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Protocolli di terapia insulinica intensiva nel paziente diabetico ospedalizzato: dalla ricerca alla pratica clinica

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

Nel paziente critico, l’infusione continua endovena di insulina ha dimostrato di essere il metodo più efficace per raggiungere spe- cifici target glicemici raccomandati (range 140-180 mg/dl). Sono stati pubblicati numerosi algoritmi infusionali efficaci. Tutti i pro- tocolli insulinici pubblicati per le ICU (intensive care unit) sono ugualmente efficaci nel controllare la glicemia senza maggiori differenze negli esiti clinici, inclusa la frequenza di ipoglicemia grave, durata di degenza in ICU e ospedaliera, o mortalità.

Nel paziente non critico, lo schema sottocutaneo del tipo basal- bolus ha solide dimostrazioni di migliore efficacia e sicurezza. Gli ipoglicemizzanti orali dovrebbero essere evitati o sospesi nei pazienti ricoverati. Nei pazienti non critici non esistono studi pro- spettici randomizzati sugli effetti prognostici dell’ottimizzazione del controllo glicemico durante ospedalizzazione. Nell’attesa di tali informazioni e sulla base dei risultati degli studi osservazio- nali e di quelli condotti su pazienti critici, gli attuali standard di cura italiani e internazionali raccomandano che gli obiettivi glice- mici fissati durante ricovero ospedaliero siano < 140 mg/dl a digiuno e < 180 mg/dl nel periodo postprandiale. Sebbene nes- suno dei protocolli di terapia insulinica intensiva endovena pub- blicati sia stato studiato ai target glicemici attualmente racco- mandati, è importante considerare che l’aspetto più rilevante di un protocollo di terapia insulinica intensiva in ospedale è che esso sia condiviso, validato e verificato dall’equipe ospedaliera che lo implementa nella pratica clinica quotidiana. La sicurezza del paziente ricoverato in ospedale insieme alla riduzione della morbi-mortalità legata alle glicemie inaccettabilmente elevate (> 180 mg/dl) viene prima di tutto e orienta il nostro agire quoti- diano.

SUMMARY

Intensive insulin protocols in the in-hospital diabetic patient, from the research to bedside

Continuous insulin infusion had been showed to be the best way to reach recommended glycaemic targets (range 140-180 mg/dl) in the critically ill patient. Several infusion algorithms for the ICUs (intensive care units) have been published. All these

Rassegna

Protocolli di terapia insulinica intensiva nel paziente diabetico ospedalizzato:

dalla ricerca alla pratica clinica

A.V. Ciardullo

Struttura Semplice di Diabetologia Area Nord, Carpi e Mirandola; Dipartimento Aziendale delle Cure Primarie, Azienda USL di Modena

Corrispondenza: dott.ssa Anna Vittoria Ciardullo, Struttura Semplice di Diabetologia Area Nord,

Azienda USL di Modena, piazzale Donatori di sangue 3, 41012 Carpi (MO)

e-mail: a.ciardullo@ausl.mo.it

G It Diabetol Metab 2011;31:131-140 Pervenuto in Redazione l’11-02-2011 Accettato per la pubblicazione il 20-06-2011 Parole chiave: diabete, paziente critico, insulina, protocollo infusionale, algoritmo terapeutico Key words: diabetes, critically ill, insulin, infusion protocol, therapeutic algorithm

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insulin protocols are equally effective in targeting blood glucose without major differences in the clinical outcomes such as severe hypoglycaemia, ICU and hospital length-of-stay, or mor- tality.

As to the non-critically ill in-patient, the subcutaneous basal- bolus insulin scheme had strong evidence to be safe and effec- tive. Hypoglycaemic drugs have to be avoid in the in-patients.

In this setting, prospective randomised trials are still lacking. In the meanwhile, based on observational data and on the critical- ly ill patients’ findings, current Italian and international standards of care recommend in-hospital blood glucose targets < 140 mg/dl at fasting, and < 180 mg/dl in the post-prandial period. Though none of the available insulin protocols have been tested at the current glycaemic targets, it is relevant to keep in mind that the most qualifying point for the hospital team is sharing, validating and monitoring in their everyday practice.

We have to put the in-patient’s safety first together with the decrease in morbidity and mortality related to unacceptable high blood glucose levels (> 180 mg/dl).

Introduzione

È stato osservato che il 30-40% degli individui che si rivolgo- no al pronto soccorso, il 25% di quelli ricoverati in ospedale, tanto nell’area medica che chirurgica, e il 30% circa dei pazienti sottoposti a by-pass aortocoronarico sono diabe - tici1.

L’iperglicemia, oltre a essere un marcatore di gravità della malattia, si accompagna a importanti eventi avversi che influenzano la prognosi e comprendono l’aumento della mor- talità, del tasso di infezioni e della durata del ricovero. Tutto ciò in maniera ancora più rilevante e significativa nei pazienti in cui l’iperglicemia non era nota prima del ricovero1. È primario interesse sia del paziente sia del sistema sanitario ridurre la quota di rischio clinico per aumentata morbilità e mortalità del paziente ospedalizzato legato all’iperglicemia di per sé.

La gestione dell’iperglicemia in ospedale nel paziente critico

Nel paziente critico l’iperglicemia stress-indotta è dovuta ad aumentata neoglucogenesi epatica e all’insulino-resistenza.

In conseguenza del deficit relativo di insulina si determina anche una aumentata lipolisi con incremento di FFA (free fatty acid, acidi grassi liberi) e chetoni e un aumentato cata- bolismo proteico. Si innesca così una cascata catabolica che può condurre in breve tempo alla sequenza disidratazione- acidosi-coma-morte2.

