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Academic year: 2021

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(1)CAPITOLO 1 BIOMASSE La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2001/77/CE del 27 settembre 2001 “sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità” definisce con il termine biomassa “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani” [1] . Le biomasse derivano direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana. Mediante questo processo, le piante assorbono dall’ambiente circostante anidride carbonica (CO2) e acqua, le quali sono trasformate, con l’apporto dell’energia solare e di sostanze nutrienti presenti nel terreno, in materiale organico utile alla crescita della biomassa stessa. Quella che segue è la generica reazione di fotosintesi [2] :  

(2)  .   2          La formula   rappresenta un composto che può essere ossidato, mentre   è la formula generale per i carboidrati incorporati dalla pianta durante la sua crescita. Nella maggior parte degli organismi capaci di fotosintesi (vale a dire alghe e piante verdi)   è l’acqua ( ) mentre  è l’ossigeno (). La biomassa è una fonte energetica primaria di tipo rinnovabile, ed essendo ampiamente disponibile ovunque va considerata anche una risorsa locale, con i vantaggi che ne conseguono in termini di approvvigionamento e trasporto. L’utilizzazione delle biomasse per fini energetici non contribuisce inoltre ad aggravare il fenomeno in atto dell’effetto serra, poiché la quantità di anidride carbonica rilasciata durante la decomposizione, sia che essa avvenga naturalmente sia che avvenga a seguito.

(3) di processi di conversione energetica (anche se attraverso la combustione), è equivalente a quella assorbita durante la crescita della biomassa stessa. Quindi, se le biomasse impiegate sono rimpiazzate con nuove biomasse, non vi è alcun contributo netto all’aumento del livello di CO2 nell’atmosfera.. Figura 1.1 – Ciclo biologico delle biomasse [3]. TIPOLOGIE E PROPRIETA’ I ricercatori classificano i tipi di biomassa in differenti modi; un semplice metodo è definirne 4 principali tipi [2] : •. Piante legnose. •. Piante erbacee/erbe. •. Piante acquatiche. •. Concimi. La biomassa è caratterizzata da un buon numero di proprietà. Esse sono determinanti sia per la scelta del processo di conversione sia per l’individuazione delle difficoltà che possono insorgere durante il processo stesso. In seguito si riportano le più significative proprietà di cui tener conto quando si vogliano realizzare processi di trasformazione in energia [2] :. 2.

(4) . Contenuto di umidità (sia intrinseco che estrinseco). . Potere calorifico. . Proporzione tra carbonio fisso e sostanze volatili. . Contenuto di polveri e residui. . Contenuto di metalli alcalini. . Rapporto tra cellulosa e lignina. Negli ultimi 15 anni si è registrato un rinato interesse per l’utilizzo delle biomasse per fini energetici; ciò è dovuto a molteplici motivi che cercheremo di riassumere [2] . In primo luogo lo sviluppo tecnologico, sia dei processi di conversione che dei metodi di coltivazione della biomassa, ha permesso una sensibile riduzione dei costi da sostenere unitamente ad un miglioramento della resa produttiva. Un secondo vettore che ne ha favorito la diffusione specie negli Stati Uniti ed nell’Europa occidentale, è stato l’elevato surplus alimentare prodotto. Ciò ha di fatto spinto verso la diffusione di coltivazioni non alimentari, maggiormente ricche da un punto di vista energetico, e quindi più adatte per i processi di trasformazione. Infine la crescente attenzione dell’opinione pubblica alle problematiche ambientali, in particolare l’effetto serra, ha indirizzato le istituzioni verso la ricerca di processi con minori emissioni inquinanti di CO2.. BIOCOMBUSTIBILI I biocombustibili sono idrocarburi ottenuti dalla lavorazione di materie prime vegetali. Si trovano in forma liquida (etanolo e biodiesel) o gassosa (idrogeno e biogas). Quelli in forma gassosa non sono ancora diffusi poiché non possono essere usati dal parco auto in circolazione e necessitano di una specifica rete di distribuzione. Pertanto quelli più facilmente utilizzabili a breve periodo sono i soli biocombustibili in forma liquida. L’aspetto più interessante è che si tratta di prodotti rinnovabili, in quanto di origine agricola, e che quindi possiamo considerare come una particolare forma di utilizzo indiretto dell’energia solare.. 3.

