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IL Tribunale Speciale per il Libano.

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IL Tribunale Speciale per il Libano.

1. Premessa.

Il Tribunale Speciale per il Libano rappresenta nel panorama della giustizia penale internazionale un fenomeno unico ed eccezionale.

Istituito per fare luce su un reato tecnicamente di natura domestica,vale a dire l’assassinio dell’ex premier libanese Rafiq Hariri , solleva per la prima volta innanzi a un’istanza giurisdizionale facente capo alle Nazioni Unite la fattispecie di crimine di terrorismo.

La peculiarità della sua natura e del suo mandato, insieme al clima politico turbolento in cui si trova a operare, espone inevitabilmente la Corte al centro dell’attenzione internazionale oltreché di forti problematiche.

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2. Una genesi “ speciale”.

La condivisa ondata di indignazione popolare seguita agli attacchi terroristici di Beirut, avvenuti il 14 febbraio 2005, ha favorito l’adozione da parte del Consiglio di Sicurezza, il 15 febbraio 2005, di

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una prima, immediata, dichiarazione di condanna dell’assassinio di Rafiq Hariri e degli altri esponenti dell’establishment politico libanese.

Con tale documento, le autorità del Libano, in cooperazione con tutti gli stati membri delle Nazioni Unite, venivano investite della missione morale e materiale di perseguire ideatori, esecutori e finanziatori dell’attentato, verificando altresì le eventuali connivenze, nel piano criminoso, dello stesso governo libanese.

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Dopodichè si optò per l’istituzione di un vero e proprio tribunale ad hoc.

Su richiesta del governo libanese, il Consiglio di sicurezza richiese al Segretario Genarale, di negoziare, per conto dell’ONU, con il governo del Libano. Tali negoziati, condotti tra gennaio e settembre 2006, sono culminati nell’ “Agreement on the establishment of a Special Tribunal for Lebanon”, firmato dal Libano e dell’ONU, rispettivamente, il 23 gennaio ed il 6 febbraio 2007.

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Se le autorità di Beirut avessero perfezionato l'iter costituzionale di ratifica, quello libanese sarebbe diventato, dopo la Special Court for

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5 www.juragentium.org: Rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale.

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Sierra Leone e le Extraordinary Chambers in the Courts of Cambodia, il terzo tribunale penale istituito da un trattato tra l'ONU e lo Stato membro cui principalmente ineriscono, sotto il duplice profilo territoriale e personale, i crimini di competenza.

E, invece, l'impasse del Governo libanese, paralizzato dal ritiro dei ministri dei partiti sciiti filo-siriani (Hezbollah ed Amal), ha impedito la regolare convocazione del Parlamento da parte del suo Presidente affinché fosse votata la legge di autorizzazione alla ratifica.

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Per ovviare a tale stallo, l’allora Primo Ministro, Fouad Siniora, ritenendo comunque esistente la maggioranza parlamentare a favore della nascita del tribunale, invitò il Consiglio di Sicurezza a dare efficacia all’accordo in questione mediante l’adozione di una decisione vincolante. Una soluzione originale, che poneva di fatto le condizioni per una sorta di avocazione da parte del CdS dei poteri costituzionali attribuiti allo stato libanese.

Il Consiglio di Sicurezza concedeva alle opposte fazioni un termine di dieci giorni per addivenire ad una soluzione di compromesso, salvo stabilire che, in caso di esito negativo, l’accordo sarebbe comunque entrato in vigore il 10 giugno del 2007.

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In mancanza di siffatto compromesso, con la risoluzione 1757 del 2007, il Consiglio di Sicurezza determinava in via unilaterale il perfezionamento di un trattato internazionale; e lo faceva sostituendo all’indispensabile atto interno di ratifica una propria decisione volitiva, sulla base dei poteri riconosciutigli dal capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite:” Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione”.

In questo modo, sulla premessa che gli attentati terroristici verificatisi in Libano rappresentassero a tutti gli effetti di legge, una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, il CdS ingeriva di fatto negli affari interni di uno stato membro, ponendo così in essere una condotta del tutto “eccezionale”.

