• Non ci sono risultati.

Capitolo 1

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 1"

Copied!
15
0
0

Testo completo

(1)

1

Capitolo 1

Applicazione della CMR allo studio dell’infarto

miocardico

L'imaging a risonanza magnetica (MRI) è una tecnica di generazione di immagini, usata prevalentemente a scopi diagnostici in campo medico e basato sul principio fisico della risonanza magnetica nucleare. L'RM è generalmente considerata non dannosa nei confronti del paziente, infatti quest'ultimo non è sottoposto a radiazioni ionizzanti come nel caso delle tecniche facenti uso di raggi X o di isotopi radioattivi. Vi possono essere però artefatti dovuti al movimento, al flusso o al moto respiratorio. Gli artefatti da movimento sono dovuti al movimento dell'oggetto esaminato o di una sua parte durante la sequenza di imaging. Gli artefatti da flusso sono invece causati dal fluire del sangue o di altri liquidi nel corpo. La soluzione per un artefatto da movimento e' quella di immobilizzare il paziente o l'oggetto esaminato. Spesso il movimento e' dovuto al battere del cuore o al respiro del paziente. Entrambi non possono essere eliminati. La soluzione in questi casi e' sincronizzare la sequenza di imaging al ciclo cardiaco o respiratorio del paziente. Lo sviluppo di nuove tecniche per il controllo del movimento e degli artefatti dovuti al flusso ha reso possibile l’utilizzo della Risonanza Magnetica (RM) in ambito cardiovascolare. Fino a dieci anni fa, l’acquisizione delle immagini RM cardiache non era ottimale a causa dei problemi di compensazione del moto respiratorio; attualmente è invece possibile acquisire ottime immagini con il trattenimento del respiro da parte del paziente.

La sincronizzazione dell’acquisizione delle immagini con l’ECG permette di ottenere buoni risultati; occorre semplicemente inviare un impulso RF della sequenza sempre nello stesso istante del ciclo cardiaco, in particolare, in corrispondenza del picco R.

(2)

2 Oggi esistono varie tecniche come le GRE sincronizzate con ECG, o le tecniche più sofisticate segmentate con trattenimento del respiro o con navigatore, che consentono di ottenere immagini di ottima qualità in tempi molto brevi, dell’ordine dei secondi, e praticamente prive di artefatti se il paziente è sufficientemente collaborativo.

I numerosi gli sviluppi dell’hardware nelle attuali macchine RM hanno permesso di ottenere velocissimi tempi di attivazione e disattivazione dei gradienti, bobine di radiofrequenza con altissima sensibilità, ampiezze dei gradienti molto elevate che rendono possibili numerose valutazioni cliniche nell’ambito cardiovascolare.

1.1 Studio morfologico del cuore

Attualmente si può eseguire in un esame RM la valutazione della morfologia cardiaca, della funzione, della perfusione, della vitalità miocardica, dei flussi e dell’anatomia coronarica.

L’esame di riferimento per lo studio della morfologia cardiaca è l’ecocardiografia, ma ultimamente la RM si presenta come una valida alternativa per tutta una serie di vantaggi:

 Non invasiva  Non ionizzante

 Non presenta limiti di finestra

 Presenta un largo campo di vista (FOV)

 Permette l’acquisizione di immagini 2D sia statiche che dinamiche  Elevato contrasto tra tessuti e sangue

 Buona risoluzione spaziale

Le immagini si ottengono con tecniche veloci che utilizzano acquisizioni in apnea. Monitorando il respiro si possono sincronizzare le acquisizioni, efficace è ad esempio la sincronizzazione con l’ECG. Per lo studio morfologico vengono utilizzate bobine dedicate di superficie che sfruttano la tecnologia phased array a 4-16 canali con un miglioramento del rapporto segnale rumore (SNR).

(3)

3 I piani di scansione utilizzati per la valutazione della morfologia cardiaca sono obliqui agli assi principali del cuore. Si utilizzano piani in asse corto del ventricolo sinistro e in asse lungo verticale ed orizzontale orientati spazialmente a 90° l’uno dall’altro.