(5) DIRETTIVA EUROPEA 2003/30/CE Nel maggio del 2003 il parlamento europeo ha adottato una direttiva il cui scopo era “la promozione dell'utilizzazione di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili in sostituzione di carburante diesel o di benzina nei trasporti in ciascuno Stato membro, al fine di contribuire al raggiungimento di obiettivi quali rispettare gli impegni in materia di cambiamenti climatici, contribuire alla sicurezza dell'approvvigionamento rispettando l'ambiente e promuovere le fonti di energia rinnovabili” [4] . In Italia questa direttiva è stata attuata con il decreto legislativo del 30 maggio 2005, n.128 che fissava quale obbiettivo, il raggiungimento di una quota di immissione in consumo di biocombustibili e altri combustibili rinnovabili, pari al 1% entro il 31 dicembre 2005 . Tale percentuale doveva aumentare nei 5 anni successivi, fino a raggiungere il 2,5% entro la fine del 2010. [5] CLASSIFICAZIONE DEI BIOCOMBUSTIBILI Oltre che in base allo stato fisico in cui si trovano, i biocombustibili possono essere suddivisi in base al materiale a partire dal quale sono prodotti e alla tecnologia di trasformazione utilizzata. •. Biocombustibili di prima generazione: sono i combustibili ottenuti da coltivazioni alimentari specifiche (mais, canna da zucchero, soia, girasole, etc.). La particolarità di questi processi è quella di utilizzare solo una parte della biomassa (oli, zuccheri e amidi). Ne fanno parte il bioetanolo prodotto per fermentazione e il biodiesel ottenuto con la transesterificazione.. •. Biocombustibili di seconda generazione: sono detti ligno-cellulosici poiché non utilizzano solamente la parte oleosa o quella zuccherina della biomassa bensì sono in grado di trasformare anche la parte più dura. Non richiedono quindi una specifica coltura e possono trattare residui agricoli e forestali altrimenti inutilizzati. Fanno parte di questa classe i combustibili ottenuti tramite pirolisi, gassificazione,. digestione. aerobica,. Fischer-Tropsch. e. depolimerizzazione. catalitica. •. Biocombustibili di terza generazione: si tratta di una tipologia di combustibili ottenuti a partire da colture create in laboratorio, le quali permettano di 4.

(6) aumentare le rese produttive di processi convenzionali di trasformazione, modificando la struttura della biomassa coltivata (ad esempio riducendo la percentuale di parte lignea nella pianta o aumentando parte oleosa nei semi). •. Biocombustibili di quarta generazione: ne fanno parte i combustibili prodotti da microrganismi geneticamente modificati in grado di catturare anidride carbonica e trasformarla in biocombustibile pregiato. Lo sviluppo di questi microrganismi è tutt’ora in corso.. BIOETANOLO Il bioetanolo può essere prodotto da qualsiasi materia prima biologica che contenga una notevole quantità di zuccheri (come ad esempio barbabietola e canna da zucchero) o materiali che possano essere convertiti in zucchero, quali amido e cellulosa. Mais, grano e altri cereali contengono amido nei loro noccioli, che può essere convertito in zucchero in maniera abbastanza semplice. Allo stesso modo gli alberi e le piante erbacee sono costituiti principalmente di cellulosa, la cui trasformazione in zucchero è più laboriosa. L’etanolo è generalmente ottenuto dalla fermentazione di zuccheri tramite l’utilizzo di enzimi prodotti dal lievito; questi sono in grado di convertire le molecole di carboidrati a 6 atomi di carbonio (principalmente glucosio) in etanolo. Poiché l’amido è più facilmente riducibile in glucosio rispetto alla cellulosa, la maggior parte dell’etanolo prodotto nei paesi più sviluppati è ottenuto dalle coltivazioni di cereali ampiamente diffuse. Inoltre mentre gli enzimi che convertono l’amido in zucchero sono largamente disponibili, quelli necessari per operare con la cellulosa non lo sono. I principali passaggi di conversione da biomassa a etanolo sono riportati nella figura che segue.. 5.