Teoricamente, la finalità di tali alterazioni metaboliche è quel- la di aumentare la disponibilità di glucosio quale fonte di energia per le cellule glucosio-dipendenti. In realtà, l’iperglicemia produce i seguenti effetti negativi: a) sovverte il bilancio dei fluidi, b) predispone alle infezioni, c) aumenta il rischio di insufficienza renale, d) aumenta il rischio di polineu-

ropatia, e) aumenta la mortalità nei pazienti in ICU (intensive care unit)3.

La terapia insulinca intensiva in ospedale: le prove di efficacia pre-NICE-SUGAR

Numerosi studi hanno documentato in differenti contesti di condizioni critiche l’utilità di un trattamento insulinico volto a controllare i valori glicemici elevati2-10.

In particolare, a metà degli anni ’90 lo studio randomizzato multicentrico DIGAMI (Diabetes Mellitus, Insulin Glucose Infusion in Acute Myocardial Infarction) ha dimostrato che nei soggetti diabetici infartuati, con valori glicemici elevati al momento del ricovero, l’impiego di un’infusione di insulina e glucosio endovena durante la fase acuta dell’infarto miocar- dico (con l’obiettivo di ridurre la glicemia tra 125 e 180 mg/dl), seguito da un controllo glicemico ambulatoriale intensivo con somministrazione di insulina sottocute per almeno 3 mesi, riduceva di quasi un terzo la mortalità e la morbilità a distanza di 1 e 3 anni5,6. In questo studio, un tota- le di 620 pazienti con glicemia all’ingresso maggiore di 198 mg/dl sono stati randomizzati a ricevere o la terapia con- venzionale o una terapia endovenosa di glucosio-insulina- potassio immediatamente dopo un infarto miocardico acuto (IMA) per mantenere la glicemia inferiore a 210 mg/dl segui- ta da insulina sottocute per 3 mesi o più. In questo studio, la glicemia media dopo 24 ore dall’ingresso in ospedale era di 173 mg/dl nel gruppo sperimentale vs 211 mg/dl in quello di controllo. Alla dimissione, I valori glicemici erano rispetti - vamente 173 vs 148 mg/dl. Sebbene la mortalità intraospe- daliera (9% vs 11%) o a 3 mesi (12% vs 11%) non fosse significativamente diversa, a 1 anno si era ridotta del 28%

(19% vs 26%; p = 0,01) (Tab. 1). Va ricordato che il DIGAMI è stato condotto in epoca preangioplastica nel trattamento dell’IMA.

Nel 2001 Van den Berghe et al.3dimostrarono come una terapia insulinica intensiva endovena, che aveva l’obiettivo di raggiungere una glicemia compresa tra 80 e 110 mg/dl, ridu- cesse del 34% la mortalità in pazienti critici ricoverati presso una terapia intensiva postchirurgica (absolute risk reduction, ARR 3,4%; number needed to treat, NNT 29) e come il beneficio fosse amplificato tra i pazienti che richiedevano una permanenza in ICU superiore a 5 giorni (ARR 9,6%; rela- tive risk reduction, RRR –48%; NNT 10). Si osservò anche una riduzione delle sepsi del 46% e un minore ricorso alla dialisi del 41% e alla emotrasfusione del 50%3(Tab. 1).

In contrasto con questi iniziali studi positivi, i risultati dei recenti studi controllati randomizzati (RCT, randomized con- trolled trial) hanno suscitato dubbi sulla sicurezza e l’efficacia del controllo glicemico stretto (80-110 mg/dl) nel migliorare gli esiti clinici (ridotta morbilità ospedaliera e mortalità) senza aumentare il rischio di ipoglicemia grave.

Lo studio DIGAMI 27 ha studiato 1253 pazienti con IMA (infarto miocardico acuto) e storia di diabete o glicemia all’in- gresso superiore a 198 mg/dl riportando nessuna differenza nella mortalità tra i pazienti randomizzati al protocollo inten- sivo di infusione insulina-glucosio o alla gestione metabolica

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routinaria secondo la pratica locale. In aggiunta, non c’erano differenze significative tra i tre bracci nella morbilità espressa come casi di re-infarto non fatali, scompenso cardiaco con- gestizio e ictus (Tab. 1). In questo caso, ci troviamo già in epoca postangioplastica nel trattamento dell’IMA.

Il secondo RCT9del gruppo di Leuven in ICU medica fallì nel replicare i risultati ottenuti in ICU chirurgica3. Nello studio in ICU medica, 1200 pazienti che avevano la necessità di tera- pia intensiva in ICU medica per almeno 3 giorni furono rando- mizzati al trattamento intensivo per raggiungere un target gli- cemico di 80-110 mg/dl o alla terapia insulinica convenziona- le quando la glicemia fosse stata maggiore di 215 mg/dl per raggiungere un target glicemico di 180-200 mg/dl. Nell’analisi intention-to-treat, nonostante la riduzione della glicemia, non si trovarono differenze significative nella mortalità intraospe- daliera (40% conventional vs 37,3% intensive-treatment group, p = 0,33). Tra i 433 pazienti che furono in ICU per meno di 3 giorni, la mortalità era maggiore con il trattamento intensivo, mentre, tra i pazienti che furono in ICU per 3 o più giorni, il trattamento insulinico intensivo ha ridotto la mortalità intraospedaliera (dal 52,5% al 43,0%, p = 0,009). Nel gruppo intensivo è stato osservato un aumento di sei volte degli eventi ipoglicemici gravi (definiti come glicemia < 40 mg/dl) (18,7% vs 3,1%) e l’ipoglicemia è stata identificata come un fattore di rischio indipendente della mortalità9(Tab. 1).

