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ATTACCO ALLA CERTEZZA DEL DIRITTO: RIFLESSIONI SUL DANNO ALLA PERSONA

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Academic year: 2022

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TAGETE 1‐2002 

ATTACCO ALLA CERTEZZA DEL DIRITTO: 

RIFLESSIONI SUL DANNO ALLA PERSONA  

Dr. Ettore Savino 

   

Se  dovessi  dare  un  titolo  al  mio  intervento  credo  che  potrei  legittimamente  denominarlo,  in  sintonia  con  i  tragici  avvenimenti  di  questi  giorni,  “L’attacco  alla  certezza del diritto”. 

Chi ha fatto studi giuridici, si è imbattuto, in quasi tutti gli esami universitari,  sia  di  diritto  pubblico  che  di  diritto  privato,  di  diritto  internazionale  o  di  diritto  comunitario, nell’esame di principi che tutta la dottrina riteneva costituissero la base  imprescindibile  delle  norme  di  legge  e  della  giurisprudenza  in  genere.  E  tra  questi  vi  era e vi è sicuramente quello della certezza del diritto. 

La giurisprudenza dell’ultimo decennio ha, in verità, messo a dura prova tale  principio,  minandone  le  fondamenta  attraverso  l’attribuzione  all’interprete  della  facoltà di identificare, con particolare riferimento ai cd. diritti della personalità, tutte  le  posizioni  soggettive  idonee  a  dare  garanzia  ed  a  proteggere  ogni  aspetto  della  personalità  umana  all’interno  della  realtà  sociale.  E  a  tale  proposito  voglio  qui  ricordare  la  sentenza  Cass.  Civ.,  sez.  I,  7  giugno  2000,  n.  7713,  la  sentenza  Cass.  Civ. 

sez. III, 19 gennaio‐3 aprile 2001, n. 4881 e, da ultimo la sentenza Cass. Civ., sez. III, 10  maggio 2001, n. 6507. 

Nella  prima  la  Corte  di  legittimità,  con  una  stringatissima  motivazione,  ha  riconosciuto  espressamente  la  rilevanza  nel  nostro  ordinamento  del  danno  esistenziale, riproponendo la tesi secondo la quale la tutela risarcitoria richiederebbe  unicamente  la  lesione  di  un  interesse  protetto  e  non  l’effettivo  pregiudizio  subito. 

Attraverso  questa  nuova  figura  di  danno  si  riconosce  un  autonomo  spazio  di  salvaguardia che si va ad affiancare, nell’ambito del sistema risarcitorio del danno alla  persona, alla tripartizione ormai classica del danno biologico, del danno morale e del  danno patrimoniale. Ma vi è da chiedersi se il sistema non offra già al suo interno uno  strumento  idoneo  a  garantire  una  piena  protezione  alla  personalità  del  soggetto,  attraverso una crescita dell’area coperta dal danno alla salute da un lato e, dall’altro,  attraverso  l’estensione  della  figura  del  danno  non  patrimoniale  a  fattispecie  non  necessariamente  configurantesi  quali  reati.  Ciò  consentirebbe  di  non  alterare  il  sistema  ormai  consolidato  facente  capo  alle  tre  categorie  di  danno  risarcibile  e  di  ristorare la lesione afferente il profilo relazionale‐sociale, sia quando incida sul diritto  alla salute, sia quando la stessa non integri gli estremi di una vera e propria patologia. 

Nella  seconda  ed  ancor  più  nella  terza  delle  sentenze  citate  si  affermano  essenzialmente tre principii: 

a) i  diritti  fondamentali  della  persona costituzionalmente  garantiti  sono  da intendersi come altrettanti diritti soggettivi perfetti; 

 Dirigente Winterthur, Milano 

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b) la lesione di tali diritti determina la sussistenza di un danno risarcibile  in  virtù  del  combinato  disposto  dell’art  .  2043  cod.  civ.  e  della  norma  costituzionale  che sancisce lo specifico diritto che si assume leso; 

c) il danno così determinato deve essere risarcito in aggiunta sia al danno  non patrimoniale, sia a quello patrimoniale in senso stretto. 

Pertanto,  nel  caso  di  specie,  la  lesione  della  personalità  può  generare  tre  differenti pregiudizi, ciascuno autonomo e distinto dall’altro, rappresentati dal danno  morale, dal danno patrimoniale e dal danno, per così dire, personale, ai sensi dell’art. 2  Cost.  e  dell’art.  2043  cod.  civ.,  il  quale  sussisterebbe  sempre  e  necessariamente  ove  fosse dimostrata la lesione. Dalla sentenza si evince che, chi si ritiene leso di un diritto  della personalità, deve fornire esclusivamente la prova della lesione del diritto, poiché  da  essa  discende  automaticamente  la  riduzione  o  la  perdita  completa  di  un  valore  della persona umana, che danno diritto ipso iure al risarcimento. 

