• Non ci sono risultati.

7. Vulnerabilità sismica delle chiese dell’alta Garfagnana

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "7. Vulnerabilità sismica delle chiese dell’alta Garfagnana"

Copied!
50
0
0

Testo completo

(1)

85

7.

Vulnerabilità sismica delle chiese dell’alta

Garfagnana

Per tracciare un profilo delle caratteristiche compositive e strutturali più ricorrenti in una certa tipologia di edifici in una certa zona, occorre analizzare le caratteristiche proprie di un buon numero di campioni e completarle con analisi storiche, demografiche e geografiche relative al territorio su cui sorgono.

È opportuno specificare che il concetto di territorio non si definisce in base solo all’estensione geografica e ai confini politici, ma soprattutto in relazione a contesti con storia, tradizioni e stile di vita simili. Nel caso specifico si rivolge l’attenzione all’alta Garfagnana analizzando sedici chiese delle circa cinquanta presenti nell’area. Il campione rende delle indicazioni valide sui caratteri più comuni degli edifici ecclesiastici della Garfagnana montana e del loro comportamento in fase di sisma.

(2)

86

Figura 38. Mappa della parte alta della Garfagnana: in rosso i paesi in cui sorgono le chiese del campione di studio.

Il rilievo a vista con relativa compilazione della scheda di vulnerabilità è stato accompagnato da ricerche di archivio atte ad ottenere un quadro il più possibile completo sia a livello strutturale che storico. Le informazioni dell’archivio della Sovrintendenza riguardanti i passati interventi di recupero e restauro sono stati in alcuni casi essenziali per poter ben interpretare le forme, dimensioni e posizioni delle chiese in esame.

(3)

87

7.1

Il territorio

La regione geografica conosciuta con il nome di Garfagnana si identifica con la vallata superiore del fiume Serchio, che prende posizione nella Toscana nord-occidentale; essa costituisce l’estremità settentrionale del territorio della provincia di Lucca con una superficie di poco inferiore ai 300kmq, suddivisa tra sedici comuni amministrativi. Due catene montuose rendono la Garfagnana un’”isola”[16] intermontana distinta dal resto della regione non solo geograficamente, ma anche per le peculiarità fisiche e climatiche. Le Alpi Apuane si elevano con pareti ripide pressoché prive di vegetazione culminando con creste con profilo frastagliato; l’appennino tosco-emiliano corre parallelamente a pochi chilometri di distanza e si sviluppa con cime più uniformi, arrotondate ed erbose. Dalle due dorsali si dirama un fitto sistema di valli laterali e rilievi minori che convergono nella vallata centrale del fiume Serchio.

(4)

88

7.1.1

Sismicità della Garfagnana

A livello sismico il territorio della Garfagnana è definito a pericolosità alta; l’area si trova infatti in corrispondenza della zona di espansione della zolla tirrenica su quella adriatica; il sistema di faglie distensive creatosi è in lenta ma continua evoluzione. L’area oggetto di studio presenta infatti una ricca e complessa distribuzione di attività sismica attribuibile a strutture sismo genetiche simili. Una visione generale della sismicità, tenendo conto quindi sia della magnitudo che della frequenza degli eventi, è fornita dalla “Mappa del flusso tettonico” opera del GNDT.

Figura 40. Mappa del flusso tettonico dell’Appennino nord occidentale per il periodo dal 1000-1975 (valori

∙ 10 ∙ / / / ).

L’indice quantitativo del flusso tettonico è rappresentativo dell’andamento del rilascio di energia dei terremoti in un determinato arco di tempo. La mappa del flusso tettonico si propone quindi come compromesso tra la frequenza di occorrenza della sismicità e l’energia rilasciata in modo tale da mettere in evidenza le zone soggette a scosse maggiori.

Tramite lo studio della mappa è possibile individuare l’area compresa tra Castelnuovo Garfagnana e Fivizzano come quella soggetta più spesso a sismi di

(5)

89

intensità alta; dato in parte riscontrabile anche nella tabella della “Distribuzione temporale degli eventi di intensità maggiore o uguale a 5-6” fornita dall’GNDT.

Figura 41. Distribuzione temporale degli eventi di intensità maggiore o uguale a 5-6’’ fornita dall’GNDT.

Il grafico mostra una notevole scarsità di informazioni circa la classe in esame, ma la cosa particolare è la totale assenza di eventi prima del 1481. Il vuoto probabilmente[4] non è imputabile all’assenza di sismi, ma a fonti storiche sui terremoti molto esigue e frammentarie e raramente contemporanee all’evento. Negli ultimi anni, grazie ad una serie di iniziative e approfondimenti riguardo il tema sismico, la conoscenza della sismicità toscana si è evoluta notevolmente. Le più recenti indagini geologiche e geodinamiche del territorio regionale unite a dati storici mostra una sempre più chiara concentrazione di terremoti nel settore

(6)

90

appenninico della regione, in diretta continuità con la sismicità che si registra in Umbria, nelle Marche e in Emilia-Romagna. I nuovi studi hanno consentito di definire le principali potenziali sorgenti sismogenetiche in termini di localizzazione, dimensioni e geometria. In particolare, hanno dato la possibilità di ipotizzare l’esistenza di sorgenti sismogenetiche del tutto quiescenti, la cui corretta identificazione e caratterizzazione rappresenta un aspetto di centrale importanza nella valutazione della pericolosità sismica dell’area. All’interno del “Database of Italy’s Seismogenic Sources” le sorgenti sismogenetiche nel bacino della Garfagnana, cause del terremoto distruttivo del settembre 1920 e della sismicità minore dell’Alto bacino del Serchio, prendono il nome di Etrurian Fault System, o EFS. Il sistema è costituito da faglie a basso angolo est-immergenti che si estendono per circa 350km dalla Lunigiana fino all’Umbria meridionale. L’espressione superficiale dell’Etrurian Fault System delimita due zone con differenti gradi di sismicità: il settore a ovest è caratterizzato da bassa sismicità, con terremoti superficiali di bassa magnitudo. Al contrario, il settore ad est comprende un’area ad alta sismicità, con eventi anche localizzati nella crosta inferiore e magnitudo maggiore.

(7)

91

I pochi dati a disposizione evidenziano tre terremoti di grado IX o superiori, in particolare a metà del 1700 nei pressi di Barga, nella prima metà del 1800 a Pontremoli e infine quello che ha raggiunto l’apice di intensità per la zona risale al Settembre del 1920 con epicentro proprio nell’alta Garfagnana.Il sisma colpisce una dimensione abitativa caratterizzata da un’agricoltura piuttosto arretrata, un’industria legata strettamente alle risorse idrauliche e minerarie, costituita da impianti superati, e dal depauperamento demografico dei comuni montani in favore di quelli di valle e pianura. Le notizie ufficiali elencano fra i comuni più colpiti Castelnuovo, Camporgiano, Castiglione , Fosciandora, Minucciano, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, S. Romano, Sillano, Vagli Sotto e Villa Collemandina; gli effetti dannosi presentano particolari accenti di gravità per molti centri o frazioni distrutti o inabitabili. Gli insediamenti della Garfagnana di oggi sono il frutto della reazione al terremoto del 1920, numerosi sono infatti gli interventi di prevenzione antisismica eseguiti negli anni successivi.

(8)

92

7.1.2

Storia, economia e situazione sociale

Le prime fonti conoscitive sul sistema insediativo della Garfagnana risalgono all’Alto Medioevo, da esse traspare un tipo di insediamento accentrato con qualche eccezione di case sparse dove i terreni sono più fertili e pianeggianti. Lo schema a piccoli villaggi ha avuto successo infatti la maggior parte dei paesi di allora sono i centri vitali di oggi. I nuclei abitativi sono nati ad una quota altimetrica piuttosto elevata, compresa tra i 700 e i 900 metri sopra il livello del mare: le aree scelte sono strategiche in quanto comode sia per le attività agricole sulle pendici collinari, sia per lo sfruttamento dei sovrastanti boschi e pascoli; risorse economiche basilari per la comunità montana nel corso dei secoli.

Nel Medioevo l’integrazione economica fra Lucca e la Garfagnana porta alla massiccia presenza di prodotti silvo-pastorali sui mercati urbani. Proprio l’inserimento in un circuito commerciale dei prodotti in eccesso al fabbisogno della popolazione della montagna costituisce l’elemento propulsore di queste attività e dello sviluppo della rete urbana di collegamento tra la città e la regione montuosa.

