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MISURA DELL’ACCELARAZIONE DI GRAVITA’ E ISOCRONISMO DEL PENDOLO

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Academic year: 2021

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(1)

MISURA DELL’ACCELARAZIONE DI GRAVITA’

E ISOCRONISMO DEL PENDOLO

 Procedimento di misura ed apparato sperimentale

Lo scopo dell’esperienza è quello di verificare quantitativamente l’isocronismo del pendolo per piccole oscillazioni e di determinare il valore dell’accelerazione di gravità g nel laboratorio, misurando la lunghezza l e il periodo T di un pendolo. Queste due grandezze sono legate a g mediante la relazione:

2 l

T = π g ,

relazione che racchiude le quattro leggi del pendolo:

1

a

per un medesimo pendolo le piccole oscillazioni sono isocrone, indipendentemente dall’ampiezza (isocronismo del pendolo). Infatti dal momento che nell'espressione di T non compare l'ampiezza dell'oscillazione, se ne deduce che il periodo sia indipendente da questo parametro. Pertanto, le piccole oscillazioni si compiono in tempi uguali indipendentemente da quanto si sia spostato inizialmente il punto materiale dalla posizione di equilibrio, purché si sia nel rispetto dell'ipotesi fatta.

2

a

Il periodo non dipende dalla massa del pesetto.

3

a

Il periodo è direttamente proporzionale alla radice quadrata della lunghezza l del pendolo

4

a

Il periodo è inversamente proporzionale alla radice quadrata dell’accelerazione di gravità g.

I materiali dell’apparato sperimentale sono:

ـ

un’asta di metallo con supporto per appendere il pendolo;

ـ

filo inestensibile;

ـ

un pesetto sferico;

ـ

un goniometro;

ـ

un metro al millimetro;

ـ

un foglio su cui segnare le ampiezze delle oscillazioni;

ـ

un cronometro al centesimo di secondo.

(2)

Prima di procedere allo svolgimento dell’esperimento, costruiamo l’apparato strumentale.

Sospendiamo il pesetto al filo non elastico: è possibile realizzare una sospensione bifilare;

in questo modo si evitano le orbite ellittiche della massa pendolare sospesa ad un unico filo e appendiamo il filo all’asta di metallo. Segniamo, poi, con il goniometro le ampiezze di diversi angoli, da 3



a 40



, sul foglio e fissiamo questo all’asta metallica, con l’accortezza di far corrispondere i 0



con la posizione di equilibrio del pendolo. Misuriamo, infine, la lunghezza l del pendolo (per convenzione la lunghezza di un pendolo è data dalla somma della lunghezza del filo e del raggio del pesetto), ottenendo la misura di

( 0,580 0,001 )

l = ± m , avendo il metro sensibilità al millimetro.

L’esecuzione dell’esperimento consiste nello spostare il peso fino ad un segno di riferimento, che indica l’ampiezza α dell’oscillazione, e nel misurare con il cronometro il periodo del pendolo, cioè l’intervallo di tempo necessario a compiere un’oscillazione completa. In realtà non misuriamo un periodo del pendolo, ma contiamo 10 oscillazioni complete, misurandone la durata totale T’. Il periodo del pendolo sarà dato allora dal rapporto T = T ′ 10 . In questo modo l’incertezza su T (dovuta alla sensibilità del cronometro e ai riflessi dello sperimentatore) si distribuisce su 10 periodi, rendendo l’incertezza sul singolo periodo 10 volte più piccola. Ad ogni ampiezza di oscillazione fissata, effettuiamo 20 misure del suddetto tipo.

Dopo aver fatto queste prime 20 misure, cambiamo sistematicamente l’ampiezza α ,

effettuando per ogni ampiezza altre 20 misure. Ricordiamo che lo spostamento iniziale

dalla posizione di equilibrio non deve essere troppo grande: si parla, infatti, di isocronismo

del pendolo per piccole oscillazioni.

