rapida che permette di ottenere strutture tridimensionali microfibrose con un principio strato-su- strato. Impiegando un sistema computerizzato sviluppato ad hoc, è stato possibile controllare il movimento sui tre assi (X, Y, Z) del beaker contenente il non solvente e dell’ago da cui esce la soluzione polimerica, in modo da ottenere scaffolds con controllo micrometrico sulla geometria esterna del campione e sull’allineamento delle fibre (Fig.
V.2).
Fig. V.2 Rappresentazione schematica della tecnica Wet spinning automatizzata (a sinistra) e immagini degli scaffolds in *PCL e *PCL-‐HA ottenuti.
Scaffold in *PCL
In accordo con quanto riportato nel lavoro condotto da Puppi e coll. (2011b), gli scaffolds in bianco sono stati allestiti utilizzando una soluzione polimerica di partenza al 15% w/v ottenuta solubilizzando in agitazione 1.5g di *PCL in 10ml di acetone ad una temperatura di 40°C per 90min circa. Successivamente 2.5ml della soluzione polimerica sono stati caricati in una siringa da 5ml su cui è stato montato un ago con diametro interno di 0,51mm. La siringa è stata dunque montata su una pompa (NE-1000, New Era – Pump Systems Inc., Wantagh, NY, USA) con l’ago immerso in un beaker da 15ml contenente il bagno di coagulazione costituito da 14ml di etanolo.
Le condizioni ottimali per la preparazione sono risultate essere le seguenti: flusso di
alimentazione della soluzione (2.25ml/h); distanza tra ago e fondo del beaker intorno ai
25mm circa.
Al termine del processo di filatura, lo scaffold prodotto è stato rimosso dal bagno di coagulazione e lasciato essiccare per 24h sotto cappa chimica e per 8h mediante pompa a vuoto.
Scaffold in *PCL e Idrossiapatite
Le nanoparticelle di HA sono state aggiunte alla soluzione di *PCL, ottenuta con la procedura descritta precedentemente, con un rapporto in peso del 20% (HA/*PCL). La soluzione è stata mantenuta in agitazione costante a 35°C per circa un’ora, in modo da ottenere una sospensione omogenea delle nanoparticelle.
TEST IN VIVO
Lo studio in vivo è stato eseguito previa approvazione da parte del Comitato Etico
“Massimo Ermini” dell’Ateneo pisano (D.Lgs.vo 116/92, prot. rettorale n° 15014). La scelta del modello animale e della tecnica di impianto degli scaffolds è stata condotta in accordo con le vigenti normative in tema di benessere animale.
È stato dunque scelto il modello cunicolo, e fissando a 20mm la perdita di sostanza ossea da ricreare, abbiamo scelto come sede di intervento la diafisi radiale con mantenimento dell’integrità anatomica dell’ulna.
Per standardizzare la tecnica chirurgica tutti gli interventi sono stati condotti sull’arto anteriore destro e, sempre, dallo stesso chirurgo.
Per lo studio sono stati allestiti due tipi di scaffolds , in *PCL e *PCL-HA, con tecnica
Wet-spinning automatizzata in modo da ottenere strutture tridimensionali che
presentassero dimensioni (larghezza, spessore e lunghezza) simili al segmento osseo da
trattare (Fig. V.3).
ANIMALI
Sono stati selezionati 36 conigli di razza New Zealand White, omogenei per sesso (maschi), e di circa 4 mesi di età.
Dopo un periodo di circa 7 giorni di adattamento alle condizioni di stabulazione, i conigli sono stati suddivisi con modalità random, in 6 gruppi, di 6 animali ciascuno, identificati dal tipo di impianto e dal periodo di osservazione cui sono stati sottoposti (*PCL4w,
*PCL8w, *PCL12w, *PCL-HA4w, *PCL-HA8w, *PCL- HA12w).
Tutti gli animali sono stati mantenuti in regime di stabulazione controllata per temperatura, umidità, ventilazione e illuminazione e sono stati sottoposti al medesimo piano terapeutico post-chirurgico e alimentare.