I risultati di questi studi hanno rappresentato vere pietre miliari nella revisione critica del problema condizionando un cambiamento radicale nella valutazione dell’importanza di migliorare il compenso glicemico durante l’ospedalizzazione dei pazienti, in particolare nel contesto delle situazioni criti- che con l’utilizzo di insulina per via endovenosa; è proprio sulla base di questi studi che è stato pubblicato il protocollo di Clement10 quale primo algoritmo raccomandato dall’American Diabetes Association11.

A doveroso commento, va detto che la mancata differenza significativa tra i gruppi in studio sia nel DIGAMI 27sia nel secondo studio di Leuven in ICU medica9è in parte spiega- bile con il fatto che i ricercatori coinvolti non potevano igno- rare quanto già dimostrato in precedenza e quindi lo studio ripetuto a distanza di molti anni difficilmente poteva realizza- re nel gruppo di controllo le stesse condizioni di iperglicemia riscontrate anni addietro. Infatti, secondo la Dichiarazione di Helsinki del 1964 “Nessun paziente dovrebbe essere coin- volto in un RCT [ndr. randomised clinical trial] se il medico e/o il paziente pensano che uno dei trattamenti in esame sia inappropriato (meno efficace e/o più rischioso) rispetto ad altri trattamenti disponibili (nel trial stesso o nella pratica cor- rente) o rispetto al non trattare” (disponibile sul sito internet della World Medical Association www.wma.it).

Studi successivi della Van den Berghe hanno approfondito gli aspetti fisiopatologici degli effetti della terapia insulinica intensi- va dei pazienti iperglicemici in ICU. Abbiamo appreso come il mantenimento della normoglicemia con la terapia insulinica intensiva nel paziente critico protegge l’endotelio attraverso minore rilascio di fattori di adesione come ICAM (intercellular adhesion molecule) ed E-selectina e anche attraverso l’inibizione dell’eccessivo rilascio dell’enzima inibente l’ossido nitrico (iNOS-induced NO release) contribuendo così alla pre-

venzione dell’insufficienza d’organo e la morte12; modifica favo- revolmente l’asse somatotropico inducendo una GH-resisten- za metabolicamente favorevole13; protegge il sistema nervoso centrale e periferico14; previene o ripristina le anormalità ultra- strutturali e funzionali dei mitocondri epatocitari, ma non in quelli del muscolo scheletrico suggerendo un effetto diretto della glucotossicità e del controllo glicemico per sé, piuttosto che dell’insulina15. In una rassegna del 200716 la Van den Berghe ha sintetizzato gli effetti dello stretto controllo glicemico nel paziente critico fino ad allora noti: riduzione della mortalità, della durata di degenza in ICU, di interventi accessori come la dialisi, le emotrasfusioni, la dipendenza dal ventilatore mecca- nico e il costo; prevenzione delle infezioni, del danno renale, dell’infiammazione, della neuropatia, dell’ipercatabolismo e dei disordini del metabolismo lipidico; effetti di protezione cellulare sulla disfunzione dei leucociti, endoteliale con miglioramento della funzione miocardica.

Contrariamente a questi risultati, negli studi multicentrici Glucontrol17,18 e VISEP (Efficacy of Volume Substitution and Insulin Therapy in Severe Sepsis)19non è stata osservata una differenza significativa nella mortalità (Tab. 1).

Il Glucontrol Trial17,18, un RCT condotto in una popolazione mista di pazienti critici, ha confrontato gli effetti di 2 regimi di terapia insulinica mirati a raggiungere una glicemia di 80- 110 mg/dl e tra 140-180 mg/dl. Lo studio è stato interrotto prematuramente per tassi di violazione al protocollo e pro- blemi di sicurezza inaccettabilmente elevati. Durante il tratta- mento, la glicemia media era 118 vs 144 mg/dl. Non ci sono state differenze nella mortalità in ICU (16,97 vs 15,20%), nella mortalità ospedaliera (24,6 vs 20,7%), nella mortalità a 28 giorni (19,8 vs 16,1%) o nella durata della degenza in ICU (6 vs 6 giorni). Il tasso di ipoglicemia era più alto nel regime intensivo (8,6 vs 2,4%). È interessante notare come la mor- talità tra le persone con glicemie inferiori a 40 mg/dl durante il trattamento fosse aumentata (32,6 vs 53,8%).

Lo studio VISEP19, un RCT condotto in 600 individui con sepsi randomizzati alla terapia insulinica convenzionale (gli- cemia 180-220 mg/dl) o intensiva (glicemia 80-110 mg/dl), non ha riportato nessuna riduzione nella mortalità a 28 gior- ni (26% vs 24,7%) e a 90 giorni (35,4% vs 39,7%), ma ha riportato tassi più elevati di ipoglicemia grave con la terapia insulinica intensiva (17% vs 4,1%; p < 0,001). L’ipoglicemia (< 40 mg/dl) era un fattore di rischio indipendente di mortali- tà (rischio relativo, RR 2,2 a 28 giorni; intervallo di confiden- za, IC al 95% 1,6-3,0)19.

Similmente, due studi condotti in Arabia Saudita e in Colombia hanno fallito nel dimostrare un beneficio del con- trollo glicemico intensivo sulla mortalità della terapia insulini- ca intensiva in pazienti ricoverati in ICU mista medica-chirur- gica, mentre aumentava l’ipoglicemia20,21(Tab. 1).

