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Narcisismo patologico e sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica

Corso di Laurea Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute

Tesi di Laurea

NARCISISMO PATOLOGICO E SINTOMI OSSESSIVO-COMPULSIVI

FOCALIZZATI SULLE RELAZIONI INTIME

Relatore

Dott. Gabriele Melli

Candidato

Laura Di Leonardo

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ABSTRACT pag. 4

1. IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO DA RELAZIONE pag. 6

1.1. I sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime ...pag. 6 1.2. Il substrato cognitivo dei fenomeni ossessivo-compulsivi focalizzati sulle

re-lazioni intime ...pag. 9 1.2.1. Processi cognitivi comuni alle altre manifestazioni

ossessivo-compulsi-ve ...pag. 10 1.2.2. Fattori cognitivi specifici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da

Rela-zione ...pag. 12

2. IL DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITÀ pag. 20

2.1. Caratteristiche cliniche e inquadramento diagnostico ...pag. 20 2.2. Caratteristiche associate ...pag. 21 2.3. Il Modello Alternativo del DSM-5 per i disturbi di personalità ...pag. 22 2.4. Incoerenze nella concettualizzazione del narcisismo ...pag. 25 2.4.1. Narcisismo normale e patologico ...pag. 26 2.4.2. Narcisismo grandioso e vulnerabile ...pag. 28 2.4.3. Narcisismo overt e covert ...pag. 34

3. NARCISISMO E RELAZIONI ROMANTICHE pag. 36

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3.3. Vulnerabilità nel dominio relazionale e sviluppo di sintomi ossessivo-com-pulsivi ...pag. 40 3.4. Obiettivi e ipotesi di ricerca ...pag. 45

4. LO STUDIO SPERIMENTALE pag. 46

4.1. Metodo

4.1.1. Partecipanti ...pag. 46 4.1.2. Strumenti di misura ...pag. 47 4.1.3. Procedura ...pag. 51 4.1.4. Analisi statistiche ...pag. 52 4.2. Risultati

4.2.1. Statistiche descrittive ...pag. 53 4.2.2. Correlazioni ...pag. 53 4.2.3. Analisi di regressione multipla gerarchica ...pag. 55 4.3. Discussione ...pag. 58

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Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) è un disturbo eterogeneo e complesso, che comprende una molteplicità di manifestazioni cliniche. Tra queste, i sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime hanno cominciato a ricevere attenzione in ambito clinico e di ricerca soltanto negli ultimi anni. Il cosiddetto DOC da Relazione (ROCD) è caratterizzato da preoccupazioni ossessive, dubbi e comportamenti compulsi-vi focalizzati sulla relazione o sul partner. Alla base di tali sintomi ossessivo-compulsicompulsi-vi vi sono credenze cognitive e bias simili a quelli individuati nelle altre forme di DOC, ma anche fattori cognitivi specifici. Le poche ricerche condotte utilizzando campioni clinici hanno evidenziato un’associazione tra specifiche credenze relazionali maladattive, alcu-ne tendenze perfezionistiche e i sintomi ossessivo-compulsivi da relazioalcu-ne.

Oltre ai fattori cognitivi, anche alcune caratteristiche personologiche potrebbero con-correre allo sviluppo e al mantenimento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazio-ne. In particolare, la tendenza dei narcisisti vulnerabili a basare il proprio valore perso-nale e l’immagine di sé sulle caratteristiche percepite della relazione e del partner po-trebbe favorire lo sviluppo dei sintomi ossessivo-compulsivi da relazione.

Questo studio ha lo scopo di indagare la relazione tra narcisismo patologico e sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime utilizzando un campione relati-vamente ampio (310 partecipanti italiani con una diagnosi auto-riferita di DOC da Rela-zione) e controllando l’effetto dei predittori cognitivi già noti.

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gerarchica hanno mostrato come il narcisismo vulnerabile sia fortemente associato con i sintomi ossessivo-compulsivi da relazione, anche controllando le credenze cognitive tipicamente associate al DOC e le specifiche credenze relazionali maladattive alla base del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione.

Nonostante alcune limitazioni, questo studio ha, quindi, confermato il ruolo predittivo del narcisismo patologico nello sviluppo e nel mantenimento del DOC da Relazione. Ciò potrebbe avere importanti implicazioni per il miglioramento dell’efficacia degli interven-ti terapeuinterven-tici.


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IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO DA

RELAZIONE

1.1. I sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime

Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è un disturbo eterogeneo e complesso, che com-prende una molteplicità di manifestazioni cliniche e temi ossessivi (Abramowitz, Mc-Kay, & Taylor, 2008; McKay et al., 2004). Tra questi, i sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime hanno cominciato a ricevere attenzione in ambito clini-co e di ricerca soltanto negli ultimi anni (ad esempio, Doron, Derby, Szepsenwol, & Talmor, 2012a, 2012b; Doron, Szepsenwol, Derby, & Nahaloni, 2012). Questo è sor-prendente considerato il crescente apprezzamento all’interno della psicologia della fon-damentale importanza delle relazioni interpersonali, in particolare delle relazioni roman-tiche, per il funzionamento psicosociale e il benessere degli individui (ad esempio, Bau-meister & Leary, 1995; Hendrick & Hendrick, 1992; Lopez, 2009; Ryan & Deci, 2001). Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo è stato associato a gravi conseguenze personali e relazionali. Sebbene i sintomi ossessivo-compulsivi possano indirettamente danneggiare la qualità delle relazioni (ad esempio, elicitando rabbia e frustrazione nel partner per la continua pressione a partecipare ai rituali compulsivi; Koran, 2000), essi incidono sicu-ramente in modo più diretto su di esse quando il focus delle ossessioni è la relazione stessa. Dubitare ripetutamente della relazione o del partner può, infatti, minare seriamen-te la soddisfazione relazionale (sia dei pazienti, sia dei loro partner) e metseriamen-tere in pericolo

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la stabilità della relazione (Doron, Mizrahi, Szepsenwol, & Derby, 2014).

Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo focalizzato sulle relazioni intime (Relationship Obsessive-Compulsive Disorder - ROCD) si manifesta con preoccupazioni e dubbi os-sessivi riguardanti l’esperienza relazionale e comportamenti compulsivi messi in atto per alleviare il distress associato all’occorrenza e al contenuto di tali intrusioni.

Le intrusioni relative alla relazione possono presentarsi sotto forma di pensieri (ad esempio, realizzare di avere dei dubbi sui propri sentimenti), immagini (ad esempio, di partner precedenti) o impulsi (ad esempio, l’impulso di lasciare il proprio partner). Esse si differenziano dai normali dubbi e preoccupazioni che possono presentarsi nel corso naturale delle relazioni intime per alcune caratteristiche, quali l’intensità, l’egodistonia, l’intrusività e gli effetti negativi sulla qualità della relazione e sul funzionamento rela-zionale. Le ossessioni contraddicono l’esperienza soggettiva della relazione (ad esempio, “Amo il mio partner, ma non riesco a smettere di interrogarmi sui miei sentimenti”) o i propri valori personali (ad esempio, “L’aspetto non dovrebbe essere importante nel sele-zionare un partner”) e sono, quindi, sperimentate come più inaccettabili e indesiderate delle comuni preoccupazioni relative alle relazioni. I sentimenti di colpa e vergogna, as-sociati all’occorrenza e al contenuto delle intrusioni, possono portare la persona a mette-re in atto comportamenti compulsivi, che rappmette-resentano misumette-re estmette-reme per ridurmette-re il di-stress e neutralizzare i pensieri intrusivi (Doron et al., 2012).

Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo focalizzato sulle relazioni romantiche include un ampio range di comportamenti compulsivi: una insistente ricerca di rassicurazioni da parte del partner o di altre persone (ad esempio, interrogare costantemente il partner sui propri sentimenti), un frequente monitoraggio dei propri sentimenti (ad esempio, “Provo amore nei confronti del mio partner?”) e dei propri comportamenti (ad esempio, “Sto forse guardando altre donne/uomini?”), il confronto ripetuto della propria relazione con

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quella di altre persone (ad esempio, amici e colleghi) e delle caratteristiche del partner con quelle di altri potenziali partner, il frequente controllo dei comportamenti e delle competenze del partner e, infine, tentativi di neutralizzazione (ad esempio, richiamare alla memoria esperienze positive riguardanti la relazione; Doron et al., 2012).

Inoltre, le persone che soffrono di Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione spes-so cercano di evitare le circostanze che posspes-sono evocare pensieri indesiderati e dubbi sulla propria relazione. Ad esempio, possono evitare le situazioni nelle quali è probabile che vengano innescati processi di confronto sociale o nelle quali i difetti del partner pos-sono essere notati; oppure pospos-sono evitare di guardare un film romantico per il timore di rilevare una discrepanza tra la loro relazione e quella dei protagonisti del film.