TECNICA CHIRURGICA Impianti
Dopo circa 7 giorni dal loro ingresso in stabulazione ogni soggetto è stato pesato e preparato per l’intervento chirurgico.
A livello della vena auricolare laterale è stata applicata una crema anestetica locale, per desensibilizzare la parte prima dell’inserimento dei cateteri necessari per la somministrazione dei farmaci e della terapia reidrantante. Ogni animale è stato, quindi, sottoposto a premedicazione con medetomidina (20 μg/kg), ketamina (5 mg/kg) e fentanyl (0,1mg/2ml, 10 μg/kg) per via intramuscolare. Il catetere venoso per la somministrazione dei farmaci per l’induzione è stato inserito a soggetto sedato. L’induzione è stata effettuata con propofol (4-6 mg/Kg) per via endovenosa lenta seguita immediatamente da infusione continua di propofol (0,7-0,9 mg/kg/min). Tutti i conigli sono stati mantenuti con ossigeno in maschera. Una volta anestetizzati, ad ogni animale, è stato inserito un catetere arterioso nell’arteria auricolare maggiore necessario per misurare la pressione arteriosa sistemica.
Successivamente, con i soggetti in decubito dorsale ed arto destro in abduzione, è stata
eseguita una anestesia loco-regionale a livello delle radici nervose di C6, C7, C8 e T1
mediante accesso ascellare ecoguidato. Il blocco del plesso brachiale è stato eseguito con
ropivacaina allo 0,5% alla dose di 1 mg/kg, impiegando un ago isolato connesso ad un
neurostimolatore impostato ad una frequenza di 100 Hrz e 0,8 mA. Una volta individuate
vena e arteria ascellare, per mezzo del neurostimolatore è stata identificata la radice
nervosa di C7 cercando la risposta muscolare di flessione del radio. Prima di inoculare il
farmaco è stata verificata l’assenza di movimento a 0,2mA e l’assenza di sangue all’aspirazione. Il corretto posizionamento del farmaco a livello perineurale è stato ulteriormente controllato ecograficamente.
Durante la procedura chirurgica sono state monitorate frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa sistemica, saturazione parziale di ossigeno e temperatura.
Intervenendo a ripristinare i valori alterati con opportuna terapia farmacologica.
Ogni soggetto è stato sottoposto ad ampia tricotomia a livello dell’arto anteriore destro, e posizionato in decubito laterale destro in modo da consentire un accesso mediale alla diafisi dell’osso radiale.
È stata eseguita un’incisione della cute di circa 40mm a livello mediale (Fig. V.4a). Previa incisione del sottocute e della fascia muscolare, i muscoli estensore radiale, grande palmare e flessore superficiale delle dita sono stati retratti fino a esteriorizzare al diafisi del radio (Fig. V.4b e Fig. V.4c). La diramazione distale della vena cefalica è stata sottoposta ad elettro-cauterizzazione e, allo scopo di ottenere una miglior visualizzazione della porzione diafisaria, anche il tendine del muscolo pronatore rotondo è stato disinserito dal margine cranio mediale della diafisi radiale. Dopo attenta dissezione dei tessuti si è proceduto all’incisione del periostio e alla sua retrazione (Fig. V.4d). Una volta scheletrizzata la diafisi radiale, mediante un calibro ventesimale è stata identificata la linea di incisione, sia prossimale, sia distale per eseguire un osteotomia di circa 20mm (Fig.
V.4e). Proteggendo l’ulna con un retrattore di Hohmann, con una sega oscillante
ortopedica (Fig. V.4f e Fig. V.4g). sono state eseguite le due incisioni bicorticali che
hanno reso possibile la rimozione del frammento osteotomizzato(Fig. V.4h).
Fig. V.4 Immagini intervento chirurgico. a-‐c) dissezione dei tessuti molli, d) dissezione del periostio, e) Misurazione con calibro centesimale della distanza delle 2 incisioni bicorticali, f) osteotomia diafisi
radiale, g) particolare delle incisioni bicorticali, h) rimozione del segmento ostoetomizzato.