La necessaria integrazione fra la montagna della Garfagnana e la pianura emiliana durante il dominio estense è ampiamente documentata attraverso scambi commerciali e con i tentativi di impulso industriale legati all’estrazione di risorse minerarie sul fronte apuano.

Lo sfruttamento del territorio viene portato al massimo delle sue possibilità con una conseguente registrazione alla metà del 1700 di problemi di ecologia: un processo di degradazione dei versanti montani causato da tagli indiscriminati dei boschi, da un’estensione in alto dei seminativi e da una eccessiva pressione di pascolo. Conseguenza diretta di ciò è un progressivo abbandono dell’area per luoghi più ricchi di opportunità.

Il processo culmina alla fine dell’800, inizio ‘900 quando la tendenza all’abbandono del territorio montano giunge al culmine. Il sistema agro-silvo-pastorale della Val di Serchio non si integra minimamente con gli altri rami economici, mancano accenni allo sviluppo industriale, e, a causa del sistema viario arretrato e la ferrovia mancante, la zona si avvia ad un progressivo

(9)

93

isolamento; la reazione più comune a questo fenomeno è l’abbandono. Durante la prima metà del ‘900 la Garfagnana ha subito in prima linea sia il periodo del fascismo che la seconda guerra mondiale, da prima luogo di rifugio, con relativo aumento della popolazione, in seguito fronte diretto di combattimento, area quindi pericolosa, soggetta a bombardamenti. Il dopoguerra è caratterizzato da momenti difficile per la ripresa delle normali attività, come in tutto il paese appaiono i segni del progresso tecnologico, l’agricoltura continua ad essere una delle forme di guadagno maggiore, ma diventa supportata dalle macchine, il bisogno di forza lavoro diminuisce drasticamente. Inizia quindi una migrazione verso fondo valle per lavorare come operai nelle fabbriche appena nate; l’abbandono della montagna è alla sua massima espressione.

Un articolo dell’Istituto di Statistica della Diocesi[17] documenta che la diminuzione della popolazione è stata di 10 mila abitanti in trent’anni. Fa pure notare che fino ad una quindicina di anni prima il calo di popolazione era da imputarsi alle numerose emigrazioni della zona, ora invece il calo è espressamente legato alla diminuzione delle nascite rispetto alle morti.

(10)

94

7.1.3

Sistema insediativo

Gli agglomerati rurali caratterizzanti la Garfagnana apuana e appenninica, eredità alto-medievale, si compongono di tanti piccoli borghi accentrati. Anche se nel tempo essi sono stati soggetti a ristrutturazioni continue a causa dell’alta sismicità della zona, si possono tutt’ora rilevare le caratteristiche strutturali proprie dei borghi appenninici. La maggiore o minore pendenza del pendio sul quale gli insediamenti si sviluppano regola la disposizione dell’abitato: a pendio accentuato corrisponde un’aggregazione a sviluppo lineare, parallelo alle curve di livello, mentre a pendio lieve uno sviluppo tendenzialmente ortogonale rispetto ad esse.

Figura 43. l'abitato di Lucchio in Val di Lima, sormontato dalla fortezza, caposaldo lucchese al confine con lo stato fiorentino. Tipico abitato di pendio con abitazioni di anche 5-6 piani.

Nel caso in cui sia presente un circuito murario si nota una crescita più regolare dell’abitato, per cerchi concentrici rispetto ad un’area sommitale sulla quale generalmente si impianta una torre. Le pratiche agricole e pastorali hanno un chiaro riflesso sull’organizzazione interna ed esterna degli abitati.

Gli edifici residenziali, sfruttando il pendio, si sviluppano su più piani per compensare gli sbalzi di livello: le cantine sono seminterrate, le stalle e i fienili si dispongono al piano terreno, mentre l’abitazione vera e propria si colloca al primo

(11)

95

piano e è dotato di un loggiato per l’essiccazione dei prodotti agricoli. Gli ovili trovano posto al margine dell’abitato, ma non mancano casi di stalle interne al borgo. I centri rurali di questa zona non rappresentano un elemento preminente o privilegiati del territorio, bensì assolvono semplicemente la funzione di residenza e ricovero per uomini e animali; tale caratteristica, all’interno del nucleo abitato, si traduce in un tessuto indifferenziato e non diviso gerarchicamente, dove, almeno in origine, nessun edificio era più rappresentativo o prestigioso di altri.

(12)

96

7.2

Le Chiese

La diffusione del Cristianesimo parte dall’insediamento nelle città per penetrare poi nelle campagne e vallate; i centri di irradiazione sono delle particolari chiese dette “Pievi” che costituiscono il sostegno della pratica religiosa, in quanto uniche sedi di culto. Poste prevalentemente lungo le principali vie di comunicazione, esse sono centri di accumulo di beni e rendite con un’influenza territoriale estesa a più villaggi. La pieve sorge in luoghi aperti per consentire il libero accesso anche in periodo di conflitti; localizzazione che non coincide con quella degli abitati e che non influenza in alcun modo la formazione dei tessuti insediativi. Nel territorio della Garfagnana due sono le pievi che hanno dato vita al Cristianesimo sul territorio: quella di San Pietro di Castello, oggi Piazza al Serchio e quella di San Lorenzo, nella frazione omonima. L’architettura religiosa ho il suo maggiore sviluppo tra l’XI e il XII secolo con la comparsa di numerose opere di rilevante valore artistico. Le ragioni di questo fenomeno sono da ricondurre ad un’eccedenza di beni e nella crescente base demografica. Il costituirsi del sistema capillare di pievi e chiese segue lo sviluppo delle autonomie comunali, la variazione dei rapporti tra potere laico e ecclesiastico e l’acquisizione di diritti delle chiese subalterne alla pieve di riferimento, quale per esempio la pratica del Battesimo. Un analisi degli estimi della Diocesi di Lucca mostra come già nel 1260 la topografia parrocchiale corrispondesse a quella del XIX secolo in cui ogni villaggio presenta la propria chiesa. Con la perdita di importanza delle pievi, l’ente di coordinamento diventa il Vicariato, territorio geograficamente e politicamente omogeneo, abbracciante più parrocchie coordinate dal Vescovo. Inizialmente il Vicariato egemone in Garfagnana era quello degli Estensi, dei Duchi di Ferrara e di Modena per poi passare agli inizi del 1800 alla Diocesi di Massa Ducale; solo in epoca fascista la parte sud della Garfagnana ecclesiastica passa sotto l’egemonia lucchese, seguita dalla nord nel 1992.

La diocesi di Lucca è divisa in zone pastorali fra le quali si individua quella della Garfagnana. Essa conta un centinaio di parrocchie che rappresentano circa il 30% del numero complessivo per una popolazione pari al 10% del totale dell’intera diocesi.

(13)

97

7.3

Analisi tipologica

La prima sezione della scheda permette di riassumere le caratteristiche salienti dell’edificio che si va a schedare: tramite un attento confronto tra le prime pagine di tutte le schede di rilievo del campione è possibile tracciare un profilo tipologico delle chiese dell’Alta Garfagnana. Particolare attenzione deve essere posta alla posizione dell’edificio rispetto al centro abitato, allo sviluppo planimetrico e altimetrico della struttura, alla caratterizzazione delle facciate e dei campanili e ai tipi di muratura più diffusi. Di seguito sono esposte considerazioni generali riguardo il gruppo nel suo insieme, per i dettagli di ogni singola chiesa si rimanda alle schede in allegato.

7.3.1

Relazione con il villaggio

La ricerca storica eseguita sulle chiese oggetto di studio ha messo in luce diverse circostanze in cui esse sono state costruite in relazione al villaggio di riferimento. In particolare i casi principali sono due: il primo si riferisce a tutte quelle in posizione periferica, il secondo in posizione centrale.

La distinzione è legata alle dinamiche di urbanizzazione dell’area. In origine le terre dell’alta Garfagnana erano caratterizzate da abitazioni sparse lungo le colline e montagne, senza un centro di aggregazione se non le pievi. Con l’aumento di popolazione in alcune aree, più predisposte all’insediamento, si iniziano a formare aggregati di edifici il cui riferimento è la pieve più vicina o comunque meglio raggiungibile. Nella fase di costituzione del sistema capillare di chiese, ossia un centro liturgico per ogni paese, nuovi edifici di culto vengono costruiti in prossimità dei villaggi che ne erano sprovvisti. In quei villaggi che da allora non hanno subito una notevole espansione la chiesa rimane esterna all’abitato e si presenta così anche al giorno d’oggi; quattro sono i paese del campione che presentano questa situazione: Gragnana, Varliano, Agliano e Sillicano.