(3)

 Dati sperimentali: tabelle ed elaborazione. Propagazione degli errori

 L’isocronismo del pendolo semplice

Raccogliamo le 20 misurazioni fatte per ogni ampiezza fissata nelle seguenti tabelle:

Tabella 1 Tabella 2 Tabella 3 Tabella 4

α = 6



α = 12



α = 18



α = 30



T' (sec) T=T'/10

(sec) T' (sec) T=T'/10

(sec) T' (sec) T=T'/10

(sec) T' (sec) T=T'/10 (sec)

14,95 1,495 15,11 1,511 15,24 1,524 15,23 1,523

15,01 1,501 15,16 1,516 15,04 1,504 15,35 1,535

15,02 1,502 15,17 1,517 15,00 1,500 15,52 1,552

15,20 1,520 15,07 1,507 15,10 1,510 15,22 1,522

14,99 1,499 15,06 1,506 14,94 1,494 15,22 1,522

14,99 1,499 15,33 1,533 15,03 1,503 15,16 1,516

14,89 1,489 14,89 1,489 15,04 1,504 15,22 1,522

15,23 1,523 15,13 1,513 15,06 1,506 15,44 1,544

15,01 1,501 15,29 1,529 15,30 1,530 15,27 1,527

14,99 1,499 15,34 1,534 15,12 1,512 15,23 1,523

15,13 1,513 15,28 1,528 15,13 1,513 15,41 1,541

15,03 1,503 15,26 1,526 15,13 1,513 15,25 1,525

15,03 1,503 15,20 1,520 15,27 1,527 15,43 1,543

15,07 1,507 15,02 1,502 15,09 1,509 15,31 1,531

15,06 1,506 15,14 1,514 14,99 1,499 15,38 1,538

14,99 1,499 15,33 1,533 14,89 1,489 15,16 1,516

15,10 1,510 15,10 1,510 15,13 1,513 15,34 1,534

15,16 1,516 15,20 1,520 15,15 1,515 15,24 1,524

15,20 1,520 15,37 1,537 15,24 1,524 15,24 1,524

15,13 1,513 15,14 1,514 15,02 1,502 15,27 1,527

Osserviamo, preliminarmente, che nel riportare nelle seconde colonne di ciascuna tabella il valore di T = T ′ 10 , si è lasciata l’approssimazione alla terza cifra decimale, per tenere conto della propagazione dell’errore di sensibilità del cronometro, pari a 0,01 sec; pertanto l’errore sul periodo T = T ′ 10 sarà pari a 0, 01/10 sec = 0, 001sec .

Per una prima visualizzazione di come le misure effettuate si distribuiscono,

suddividiamole nei seguenti intervalli contando il numero di misure che cadono in ogni

intervallo. I risultati sono i seguenti.

(4)

NUMERO DI OCCORENZE INTERVALLO

α = ° 6 α = ° 12 α = ° 18 α = ° 30

1. T < 1, 490sec 1 1 1 0

2. 1, 490sec ≤ < T 1,500sec 5 0 2 0

3. 1,500sec ≤ < T 1,510sec 7 3 7 0

4. 1,510sec ≤ < T 1,520sec 4 7 6 2

5. 1,520sec ≤ < T 1,530sec 3 5 3 10

6. 1,530sec ≤ < T 1,540sec 0 4 1 4

7. 1,540sec ≤ < T 1,550sec 0 0 0 3

8. T ≥ 1,550sec 0 0 0 1

Grafichiamo, ora, con un istogramma le occorrenze ottenute, per avere un maggiore impatto visivo su come le misure si sono distribuite.

Con questa prima rappresentazione si mette in evidenza come i valori delle misure tendono ad addensarsi, salvo casi isolati, entro un certo intervallo e come allontanandosi dalla regione centrale i valori si diradano.