L’uso ripetuto dell’evitamento e dei comportamenti compulsivi, tuttavia, esacerba pa-radossalmente la frequenza e l’impatto delle preoccupazioni ossessive. Questo corso de-gli eventi è simile a quello identificato nella letteratura del DOC, nel quale le ossessioni sono seguite da rituali compulsivi che sul momento riducono l’ansia, ma che nel lungo periodo mantengono e intensificano il ciclo ossessivo (Doron, Derby, & Szepsenwol, 2014; Hooper & McHugh, 2013; Lambert, Magee, Beadel, & Teachman, 2014). Inoltre, il controllo compulsivo e la ricerca di rassicurazioni si accompagnano ad un elevato di-stress relazionale e possono compromettere la qualità e la stabilità delle relazioni, che rappresentano una delle più importanti risorse per la resilienza e il benessere personali. In questo senso, quindi, i sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime possono ridurre le risorse psicologiche e sociali della persona, necessarie per far fronte in modo adattivo alle inevitabili delusioni e difficoltà della vita (Mikulincer & Shaver, 2007), e sono stati associati in modo significativo alla depressione (Doron et al., 2012a, 2012b) e a una bassa stima di sé (Doron & Szepsenwol, 2015).

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ossessivo-com-pulsive legate alle relazioni intime: i fenomeni ossessivo-compulsivi focalizzati sulla relazione stessa (relationship-centered symptoms; Doron et al., 2012a) e i fenomeni os-sessivo-compulsivi focalizzati sul partner (partner-focused symptoms; Doron et al., 2012b). Nel primo caso, le persone si sentono perseguitate da dubbi e preoccupazioni riguardanti i propri sentimenti nei confronti del partner (ad esempio, “Metto continua-mente in dubbio l’amore che provo verso il mio partner”; ROCI, Doron et al., 2012a), i sentimenti che i partner provano nei loro confronti (ad esempio, “Cerco continuamente prove che il mio partner mi ami davvero”; ibidem) e l’adeguatezza della relazione (ad esempio, “Metto costantemente in dubbio la mia relazione”; ibidem). Il Disturbo Osses-sivo-Compulsivo focalizzato sul partner comporta, invece, un’intensa preoccupazione e dubbi ossessivi relativi ai presunti difetti del partner. Questi difetti possono riguardare diversi domini, quali l’aspetto fisico, le qualità sociali e morali, la stabilità emotiva, l’in-telligenza e la competenza (ad esempio, “Sono costantemente infastidito da pensieri ri-guardanti i difetti nell’aspetto fisico del mio partner”; PROCSI, Doron et al., 2012b). La ricerca suggerisce che le due manifestazioni del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Re-lazione spesso coesistono e possono mantenersi a vicenda (Doron et al., 2012b; Szepse-nwol, Shahar, & Doron, 2016).

2.2. Il substrato cognitivo dei fenomeni ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime

I modelli cognitivo-comportamentali attribuiscono un ruolo centrale alle valutazioni maladattive di dubbi, pensieri, immagini e impulsi nello sviluppo e nel mantenimento dei sintomi ossessivo-compulsivi (Clark et al., 2014; Moulding et al., 2014; Radomsky et al., 2014). Credenze e bias cognitivi, come la sovrastima del rischio, il perfezionismo, l’intolleranza dell’incertezza, l’importanza attribuita ai pensieri e al loro controllo e la responsabilità ipertrofica, incrementano la probabilità di valutare in modo catastrofico la

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presenza e le conseguenze delle normali intrusioni e preoccupazioni (OCCWG, 2005; Storch, Abramowitz, & Goodman, 2008). Queste valutazioni maladattive promuovono l’attenzione selettiva verso stimoli potenzialmente stressanti e possono scatenare l’utiliz-zo di strategie inefficaci nel rispondere all’occorrenza dei pensieri intrusivi (ad esempio, la soppressione degli stessi). Tali strategie, paradossalmente, intensificano la frequenza e l’impatto emotivo delle intrusioni stesse, portando alla trasformazione dei normali pen-sieri intrusivi in ossessioni patologiche (Clark & Purdon, 1993; de Silva & Rachman, 1998; OCCWG, 1997; Rachman, 1997; Salkovskis, 1985).

Le ricerche attuali sono volte a identificare i meccanismi eziologici comuni alle di-verse forme di Disturbo Ossessivo-Compulsivo, così come quelli peculiari di ogni mani-festazione sintomatologica. L’esplorazione sistematica dei fattori di sviluppo e manteni-mento dei fenomeni ossessivo-compulsivi centrati su temi distinti può, infatti, aiutare a ridurre la probabilità di diagnosi errate e a promuovere un ulteriore perfezionamento nel trattamento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo (Clark & Beck, 2010).

2.2.1. Processi cognitivi comuni alle altre manifestazioni ossessivo-compulsive Lo sviluppo e il mantenimento dei sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle rela-zioni intime implicano una costellazione di processi cognitivi, che sono in parte simili a quelli evidenziati alla base di altre forme di Disturbo Ossessivo-Compulsivo (Doron, Talmor, Szepsenwol, & Derby, 2012; Doron et al., 2014). Essi possono influenzare le interpretazioni dei pensieri intrusivi riguardanti la relazione e il partner e, di conseguen-za, l’esperienza relazionale.

Le tendenze perfezionistiche (orientate verso sé o verso gli altri) e la lotta per le sole esperienze “giuste” (just right experience; OCCWG, 1997; Summerfeldt, 2004), ovvero la tendenza a stabilire standard idealizzati di comportamento ed estetici e il forte bisogno di evitare fallimenti, possono portare a un’eccessiva preoccupazione per l’adeguatezza

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dei propri sentimenti e della relazione o per le caratteristiche fisiche e di personalità del partner (ad esempio, “È davvero la persona giusta per me?”).

La sovrastima del rischio può influenzare le interpretazioni degli individui riguardo ai sentimenti che i partner provano nei loro confronti (ad esempio, “Non mi ha chiamato nelle ultime ore, quindi non mi ama veramente”) e incrementare la gravità e le conse-guenze dei difetti percepiti del partner (ad esempio, “È emotivamente instabile, quindi non riuscirà a prendersi cura della nostra famiglia”).

La convinzione che si possano e si debbano controllare i propri sentimenti e le pro-prie emozioni e l’intolleranza nei confronti dell’incertezza riguardante le propro-prie espe-rienze emotive possono portare a mettere in dubbio e a monitorare i propri stati interni, in modo da rassicurare se stessi sulla forza e sulla qualità dei propri sentimenti. L’intolle-ranza dell’incertezza gioca un ruolo particolarmente importante nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione, poiché, in questo caso, i sintomi ossessivo-compulsivi si rife-riscono spesso a sentimenti ed emozioni e, quindi, a intangibili stati interni, che compor-tano intrinsecamente incertezza. I pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Rela-zione spendono, quindi, molto tempo e fatica nel monitorare i propri sentimenti ed emo-zioni, allo scopo di ridurre l’incertezza riguardo a ciò che provano per il loro partner (ad esempio, “Provo amore in questo momento?”). Essi possono anche fare affidamento su segnali esterni valutati come “obiettivi” per valutare i propri stati interni (ad esempio, quantificare i propri sentimenti in modo retrospettivo, basandosi sul tempo speso a pian-gere in seguito alla fine di una relazione; Doron et al., 2014). Tuttavia, lo sforzo di sop-primere i dubbi sulla relazione e sul partner e l’aumentato monitoraggio degli stati inter-ni possono incrementare, come altri comportamenti compulsivi, la frequenza e la gravità dei pensieri intrusivi.

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trovato solo piccole o moderate associazioni tra i sintomi ossessivo-compulsivi focaliz-zati sulle relazioni intime e le credenze cognitive disfunzionali tipiche del DOC. Questo ha suggerito che fattori addizionali, specifici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Re-lazione, potrebbero contribuire allo sviluppo e al mantenimento di questo particolare di-sturbo. Le evidenze suggeriscono che il trattamento efficace di una determinata forma di DOC richieda una migliore comprensione dei meccanismi eziologici e di mantenimento specifici di quella manifestazione sintomatologica (ad esempio, Abramowitz, Huppert, Cohen, Tolin, & Cahill, 2002; McKay et al., 2004). La ricerca più recente si è, quindi, occupata di indagare non solo i meccanismi comuni alle altre manifestazioni ossessivo-compulsive, ma anche i processi eziologici specifici coinvolti nello sviluppo e nel man-tenimento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione.

2.2.2. Fattori cognitivi specifici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione Tra i meccanismi eziologici specifici del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazio-ne sono stati proposti principalmente tre fattori: vulRelazio-nerabilità personali Relazio-nel dominio ro-mantico, attaccamento insicuro e credenze relazionali maladattive (Doron et al., 2012).