(14)

98

Figura 44. Schema dell’insediamento con la chiesa esterna all’abitato.

Il secondo caso comprende tutti quei centri in cui la dinamica costruttiva è opposta. La necessità degli abitanti delle fattorie o alpeggi sparsi per le montagne o colline di avere un centro di raccolta dei fedeli vicino ha comportato la costruzione di edifici ecclesiastici isolati ma ben raggiungibili dalle aree intorno. Con il passare del tempo, concentrare le attività intorno alla chiesa ottiene un’alta attrattiva; interi villaggi nascono quindi intorno all’edificio di culto.

Figura 45. Schema dello sviluppo del centro abitato intorno alla chiesa.

Questa dinamica è più comune della prima, infatti al secondo macrogruppo appartengono ben otto edifici: le chiese di Pugliano, Metra, San Donnino, Pieve San Lorenzo, Castagnola, Livignano, Careggine e Orzaglia.

All’interno della lista non sono state inserite quattro chiese posizionate anche esse al centro del paese quali, San Anastasio, Sillano e San Michele; esse appartengono ad un sottogruppo di quello precedente. I centri che hanno subito un’espansione continua negli anni, in un certo momento sono andati incontro al problema del

(15)

99

sovraffollamento della chiesa, concepita per accogliere un numero di persone inferiore. Le soluzioni adottate sono due: la prima consiste nel demolire l’edificio originale e costruirne uno nuovo, più grande, sulle sue fondamenta, soluzione non sempre applicabile in relazione allo spazio a disposizione che può risultare insufficiente; la seconda sistemazione è quella di costruire un nuova chiesa all’estremità dell’abitato mantenendo comunque anche quella originale. Spesso data la natura espansiva del paese, anche la nuova chiesa viene inglobata dall’abitato.

(16)

100

7.3.2

Facciata

Il prospetto principale ha uno speciale significato per l’edificio ecclesiastico: fin dai tempi antichi era quello trattato con maggiore precisione e cura e maggiormente decorato. La particolare attenzione che viene data a questo elemento architettonico è legata alla volontà di attirare all’interno dell’edificio quanti più fedeli possibile. Spesso la facciata è un corpo di fabbrica realizzato a posteriori, addossato al corpo della chiesa con ammorsamenti più o meno efficaci. La forma di facciata più comune nel campione è quella a capanna, utilizzata sia per le chiese a navata unica che a tre navate; solo nel caso della chiesa di Pieve San Lorenzo (uno su sedici) è presente un prospetto a salienti.

Dall’analisi di tutte le facciate si può determinare un profilo comune, esse presentano un'unica porta di accesso alla chiesa, posta in posizione centrale; in linea ad essa più in alto è spesso presente una finestra, aperta o tamponata, un rosone o comunque un elemento decorativo. La porta è solitamente incorniciata in modo semplice con lastroni di pietra serena.

Nonostante il clima freddo e piovoso della zona è possibile notare l’assenza di un portico all’esterno delle chiese; elemento architettonico presente solo a Careggine, ma comunque aggiunto a posteriori all’impianto originale.

Le chiese garfagnine presentano fronti in generale semplici, lineari, caratterizzati da poche decorazioni; l’uso dell’intonaco o di un qualsiasi rivestimento è, nella maggior parte dei casi, da ricollegare a interventi di recupero successivi alla costruzione dell’edificio.

Le strutture più antiche che non hanno subito rimaneggiamenti nel tempo si presentano con un prospetto principale a muratura faccia vista, quali le chiese di Careggine (ca. 800), Castagnola (ca.1100), Pieve San Lorenzo (ca. 1100) Pugliano (ca.1200) e Orzaglia (ca. 1500).

In riferimento alle facciate originali degli edifici oggetto di studio è possibile notare che l’utilizzo dell’intonaco come rivestimento fa il suo ingresso in epoca più tardiva: il materiale utilizzato si presenta molto grezzo, facilmente sfogliabile e molto ruvido al tatto; testimonianza di questa tipologia sono gli edifici di culto di San Donnino (ca. 1600), Metra (ca. 1600) e Agliano (ca. 1700).

(17)

101

Molti sono i casi in cui risalire alla morfologia della facciata originale è per lo più impossibile a causa dei numerosi e invadenti interventi di recupero e restauro. Esempi calzanti sono le chiese di Magliano e Sillano: in entrambi i casi infatti, in concomitanza con i lavori di recupero dei danni arrecati agli edifici dal terremoto del 1920, le facciate sono state interamente ripensate. Nel primo, il prospetto principale è stato rivestito con lastre di marmo; nel secondo, invece, esso è stato arricchito con lesene, decorazioni floreali e un affresco nel timpano, intonacato e tinteggiato con un colore rosa pesca.

Se in alcune circostanze la memoria viene cancellata da interventi come quelli spiegati qui sopra, in altri essa acquista un ruolo guida nella delineazione dell’intervento: in particolare nella demolizione e ricostruzione delle chiese di Varliano e San Michele per ampliamento, il nuovo edificio viene realizzato in linea con quello originale.

(18)

102

(19)

103

7.3.3

Distribuzione planimetrica

Il territorio della Garfagnana, data la sua natura montuosa, presenta una percentuale demografica bassa, e la mancanza di grandi città a favore della diffusione di piccoli villaggi e paesi isolati. Diretta conseguenza di ciò è la numerosa diffusione di chiese di piccole-medie dimensioni, solitamente ad una sola navata, dimensionate per accogliere l’esigua popolazione dei piccoli centri. Nel campione di chiese analizzate le più antiche, che avevano funzione di pieve, si distinguono per le dimensioni maggiori rispetto al resto del gruppo. In particolare gli edifici di culto di Pieve San Lorenzo (1100), Sillicano (ca.1000) e Careggine (ca. 800) presentano una superficie totale di 250mq circa, spazio necessario per accogliere i fedeli in arrivo dai paesi vicini che ancora non avevano una chiesa. Le rimanenti hanno dimensioni più piccole, commisurate all’estensione del paese: le maggiori sono le chiese di Sillano e Magliano che, con una superficie di circa 200mq, servono due borghi popolosi, mentre quelle di Orzaglia e Metra, sui 60mq, accolgono in media una quarantina di abitanti. Più di 3/4 delle chiese comprese nel campione analizzato presenta un impianto a navata unica coperto da volte intervallate da archi in corrispondenza di ogni campata. La pianta si articola ulteriormente in alcuni casi con l’inserimento di un transetto, comunemente con bracci poco estesi, oppure distinguendo la zona dell’abside tramite un restringimento di larghezza dell’ambiente e terminazione retta oppure semplicemente con un ambiente a semicerchio. Le chiese presentano ambienti adibiti a sacrestia a cui si accede dalle pareti laterali dell’abside, questi sono classificati come annessi in quanto quasi sempre aggiunti a posteriori.

La copertura della navata più comune è la botte lunettata, mentre nell’abside sono utilizzate anche la cupola, la crociera e il catino. Gli archi e le volte sono decorati finemente con motivi geometrici, floreali o anche solo tramite l’alternanza di colori tra gli elementi architettonici. Lungo le pareti laterali si alternano paraste a sostegno degli archi, incoronate con ricco architrave; in corrispondenza delle lunette della volta a botte si aprono finestre ad illuminare la navata.

Reperire informazioni relative alle coperture non è stato sempre possibile data l’inaccessibilità alla maggior parte dei sottotetti. I casi analizzati presentano tutti

(20)

104

coperture lignee, alcuni realizzati con la sovrapposizione di due ordini di travi la maggior parte a carattere spingente, le rimanenti con le capriate.

Figura 48. Piante del campione di chiese analizzato: il livello di dettaglio dei disegni varia in relazione alle fonti da cui sono state ricavate. Di alcune, nell'archivio della Sovrintendenza di Lucca, è stato trovato il rilievo completo, di altre l’immagine si basa sul rilievo diretto dell’esterno e dove possibile, dell’interno, il tutto supportato da ricco materiale fotografico.