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Il fatto che l'accordo istitutivo del Tribunale sia entrato in vigore per il tramite della risoluzione n. 1757 non significa che esso sia ipso tempore operativo. In effetti, come prevede la stessa risoluzione, la sua entrata in funzione è subordinata almeno a tre condizioni:

1) la conclusione di un accordo sulla sede con uno Stato diverso dal Libano;

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2) il reperimento di risorse finanziarie sufficienti per garantirne l'insediamento e tre anni di operatività (durata minima prorogabile);

3) i progressi della Commissione Internazionale Indipendente d'Inchiesta. (Quest'ultima è stata creata dal CdS sulla base dei poteri d'inchiesta previsti dall'art. 34 della Carta ONU ed il suo mandato copre tutti gli atti terroristici su cui il Tribunale ha competenza).

Va puntualizzato che, attraverso la risoluzione n. 1757, il CdS non ha adottato lo Statuto dello STL, ma ha vestito di forza giuridica l'accordo bilaterale istitutivo del Tribunale, di cui lo Statuto costituisce, uno degli allegati. Tale accorgimento è dubbio dal punto di vista del diritto internazionale poiché il Trattato tra Libano e Nazioni Unite non sarebbe potuto entrare in vigore sulla base di una decisone unilaterale.

In sostanza è come se il CdS si fosse a tal punto ingerito negli affari

interni di uno Stato membro, da avocare a sé il sovrano "treaty-

ratification power" della controparte di fronte alla sua incapacità

istituzionale di onorare pienamente ad un impegno parzialmente

assunto con la firma. L'ingerenza del CdS negli affari interni di uno

Stato membro non è certamente una novità. Il quid novi è semmai

nella "specialità" degli affari interni in cui il CdS si è questa volta

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intromesso: affari costituzionali per l'appunto; di tale rango è infatti la procedura libanese che disciplina la ratifica dei trattati.

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Gli indizi per ricostruire ex post le motivazioni profonde di una risoluzione di tale opinabile legittimità giuridica, possono essere ricercati nel suo stesso preambolo, ed in particolare nell'ottavo considerando ossia la lettera che il Primo Ministro del Libano inviò al Segretario Generale delle Nazioni Unite, in cui ribadì che l’istituzione del Tribunale era una questione urgente che trovava l’appoggio della maggioranza parlamentare libanese, nonostante la mancata conclusione del procedimento di ratifica.

Si potrebbe quindi ipotizzare che l'entrata in vigore del trattato a mezzo di una risoluzione adottata ai sensi del Capitolo VII, palesi l'intenzione del CdS di considerare le ragioni "sostanziali", sostenute della maggioranza parlamentare sciita-maronita libanese e cioè la volontà che i responsabili degli attentati terroristici fossero processati da un tribunale di caratura internazionale, come prevalenti su quelle, per così dire, "formali", ovvero la volontà che fosse rispettata la procedura costituzionale di ratifica dei trattati.

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3. Critiche all’azione dell’ONU.

Con la risoluzione 1757/2007 sono riemerse in tutta la loro problematicità due interrelate questioni generali relative al sistema ONU:

a) l'indefinita ampiezza del potere discrezionale del CdS in quanto organo politico preposto al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale;

b) l'assenza, nell'ambito dell'Organizzazione, di un'istanza giurisdizionale titolata, in via esclusiva e con efficacia vincolante, ad interpretare le disposizioni della Carta e a sottoporre a giudizio di legittimità gli atti derivati che gli organi statutari dovrebbero adottare in conformità con le previsioni del trattato istitutivo.

Nella sua ennesima acrobatica forzatura del Capitolo VII, il CdS non

si sarebbe soltanto ingerito negli inviolabili equilibri costituzionali tra

le istituzioni di uno Stato, ma avrebbe pure violato l'implicito obbligo

di imparzialità rispetto alle etnie (o meglio confessioni) che tali

istituzioni presiedono. La condotta del CdS appare tanto più

irresponsabile se si considera l'instabilità delle linee divisorie

confessionali in un Paese, quale il Libano, (già precipitato nel vortice

della guerra civile). Sposando la causa sunnita, il CdS avrebbe

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pregiudicato l'unità nazionale libanese, nonché la sicurezza e la stabilità interna.

