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cap.6: “VALUTAZIONE CLINICA”-

L’ esame obiettivo posturale dovrà orientarci verso l’origine , le cause e le concause ciò dovrà prevedere:

 Anamnesi ( familiare e personale)  Valutazione clinostatica

 Valutazione ortostatica ( valutazione dell’ allineamento nella stazione eretta),

 Analisi dell’assetto podalico.

6.1 - Anamnesi

Il momento dell'anamnesi non può mai essere trascurato, perché ci può orientare verso possibili secondarismi che non possono essere mancati. E' quindi importante raccogliere le notizie circa l'anamnesi familiare, fisiologica e patologica remota. Determinante è indagare sui dolori vertebrali, anche saltuari o lievi, che spesso si associano al m. di Scheuermann.

Pertanto sarà necessario raccogliere i seguenti dati circa: - Età

Familiarità (miopatie, malformazioni scheletriche e/o patologie correlate…)

- Personale: sofferenza perinatale, problemi neurologici; informazioni sui primi passi (modalità e tempi)

- Associazioni (Valutazione dei dati auxologici, postura, sintomi neurologici, muscolari ecc..)

- Sintomi (dolore, impaccio nell'esecuzione di movimenti, tensioni muscolari)

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- Le attività svolte (sport ecc..) - Eventuali trattamenti ortesici

6.2 - Valutazione clinostatica

In clinostatismo si effettueranno valutazioni sulle strutture articolari, saggiando l’articolarità attiva e passiva , su quelle muscolari, ricercando tono e trofismo; e su quelle legamentose, testando un’eventuale lassità, in particolare la valutazione :

iperestensione del ginocchio iperestensione del gomito

dorsiflessione delle dita della mano (che non devono arrivare ad essere parallele all'avambraccio)

dorsiflessione del pollice (che non deve toccare il polso)

dorsiflessione del piede (normalmente fra il dorso del piede e la tibia si arriva ad un angolo di 75-80°; nel piede lasso si può arrivare a 45°).

Decubito supino

In questa posizione si valutano alcuni gruppi muscolari chiave nel determinare una possibile alterazione sagittale dei cingoli.

Si procede facendo stendere il paziente sul lettino supino e si valuta l'elasticità dei muscoli ischio-crurali: si flette passivamente l'anca del paziente mantenendo il ginocchio esteso. Nel soggetto normale si dovrebbero raggiungere almeno i 90° di flessione dell'anca, in caso contrario c'è una retrazione dei muscoli ischio-crurali. L'elasticità dei muscoli ischio crurali può essere testata anche con l'indice dito suolo: è una tecnica molto semplice: in condizione di massima flessione anteriore ad arti estesi si misura la distanza tra il suolo e le punte delle dita.

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Si effettua poi un test generale per l'articolazione scapolo-omerale, che in età evolutiva, data la marcata mobilità articolare, si presta molto bene anche a valutare l'elasticità dei muscoli pettorali: si flettono le braccia del paziente in posizione supina fino a fargli toccare la superficie del lettino vicino alle orecchie e si valuta la distanza in gradi tra omero e piano del lettino e/o la resistenza muscolare a raggiungere tale posizione.

Decubito Prono

Determinante è la valutazione della rigidità del rachide in quanto consente di determinare la gravità della patologia e di decidere se è procrastinabile un intervento terapeutico più invasivo. Un test molto semplice è il seguente: in posizione prona si invita il

paziente ad iperestendere il rachide sostenendosi sulle braccia con il bacino appoggiato sul lettino. In un soggetto prepubere e senza rigidità è possibile una inversione totale della curvatura con una lordosi toracica. Quando il rachide comincia ad irrigidirsi questa inversione non è più possibile e, nei casi di rigidità più marcata, permane la cifosi totalmente invariata. Si possono infine con questo test notare anche aree di rigidità localizzate.

E' infine importante testare la forza dei muscoli estensori del rachide facendo estendere attivamente il rachide del paziente posizionato prono con le mani dietro alla nuca mantenendo fissa la posizione degli arti inferiori.

Si deve sempre chiedere se tutti i movimenti effettuati evocano dolore: se è presente un dolore localizzato si procede alla palpazione della zona dolente (muscoli paravertebrali, apofisi spinose, etc).