(7) Figura 1.2 – Conversione della biomassa in bioetanolo [6]. La condizione principale per utilizzare l’alcool a 90° è quella di usarlo puro, senza cioè mescolarlo alla benzina, proprio perché l’alta percentuale di acqua va a stratificarsi nel serbatoio, il che porta ad un ingolfamento della carburazione. Con l’alcool etilico a 95° (o superiore) la quantità di acqua presente riesce a miscelarsi nella benzina, e questo mix può alimentare tranquillamente il motore senza modifica alcuna fino ad una certa percentuale di alcool (massimo 20% nella miscela alcol-benzina). In Brasile, il crescente prezzo del petrolio e la disponibilità di vastissime coltivazioni di canna da zucchero dalle quali ricavare bioetanolo, hanno incentivato la produzione di auto con motore appositamente progettato. Sebbene durante gli anni ’80 l’aumento del prezzo della canna da zucchero abbia rallentato la tendenza, il Brasile è ancora il maggior produttore e utilizzatore di bioetanolo, con 14 miliardi di litri (30% del consumo nazionale di carburanti) e le vetture flex-fuel (a benzina-etanolo) vendute nei primi mesi del 2006 ammontano a 1.300.000 (80% di tutte le auto) [7] . In questa classifica, seguono Stati Uniti con 12 miliardi (2% del consumo nazionale di carburanti), Cina con 3 miliardi ed Europa con 600 milioni [7] . In Europa, i Paesi leader in termini di produzione di bioetanolo sono. 6.

(8) Francia (2.500.000 hl), Spagna (3.000.000 hl) e Svezia (580.000 hl), seguiti di Germania e Regno Unito [7]. BIODIESEL Il biodiesel può essere suddiviso in due principali categorie; a seconda del tipo di processo tramite il quale lo si produce si parla di prima o seconda generazione. Chimicamente il biodiesel di prima generazione è una miscela di esteri metilici di acidi grassi (FAME: fatty acid methyl ester). Esso è ottenuto principalmente dalla reazione di transesterificazione di trigliceridi (i principali costituenti di oli e grassi), con metanolo e in presenza di un opportuno catalizzatore. La reazione produce significativi sottoprodotti quali mangimi per animali e glicerolo; quest’ultimo, dopo la raffinazione, può essere venduto alle industrie farmaceutiche e cosmetiche. La produzione industriale del biodiesel avviene per via chimica, mediante catalizzatori alcalini (KOH, NaOH o CH3ONa). La materia prima per la reazione è costituita in genere da: •. oli vegetali ricavati da semi quali colza, girasole, soia, palma, etc.. •. oli alimentari utilizzati per friggere. •. grasso animale come sego di manzo, grasso di pollame, strutto di maiale, etc.. Al contrario del bioetanolo, il biodiesel è principalmente un prodotto europeo: primo produttore è la Germania, seguono Francia e Italia. E’ stato stimato che nel 1999 fossero in esercizio una novantina di impianti, per una produzione mondiale di circa 1,3 miliardi di litri di biocarburante [7] . Il biodiesel di prima generazione non può essere utilizzato direttamente nei motori disponibili sulle nostre vetture, in quanto richiede apposite soluzioni tecnologiche da apportare al motore: tuttavia, se miscelato con gasolio convenzionale, anche in percentuali molto elevate (fino al 20%), il suo impiego non comporta particolari difficoltà ai motori diesel attuali.. 7.