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4. Natura, competenza e mandato: verso la prima giurisdizione

“internazionalizzata” competente sul crimine di terrorismo internazionale?

Lo STL non può essere ascritto sic et simpliciter alla categoria delle corti internazionali penali. Esso ha natura "mista", o meglio "ibrida".

La definizione teorica che approssima la realtà di corti e tribunali

"ibridi" o anche "internazionalizzati", descrive questi ultimi come organi temporanei della giurisdizione penale, istituiti nel cono d'ombra dell'ONU, successivamente al verificarsi di crisi di rilievo internazionale accompagnate da gravi ed estese violazioni dei diritti umani, e caratterizzati, sia sotto il profilo giuridico che istituzionale, da una modulazione di elementi nazionali ed internazionali. Più esplicitamente, giudici stranieri siedono a fianco di omologhi locali per giudicare, in posizione di supremazia rispetto al sistema giudiziario locale e secondo la legge penale domestica integrata da standard procedurali e sostanziali internazionali, presunti autori di

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reati comuni e di crimini internazionali accusati e difesi, rispettivamente, da procuratori e avvocati, anch'essi di estrazione straniera e locale.

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Il primo esperimento giudiziario “ibrido” va fatto risalire alla Missione di Amministrazione Interinale delle Nazioni Unite in Kosovo, nel febbraio del 2000. Da allora, tale formula ha trovato attuazione in altri contesti critici, da Timor Est, passando attraverso le guerre civili della Sierra Leone e della Bosnia-Erzegovina, fino al più recente caso della Cambogia. Il TSL ripercorre, in maniera ulteriormente innovativa, questo fenomeno giurisdizionale.

In virtù del suo statuto, il Tribunale Speciale per il Libano, infatti, pur composto da personale in prevalenza straniera e di nomina internazionale, è chiamato a giudicare in base alle norme del diritto penale interno libanese.

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Il principale punto di differenziazione tra lo STL e le altre esperienze di "ibridazione" riguarda, oltre che l'anomalo fondamento giuridico, la competenza ratione materiae. Questa comprende i reati comuni di cui alla vigente legge penale libanese,tra cui figura anche il terrorismo. Lo STL non ha, pertanto, giurisdizione sui crimini tradizionalmente

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perseguiti e aggiudicati sulla base del diritto internazionale da corti e tribunali "ibridi”, quali: genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità.

Ma a ben vedere, la situazione fattuale che sottende l'istituzione dello STL suggerisce di considerare alla stregua di crimine internazionale il reato comune di terrorismo su cui il Tribunale ha giurisdizione. Del resto, non sembrerebbero mancare, le tre condizioni aggiuntive che integrano l'elemento oggettivo del crimine di terrorismo internazionale:

1) carattere transnazionale (gli effetti degli atti di rilievo penale devono travalicare, per persone coinvolte, mezzi impiegati e coefficiente di violenza sviluppata , i confini di un singolo Stato);

2) supporto di uno Stato;

3) minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale.

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A settantasei anni esatti dal fallimentare progetto di trattato predisposto nel novembre 1937 dalla Società delle Nazioni per la creazione di una corte penale internazionale competente a giudicare sulle violazioni di un'apposita e contestuale convenzione per la prevenzione e la repressione del terrorismo, lo STL potrebbe

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rappresentare la prima giurisdizione penale "internazionalizzata" (non

"internazionale") per la repressione del terrorismo internazionale.

Una straordinaria innovazione anche rispetto alla conferenza diplomatica di Roma dell'estate 1998 in cui gli Stati, nel predisporre il testo dello Statuto della Corte Penale Internazionale, decisero di non includere il crimine di terrorismo internazionale sulla base della presunta mancanza di una definizione condivisa di terrorismo, del timore che l'operato della Corte fosse "politicizzato", e della convinzione di fondo che il terrorismo fosse un fenomeno criminale più efficacemente perseguibile attraverso la cooperazione giudiziaria internazionale.

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5. Possibili questioni di illegittimità ed incompetenza.