(21)

105

7.3.4

Campanile

Il campanile è un elemento importante nel complesso del centro di culto; esso è solitamente l’edificio più alto del villaggio e funziona da guida per coloro che cercano la chiesa.

La struttura a torre può essere compresa nell’impianto strutturale della chiesa, semplicemente affiancato oppure esterno ad essa e quindi a struttura del tutto indipendente. Dall’analisi del campione si evince che la maggioranza dei campanili garfagnini è esterno alla chiesa anche se la percentuale non è schiacciante quindi non può essere presa come regola.

Le torri campanarie presentano caratteri comuni, in particolare sono tutti in muratura faccia vista, lo sviluppo in altezza è scandito da piccoli cornicioni, la cella campanaria è solitamente unica, realizzata con una monofora o bifora per ogni lato, la copertura è piana o poco inclinata. I campanili esterni presentano inoltre un basamento leggermente rastremato verso l’alto.

Alcune particolarità degne di nota si riscontrano a Orzaglia, dove il tetto della torre è a punta, e ad Agliano, in cui si contano due celle campanarie. La chiesa di Pieve San Lorenzo presenta un campanile unico: alto basamento a pianta quadrata su cui si eleva una torre ottagonale.

(22)

106

(23)

107

7.3.5

Muratura

L’analisi dei paramenti murari eseguita è limitata all’apparenza esterna; non è stato infatti possibile determinare l’effettiva sezione delle pareti e il livello di ammorsamento tra loro presente.

Le chiese garfagnine presentano diverse tipologie di muratura che possono essere divise in tre gruppi in relazione alle caratteristiche di resistenza ipotizzabili. La classe più alta è costituita da pareti realizzate con elementi in pietra squadrata messi in posa su corsi regolari in modo da rendere il più sottile possibile lo strato di malta tra essi compreso; la seconda comprende invece elementi squadrati, messi in posa su corsi orizzontali ma in modo irregolare con l’inserimento talvolta di zeppe scaglie o listature di diverso materiale; i paramenti appartenenti alla terza categoria sono realizzati con pietre di forma varia disposte con tessitura del tutto casuale e separate da corsi di malta spessi.

La muratura dei campanili è solitamente simile a quella della relativa chiesa, solo in alcuni casi la tessitura delle torri è più curata e precisa.

La cultura sismica locale è evidente nella realizzazione delle angolate le quali sono trattate utilizzando elementi squadrati di grandi dimensioni disposti a lisca di pesce in modo da fornire un buon ammorsamento fra le pareti consecutive. La memoria sismica risulta invece persa in caso di ampliamenti, ristrutturazioni o annessioni di corpi all’impianto principale: è comune infatti che l’intervento sia ben individuabile a causa della differente tipologia muraria utilizzata.

Figura 50. Chiesa dei Santi Simone e Giuda a Castagnola: esempio di ampliamento con utilizzo di muratura diversa dall'originale

(24)

108

(25)

109

7.4

Attività sismica nel 2013

Nel 2013 la Garfagnana è stata colpita da due serie di scosse, la prima a gennaio la seconda, più lunga e distruttiva, nei giorni a cavallo tra giugno e luglio.

La scossa maggiore della prima sequenza è stata registrata il 25 gennaio alle 14e48, di magnitudo 4,8. L’epicentro è localizzato nella area della Garfagnana al confine tra le province di Lucca e Modena nella stessa zona dove si sviluppò il terremoto distruttivo del 1920. Le stazioni sismiche più vicine hanno misurato accelerazioni di circa 0,92g a 10km dall’epicentro, corrispondenti ad intensità di circa quinto grado nella scala Mercalli modificata. Il V MMI corrisponde ad uno scuotimento moderato, avvertito dalla maggior parte delle persone, alcune delle quali possono essere anche state risvegliate dal sonno, piatti e finestre rotte, oggetti instabili rovesciati, possibile immobilizzazione degli orologi a pendolo. La scossa è stata seguita da una cinquantina di repliche nella giornata tutte di magnitudo inferiore a 2,5; e da una di intensità 3,3 nel giorno 30 gennaio.

(26)

110

Figura 53. Mappa epicentrale della sequenza sismica dal 18 al 25 gennaio, aggiornata al 25 gennaio. Legenda: i cerchi rossi piccoli indicano scosse di magnitudo inferiore a 3,0; il cerchio grosso indica scosse di magnitudo compresa tra 4,0 e 5,0; i quadrati si riferiscono alle stazioni sismiche esistenti sul territorio, verde funzionante, gialla parzialmente funzionante e rossa guasta.

(27)

111

La seconda sequenza sismica ha provocato più danni rispetto alla prima in quanto presenta una scossa di picco di intensità maggiore, si sviluppa per un lasso di tempo più esteso, e agisce su un un’area già colpita quindi più vulnerabile.

Il giorno 21 Giugno 2013, alle ore 12:33, le stazioni sismiche dell’area della Garfagnana hanno registrato un terremoto di magnitudo 5,2 localizzato nelle Alpi Apuane tra le province di Massa e Lucca a profondità di circa 5km. I comuni entro i 10 km dall'epicentro sono Minucciano, Casola di Lunigiana e Fivizzano. La mappa di accelerazione di picco mostra per l’evento in questione un valore di circa 0,16g. La scossa è stato seguita nell’arco della giornata da più di cinquanta repliche, la più forte delle quali di magnitudo 4,0. L’evento è localizzato a circa 20km ad ovest dagli epicentri delle scosse di gennaio e si classifica anch’esso con grado quinto della scala Mercalli modificata. Lo sciame sismico si presenta in modo continuativo fino a metà luglio, alternando piccoli scuotimenti a scosse di intensità maggiore quali quella del 30 giugno di magnitudo 4,4 e del 12 luglio di 3,4.

(28)

112

Figura 56. Mapea epicentrali della sequenza sismica di giugno luglio 2013: la prima dal 14 al 21 giugno, aggiornata al 21 giugno, la seconda dal 23 al 30 giugno, aggiornata il 30 giugno. Legenda: i cerchi rossi piccoli indicano scosse di magnitudo inferiore a 3,0; i cerchi rossi medi di magnitudo compresa tra 3,0 e 4,0; il cerchio grosso scosse di magnitudo compresa tra 4,0 e 5,0; il cerchio rosso rifinito di bianco scosse di magnitudo maggiore di 5,0; i quadrati si riferiscono alle stazioni sismiche esistenti sul territorio, verde funzionante, gialla parzialmente funzionante e rossa guasta.

(29)

113

Figura 57. Istogramma sequenza sismica e cumulata eventi del periodo compreso tra il 15 e il 21 giugno 2013.

Figura 58. Istogramma sequenza sismica e cumulata eventi del periodo compreso tra il 23 e il 30 giugno 2013.

Entrambe le sequenze sismiche hanno provocato danni in buona parte del patrimonio edilizio della zona, in particolare molte chiese della Garfagnana alta sono state dichiarate inagibili. La regione Toscana ha stanziato dei fondi per la messa in sicurezza e ristrutturazione del patrimonio colpito; per ottenere i finanziamenti la diocesi ha dovuto fornire entro metà gennaio per ogni edificio una relazione dei danni e degli interventi necessari per la messa in sicurezza.

(30)

114

7.5

Analisi dei dati

L’analisi conoscitiva delle chiese garfagnine si è sviluppata in modo differente a seconda della loro agibilità o meno. Per quanto riguarda le chiese agibili, grazie alla collaborazione dei parroci responsabili, è stato possibile eseguire un sopralluogo con rilievo diretto sia dell’esterno che dell’interno.

La compilazione delle schede delle chiese non agibili è stata effettuata servendosi di relazioni e materiale fotografico redatto e raccolto in fase post-sisma da professionisti. L’inagibilità dei fabbricati ha causato la mancanza di veri e propri sopralluoghi dell’interno, limitando l’osservazione all’esterno; ciò comporta sicuramente alcune imprecisioni nella compilazione, fra le quali:

• gli indicatori di vulnerabilità e i presidi antisismici spesso sono stati individuati tramite le immagini a disposizione, il loro numero, posizione e efficacia risulta quindi difficilmente valutabile;

• la valutazione del danno e il giudizio relativo sono anch’essi legati esclusivamente al materiale fotografico, quindi imprecisi;

• la valutazione del peso dei meccanismi sulla struttura globale è difficile da calcolare senza un riscontro diretto quindi per quei casi in cui la valutazione è variabile a seconda delle caratteristiche della struttura è stato dato un valore medio di 0,75.