Inoltre è opportuno valutare la: lunghezza del tendine di Achille (raramente il piede piatto può essere dovuto alla brevità del tendine di Achille): con il

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bambino supino sul lettino, si fa flettere l'avampiede sulla caviglia: se il tendine è corto, nella dorsiflessione il calcagno si sposterà lateralmente; per una corretta valutazione è necessario che la dorsiflessione sia eseguita mantenendo il calcagno allineato alla tibia ( tenere bloccato il tallone con la mano, in asse con la caviglia ), con le ginocchia estese.

Dorsiflessione normale: 10-15°

lunghezza degli arti inferiori (dalla spina iliaca antero-superiore al malleolo mediale) e l'eventuale dismetria.

la rotazione interna ed esterna dell'anca (bambino prono sul lettino) osservata la conformazione plantare fuori carico

usura della suola delle scarpe (un piede piatto che presenti alterazioni di carico causerà invariabilmente un maggior consumo della parte mediale delle scarpe su punta e tacco, zona soggetta al maggior carico pressorio, mentre un piede varo causerà un consumo maggiore in corrispondenza della zona laterale della scarpa. In condizioni normali l’usura della scarpa si concentra soprattutto in corrispondenza della zona centrale ed esterna della suola e sul tallone).

6.3 - Valutazione ortostatica

ESAME DELLA POSTURA DI BASE TRIDIMENSIONALE

Si parte da una osservazione generale del paziente osservando tutta la cute, specie in corrispondenza del rachide: la presenza di ipercromie, nevi, angiomi, neurinomi può segnalare altre patologie.

In ortostatismo vanno condotte tutte le valutazioni di tipo statico, dinamico e funzionale.

In particolare a soggetto fermo in posizione neutra si esaminerà la postura e la morfologia dei segmenti interessati.

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Osservando il paziente lateralmente è possibile valutare la presenza di spalle antepulse, anteposizione o retroposizione del tronco e del capo, antiversione o retroversione del bacino,quindi si ricercheranno gli assi di carico dell’arto inferiore e del retropiede, difetti torsionali, eccessi di rotazione a livello tibiale, assetto delle ginocchia, grado di valgismo del calcagno, pronazione del retropiede, supinazione dell’avampiede, altezza dell’arco longitudinale mediale.

Determinante inoltre verificare se la cifosi si prolunga nella zona lombare, se ci sono punti di incremento della flessione anteriore, se risultano zone in cui le spinose sono più prominenti posteriormente e se questi punti sono localizzati all'apice della cifosi o meno.

In questi casi spesso si associa una caratteristica forma a losanga della muscolatura paravertebrale che risulta allontanarsi dalla linea mediana a causa dell'incremento localizzato della curvatura.

In caso di cifosi dorso-lombare spesso si osservano caratteristici ispessimenti della pelle in corrispondenza delle spinose lombari sporgenti, provocate dalla compressione dei tessuti tra l'osso e la superficie rigida delle sedie durante la postura seduta prolungata nella quale il paziente tende a ricreare la postura scorretta.

Ponendosi anteriormente al paziente si notano poi spesso pliche addominali anomale con strie arrossate in corrispondenza della parte alta del tronco in caso di ipercifosi e dell'addome alto in caso di cifosi dorso-lombare. Si pone poi l'attenzione anche su altre deformità toraciche (difetti costali, sternali, presenza di pectus excava-tum o carenatum).

Valutando posteriormente il paziente si possono quindi notare la simmetria o l'asimmetria di spalle, scapole e triangoli della taglia.

Si procede poi a valutare, con il paziente in carico, l'eventuale presenza di eterometria degli arti inferiori ponendo i pollici dell'esaminatore su SIAS, SIPS ed ali iliache e valutando la simmetria in altezza.

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In seguito si eseguono le misurazioni dell'assetto sagittale del rachide. Le misurazioni più comuni nella pratica clinica comprendono quella con il filo a piombo e quella con gli inclinometri.

La misurazione delle frecce sul piano sagittale si ottiene misurando con il regolo graduato la distanza in millimetri tra le apofisi spinose di C7, di T12 e di L3 ed il filo a piombo tangente all'apice della cifosi.

Secondo Stagnara i valori a livello di C7 ed L3 devono essere tra i 25 ed i 40 mm. Con il medesimo filo a piombo si può quindi esaminare l'eventuale presenza di uno strapiombo sul piano frontale: si misura in millimetri la distanza da C7 del filo a piombo fatto passare per le pliche interglutee (Figura a sx).