Vulnerabilità nel dominio romantico ed eccessiva dipendenza dalle relazioni intime e dalle qualità del partner come risorsa per l’autostima: la ricerca suggerisce che vulne-rabilità pre-esistenti possano giocare un ruolo significativo nello sviluppo e nel mante-nimento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo e influenzare lo specifico tema delle osses-sioni individuali (ad esempio, Bhar & Kyrios, 2007; Clark & Purdon, 1993; Doron & Kyrios, 2005). I pensieri intrusivi indesiderati e gli eventi in conflitto con la propria vi-sione di sé e con il proprio sistema di valori hanno, infatti, maggiori probabilità di essere interpretati come significativi e di evolvere nelle relative ossessioni (ad esempio, osses-sioni blasfeme in soggetti particolarmente religiosi, ecc.; Bhar & Kyrios, 2007; Clark & Purdon, 1993; Rachman, 1997, 1998; Rowa, Purdon, Summerfeldt, & Antony, 2005).

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Seguendo l’idea che lo sviluppo delle ossessioni sia collegato al grado in cui i pensieri intrusivi minacciano l’immagine di sé desiderata, Doron e Kyrios (2005) hanno proposto che i pensieri e gli eventi che sfidano i domini del Sé considerati più importanti per la propria autostima possano minacciare seriamente la propria visione di sé e attivare co-gnizioni e tendenze comportamentali volte a riparare il danno. L’uso ripetuto di queste strategie di controllo disfunzionali, tuttavia, incrementerebbe l’accessibilità ai pensieri negativi su di sé e, insieme all’attivazione delle note credenze disfunzionali (ad esempio, responsabilità ipertrofica, sovrastima del rischio), alimenterebbe i sintomi ossessivo-compulsivi.

Per quanto riguarda il Disturbo Ossessivo-Compulsivo centrato sulla relazione, la percezione di incompetenza e vulnerabilità nel dominio relazionale potrebbe accrescere la sensibilità alle intrusioni che sfidano la percezione di sé in questo dominio (ad esem-pio, “Questa relazione non è quella giusta per me”) e scatenare valutazioni catastrofiche sulla relazione (ad esempio, “Essere in una relazione di cui non sono sicuro mi renderà infelice per sempre”) e altre valutazioni maladattive (ad esempio, “Non dovrei avere dubbi sulla relazione”), seguite da comportamenti di neutralizzazione (ad esempio, ricer-ca costante della rassicurazione sull’adeguatezza e “perfezione" della stessa; Doron et al., 2014).

I soggetti che percepiscono la propria autostima come condizionata dal valore del partner sarebbero, invece, più sensibili alle intrusioni relative ai difetti percepiti del part-ner (ad esempio, “Non è abbastanza intelligente”), che possono scatenare valutazioni ca-tastrofiche (ad esempio, “Non avrà successo nella vita e non potrà occuparsi della nostra famiglia”) e comportamenti neutralizzanti (ad esempio, ripetuti confronti con altre per-sone e con altre coppie; Doron & Szepsenwol, 2015).

Attaccamento insicuro: per la maggior parte delle persone, l’occorrenza di pensieri ed eventi che sfidano la visione di sé è seguita dall’attivazione di adeguate strategie di

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rego-lazione del distress. Quando gli individui sono capaci di proteggere in modo adattivo la stima di sé dalle intrusioni indesiderate, è improbabile che essi siano sommersi da valu-tazioni negative dei propri pensieri e da credenze disfunzionali. Le esperienze che mi-nacciano i domini del Sé “sensibili” sono più suscettibili di diventare oggetto di osses-sioni e compulosses-sioni, in particolare quando associate alla presenza di attaccamento ro (Doron, Moulding, Kyrios, Nedeljkovic, & Mikulincer, 2009). L’attaccamento insicu-ro sembra, infatti, essere connesso con l’attivazione di strategie disfunzionali di regola-zione emozionale. È stato, quindi, ipotizzato che esso possa esacerbare la vulnerabilità ai pensieri intrusivi relativi alle relazioni, sia incrementando la paura dell’abbandono da parte delle figure di attaccamento (ad esempio, i partner) sia disgregando la capacità di far fronte in modo funzionale alle esperienze che sfidano i domini del Sé più importanti (Doron et al., 2009). Secondo la teoria dell’attaccamento (Ainsworth, Blehar, Waters, & Wall, 1978; Bowlby, 1969, 1973, 1988), tale legame si sviluppa attraverso la predisposi-zione del bambino all’interapredisposi-zione sociale e alla creapredisposi-zione di un rapporto stabile e duratu-ro, che è presente fin dalla nascita. Le interazioni con le figure di attaccamento, verso la fine del primo anno di vita, sono interiorizzate dal bambino nella forma di rappresenta-zioni mentali del Sé e degli altri (modelli operativi interni). Queste riassumono la storia delle risposte affettive e della disponibilità del genitore nei confronti delle richieste del bambino e le proprie abilità di ottenere un sostegno emotivo. Le interazioni con figure di attaccamento disponibili nel momento del bisogno e supportive favoriscono lo sviluppo di un senso di attaccamento sicuro e di modelli operativi interni positivi del Sé e degli altri, che proteggono le persone dallo sviluppo di intrusioni ossessive. Al contrario, quando le figure di attaccamento sono assenti, incoerenti in risposta alle richieste di cura del bambino o rifiutanti nel momento del bisogno, si creano un senso di attaccamento insicuro e modelli negativi del Sé e degli altri. Tali modelli rappresentano un fattore di vulnerabilità per lo sviluppo di problemi affettivi e relazionali e sono stati associati al-l’insorgenza di fenomeni ossessivo-compulsivi (Doron et al., 2009; Mikulincer &

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Sha-ver, 2007).

L’attaccamento insicuro si organizza intorno a due dimensioni, l’attaccamento ansioso e l’attaccamento evitante. L’attaccamento ansioso è caratterizzato dalla presenza di pre-occupazioni nei confronti della disponibilità degli altri significativi a rispondere adegua-tamente nel momento del bisogno e dall’adozione di strategie di attaccamento “iperatti-vanti” come mezzo per regolare il distress. L’ipervigilanza degli individui con attacca-mento ansioso riguardo ai difetti della relazione potrebbe renderli particolarmente vulne-rabili alle ossessioni centrate sulla relazione; l’uso di strategie “iperattivanti” (come i tentativi insistenti di ottenere cure, supporto e amore dai partner) predisporrebbe gli stes-si individui ad adottare comportamenti compulstes-sivi di controllo e ricerca della rasstes-sicura- rassicura-zione.

L’attaccamento evitante prevede, invece, una diffidenza nei confronti degli altri signi-ficativi e l’adozione di strategie “deattivanti” per mantenere l’autonomia e la distanza emozionale da essi. La negazione dei bisogni di attaccamento porta questi soggetti a fis-sare standard di perfezione eccessivamente elevati e irrealistici e a proiettare le proprie caratteristiche negative sugli altri, in modo da minimizzare le proprie debolezze e i biso-gni di attaccamento. Questa tendenza si assocerebbe, tuttavia, ai sintomi ossessivo-com-pulsivi focalizzati sul partner, ovvero alle preoccupazioni eccessive per i difetti del part-ner (in particolare nelle aree sensibili del Sé).

In questo senso, le insicurezze nell’attaccamento potrebbero ostacolare l’adozione di strategie adattive per fronteggiare gli eventi che sfidano i domini più importanti del Sé. Le vulnerabilità personali nel dominio delle relazioni intime e l’eccessiva dipendenza dalle relazioni sentimentali come risorsa per l’autostima contribuirebbero, quindi, insie-me all’attaccainsie-mento ansioso, allo sviluppo e al manteniinsie-mento dei sintomi ossessivo-compulsivi da relazione, andando a costituire quella che è stata definita una “doppia vul-nerabilità relazionale” (Doron, Szepsenwol, Karp, & Gal, 2013).

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Credenze relazionali maladattive: secondo Doron et al. (2012a, 2012b) alcune speci-fiche credenze relazionali maladattive, oltre a quelle generiche che riguardano tutti i tipi di DOC, porterebbero i pazienti a interpretare in modo catastrofico pensieri, immagini e impulsi focalizzati sulla relazione, attivando quindi un’escalation di comportamenti compulsivi disfunzionali. Questi bias relazionali includono principalmente credenze ri-guardanti le conseguenze catastrofiche di decisioni prese in ambito relazionale: credenze relative alle conseguenze disastrose di portare avanti una relazione tutt’altro che perfetta (ad esempio, “Sarò infelice per sempre se rimango intrappolato in una relazione di cui non sono sicuro”), di lasciare il proprio partner (ad esempio, “Se lo lascio, penserò per sempre di aver perso la persona giusta”) o di rimanere soli (ad esempio, “Qualsiasi cosa è meglio di rimanere soli”). Inoltre, queste persone presentano solitamente convinzioni irrealistiche su ciò che dovrebbero provare all’interno di una giusta relazione di coppia (ad esempio, “Se non penso al mio partner in ogni momento della giornata, significa che non è quello giusto” oppure “Se non sono sempre felice quando sono con lui, non è vero amore”).

