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Academic year: 2021

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CAPITOLO V MATERIALI E METODI

POLI(ε-CAPROLATTONE) A STELLA

Il poli(ε-caprolattone) a stella (*PCL), oggetto del presente studio sperimentale, è un polimero biodegradabile con struttura molecolare a stella costituita da tre catene polimeriche lineari legate a un atomo centrale di alluminio. Il polimero *PCL con peso molecolare 189000 g/mol è stato fornito dal prof. Ramani Narayan del Michigan Biotechnlogy Institute (Lansing, MI, USA) (Fig. V.1)

Fig.  V.1  Struttura  chimica  del  poli(ε-­‐caprolattone)  a  stella.

IDROSSIAPATITE

Per questo studio abbiamo impiegato nanoparticelle di Idrossiapatite (HA) (Sigma-Aldrich, diametro <200nm).

WET-SPINNING e ALLESTIMENTO DEGLI SCAFFOLDS

La tecnica di wet-spinning, o filatura ad umido, è una tecnica ad inversione di fase indotta impiegata per la produzione di fibre polimeriche.

Come riportato da Puppi e coll. (2011b) questa tecnica consiste nel passaggio forzato

attraverso un ago sottile immerso in un bagno di coagulazione (costituito da un non-

solvente) di una soluzione polimerica viscosa. Il contatto della soluzione col non-solvente

determina la coagulazione del polimero a formare una fibra solida continua che può essere

depositata sul fondo del recipiente contenente il bagno di coagulazione per formare

strutture fibrose bi- o tri-dimensionali. Più dettagliatamente, una volta che il filamento

della soluzione polimerica è estruso nel bagno di coagulazione, il non-solvente diffonde

nella stessa, mentre il solvente diffonde nel bagno di coagulazione. Questo interscambio

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ALLESTIMENTO DEGLI SCAFFOLDS

Gli scaffolds in bianco e caricati con HA, progettati con geometria e dimensioni anatomiche idonee a studi in vivo di rigenerazione ossea, sono stati allestiti mediante tecnica di wet-spinning automatizzata per mezzo di un sistema di Prototipazione Rapida che permette di ottenere strutture tridimensionali microfibrose con un principio strato-su- strato. Impiegando un sistema computerizzato sviluppato ad hoc, è stato possibile controllare il movimento sui tre assi (X, Y, Z) del beaker contenente il non solvente e dell’ago da cui esce la soluzione polimerica, in modo da ottenere scaffolds con controllo micrometrico sulla geometria esterna del campione e sull’allineamento delle fibre (Fig.

V.2).

Fig.  V.2    Rappresentazione  schematica  della  tecnica  Wet  spinning  automatizzata  (a  sinistra)  e   immagini  degli  scaffolds  in  *PCL  e  *PCL-­‐HA  ottenuti.

Scaffold in *PCL

In accordo con quanto riportato nel lavoro condotto da Puppi e coll. (2011b), gli scaffolds in bianco sono stati allestiti utilizzando una soluzione polimerica di partenza al 15% w/v ottenuta solubilizzando in agitazione 1.5g di *PCL in 10ml di acetone ad una temperatura di 40°C per 90min circa. Successivamente 2.5ml della soluzione polimerica sono stati caricati in una siringa da 5ml su cui è stato montato un ago con diametro interno di 0,51mm. La siringa è stata dunque montata su una pompa (NE-1000, New Era – Pump Systems Inc., Wantagh, NY, USA) con l’ago immerso in un beaker da 15ml contenente il bagno di coagulazione costituito da 14ml di etanolo.

Le condizioni ottimali per la preparazione sono risultate essere le seguenti: flusso di

alimentazione della soluzione (2.25ml/h); distanza tra ago e fondo del beaker intorno ai

25mm circa.

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Al termine del processo di filatura, lo scaffold prodotto è stato rimosso dal bagno di coagulazione e lasciato essiccare per 24h sotto cappa chimica e per 8h mediante pompa a vuoto.

Scaffold in *PCL e Idrossiapatite

Le nanoparticelle di HA sono state aggiunte alla soluzione di *PCL, ottenuta con la procedura descritta precedentemente, con un rapporto in peso del 20% (HA/*PCL). La soluzione è stata mantenuta in agitazione costante a 35°C per circa un’ora, in modo da ottenere una sospensione omogenea delle nanoparticelle.