α=6°

0 2 4 6 8

1 2 3 4 5 6 7 8

T ( sec)

α=12°

0 2 4 6 8

1 2 3 4 5 6 7 8

T ( sec)

α=18°

0 2 4 6 8

1 2 3 4 5 6 7 8

T ( sec)

α=30°

0 2 4 6 8 10 12

1 2 3 4 5 6 7 8

T (sec)

Occorenze

(5)

Passiamo, ora, ad un’analisi quantitativa più dettagliata: calcoliamo per ogni ampiezza α la media matematica dei periodi mediante la relazione

1 N

i n M

T

T N

= ∑

=

,

essendo T le 20 misurazioni effettuate per ogni ampiezza.

i

Si è scelto di usare la media matematica e non una media pesata, come teoricamente sarebbe logico, perché tutte le 20 misurazioni, effettuate dallo stesso sperimentatore e nelle stesse condizioni, hanno lo stesso peso.

I valori così ottenuti sono rispettivamente:

 per α = 6

,

T

M

= 1,505900 sec

;



per

α = 12

,

T

M

= 1,517950 sec

;



per

α = 18

,

T

M

= 1,509550 sec

;

 per α = 30

,

T

M

= 1,529450 sec

.

Calcoliamo ora l’errore standard di T , mediante la relazione

M

( )

( )

2

1

1

M

N

i M

i

M T

T T

T σ

=

N N

∆ = =

.

I valori così ottenuti sono rispettivamente:

 per α = 6

,

T

M

= 0,002043 sec

;



per

α = 12

,

T

M

= 0,002761 sec

;



per

α = 18

,

T

M

= 0,002435 sec

;

 per α = 30

,

T

M

= 0,002217 sec

.

Poiché è l’errore, con la sua prima cifra significativa, a determinare il numero di cifre decimali da considerare, allora, nei quattro casi esaminati, il periodo del pendolo misurato per ogni ampiezza fissata è

 per α = 6

,

T

1

= 1, 506 ± 0, 002 sec

;



per

α = 12

,

T

2

= 1,518 ± 0, 003sec

;

(6)



per

α = 18

,

T

3

= 1,510 ± 0,002sec

;

 per α = 30

,

T

4

= 1,529 ± 0,002sec

.

Come si vede allora, per le misure effettuate, è confermata anche quantitativamente la legge dell’isocronismo del pendolo per piccole oscillazioni.

I risultati così ottenuti sono basati sul presupposto che le misure di T fossero tutte ugualmente incerte e che le incertezze su α fossero trascurabili. In effetti nel nostro caso, l’incertezza su T è dovuta all’errore di sensibilità del cronometro, ivi compresi anche i riflessi dello sperimentatore, e pertanto le misure su T possono considerarsi ugualmente incerte; mentre nelle misure di α ci sono delle incertezze, dovute, ad esempio, al posizionamento della scala, graduata con i vari angoli, con lo zero in linea con la posizione di equilibrio del pendolo, o dovute all’apertura stessa del pendolo: ci si affidava in questo caso alla proprietà che per tre rette (i due fili che sorreggono il pesetto e la semiretta indicante l’angolo di apertura) passa uno ed un solo piano. Si potrebbe dimostrare che la presenza di incertezze anche in α introdurrebbe una differenza sorprendentemente piccola.

 Misura dell’accelerazione di gravità

Ricordiamo che l’accelerazione di gravità g è legata al periodo T di un pendolo dalla relazione

2 l

T = π g ,

ovvero

2

4 l

2

g = π T .

Allora, calcoliamo i valori di g, mediante la relazione precedente applicata ai valori T

M

trovati in precedenza.

Otteniamo:

 per α = 6

,

g

M

= 10,097072 m/sec

2;



per

α = 12

,

g

M

= 9,937401 m/sec

2;

(7)



per

α = 18

,

g

M

= 10,048303 m/sec

2;

 per α = 30

,

g

M

= 9,788523 m/sec

2.