Si impongono, a questo proposito tre ordini di considerazioni: 

1) i  danni  alla  persona,  conseguenza  della  lesione  dei  cd.  diritti  della  personalità,  diversamente  dal  danno  biologico  che  è  oggettivamente  individuabile,  accertabile  e  misurabile  in  termini  medico‐legali,  non  sembrano  accertabili  oggettivamente,  né  appaiono  scientificamente  misurabili,  valutabili  e  quantificabili. 

Ergo,  poiché  incidono  sulla  sfera  emotiva  del  soggetto,  pare  quantomeno  difficile  distinguerli sostanzialmente dal danno morale; 

2) la  sentenza  6507/01  compie  un  passo  indietro  rispetto  alle  interpretazioni della sentenza della  Corte Cost. n. 184/86 e, in particolare, contraddice  vistosamente  i  principi  delineati  dalla  sentenza  n.  372/94  della  stessa  Corte  Costituzionale, laddove si afferma che, ai fini risarcitori, è necessaria non solo la prova  della  lesione,  ma  anche  quella  ulteriore  dell’entità  del  danno  subito.  Poiché  il  contrasto  tra  la  sentenza  6507/01  e  la  sentenza  372/94  è  evidente,  ritengo  assai  probabile, oltre che necessario, un ripensamento delle posizioni assunte dal giudice di  legittimità; 

3) nella  sentenza  si  afferma  l’esistenza  di  un  unico  diritto  della  personalità,  il  quale  ricomprenderebbe  e  racchiuderebbe  in  sé  tutti  gli  aspetti  della  personalità  stessa,  per  cui  spetta  all’interprete  identificare  tutte  le  posizioni  soggettive  idonee  a  dare  garanzia  ed  a  proteggere  ogni  aspetto  della  personalità  umana all’interno della realtà sociale. Ne consegue che ogni giudice potrebbe creare  una  nuova  figura  di  danno    ogni  qualvolta  ritenga  leso  un  diritto  da  lui  ritenuto  costituzionalmente garantito. La Corte, per evitare tali distorsioni, precisa che gli unici  diritti personali risarcibili in caso di lesione sarebbero quelli afferenti diritti inviolabili  dell’uomo.  Ma  quali  diritti  si  debbono  considerare  come  inviolabili?  Probabilmente  tutti  quei  diritti  che  sono  riconducibili  ad  una  categoria  di  danno  sopraordinata,  la  quale  comprende  i  danni  alla  personalità.    Poichè  ancora  una  volta  si  tratta  di  situazioni incidenti sulla sfera emotiva del soggetto vittima dell’altrui comportamento  illecito, detta categoria generale altro non è che quella relativa al cd. danno morale. 

A  questo  punto  mi  pare  di  poter  dire  che  le  sentenze  6507/01  e  4881/01  annuncino  una  nuova  fase  dell’evoluzione  del  danno  alla  persona,  inteso  in  un’accezione più ampia e indefinita rispetto a quella tradizionale, ma, nel contempo,  foriera di ulteriori motivi di incertezza del diritto che ne scaturisce. Né, anche alla luce  della  sentenza  7713/00,  si  riescono  a  fugare  le  preoccupazioni  per  l’eccessiva  proliferazione  di  figure  di  danno  risarcibile;  infatti,  tra  il  disposto  certamente  oggi 

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superato dell’art. 2059 c.c. e le varie fattispecie che sono andate costruendosi a livello  giurisprudenziale,  diventa  pressochè  impossibile  individuare  lesioni  vere  o  presunte  che  non  possano  essere  oggetto  di  autonomo  risarcimento.  Invocando  il  danno  esistenziale  diventa  più  facile  ottenere  il  risarcimento  dei  c.d.  danni  indiretti,  pur  conseguenza di lesioni fisiche e tangibili, lamentati, peraltro, da soggetti terzi rispetto  alla vittima dell’illecito (si pensi ai c.d. danni riflessi). 

Ecco  perché  titolerei  il  mio  intervento  “attacco  alla  certezza  del  diritto”  e  perché debbo ribadire con forza quanto affermato al Convegno di Forte dei Marmi e di  Milano  nel  maggio  di  quest’anno,  in  ordine  alla  necessità  che  il  legislatore  ponga  rapidamente mano ad un’organica riforma del danno alla persona, che ancora oggi si  rivela contraddittorio e non funzionale al principio del “giusto risarcimento”. 

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