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8. ANALISI DEI MECCANISMI LOCALI

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Academic year: 2021

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8. ANALISI DEI MECCANISMI LOCALI

L’Analisi Cinematica (o dei Meccanismi di Collasso) è fondamentale per lo studio del comportamento sismico degli edifici in muratura esistenti; attraverso il calcolo dei moltiplicatori di collasso è possibile stimare la capacità antisismica dei singoli elementi strutturali e determinare l’eventuale necessità di consolidamento.

Con l’ipotesi di corpo rigido, viene studiata la stabilità sotto le azioni ribaltante di origine sismica contrastate dalle azioni stabilizzanti dovute ai carichi verticali ed ai presidi quali catene, tiranti, fasciature in fibre. Sono ignorati i parametri di elasticità e di resistenza; questi presupposti rendono univoci i risultati di quest’analisi, in quanto essa non è affetta dalle incertezze che gravano sui parametri di resistenza e di elasticità attribuibili alle murature. Lo studio dei meccanismi di collasso rientra quindi nella più generale applicazione dei concetti di statica grafica per lo studio dell’equilibrio dei solidi murari. Infatti la capacità sismica delle strutture murarie di fatto non dipende dalla resistenza a compressione della muratura e neppure dalle presunte proprietà elastiche: la stabilità è assicurata da curve di pressioni interne alla sagoma geometrica delle strutture; ove queste fuoriescono si formano cerniere di rotazione locale. Quando l’intensità dell’azione instabilizzante (ad esempio di origine sismica) aumenta, e le cerniere che si formano sono in numero sufficiente a produrre un cinematismo, si raggiunge il massimo valore sostenibile per l’azione in stabilizzante stessa. L’analisi cinematica, poiché verifica la stabilità della struttura nei confronti della formazione dei meccanismi di collasso locali, deve precedere ogni analisi globale che preveda un comportamento scatolare o comunque una collaborazione d’insieme di pareti murarie: qualunque analisi 3D o 2D che interpreti un comportamento statico collaborativo di un gruppo di pareti murarie, acquista significato solo se le singole parti sono in sé stabili. Diversamente, l’evento sismico potrebbe manifestare crolli rigidi anche in edifici teoricamente soddisfatti dal punto di vista globale.

Questi concetti sono stati accolti dalla Normativa Italiana:

- in prima istanza nei regolamenti di ricostruzione per il terremoto Umbria-Marche (Legge 61/98, in linea con il DM 16.1.1996);

- successivamente, con validità estesa all’intero territorio nazionale, nella revisione 2005 dell’OPCM 3274 (OPCM 3431/2005, nell’Allegato 11.C);

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relativa (§ C8.A.4), dove i contenuti introdotti con l’OPCM 3231/2005 sono stati ulteriormente sviluppati ed armonizzati con le nuove modalità di definizione dell’azione sismica.

8.1 Metodologia di analisi

Negli edifici esistenti in muratura, come hanno dimostrato anche gli eventi sismici piu recenti, i collassi piu frequenti sono determinati dalla formazione di cinematismi: porzioni murarie di dimensioni rilevanti si distaccano dalle strutture e ruotano come corpi rigidi; è tipico il ribaltamento delle parti superiori delle facciate verso l’esterno.

Durante la sollecitazione sismica, le azioni di tipo stabilizzante (pesi proprio e carichi verticali dei solai) si oppongono alle in stabilizzanti (azioni orizzontali di tipo sismico, proporzionali alle masse, cioè ai pesi). Quando a causa del sisma le azioni in stabilizzanti superano un certo valore, si forma il meccanismo di collasso.

Pertanto, la sicurezza strutturale può essere indagata studiando i cinematismi che possono formarsi nell’opera muraria e definendo per ognuno di essi il moltiplicatore di collasso, ossia l’entità dell’input sismico che lo attiva generando il ribaltamento.

Al moltiplicatore di collasso è legata l’accelerazione al suolo ag (§ C8.A.4). Con riferimento

ad uno stato limite di interesse (in generale, lo Stato Limite ultimo di salvaguardia della Vita SLV), attraverso le relazioni biunivoche che legano: accelerazione al suolo (o più esattamente: accelerazione di picco su suolo rigido) ag (=PGA), periodo di ritorno TR e

probabilità di superamento nella vita di riferimento PVR, determinata una di queste grandezze

restano definite le altre. In tal modo è possibile esprimere un indicatore di rischio (definito dal rapporto tra capacità e domanda) in termini di periodo di ritorno anche per i cinematismi, cosi come richiesto dai più recenti testi normativi.

Un’importante ipotesi riguarda la monoliticità delle pareti: ad una muratura che può disgregarsi non si può attribuire la qualifica di corpo rigido. D’altra parte si è notato che la presenza di carico verticale sulla parete, insieme ai collegamenti trasversali (diatoni) conferisce alla parete stessa il comportamento di tipo monolitico. La presenza di giaciture orizzontali, inoltre, assicura la regolarità geometrica nella formazione dei cinematismi.

Di fatto, l’analisi sismica condotta con metodi cinematici fornisce risultati idonei se la tessitura della parete è sufficientemente regolare e con buoni collegamenti trasversali.

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In pratica, volendo definire un ordine secondo cui le strutture di un fabbricato in muratura devono essere analizzate, è possibile identificare tre stadi progressivi.

Se la muratura è disgregata, caotica e con malta di scarsa qualità, è impossibile il comportamento a corpo rigido. Né l’analisi cinematica né (a maggior ragione) le analisi elastiche o ultraelastiche possono identificare un parametro di capacità antisismica. La struttura deve essere consolidata comunque, se non ricostruita: si tratta di uno stato di fatto a capacità teoricamente nulla.

Se la muratura è sufficientemente organizzata in modo da potersi comportare come corpo rigido, l’analisi cinematica studia i meccanismi locali di collasso e definisce la capacità antisismica dei singoli elementi strutturali costituenti il complesso del fabbricato.

Superati questi controlli, il complesso murario mostra un comportamento scatolare: a questo punto puo essere adeguatamente studiato con metodi elasto-plastici, quali le analisi pushover. Per elasticità si intende una fase de formativa iniziale reversibile; per plasticità una fase successiva caratterizzata da spostamenti permanenti. Il comportamento della muratura non è plastico nel senso tradizionale del termine: la struttura è un solido a geometria variabile con lo stato di sollecitazione. Incrementando l’azione orizzontale, lo scheletro resistente si modifica; si formano cerniere progressive per superamenti locali della scarsa o nulla resistenza a trazione ed infine si giunge ad una labilità (meccanismo di collasso complessivo dell’edificio, che di fatto costituisce lo stadio finale di un’analisi pushover: essa può essere vista come la ricerca, per via statica, del cinematismo d’insieme del fabbricato).