La terapia insulinca intensiva in ospedale: le metanalisi e il NICE-SUGAR study

Nel 2008, quando era ormai avviata in tutto il mondo l’implementazione di protocolli di terapia insulinica intensiva, è stata pubblicata una metanalisi su JAMA che dall’analisi di

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Tabella 1 Principali studi prospettici randomizzati sul trattamento insulinico intensivo endovena in pazienti con infarto del miocardio (IMA) o ricoverati in unità di terapia intensiva (ICU).

Studio Gruppo N. di Criterio Intervento Obiettivo Commento

studiato individui di inclusione primario: risultati

Digami 19975,6 IMA 620 Glicemia Infusione di Riduzione della • Studio eseguito

multicentrico > 198 mg/dl insulina e glucosio mortalità a 3,4 anni in epoca per 24 h seguita del 25% (p = 0,01) preangioplastica da dosi multiple di

insulina sc× 3 mesi

Digami-2 20057 IMA 1253 Glicemia Tre bracci: Nessuna differenza • Non sono

multicentrico > 198 mg/dl o storia 1. Infusione di nella mortalità definite soglie di diabete di tipo 2 insulina e glucosio a 2 anni glicemiche

per 24 h • Precoce

2. Infusione di interruzione

insulina e glucosio dello studio

per 24 h + insulina • Epoca

sc× 3 mesi postangioplastica

3. Trattamento convenzionale

ICU Chirurgica Ricoverati in 1548 Ingresso in ICU • Infusione di Riduzione della Beneficio

Leuven ICU (63% insulina per mortalità in ICU soprattutto nel

20013 post-chirurgia mantenere del 34% (p < 0,04) ridurre la sindrome

cardiaca) normoglicemia da fallimento

(80-110 mg/dl) multiorgano nei

• vs target nei pazienti settici

controlli di È l’unico RCT che

180-200 mg/dl ha misurato

(start insulina la glicemia

> 215 mg/dl) esclusivamente

• Nutrizione da sangue

parenterale 24 h arterioso

ICU Medica Ricoverati in 1200 Ingresso in • Infusione di Nessuna differenza È l’unico RCT che

Leuven ICU medica ICU medica insulina per di mortalità ha misurato la

20069 mantenere ospedaliera glicemia

normoglicemia nell’analisi esclusivamente da (80-110 mg/dl) intention-to-treat. sangue arterioso

• vs target nei Riduzione della Nel gruppo controlli di mortalità nel intensivo c’erano 180-200 mg/dl sottogruppo di più pazienti con (start insulina pazienti con cancro e

> 215 mg/dl) durata di degenza insufficienza

• Nutrizione in ICU > 3 giorni. multiorgano parenterale 24 h Una re-analisi

successiva alla pubblicazione, aggiustata per variabili di sbilanciamento secondario tra i gruppi, ha dato una riduzione significativa della mortalità nel gruppo intensivo del 33%

Continua

(5)

Tabella 1 Principali studi prospettici randomizzati sul trattamento insulinico intensivo endovena in pazienti con infarto del miocardio (IMA) o ricoverati in unità di terapia intensiva (ICU).

Studio Gruppo N. di Criterio Intervento Obiettivo Commento

studiato individui di inclusione primario: risultati

Glucontrol ICU mista medica 1101 Ingresso in ICU • Infusione di insulina Nessuna differenza • Obiettivo

200817,18 e chirurgica multicentrico per mantenere di mortalità in ICU glicemico nei

normoglicemia nell’analisi controlli (80-110 mg/dl) intention-to-treat significativamente

• vs target nei controlli inferiore a quello

di 140-180 mg/dl dello studio

(start insulina di Leuven

> 180 mg/dl)

VISEP ICU mista medica 537 Ingresso in ICU, • Infusione di insulina Nessuna differenza • Obiettivo 200819 e chirurgica multicentrico limitato ai pazienti per mantenere di mortalità a glicemico nei

con sepsi severa normoglicemia 28 giorni nell’analisi controlli o shock settico (80-110 mg/dl) intention-to-treat sovrapponibile

• vs target nei controlli allo studio

di 180-200 mg/dl di Leuven

(start insulina

> 200 mg/dl)

Arabia Saudita ICU mista medica 523 Ingresso in ICU • Infusione di insulina Nessuna differenza • Obiettivo

200820 e chirurgica per mantenere di mortalità in ICU glicemico nei

normoglicemia nell’analisi controlli (80-110 mg/dl) intention-to-treat sovrapponibile

• vs target nei controlli allo studio

di 180-200 mg/dl di Leuven

Colombia ICU mista medica 504 Ingresso in ICU, • Infusione di insulina Nessuna differenza • Obiettivo

200821 e chirurgica limitato ai pazienti per mantenere di mortalità a glicemico nei

con sepsi severa normoglicemia 28 giorni nell’analisi controlli o shock settico (80-110 mg/dl) intention-to-treat sovrapponibile

• vs target nei controlli allo studio

di 180-200 mg/dl di Leuven

(start insulina

> 200 mg/dl)

NICE-SUGAR ICU mista medica 6104 Ingresso in ICU • Infusione di insulina Nessuna differenza • Obiettivo glicemico

200923 e chirurgica per mantenere di mortalità a nei controlli

normoglicemia 28 giorni nell’analisi significativamente (81-108 mg/dl) intention-to-treat inferiore a quello

• vs target nei Aumento della dello studio controlli di mortalità a 90 giorni di Leuven 144-180 mg/dl del 14% (p = 0,02) • Nutrizione enterale

(start insulina e non parenterale

> 180 mg/dl) come nello

studio di Leuven

• Potassiemia non monitorata

• Dimissione precoce da ICU

• Utilizzo del reflettometro per il monitoraggio glicemico nel NICE-SUGAR

Segue

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29 RCT non ha trovato una riduzione significativa della mor- talità con il trattamento insulinico intensivo22.