(9) Figura 1.3 – Reazione di transesterificazione [8]. Questa limitazione ha spinto l’attenzione allo sviluppo delle tecnologie del biodiesel di seconda generazione, che avendo maggiore affinità chimico – fisica con il diesel fossile, può essere utilizzato tal quale nel motore diesel. Lo si può produrre sia per mezzo di una sintesi Fischer-Tropsch (BG-FT) sia attraverso la depolimerizzazione catalitica (CDP); di quest’ultima ci occuperemo nel capitolo successivo.. Il processo di trasformazione via Fischer-Tropsch è composto da più fasi distinte. La biomassa disponibile non viene solitamente usata direttamente nel processo, ma viene sottoposta ad alcuni trattamenti preliminari allo scopo di [9] : •. Diminuire il contenuto di umidità al di sotto del 10-15% (fase di essiccatura). •. Ridurre le dimensioni delle particelle intorno ai 20-80 mm (fase di frazionamento). Successivamente la biomassa è sottoposta a gassificazione. Tale processo avviene ad elevate temperature, comprese tra 700 e 1500 °C [10] a seconda del tipo di materia prima. Il gas che si ottiene è composto per la maggior parte da idrogeno (H2) e monossido di 8.

(10) carbonio (CO), ma sono tuttavia presenti minime quantità di metano (CH4) anidride carbonica (CO2) e vapor d’acqua (H2O). Le principali reazioni che avvengono nel gassificatore sono riportate di seguito [9] : .     . Partial oxidation.     . Complete oxidation.        . Water gas reaction.        . Water gas shift reaction.   3     . Methane formation. . Esistono diversi tipi di gassificazione a seconda del tipo di agente gassificante (il più impiegato comunemente è aria, ma si possono utilizzare anche ossigeno o vapor d’acqua) e del tipo di reattore utilizzato (a letto fisso o a letto fluido). Per poter essere impiegato nella sintesi Fischer-Tropsch vera e propria, il syngas deve essere ulteriormente trattato per eliminare tar, particolato e altre sostanze che avvelenerebbero il catalizzatore del processo FT; vengono in genere rimosse anche le sostanze inerti, quali CO2 e H20. Il gas può finalmente essere adoperato nel processo Fischer-Tropsch, che consiste in una riduzione del monossido di carbonio (CO) per mezzo di idrogeno (H2); la reazione avviene in presenza di opportuni catalizzatori a base di cobalto, ferro, rutenio o nichel. Questo processo, la cui scoperta fu realizzata dai chimici tedeschi Franz Fischer e Hans Tropsch tra il 1920 e il 1930. [11]. , avviene ad una temperatura compresa tra 200-300 °C con una. pressione che varia tra 25-40 bar [11] . Le reazioni di sintesi sono riportate di seguito [12] :   3     . methanation reaction. 2    . Boudouard reaction.   2      . chain build reaction. 9.

(11) Water gas shift reaction.        . Le prime due reazioni sono indesiderate, mentre la terza è quella che si vorrebbe realizzare; ciò avviene in maniera più favorevole se si utilizza un catalizzatore a base di cobalto. Se invece se ne adopera uno a base di ferro interviene maggiormente anche la quarta reazione.. Figura 1.4 – Gassificazione e sintesi Fischer-Tropsch [12]. In coda al processo si trova una colonna di distillazione, il cui scopo è raccogliere separatamente i diversi tipi di idrocarburi ottenuti.. CONFRONTO TRA BIODIESEL E DIESEL FOSSILE Le proprietà chimico-fisiche del combustibile costituiscono un aspetto molto importante per il funzionamento del motore diesel. Appare quindi utile effettuare un confronto basato su tali caratteristiche tra il gasolio tradizionale e i diversi tipi di biodiesel: di prima generazione (prodotto tramite transesterificazione) o seconda generazione (ottenuto tramite BG-FT). Non analizziamo adesso il biodiesel derivato dal processo di depolimerizzazione catalitica poiché ce ne occuperemo nel secondo capitolo.  Massa volumica a 15°C [kg/m3]: è un controllo fondamentale ai fini fiscali per la conversione da massa a volume, e inoltre influenza il comportamento degli iniettori. Per il gasolio fossile il suo valore varia tra 820-845 kg/m3 , mentre per il 10.