Queste credenze sono alimentate, in primo luogo, da un ridotto impegno verso la rela-zione, così come concettualizzato da Adams e Jones (1997), che ne distinguono tre di-mensioni: una dimensione di impegno personale (sentimenti di affetto e amore verso il partner), una dimensione morale-normativa (obbligo morale verso il partner) e una di-mensione restrittiva (costi sociali, finanziari ed emozionali della dissoluzione della rela-zione). Un alto livello di impegno personale permetterebbe alle persone coinvolte in una relazione romantica di apprezzare le qualità del partner e le proteggerebbe dalla tenta-zione di alternative attrattive. Al contrario, bassi livelli di impegno personale potrebbero intensificare i dubbi ossessivi riguardanti l’adeguatezza della relazione e l’attrattiva dei partner. Le altre due dimensioni, normativa e restrittiva, rifletterebbero la presenza di credenze catastrofiche riguardanti le conseguenze morali (ad esempio, “Se lascio il mio

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partner sarò una persona immorale”) e pratiche (ad esempio, “Se lascio il mio partner dovrò cambiare casa”) della fine di una relazione, che possono esacerbare i sintomi os-sessivo-compulsivi. Concentrarsi sulle conseguenze negative della fine di una relazione può portare, infatti, ad aumentare la paura di prendere una decisione sbagliata e a formu-lare interpretazioni catastrofiche dei pensieri intrusivi.

Un altro fattore che potrebbe aumentare la reattività alle intrusioni riguardanti la rela-zione è il cosiddetto “rimpianto anticipato”, che, nel caso del Disturbo Ossessivo-Com-pulsivo da Relazione, si esprime con la paura di prendere una decisione sbagliata in am-bito relazionale (ad esempio, “Se stessi con una ragazza non abbastanza intelligente, me ne pentirei per sempre; ma se la lasciassi, potrei poi realizzare di aver perso la persona giusta per me”). In accordo con i modelli cognitivo-comportamentali del Disturbo Os-sessivo-Compulsivo (Rachman, 1997, 1998), i bias cognitivi porterebbero a un’erronea interpretazione e a un rinforzo delle intrusioni comunemente sperimentate nel corso di una relazione intima (ad esempio, sentirsi annoiati in compagnia del partner), determi-nando un conseguente aumento dell’ansia e del distress relazionale e spingendo la perso-na a mettere in atto comportamenti compulsivi.

La maggior parte degli studi sul Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione sono stati condotti utilizzando campioni non-clinici (ad esempio, Melli, Carraresi, & Doron, 2015). L’uso di popolazioni non cliniche nella ricerca sul Disturbo Ossessivo-Compulsi-vo è una pratica comune, ma ne costituisce anche un’evidente limitazione. Sebbene indi-vidui appartenenti alla popolazione generale possano sperimentare credenze e sintomi simili a quelli del Disturbo Ossessivo-Compulsivo, essi possono differire dai pazienti clinici nel tipo e nella gravità dei sintomi e nel risultante grado di compromissione fun-zionale. Solo recentemente, Doron e colleghi (2016) hanno messo a confronto i livelli di funzionamento, i sintomi ossessivo-compulsivi, l’umore e le credenze maladattive di un

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gruppo di pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione con quelli di un gruppo di pazienti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo e di controlli non-clinici. Questo studio costituisce il primo tentativo di analizzare sistematicamente in un campione clini-co il ruolo dei processi clini-cognitivi, generali e specifici, sottostanti ai fenomeni ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni romantiche. Tale studio ha confermato il ruolo dei fattori cognitivi comuni alle altre forme di Disturbo Ossessivo-Compulsivo (ad esempio, responsabilità ipertrofica, sovrastima della possibilità di controllare i propri pensieri e perfezionismo) e di fattori specifici al Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione (ad esempio, credenze maladattive riguardanti la relazione, paura dell’abbandono e autosti-ma dipendente dalla relazione o dalle caratteristiche partner) nello sviluppo e nel autosti- mante-nimento dei sintomi ossessivo-compulsivi focalizzati sulle relazioni intime. Questo stu-dio, tuttavia, ha impiegato una misura unidimensionale del perfezionismo (utilizzando la scala a 7 item Perfezionismo/Intolleranza dell’incertezza della forma breve dell’Obsessi-ve Beliefs Questionnaire; OBQ-20, Moulding et al., 2011) e non ha valutato il contributo specifico di tutti i possibili fattori di rischio (credenze cognitive comuni al DOC, perfe-zionismo multidimensionale e credenze relazionali maladattive) nello sviluppo e nel mantenimento dei sintomi ossessivo-compulsivi da relazione.

Con lo scopo di replicare ed estendere i risultati di tale studio, Melli e colleghi (2018) hanno esplorato ulteriormente il contributo delle credenze maladattive sia generali sia specifiche nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione in un campione clinico ita-liano relativamente ampio. In particolare, gli autori si sono proposti di indagare il ruolo delle credenze cognitive associate al DOC, di specifiche dimensioni del perfezionismo e delle credenze relazionali maladattive nello sviluppo e nel mantenimento dei sintomi os-sessivo-compulsivi centrati sulla relazione e focalizzati sul partner. I risultati hanno mo-strato come le tendenze perfezionistiche e le credenze catastrofiche sulle conseguenze di

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decisioni in ambito relazionale siano fortemente associate con i sintomi ossessivo-com-pulsivi da relazione, anche controllando i livelli di ansia e depressione nonché le creden-ze cognitive tipicamente associate al DOC. In particolare, le dimensioni del perfezioni-smo Preoccupazione per gli errori e Dubbi sulle proprie azioni, così come la Sovrastima delle conseguenze negative di trovarsi in una relazione sbagliata e di restare soli risulta-vano essere gli unici predittori dei sintomi ossessivo-compulsivi centrati sulla relazione, una volta che la varianza spiegata dalla DASS-21 (Depression Anxiety Stress Scales-21; Lovibond & Lovibond, 1995) e dall’OBQ-20 (Obsessive Beliefs Questionnaire-20; Moulding et al., 2011) veniva controllata. Al contrario, soltanto le credenze catastrofiche riguardanti il trovarsi in una relazione sbagliata predicevano i sintomi ossessivo-compul-sivi focalizzati sul partner. Una volta inserite queste variabili specifiche nei modelli di regressione, le generiche credenze ossessive disfunzionali - misurate con l’OBQ-20 - non risultavano più predittori significativi. Questo è in linea con le scoperte precedenti e suggerisce che entrambi, il perfezionismo e le credenze relazionali maladattive, siano implicati nello sviluppo e nel mantenimento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo da Re-lazione in modo ben più importante rispetto alle generiche credenze cognitive tipicamen-te associatipicamen-te al DOC. Questi risultati avvalorano, quindi, l’ipotipicamen-tesi che i pazienti con Di-sturbo Ossessivo-Compulsivo da Relazione abbiano un set unico di credenze cognitive maladattive e che vi sia una specifica relazione tra alcuni processi disfunzionali (in par-ticolare, perfezionismo e credenze relazionali catastrofiche) e i dubbi ossessivi focalizza-ti sulle relazioni infocalizza-time.


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IL DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITÀ

2.1. Caratteristiche cliniche e inquadramento diagnostico

Secondo il DSM-5, il Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP) è un quadro caratte-rizzato da ostentata grandiosità, ricerca di ammirazione e mancanza di empatia (APA, 2013). Gli individui con questo disturbo hanno un’idea grandiosa di se stessi e delle pro-prie capacità e tendono ad esagerare i propri talenti. Al contrario, spesso svalutano i ri-sultati e le capacità altrui. Tuttavia, la loro autostima è molto fragile e, per questo, ricer-cano l’attenzione e l’ammirazione degli altri. Sono assorbiti da fantasie di successo, po-tere, fascino, bellezza illimitati, o di amore ideale. Desiderano frequentare soltanto le persone più importanti o di classe sociale elevata e la loro autostima è vincolata al valore delle persone che frequentano. Credono di essere “speciali” e unici, e di aver diritto a trattamenti di favore. Per questo si comportano in modo arrogante e mostrano insoffe-renza di fronte alla necessita di rispettare le attese e le regole. Generalmente mancano di sensibilità verso gli altri e hanno difficoltà a riconoscere emozioni, sentimenti e desideri altrui. Tendono a concentrare l’attenzione su di sé e si mostrano impazienti quando gli altri parlano dei propri problemi o bisogni. Sfruttano i rapporti interpersonali per i propri scopi (ad esempio, tendono a stringere amicizie e relazioni allo scopo di accrescere la propria autostima mediante l’idealizzazione dell’altro). Credono che le proprie esigenze siano più importanti di quelle degli altri e si infastidiscono se i loro bisogni non vengono immediatamente soddisfatti. Spesso hanno la convinzione di essere invidiati dagli altri o

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invidiano gli altri per i loro successi, sentendo di essere più meritevoli di quei risultati. In tabella vengono riportati i criteri diagnostici del DNP secondo il DSM-5.

2.2. Caratteristiche associate

Una delle più importanti caratteristiche associate al Disturbo Narcisistico di Persona-lità è la vulnerabiPersona-lità dell’autostima. Essa rende i narcisisti molto sensibili alle “ferite” dovute alle critiche o alla frustrazione dei loro bisogni narcisistici. L’umiliazione e il senso di vuoto che sperimentano di fronte alle critiche può portarli a reagire o con rabbia o, altrimenti, con il ritiro sociale (APA, 2013).