Per l’edificio esistente, l’analisi verrà svolta anzitutto sullo Stato Attuale (Stato di fatto). Gli interventi di miglioramento richiederanno poi il confronto fra lo Stato di Progetto e lo Stato Attuale, volto a quantificare l’entità del miglioramento conseguito.

Il moto della struttura si attiva quando l’input sismico raggiunge un’intensità sufficiente a generare la formazione di un cinematismo.

In particolare, viene trattata l’analisi cinematica lineare, che procede secondo i seguenti punti: 1. si sceglie un cinematismo e si descrive nei suoi termini parametrici;

2. si calcola il moltiplicatore di collasso e la corrispondente accelerazione di attivazione del meccanismo;

3. si esegue la verifica di sicurezza secondo NTC08, confrontando l’accelerazione al suolo che attiva il cinematismo con l’accelerazione sismica relativa al sito della costruzione (in

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termini di PGA; equivalentemente, il confronto può essere condotto in termini di TR fra

capacità e domanda); la verifica viene condotta allo stato limite ultimo (§ C8A.4.2.3 consente la trascurabilità della verifica allo stato limite di danno, che in effetti non appare significativo per strutture studiate con i metodi dell’analisi limite, metodi cioè tipici della rottura).

8.1.1 Accelerazione di attivazione del meccanismo

Si descrive l’impostazione tipica di un problema di analisi cinematica lineare; a titolo esemplificativo, viene fatto riferimento al ribaltamento di una parete monopiano.

Fig. 8.1 – Ribaltamento di parete monopiano.

Seguendo NTC08 (§ 3.2.4), i carichi da considerare in fase sismica sono i seguenti: - carico statico da solaio: P1 = G1+Ψ21Q1;

- spinta totale esercitata dal solaio (ad esempio, proveniente da una struttura voltata): Stot=SG1+ Ψ21SQ1;

dove Ψ21 è il coefficiente di combinazione quasi permanente Ψ2 per Q1 (§ 2.5.3).

La parete è stabilizzata dal tirante capace di esercitare il tiro T1.

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C in fig. 6.1; in tal caso per la posizione del polo di rotazione si suppone resistenza a compressione della muratura infinita). Il cinematismo viene quindi descritto dalla rotazione φ attorno alla cerniera C.

Si applica il Principio dei Lavori Virtuali (§ C8A.4.1):

che nel caso in esame, diventa:

α0(P1*φhS1+W1*φzG1)+(Stot*φhS1)-[P1*φ(s1-e1)+W1*φs1/2+T1*φhT1] = 0

semplificando in φ e con le seguenti posizioni la formula puo essere riscritta in un modo valido nella generalità dei casi:

α0*MomRib1 + MomRib2 – MomStab = 0 dove:

- MomRib1 = (P1*hS1+W1*zG1) è il coefficiente moltiplicativo di α0;

- MomRib2 = (Stot*hS1) è la parte del momento ribaltante dovuta alla spinta orizzontale,

indipendente da α0;

- MomStab = [P1*(s1-e1)+W1*s1/2+T1*hT1] è il momento stabilizzante.

Il moltiplicatore di collasso pertanto è uguale a:

Calcolato il moltiplicatore di collasso α0, si deve valutare il valore della massa partecipante al

cinematismo, espressa da § C8A.4.2.2:

che nel caso in esame diventa:

L’accelerazione di attivazione del meccanismo (o accelerazione sismica spettrale) è espressa da § C8A.4.4:

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Per l’esempio considerato:

e* = gM* / (P1+W1) FC è il fattore di confidenza.

Fino a questo punto non è stato utilizzato alcun dato sismico relativo al sito di ubicazione della struttura: il calcolo dell’accelerazione di attivazione del meccanismo non dipende dai dati sismici, ma soltanto dalla geometria e dai carichi applicati.

8.1.2 Capacità in termini di accelerazione. Gli indicatori di rischio

Per considerare l’entità del sisma nel sito in esame, si deve fissare il periodo di riferimento per l’azione sismica VR. A ogni località geografica individuata tramite le proprie coordinate poi sono univocamente collegate (con riferimento allo stato limite SLV):

- la probabilità dell’evento sismico: PVRDLV (%) (l’indice D indica la domanda, cioè la

richiesta sismica seconda Normativa; DLV è la domanda per SLV);

- la domanda in termini di periodo di ritorno: TRDLV = -VR/ (1-ln(1-PVR));

- la domanda in termini di accelerazione al suolo: PGADLV (=ag corrispondente a SLV).

Come già osservato, si fa riferimento allo stato limite di salvaguardia della vita (SLV). L’analisi cinematica, infatti, si presenta come analisi al collasso e le NTC08 esplicitano che, per gli edifici esistenti, è possibile studiare solo lo stato limite ultimo (§ C8A.4.2.3).

L’accelerazione a0* di attivazione del cinematismo deve essere confrontata con quella

richiesta nello SLV: a*.

a* deve essere calcolata in due modi possibili, considerando poi come valore di progetto quello massimo fra i due:

1. considerando il corpo rigido vincolato direttamente al terreno o con un corpo rigidamente collegato ad esso (a*Rig);

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2. considerando il corpo rigido in questione collegato al terreno tramite corpi deformabili (a*Def).

Pertanto:

a* = max [(a*Rig);(a*Def)]

dove:

- a*Rig = ag (PVR) S / q ; formulazione che si ricava immediatamente dallo spettro di progetto a

SLV ponendo T=0 (§ 3.2.3.2.1). In pratica il numeratore rappresenta l’accelerazione al suolo che tiene conto delle caratteristiche del sito; la divisione per q è relativa allo spettro allo stato limite ultimo (§ 3.2.3.5).

- a*Def = Se (T1) Ψ (Z) γ / q ; T1 è il periodo fondamentale di vibrazione dell’intera costruzione

nella direzione considerata; Se (T1) è lo spettro elastico definito in § 3.2.3.2.1 corrispondete a

SLV ed è proporzionale ad ag; Ψ (Z) è il primo modo di vibrazione nella direzione

considerata, posto pari a Z/H, essendo H l’altezza di tutto la costruzione rispetto alla fondazione e Z la quota del baricentro delle linee di vincolo tra i blocchi interessati dal meccanismo ed il resto della struttura; γ è il coefficiente di partecipazione modale, calcolabile con una relazione semplificata o con un’espressione più corretta qualora siano note le masse agenti alle diverse quote.