Il muscolo cardiaco può essere diviso in un numero variabile di segmenti che vanno da 9 a 400 a seconda dello scopo. Il modello attualmente più utilizzato è quello a 16 segmenti anche se recentemente l’American Society of Echocardiography ha proposto un modello a 17 segmenti, di cui 6 basali, 6 medi, 4 distali e 1 costituito dal vero apice (zona dopo il termine della cavità ventricolare sinistra in un percorso ideale che va dalla base all’apice). L’apice si può valutare soltanto in asse lungo. La suddivisione in 17 segmenti tiene conto della reale distribuzione della massa cardiaca, 42% per la base, 36% per il tratto medio, 21% per il tratto distale e l’apice (Lombardi e Bartolozzi, 2004).

Figura 1.1

Segmenti ventricolo sinistro: (a) apice, (b) tratto distale, (c) tratto medio, (d) tratto basale

(4)

4

Figura 1.2: Schema per l’analisi segmentaria del ventricolo sinistro

1.2 La tecnica Delayed-Contrast Enhancement

Negli ultimi anni si è diffusa una nuova metodica d’acquisizione in Risonanza Magnetica Cardiovascolare (CMR) che ha facilitato l’approccio alla caratterizzazione del miocardio necrotico e la diagnosi di vitalità miocardica.

Nella tecnica Delayed-contrast Enhancement (DE) le immagini vengono acquisite con un certo ritardo dopo la somministrazione di un mezzo di contrasto. Il mezzo di contrasto si accumula a livello miocardico e viene eliminato tardivamente dal miocardio necrotico rispetto al tessuto vitale. Il volume di distribuzione può aumentare a causa dell’edema interstiziale e dell’eventuale rottura della membrana cellulare del miocardiocita dopo ischemia prolungata, che provoca l’ingresso del mezzo di contrasto nello spazio intracellulare. Alcuni studi sostengono che la rottura

(5)

5 del sarcolemma dei miociti necrotici alteri la cinetica di distribuzione del mezzo di contrasto aumentando i tempi di ingresso ed uscita della molecola dalla cellula, e che questo fenomeno sia alla base della stretta correlazione esistente tra necrosi cellulare acuta ed Enhancement ritardato. In realtà però il meccanismo di accumulo del mezzo di contrasto nel tessuto necrotico non è ancora del tutto chiaro. Diversi meccanismi sono stati ipotizzati: accumulo del mezzo di contrasto nello spazio interstiziale, lento lavaggio (wash-out) del mezzo di contrasto dal tessuto necrotico, legame con proteine del tessuto necrotico.

Il rapporto contrasto rumore (CNR, Contrast to Noise Ratio) è più elevato rispetto ad altre sequenze. La sequenza utilizzata per la tecnica DE è una Fast Gradient-Echo

Inversion Recovery (FGRE-IR). L’impulso iniziale d’inversione a 180° aumenta in

modo notevole la pesatura T delle immagini. L’acquisizione avviene in diastole. È 1

necessario definire attentamente il tempo di ritardo dell’impulso d’inversione o TI (il tempo intercorrente tra l’applicazione del pre-impulso a 180° e l’acquisizione nel centro del K-spazio). Per ottimizzare la differenza tra miocardio normale e patologico, in termini di intensità di segnale, bisogna scegliere il TI che annulla il segnale proveniente dal miocardio sano.

Il tempo ottimale per l’acquisizione delle immagini è 10-20 min dopo la somministrazione del mezzo di contrasto. In questa fase, la magnetizzazione del miocardio normale è prossima allo zero. Il miocardio non necrotico appare fortemente ipointenso e contrasta nettamente con l’area necrotica che risulta invece iperintensa.

Se si ottimizza la sequenza d’acquisizione (soprattutto per quanto riguarda il tempo di ritardo del TI, che oscilla tra 150 e 600 msec), l’incremento dell’intensità di

(6)

6 segnale dell’area necrotica è talmente marcato (maggiore del 500 % rispetto al basale), che consente una netta distinzione tra tessuto necrotico e tessuto vitale. Ogni paziente ha i suoi parametri della sequenza ottimizzati. (Lombardi e Bartolozzi, 2004).