Gli inclinometri tascabili per la valutazione delle curve sagittali del rachide constano, nella loro forma più comune, di un telaio rettangolare di supporto a un goniometro a scala circolare con un indice pesante. Essi

si dispongono, a paziente in stazione eretta naturale, su tre punti di repere del rachide:

T1 (caudalmente

all'apofisi spinosa C7), T12-L1, e S2 (linea congiungente le SIPS), Dalla somma degli angoli (α + β) letti su T1 e T12 si ottiene l'angolo di superficie della cifosi toracica e dalla somma degli angoli (β + γ) letti su T12 e S2 si ottiene

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Per misurazioni di superficie delle curve sagittali del rachide esistono inoltre strumenti un po' più sofisticati, tra i quali ricordiamo l'Arcometro di D'Osualdo: si tratta di uno strumento messo a punto per valutare l'assetto sagittale del rachide. Si basa su tre barre metalliche orizzontali posizionate lungo il rachide del paziente in ortostasi (a livello di C7, estremità distale cifosi, apice cifosi) e collegate tra loro da un'asta metallica graduata. Applicando lo strumento è possibile calcolare la corda e la prominenza dell'arco cifotico e quindi determinare i gradi della cifosi stessa.

In flessione anteriore

Per valutare l'eventuale presenza di patologie scoliotiche associate all'ipercifosi è necessaria una valutazione dei gibbi scoliotici: facendo flettere anteriormente il busto del paziente, con il capo chino, le braccia rilassate e gli arti inferiori estesi, (test di Adams), si evidenziano i gibbi che si devono misurare nel punto in cui c'è il maggior dislivello tra i due lati. Si possono usare diversi strumenti (livella, scoliometro di Bunnel). Se sono presenti curve scoliotiche associate è importante valutare poi anche l'eventuale rigidità di tali curve.

Utile infine è proporre alcuni brevi test neuromotori valutando l'equilibrio tramite il test di Romberg (normale e sensibilizzato) ed il controllo della deambulazione con il test di Fukuda (step sul posto ad occhi chiusi). Se ci sono dubbi diagnostici si può approfondire con un esame neurologico completo.

Il podoscopio fornisce infine informazioni sul tipo di appoggio plantare e di carico degli arti inferiori.

Importante valutare la prono-supinazione dei piedi, l’assetto globale dell’arto inferiore (valgismo/varismo del ginocchio, antiversione del collo del femore) .

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Pertanto il bambino in ortostasi lo si invita ad appoggiarsi sul bordo esterno dei piedi, per valutare la libertà di prono-supinazione e la capacità del piede di cavizzare con la stazione sulle punte.

Il paziente verrà quindi invitato a deambulare, per permettere l’osservazione delle stesse strutture e caratteristiche in dinamica, durante il ciclo del passo; il piede piatto flessibile tende a normalizzarsi fuori carico o comunque durante il movimento, andrà osservato con attenzione soprattutto il passaggio dalla pronazione alla supinazione del retropiede (ricordiamo che il piede rimane fisiologicamente pronato per circa il 60% del tempo d’appoggio per poi irrigidirsi in supinazione e agire come leva propulsiva).

Andranno inoltre eseguiti la marcia spontanea ed test funzionali ( marcia sulle punte, sul bordo esterno del piede) per verificare la capacità del piede di cavizzare e saggiare la riducibilità della condizione, sui talloni e su un piede solo (se si sospetta un problema neurologico).

In particolare si effettueranno il test di Jack ed il Tiptoe test.

Il Jack test valuta la mobilita' articolare dei segmenti ossei del piede e consistente nel sollevare l’alluce del paziente posto in posizione neutra (un test normale implica l’accentuazione dell’arco longitudinale mediale e l’extrarotazione della tibia, ma in molti soggetti si ottiene solo la prima condizione senza che sia presente una condizione di piattismo).

Il Tiptoe test, consistente nell’elevazione del paziente sulle punte dei piedi. In condizioni normali vedremo una supinazione del calcagno e una cavizzazione della volta. L'impossibilita' o la difficolta' a compiere questa manovra e l’assenza di questo movimento di torsione delle ossa del piede rappresentano un sintomo patologico. Al contrario la normalita' del test indicherebbe una buona prognosi anche se alcuni autori non sono d'accordo su questa interpretazione

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6.4 - ANALISI DELL’ASSETTO PODALICO ( valutazione clinica e podoscopica )

Considerando i dati epidemiologici e l’elevata incidenza di piattismo, soprattutto nei bambini più piccoli, un semplice esame clinico è sufficiente nella maggior parte dei casi a selezionare i casi patologici o “a rischio” rispetto a quelli da considerare delle semplici varianti della normalità.