Il funzionamento relazionale dei narcisisti risulta compromesso a causa delle loro pre-tese, delle richieste di ammirazione e del disinteresse verso i sentimenti altrui. Anche le

CRITERI DIAGNOSTICI PER IL DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITÀ

Un pattern pervasivo di grandiosità (nella fantasia o nel comportamento), necessità di ammirazione e mancanza di empatia, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

1. Ha un senso grandioso di importanza (per es., esagera risultati e talenti, si aspetta di essere considerato/a superiore senza un’adeguata motivazione).

2. È assorbito/a da fantasie di successo, potere, fascino, bellezza illimitati, o di amore ideale.

3. Crede di essere “speciale” e unico/a e di poter essere capito/a solo da, o di dover frequentare, altre persone (o istituzioni) speciali o di classe sociale elevata.

4. Richiede eccessiva ammirazione.

5. Ha un senso di diritto (cioè l’irragionevole aspettativa di speciali trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative).

6. Sfrutta i rapporti interpersonali (cioè approfitta delle altre persone per i propri scopi). 7. Manca di empatia: è incapace di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le

necessità degli altri.

8. È spesso invidioso/a degli altri o crede che gli altri lo/a invidino. 9. Mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti, presuntuosi.

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prestazioni, ad esempio quelle lavorative, possono risultare spesso scarse, a causa del-l’intolleranza alla critica e alle frustrazioni. I sentimenti di vergogna e umiliazione e l’autocritica successivi a tali frustrazioni possono associarsi a ritiro sociale, umore de-presso e disturbo depressivo persistente (distimia) o depressivo maggiore. Al contrario, periodi prolungati di grandiosità possono associarsi a umore ipomaniacale. Altri disturbi che possono risultare associati al Disturbo Narcisistico di Personalità sono l’anoressia nervosa, i disturbi da uso di sostanze e alcuni disturbi di personalità (istrionico, borderli-ne, antisociale e paranoide; APA, 2013).

2.3. Il Modello Alternativo del DSM-5 per i disturbi di personalità

“Il DSM-5 è nato inseguendo il sogno di un approccio dimensionale verso i disturbi psichiatrici, sogno che è stato quasi completamente abbandonato durante gli anni di pre-parazione dell’opera. L’American Psychiatric Association (APA) ha preferito mantenersi sulla solidità e le certezze della tradizionale posizione “categoriale”, ritenendo ancora troppe le incertezze per il passaggio a un sistema dimensionale. Anche l’attesa revisione profonda dei disturbi di personalità in questo senso è stata fermata e rinviata” (Biondi, Bersani, & Valentini, 2014).

Il Disturbo Narcisistico di Personalità rimane ancora oggi una diagnosi controversa. Il disaccordo riguardante la sua scarsa consistenza interna dal punto di vista statistico ha condotto prima alla sua rimozione e, in seguito, alla sua reintegrazione all’interno del-l’ultima edizione del DSM (Carcione & Semerari, 2017). Oltre alla diagnosi categoriale, è stato inserito nella Sezione III del manuale il cosiddetto Modello alternativo per i di-sturbi di personalità. L’inclusione di entrambi i modelli nel DSM-5 “riflette la decisione del Comitato direttivo dell’American Psychiatric Association (APA) di salvaguardare la continuità con la pratica clinica corrente, oltre che introdurre un nuovo approccio che mira ad affrontare le numerose carenze dell’approccio attuale ai disturbi di

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personalità" (APA, 2013). Ad esempio, la diagnosi categoriale di disturbo di personalità risulta spesso poco informativa, perché gli stessi pazienti tendono a soddisfare i criteri per diversi disturbi di personalità.

La struttura del narcisismo patologico, come quella degli altri disturbi di personalità, è stata rappresentata nel tempo come una categoria diagnostica, come un insieme di pro-totipi e come un insieme di dimensioni organizzate gerarchicamente. Tuttavia, il modello dimensionale sembra essere il più adatto per rappresentare i tratti narcisistici, in quanto i dati di ricerca suggeriscono che le espressioni disfunzionali del narcisismo patologico siano meglio descrivibili da gradienti di intensità/frequenza che non da categorie diagno-stiche discrete (Fossati & Borroni, 2018; Foster & Campbell, 2007; Widiger & Trull, 2007). Nel modello alternativo del DSM-5, i disturbi di personalità sono definiti dalla compromissione del funzionamento della personalità e interpersonale (criterio A), oltre che dalla presenza di tratti di personalità patologici (criterio B). Questa concettualizza-zione dei disturbi di personalità ha prodotto e sta producendo tuttora un cambiamento nel modo di valutare gli aspetti patologici del narcisismo, poiché sposta l’attenzione del cli-nico dall’identificazione di “segni e sintomi” alla valutazione dei sistemi motivazionali problematici e delle differenze individuali nella compromissione funzionale e nel relati-vo grado di “disabilità” (Fossati & Borroni, 2018).

Caratteristiche tipiche del Disturbo Narcisistico di Personalità sono l’autostima insta-bile e fragile, con tentativi di regolarla per mezzo della ricerca di attenzione e approva-zione, oppure una manifesta o celata grandiosità. Difficoltà caratteristiche sono evidenti nell’area dell’identità (capacità di sviluppare una rappresentazione coerente di sé), l’autodirezionalità (capacità di darsi una direzione autonoma e stabile nella vita), del-l’empatia (saper tener conto della prospettiva altrui e comprendere l’effetto del proprio comportamento sugli altri) e/o dell’intimità (capacità di creare relazioni stabili, intime, cooperative e di appartenenza; APA, 2013).

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In tabella vengono riportati i criteri diagnostici del DNP proposti nel Modello alterna-tivo del DSM-5 per i disturbi di personalità.

Esiste la possibilità di registrare la presenza di ulteriori caratteristiche di personalità, che tuttavia non risultano necessarie per la diagnosi. Ad esempio, alti tratti antagonistici (come manipolatorietà, inganno, insensibilità) sono presenti nel cosiddetto “narcisismo maligno”, mentre alti tratti di affettività negativa (ad esempio, depressività, ansia) pos-sono essere presenti nei quadri più “vulnerabili”. Inoltre, può essere specificato il livello di compromissione nel funzionamento della personalità (APA, 2013).

MODELLO ALTERNATIVO PER LA DIAGNOSI DI DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITÀ

A. Moderata o più grave compromissione del funzionamento della personalità, che si manifesta con caratteristiche difficoltà in due o più delle seguenti quattro aree:

1. Identità: eccessivo riferimento agli altri per la definizione di sé e la regolazione dell’autostima; autovalutazione esageratamente alta o bassa, o oscillante tra questi estremi; la regolazione emotiva rispecchia le fluttuazioni dell’autostima.

2. Autodirezionalità: definizione degli obiettivi fondata sulla ricerca di approvazione da parte degli altri; standard personali irragionevolmente elevati, al fine di vedere se stessi come eccezionali, o troppo bassi basati sulla convinzione che “tutto sia dovuto”; frequente inconsapevolezza delle proprie motivazioni.

3. Empatia: compromissione della capacità di riconoscere o identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri; eccessiva attenzione alle reazioni degli altri, ma solo se percepite come rilevanti per sé; sovra- o sottostima del proprio effetto sugli altri.

4. Intimità: rapporti in gran parte superficiali e intrattenuti con lo scopo di regolare la propria autostima; reciprocità ostacolata da un poco genuino interesse per le esperienze altrui e dalla predominanza del bisogno di un vantaggio personale.

B. Entrambi i seguenti tratti di personalità patologici:

1. Grandiosità (un aspetto dell’Antagonismo): manifesti o celati sentimenti che “tutto sia dovuto”; egocentrismo; ferma convinzione di essere migliori degli altri; “degnazione” verso gli altri.

2. Ricerca di attenzione (un aspetto dell’Antagonismo): eccessivi tentativi di attirare l’attenzione ed esserne al centro; ricerca di ammirazione.

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2.4. Incoerenze nella concettualizzazione del narcisismo

Le descrizioni cliniche del narcisismo patologico convergono su alcune caratteristiche generali: la mancanza di un autentico interesse per il mondo e le persone, con stati men-tali soggiacenti di vuoto e un generale impoverimento affettivo; una capacità danneggia-ta di costruire relazioni interpersonali; un egocentrismo smisurato, accompagnato da una preoccupazione eccessiva per il proprio valore e per le questioni di competizione e di rango; un bisogno smodato di riconoscimenti da parte degli altri (Carcione & Semerari, 2017). Tuttavia, le revisioni sulla letteratura del narcisismo patologico e del Disturbo Narcisistico di Personalità convergono nel concludere che le descrizioni fenotipiche de-rivanti dalla psicologia clinica, dalla psichiatria e della psicologia sociale e della perso-nalità risultano spesso incoerenti (Ronningstam, 2005b, 2009; Cain, 2008). Le diverse concettualizzazioni del narcisismo patologico all’interno delle varie aree di indagine hanno portato a operazionalizzazioni, strumenti di misura e programmi di ricerca diversi, che hanno impedito la sintesi delle conoscenze empiriche e cliniche di base sul disturbo. Disporre di una descrizione univoca ed esaustiva del narcisismo patologico risulta fon-damentale, dal momento che esso rappresenta un problema clinico e sociale rilevante. Il DNP risulta, infatti, associato a un significativo danneggiamento funzionale (Miller, Campbell, & Pilkonis, 2007; Stinson et al., 2008) e ad altri problemi psicopatologici, tra cui disturbi della Sezione II del DSM-5, psicopatia, problemi interpersonali e malfunzio-namento relazionale, uso e abuso di sostanze, aggressività, impulsività, ideazione omici-da, comportamenti para-suicidari e suicidari (Ronningstam, 2005 a, 2005b, 2010).