Essendo ora g una misura indiretta funzione del periodo T e della lunghezza l, mediante la relazione

( ) , 4

2

l

2

g g T l π T

= = ,

per calcolare l’errore standard di g, dobbiamo usare le leggi di propagazione degli errore, ovvero:

2

2 2

2 2 2

2

2

( ) 2 ( );

( ) ( );

;

4 .

r r

r r r

r

e T e T

e l e l e T T

l l l

M e

T T T

g l π T

= ⋅

 

= +

 

 

     

∆   =   ⋅  

     

 

∆ = ⋅∆  

 

Applicando, allora, queste formule al nostro caso, ovvero per T = T

M

e per l = 0, 58 m , otteniamo i seguenti valori:

 per α = 6

,

∆ = g 0,032458 m/sec

2;



per

α = 12

,

∆ = g 0,040006 m/sec

2;



per

α = 18

,

∆ = g 0,036755 m/sec

2;

 per α = 30

,

∆ = g 0,033012 m/sec

2.

Poiché, come al solito, è l’errore, con la sua prima cifra significativa, a determinare il numero di cifre decimali da considerare, nei quattro i casi esaminati, allora, l’accelerazione di gravità nel laboratorio misurata per ogni ampiezza fissata è

 per α = 6

,

g

1

= 10,10 ± 0, 03 / sec m

2;



per

α = 12

,

g

2

= 9, 94 ± 0, 04 / sec m

2;



per

α = 18

,

g

3

= 10, 05 ± 0,04 / sec m

2;

 per α = 30

,

g

4

= 9, 79 ± 0, 03 / sec m

2.

(8)

Poiché, infine, il valore di g all’interno del laboratorio deve essere costante, possiamo pensare di fare la media dei valori precedentemente ottenuti. In questo caso, però, non faremo la media matematica, in quanto i quattro valori precedenti di g, avendo incertezza diversa, hanno anche peso diverso. Per tal motivo, allora, faremo una media pesata, attraverso i coefficienti peso rappresentati dai termini 1 ( ) g

i 2

:

2

1

2

1

1

1

N

i

i i

M N

i i

g g g

g

=

=

   

   ⋅ 

   

 

=  

 

 ∆ 

,

ottenendo

9,963 / sec

2

g

M

= m

con un errore standard dato da

( )

( )

2

1

1

M

N

i M

i

M g

g g

g σ

=

N N

∆ = =

,

ovvero, per i nostri dati,

0, 068678 / sec

2

g

M

m

∆ = .

In conclusione possiamo, allora, dire che l’accelerazione di gravità, all’interno del laboratorio, misura, sulla base dei nostri dati,

( 9,96 0, 07 )

2

sec

g = ± m .

(9)

 Considerazioni finali

Nella misura diretta delle dieci oscillazione complete del pendolo, si sono sicuramente verificati errori casuali. Una sicura fonte di errore casuale è rappresentata dal tempo di reazione dell’osservatore nell’avviare e nell’arrestare il cronometro e poiché il ritardo nell’avvio o nell’arresto del cronometro può variare impercettibilmente da misura a misura, questo causa una sottostima o una sovrastima del tutto casuale nel periodo misurato. Altre fonti di errori casuali potrebbero essere dovute a piccole vibrazioni della struttura che sostiene il pendolo o a piccole correnti d’aria: queste variazioni sono tipicamente causali e si manifestano solo se la sensibilità del cronometro è sufficientemente alta.

L’errore sistematico, invece, in questo tipo di misura può provenire sia da un cattivo

funzionamento del cronometro sia da una non perfetta procedura di misura (ad esempio un

errore di parallasse nell’allineare i fili che sostengono il pesetto con la semiretta che indica

l’angolazione da cui partire). In entrambi i casi si tratta di errori sistematici in quanto

agiscono sempre in una determinata direzione (sottostima o sovrastima del valore della

grandezza in esame) e non sono da noi valutabili, e quindi eliminabili, a priori.

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