TEST IN VIVO

Lo studio in vivo è stato eseguito previa approvazione da parte del Comitato Etico

“Massimo Ermini” dell’Ateneo pisano (D.Lgs.vo 116/92, prot. rettorale n° 15014). La scelta del modello animale e della tecnica di impianto degli scaffolds è stata condotta in accordo con le vigenti normative in tema di benessere animale.

È stato dunque scelto il modello cunicolo, e fissando a 20mm la perdita di sostanza ossea da ricreare, abbiamo scelto come sede di intervento la diafisi radiale con mantenimento dell’integrità anatomica dell’ulna.

Per standardizzare la tecnica chirurgica tutti gli interventi sono stati condotti sull’arto anteriore destro e, sempre, dallo stesso chirurgo.

Per lo studio sono stati allestiti due tipi di scaffolds , in *PCL e *PCL-HA, con tecnica

Wet-spinning automatizzata in modo da ottenere strutture tridimensionali che

presentassero dimensioni (larghezza, spessore e lunghezza) simili al segmento osseo da

trattare (Fig. V.3).

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ANIMALI

Sono stati selezionati 36 conigli di razza New Zealand White, omogenei per sesso (maschi), e di circa 4 mesi di età.

Dopo un periodo di circa 7 giorni di adattamento alle condizioni di stabulazione, i conigli sono stati suddivisi con modalità random, in 6 gruppi, di 6 animali ciascuno, identificati dal tipo di impianto e dal periodo di osservazione cui sono stati sottoposti (*PCL4w,

*PCL8w, *PCL12w, *PCL-HA4w, *PCL-HA8w, *PCL- HA12w).

Tutti gli animali sono stati mantenuti in regime di stabulazione controllata per temperatura, umidità, ventilazione e illuminazione e sono stati sottoposti al medesimo piano terapeutico post-chirurgico e alimentare.

TECNICA CHIRURGICA Impianti

Dopo circa 7 giorni dal loro ingresso in stabulazione ogni soggetto è stato pesato e preparato per l’intervento chirurgico.

A livello della vena auricolare laterale è stata applicata una crema anestetica locale, per desensibilizzare la parte prima dell’inserimento dei cateteri necessari per la somministrazione dei farmaci e della terapia reidrantante. Ogni animale è stato, quindi, sottoposto a premedicazione con medetomidina (20 μg/kg), ketamina (5 mg/kg) e fentanyl (0,1mg/2ml, 10 μg/kg) per via intramuscolare. Il catetere venoso per la somministrazione dei farmaci per l’induzione è stato inserito a soggetto sedato. L’induzione è stata effettuata con propofol (4-6 mg/Kg) per via endovenosa lenta seguita immediatamente da infusione continua di propofol (0,7-0,9 mg/kg/min). Tutti i conigli sono stati mantenuti con ossigeno in maschera. Una volta anestetizzati, ad ogni animale, è stato inserito un catetere arterioso nell’arteria auricolare maggiore necessario per misurare la pressione arteriosa sistemica.

Successivamente, con i soggetti in decubito dorsale ed arto destro in abduzione, è stata

eseguita una anestesia loco-regionale a livello delle radici nervose di C6, C7, C8 e T1

mediante accesso ascellare ecoguidato. Il blocco del plesso brachiale è stato eseguito con

ropivacaina allo 0,5% alla dose di 1 mg/kg, impiegando un ago isolato connesso ad un

neurostimolatore impostato ad una frequenza di 100 Hrz e 0,8 mA. Una volta individuate

vena e arteria ascellare, per mezzo del neurostimolatore è stata identificata la radice

nervosa di C7 cercando la risposta muscolare di flessione del radio. Prima di inoculare il

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farmaco è stata verificata l’assenza di movimento a 0,2mA e l’assenza di sangue all’aspirazione. Il corretto posizionamento del farmaco a livello perineurale è stato ulteriormente controllato ecograficamente.

Durante la procedura chirurgica sono state monitorate frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, pressione arteriosa sistemica, saturazione parziale di ossigeno e temperatura.

Intervenendo a ripristinare i valori alterati con opportuna terapia farmacologica.

Ogni soggetto è stato sottoposto ad ampia tricotomia a livello dell’arto anteriore destro, e posizionato in decubito laterale destro in modo da consentire un accesso mediale alla diafisi dell’osso radiale.