1.2.1 Sequenza utilizzata per uno studio DE

La sequenza utilizzata nella tecnica DE è la FGRE-IR, una sequenza GRE veloce, adeguata per un Fast Imaging.

Essa è caratterizzata da un pre-impulso a 180° che, se applicato al momento opportuno, permette di ottenere la saturazione del miocardio sano, offrendo così una maggiore opportunità di diagnosi nel caso di presenza di aree necrotiche.

Figura 1.3: sequenza FGRE-IR

Il valore di TI deve essere tale da annullare il segnale del miocardio sano al momento dell’acquisizione.

Il valore del segnale RM all’istante t dopo l’applicazione dell’impulso di inversione a 180° risulta:

(

1

)

1 0 ( ) 1 t T t T cos( ) z z M t =Me− +M e− α (1)

(7)

7 dove:

(

)

(

)

1 1 0 1 1 cos( ) TR T z TR T e M M e

α

− − − = − (2) 1

T rappresenta il valore T del miocardio, TR è uguale all’intervallo RR del ciclo 1

cardiaco del paziente in esame,

α

è pari all’ampiezza dell’impulso di inversione a 180°, M è il valore non noto del segnale all’istante 0 t=0. M è un termine 0 moltiplicativo che per comodità si può porre pari ad 1.

L’unica variabile da determinare è il valore T del miocardio all’istante considerato. 1

Come si osserva in fig. 1.2, a T brevi (come 600 ms) l’intensità del segnale del 1

miocardio si annulla prima nel tempo, rispetto a valori di T standard (800 ms). 1

Figura 1.4: andamento nel tempo del segnale del miocardio per due valori di T1 (600 e 800 ms);

(8)

8 Il T in presenza di mezzo di contrasto può essere ricavato dal 1 T basale attraverso 1

formule empiriche.

Dopo un tempo abbastanza elevato (tempo di ritardo tra la somministrazione del mezzo di contrasto e il momento dell’acquisizione) il valore T del miocardio ritorna 1

al valore basale, che in questo caso si può porre uguale a 800 ms.

Figura 1.5: valore di T1 in funzione del tempo.

Inserendo i valori di T valutati in questo modo nelle equazioni 1 e 2, è possibile 1

stimare il tempo di inversione TI ottimale per ogni individuo, da utilizzare per una corretta saturazione del miocardio (generalmente una sufficiente saturazione si ottiene con TI di 250 ms).

(9)

9

1.3 Infarto miocardico

1.3.1 Cascata ischemica

Il sistema arterioso coronarico è caratterizzato da due componenti: le grosse arterie

epicardiche di conduttanza e le arteriole di resistenza. Le resistenze al flusso

coronarico dipendono dal tono muscolare delle arteriole. Il sistema di conduttanza è in serie al sistema di resistenza, quindi la resistenza totale è data dalla loro somma. In presenza di stenosi coronarica avviene un grosso cambiamento nella distribuzione delle resistenze con una conseguente variazione del flusso regionale del miocardio. Il flusso di sangue attraverso un vaso è determinato da due fattori:

 La differenza di pressione tra le due parti del vaso (gradiente pressorio)  La difficoltà del sangue a passare nel condotto (resistenza)

La resistenza vascolare è definita come il rapporto tra il gradiente pressorio e il flusso che attraversa il condotto.

La stenosi è una riduzione patologica del lume di un vaso che fa aumentare la

resistenza al flusso che a sua volta provoca una caduta di pressione e la formazione di un gradiente pressorio trans-stenostico. La perdita di pressione dipende dall’attrito incontrato dal sangue quando passa attraverso la stenosi (in condizioni di basso flusso) e dalla turbolenza che aumenta con il quadrato del flusso (in condizioni di alto flusso).