L’equazione a0*=a* che fornisce PGACLV è di tipo non lineare. Infatti, sia ag sia i parametri di

spettro F0 e TC* sono tabulati in funzione del periodo di ritorno, nel reticolo sismico fornito

dal DM 14.1.2008. Da essi dipendono inoltre i valori dei parametri S, TC, TB, TD.

Pertanto, l’unico modo esatto con cui procedere per determinare PGACLV è seguire una

procedura iterativa, fondata sul periodo di ritorno. Applicando il metodo di bisezione, ad ogni passo TR viene fatto variare fra i valori ammissibili, compresi fra 30 e 2475 anni; a TR

corrispondono univocamente i valori degli altri parametri, e si controlla se l’equazione a0*=a*

è soddisfatta: quando ciò accade, la ag corrispondente è la PGACLV cercata. A PGACLV

corrispondono il periodo di ritorno TRCLV e la probabilità PVRCLV.

La capacità PGACLV viene confrontata con l’accelerazione in input sismica al suolo relativa al

sito in esame PGADLV, definendo il coefficiente di sicurezza allo stato limite ultimo,

denominato Indicatore di Rischio Sismico IRS in termini di PGA:

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8.2 Analisi meccanismi locali del caso studio

Per il fabbricato oggetto di studio si sono analizzati alcuni meccanismi locali, considerati tra i più rilevanti e pericolosi per la struttura. L’analisi è stata condotta sempre con il software di calcolo Aedes PCM.

Una volta modellato l’edificio si genera il modello cinematico, ai fini dell’analisi dei meccanismi di collasso. Una volta ottenuto il modello cinematico è possibile creare i meccanismi desiderati, scegliendo le varie caratteristiche che il cinematismo in questione dovrà avere. È possibile cosi leggere immediatamente nell’interfaccia grafica le varie proprietà del cinematismo creato, quali:

- il volume dei corpi partecipanti coinvolti nel cinematismo in oggetto; - direzione sismica;

- numero di piani dei piani della struttura; - altezza della struttura dal piano di fondazione;

- quota del baricentro delle linee di vincolo tra i blocchi interessati dal meccanismo ed il resto della costruzione (nel caso di ribaltamento semplici, questo valore indica l’altezza alla quale è stato disegnato l’asse di ribaltamento);

- T1 primo periodo di vibrazione della struttura; se non diversamente specificato è calcolato

tramite la relazione semplificata proposta in normativa;

- γ coefficiente di partecipazione modale; se non diversamente specificato è calcolato tramite la relazione semplificata proposta in normativa;

- FC fattore di confidenza.

Nella scheda dei risultati è invece possibile leggere immediatamente le seguenti proprietà: - α0 moltiplicatore di collasso;

- M* massa partecipante;

Infine, nella scheda SLD ed SLV, vengono visualizzati i parametri necessari alle verifiche per gli stati limite richiesti:

- a1 accelerazione spettrale richiesta su sistema rigido (§ C8A.4.2.3);

- a2 accelerazione spettrale richiesta su suolo deformabile (§ C8A.4.2.3);

- a* massima accelerazione spettrale richiesta; - PGACLV capacità in termini di PGA;

- TRCLV capacità in termini di periodo di ritorno TR;

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- IRSPGA indicatore di rischio sismico in termini di PGA;

- IRSTR indicatore di rischio sismico in termini di tempi di ritorno TR.

Per creare il cinematismo bisogna selezionare i corpi interessati e definire la tipologia di cinematismo. Il corpo partecipante può essere un solido intero (parete) oppure una porzione derivante da un taglio dei muri condotto attraverso l’ausilio di linee poligonali o piani di taglio. I corpi partecipanti sono definiti con un colore giallo.

Infine si definisce il tipo di cinematismo desiderato tra le categorie proposte dal software.

Inizialmente si riporta il riassunto dei dati, creati con il report del software PCM, riguardanti l’azione sismica utilizzata necessaria per calcolare l’attivazione dei meccanismi di rottura locali.

Azione Sismica Struttura:

Vita Nominale VN (anni) = 50 Classe d'uso: III

Coefficiente d'uso CU = 1.5

Periodo di riferimento per l'azione sismica VR=VN*CU (anni) = 75 Pericolosita':

Ubicazione del sito:

Longitudine ED50 (gradi sessadecimali) = 10.316064 - Latitudine ED50 (gradi sessadecimali) = 43.560872 Tipo di interpolazione: media ponderata ([3] in All.A)

Valori dei parametri ag, Fo, TC* per i periodi di ritorno TR di riferimento

(dagli Studi di pericolosità sismica del sito di ubicazione dell'edificio [cfr.Tab.1 All.B al D.M.14.1.2008]):

| TR | a,g | Fo | TC* | |(anni)| (*g) | | (sec) | |---| | 30 | 0.034 | 2.579 | 0.211 | | 50 | 0.043 | 2.552 | 0.237 | | 72 | 0.052 | 2.528 | 0.250 | | 101 | 0.061 | 2.512 | 0.250 | | 140 | 0.071 | 2.473 | 0.260 | | 201 | 0.084 | 2.457 | 0.262 | | 475 | 0.119 | 2.436 | 0.270 | | 975 | 0.153 | 2.464 | 0.272 | | 2475 | 0.202 | 2.534 | 0.283 | ---

Per periodi di ritorno TR<30 anni [cfr. DPC-Reluis, CNR-ITC]: ag(TR) = k * TR^α, dove:

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Stati Limite:

PVR (%) Probabilita' di superamento nel periodo di riferimento VR per ciascun Stato Limite (Tab.3.2.I)

SLE: SLO 81

SLE: SLD 63

SLU: SLV 10

SLU: SLC 5

ag(g) Fo Tc*(sec) e altri parametri di spettro per i periodi di ritorno TR associati a ciascun Stato Limite [§3.2.3]

| Stato | TR | a,g | Fo | TC* | S | TB | TC | TD | | limite |(anni)| (*g) | | (sec) | | (sec) | (sec) | (sec) | |---| | SLO | 45 | 0.041 | 2.558 | 0.231 | 1.500 | 0.131 | 0.393 | 1.764 | | SLD | 75 | 0.053 | 2.526 | 0.250 | 1.500 | 0.138 | 0.415 | 1.812 | | SLV | 712 | 0.137 | 2.452 | 0.271 | 1.498 | 0.146 | 0.438 | 2.148 | | SLC | 1462 | 0.173 | 2.494 | 0.277 | 1.441 | 0.148 | 0.444 | 2.292 | --- Suolo:

Categoria di sottosuolo e Condizioni topografiche: Categoria di sottosuolo: C

Categoria topografica: T1

Rapporto quota sito / altezza rilievo topografico = 1 Coefficiente di amplificazione topografica ST = 1 PGA:

Definizione di PGA: Accelerazione al suolo (analoga ad: ag*S, dove: S=SS*ST)

Microzonazione:

Fattore di suolo SS da microzonazione sismica: no Componenti:

Spettro di risposta (componente orizzontale): SLE: Smorzamento viscoso (ξ) (%) = 5 η=[10/(5+ξ)]= 1

SLU: Fattore di struttura q per Analisi Cinematica = 2.0 [§C8A.4.2.3]

8.2.1 Ribaltamento

Parete Est

Di seguito si riporta la rappresentazione grafica del cinematismo creato. È stato considerato il ribaltamento semplice di tutta la parete, senza considerare gli eventuali ammorsamenti delle murature, della quale non si ha la certezza assoluta.

In colore giallo sono evidenziati i corpi interessati al cinematismo, mentre la freccia alla base, con una colorazione gialla scura, indica il verso dell’azione sismica; sempre in giallo scuro, alla base dell’edificio, è evidenziato l’asse di rotazione del cinematismo.

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Fig. 8.2 – Rappresentazione grafica del cinematismo attraverso l’uso di PCM.

In alto a sinistra, sono rapidamente riassunte le caratteristiche principali del cinematismo e della sua verifica:

 nome assegnato al cinematismo;  tipologia di cinematismo;

 valore del moltiplicatore di collasso calcolato;

 indicazioni sulla verifica allo SLV, con rispettivi rapporti tra PGA e TR.

Il meccanismo attualmente non è soddisfatto e le verifiche sembrano essere ben lontano dall’essere soddisfatte. Si dovrà quindi ipotizzare un intervento per eliminare tale meccanismo e soddisfare le verifiche richieste.

Parete Nord

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quindi la situazione più gravosa.

Fig. 8.3 – Rappresentazione grafica del cinematismo attraverso l’uso di PCM.

Anche questo cinematismo non risulta verificato e quindi sarà oggetto di studio per valutare possibili interventi che possano escludere una sua attivazione.

Ribaltamento composto parete Est

Il cinematismo di ribaltamento composto differisce da quello precedentemente descritto per il trascinamento di porzioni delle pareti trasversali a quelle ortogonali all’azione sismica. Questa conformazione è possibile se l’ammorsamento tra le pareti è ben realizzato ed efficace e se non ci sono presidi in sommità. Per schematizzare questo meccanismo è opportuno seguire alcune indicazioni per individuare delle possibili linee di fessurazione. Nel nostro caso non sono presenti lesioni o altre indicazioni che potrebbero far pensare a vie preferenziali di rottura; ci siamo quindi limitati a considerare l’influenza delle aperture nella formazione del

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cuneo: la linea critica viene deviata intercettando l’apertura.

Fig. 8.4 – Rappresentazione grafica del cinematismo attraverso l’uso di PCM.

Per la porzione di muratura coinvolta nel cinematismo scelto, la verifica non risulta soddisfatta.

8.2.2 Flessione verticale

Parete Est

Si valuta tale meccanismo poiché l’edificio risulta privo di qualsiasi elemento che possa favorire un comportamento scatolare (ad esempio cordoli o tiranti) e in tutti i piani i solai sono semplicemente appoggiati alla pareti. Per l’applicazione di tale meccanismo s’ipotizza che la parete in sommità sia maggiormente vincolata rispetto ai piani inferiori, rendendo possibile lo spanciamento delle pareti.

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le pareti devono ruotare; pertanto è stata definita una cerniera Inferiore (denominata con A) a livello del primo impalcato, una cerniera Superiore (denominata con B) e la posizione di un vincolo Carrello (denominato con C). La posizione della cerniera B è arretrata rispetto all’esterno della muratura, più precisamente l’asse di rotazione è posizionato lungo la parte interna della muratura; anche il vincolo del carrello è posizionato verso l’interno della pareti.

Fig. 8.5 – Rappresentazione grafica del cinematismo attraverso l’uso di PCM.

Con queste caratteristiche il meccanismo risulta verificato, ed anche con margine di sicurezza soddisfacente; pertanto non sarà necessario nessun intervento.

Parete Nord

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Fig. 8.6 – Rappresentazione grafica del cinematismo attraverso l’uso di PCM.

Anche in questo caso, il cinematismo soddisfa già le verifiche normative, anche se con un minor coefficiente di sicurezza rispetto alla parete Ovest. Per tale cinematismo dunque non sarà necessario alcun intervento.

8.2.3 Ribaltamento del cantonale

Questo cinematismo si manifesta con la rotazione dell’angolata dell’edificio attorno ad un punto alla base. Il meccanismo è favorito dalla presenza di puntoni spingenti in copertura e dall’assenza di presidi di trattenimento in sommità.

In assenza di indagini specifiche sulle caratteristiche meccaniche della muratura è stato ipotizzato un angolo critico di lesionamento ϕ della muratura, angolo tra la linea di distacco e la verticale, compreso tra 0° e 30°.

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condizioni di vincolo a livello dei solai.

Vista la facilità e la rapidità di verificare i cinematismi tramite il programma PCM, si sono ipotizzati due schemi di rottura, che coinvolgono dimensioni di muratura diverse.

Nel modello cinematico vengono automaticamente ereditati i carichi da solai presenti nel modello strutturale, ed applicati sulle aste. Purtroppo però il software non riporta la spinta del puntone sul cantonale. Essa è modellabile come una carico puntuale, con direzione e verso coincidenti con quelli della trave, e si può aggiungere tramite un apposito comando che permette di inserire carichi puntuali definiti dall’utente; essi vengono definiti tramite valori numerici da inserire per le tre direzioni X,Y e Z, mentre per il posizionamento è possibile avvalersi dell’interfaccia grafica.

Si riporta di seguito il calcolo effettuato per la definizione del carico puntuale da inserire per considerare la spinta del puntone.

α

β

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Fig. 8.7 – Rappresentazione dei componenti della spinta data dal puntone.

Ribaltamento cantonale: un piano coinvolto

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Ribaltamento cantonale: due piani coinvolti

Il meccanismo analizzato ruota intorno ad un punto che questa volta è posto alla base del primo impalcato; la geometria del cuneo di distacco questa volta è fortemente influenzata dalla presenza e dalla posizione delle aperture in prossimità dell’angolata.