In entrambi i gruppi non sempre si è potuto accedere ad informazioni riguardo i sottotetti e quindi studiare opportunamente le volte e la tipologia di copertura, tantomeno nei campanili, spesso definiti troppo pericolosi. Nonostante queste problematiche le schede possono essere definite complete ed esaustive riguardo la condizione del fabbricato.

Nonostante le difficoltà riscontrate in fase conoscitiva di ogni meccanismo di collasso è stato possibile calcolare il rapporto di potenziale attivazione e quello di effettiva attivazione; entrambi i valori sono riportati nella tabella sottostante.

(31)

115 Macroelemento e relativi meccanismi Meccanismi attesi Meccanismi attivati F a cc ia ta M1: Ribaltamento 16/16 6/14

M2: Meccanismi della sommità 2/16 1/2 M3: Meccanismi nel piano 16/16 6/16 M4: Meccanismi nel protiro o

nartece 1/16 0/1 N a va ta u n ic a o ce n tr a le M5: Risposta trasversale dell’aula 16/16 11/16

M6: Meccanismi di taglio nelle

pareti laterali 16/16 12/16

M7: Risposta longitudinale del

colonnato (chiese a più navate) 3/16 1/3

M8: Volte 13/16 11/13 N a va te la te ra

li M6: Meccanismi di taglio nelle

pareti laterali 3/16 0/3 M9: Volte 1/16 0/1 T ra n se tt

o M10: Ribaltamento delle pareti esterne 5/16 1/5 M11: Meccanismi di taglio nelle

pareti 5/16 1/5

M12: Volte 5/16 4/5

M13: Meccanismi degli archi

trionfali 14/16 11/14

M14: Meccanismi della cupola

e del tamburo 5/16 4/5

M15: Meccanismi della lanterna 0/16 00

A b si d e M16: Ribaltamento 16/16 9/16 M17: Meccanismo di taglio 16/16 13/16 M18: Volte 16/16 13/16 C o p er tu ra M19: Pareti dell’aula 16/16 1/16 M20: Transetto 5/16 0/5 M21: Abside 16/16 1/16 C a p p el le M22: Ribaltamento 1/16 1/1

M23: Meccanismi di taglio nelle

pareti 1/16 1/1 M24: Volte 1/16 0/1 M25: Interazioni in prossimità di irregolarità plano-altimetriche 11/16 9/11 M26: Aggetti 0/16 0/0 C a m p a n il e M27: Torre campanaria 16/16 2/16 M28: Cella campanaria 16/16 2/16

(32)

116

L’impianto volumetrico e altimetrico delle chiese è molto simile, è facile quindi individuare nell’elenco dei meccanismi attesi più diffusi il profilo tipologico tracciato nei paragrafi precedenti: i più frequenti sono il taglio delle pareti dell’aula, dell’abside e in facciata, i meccanismi su volte e archi e il ribaltamento della facciata o della terminazione dell’abside.

I meccanismi che in relazione al loro sviluppo potenziale, si sono sempre attivati sono quelli delle volte e degli archi; notevole rapporto di attivazione si riscontra per le interazioni plano altimetriche. Da sottolineare il comportamento sotto sisma dei campanili: essi, pur essendo strutture sensibili al sisma, presentano un rapporto di attivazione dei meccanismi di collasso molto basso, a testimonianza di una buona tecnica costruttiva.

L’analisi dei meccanismi attesi e effettivamente attivati si basa sulla determinazione della presenza o meno di danni alla struttura; un confronto critico tra il quadro fessurativo, il sistema strutturale del fabbricato e i presidi antisismici permette di definire gli indicatori di vulnerabilità caratterizzanti ciascuna fabbrica. Una volta terminata questa analisi è stato possibile, tramite le formule sperimentali riportate in precedenza (capitoli 5.3.3 e 5.3.4), calcolare gli indici di danno vulnerabilità e sicurezza e le accelerazioni massime che le chiese possono sostenere; i dati sono riportati nella tabella sottostante. Per il campione di chiese garfagnine, oltre agli indici di sicurezza degli stati limite di danno e vita relativi alla zona sismica di appartenenza, è stato calcolato anche quello relativo all’accelerazione effettiva del terremoto del giugno 2013. I primi due valori forniscono un idea della reazione del fabbricato alla massima accelerazione della zona relativa allo stato limite, quindi la peggiore situazione prevista; il terzo invece si riferisce allo specifico evento sismico che hanno subito le chiese.

(33)

117

Chiesa

Chiesa di San Lorenzo Martire, Pieve San Lorenzo

0,000 0,318 0,066 0,264 0,828 1,146 1,658 Chiesa di San Michele

Arcangelo, San Michele 0,126 0,436 0,052 0,208 0,543 0,940 1,360 Chiesa di SS Simone e

Giuda, Castagnola, 0,071 0,361 0,061 0,242 0,759 1,050 1,519 Chiesa di San Giovanni

Battista, Orzaglia 0,148 0,474 0,048 0,192 0,503 0,870 1,258 Chiesa SS Pietro e Paolo, Careggine 0,071 0,333 0,064 0,255 0,668 0,925 1,338 Chiesa di S Nicola da Bari, Sillicano 0,000 0,350 0,062 0,247 0,775 1,342 1,941 Chiesa di S Nicola da Bari, Metra 0,151 0,480 0,048 0,190 0,497 0,860 1,245

Chiesa di San Giovanni

Battista, Livignano 0,116 0,491 0,047 0,186 0,486 0,840 1,215 S Anastasio e S Vincenzo, S Anastasio 0,181 0,497 0,046 0,183 0,480 0,831 1,153 Chiesa di S Donnino e Biagio, S Donnino 0,140 0,447 0,051 0,203 0,532 0,920 1,330 Chiesa di S Giacomo Apostolo, Pugliano 0,172 0,564 0,040 0,160 0,516 0,892 1,290 Chiesa di San Bartolomeo, Sillano 0,170 0,370 0,060 0,237 0,497 0,859 1,242 Chiesa di S Antonino Martire, Varliano 0,175 0,457 0,050 0,199 0,521 0,901 1,304 Chiesa di Sant'Andrea, Magliano 0,258 0,541 0,042 0,168 0,439 0,760 1,055 Chiesa di SS Margherita e Giorgio, Gragnana 0,235 0,637 0,035 0,138 0,361 0,625 0,868 Chiesa di S Maria Assunta, Agliano 0,184 0,543 0,042 0,167 0,437 0,756 1,050 Tabella 1. Calcolo degli indici di vulnerabilità, danno e sicurezza delle chiese del campione dell’Alta Garfagnana.

(34)

118

7.5.1

Condizione di danno

La classificazione del livello di danno delle chiese consente di confrontare, tramite un semplice parametro, il danneggiamento subito dalle chiese del campione a seguito dello sciame sismico di giugno-luglio 2013. Il danno “lieve” è attribuito alle chiese con 0 < < 0,3, il “medio” a quelle con 0,3 < < 0,6, il

grave con 0,6 < < 1; in più i casi estremi, sono il minimo valore di 0 che

corrisponde a danno nullo e il massimo di 1 che corrisponde al crollo globale del fabbricato.

I valori di indice di danno calcolati sul campione di chiese garfagnine sono compresi tra 0 e 0,285, tutte le strutture rientrano quindi nella categoria di danno lieve; da ciò la considerazione che un edificio con valore di danneggiamento basso, può comunque essere dichiarato non agibile.

La motivazione di questo fatto è legata alle procedure di sicurezza post sisma e al lungo e dispendioso iter necessario per la revoca dell’inagibilità su di un fabbricato. Nei primi momenti dopo il terremoto infatti, dopo aver messo in sicurezza tutti i cittadini, i vigili del fuoco in poco tempo devono dichiarare l’agibilità o meno di tutti gli edifici colpiti; è logico che la cosa più veloce e facile è chiudere quelle strutture che non risultano di importanza vitale al cittadino. Per ottenere la revoca dell’inagibilità la diocesi è tenuta a posteriori ad ingaggiare squadre di professionisti per sopralluoghi e perizie sul manufatto, i quali dovrebbero prendersi la responsabilità di far riaprire i fabbricati.