La vasodilatazione arteriolare permette di compensare l’incremento delle resistenze. In condizioni non patologiche la vasodilatazione permette un aumento del flusso in risposta ad un aumento delle richieste metaboliche del miocardio. La presenza di una stenosi rende inefficiente il meccanismo della la vasodilatazione che serve a malapena a mantenere costante il flusso in condizioni basali. In caso di una richiesta metabolica maggiore iniziano i problemi, risulta molto difficile aumentare il flusso. Lo squilibrio transitorio tra la richiesta e l’offerta di ossigeno danno come risultato l’ischemia, ossia una riduzione dell'apporto di sangue ossigenato nell’organo.

(10)

10

cascata ischemica. Ogni evento ha un preciso ordine temporale. Dopo la riduzione

del flusso coronarico seguono alterazioni metaboliche, alterazioni della funzione diastolica (alterato rilassamento) e sistolica (riduzione della contrattilità regionale). Tutto questo porta a modificazioni elettrocardiografiche e alla comparsa del dolore precordiale (Lombardi e Bartolozzi, 2004).

1.3.2 Disfunzione contrattile e vitalità miocardica

L’ischemia correla con la gravità della disfunzione contrattile. La disfunzione contrattile aumenta con la riduzione del flusso. La riduzione della perfusione se è di durata prolungata, ma non tanto grave da indurre necrosi, può portare a modificazioni del metabolismo e dello stato funzionale del miocardio. Si parla di miocardio stordito e di miocardio ibernato.

 Miocardio stordito

E’ presente uno squilibrio tra apporto e consumo di energia, nonostante un normale flusso miocardico, e si assiste ad una disfunzione contrattile. Il recupero contrattile avviene spontaneamente dopo giorni o mesi dall’evento ischemico.

 Miocardio ibernato

Una riduzione cronica del flusso porta ad avere una disfunzione contrattile. La riduzione del flusso è però tale da rimanere sopra una soglia critica che permette alle cellule di sopravvivere. Quando il flusso ritorna in condizioni normali avviene il recupero funzionale. In genere il miocardio ibernato ha la capacità di adattarsi alle condizioni di flusso sfavorevoli mantenendo l’integrità anatomica e fisiologica delle cellule.

I due modelli di miocardio sono tra loro legati infatti ripetuti episodi di ischemia portano al miocardio stordito e in presenza di flusso ridotto si può arrivare al miocardio ibernato. Una valutazione della vitalità miocardica permette di prendere decisioni terapeutiche, ma bisogna considerare anche altri fattori come la presenza

(11)

11 di una disfunzione globale o regionale del ventricolo sinistro, il periodo di valutazione (infarto miocardico acuto o pregresso) e l’estensione della zona infartuata.

La valutazione viene effettuata sui singoli segmenti miocardici.

Nello stesso segmento miocardico si può ritrovare sia la compromissione della perfusione, che del metabolismo e della funzione. In genere in presenza di riserva contrattile il danno è poco severo ed è possibile un recupero funzionale, mentre l’assenza di riserva contrattile con metabolismo conservato indica un danno cellulare più grave.

Per ogni segmento miocardico si cerca di valutare la vitalità considerando sia la perfusione che la funzione. Per definizione un segmento viene definito vitale se ha riserva contrattile o perfusione sopra un limite stabilito oppure se recupera la funzione contrattile dopo rivascolarizzazione (Lombardi e Bartolozzi, 2004).

1.3.3 Valutazione della vitalità miocardica con metodiche di RM

Alla necrosi si associa un assottigliamento della parete del miocardio (spessore di circa 6 mm) che si evidenzia dopo quattro mesi dall’evento acuto quando l’area necrotica viene riparata. Nell’infarto miocardico anteriore l’assottigliamento può essere precoce e avvenire prima del processo di cicatrizzazione, infatti molti studi evidenziano il fatto che segmenti assottigliati e con ecogenicità aumentata difficilmente recuperano la funzionalità contrattile dopo rivascolarizzazione e sono quindi considerati come necrotici.

Si valuta la vitalità miocardica mediante l’uso di mezzi di contrasto, poiché il tessuto necrotico ha caratteristiche istochimiche diverse dal tessuto non necrotico.