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8.2.4 Sintesi risultati Stato Attuale

Livello di sicurezza inferiore all'Adeguamento sismico

Risultati dei cinematismi analizzati:

| n. | α0 |PGA,CLD | TR,CLD |(TR,CLD |PGA,CLV | TR,CLV |(TR,CLV | | | |/PGA,DLD| /TR,DLD| /TR,DLD)^0.41|/PGA,DLV| /TR,DLV| /TR,DLV)^0.41| |---| | 1 | 0.029 | 0.390 | 0.147 | 0.456 | 0.302 | 0.065 | 0.326 | | 2 | 0.033 | 0.440 | 0.187 | 0.503 | 0.336 | 0.081 | 0.357 | | 3 | 0.056 | 0.730 | 0.520 | 0.765 | 0.560 | 0.237 | 0.554 | | 4 | 0.186 | 1.987 | 4.600 | 1.870 | 1.369 | 3.476 | 1.667 | | 5 | 0.168 | 1.912 | 4.173 | 1.796 | 1.369 | 3.476 | 1.667 | | 6 | 0.159 | 1.509 | 2.373 | 1.425 | 1.165 | 1.711 | 1.246 | | 7 | 0.206 | 2.226 | 6.133 | 2.104 | 1.369 | 3.476 | 1.667 | ---

n. = numero consecutivo del cinematismo α0 = moltiplicatore di collasso

 PGA,CLD / PGA,DLD = I.R.S.PGA = indicatore di Rischio Sismico in termini di PGA per SLD

 TR,CLD / TR,DLD = I.R.S. TR = indicatore di Rischio Sismico in termini di periodo di ritorno TR per SLD

 (TR,CLD/TR,DLD)^0.41 = indicatore di Rischio Sismico in termini di TR per SLD, su scala comparata a PGA

 PGA,CLV / PGA,DLV = I.R.S.PGA = indicatore di Rischio Sismico in termini di PGA per SLV

 TR,CLV / TR,DLV = I.R.S. TR = indicatore di Rischio Sismico in termini di periodo di ritorno TR per SLV

 (TR,CLV/TR,DLV)^0.41 = indicatore di Rischio Sismico in termini di TR per SLV, su scala comparata a PGA

Secondo All.A al D.M.14.1.2008, si considerano valori di TR compresi nell'intervallo [30,2475] anni.

Se TR>2475 si pone TR=2475. Se TR<30, con riferimento al Programma di ricerca DPC-ReLUIS (Unità di Ricerca CNR-ITC)

si adotta un'estrapolazione mediante una regressione sui tre valori di hazard ag(30), ag(50) e ag(75),

effettuata con la funzione di potenza: ag(TR)=k*TR^α.

Per il sito in esame risulta: k = 0.006732746, α = 0.476655380

Per l'Indicatore di Rischio Sismico in termini di TR si ha quindi un limite massimo pari a:

SLD: (2475/TR,DLD)=33.000 SLV: (2475/TR,DLV)=3.476

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8.3 Intervento con catene metalliche

“La pratica tradizionale di inserire catene e tiranti in metallo va considerata, in via generale, come la risposta di maggior efficacia in funzione antisismica rispetto all’impatto causato sul manufatto, per cui si richiede che essa vada adottata sistematicamente.”

(Circolare 18/07/1986, numero 1032 Ministero dei Beni Culturali e Ambientali)

Per incatenamenti s’intende l’insieme dei sistemi di presidio e consolidamento dell’edificio in muratura, costituiti da catene, tiranti, collegamento di solai in legno alle pareti in muratura, in grado di ricostituire e restituire un comportamento scatolare e monolitico della fabbrica muraria (insieme delle pareti). Gli incatenamenti rendono possibile alle pareti murarie sia poste in contiguità (nel caso di mutua ammorsatura assente e/o poco efficace), sia alle pareti murarie contrapposte, nonché alle pareti murarie sottoposte all’azione di elementi spingenti (ad esempio: elementi voltati non mutuamente contrastati o sufficientemente equilibrate da masse murarie), di interagire mutuamente e fornire una risposta il più possibile “globale” nei confronti delle azioni orizzontali (ad esempio: sisma), contenendo l’entità degli spostamenti e delle rotazioni delle pareti stesse e consentendo la mitigazione della vulnerabilità per innesco di possibili meccanismi cinematici di ribaltamento per rotazione.

Gli incatenamenti costituiscono un sistema di rinforzo ampiamente sperimentato ed applicato con riconosciuto successo anche in organismi murari molto antichi; essi possono essere, peraltro, validamente utilizzati anche come presidio provvisorio di consolidamento per contrastare dissesti e cinematismi che investono repentinamente la fabbrica muraria. Se opportunamente realizzati, gli incatenamenti utilizzati come presidi provvisori possono essere trasformati in definitivi, per inglobamento in interventi di rafforzamento o miglioramento. Gli incatenamenti sono, altresì, raccomandati anche nei seguenti casi:

- per contenere le spinte non contrastate degli elementi voltati (archi e volte);

- per contenere le spinte non contrastate di strutture in copertura costituite da elementi spingenti (travi inclinate, capriate prive di tiranti e/o catene in grado di annullare la spinta sulle pareti di appoggio);

- in assenza di cordoli perimetrali;

- in caso di cedimenti differenziali delle fondazioni, per migliorare il comportamento scatolare e limitare gli spostamenti relativi di differenti parti strutturali.

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muraria specie in corrispondenza delle zone di attestamento dei presidi di contrasto, in quanto ivi si determinano severe azioni locali (tipicamente compressione e punzonamento), particolarmente critiche in specie nel caso di apparati murari con tessitura in pietre di piccole dimensioni, informi e con scadente qualità della malta di allettamento. Pertanto si raccomanda di valutare in ogni caso l’opportunità di procedere prima della posa in opera degli incatenamenti, all’esecuzione di opere di preconsolidamento con bonifica locale (sostruzione muraria nella zona di attestamento) o di miglioramento generale della qualità muraria (iniezioni, ecc.).

Nel seguito s’illustrano le seguenti tipologie d’incatenamenti tradizionali o mutuati dalla tradizione:

- catene metalliche (generalmente barre tonde o piatti) e relativi sistemi di ancoraggio alle testate delle pareti murarie;

- tiranti (in acciaio ad alto limite elastico: barre post-tese in acciaio speciale per c.a.p., trefoli, cavi in acciaio armonico) e relativi sistemi di ancoraggio alle testate delle pareti murarie; - travi in legno e/o metalliche costituenti gli elementi portanti degli orizzontamenti di piano (solai) e relativi sistemi (regge) di ancoraggio alle pareti murarie.