Tale frammento è stato ulteriormente misurato con calibro ventesimale e le misure (larghezza, spessore e lunghezza) sono state utilizzate per scegliere lo scaffold da impiantare con caratteristiche il più possibile simili a quelle del frammento rimosso (Fig.
V.5).
Fig. V.5 Immagini delle misurazione delle dimensioni del frammento osseo.
Nei casi in cui la lunghezza dell’impianto non consentisse un agevole inserimento a compressione sui due monconi, per mezzo di una lama di bisturi è stata rimossa la parte eccedente.
L’impianto è stato inserito a lieve pressione tra i due monconi osteotomizzati ed è stato mantenuto in sede ricostruendo i piani muscolari sovrastanti, senza ulteriore impiego di mezzi di osteosintesi (Fig. V.6).
Figure V.6 Immagini del difetto osseo creato (a) e dell’impianto posizionato a coprire la perdita di sostanza (b).
Fig. V.7 Immagini della sutura dei piani muscolari e della cute.
I muscoli, la fascia e la cute sono stati suturati in piani separati mediante Polydiossanone 4-0 con punti nodosi staccati semplici (Fig. V.7).
A tutti i soggetti nell’immediato periodo post-operatorio è stato applicato un bendaggio rigido con stecca che consentisse l’appoggio della mano e diminuisse il disagio post- operatorio degli animali.
Tutti i soggetti sono stati sottoposti a un protocollo terapeutico standardizzato per i 7 giorni successivi la data di impianto comprendente:
ü Antibiotico: enrofloxacina a 10 mg/kg q24h per 7 giorni;
ü Analgesia: buprenorfina a 30 μg/kg q8h per 2 giorni;
ü Antidolorifico: carprofen a 4 mg/kg q24h per 4 giorni;
ü Procinetico: metoclopramide a 0,2 mg/kg q8h per 2 giorni.
Tutti gli animali trattati sono stati monitorati quotidianamente per: consumo di acqua e cibo, produzione e qualità di feci e urina, recupero della stazione quadrupedale e uso dell’arto trattato, presenza o assenza di segni di welfare (grooming, incremento ponderale e altro).
In caso si presentassero segni di sofferenza o alterazioni dei segni di benessere
sopradescritti opportuni provvedimenti, anche terapeutici, sono stati messi in atto e valutati
caso per caso.
Espianti
Gli espianti degli scaffolds sono stati condotti per ogni gruppo allo scadere del periodo di osservazione di 4, 8 o 12 settimane. Parte degli animali sono stati sottoposti a eutanasia, parte sono stati sottoposti ad amputazione dell’arto anteriore oggetto dello studio.
Tutti gli arti sono stati comunque sottoposti a tricotomia e incisione della cute sul versante medio-craniale dell’arto. Si è proceduto con un’ampia dissezione dei tessuti molli fino a scheletrizzare il radio ed evidenziare l’impianto inserito (Fig. V.8).
Fig. V.8 Particolare della dissezione dei tessuti molli durante la fase di espianto con scheletrizzazione della sede dello scaffold
Una volta evidenziati i margini prossimale e distale di quest’ultimo, una fiches in acciaio
di diametro opportuno è stata infissa nell’epifisi distale di radio e ulna a circa 7mm dal
limite distale dell’impianto al fine di mantenere strettamente vincolati i due segmenti ossei
durante l’osteotomia (Fig. V.9). Successivamente, per mezzo di una sega oscillante
ortopedica sono state eseguite 2 incisioni bicorticali di radio e ulna posizionate
prossimalmente e distalmente a 10mm dai margini, rispettivamente, prossimale e distale
dello scaffold.
Fig. V.9 Particolare di inserimento distale di chiodo in acciaio a stabilizzare radio e ulna (a) e particolare dell’osteotomia di espianto (b).
Fig. V.10 Particolari del moncone espiantato veduta medio-‐laterale (a) e antero-‐posteriore (b).