Pincus e Lukowitsky (2010) hanno identificato quattro aspetti fenomenologici e tas-sonomici che sono stati affrontati in modo incoerente nella letteratura sul narcisismo pa-tologico e sul Disturbo Narcisistico di Personalità: la natura (normale, papa-tologico), il fe-notipo (grandioso, vulnerabile), l’espressione (overt, covert) e la struttura del narcisismo (categoria, dimensione, prototipo).

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Figura 1. Incoerenze nella concettualizzazione del narcisismo. From “Pathological narcissism

and Narcissistic Personality Disorder", by A. L. Pincus & M. R. Lukowitsky, 2010, Annual

Re-view of Clinical Psychology, 6, p. 424. Copyright 2010 by Annual ReRe-views.

2.4.1. Narcisismo normale e patologico

In generale, il narcisismo può essere concettualizzato come “l’abilità di regolare l’au-tostima e gestire i bisogni di affermazione, validazione e accrescimento di sé” (Pincus & Lukowitsky, 2010). Il termine “narcisismo” rimanda, dunque, al costrutto di narcisismo “sano” o “adattivo”, il quale permette alla persona di mantenere un’immagine relativa-mente positiva di sé attraverso una gamma di processi di regolazione del Sé, degli affetti e dell’ambiente sociale. Esso sottende, inoltre, i bisogni individuali di validazione e af-fermazione, così come la motivazione a ricercare nell’ambiente sociale esperienze di ac-crescimento di sé in modo esplicito o implicito (Pincus et al., 2009). La più nota misura self-report del narcisismo, il Narcissistic Personality Inventory (NPI; Raskin & Hall, 1979, 1981), misura una forma di narcisismo emotivamente resiliente ed estroversa, quindi un’espressione adattiva del costrutto (Brown, Budzek, & Tamborski, 2009).

C’è, tuttavia, una significativa evidenza del fatto che il narcisismo possa presentarsi sia in forma normale sia in forma patologica (Kernberg, 1998; Kohut, 1977; Pincus & Lukowitsky, 2010; Stone, 1998). Le espressioni adattive e patologiche riflettono varia-zioni nell’organizzazione di personalità, nei bisogni psicologici e nei meccanismi

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regola-tori, adattivi e maladattivi, determinando differenze individuali nella gestione dei bisogni di accrescimento e di validazione di sé (Morf, 2006; Pincus, 2005; Ronningstam, 2009; Stone, 1998). Non è, però, ancora chiaro se questa distinzione sia rappresentata meglio da una dimensione bipolare che va dal narcisismo normale a quello patologico o da due distinte dimensioni. Alcuni teorici del narcisismo suggeriscono che esso si collochi su un'unica dimensione, dal funzionamento sano a quello patologico (ad esempio, Miller, Gentile, Wilson & Campbell, 2013; Paulhus, 1998; Ronningstam, 2005a; Watson, 2005), altri che il narcisismo adattivo e patologico costituiscano due distinte dimensioni di per-sonalità (ad esempio, Pincus et al., 2009).

Nel narcisismo normale mancano, o sono attenuate, le caratteristiche più negative del narcisismo patologico dal punto di vista interpersonale, quali la mancanza di empatia, il disprezzo, l’invidia e lo sfruttamento degli altri. Il narcisismo normale è anche associato alla tendenza ad avere illusioni positive su di sé e a minimizzare le informazioni incoe-renti con l’immagine positiva di sé (Farwell & Wohlwend-Lloyd, 1998; Morf & Rho-dewalt, 2001b). Tuttavia, l’autostima elevata, tenendo maggiormente conto dei dati di realtà, risulta regolata in modo più stabile rispetto alla grandiosità del narcisismo patolo-gico (Carcione & Semerari, 2017). Inoltre, una normale espressione del narcisismo po-trebbe contribuire all’autostima e al benessere personale, incrementando il senso di agentività della persona (Oldhan & Morris, 1995). Ad esempio, il narcisismo normale supporta la dominanza interpersonale assertiva (Brown & Zeigler-Hill, 2004) e la ten-denza all’auto-valorizzazione e alla competizione, mentre diminuisce la tenten-denza all’evi-tamento (Forster & Trimm, 2008; Wallace, Ready, & Weitenhagen, 2009). Gli individui con narcisismo adattivo tendono, quindi, ad essere ambiziosi, soddisfatti e relativamente di successo (Campbell, 2001; Ronningstam, 2005a; Russ, Shedler, Bradley, & Westen, 2008; Stone, 1998; Wink, Dillon, & Fay, 2005), anche al costo di avere relazioni inter-personali sgradevoli (Miller & Campbell, 2008).

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Tutti gli individui hanno bisogni e motivazioni narcisistici (Kohut, 1977; Stone, 1998). Tuttavia, gli individui con narcisismo patologico appaiono particolarmente preoc-cupati di fronte alle delusioni e alle minacce all’immagine positiva di sé. Poiché nessuno è perfetto e il mondo fornisce costantemente ostacoli ai propri obiettivi desiderati, i nar-cisisti patologici vanno incontro a significativi deficit di regolazione e tendono ad utiliz-zare strategie maladattive per fronteggiare le minacce all’immagine positiva di sé (Ho-rowitz, 2009; Kernberg, 2009; Ornstein, 2009; Ronningstam, 2005b). Il Disturbo Narci-sistico di Personalità risulta, infatti, associato a una significativa alterazione del funzio-namento (Miller et al., 2007; Stinson et al., 2008) e ad un incremento del rischio di sui-cidio (Heisel et al., 2007; Ronningstam, Weinberg, & Maltsberger, 2008) e si presenta spesso in comorbidità con altri disturbi psichiatrici (Clemence et al., 2009).

2.4.2. Narcisismo grandioso e vulnerabile

L’espansione della letteratura clinica sul narcisismo patologico e sul Disturbo Narcisi-stico di Personalità ha portato a una marcata proliferazione di sottotipi e sottocategorie diagnostiche, che riflettono la variabilità nelle espressioni fenotipiche del narcisismo pa-tologico (ovvero, manifestazioni comportamentali, affettive e relazionali osservabili). Ad esempio, Cain e collaboratori (2008) hanno identificato più di 50 etichette diverse. Tut-tavia, vi è un sufficiente accordo nelle descrizioni di due principali sottotipi, il narcisi-smo grandioso e il narcisinarcisi-smo vulnerabile (Gersten, 1991; Pincus & Lukowitsky, 2010).

Nella concezione comune, il costrutto del narcisismo è spesso associato ad atteggia-menti e comportaatteggia-menti arroganti, presuntuosi e dominanti (Buss & Chiodo, 1991), i qua-li possono essere catturati dall’espressione “grandiosità narcisistica”. La grandiosità è una componente centrale della personalità narcisistica, la cui descrizione clinica include processi intrapsichici ed espressioni comportamentali. I processi intrapsichici, quali la repressione degli aspetti negativi delle rappresentazioni di sé e degli altri, l’impegno in

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fantasie regolatorie di potere, superiorità e perfezione illimitati e la distorsione delle in-formazioni esterne disconfermanti, conducono ad atteggiamenti di diritto e ad un’imma-gine di sé “gonfiata”, che non riflette le reali doti e capacità (Pincus & Lukowitsky, 2010). Il narcisismo grandioso si esprime spesso a livello comportamentale attraverso lo sfruttamento interpersonale, la mancanza di empatia, l’invidia, l’aggressività e l’esibi-zionismo. Altre volte, il narcisista può nascondere la propria grandiosità fornendo aiuto strumentale ed emotivo agli altri, ma covando al tempo stesso disprezzo per la persona aiutata e sperimentando la situazione come un riflesso del proprio essere speciale, buono o di capacità superiori (Nurse, 1998; Pincus et al., 2009).