Valutando l’impronta si acquisiscono dati sulla forma del piede ma non sulla sua funzionalità. Invece nella maggior parte dei casi, la anormalità viene definita proprio dall’alterata funzionalità.

In realtà il piattismo non consiste in un semplice abbassamento della volta. Infatti l’architettura del piede è relativamente complessa ed i rapporti fra le ossa che lo compongono sono tali da poter essere paragonati ad un complesso elicoidale: nel piede piatto si verifica una riduzione della torsione dell’elica, per cui l’avampiede ed il retropiede si derotano reciprocamente. Questa riduzione della torsione si può verificare per varie condizioni, in parte para-fisiologiche (ad esempio un piede molto elastico che ha difficoltà ad irrigidirsi sotto carico e a sostenere il peso del corpo, soprattutto se il peso è eccessivo) ed in parte patologiche. In realtà il termine non identifica un’entità nosologica unica, ma situazioni diverse in cui l’abbassamento della volta plantare è soltanto un segno. Quindi il piede piatto non è una diagnosi occorre distinguere fra il piede piatto lasso parafisiologico e le forme ad eziologia specifica (congenito, neuromuscolare, post-traumatico, da patologie neoplastiche, infettive, ecc.).

Se è presente un piede piatto di primo o di secondo grado, occorre che l’esame clinico valuti la presenza dei caratteri di: flessibilità, correggibilità, simmetria, sintomaticità.

La ricerca di flessibilità mediante semplice manipolazione del piede sui vari piani articolari permette facilmente di evidenziare le grossolane limitazioni

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che orientano verso una forma secondaria (ad esempio da sinostosi congenita, ecc.).

Oppure, se la limitazione funzionale riguarda solo la flessione dorsale passiva del piede, il quadro depone per una forma primitiva associata ad una retrazione del tendine di Achille. Tale retrazione risulta responsabile della comparsa del dolore in un piede piatto parafisiologico inizialmente silente dal punto di vista clinico.

La correggibilità del piattismo si evidenzia tramite tre test clinici: l’esame della volta plantare in scarico, la valutazione in punta di piedi e il test dell’alluce (raising toe test).

Per effettuare il primo test, è sufficiente osservare la volta plantare a riposo. Se la volta plantare, che era assente o ridotta sotto carico, ricompare in scarico, la prognosi è favorevole.

Per la valutazione sulle punte invece si fa sollevare il paziente sui talloni; nel piede piatto lasso correggibile si osserva una ricomparsa della volta plantare ed una correzione completa del valgismo del calcagno, che tende anzi ad atteggiarsi in varismo; nelle forme non correggibili il quadro resta sostanzialmente invariato.

Il test dell’estensione dell’alluce si effettua flettendo dorsalmente l’alluce del paziente in posizione eretta (ma un risultato simile si osserva anche in scarico): nel piede piatto correggibile si osserverà un innalzamento della volta plantare ed una varizzazione del calcagno. Anche far camminare il bambino sulle punte e sui talloni permette in modo rapido ed efficace di acquisire informazioni sulla funzionalità globale del piede dal punto di vista neurologico, muscolare ed osteoarticolare.

Da tenere in considerazione la presenza di asimmetrie. Anche per il piede piatto, anomalie morfologiche importanti, se simmetriche, possono rientrare in quelle varianti fisiologiche, con impronta familiare o costituzionale, che sono candidate ad un miglioramento spontaneo e che, anche quando

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come una sinostosi tarsale, o da una patologia post-traumatica o da altre patologie più rare.

L'attenzione maggiore deve essere rivolta alla presenza di sintomi (dolore, impaccio nei movimenti, zone di tensione legamentosa o muscolare, jack test difficile o impossibile).

In caso di presenza di sintomi soprattutto se monolaterali, si deve sempre ipotizzare la presenza di un piattismo secondario. Nel piede piatto dell’adolescenza è frequente che i sintomi siano dovuti ad una retrazione del tendine di Achille che richiederà un trattamento adeguato. Anche nelle sinostosi tarsali può accadere che un piede piatto monolaterale o bilaterale cominci a diventare doloroso e contratto dopo i 10 anni, in quanto le sinostosi, prima cartilaginee, cominciano ad ossificarsi in questo periodo (1). Il piede piatto infantile e giovanile è sempre asintomatico e nella grande maggioranza dei casi dei piedi piatti di primo o di secondo grado, flessibili, correggibili, simmetrici, asintomatici, necessitano soltanto di controlli podoscopici periodici.