Il frammento osseo di circa 40mm (Fig. V.10) ottenuto è stato, quindi, sottoposto a
valutazioni macroscopiche e, poi, inserito in formalina tamponata al 4% per l’invio per gli
studi istologici.
VALUTAZIONI IN VIVO: ESAMI RADIOGRAFICI
Per ogni soggetto sottoposto a trattamento è stata condotta un’attenta indagine radiografica mediante esecuzione di radiografie nelle due proiezioni ortogonali standard (antero- posteriore AP e medio-laterale ML) per valutare il progredire del processo di rigenerazione ossea. Un primo esame è stato condotto immediatamente dopo l’inserimento degli impianti per verificare la radio-trasparenza dello scaffold e la correttezza dell’osteotomia eseguita (Fig. V.11). Le misurazioni della lunghezza del difetto creato sono state rilevate dall’analisi delle immagini radiografiche mediante software MicroDicom- free DICOM viewer (versione 0.5.4).
Ulteriori immagini radiografiche sono state acquisite a 4, 8 e 12 settimane dall’inserimento degli impianti e comunque prima di ogni espianto.
Fig. V.11 Immagini radiografiche Post-‐Operatorie nelle due proiezioni standard. a) *PCL189 b)
*PCL189-‐HA
Per ogni immagine radiografica acquisita nelle due proiezioni standard è stata valutata
l’entità del processo di rigenerazione mediante impiego di un sistema a punti già utilizzato
e validato in numerosi studi riguardanti la rigenerazione di difetti ossei (An & Friedman,
1999b; Hedberg et al., 2005b; Bodde et al., 2007) (Fig. V.12). Dai lavori dei sopraindicati
autori è stata rielaborata la tabella di valutazione riportata in Tabella V.1.
Fig. V.12 Schemi di valutazione radiografica elaborati da Lane & Sandhu, 1987 (a) e da Hedberg et al., 2005b; Bodde et al., 2007 (b).
Tabella V.1 -‐ Tabella di valutazione radiografica di rigenerazione ossea rielaborata da Lane&Sandhu, 1987 e Bodde et al., 2007.
ESPIANTI: VALUTAZIONI MORFOLOGICHE MACROSCOPICHE
Le procedure di espianto sono state condotte sempre dal medesimo medico che durante la procedura ha rilevato:
• la presenza o meno di segni macroscopicamente evidenti di reazione infiammatoria peri-implantare indicanti l’eventuale rigetto dell’impianto;
• il grado di integrazione dell’impianto coi tessuti molli circostanti;
• la visibilità o meno delle fibre costituenti l’impianto e indicanti il grado di copertura delle guide;
• la cedevolezza o meno dell’impianto al tatto a conferma della presenza di tessuto con consistenza simile a quella dell’osso.
Come per le valutazioni radiografiche, anche per le caratteristiche macroscopiche degli
impianti è stata elaborata una tabella a punteggi per ognuno dei parametri considerati come
riportato in Tabella V.2.
VALUTAZIONI ISTOPATOLOGICHE
Tutti i campioni espiantati, una volta fissati in formalina al 4% sono stati sottoposti ad indagini istopatologiche per valutare la qualità del tessuto rigenerato ed effettivamente presente negli scaffolds .
Tutti i preparati sono stati sottoposti a procedura standard di demineralizzazione dell’osso, mediante immersione della durata di 10-15 giorni (in funzione del campione) in una soluzione decalcificante presente in commercio ad azione medio-lenta.
Successivamente i preparati sono stati sezionati in frammenti di 3 mm di spessore secondo tagli schematizzati in Fig. V.13.
Fig. V.13 Immagini schematiche delle sezioni allestite da ogni preparato. E’ stata eseguita una prima sezione trasversale (A) centrale del campione; sui due monconi ottenuti sono state eseguite altre due sezioni: parallela all’asse maggiore dell’osso (B) e trasversale in prossimità del margine vicino al radio
osteomizzato.