Tuttavia, la grandiosità narcisistica identifica accuratamente solo alcune delle comuni manifestazioni del narcisismo patologico, quali le credenze a servizio del Sé (self-ser-ving bias) e le strategie maladattive di auto-affermazione (maladaptive self-enhance-ment). Nel modello clinico attuale del narcisismo patologico, tali strategie si trovano combinate con una compromissione dell’abilità di regolazione del Sé, delle emozioni e del comportamento di fronte all’insoddisfazione dei bisogni narcisistici. Questo deficit di regolazione, denominato “vulnerabilità narcisistica”, si riflette in esperienze di rabbia, invidia, aggressione, inutilità, sentimenti di vuoto, bassa autostima, ritiro sociale e persi-no tendenze suicidarie in risposta al fallimento delle strategie di auto-affermazione (Pin-cus, 2013; Pincus & Lukowitsky, 2010; Roche, Pin(Pin-cus, Lukowitsky, Ménard, & Conroy, 2013). I narcisisti vulnerabili sono, infatti, incapaci di mantenere in modo costante un senso di sé grandioso, così, quando le loro difese falliscono, la “ferita narcisistica” evoca vergogna, ansia, depressione e sentimenti di inadeguatezza (Russ et al., 2008).

Negli ultimi anni, il riconoscimento delle due forme di narcisismo è diventata sempre di più la norma (ad esempio, Kealy & Rasmussen, 2012; Ronningstam, 2011; Russ et al., 2008; Wright, Lukowitsky, Pincus, & Conroy, 2010). I clinici hanno impiegato i temi

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della grandiosità e della vulnerabilità per descrivere gli aspetti centrali del narcisismo patologico, come i deficit nella struttura del sé (Kernberg, 1998; Kohut, 1977), le diffi-coltà nella relazione terapeutica (Gabbard, 1998, 2009; Kernberg, 2007) e le strategie di difesa maladattive usate in risposta a fonti di stress, quali la vergogna (Broucek, 1982), il trauma (Hunt, 1995; Simon, 2002), i desideri insoddisfatti (Bursten, 1973), la dipenden-za (Cooper & Maxwell, 1995) o la sindrome da abbandono (Masterson, 1993). Il narcisi-smo non ha però un carattere statico, ma si configura come un processo dinamico che si muove lungo tentativi di regolazione patologica dell’autostima. Ronningstam (2005a, 2005b) ha descritto diversi sottotipi di personalità narcisistica differenziandoli essen-zialmente sulla base di alcune similarità e differenze nelle difficoltà interpersonali e nei processi di disregolazione dell’autostima e degli affetti.

I temi grandiosi sono enfatizzati nelle descrizioni del narcisismo arrogante e del nar-cisismo psicopatico. Nel sottotipo arrogante (corrispondente al grandioso overt), la rego-lazione dell’autostima avviene attraverso la creazione di un esagerato senso di unicità e superiorità, così come attraverso l’impegno in fantasie grandiose. Le strategie sono atti-vamente volte al successo e ad ottenere conferme all’immagine grandiosa di sé, piuttosto che ad evitare le disconferme. I narcisisti arroganti mostrano senso di diritto, tendenza allo sfruttamento, mancanza di empatia e reazioni di rabbia e aggressività intense in ri-sposta alla disregolazione emotiva (Ronningstam, 2005a, 2005b).

Nel sottotipo psicopatico, la regolazione dell’autostima avviene attraverso l’impiego di comportamenti antisociali o francamente immorali, volti a proteggere o accrescere la propria immagine di sé “gonfiata”. I narcisisti psicopatici commettono atti criminali vio-lenti con lo scopo di guadagnare l’ammirazione degli altri e, analogamente ai narcisisti maligni descritti da Kernberg (1975), possono manifestare reazioni di rabbia violente di fronte alle critiche e forme di sadismo ego-sintonico nelle relazioni interpersonali.

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dominante è la vergogna piuttosto che la rabbia o l’aggressività. I narcisisti timidi cerca-no di fronteggiare la disregolazione dell’autostima impegnandosi in fantasie grandiose ed evitando l’esposizione ai fallimenti e ai rifiuti. Al tempo stesso, essi provano un’in-tensa vergogna per i loro bisogni e le loro ambizioni e possono evitare le relazioni inter-personali a causa della loro ipersensibilità al rifiuto e alle critiche (Akhtar, 2003; Dickin-son & Pincus, 2003; Ronningstam, 2005a, 2005b).

Morf e Rhodewalt (2001a, 2001b) hanno proposto un modello di dinamica narcisisti-ca, chiamato Dynamic self-regulatory processing model of narcissism. Secondo questi autori, il contenuto di coscienza dei narcisisti è sia grandioso sia fragile, come se essi non riuscissero mai a convincersi realmente del proprio valore. Da ciò consegue la ne-cessita di estorcere continue conferme attraverso strategie interpersonali (ad esempio, costante attribuzione a se stessi dei successi e attribuzione agli altri dei propri insuccessi) e interpersonali (ad esempio, auto-valorizzazione e svalutazione degli altri), che però contribuiscono all’instabilità nell’autostima conducendo a relazioni problematiche e creando aspettative irrealistiche destinate all’insuccesso (Carcione & Semerari, 2017)

La maggior parte degli esperti del narcisismo patologico ritiene attualmente che lo stato del sé grandioso oscilli o addirittura co-occorra con lo stato vulnerabile, caratteriz-zato da una regolazione inefficace del Sé e delle emozioni in risposta all’insoddisfazione dei bisogni narcisistici (Gore & Widiger, 2016; Horowitz, 2009; Kernberg, 2009; Pincus, Cain, & Wright, 2014; Pincus & Roche, 2011; Ronningstam, 2009). Di conseguenza, i pazienti narcisisti differirebbero gli uni dagli altri per i livelli relativi di grandiosità e vulnerabilità riscontrati durante la valutazione (Pincus & Lukowitsky, 2010). Secondo Ronningstam (2009) “gli individui narcisistici potrebbero fluttuare tra la grandiosità as-sertiva e la vulnerabilità”. In modo simile, Kernberg (2009) sostiene che i narcisisti at-traversano “periodi di insicurezza che interrompono il loro senso di grandiosità e la

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con-vinzione di essere speciali”. Horowitz (2009) suggerisce che, siccome la patologia narci-sistica influenza negativamente le relazioni, la creatività e l’adattamento professionale, la grandiosità non può essere mantenuta e “il narcisista risulta sempre più vulnerabile alla vergogna, al panico, all’impotenza o alla depressione man mano che la vita procede senza il supporto dell’ammirazione degli altri”. L’inefficacia nella regolazione emotiva propria del narcisismo vulnerabile si manifesta tipicamente attraverso il passaggio rapi-do, e vissuto dalla persona come non reversibile, da una condizione di grandiosità a una rappresentazione di sé completamente negativa (ad esempio, essere ridicolo, essere un fallito), nel momento in cui i bisogni narcisistici vengono frustrati o la grandiosità è mi-nacciata (Fossati & Borroni, 2018).

In contrasto con le teorie cliniche prevalenti e con la ricerca psicologica, i criteri dia-gnostici del DSM per il Disturbo Narcisistico di Personalità sono fortemente incentrati sulle caratteristiche grandiose (Cain et al., 2008; Pincus, 2011). Un’analisi fattoriale con-fermativa dei criteri del DSM-IV supportava una soluzione a un singolo fattore (Miller, Hoffman, Campbell, & Pilkonis, 2008) e tali criteri sono rimasti sostanzialmente gli stessi nell’ultima edizione del DSM (DSM-5; APA, 2013). Nel passaggio dal DSM-III al DSM-IV, molte delle caratteristiche che sottolineavano temi vulnerabili sono state elimi-nate (ad esempio, vergogna e umiliazione in risposta a una ferita narcisistica, alternanza tra idealizzazione e svalorizzazione). Questo aspetto limita la validità e l’utilità clinica dei criteri diagnostici per il DNP, dal momento che è più probabile che i pazienti narcisi-sti ricerchino un trattamento quando si trovano in uno stato del sé vulnerabile, piuttosto che grandioso (Ellison, Levy, Cain, Ansell, & Pincus, 2013, Pincus et al., 2014). Inoltre, l’attenzione limitata alla grandiosità nel DSM ha probabilmente contribuito alla discre-panza tra il basso tasso di prevalenza del disturbo riferito dalla maggior parte degli studi epidemiologici (Mattia & Zimmerman, 2001) e la frequenza molto più elevata della

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dia-gnosi di DNP riscontrata nella pratica clinica (Dhawan, Kunik, Oldham, & Coverdale, 2010; Zimmerman, Rothschild, & Chelminski, 2005), così come alla bassa stabilità tem-porale del disturbo (Lenzenweger, Johnson, & Willett, 2004).

La mancanza di criteri sufficienti per il narcisismo vulnerabile nel DSM è una critica comune in letteratura (Cain et al. 2008; Gabbard, 2009; Levy, Reynoso, Wasserman, & Clarkin, 2007; Miller, Widiger, & Campbell, 2010; Pincus et al. 2009; Ronningstam, 2009). Un clinico che si affidi si soli criteri diagnostici del DNP inclusi nel DSM potreb-be fallire nel riconoscere il narcisismo patologico in quei pazienti che presentano in acu-to sinacu-tomi depressivi e ansiosi o auacu-tocritica e ideazione suicidaria (Pincus et al., 2009; Dhawan, Kunik, Oldham, & Coverdale, 2010). Inoltre, la maggior parte degli strumenti di valutazione del narcisismo patologico, essendo basati sui criteri del DSM, si limitano a misurare la grandiosità narcisistica. Alcuni strumenti di valutazione di recente sviluppo (Bachar, Hadar, & Shalev, 2005; Hendin & Cheek, 1997; Pincus et al., 2009; Wink, 1992) sono stati costruiti tenendo a mente proprio questi limiti. Tra questi, il Pathologi-cal Narcissism Inventory (PNI; Pincus et al., 2009) rappresenta una misura multidimen-sionale del narcisismo patologico, che valuta le espressioni overt e covert della grandio-sità e della vulnerabilità narcisistiche.