È stata eseguita un’incisione della cute di circa 40mm a livello mediale (Fig. V.4a). Previa incisione del sottocute e della fascia muscolare, i muscoli estensore radiale, grande palmare e flessore superficiale delle dita sono stati retratti fino a esteriorizzare al diafisi del radio (Fig. V.4b e Fig. V.4c). La diramazione distale della vena cefalica è stata sottoposta ad elettro-cauterizzazione e, allo scopo di ottenere una miglior visualizzazione della porzione diafisaria, anche il tendine del muscolo pronatore rotondo è stato disinserito dal margine cranio mediale della diafisi radiale. Dopo attenta dissezione dei tessuti si è proceduto all’incisione del periostio e alla sua retrazione (Fig. V.4d). Una volta scheletrizzata la diafisi radiale, mediante un calibro ventesimale è stata identificata la linea di incisione, sia prossimale, sia distale per eseguire un osteotomia di circa 20mm (Fig.

V.4e). Proteggendo l’ulna con un retrattore di Hohmann, con una sega oscillante

ortopedica (Fig. V.4f e Fig. V.4g). sono state eseguite le due incisioni bicorticali che

hanno reso possibile la rimozione del frammento osteotomizzato(Fig. V.4h).

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Fig.  V.4  Immagini  intervento  chirurgico.  a-­‐c)  dissezione  dei  tessuti  molli,  d)  dissezione  del  periostio,  e)   Misurazione  con  calibro  centesimale  della  distanza  delle  2  incisioni  bicorticali,  f)  osteotomia  diafisi  

radiale,  g)  particolare  delle  incisioni  bicorticali,  h)  rimozione  del  segmento  ostoetomizzato.

Tale frammento è stato ulteriormente misurato con calibro ventesimale e le misure (larghezza, spessore e lunghezza) sono state utilizzate per scegliere lo scaffold da impiantare con caratteristiche il più possibile simili a quelle del frammento rimosso (Fig.

V.5).

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Fig.  V.5  Immagini  delle  misurazione  delle  dimensioni  del  frammento  osseo.

Nei casi in cui la lunghezza dell’impianto non consentisse un agevole inserimento a compressione sui due monconi, per mezzo di una lama di bisturi è stata rimossa la parte eccedente.

L’impianto è stato inserito a lieve pressione tra i due monconi osteotomizzati ed è stato mantenuto in sede ricostruendo i piani muscolari sovrastanti, senza ulteriore impiego di mezzi di osteosintesi (Fig. V.6).

Figure  V.6  Immagini  del  difetto  osseo  creato  (a)  e  dell’impianto  posizionato  a  coprire  la  perdita  di   sostanza  (b).  

 

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Fig.  V.7  Immagini  della  sutura  dei  piani  muscolari  e  della  cute.  

 

I muscoli, la fascia e la cute sono stati suturati in piani separati mediante Polydiossanone 4-0 con punti nodosi staccati semplici (Fig. V.7).

A tutti i soggetti nell’immediato periodo post-operatorio è stato applicato un bendaggio rigido con stecca che consentisse l’appoggio della mano e diminuisse il disagio post- operatorio degli animali.

Tutti i soggetti sono stati sottoposti a un protocollo terapeutico standardizzato per i 7 giorni successivi la data di impianto comprendente:

ü Antibiotico: enrofloxacina a 10 mg/kg q24h per 7 giorni;

ü Analgesia: buprenorfina a 30 μg/kg q8h per 2 giorni;

ü Antidolorifico: carprofen a 4 mg/kg q24h per 4 giorni;

ü Procinetico: metoclopramide a 0,2 mg/kg q8h per 2 giorni.

Tutti gli animali trattati sono stati monitorati quotidianamente per: consumo di acqua e cibo, produzione e qualità di feci e urina, recupero della stazione quadrupedale e uso dell’arto trattato, presenza o assenza di segni di welfare (grooming, incremento ponderale e altro).

In caso si presentassero segni di sofferenza o alterazioni dei segni di benessere

sopradescritti opportuni provvedimenti, anche terapeutici, sono stati messi in atto e valutati

caso per caso.

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Espianti

Gli espianti degli scaffolds sono stati condotti per ogni gruppo allo scadere del periodo di osservazione di 4, 8 o 12 settimane. Parte degli animali sono stati sottoposti a eutanasia, parte sono stati sottoposti ad amputazione dell’arto anteriore oggetto dello studio.