Le sequenze SE T1 pesate, T2 pesate o IR permettono di visualizzare l’infarto acuto fin dalle prime fasi. Utilizzando un m.d.c si può notare nelle zone necrotiche un aumento dell’intensità del segnale.

L’acquisizione sequenziale nel tempo di immagini, in modo da seguire la dinamica del mezzo di contrasto nell’arco di pochi minuti o in modo da avere uno studio di perfusione (studio del primo passaggio del bolo), permette di risalire alle

(12)

12 caratteristiche dell’ischemia e allo stato anatomico/funzionale dei vasi, che aggiungono nuove informazioni rispetto a quelle geografiche del tessuto necrotico. Negli ultimi anni viene utilizzata l’acquisizione tardiva di immagini dopo somministrazione di m.d.c. La Delayed-contrast Enhancement discrimina il tessuto sano dal tessuto necrotico con un elevato rapporto contrasto rumore (CNR), come precedentemente spiegato.

(Lombardi e Bartolozzi, 2004).

1.4 Infarto miocardico acuto

Le sequenze tradizionali statiche come SE T1 ed SE T2, sovrastimano l’estensione del tessuto necrotico a causa dei gradi variabili di edema interstiziale. Man mano che l’edema viene riassorbito la correlazione tra area iperintensa e infartuata aumenta.

Nella descrizione dell’infarto miocardico acuto esistono due diversi pattern di vitalità.

 Primo pattern

Nella fase precoce avviene un incremento dell’intensità del segnale nel territorio con infarto. Questo incremento è sovrapponibile a quello presente nel territorio sano. Nei minuti successivi l’intensità di segnale diventa più marcata nel territorio infartuato, mentre dove non è presente infarto subisce un decremento.

 Secondo pattern

Nella fase precoce non si assiste ad un aumento di segnale nel centro dell’area infartuata. La zona ipointensa è circondata da un alone iperintenso. In fase tardiva si assiste ad un ulteriore incremento del segnale.

I due diversi pattern sono correlati alle alterazioni del flusso coronarico e di danno ischemico.

(13)

13 Il secondo pattern si ritrova in gravi condizioni di flusso o di grave compromissione contrattile regionale. La prognosi è negativa.

Le informazioni estrapolate possono essere combinate con altre derivate dallo studio di perfusione miocardica mediante la tecnica del primo passaggio e con quelle derivanti da immagini ottenute tardivamente con tecnica Fast GRE.

In pazienti con infarto miocardico acuto riperfuso si possono trovare tre diversi pattern di iperintensità aumentata di segnale:

1. Hypo

Questi segmenti miocardici in genere non mostrano miglioramenti e sono caratterizzati da ipointensità del segnale al primo passaggio senza iperintensità tardiva.

2. Hyper

I segmenti miocardici mostrano un maggiore recupero della funzionalità contrattile nell’arco di una settimana e sono caratterizzati da iperintensità precoce e tardiva.

3. Comb

In questo caso i segmenti miocardici presentano un miglioramento intermedio rispetto agli altri due pattern con ipointensità precoce e iperintensità tardiva.

In genere i segmenti con iperintensità tardiva presentano tessuto vitale misto a tessuto necrotico.

E’ molto importante conoscere il tempo che intercorre dall’episodio ischemico, poiché un pattern con iperintensità tardiva, nel caso di un paziente con infarto acuto, sta ad indicare un tessuto parzialmente necrotico, mentre lo stesso pattern, ma in pazienti con infarto miocardico pregresso, sta ad indicare tessuto necrotico. Può capitare che dopo alcuni giorni dall’infarto, l’area iperintensa si riduce poiché l’edema viene riassorbito e il tessuto subisce un processo di cicatrizzazione.

I segmenti miocardici che presentano una riduzione tardiva dell’area iperintensa hanno una maggiore probabilità di recuperare la funzione contrattile.

(14)

14 Il recupero della funzione contrattile dipende anche all’estensione dell’area iperintensa in quanto segmenti con estensione minore del 25% hanno una probabilità alta di recupero, tra il 25% e il 75% la probabilità è media, mentre è molto bassa per estensioni superiori al 75% (Lombardi e Bartolozzi, 2004).