I fattori responsabili dei valori bassi di indice di danno sono due: la spesa per la messa in sicurezza che è proporzionale all’indice stesso e la tipologia di danneggiamento subito dalla struttura che è correlato all’inagibilità della chiesa. La maggioranza dei danni si sono riscontrati sugli archi e sulle volte che appaiono fortemente fessurati e, in alcuni casi, con conci prossimi al crollo; il resto dei macroelementi risulta invece in genere con problemi lievi. L’indice di danno è basso ma l’accesso non è possibile in quanto quei pochi danni ingenti che ci sono, sono proprio quelli che mettono a repentaglio la sicurezza.

(35)

119

Figura 60. Particolare lesione nell’arco nella chiesa di SS Margherita e Giorgio a Gragnana.

Figura 61. Particolare lesione sulla parete laterale dell'abside della chiesa di SS Anastasio e Vincenzo a San Anastasio.

La bontà del metodo dell’analisi tramite gli indici si riscontra nella lettura della colonna dell’indice di danno in cui è possibile distinguere le chiese agibili,

0,00 < < 0,150, da quelle non agibili, 0,150 < < 0,260. Due sono le

eccezioni a questa divisione, la chiesa di San Giovanni Battista a Livignano,

= 0,116, e San Donnino e Biagio a San Donnino, = 0,140 entrambe non

(36)

120

questi due edifici è nel primo caso scarso, nel secondo di pessima qualità; esiste quindi la possibilità che alcune lesioni siano state sottostimate o non individuate. Le chiese di Pieve San Lorenzo e di Sillicano riportano un indice di danno pari a 0, ciò significa che le scosse di giugno-luglio 2013 non hanno provocato alcun problema alla struttura. Entrambe sono state recentemente oggetto di recupero strutturale con miglioramento sismico, interventi che si sono rivelati ben eseguiti.

Figura 62. Chiesa di San Nicola da Bari a Sillicano: pianta degli incatenamenti eseguiti nell'intervento di miglioramento sismico del 1996.

Figura 63. Chiesa di San Lorenzo Martire a Pieve San Lorenzo: intervento di rinforzo dell'arco di accesso alla zona absidale, anno 1997.

(37)

121

Figura 64. Chiesa di San Lorenzo Martire a Pieve San Lorenzo: intervento di rinforzo della volta dell’abside, anno 1997.

Le chiese che hanno riportato i livelli di danno maggiori sono quelle di SS. Margherita e Giorgio a Gragnana e Sant’Andrea a Magliano.

I maggiori danni rilevati a Gragnana sono negli archi che scandiscono le campate della navata. Essi mostrano evidenti fessurazioni con in alcuni punti minaccia di crollo di elementi. I danni agli archi, per la maggior parte dovuti al meccanismo di risposta trasversale dell’aula, si ripercuotono anche sulle volte, le quali appaiono moderatamente fessurate. Una fessura emblematica appare poi nella parete esterna dell’abside: essa percorre verticalmente la linea di separazione tra il corpo della chiesa e quello annesso a posteriori a evidenziare lo scarso ammorsamento tra i due.

(38)

122

Figura 65. Chiesa di SS Margherita e Giorgio a Gragnana: lesioni sulle volte e gli archi della navata unica.

Figura 66. Chiesa di SS Margherita e Giorgio a Gragnana: particolare lesione su uno degli archi della navata.

La chiesa di Magliano presenta gli archi e le volte che scandiscono le campate tutti fessurati. La cupola dell’abside ha lesioni all’imposta che si ramificano verso l’alto diminuendo di spessore; in alcuni punti esiste il rischio di crollo di parti di intonaco. Anche i fronti del transetto sono lesionati, in particolare nella parte di collegamento della volta a botte che lo copre con la parete stessa. La zona più gravemente colpita insieme all’abside è quella della porta di ingresso, maggiormente danneggiato è il lato sinistro posizione opposta al campanile; la mancanza di una parte di muro strutturale della chiesa provoca infatti diversa rigidezza fra i due lati dell’aula.

(39)

123

Figura 67. Chiesa di Sant'Andrea a Magliano: lesione della volta del transetto.

Figura 68. Chiesa di Sant'Andrea a Magliano: lesioni diffuse sulla parete e volta in posizione opposta al campanile.

L’indice di danno da solo fornisce una valutazione generale dello stato dell’edificio senza informazioni specifiche su dove esso è concentrato e la gravità

(40)

124

dello stesso. Per questo motivo è opportuno studiare la distribuzione del danno sui vari meccanismi, individuare quelli più attivati e di questi, quelli che hanno riportato danni maggiori.

0% 20% 40% 60% 80% 100% M1 M2 M3 M4 M5 M6 M7

Percentuale di attivazione Danno 1 Danno 2 Danno 3 Danno 4 Danno 5

0% 20% 40% 60% 80% 100% M8 M9 M10 M11 M12 M13 M14

Percentuale di attivazione Danno 1 Danno 2 Danno 3 Danno 4 Danno 5

0% 20% 40% 60% 80% 100% M15 M16 M17 M18 M19 M20 M21

(41)

125

Figura 69. Distribuzione percentuale del livello di danno sui vari meccanismi: M1_Ribaltamento della facciata, M2_Meccanismi della sommità della facciata, M3_Meccanismi del piano della facciata, M4_Protiro-Nartece, M5_Risposta trasversale dell’aula, M6_Meccanismi di taglio nelle pareti laterali, M7_Risposta longitudinale del colonnato, M8_Volte della navata centrale, M9_Volte delle navate laterali, M10_Ribaltamento delle pareti di estremità del transetto, M11_Meccanismi di taglio delle pareti del transetto, M12_Volte del transetto, M13_Archi trionfali, M14_Cupola-tamburo, M15_Lanterna, M16_Ribaltamento dell’abside, M17_Meccanismi di taglio nel presbiterio e nell’abside, M18_Volte del presbiterio o dell’abside, M19_Copertura pareti laterali aula, M20_Copertura transetto, M21_Copertura abside o presbiterio, M22_Ribaltamento cappelle, M23_Taglio nelle pareti delle cappelle, M24_Volte nelle cappelle, M25_Interazioni in prossimità di irregolarità plano altimetriche, M26_Aggetti, M27_Torre campanaria, M28_Cella campanaria.

La distribuzione del danno testimonia che le problematiche maggiori si sono riscontrate nelle volte, negli archi e nelle cupole, parti della chiesa rinomate per essere particolarmente sensibili alle scosse sismiche: i meccanismi relativi a questi elementi presentano una distribuzione dei giudizi di danno variabile tra medio a medio-grave; questi meccanismi non sono gli unici ad essersi attivati, altre parti delle chiese hanno subito il sisma seppur in modo più lieve e meno diffuso.

I meccanismi di ribaltamento e di taglio della facciata si sono attivati più o meno su metà del campione con livelli di danno medio lieve, mentre quello riguardante la sommità risulta quasi mai attivato e nell’unico caso in cui lo è il danno arrecato è leggero. Le pareti dell’aula, del transetto e dell’abside hanno subito il meccanismo di taglio riportando un danneggiamento medio-lieve con punte di medio-grave. I danni riscontrati sui campanili sono minimi, pochi sono i casi i cui i meccanismi relativi a questo macroelemento si sono attivati e comunque quando è successo con livelli di danno lieve. Il meccanismo di interazione in prossimità di irregolarità planoaltimetriche si è attivato in quasi tutto il campione provocando danni lievi. 0% 20% 40% 60% 80% 100% M22 M23 M24 M25 M26 M27 M28

(42)

126

7.5.2

Vulnerabilità e sicurezza

Il calcolo degli indici di vulnerabilità e sicurezza SLV ha confermato la situazione riscontrata a livello di danneggiamento subito dalle chiese. I dati ottenuti dalla vulnerabilità presentano un riscontro diretto con la sicurezza, eventuali lievi discordanze sono dovute ad un fattore influenzante la seconda detto di “importanza dell’edificio”; esso dipende infatti dalla rilevanza del fabbricato e dalla frequenza di uso dello stesso.