Tutti gli arti sono stati comunque sottoposti a tricotomia e incisione della cute sul versante medio-craniale dell’arto. Si è proceduto con un’ampia dissezione dei tessuti molli fino a scheletrizzare il radio ed evidenziare l’impianto inserito (Fig. V.8).

Fig.  V.8  Particolare  della  dissezione  dei  tessuti  molli  durante  la  fase  di  espianto  con  scheletrizzazione   della  sede  dello  scaffold

Una volta evidenziati i margini prossimale e distale di quest’ultimo, una fiches in acciaio

di diametro opportuno è stata infissa nell’epifisi distale di radio e ulna a circa 7mm dal

limite distale dell’impianto al fine di mantenere strettamente vincolati i due segmenti ossei

durante l’osteotomia (Fig. V.9). Successivamente, per mezzo di una sega oscillante

ortopedica sono state eseguite 2 incisioni bicorticali di radio e ulna posizionate

prossimalmente e distalmente a 10mm dai margini, rispettivamente, prossimale e distale

dello scaffold.

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Fig.  V.9  Particolare  di  inserimento  distale  di  chiodo  in  acciaio  a  stabilizzare  radio  e  ulna  (a)  e   particolare  dell’osteotomia  di  espianto  (b).  

Fig.  V.10  Particolari  del  moncone  espiantato  veduta  medio-­‐laterale  (a)  e  antero-­‐posteriore  (b).

Il frammento osseo di circa 40mm (Fig. V.10) ottenuto è stato, quindi, sottoposto a

valutazioni macroscopiche e, poi, inserito in formalina tamponata al 4% per l’invio per gli

studi istologici.

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VALUTAZIONI IN VIVO: ESAMI RADIOGRAFICI

Per ogni soggetto sottoposto a trattamento è stata condotta un’attenta indagine radiografica mediante esecuzione di radiografie nelle due proiezioni ortogonali standard (antero- posteriore AP e medio-laterale ML) per valutare il progredire del processo di rigenerazione ossea. Un primo esame è stato condotto immediatamente dopo l’inserimento degli impianti per verificare la radio-trasparenza dello scaffold e la correttezza dell’osteotomia eseguita (Fig. V.11). Le misurazioni della lunghezza del difetto creato sono state rilevate dall’analisi delle immagini radiografiche mediante software MicroDicom- free DICOM viewer (versione 0.5.4).

Ulteriori immagini radiografiche sono state acquisite a 4, 8 e 12 settimane dall’inserimento degli impianti e comunque prima di ogni espianto.

Fig.  V.11  Immagini  radiografiche  Post-­‐Operatorie  nelle  due  proiezioni  standard.  a)  *PCL189  b)  

*PCL189-­‐HA

Per ogni immagine radiografica acquisita nelle due proiezioni standard è stata valutata

l’entità del processo di rigenerazione mediante impiego di un sistema a punti già utilizzato

e validato in numerosi studi riguardanti la rigenerazione di difetti ossei (An & Friedman,

1999b; Hedberg et al., 2005b; Bodde et al., 2007) (Fig. V.12). Dai lavori dei sopraindicati

autori è stata rielaborata la tabella di valutazione riportata in Tabella V.1.

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Fig.  V.12  Schemi  di  valutazione  radiografica  elaborati  da  Lane  &  Sandhu,  1987  (a)  e  da  Hedberg  et  al.,   2005b;  Bodde  et  al.,  2007  (b).  

     

Tabella  V.1  -­‐  Tabella  di  valutazione  radiografica  di  rigenerazione  ossea  rielaborata  da  Lane&Sandhu,   1987  e  Bodde  et  al.,  2007.

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ESPIANTI: VALUTAZIONI MORFOLOGICHE MACROSCOPICHE

Le procedure di espianto sono state condotte sempre dal medesimo medico che durante la procedura ha rilevato:

• la presenza o meno di segni macroscopicamente evidenti di reazione infiammatoria peri-implantare indicanti l’eventuale rigetto dell’impianto;

• il grado di integrazione dell’impianto coi tessuti molli circostanti;

• la visibilità o meno delle fibre costituenti l’impianto e indicanti il grado di copertura delle guide;

• la cedevolezza o meno dell’impianto al tatto a conferma della presenza di tessuto con consistenza simile a quella dell’osso.