Il modo in cui lo stesso Tribunale, una volta operativo, guarderà alla risoluzione n. 1757 ed al sotteso Capitolo VII per auto-qualificarsi in risposta ad istanze di illegittimità ed incompetenza che, prevedibilmente, non mancheranno di essere sollevate tanto da

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Inaugurato il primo marzo del 2009, con seduta pubblica tenutasi all’Aja, il tribunale Speciale per il Libano dava i suoi risultati solo due anni dopo; infatti il 16 gennaio 2011, il procuratore canadese, Daniel Bellemare, depositava un atto di accusa segregato, contenente l’elenco dei responsabili dell’attentato terroristico che comprendeva membri del partito sciita di Hezbollah.

L’atto d’accusa è stato reso pubblico il 17 agosto del 2011.

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cittadini libanesi quanto da cittadin siriani, potrà ispirarsi ai due modelli già precedentemente percorsi:

il primo è quello sviluppato dalla Camera d'Appello del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia nella decisione dell’ottobre 1995 sulla mozione preliminare sulla giurisdizione presentata dall'imputato Dusko Tadic. I giudici dell'Aja,qualificarono tale tribunale come organo sussidiario istituito dal CdS in base all'art. 41 della Carta dell'ONU (misure non implicanti l'uso della forza armata)come lo strumento per l’esercizio della sua principale funzione di mantenimento della pace.

Nell’ utilizzare tale ragionamento, lo STL non potrà comunque sottrarsi all'oggettiva considerazione secondo cui, al di là del comune ricorso al capitolo VII, esiste una differenza formale tra le due corti:

se il Tibunale per la ex Jugoslavia è stato direttamente istituito dal CdS in quanto organo sussidiario, il Tribunale per il Libano, è stato istituito da un accordo internazionale bilaterale Libano-ONU che il CdS ha provveduto a fare entrare in vigore per entrambe le Parti.

Dunque, lo STL sarebbe stato istituito solo indirettamente dal CdS ex

Capitolo VII;

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il secondo modello che potrebbe essere seguito è quello utilizzato nel 2004 dalla Camera d’ Appello della Corte Speciale per la Sierra Leone. Il trattato bilaterale Sierra Leone-ONU sarebbe solo il fondamento giuridico "derivato" della SCSL, dovendosi, invece, rintracciare quello "primo" in diversi articoli della Carta, ivi incluso l'art. 41, sulla cui base sarebbe stata adottata la risoluzione n.

1315/2000 con la quale in CdS delegò il SG a negoziare il suddetto trattato. L'accordo Sierra Leone-ONU sarebbe sorretto da una

"specialità" derivatagli dal fatto di essere stato negoziato e concluso con un organo "speciale" - il CdS- che agendo in qualità di mediatore delle Nazioni Unite, ha fatto dell'accordo medesimo, un accordo fra i membri delle Nazioni Unite e la Sierra Leone. Tale impostazione consentirebbe ai giudici del STL di sorvolare le anomale modalità della sua entrata in vigore.

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6. Il rispetto del principio “nullum crimen sine lege”.

Per poter qualificare gli attentati del 14 febbraio 2005 come atti di terrorismo internazionale, i magistrati dello STL dovrebbero, ovviamente, cimentarsi nella ricostruzione della figura criminis in base al diritto internazionale generale vigente al tempus commissi

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delicti. Un lavoro non semplice ma comunque necessario per far salvo l'universalmente riconosciuto principio nullum crimen sine praevia lege poenali. L'interpretazione in chiave internazionalistica del reato comune di terrorismo potrebbe essere considerata come una sorta di

"adattamento evolutivo" delle norme libanesi alle mutate condizioni sociali della comunità internazionale. A tal fine, appaiono soddisfatte le tre stringenti condizioni cui la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha subordinato la possibilità per i giudici penali di derogare legittimamente al principio della tassativa previsione dei reati:

1) aderenza della "nuova" figura criminis al nucleo essenziale di una fattispecie tipica;

2) la sua compatibilità con i principi fondamentali del diritto internazionale penale;

3) la sua ragionevole prevedibilità da parte dei destinatari.

Ove non si procedesse ad una interpretazione del reato comune di terrorismo conforme al diritto internazionale penale generale, si finirebbe per motivare di fatto la sua istituzione sulla base di ragioni

"pragmatiche", coincidenti con il deficit di capacità tecnica e/o di

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volontà della magistratura nazionale per perseguire gravi fattispecie criminose.

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