Per riassumere, nel tipo grandioso prevalgono i sentimenti di superiorità e di disprez-zo per gli altri. Il comportamento può essere apertamente arrogante e incurante dell’ef-fetto sugli altri (Gabbard, 1989), i quali vengono utilizzati come fonte di ammirazione senza alcuni riguardo per i loro sentimenti e per il loro punto di vista. La grandiosità narcisistica è rappresentata da credenze al servizio del Sé (ad esempio, fantasie “mega-lomaniche” o rappresentazioni di sé in termini estremi, irraggiungibili, superiori). Gli aspetti di fragilità sono sotto-modulati, nascosti, negati e il più possibile esclusi dalla coscienza (Carcione & Semerari, 2017).

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Nel sottotipo fragile, invece, prevalgono i sentimenti di vergogna, il senso di umilia-zione e l’ipervigilanza verso il giudizio altrui. Alla ricerca di ammiraumilia-zione si sostituisce l’evitamento e il ritiro dalle situazioni che potrebbero comportare un giudizio negativo. Falsa umiltà, compiacenza e manifestazioni inautentiche di interesse per gli altri tendono a sostituire l’arroganza del narcisista grandioso. Grandiosità e invidia vengono nascoste e vissute in fantasie nelle quali l’auto-affermazione narcisistica assume la dimensione della rivalsa (Carcione & Semerari, 2017).

Entrambi i sottotipi sono considerati espressione della stessa difficoltà di base nella stabilizzazione del senso di identità, nel mantenimento dell’autostima e nella regolazione interpersonale. Non sorprende, perciò, che secondo diversi autori la maggior parte dei narcisisti presenti fluttuazioni tra aspetti di grandiosità e di vulnerabilità (Caligor, Levy, & Yeomans, 2015; Dimaggio, Petrilli, Fiore, & Mancioppi, 2003; Marissen, Brouwer, Hiemstra, Deen, & Franken, 2016; Pincus & Lukowitsky, 2010; Ronningstam, 2016).

2.4.3. Narcisismo overt e covert

Una seconda distinzione all’interno della letteratura sul narcisismo patologico si rife-risce alle sue modalità espressive, overt e covert (Akhtar & Thomson, 1982; Cooper, 1981; Wink, 1991). Sebbene i termini overt e covert facciano riferimento a differenti modalità di espressione della grandiosità e della vulnerabilità narcisistiche e non a speci-fiche manifestazioni fenotipiche del narcisismo patologico, essi sono spesso stati usati in modo errato per indicare rispettivamente la manifestazione grandiosa e quella vulnerabi-le del narcisismo patologico (Pincus e Lukowitsky, 2010). Nonostante non vi sia alcuna prova empirica dell’esistenza di tipi distinti di narcisismo overt e covert, questa distin-zione è così radicata in letteratura, che ricerche anche molto recenti sembrano basarsi su presupposti errati (ad esempio, Fossati, Borroni, Eisenberg & Maffei, 2010; Given-Wil-son, McIlwain, & Warburton, 2011).

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I criteri del DSM, gli item di vari strumenti di valutazione e interviste strutturate e le concettualizzazioni cliniche di tutte le forme di personalità patologiche includono un in-sieme di elementi overt (comportamenti, atteggiamenti ed emozioni manifestate in modo esplicito) ed esperienze covert (pensieri, sentimenti, motivazioni e bisogni; McGlashan et al., 2005). Anche la grandiosità e la vulnerabilità narcisistiche possono esprimersi tan-to in modo esplicitan-to quantan-to in modo implicitan-to (Pincus, 2013; Pincus, Roche, & Good, 2015; Wright et al., 2010). Di conseguenza, Pincus e Lukowitsky (2010) hanno proposto di distinguere i due fenotipi grandioso/vulnerabile dalle loro modalità di espressione overt/covert. Secondo questi autori, in ogni manifestazione overt di tipo grandioso sa-rebbero sempre presenti aspetti covert di vulnerabilità, e viceversa. Ad esempio, un nar-cisista con una spiccata grandiosità può reagire con rabbia estrema alla necessità di fare la fila per una prestazione, senza rendersi conto di come la sua reazione sia legata al vi-vere la fila come una minaccia al bisogno di rappresentarsi superiore agli altri (Fossati & Borroni, 2018).

Figura 2. Il modello clinico attuale del narcisismo patologico. From “Pathological narcissism

and Narcissistic Personality Disorder”, by A. L. Pincus & M. R. Lukowitsky, 2010, Annual

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NARCISISMO E RELAZIONI ROMANTICHE

In letteratura, una serie di aspetti cruciali per la comprensione del narcisismo patolo-gico non sono ancora stati affrontati in modo sistematico. Tra questi, le dinamiche rela-zionali (incluse quelle terapeutiche) e le caratteristiche di mating dei clienti con narcisi-smo patologico (ossia, come i narcisisti scelgono i partner e che fortuna hanno nel creare coppie, la stabilità/instabilità delle loro relazioni) restano per lo più inesplorate (Fossati & Borroni, 2018). Proprio come le relazioni possono contribuire al controllo personale supportando il senso di valore personale e di competenza, la loro perdita o un fallimento sul piano relazionale possono essere avvertiti dai narcisisti come devastanti e traumatici. Ad esempio, la perdita di affiliazione coniugale può avere delle conseguenze traumatiche nel momento in cui influenza la propria idea di sé, i propri valori personali e sociali di successo o il senso di controllo e di agency (Ronningstam, Weinberg, & Maltsberger, 2008). Risulta, quindi, importante comprendere le dinamiche relazionali dei pazienti con narcisismo patologico.

Come già accennato nel precedente capitolo, sia i teorici del narcisismo (Akhtar & Thomson, 1982; Cooper, 1981, 1998; Kohut, 1971; Wink, 1996) sia i clinici specializzati in disturbi di personalità (Gabbard, 1989, 1998; Gersten, 1991; Masterson, 1993; Røvik, 2001) hanno tratteggiato due diverse forme di personalità narcisistica. La prima, quella grandiosa, è catturata dai criteri diagnostici del Disturbo Narcisistico di Personalità se-condo il DSM-5 (APA, 2013), che descrivono il narcisismo patologico come

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caratterizza-to da grandiosità, arroganza, senso di diritcaratterizza-to, invidia e sfruttamencaratterizza-to degli altri per il pro-prio profitto. La seconda, quella vulnerabile, è caratterizzata da timidezza e modestia evidenti, ma anche da sottostanti aspettative grandiose verso se stessi e gli altri. I narcisi-sti grandiosi regolano la propria autonarcisi-stima principalmente attraverso strategie overt (ad esempio, comportamenti maladattivi volti all’auto-affermazione, svalutazione delle per-sone che minacciano la loro autostima), mentre i narcisisti vulnerabili dipendono mag-giormente dall’approvazione degli altri (Zeigler-Hill, Clark, & Pickard, 2008). Per com-prendere l’effetto del narcisismo sulle relazioni romantiche è, quindi, necessario analiz-zare in modo distinto le due manifestazioni del narcisismo patologico.

3.1. Narcisismo grandioso e relazioni romantiche

Il narcisismo grandioso gioca un ruolo paradossale nelle relazioni intime. Da una par-te, i narcisisti grandiosi spesso hanno successo nell’iniziare nuove relazioni romantiche, poiché essi appaiono come partner desiderabili (Oltmanns, Friedman, Fiedler, & Tur-kheimer, 2004; Paulhus, 1998; Rhodewalt & Eddings, 2002). Dall’altra, man mano che le loro caratteristiche sgradevoli emergono, essi diventano sempre meno piacevoli e, di conseguenza, incontrano molti problemi relazionali (Brunell & Campbell, 2011; Camp-bell, 1999, 2005). Essi possiedono, infatti, un insieme di caratteristiche (ad esempio, si-curezza in sé, piacevolezza, fascino) che sono ottime per iniziare una relazione, ma che, quando combinate con un altro insieme di caratteristiche (ad esempio, bassa empatia, egocentrismo, sfruttamento degli altri per il proprio vantaggio), risultano distruttive per il funzionamento relazionale. Di conseguenza, i narcisisti grandiosi iniziano ripetutamente nuove relazioni e, una volta danneggiate, cercano subito un nuovo partner (Campbell, Brunell, & Finkel, 2006). Le loro relazioni risultano, quindi, superficiali, transitorie e carenti di impegno (Campbell & Foster, 2002).

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