(12) biodiesel di prima generazione tra 860-900 kg/m3 [13] . Il biodiesel ottenuto tramite Fischer-Tropsch presenta valori molto più bassi rispetto ai precedenti; vale all’incirca 780 kg/m3 [10] .  Viscosità cinematica a 40°C [mm2/s]: è la resistenza che le particelle di un corpo incontrano nello scorrere le une rispetto alle altre. Se troppo elevata è causa di notevoli problemi al motore, poiché occorre aumentare le portate e la pressione massima agli iniettori. Il suo valore è maggiore al crescere del contenuto di acidi grassi saturi e della lunghezza delle loro catene. La viscosità cinematica varia tra 2,0-4,5 mm2/s nel caso di gasolio, mentre se utilizziamo biodiesel di prima generazione il range è 3,5-5,0 mm2/s. [13]. . Per l’ FT-diesel siamo in possesso solo. del dato alla temperatura 20°C, pari a 3,57 mm2/s [10] ; poiché trattiamo un liquido, il valore della viscosità cinematica alla temperatura di 40°C sarà minore e quindi non lontano da quello del gasolio tradizionale.  Punto di infiammabilità o flash point [°C]: è la minima temperatura alla quale i vapori di un combustibile si accendono in presenza di fiamma, misurata a pressione costante (di solito quella atmosferica). Se il valore di questo parametro è basso significa che sono presenti componenti volatili o facilmente infiammabili, il che comporta problemi in fase di stoccaggio, trasporto e manipolazione del combustibile. Quindi tanto maggiore è la temperatura di flash point di un combustibile, tanto sicuro ne è l’utilizzo. Il gasolio di origine fossile ha il punto di infiammabilità intorno 72 °C, mentre quello del biodiesel ottenuto per transesterificazione è maggiore, tra 155-180 °C. [13]. . Il biodiesel di seconda. generazione ha una temperatura di flash point pari a quella del gasolio (72°C) [10] .  Contenuto di zolfo [mg/kg]: la presenza di zolfo nel combustibile è la principale causa delle piogge acide, poiché esso prima si trasforma in SO3 all’interno della camera di combustione e successivamente in H2SO4 (acido solforico) non appena entra in contatto con l’umidità ambientale. La percentuale di zolfo nel gasolio destinato all’autotrazione deve essere inferiore allo 0,035% [13] , il che comporta la necessità di processi di pulizia del gasolio stesso (come ad esempio il lavaggio con idrogeno o stripping). Il biodiesel, sia esso di prima o seconda generazione, non contiene invece alcuna quantità di zolfo.. 11.

(13)  Residuo carbonioso [m/m]: è la tendenza del carburante a formare residui carboniosi su iniettori, fasce elastiche e camere di combustione dei motori diesel. Il valore massimo per il gasolio è intorno allo 0,15%, mentre il biodiesel raggiunge un valore doppio (0,30%) [13] .  Numero di cetano: permette di valutare il comportamento all’accensione, quindi influenza l’avviamento a freddo, la rumorosità e la combustione del motore. Maggiore è il suo valore, maggiore è la prontezza del combustibile all’accensione. Questo parametro è fondamentale nei motori diesel, nei quali non è in genere presente un dispositivo per l’innesco della scintilla bensì l’accensione avviene per compressione. Il numero di cetano nel caso di gasolio varia tra 40-55 mentre per il biodiesel di prima generazione assume valori tra 46-51. [13]. . Il biodiesel ottenuto. tramite BG-FT ha invece un numero di cetano molto più elevato rispetto ad entrambi (> 74) [10] .  Punto di intorbidimento o cloud point [°C]:indica la temperatura più bassa alla quale il combustibile può essere pompato nel sistema di alimentazione senza creare problemi, cioè prima che compaiano formazioni solide (cere). Se il valore del parametro è alto, possono presentarsi complicazioni nelle stagioni fredde proprio perché le cere che si formano possono intasare sia filtri che tubazioni. Per il gasolio il valor medio della temperatura di cloud point è di -17°C mentre nel caso di biodiesel è di -1°C [13] ; ciò rende necessario l’utilizzo di additivi che ne migliorino le caratteristiche alle basse temperature.  Punto di scorrimento o pour point [°C]: è la temperatura più alta alla quale il combustibile non passa più attraverso il filtro, oppure impiega troppo tempo per farlo. Il valore tipico per il gasolio è di -26°C mentre nel caso di biodiesel il valore medio si aggira intorno ai -6°C [13] .  Numero di iodio [g di I2 / 100g di prodotto]: indica il grado di insaturazione dell’olio e del metilestere (non varia con la raffinazione e l’esterificazione dell’olio grezzo). Come precisato altrove, il termine insaturo si riferisce alla presenza di doppi legami tra gli atomi di carbonio che non sono completamente saturati da atomi di idrogeno. I doppi legami sono meno stabili dei legami singoli e quindi possono andare incontro a reazioni con l’ossigeno (irrancidimento dell’olio) o con lo iodio. La presenza di doppi legami (numero di iodio alto) causa generalmente la 12.