L’incatenamento, secondo le modalità tradizionali di applicazione, prevede l’utilizzo di due componenti base costituenti gli elementi del sistema:

- i capichiave; - la catena.

In corrispondenza delle due testate di estremità sono allocati i capichiave costituiti da elementi di contrasto in acciaio aventi varie forme anche in funzione della loro collocazione in corrispondenza delle pareti murarie di attestamento. I capichiave sono generalmente lasciati a vista, soltanto in alcuni casi (edifici di interesse storico-monumentale) vengono “nascosti” ed allocati in tasche di intaglio realizzate nella muratura e successivamente mascherati con sovrapposizione di protesi in elementi lapidei, opere a stucco e da semplici inserti di intonaco. La catena in acciaio è l’elemento di collegamento tra i due capichiave; essa assicura, per mezzo dell’operazione di messa in tiro (tesatura), il richiesto contrasto tra le pareti murarie collegate.

La catena deve essere dimensionata, oltre che in funzione della resistenza a trazione del materiale metallico di cui è costituita, in base ai seguenti criteri:

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- essere dimensionata con una sezione trasversale rapportata alla lunghezza, che ne assicuri un’adeguata rigidezza;

- essere sottoposta ad uno stato di pretensione commisurato a:  entità del tiro in esercizio;

 valutazione dell’entità delle cadute di tensione nel tempo;

 azioni locali (all’interfaccia capo chiave-muratura di attestamento) compatibili con le capacità resistenti locali delle parti murarie che forniscono il contrasto.

Nel caso di edifici in muratura con più piani, le catene sono collocate in corrispondenza dei solai (orizzontamenti di piano) e posizionati al di sotto del pavimento. Come criterio base da perseguire quando possibile ed obbligatoriamente nell’ipotesi di solai che non garantiscano adeguato contrasto all’azione di compressione (per fatiscenza, per carenza della dimensione, ecc.), le catene vanno posizionate (generalmente al livello dei solai) in adiacenza ai muri trasversali, sia perché essi sono in grado di contrastarne in maniera efficace il tiro, sia perché in tal modo si consegue un efficiente collegamento puntuale tra pareti ortogonali. La disposizione più efficace è costituita da una coppia di catene gemelle (catene binate) poste in parallelo, lateralmente allo stesso muro.

I capichiavi delle catene binate sono costituiti da due paletti di estremità attestati su una serie di traverse o su piastre nervate.

Fig. 8.10 – Vista in pianta di catena binata aderente al muro trasversale e di catena semplice aderente al muro trasversale, entrambe a livello del solaio.

I capichiave di catene singole sono generalmente di tre tipi: a paletto, piastra circolare piastra ellittica.

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Fig. 8.11 – Tipologie di capo chiave: a paletto, a piastra nervata e a doppio paletto con piastra.

I capichiave a paletto non vengono mai posti in opera in posizione verticale o orizzontale. L’orientamento dei capichiave deve essere scelto in funzione delle reazioni che possono fornire le strutture poste ad immediato contatto locale. Nel caso (tipico) di catena posta in aderenza al muro trasversale e sotto il pavimento, essa potrà ricevere l’ottimale contrasto da queste parti strutturali. A tal fine il paletto della catena trova la sua ideale collocazione co orientamento a circa 45° sulla verticale e con il braccio superiore rivolto contro il mur trasversale. Tale posizionamento del paletto impedisce di far scaricare l’azione della spinta (tiro) integralmente sul solaio ovvero (soluzione ancora peggiore) direttamente sulla parete (non muro da taglio) di alloggiamento del capochiave.

Il tiro delle catene può essere applicato secondo le seguenti modalità: 1. allungamento a caldo; secondo le seguenti fasi esecutive:

 Posa in opera della catena e dei capichiave.

 Verifica della rettilineità lungo lo sviluppo della catena.  Leggera messa in forza delle zeppe a contrasto dei capichiave.

 Riscaldamento con idonea apparecchiatura del tratto centrale della catena fino all’allentamento delle zeppe ed al raggiungimento dell’allungamento calcolato.

 Leggera forzatura delle zeppe a contrasto dei capichiave e successivo raffreddamento della catena.

2. allungamento a freddo. In questo caso la catena deve essere realizzata con un’estremità filettata ed il capochiave, relativo a questa estremità, deve presentare una foratura per permettere il passaggio dell’estremità filettata. Il tiro viene applicato operando l’avvitamento del dado all’estremità filettata, fino al raggiungimento dell’allungamento calcolato. In

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alternativa al sistema sopradetto, il tiro può essere applicato utilizzando un manicotto tenditore intermedio a doppia filettatura destra-sinistra. L’allungamento a freddo permette di conseguire i seguenti vantaggi:

 possibilità di ristabilire nel tempo il giusto grado di tensionamento della catena (ripristino per caduta di tensione);

 controllo del tiro con procedure esecutive più affidabili e controllate.

Fig. 8.12 – Catena con manicotto centrale.

Il sistema con manicotto tenditore intermedio, inoltre, offre la possibilità di porre in opera una catena formata da due pezzi successivamente collegati dal tenditore e, quindi, di più agevole collocamento nel caso di sviluppo lineare esteso.

8.3.1 Ipotesi d’intervento sulla scuola Micheli

L’intervento proposto consiste nell’inserire un numero sufficiente di catene metalliche in corrispondenza dei muri trasversali, affinché queste riescano a evitare il formarsi di meccanismi di rottura locali. Tale intervento è sembrato essere il più opportuno per migliorare il comportamento scatolare della struttura, tanto importante negli edifici in muratura, sia dal punto di vista economico sia dal punto di visto operativo.

Esteticamente le catene inserite non saranno per la maggior parte visibili poiché all’interno della scuola sono presenti dei controsoffitti che quindi nasconderanno alla vista gli elementi metallici; dove invece i controsoffitti non sono presenti, essi saranno previsti, anche in funzione di altri interventi: sia come studiato nel capitolo precedente come piano di irrigidimento e sia per diminuire il fabbisogno energetico necessario per riscaldare ambienti con altezze di 6-7 metri, decisamente eccessivi per la funzione attuale dell’edificio.