1.5 Infarto miocardico cronico

Il tessuto necrotico mostra caratteristiche diverse da quello sano che possono essere evidenziate con immagini SE o GRE, T1 o T2 pesate. Vengono utilizzate in genere sequenze GRE ottimizzate che amplificano il segnale proveniente dalle zone necrotiche dopo la somministrazione del mezzo di contrasto. L’iperintensità correla con l’area necrotica, ma la relazione tra iperintensità e la gravità dell’asinergia non è lineare, infatti la gravità del difetto di contrazione non è un buon predittore dell’estensione transmurale della necrosi.

Nella necrosi ischemica la progressione dell’area di iperintensità procede dal subendocardio al subepicardio, tale localizzazione e progressione è specifica della fibrosi miocardica post-ischemica e si differenzia da tutte le altre forme di fibrosi miocardica (nella quali l’iperintensità è localizzata in modo disorganizzato all’interno del miocardio).

La RM permette di riconoscere infarti nello strato subendocardico anche di limitata estensione.

Tra l’estensione dell’hyperenhancement e il recupero della funzione contrattile esiste una relazione, la probabilità di recupero si riduce con l’aumento dell’estensione dell’iperintensità tardiva. I segmenti senza riserva contrattile vengono considerati necrotici in base al criterio di valutazione della vitalità miocardica. Secondo tale criterio un segmento non necrotico dopo vascolarizzazione dovrebbe recuperare la funzione contrattile e preservare sia la forma che le dimensioni del ventricolo sinistro, prevenendo l’espansione ventricolare postinfartuale e l’insufficienza cardiaca.

La vitalità miocardica è come una variabile continua i cui estremi sono rappresentati dal miocardio interamente vitale e dal miocardio interamente necrotico, nel primo

(15)

15 caso può recuperare tutta la funzione contrattile, nel secondo caso potrebbe per niente recuperare la funzione contrattile.

Esistono isole di miocardio vitale, stordito e ibernato che si mescolano con isole di miocardio necrotico e normale.

La RM riesce a quantificare l’estensione della necrosi e la gravità della compromissione cellulare. Per riuscire a caratterizzare la vitalità miocardica occorre un approccio multiparametrico che permette di integrare diversi tipi di informazioni (morfologia, funzione, perfusione).

Figura

Figura 1.2: Schema per l’analisi segmentaria del ventricolo sinistro
Figura 1.3: sequenza FGRE-IR
Figura 1.4: andamento nel tempo del segnale del miocardio per due valori di T 1  (600 e 800 ms);
Figura 1.5: valore di T 1   in funzione del tempo.

Riferimenti

Documenti correlati

FIGURE 6 (a) Concentration of benzoate and furosemide within the NMR tube as a function of time while flowing a furosemide solution at 2 mmol dm 3.. (d) Overlay of the spectra of

Quanti più sono quelli che mi precedono, tanto più sono al sicuro, ma poi mi viene in mente perché alcuni avanzano così lenti, perché sembra quasi che la mazza da baseball e lo

The ICP-OES data were obtained by collecting samples from the circuit after 30 h of purification performed at a working temperature of 210 °C with electric currents of 15 and 6 A

I sintomi sono dovuti alla perdita transitoria o permanente di determinate funzioni cerebrali e dipendono dalla localizzazione del danno anatomico all'interno del

Sono stati analizzati gli omogenati di ventricoli di criceti dei tre gruppi mediante western blotting e questa analisi ha rivelato che la espressione di connessina 43

This solution performs partitioning and replication on both streams. The advantage of this mapping is that both the stream windows are evenly partitioned over the same number

A scandire quelle che, sommariamente, si sono indicate vicissitudini editoriali, la selezione comprende anche le lettere relative a episodi essenziali

Le diverse strutture sono state collocate, così come realizzato dagli epidemiologi dell’Agenas, in tre fasce: quella blu, i cui dati aggiustati (ossia quei dati per i quali sono