Succede spesso che l’importanza del piede piatto sia soprastimata e che invece il piede cavo venga considerato senza importanza. In realtà in età adulta sono molto maggiori problemi legati al sovraccarico funzionale di un piede cavo che quelli dipendenti da un piede piatto, esteticamente più evidente, ma funzionalmente più gestibile.

Per il piede cavo valgono considerazioni analoghe a quelle del piede piatto. Anch’esso è normale in una parte di popolazione adulta e nei soggetti in accrescimento, soprattutto in quelli più grandi. Anche in questo ambito, un piede cavo di terzo grado (caratterizzato dall’assenza completa dell’istmo all’esame podoscopico) deve essere valutato da un punto di vista chirurgico, così come le forme di primo (con una larghezza inferiore ad un terzo del tallone anteriore) e secondo grado (istmo presente, ma interrotto) sintomatiche, asimmetriche, associate ad atteggiamento “a griffe” delle dita o in cui siano presenti anomalie di tipo neurologico (il piede cavo è spesso la

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spia di patologie del sistema nervoso e muscolare, come lo Charcot-Marie-Tooth, ecc.).

Esame statico del piede

Gli elementi di valutazione del piede sono rappresentati da: 1) Analisi dell'arco plantare sotto carico o senza carico

2) Valutazione della mobilità attiva e passiva del piede ( flessione dorsale, plantare, inversione ed eversione );

3) Presenza di zone di tensione nelle regioni tendinee (tibiale anteriore) o muscolari (muscoli surali) correlate ad alterazioni morfologiche dell'appoggio plantare;

4) Usura delle calzature.

All’ispezione clinica la valutazione si concentra su: a. osservazione anteriore (dita del piede)

b. osservazione posteriore (assetto calcaneare) c. osservazione mediale (volta)

d. osservazione dell'impronta mediante podoscopio.

L'analisi della pianta del piede sarà piu' diretta e professionale se eseguita al podoscopio.

Il podoscopio permette di valutare l’impronta plantare, secondariamente fornisce informazioni indirette sull’assetto del calcagno e sull’atteggiamento delle dita, che però si valutano meglio con l’esame clinico.

La prima volta, il bambino, soprattutto se piccolo, può dimostrare apprensione nel salire sul piano trasparente di cui non conosce la funzione e la resistenza, per cui può assumere facilmente delle posizioni scorrette che possono falsare il risultato dell’esame. Il paziente deve essere posizionato in appoggio bipodalico ed in atteggiamento normale del corpo. E’ preferibile che gli arti inferiori vengano mantenuti leggermente divaricati, poiché in questa posizione si allarga la base di appoggio e l’equilibrio è più stabile; si evitano

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distribuzione del carico sui due piedi e quindi un’impronta falsamente asimmetrica.

Inoltre se si mantengono i piedi ravvicinati, la frequente presenza di un ginocchio valgo fisiologico impone al piccolo paziente di flettere un ginocchio, falsando anche in questo caso la distribuzione del peso.

All'inizio il bambino si sente a disagio, quindi il piede tende ad apparire più cavo di come è in realtà pertanto conviene osservarlo dopo 2-3 minuti che è sul podoscopio, assicurandosi che vi sia l'impronta di tutte e 5 le dita.

Osservando l’impronta del piede in senso antero-posteriore si distinguono le seguenti zone:

Le dita dei piedi, sono le cinque piccole impronte al davanti del tallone anteriore; il quinto dito può non lasciare l’impronta, mentre l’impronta del primo dito si continua fisiologicamente con il tallone anteriore. Se questo non si verifica è presente un’atteggiamento a ”griffe” che si evidenzia bene anche all’ispezione clinica.

il tallone anteriore, di forma ovale allungata, con asse trasversale leggermente obliquo, si estende dalle dita all’istmo, delimita anteriormente l’arco plantare e rappresenta la zona di appoggio delle teste metatarsali

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L’istmo, è la parte centrale, più ristretta, che unisce il tallone anteriore al tallone posteriore, delimita lateralmente la volta plantare e corrisponde all’appoggio del quinto metatarso.