Per quanto riguarda i capochiave, noto l’aspetto estetico dei muri perimetrali e in conformità con i concetti di restauro conservativo del fabbricato, si consiglia l’utilizzo di piastre a scomparsa, ricoperte quindi da intonaco o, in alternativa di ancoraggi iniettati.

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consolidare con iniezioni una porzione di mura intorno al capochiave, in modo da limitare gli effetti del punzonamento.

Fig. 8.13 – Tipologie di ancoraggi per catene metalliche: capochiave a scomparsa e ancoraggio iniettato. Per quest’ultimo bisogna assicurare che Lb sia sufficiente per evitare lo sfilamento della

barra, della malta d’iniezione e la rottura del cono di muratura.

In particolare può essere interessante considerare la tecnica di ancoraggi ad iniezione controllata con calza, tecnica sviluppata negli ultimi anni con sempre maggiore affidabilità e controllo nei risultati. Con questa tecnica l’elemento resistente, costituito da una barra in acciaio inossidabile, è dotato di una speciale calza in tessuto che ha la funzione di controllare l’iniezione della malta effettuata coassialmente, per mezzo di appositi dispositivi di iniezione, per rendere solidale l’elemento di rinforzo alla muratura.

L’ancoraggio completamente assemblato viene posizionato all’interno di un perforo realizzato nella muratura da consolidare; la speciale calza viene riempita gradualmente durante l’iniezione, effettuata a bassa pressione, fino a completa saturazione.

Oltre a permettere la buona riuscita delle operazioni di iniezione, evitando imprevedibili e spesso dannose dispersioni in vuoti e cavità che possono essere sempre presenti nelle strutture murarie esistenti, la calza assicura l’aderenza del materiale iniettato al supporto per tutta la lunghezza. Non si ha dispersione di malta durante l’iniezione, in quanto la malta resta contenuta nella calza che si espande adattandosi al diametro del foro ed alla conformazione del substrato; con i sistemi tradizionali, senza calza, la dispersione di malta è molto alta e spesso è causa di notevoli sprechi e di danni ai manufatti.

Grazie al totale controllo del materiale iniettato, garantito dalla calza, si ha sicurezza della completa iniezione di malta per tutta la lunghezza dell’ancoraggio. Le caratteristiche della

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calza e la sua capacità di espansione nelle irregolarità delle murature sono tali da garantire un efficace legame meccanico con il substrato (ancoraggio per ingranamento); la stessa calza, che svolge la funzione di membrana permeabile, permette inoltre alla malta di fuoriuscire superficialmente e di esercitare una funzione di collante a diretto contatto con la muratura, sia a livello superficiale che in profondità, grazie alle caratteristiche di porosità del substrato (ancoraggio per adesione). Grazie all’azione esercitata dall’ancoraggio su tutta la lunghezza della perforazione ed alla conseguente uniforme distribuzione delle sollecitazioni sulla superficie della muratura da consolidare, le piastre di ancoraggio alle estremità non sono necessarie, se non per esigenze specifiche legate al progetto.

L’installazione degli ancoraggi viene effettuata all’interno di fori realizzati nella muratura per mezzo di carotatici con sonda diamantata; il diametro del perforo viene definito in base alle dimensioni dell’ancoraggio: in particolare deve essere circa tre volte il diametro della barra in acciaio che costituisce l’ancoraggio; anche la valutazione della lunghezza dell’ancoraggio è determinante per la scelta del diametro di perforazione. Il corretto dimensionamento del perforo garantisce non solo la fattibilità delle operazioni d’inserimento dell’ancoraggio, completo di calza, manicotti di giunzione e dispositivi di iniezione, ma è anche fondamentale per il funzionamento stesso dell’ancoraggio dal momento che una variazione del diametro di perforazione influisce sulla superficie di contatto con il substrato.

Successivamente la malta viene inserita in uno specifico serbatoio e portata ad una pressione di circa 3-5 bar: la pressione di iniezione sarà definita in base alla lunghezza dell’ancoraggio e alle condizioni della muratura in cui si va ad operare. L’iniezione viene effettuata gradualmente fino a completa saturazione dell’ancoraggio.

Fig. 8.14 – Testa dell’ancoraggio prima e dopo l’iniezione.

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l’opzione “Inserisci Catena”. Una volta selezionato il comando, nella barra dei comandi viene richiesto di selezionare prima un 'Punto Iniziale' e poi un 'Punto Finale'. Ogni catena presenta delle proprietà visualizzabili e modificabili dalla scheda “Proprietà”, divisi per gruppi.

Gruppo 'Tirante':

A: riporta l'area del tirante inserito, in mm2; è una proprietà in sola lettura, non è modificabile, ed è funzione del dato in input successivo (diametro); l'oggetto Catena è previsto solo come un tirante a sezione circolare (quindi A= π*d2

/4, con d= diametro del tirante), poiché tipicamente tali presidi sono costituiti infatti da funi o tondini in acciaio aventi tale sezione.

d: indica il diametro del tirante da inserire, in mm;

fyd: indica la tensione di snervamento di calcolo per l'acciaio del tirante inserito, in N/mm2.

Gruppo 'Piastre':

In questo gruppo, sono indicate le dimensioni della piastra di ancoraggio da inserire (si intendono presenti ovviamente ad entrambe le estremità del tirante). Le tre proprietà a, b ed s, in mm, si riferiscono rispettivamente alla dimensione verticale, orizzontale e allo spessore della piastra.

Gruppo 'Muro Iniziale' e 'Muro Finale':

In questo gruppo, sono indicate le proprietà meccaniche dei Muri Iniziale e Finale collegati dalla Catena; in dettaglio, sono riportati i seguenti valori (indica parametro in sola lettura; le tensioni sono espresse in N/mm2):

- Spessore;

- Resistenza media a compressione fm;

- Resistenza media a taglio puro 0;

- Tensione verticale all'altezza dell'ancoraggio n;

- Resistenza media a taglio *;

- Resistenza di progetto a compressione fd*= fm/MFC;

- Resistenza di progetto a taglio fvd*= /MFC;

La tensione verticale all'altezza dell'ancoraggio n entra in gioco nella determinazione della

resistenza a taglio con cui scegliere la trazione da considerare per il tirante (infatti:  = 0 +

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Gruppo 'Trazioni':

In questo gruppo, vengono riportate in sola lettura quattro proprietà che rappresentano le forze di trazione che corrispondono alla crisi del collegamento per diversi meccanismi di rottura. Si può scegliere, in base a tali valori, quello da inserire in Input nella successiva proprietà 'Valore di Calcolo': solitamente la massima trazione nel singolo tirante è determinata dal minimo tra tutti i meccanismi di rottura considerati rappresentati in figura seguente:

Fig. 8.13 – Meccanismi di rottura dell’ancoraggio.