(14) formazione di gomme. Il numero di iodio è più alto se si utilizza biodiesel (90-130 g di I2 / 100g) mentre è molto piccolo nel caso di gasolio tradizionale (8,6 g di I2 / 100g) [13] .  Potere calorifico inferiore [MJ/kg]: è l’energia che viene liberata durante il processo di combustione, distinguibile in “potere calorifico superiore (PCS)”, se si considera tutta l’energia prodotta dal combustibile, e “potere calorifico inferiore (PCI)”, se si esclude il calore prodotto dalla combustione e impiegato per l’evaporazione dell’acqua. Il biodiesel di prima generazione è caratterizzato da un potere calorifico più basso rispetto al gasolio, poiché in quest’ultimo il contenuto di ossigeno è minore. Tuttavia tale caratteristica rende possibile l’utilizzo di una minore quantità d’aria per la combustione di un uguale quantitativo di gasolio. Il potere calorifico inferiore del biodiesel di prima generazione varia tra 37-38 MJ/kg mentre per il gasolio si raggiungono i 42 MJ/kg [13] . Nel caso dell’FT-diesel il potere calorifico inferiore è maggiore; il suo valore sfiora quota 44 MJ/kg [10] .. 13.

(15) BIBLIOGRAFIA [1]. DIRETTIVA 2001/77/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, 27 settembre 2001 [2] Peter McKendry, “Energy production from biomass (part 1): overview of biomass”, 6 luglio 2001 [3] Luca Castellazzi, “Energia termica da biomasse: aspetti tecnici e ambientali”, Nuove forme di integrazione ambientale in agricoltura, Ancona, 25 marzo 2004 [4] DIRETTIVA 2003/30/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, 17 maggio 2003 [5] Decreto Legislativo 30 maggio 2005, n. 128, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12 luglio 2005 [6] International Energy Agency, “Biofuels for transport: An International perspective”, aprile 2004 [7] Adriano Sofo, “I biocombustibili: vantaggi, problematiche e reali possibilità di diffusione”, Università degli Studi della Basilicata [8] Andrea Salis, “Il biodiesel”, Università di Cagliari Dipartimento di Scienze Chimiche; Turismo, Ambiente, Energia; Oristano, 13 ottobre 2005 [9] Peter McKendry, Energy production from biomass (part 3): gasification technologies, 6 luglio 2001 [10] Krongkaew Laohalidanond, Jürgen Heil and Christain Wirtgen, “THE PRODUCTION OF SYNTHETIC DIESEL FROM BIOMASS”, Coking, Briquetting and Thermal Waste Treatment Group RWTH Aachen University, Germany, KMITL Sci. Tech. J. Vol. 6 No. 1 Jan. - Jun. 2006 [11] Henricus Adrianus Johannes van Dijk, “The Fischer-Tropsch synthesis: A mechanistic study using transient isotopic tracing”, marzo 2001 [12] Olav Andreas Opdal, “Production of synthetic biodiesel via Fischer-Tropsch synthesis: Biomass-To-Liquids in Namdalen (Norway)”, dicembre 2006 [13] Prof.Luigi Vannini, Ing.Maurizia Brunetti, “Proprietà chimico-fisiche a confronto”, Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie, Sezione di Economia e Politica Agrarie Università di Bologna, Il Divulgatore n° 7-8/2002. 14.

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