L’anno successivo viene pubblicato lo studio NICE-SUGAR (Normoglycemia in Intensive Care Evaluation Survival Using Glucose Algorithm Regulation) che ha randomizzato 3054 pazienti al braccio di trattamento intensivo (81-108 mg/dl) vs 3050 pazienti in trattamento convenzionale (glicemia 144- 180 mg/dl) dimostrando un aumento significativo della mor- talità a 90 giorni nel gruppo intensivo (27,5% vs 24,9%; OR 1,14; IC al 95% 1,02-1,28)23. I due gruppi di trattamento hanno mostrato una buona separazione glicemica con una differenza media assoluta di 29 mg/dl nei livelli glicemici glo- bali (118 vs 145 mg/dl). È stato osservato un aumento asso- luto nell’obiettivo primario dello studio, la mortalità a 90 gior- ni, con il controllo glicemico intensivo (27,5% vs 24,9% con- ventional; odds ratio, 1,14; p = 0,02). Il tasso di ipoglicemia grave (< 40 mg/dl) era significativamente più elevato nel gruppo intensive (6,8% vs 0,5%, p < 0,001)23.

L’impatto dei risultati del NICE-SUGAR sulla comunità scien- tifica internazionale è stato notevole e giustificato. Anche se non bisogna forzare l’interpretazione dei risultati dello studio NICE-SUGAR ritornando a pessime abitudini cliniche del passato in cui l’iperglicemia severa (anche superiore a 200 mg/dl) cosiddetta “da stress” era negletta dal personale ospedaliero. Secondo i più autorevoli editorialisti internazio- nali, lo studio NICE-SUGAR ha confermato che uno stretto controllo glicemico (al di sotto di 140 mg/dl) non era neces- sario e che si possono correre dei rischi quando si applicas- se un controllo glicemico molto stretto (al di sotto di 110 mg/dl) universalmente, sebbene la dimensione e la natura di tale rischio non sia ancora chiarita. I robusti risultati osserva- ti nello studio di Leuven della Van den Berghe3non possono essere più replicati perché in questo studio il gruppo di con- trollo veniva mantenuto in un range di glicemie talmente ele- vate (180-215 mg/dl) che in nessuno studio sarà possibile né etico riproporre nel futuro. Lo stesso NICE-SUGAR, infatti, aveva un range di glicemie decisamente inferiore nel gruppo di controllo (144-180 mg/dl). Questa non è l’unica grande differenza tra i due studi più importanti. Altri aspetti riguarda- no la differente metodica nella misurazione della glicemia che nel NICE-SUGAR avveniva anche con reflettometri da san- gue capillare, mentre nello studio di Leuven veniva misurata esclusivamente con emogasanalizzatore da sangue arterio- so; questo aspetto è particolarmente sensibile per cogliere adeguatamente una glicemia pericolosamente discendente verso l’ipoglicemia grave. Inoltre, ai pazienti dello studio belga veniva assicurata una nutrizione parenterale quasi totale durante la degenza in ICU, mentre nel NICE-SUGAR si utilizzava in prevalenza la nutrizione enterale con conseguen- ti minori possibilità di risposta in corso di ipoglicemia. Ai pazienti belgi veniva anche dosato il potassio da sangue arterioso, contemporaneamente alla glicemia, durante il monitoraggio e questo potrebbe aver influito sensibilmente sul metabolismo del miocardio in condizioni critiche.

Nonostante le grandi dimensioni dello studio NICE-SUGAR, dunque, è doverosa una cauta interpretazione dei suoi risul- tati.

Infatti, una metanalisi successiva che ha analizzato 26 RCT,

includendo il NICE-SUGAR, ha nuovamente dimostrato che non ci sono differenze significative nella mortalità tra il tratta- mento insulinico intensivo e quello convenzionale (dunque neanche un aumento), anzi confermando una riduzione significativa della mortalità nel gruppo di studi realizzati in ICU chirurgica (risk ratio 0,63; IC al 95% 0,44-0,91)24, un effetto che dipendeva largamente dal primo studio belga. Il rischio relativo (RR) di morte era 0,92 (IC al 95% 0,83-1,04) non significativo, ma diventava significativo quando l’analisi era limitata ai pazienti in ICU chirurgica, con un RR di 0,63 (IC al 95% 0,44-0,91). È importante notare che c’era una significativa eterogeneità tra gli studi con una corrisponden- te statistica I2del 46% (I2è la percentuale di variabilità nei risultati dello studio spiegata dalla eterogeneità tra gli studi piuttosto che dall’errore di campionamento)24.

Anche la recente metanalisi finanziata dal Department of Veterans Affairs, Veterans Health Administration e dal - l’American College of Physician statunitense25non ha trova- to alcuna differenza nella mortalità tra i due trattamenti. Nella metanalisi di 21 studi condotti in reparti di terapia intensiva, perioperatoria, infarto miocardico e ictus, la terapia intensiva insulinica non ha ridotto la mortalità a breve termine (RR 1,00; IC al 95% 0,94-1,07), ma ha mostrato una significativa riduzione delle infezioni (RR 0,78; IC al 95% 0,62-0,97).