Esempio lampante di questo fatto sono San Simone e Giuda a Castagnola, e San Bartolomeo a Sillano: le chiese hanno indice di vulnerabilità uguale,

' ()*+),-./) = 0,361, ' 01//)-. = 0,361 ma, mentre la prima presenta un livello

di sicurezza maggiore di 1, la seconda ha * 01//)-. = 0,925. La differenziazione

sta nel fattore di importanza della chiesa: a parità di rilevanza architettonica, la chiesa di Sillano dovrebbe accogliere il triplo dei fedeli di quella di Castagnola, viene utilizzata molto più frequentemente e con un affollamento maggiore. Si riconferma quindi la distinzione tra la vulnerabilità, che dipende solo dalle caratteristiche del fabbricato, e la sicurezza che tiene conto della precedente, dell’esposizione e del rischio.

L’indice di sicurezza è stato calcolato agli stati limite di vita e danno e in relazione all’accelerazione massima misurata durante lo sciame sismico di giugno-luglio 2013. L’indice di sicurezza SLV: * = 034 51 ∙ 6 ∙ , L’indice di sicurezza SLD: * = 037 51 ∙ 6 ∙ , Con: , 034 = 2,25 ⁄8 e , 037= 1 ⁄8

L’indice di sicurezza relativo allo sciame sismico:

* =

034 51∙ 6 ∙ :;<

(43)

127

Con :;< = 1,56 ⁄8 calcolata come somma vettoriale tra la componente verticale e la massima orizzontale registrata nella stazione sismica di Fivizzano in data 21 giugno 2013 (=>?@ = 1,11 ⁄8 e =>?A = 1,09 ⁄8 ).

Figura 70. Istogramma di confronto tra l’indice di sicurezza allo SLV, all'SLD e dell’evento. Legenda: 1_SS Margherita e Giorgio, Gragnana; 2_Santa Maria Assunta, Agliano; 3_Sant’Andrea, Magliano; 4_SS Anastasio e Vincenzo, San Anastasio; 5_San Giovanni Battista, Livignano; 6_San Bartolomeo, Sillano; 7_San Nicola da Bari, Metra; 8_San Giovanni Battista, Orzaglia; 9_San Giacomo, Pugliano; 10_Sant’Antonino Martire, Varliano; 11_SS Donnino e Biagio, San Donnino; 12_SS Pietro e Paolo, Careggine; 13_San Michele Arcangelo, San Michele; 14_SS Simone e Giuda, Castagnola; 15_San Lorenzo Martire, Pieve San Lorenzo; 16_San Nicola da Bari, Sillicano.

Le chiese analizzate presentano un indice di sicurezza all’SLV che varia in un range tra 0,6 e 1,4. Gli edifici possono essere divisi in due gruppi secondo i loro indici di sicurezza. Il primo è costituito da tre strutture con * > 1, esse sono in

grado di sopportare le scosse sismiche previste nell’area in cui sorgono; testimonianza di ciò sono i danni nulli o minimi subiti. Il secondo gruppo comprende invece quelli con * < 1: la lettura dei dati permette di prevedere che

queste chiese siano in grado di superare un evento sismico di massima intensità per la zona riscontrando un livello di danno inversamente proporzionale alla sicurezza. L’indice di sicurezza fornisce le basi per la redazione di una graduatoria delle chiese che maggiormente necessitano di interventi di miglioramento sismico; si riesce così velocemente ad individuare le situazioni più critiche per porvi rimedio prima dell’insorgenza di un nuovo sisma.

0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

(44)

128

L’indice di sicurezza allo stato limite di danno rimane per tutte le chiese del campione, inferiore a 1, nello specifico varia da un minimo di 0,361 a Gragnana ad un massimo di 0,775 a Sillicano. Ciò testimonia il fatto che la sicurezza allo stato limite di danno in questa tipologia di edifici è difficile da soddisfare.

L’accelerazione di picco al suolo provocata dalla scossa di massima intensità dello sciame sismico di giugno 2013, C'C-+. = 1,56 ⁄8 , rientra nel range della zona sismica cui appartiene, 034 < 2,25 ⁄8 ; il sisma occorso presenta un tempo di ritorno di circa duecento anni, l’intensità e il livello di danno atteso sono lontani dai massimi potenziali della zona. Il livello di sicurezza, rapportato allo stato limite di salvaguardia della vita, degli edifici del campione è in generale alto per accelerazioni di questa misura infatti nessuno ha riportato crolli ma solo lesioni evidenti. L’accelerazione massima misurata è maggiore di quella limite allo SLD, valore che giustifica i quadri fessurativi La causa di ciò è da ricercarsi nel fenomeno fisico in sé. I fabbricati subiscono un degrado progressivo a causa del continuo succedersi delle scosse: lesioni aperte dalla prima scossa si sono sviluppate ulteriormente al presentarsi delle altre creando un quadro fessurativo più grave rispetto a quello che ci sarebbe stato con un evento singolo. Anche le scosse di assestamento, seppure di piccola intensità, causano il progredire del danneggiamento. Le fotografie riportate sotto sono state scattate in seguito ai due eventi sismici significativi dell’anno 2013: esse mostrano come il primo sciame abbia innescato alcuni meccanismi di danno tramite l’apertura di alcune fessure e il secondo abbia aggravato la situazione.

(45)

129

Figura 71. Chiesa di Sant’Andrea a Magliano: lesioni della volta dell'abside in seguito alle scosse di gennaio 2013.

Figura 72. Chiesa di Sant’Andrea a Magliano: lesioni della volta dell'abside in seguito alle scosse di giugno-luglio 2013.

(46)

130

7.5.3

Confronto tra diverse zone sismiche

Per meglio comprendere il rapporto tra vulnerabilità e sicurezza dei fabbricati il metodo di schedatura e calcolo degli indici è stato applicato anche a quattro chiese appartenenti alla zona sismica 3. È opportuno puntualizzare che l’intero territorio della Garfagnana appartiene alla zona 2, è stato quindi necessario attingere a aree geografiche vicine per selezionare edifici giacenti in zona 3. I valori calcolati sono stati messi a confronto con quelli ottenuti per le sei chiese agibili del campione garfagnino.

Chiesa D D

Chiesa di San Giovanni Battista, Orzaglia,

S Romano di Garfagnana 0,474 0,87 0,503

Chiesa SS Pietro e Paolo, Careggine 0,333 0,925 0,535 Chiesa di San Michele Arcangelo,

San Michele, Piazza al Serchio 0,436 0,94 0,543

Chiesa di SS Simone e Giuda, Castagnola,

Minucciano 0,361 1,05 0,607

Chiesa di San Lorenzo Martire, Pieve

San Lorenzo, Minucciano 0,318 1,146 0,662

Chiesa di SS Pietro e Paolo Apostoli,

Pescaglia 0,43 1,167 0,733

Chiesa di San Lorenzo Martire, Segromigno

in Monte, Capannori 0,428 1,172 0,736

Chiesa di San Lorenzo Martire, Cappella,

Lucca 0,495 1,278 0,741

Chiesa di S Nicola da bari, Sillicano,

Camporgiano 0,35 1,342 0,775

Chiesa di Santa Elisabetta, Celle, Pescaglia 0,428 1,465 0,802 Chiesa di San Lorenzo Martire, Cappella,

Lucca 0,463 1,678 0,843

Figura 73. Tabella dei valori degli indici di vulnerabilità, e sicurezza delle chiese agibili del campione dell’Alta Garfagnana (zona 2) e di quattro e edifici di culto della Diocesi di Lucca site in (zona 3).

La vulnerabilità registrata nei campioni scelti varia da un minimo di 0,3 ad un massimo di 0,5, un range limitato che fa riconoscere problematiche sismiche comuni e prevedere un comportamento simile in caso di sisma di pari intensità. In realtà, per effettuare una previsione corretta del rischio di una certa struttura è necessario riferirsi agli indici di sicurezza che mettono in relazione la vulnerabilità con l’esposizione e la pericolosità sismica.

(47)

131

Figura 74. Diagramma di confronto tra l’indice di sicurezza allo SLV, all'SLD e l’indice di vulnerabilità di cinque chiese site in zona 3 e sei in zona 2. Legenda: 1_San Giovanni Battista, Orzaglia; 2_SS Pietro e Paolo, Careggine; 3_San Michele Arcangelo, San Michele; 4_SS Simone e Giuda, Castagnola; 5_San Lorenzo Martire, Pieve San Lorenzo; 6_San Nicola da Bari, Sillicano; 7_SS Pietro e Paolo Apostoli, Pescaglia 8_San Lorenzo Martire, Segromigno in Monte; 9_San Martino, Collodi Castello; 10_Santa Elisabetta, Celle; 11_San Lorenzo Martire, Cappella.