Come per le valutazioni radiografiche, anche per le caratteristiche macroscopiche degli

impianti è stata elaborata una tabella a punteggi per ognuno dei parametri considerati come

riportato in Tabella V.2.

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VALUTAZIONI ISTOPATOLOGICHE

Tutti i campioni espiantati, una volta fissati in formalina al 4% sono stati sottoposti ad indagini istopatologiche per valutare la qualità del tessuto rigenerato ed effettivamente presente negli scaffolds .

Tutti i preparati sono stati sottoposti a procedura standard di demineralizzazione dell’osso, mediante immersione della durata di 10-15 giorni (in funzione del campione) in una soluzione decalcificante presente in commercio ad azione medio-lenta.

Successivamente i preparati sono stati sezionati in frammenti di 3 mm di spessore secondo tagli schematizzati in Fig. V.13.

Fig.  V.13  Immagini  schematiche  delle  sezioni  allestite  da  ogni  preparato.  E’  stata  eseguita  una  prima   sezione  trasversale  (A)  centrale  del  campione;  sui  due  monconi  ottenuti  sono  state  eseguite  altre  due   sezioni:  parallela  all’asse  maggiore  dell’osso  (B)  e  trasversale  in  prossimità  del  margine  vicino  al  radio  

osteomizzato.  

 

Ogni sezione è stata, quindi, inclusa in paraffina e ogni blocchetto è stato tagliato con microtomo in sezioni di 4-6 μm di spessore che sono state, successivamente montate su vetrino e sottoposte a varie tecniche colorimetriche.

1. Emallume-Eosina (EE)

È la colorazione di base nello studio microscopico dei tessuti. Colora in blu violaceo,

grazie all'emallume, i componenti cellulari basofili (acidi nucleici, membrane cellulari,

elastina) ed in rosso rosato, tramite l'eosina, i componenti acidofili (proteine cellulari, le

proteine mitocondriali, le fibre collagene).

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2. Tricromica di Mallory

Tecnica colorimetrica per il connettivo collageno ma anche per preparati d'insieme.

Prevede l’impiego di tre coloranti: la fucsina acida, che colora in rosso i nuclei, l'azzurro di anilina o il blu di metilene, che conferisce al connettivo collageno una tonalità azzurra, e l'orange G (acido, basofilo) che colora i citoplasmi in arancione. La fissazione dell'azzurro di anilina o del blu di metilene al collageno si effettua a mezzo dell'azione mordenzante esercitata dall'acido fosfomolibdico.

3. Blu di toluidina

Il Blu di toluidina è un colorante basofilo. Si può comportare come colorante ortocromatico (dando un colore azzurro) o metacromatico (dando un colore rosso- violetto) in dipendenza del pH e della natura chimica della sostanza da colorare. La metacromasia è caratterizzata dal viraggio del colorante originario a contatto con sostanze polianioniche (delle metacromatiche). Il blu di toluidina colora metacromaticamente (in violetto) le strutture ricche di proteoglicani solfatati (per esempio la cartilagine).

4. Emallume-Rosso Congo

Questo è il metodo di elezione per la colorazione del tessuto osteoide. I nuclei delle cellule si colorano in blu con emallume, l’osso calcificato in rosa, il tessuto osteoide non calcificato in rosso mattone.

Di ogni preparato istologico è stato valutato:

• la presenza di tessuto osseo neoformato e la sua disposizione tra le fibre;

• il grado di rimodellamento osseo con formazione del canale midollare;

• la presenza di reazione infiammatoria intorno alle fibre dello scaffold;

• tipo di tessuto presente tra le fibre degli scaffold con scoring radiologico medio-basso;

• presenza o meno di vasi sanguinei e/o altri tessuti eventualmente

presenti (muscolo, grasso, cartilagine o altro).

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ANALISI STATISTICA

I dati quantitativi sono stati presentati come media ± la deviazione standard (SD).

I dati riguardanti il diametro medio delle fibre, l’efficacia di caricamento, la valutazione radiologica della rigenerazione sono stati valutati con il test ANOVA a una via e il Tukey test è stato impiegato per le analisi post hoc. La significatività è stata definita per p<0,05.

Per il confronto tra i 2 gruppi (*PCL e *PCL-HA) ai vari intervalli di tempo si è ricorsi al test t di Student per dati non appaiati prendendo come significativi i valori di p<0,05.

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