Naturalmente l’ipoglicemia severa è risultata aumentata (RR 6,00; IC al 95% 4,06-8,87)25. Tuttavia, sulla base di questi dati, l’American College of Physician ha prodotto delle rac- comandazioni di non utilizzare la terapia insulinica intensiva in ICU nelle ultime linee guida26. Allo stesso tempo, però, rac- comandano di tenere la glicemia in un range di valori com- preso tra 140 e 200 mg/dl nel paziente ospedalizzato, senza suggerire uno schema insulinico preferenziale addirittura riconsiderando la sliding scale26. Questo atteggiamento degli internisti statunitensi è completamente diverso da quello delle raccomandazioni del mondo diabetologico che, sia oltreoceano sia italiane, continuano a raccomandare l’uso della terapia insulinica intensiva ev per valori di glicemia superiori a 180 mg/dl e lo schema prefissato per la terapia insulinica sottocutanea evitando la sliding scale27,28. Proprio quest’ultimo aspetto sarà affrontato nel successivo capitolo.

La gestione dell’iperglicemia

in ospedale nel paziente non critico

Sebbene sia difficile esaminare tutti i possibili scenari che si verificano quando un paziente diabetico viene ricoverato in ospedale, per la gestione dell’iperglicemia nei soggetti ospe- dalizzati è necessario prendere in considerazione sia l’origine dell’iperglicemia sia il contesto ospedaliero nel quale si trova il paziente. E non bisogna dimenticare che spesso ci trovia- mo di fronte a pazienti che non sanno di essere diabetici al momento del ricovero e che ricevono conferma diagnostica del loro stato proprio durante la degenza in ospedale oppu- re è possibile che essi già sappiano di soffrire di diabete, di tipo 1 o 2, e stiano o meno assumendo un trattamento anti- perglicemico.

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Dal punto di vista della gestione dei pazienti con diabete preesistente, risulta utile identificare quelli che presentano un deficit assoluto di insulina e quelli che ancora conservano una certa riserva pancreatica. Infatti, è molto importante saper riconoscere quelle condizioni cliniche che permettono di identificare la presenza di insulinopenia come componen- te principale: diabete mellito di tipo 1, diabete mellito di tipo 2 di lunga durata (> 10 anni) o precedente trattamento con insulina (> 5 anni e/o completa insulinizzazione), profilo glice- mico instabile o antecedenti di chetoacidosi diabetica e dis- funzione pancreatica o resezione pancreatica. In questi casi è sempre necessario garantire l’apporto di insulina basale e dei boli prandiali per evitare l’insorgenza di scompenso. Per una gestione adeguata è imprescindibile la realizzazione di profili glicemici giornalieri attraverso la misurazione almeno delle glicemie preprandiali e bedtime, in maniera da adattare il trattamento alle diverse necessità; inoltre, è fondamentale valutare la funzionalità renale e determinare il livello di emo- globina glicata (HbA1c) per selezionare le dosi terapeutiche e per stabilire il trattamento al momento della dimissione.

Nei pazienti ospedalizzati che non si trovano nella condizione di dover ricorrere al trattamento con insulina per via endove- nosa, la via di somministrazione è quella sottocutanea.

Sebbene i regimi tanto noti delle sliding scale o a base di dosi variabili di insulina regolare somministrate secondo i livelli di gli- cemia siano quelli più frequentemente utilizzati, essi non vanno ritenuti in assoluto il trattamento ideale per il paziente ospeda- lizzato e vanno sostituiti con gli schemi di insulinizzazione del tipo basal-bolus di dimostrata efficacia27-29.

La stima della dose iniziale di insulina nella somministrazione sottocute può essere fatta considerando le richieste ambu- latoriali prima del ricovero o il peso corporeo. Sebbene non siano disponibili dati conclusivi, si raccomanda solitamente di iniziare somministrando il 50-100% della dose stimata come necessaria, essendo, però, più comune iniziare con il 75-80% di tale dose. Nella valutazione del fabbisogno insu- linico è necessario tenere conto della probabile evoluzione dei fattori che possono modificarlo, in maniera tale da ridur- lo (in caso di ottimizzazione del controllo glicemico e miglio- ramento del processo di base o delle complicazioni e ridu- zione-ritiro delle catecolamine o dei corticosteroidi) oppure da aumentarlo (in caso di infezione-febbre, impiego di cate- colamine o corticosteroidi, nutrizione enterale e parenterale).

Altri elementi che possono aiutare ad adattare il fabbisogno insulinico sc sono la dose di insulina preospedalizzazione e il peso corporeo del paziente29.

La gestione dell’iperglicemia

in ospedale: protocolli e schemi pratici

Nel mondo reale, quando un paziente diabetico viene ricove- rato in ospedale non universitario, di norma, non viene segui- to da un medico esperto di diabete 24 ore su 24. Ciò è ancora più vero nella realtà degli ospedali periferici in cui il servizio di diabetologia è di pertinenza territoriale o parte del reparto di medicina e non è un reparto a sé stante con dota-

zione organica dedicata. In tali circostanze, aumenta il rischio clinico di scompenso glicometabolico conseguente a impostazioni dello schema insulinico giornaliero e/o a sue modifiche inappropriate da parte dei medici non esperti di diabete che si avvicendano nei turni di guardia ospedaliera.