Come appare evidente dal grafico soprastante a parità di indice di vulnerabilità del gruppo di chiese rilevate, gli indici di sicurezza variano notevolmente in base alla zona su cui sorgono gli edifici in quanto varia l’accelerazione di picco massima cui devono resistere.

Prendiamo come esempio le chiese agli estremi del grafico San Giovanni Battista a Orzaglia, zona 2, e San Lorenzo Martire a Cappella, zona 3: l’indice di vulnerabilità delle due strutture è simile, ' EFG),/1) = 0,474 contro ' ()IIC//) = 0,463, mentre i dati sulla sicurezza nettamente differenti * 034 EFG),/1)= 0,87

contro * 034 ()IIC//) = 1,678. 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

indice sicurezza SLV indice di sicurezza SLD indice di vulnerabilità zona 3 zona 2

(48)

132

7.5.4

Correlazione

,

'

*

L’affidabilità del metodo di stima della vulnerabilità sismica delle chiese tramite i tre indici è dimostrata nei grafici riportati sotto, in cui l’indice di danno viene messo in relazione con quello di vulnerabilità, con quello di sicurezza SLV e con quello relativo all’accelerazione massima dell’evento sismico occorso.

Figura 75. Proporzionalità diretta tra indice di danno e di vulnerabilità. Legenda: 1_SS Margherita e Giorgio, Gragnana; 2_Santa Maria Assunta, Agliano; 3_Sant’Andrea, Magliano; 4_SS Anastasio e Vincenzo, San Anastasio; 5_San Giovanni Battista, Livignano; 6_San Bartolomeo, Sillano; 7_San Nicola da Bari, Metra; 8_San Giovanni Battista, Orzaglia; 9_San Giacomo, Pugliano; 10_Sant’Antonino Martire, Varliano; 11_SS Donnino e Biagio, San Donnino; 12_SS Pietro e Paolo, Careggine; 13_San Michele Arcangelo, San Michele; 14_SS Simone e Giuda, Castagnola; 15_San Lorenzo Martire, Pieve San Lorenzo; 16_San Nicola da Bari, Sillicano.

La proporzionalità tra i due valori è evidente, ad una vulnerabilità maggiore corrispondono dei danni più gravi. Osservazioni specifiche vanno fatte per casi di studio che si distaccano dalla linea di tendenza. In particolare le due chiese con indice di danno pari a zero corrispondono a due edifici romanici su cui sono stati eseguiti negli ultimi dieci anni lavori di ristrutturazione per miglioramento sismico, tra cui la sostituzione del tetto.

La chiesa di San Bartolomeo a Sillano presenta valori nettamente distaccati dalla linea di tendenza, nello specifico i danni riscontrati in fase di rilievo superano le aspettative. Il fabbricato è stato sottoposto a miglioramento sismico nel 1997, intervento che non ha avuto gli effetti sperati in quanto la chiesa è uscita lesionata

R² = 0,687 0,0 0,1 0,2 0,3 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 in d ic e d i d an n o indice di vulnerabilità 15 12 16 14 6 13 11 5 10 8 7 4 3 1 2 9

(49)

133

dalle scosse del 2013. L’indice di vulnerabilità è stato calcolato considerando efficaci i presidi adottati probabilmente sopravvalutando la resistenza della chiesa al sisma.

Altra fonte di imprecisione nei dati consiste nel fatto che l’accesso al sottotetto è limitato a quattro casi appartenenti al gruppo delle non agibili: nel comune di Giuncugnano Sant’Andrea a Magliano e San Antonino Martire a Varliano, e nel comune di Piazza al Serchio SS Anastasio e Vincenzo a S Anastasio, e SS Donnino e Biagio a S Donnino. Durante il sopralluogo la squadra di professionisti incaricata è riuscita infatti ad accedere e effettuare delle fotografie al sottotetto dalle quali è possibile risalire al funzionamento preciso della copertura e delle volte e al livello di ammorsamento di questi elementi con le murature verticali. Per tutte le altre chiese la scheda è stata compilata sulla base del poco visibile, quindi l’analisi relativa ai meccanismi della copertura risulta molto sommaria.

Figura 76. Proporzionalità inversa tra gli indici di danno e sicurezza SLV. Legenda: 1_SS Margherita e Giorgio, Gragnana; 2_Santa Maria Assunta, Agliano; 3_Sant’Andrea, Magliano; 4_SS Anastasio e Vincenzo, San Anastasio; 5_San Giovanni Battista, Livignano; 6_San Bartolomeo, Sillano; 7_San Nicola da Bari, Metra; 8_San Giovanni Battista, Orzaglia; 9_San Giacomo, Pugliano; 10_Sant’Antonino Martire, Varliano; 11_SS Donnino e Biagio, San Donnino; 12_SS Pietro e Paolo, Careggine; 13_San Michele Arcangelo, San Michele; 14_SS Simone e Giuda, Castagnola; 15_San Lorenzo Martire, Pieve San Lorenzo; 16_San Nicola da Bari, Sillicano.

I grafici mettono in relazione l’indice di danno rispettivamente con quello di sicurezza SLV o di sicurezza relativo all’evento. In entrambi i casi la proporzionalità inversa è alquanto evidente anche se i dati risultano non

R² = 0,802 0,0 0,1 0,2 0,3 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 in d ic e d i d an n o indice di sicurezza SLV 1 2 3 4 5 6 7 8 10 9 11 13 12 14 15 16

(50)

134

perfettamente concentrati lungo la linea di tendenza. Il motivo principale di ciò, oltre alle imprecisioni relative alle difficili condizioni di raccolta delle informazioni, sta nella diversa classe di importanza cui appartengono le chiese oggetto di studio. Un analisi dello stesso tipo su edifici con la stessa frequenza d’uso e rilevanza architettonica avrebbe fruttato dati più coerenti, ma in questa sede non è possibile dato il numero esiguo di campioni con la stessa combinazione di caratteristiche.

La differenza tra i due diagrammi sta nello slittamento del secondo verso valori di ascissa più elevati.

Figura 77. Proporzionalità inversa tra gli indici di danno e sicurezza rispetto all’evento. Legenda: 1_SS Margherita e Giorgio, Gragnana; 2_Santa Maria Assunta, Agliano; 3_Sant’Andrea, Magliano; 4_SS Anastasio e Vincenzo, San Anastasio; 5_San Giovanni Battista, Livignano; 6_San Bartolomeo, Sillano; 7_San Nicola da Bari, Metra; 8_San Giovanni Battista, Orzaglia; 9_San Giacomo, Pugliano; 10_Sant’Antonino Martire, Varliano; 11_SS Donnino e Biagio, San Donnino; 12_SS Pietro e Paolo, Careggine; 13_San Michele Arcangelo, San Michele; 14_SS Simone e Giuda, Castagnola; 15_San Lorenzo Martire, Pieve San Lorenzo; 16_San Nicola da Bari, Sillicano.

R² = 0,814 0,0 0,1 0,2 0,3 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2,0 in d ic e d i d an n o

indice di sicurezza evento

1 3 2 4 5 6 9 10 7 8 1113 12 14 15 16

Riferimenti

Documenti correlati

5.3.4 Modello di valutazione della sicurezza sismica per le chiese LV1 ... Test della

mento del fabbricato, si è ritenuto opportuno eseguire delle analisi su modelli locali dove, scomponendo il fabbricato in esame in una serie di sottostrutture, sono stati

Analisi di vulnerabilità sismica del Nuovo Palazzo Pretorio a Suvereto (LI)

lisi di vulnerabilità sismica di un edificio industriale in cemento prefabbricato sito nel comune di Correggio (RE). Candidata

In particolare è stata effettuata una estesa sperimentazione di metodologie per la valutazione del rischio sismico e per la protezione sismica del patrimonio pubblico e

Dalle curve appena mostrate si nota che all’aumentare della luce c’è una vulnerabilità maggiore. Questo è un risultato inaspettato poiché in tutti gli studi di

Dunque anche a livello socio-culturale si comprende come la comunità locale risenta in modo importante degli effetti dello sviluppo del turismo, in cui spesso gli aspetti

Infine, sulla base delle relazioni effettuate tra alcune variabili e diversamente da quanto riscontrato in uno studio svolto in Spagna sull’efficacia dei Social Network come