Il tallone posteriore, è la parte di appoggio di forma ovalare che si continua posteriormente all’istmo, delimita posteriormente la volta e rappresenta l’appoggio del calcagno

La volta plantare è la zona “vuota” costituita dalle parti del piede che non toccano il suolo ed è delimitata dalle precedenti strutture

In base all’esame podoscopico il piede viene definito piatto, normale o cavo. Non esiste una definizione accettata universalmente di piede piatto. In base all’esame podoscopico un piede viene considerato normale quando la larghezza dell’istmo è inferiore alla metà del tallone anteriore e superiore ad un terzo. Se la larghezza dell’istmo è maggiore della metà del tallone anteriore, si parla di piede piatto di I grado; se tutta la pianta è a contatto del suolo, di II grado e, se il margine mediale deborda, di III grado (figura sotto).

PIEDE PIATTO PIEDE CAVO

1° 2° 3°

1° grado:

istmo superiore ad 1/2 del tallone anteriore

2° grado:

volta plantare completamente scomparsa

3° grado:

istmo è maggiore del tallone anteriore e posteriore

1° 2° 3°

1° grado:

istmo inferiore ad 1/3 del tallone anteriore

grado: istmo interrotto 3°

grado:

appoggio solo sul tallone anteriore e sul tallone posteriore

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Sotto il termine “piede piatto” confluiscono molte patologie (poliomielite, miopatie, fratture, ecc.), ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di un piede piatto lasso infantile (dai 3 agli 8 anni) o di un piede piatto del fanciullo (fra gli 8 ed i 12-13 anni).

Alla nascita tutti i piedi sono piatti e, in pratica, prima dei 3 anni il piede piatto è normale, per la mancata maturazione dei meccanismi antigravitari (ipotonia muscolare, lassità dei legamenti, ecc.) e per l’abbondante adiposità della volta plantare.

Fra i 3 ed i 6 anni il 50% dei bambini ha ancora un piede piatto, ed un abbassamento della volta plantare è presente normalmente nel 15% degli adulti.

Le forme para-fisiologiche sono asintomatiche e tendono al miglioramento spontaneo, sono generalmente associate a calcagno valgo e vengono descritte in letteratura in una quantità sorprendentemente diversa di termini (piede piatto lasso, statico, flessibile, fisiologico, funzionale, essenziale, idiopatico, sindrome pronatoria, ecc.), che pur con sfumature diverse di significato raggruppano grossolanamente queste affezioni non dipendenti da una causa specifica.

L’esame podoscopico non è significativo prima dei 3-4 anni in quanto il piede piatto è fisiologico, inoltre il corretto posizionamento del bambino non è semplice da ottenere. Prima dei tre anni, in pratica, esiste un solo tipo di piede piatto patologico la cui diagnosi precoce è di fondamentale importanza. Si tratta del piede piatto reflesso, una varietà di piede torto congenito che per l’aspetto della pianta del piede viene anche definito piede a barca, a piccozza o a dondolo, oppure viene denominato talo verticale, in base alla caratteristica inclinazione dell’astragalo evidenziabile radiologicamente. In realtà il quadro clinico del piede piatto reflesso è eclatante, per cui nelle forme tipiche la diagnosi è facile, tuttavia nelle forme lievi, con un esame superficiale, può essere confuso con un piede piatto. La diagnosi differenziale con il piede piatto fisiologico è sempre facile, in quanto il piede piatto reflesso è estremamente rigido, mentre il piede piatto fisiologico è

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flessibile, anzi troppo flessibile. Quindi la prima osservazione al podoscopio deve essere effettuata fra i 4 ed i 7 anni. In questo arco di tempo, l’esame va effettuato precocemente nei pazienti che lamentano qualche disturbo o qualche alterazione del passo, così come in quelli che hanno camminato presto e che sono avanti nello sviluppo rispetto all’età anagrafica, mentre può essere effettuato un po’ più tardivamente nei soggetti che hanno camminato tardi ed in quelli con sviluppo fisico e motorio più lento. In ogni caso, una valutazione deve essere effettuata prima degli 11-12 anni, in quanto dopo tale età non sono più utilizzabili efficacemente le attuali tecniche di artrorisi (che consistono nel limitare l’eccessiva flessibilità del piede mediante l’inserzione di una piccola endortesi riassorbibile nel seno del tarso)

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