Resistenza dei collegamenti

Tirante in acciaio: tensione di snervamento: fyd = fyk /γM0 = fyk / 1.05;

A = πd2

/4 = area della sezione trasversale del tirante; a,b,s = dimensioni del capochiave;

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t = spessore della parete in muratura a cui è ancorato il tirante; fm , τ0 = resistenza media a compressione e a taglio della muratura;

fd = fm /FC γM = resistenza di progetto a compressione, con γM = 2.0;

fvd = τ0 /FCγM = resistenza di progetto a taglio, dove si assume τ = τ0 + 0.4σn , resistenza a

taglio sui piani di scorrimento orizzontali e τ = τ0 sui piani di scorrimento verticali. A favore

di sicurezza si considera σn (compressione verticale) pari a 0.0.

Verifica di sicurezza

Massima trazione nel singolo tirante = forza minima fra i seguenti 4 meccanismi di rottura:  Snervamento del tirante: viene riportata la trazione corrispondente allo snervamento

puro del tirante, semplicemente ottenuta da:

Punzonamento della muratura nelle zone di ancoraggio: forza per la quale si ottiene la rottura del collegamento dovuta al punzonamento sulla zona di muratura a contatto con la piastra; la forza è ottenuta come:

Penetrazione dell’ancoraggio dovuta ad eccesso di pressione di contatto: forza per la quale si ottiene la rottura del collegamento dovuta ad eccessiva pressione sulla muratura; la forza è ottenuta come:

Flessione del capochiave: forza per la quale si ottiene la rottura per flessione del capochiave; la forza è espressa come:

Nel nostro caso si è deciso di utilizzare tiranti in acciaio S235, con un diametro di 20 mm, ed una piastra di dimensioni 400x300 mm e spessore 20 mm. La trazione di calcolo utilizzata è la minore tra quelle ottenute considerate i quattro meccanismi di collasso, ed è pari a 22.06 kN. Di seguito si riporta, a titolo esemplificativo, un’immagine della scheda delle proprietà di un rinforzo utilizzato per il calcolo:

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Fig. 8.14 – Scheda delle proprietà dell’elemento “Catena”.

Di seguito si riportano anche le piante della scuola con, evidenziate in rosso, le catene previste nello Stato di Progetto. Le catene sono state inserite in aderenza ai muri trasversali, in quanto una catena in posizione intermedia non è mai una soluzione favorevole, e quindi possibilmente da evitare.

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Una volta inserite le catene nel software PCM, si esegue nuovamente il calcolo per quei cinematismi, precedentemente considerati, che presentavano un Indice di Rischio Sismico (in termini di PGA e di TR) inferiore a 1. Si riportano dunque le immagini dell’interfaccia grafica con i meccanismi di collasso e i rispettivi coefficienti, notando immediatamente che le verifiche ora sono soddisfatte per tutti i cinematismi analizzati.

Ribaltamento semplice parete Est

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Ribaltamento semplice parete Nord

Fig. 8.17 – Rappresentazione grafica del cinematismo attraverso l’uso di PCM.

Ribaltamento composto parete Est

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8.3.2 Sintesi risultati Stato di Progetto

Livello di sicurezza superiore all'Adeguamento sismico

Risultati dei cinematismi analizzati:

| n. | α0 |PGA,CLD | TR,CLD |(TR,CLD |PGA,CLV | TR,CLV |(TR,CLV | | | |/PGA,DLD| /TR,DLD| /TR,DLD)^0.41|/PGA,DLV| /TR,DLV| /TR,DLV)^0.41| |---| | 1 | 0.129 | 1.761 | 3.400 | 1.652 | 1.355 | 3.278 | 1.627 | | 2 | 0.114 | 1.509 | 2.373 | 1.425 | 1.169 | 1.782 | 1.267 | | 3 | 0.129 | 1.698 | 3.133 | 1.597 | 1.301 | 2.806 | 1.527 | | 4 | 0.264 | 2.792 | 12.400 | 2.807 | 1.369 | 3.476 | 1.667 | | 5 | 0.226 | 2.541 | 9.187 | 2.483 | 1.369 | 3.476 | 1.667 | | 6 | 0.370 | 3.484 | 30.600 | 4.066 | 1.369 | 3.476 | 1.667 | | 7 | 0.288 | 3.107 | 19.067 | 3.349 | 1.369 | 3.476 | 1.667 | ---

n. = numero consecutivo del cinematismo α0 = moltiplicatore di collasso

 PGA,CLD / PGA,DLD = I.R.S.PGA = indicatore di Rischio Sismico in termini di PGA per SLD

 TR,CLD / TR,DLD = I.R.S. TR = indicatore di Rischio Sismico in termini di periodo di ritorno TR per SLD

 (TR,CLD/TR,DLD)^0.41 = indicatore di Rischio Sismico in termini di TR per SLD, su scala comparata a PGA

 PGA,CLV / PGA,DLV = I.R.S.PGA = indicatore di Rischio Sismico in termini di PGA per SLV

 TR,CLV / TR,DLV = I.R.S. TR = indicatore di Rischio Sismico in termini di periodo di ritorno TR per SLV

 (TR,CLV/TR,DLV)^0.41 = indicatore di Rischio Sismico in termini di TR per SLV, su scala comparata a PGA

Secondo All.A al D.M.14.1.2008, si considerano valori di TR compresi nell'intervallo [30,2475] anni.

Se TR>2475 si pone TR=2475. Se TR<30, con riferimento al Programma di ricerca DPC-ReLUIS (Unità di Ricerca CNR-ITC)

si adotta un'estrapolazione mediante una regressione sui tre valori di hazard ag(30), ag(50) e ag(75),

effettuata con la funzione di potenza: ag(TR)=k*TR^α.

Per il sito in esame risulta: k = 0.006732746, α = 0.476655380

Per l'Indicatore di Rischio Sismico in termini di TR si ha quindi un limite massimo pari a:

SLD: (2475/TR,DLD)=33.000 SLV: (2475/TR,DLV)=3.476

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Fig. 8.19 – Grafico sullo Stato Attuale dei cinematismi di collasso analizzati, relativi all’Indice di Rischio Sismico in termini di PGA e TR.

Fig. 8.20 – Grafico sullo Stato di Progetto dei cinematismi di collasso analizzati, relativi all’Indice di Rischio Sismico in termini di PGA e TR.

Riferimenti

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