Per questo motivo, nella nostra esperienza di ospedale di medie dimensioni, ma con tutte le branche mediche, chirur- giche e di emergenza, già nel 2004 abbiamo prodotto, vali- dato e condiviso dei semplici strumenti di comunicazione interprofessionale per la riduzione del rischio clinico del paziente diabetico ricoverato in ospedale con la rigorosa metodologia della RAND Corporation statunitense30-32. Eravamo consapevoli della difficoltà di fornire modelli di tera- pia insulinica generalizzabili, poiché la terapia con insulina necessita di essere personalizzata al fabbisogno del pazien- te individuale, e per questo abbiamo sottoposto i protocolli prodotti alla validazione da parte di un panel di esperti indi- pendenti. Sono stati prodotti diversi schemi basati su scena- ri clinici differenziati e suddivisi in due gruppi: a) il primo grup- po è costituito da scenari clinici utili a “impostare” ex novo uno schema insulinico in assenza del diabetologo, nel paziente diabetico che mangia/non-mangia-sempre, normo- peso/sovrappeso/sottopeso, con insufficienza renale/epa tica, defedato o terminale, che vomita o in nutrizione artificiale;

b) il secondo gruppo è costituito da scenari clinici utili a

“variare” le dosi insuliniche delle diverse somministrazioni giornaliere, in assenza del diabetologo, in base alle ipoglice- mie o iperglicemie rilevate al profilo glicemico giornaliero30-32. Nella tabella 2 è indicato un esempio di protocollo per la variazione di uno schema insulinico giornaliero in un pazien- te che presenta iperglicemia a digiuno33, mentre nella tabel- la 3 è riportato lo schema utilizzato dagli infermieri e/o dai medici di guardia per la variazione estemporanea della dose di insulina rapida al momento del pasto33.

Nella nostra esperienza, abbiamo dimostrato l’efficacia del-

Tabella 2 Scenario 5.1. Schema per iperglicemia a digiuno (modificato da ref. 34).

Quando Insulina Dose Se Variazione

insulina glicemia: dose Unità sc (mg/dl) insulina esempio

Colazione Apidra o Humalog 5 160-200 Nessuna

o Novorapid variazione

Pranzo Apidra o Humalog 10 80-150 Nessuna

o Novorapid variazione

Cena Apidra o Humalog 10 80-150 Nessuna

o Novorapid variazione

h. 22.00 Lantus 10 80-150 +4 UI

Non fare modifiche allo schema se glicemia preprandiale = 80-150 mg/dl

In caso di iperglicemia < 200 al mattino, bisogna aumentare l’insulina della notte (freccia). Nessuna variazione negli altri orari.

“Non fare modifiche allo schema se glicemia preprandiale = 80- 150 mg/dl” per evitare inappropriate sospensioni della terapia insu- linica in questo range e il conseguente rischio clinico per il paziente diabetico.

(8)

l’applicazione di questi protocolli a gestione infermieristica del paziente ricoverato in ospedale per acuti con iperglice- mia in un contesto territoriale periferico34. Il nostro lavoro, condotto in pazienti critici con gravi comorbilità (tra le prime cause di ricovero vi erano le neoplasie avanzate, la sepsi, lo shock e le acidosi metaboliche o respiratorie), ha mostrato un andamento glicemico sotto terapia endovenosa intensiva che è stato in grado di riportare la glicemia in un range di sicurezza (80-250 mg/dl) entro le prime 15 ore di trattamen- to e comunque sospeso entro le 24 ore per passare alla terapia insulinica basal-bolus sottocutanea34. Il profilo glice- mico nei primi 3 giorni di ricovero risulta soddisfacente con valori giornalieri accettabili (142 [98-185] mg/dl pre-colazio- ne, 144 [107-200] mg/dl pre-pranzo, 131 [102-190] mg/dl pre-cena, 183 [123-230] mg/dl postprandiale, mediana e range interquartile) secondo le correnti raccomandazioni,

specialmente se si considera che si trattava di pazienti con gravi comorbilità34.

Un altro gruppo italiano ha pubblicato nel 2007 il protocollo di Desio, un protocollo di infusione di insulina a gestione infermieristica per il controllo intensivo della glicemia in pazienti diabetici con sindrome coronarica acuta; in questo caso il protocollo prevedeva un articolato metodo di aggiu- stamento della velocità infusionale dell’insulina sulla base della velocità di riduzione della glicemia di cui è stata dimo- strata l’efficacia e la sicurezza per i pazienti35.

Protocolli di terapia insulinca intensiva in ospedale: lo stato dell’arte

Le società scientifiche diabetologiche nelle attuali raccoman- dazioni internazionali27 e nazionali28 hanno riconfermato la terapia insulinica intensiva endovena come il trattamento di scelta per il paziente critico rivedendo il target glicemico da raggiungere in base alle evidenze scientifiche e ponendolo a 140-180 mg/dl, indicando la terapia insulinica quale il modo preferito per controllare la glicemia dei pazienti ricoverati in ospedale. Solo le ultime linee guida internistiche statuniten- si26, con una discutibile interpretazione della metanalisi da loro stessi finanziata25, raccomandano di non utilizzare la terapia insulinica intensiva in ICU. Raccomandano, però, di tenere la glicemia in un range di valori compreso tra 140 e 200 mg/dl nel paziente ospedalizzato senza indicare con chiarezza la terapia insulinica quale migliore trattamento26. A parte ciò, in ICU, l’infusione endovenosa resta la via prefe- rita di somministrazione. Al di fuori delle ICU, la somministra- zione sottocutanea è utilizzata più di frequente. I farmaci ipo- glicemizzanti orali hanno un ruolo limitato e dovrebbero essere evitati o sospesi nei pazienti ricoverati27,28.

Nel contesto delle ICU, l’infusione continua endovena di insuli- na ha dimostrato di essere il metodo più efficace per raggiun- gere specifici target glicemici. A causa della brevissima emivita dell’insulina circolante, la via endovenosa permette rapidi aggiustamenti per adeguare il trattamento allo stato dei pazien- ti. Sono stati pubblicati numerosi esempi di algoritmi infusionali efficaci nel raggiungere gli obiettivi glicemici. Tutti i protocolli insulinici pubblicati per le ICU sembrano essere ugualmente efficaci nel controllare la glicemia senza maggiori differenze negli esiti clinici, inclusa la frequenza di ipoglicemia grave, dura- ta di degenza in ICU e in ospedale, o mortalità.

Nei pazienti non critici non esistono dati di studi prospettici randomizzati sugli effetti prognostici dell’ottimizzazione del controllo glicemico durante ospedalizzazione. Nell’attesa di tali informazioni e sulla base dei risultati degli studi osserva- zionali e di quelli condotti su pazienti critici, le raccomanda- zioni italiane (Standard italiani di cura AMD-SID) e internazio- nali (Standards of medical care ADA) suggeriscono che gli obiettivi glicemici fissati durante ricovero ospedaliero debba- no essere < 140 mg/dl a digiuno e < 180 mg/dl nel periodo postprandiale27,28.

È doveroso ricordare che nessuno dei protocolli pubblicati, antecedenti alle attuali raccomandazioni, è stato studiato ai livelli glicemici da raggiungere raccomandati tra 140 e Tabella 3 Schema di variazione insuline rapide al

momento (modificato da ref. 34).

Se glicemia Tipo di insulina Variazione (mg/dl) rapida o ultrarapida dose insulina

Unità sc da fare in meno o in più rispetto

a quanto segnato in terapia

< 40 Humulin R o Insuman R NO insulina + succo o Actrapid o Apidra di frutta + 2 fette o Humalog o Novorapid biscottate (oppure 10

cc glucosio 33%) 40-59 Humulin R o Insuman R –4 UI sc (anche dopo

o Actrapid o Apidra pasto) + mezzo o Humalog o Novorapid succo di frutta e

aumentare mezzo panino al pasto 60-80 Humulin R o Insuman R –2 UI sc

o Actrapid o Apidra o Humalog o Novorapid

200-300 Humulin R o Insuman R +2 UI sc o Actrapid o Apidra

o Humalog o Novorapid

300-400 Humulin R o Insuman R +4 UI sc o Actrapid o Apidra

o Humalog o Novorapid

> 400 Humulin R o Insuman R 8 UI/ora + 500 cc o Actrapid o Apidra di fisiologica veloce o Humalog o Novorapid in continuo fino a

250-280 mg/dl

Lo schema di variazione “al momento” del dosaggio di insulina rapi- da o analoghi rapidi prevede tre livelli di ipo- o iperglicemie (lieve, moderata, severa). Esso è stato concepito per facilitare il decision making estemporaneo di medici non diabetologi e infermieri. È spe- cialmente utile per consulenze in altri reparti da parte di medici non diabetologi. Tale schema può essere plastificato e affisso nella infer- meria e nella medicheria del reparto ospedaliero per migliorarne l’efficacia comunicativa.

(9)

180 mg/dl nel paziente critico in terapia insulinica intensiva.

Tuttavia, anche in base alla modesta esperienza maturata sul campo, mi sento di concludere che l’aspetto più importante in un protocollo di terapia insulinica intensiva in ospedale, è che esso sia condiviso, validato e verificato dall’equipe ospe- daliera che lo implementa nella pratica clinica quotidiana. La sicurezza del paziente ricoverato in ospedale insieme alla riduzione della morbi-mortalità legata alle glicemie inaccetta- bilmente elevate (> 180 mg/dl) viene prima di tutto e orienta il nostro agire quotidiano.

Addendum. I protocolli di terapia insulinica intensiva in ospedale della sezione

emiliano-romagnola delle società scientifiche AMD-SID-OSDI

A seguito delle raccomandazioni internazionali10,11di imple- mentare di algoritmi di terapia insulinica intensiva in ospeda- le attraverso protocolli di semplice applicazione e a gestione infermieristica, la sezione emiliano-romagnola delle società scientifiche italiane AMD-SID-OSDI, ha condiviso e pubblicato nel 2009 un CD con i “Protocolli di trattamento insulinico inten- sivo nei pazienti critici di area medica e chirurgica” che è dispo- nibile sul sito internet www.aemmedi.it, sezioni regionali, Emilia Romagna.

Ringraziamenti

Il mio speciale ringraziamento va ai membri del Gruppo di lavoro Regionale Emilia-Romagna AMD-SID-OSDI per aver creduto all’utilità dei protocolli di terapia insulinica in ospe dale tanto da produrne un documento condiviso nel 2009 intera- mente consultabile online: Valeria Manicardi, Ivana Zavaroni, Paolo Di Bartolo, Alessandra Dei Cas, Alessandra Sforza, Franco Tomasi, Giovanna Guareschi, Lorella Rossetti.

Conflitto di interessi

L’autrice ha percepito compensi per docenze e relazioni a convegni dalla Eli Lilly e dalla Sanofi Aventis; la pubblicazio- ne contenente gli schemi pratici di terapia insulinica in ospe- dale, editi della Europa Press©(ref. n. 34), è sponsorizzata e distribuita dalla Sanofi Aventis.

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