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RAPPORTO STATISTICO LIGURIA 2010CMYCMMYCYCMYK

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RAPPORTO

STATISTICO

LIGURIA 2010

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REGIONE LIGURIA

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RAPPORTO STATISTICO LIGURIA 2010

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RAPPORTO STATISTICO LIGURIA 2010

Il Rapporto Statistico Regionale della Liguria, realizzato nell'ambito della collaborazione con Istat ed Unioncamere Liguria, consolida un appuntamento informativo di analisi dei fenomeni economico-sociali liguri. Il lavoro si basa su un'articolata attività di ricerca e analisi, con l'obiettivo di fornire alle istituzioni e a tutti gli operatori del sistema economico-sociale della regione un momento di riflessione indispensabile sia per la pianificazione che per il monitoraggio dei risultati delle politiche e delle attività che incidono sul territorio e costituiscono la base dello sviluppo e della crescita, non solo nell'aspetto economico, ma anche socio-culturale. L'attuale edizione consiste in due volumi, il primo dei quali presenta un'analisi congiunturale della situazione socio-economica della Liguria mentre il secondo, realizzato per contribuire alle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, analizza i cambiamenti intervenuti nel territorio, nella popolazione e nella società nel periodo storico 1861-2011.

Nel primo volume si esamina il contesto macroeconomico ligure, con particolare riferimento alle recenti dinamiche dell'economia, delle imprese e del mercato del lavoro. Vengono altresì esplorati fenomeni legati più direttamente alle famiglie prendendo in considerazione la formazione e la dinamica del reddito disponibile, le condizioni socio-economiche ed abitative e la spesa nell'area sociale dei comuni.

La vera novità del Rapporto 2010 è rappresentata dal volume allegato di “Analisi storica dal 1861 al 2011”. La pubblicazione riporta un'analisi storica dello sviluppo demografico regionale con alcuni approfondimenti sia su tematiche prettamente demografiche come la natalità, la mortalità, la nuzialità, sia su temi che hanno valenza sociale ed economica come la mortalità infantile, l'analfabetismo e la scolarizzazione, la condizione economica e i differenziali regionali nel prodotto pro-capite. Il volume si apre con una sezione riguardante le variazioni territoriali intercorse nel periodo storico considerato, sia con riferimento ai confini amministrativi, sia ai toponimi. Tali variazioni territoriali sono rappresentate in modo efficace da carte schematiche rilevate nei momenti storici di maggior cambiamento che evidenziano la dinamica dei confini. L'analisi storica si conclude con la monografia relativa alle elezioni politiche effettuate nei 150 anni decorrenti dall'Unità d'Italia sino ad oggi. In particolare vengono proposti confronti tra la Liguria e l'Italia per i risultati elettorali e la partecipazione al voto, preceduti da una contestualizzazione storica dell'evoluzione normativa inerente i sistemi elettorali, i collegi elettorali e l'estensione del suffragio.

Per il sistema socio-economico sviluppato sul territorio, in cui le istituzioni hanno un ruolo fondamentale, costituisce elemento indispensabile la conoscenza basata su analisi rigorose e scientifiche di dati statistici ufficiali e garantiti da metodologie di raccolta ed elaborazione oggettive e condivise. Il Rapporto Statistico Liguria 2010 è uno strumento utile alla comprensione delle dinamiche e delle trasformazioni del territorio e all'agire consapevole dell'azione politico-amministrativa dei decisori pubblici e privati.

Giovanni Battista Poggi

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INDICE

Sintesi dei contenuti Pag. 5

1 LA DINAMICA RECENTE DELL’ECONOMIA LIGURE: IL

QUADRO MACROECONOMICO DI BASE ………... “ 7

1.1 Il contesto internazionale e nazionale ………. “ 7

1.2 Le informazioni congiunturali a livello territoriale ………. “ 7

1.3 La dinamica della produzione a livello settoriale ……… “ 10

1.4 Le componenti della domanda aggregata: consumi, investimenti ed esportazioni ………. “ 11

1.5 L’evoluzione recente del mercato del lavoro: informazioni dalla Rilevazione sulle forze di lavoro ………... “ 12

1.6 I redditi da lavoro dipendente ………. “ 13

2 LA DEMOGRAFIA DELLE IMPRESE ………. “ 17

2.1 La struttura imprenditoriale ligure: alcune informazioni generali …………. “ 17

2.2 La demografia d’impresa tramite le informazioni del sistema camerale …… “ 17

2.3 L’artigianato ……… “ 21

2.4 L’imprenditoria straniera ………. “ 22

2.5 L’imprenditoria femminile ……….. “ 23

Le imprese e la crisi in Liguria: qualche dato su credito, capitale di rischio e fallimenti ………. “ 24

3 IL MERCATO DEL LAVORO ………… ………... “ 27

3.1 Struttura demografica e partecipazione al mercato del lavoro ……… “ 27

3.2 La dinamica recente di occupazione, partecipazione e disoccupazione …….. “ 29

3.3 La disoccupazione di lunga durata ……….. “ 32

Crisi economica, scoraggiamento e misure alternative del tasso di disoccupazione ……… “ 33

3.4 La crisi ed il mercato del lavoro: un impatto generazionale decisamente eterogeneo ………... “ 35

3.5 L’occupazione a tempo determinato ed indeterminato ………... “ 39

3.6 L’occupazione per tipologia di orario ………. “ 40 ...

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3.8 Occupazione regolare e irregolare ………... Pag. 42

3.9 Occupati e disoccupati nelle province ………. “ 42

La crisi ed il lavoro attraverso i dati del sistema delle comunicazioni obbligatorie……… “ 43

3.10 Il lavoro dipendente: alcune informazioni provenienti dagli archivi Inps …... “ 44

3.11 Il mercato del lavoro attraverso le informazioni del Sistema Informativo Excelsior ...………... “ 46

3.12 Il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni fra il 2005 ed il 2010 ………….. “ 52

4 FORMAZIONE E DINAMICA DEL REDDITO DISPONIBILE DELLE FAMIGLIE ……….. “ 55

5 LE CONDIZIONI SOCIO-ECONOMICHE DELLE FAMIGLIE …….. “ 59

5.1 La distribuzione del reddito ………. “ 59

5.2 Il disagio economico e la deprivazione ……… “ 63

5.3 Le famiglie povere ………... “ 65

6 ASPETTI DELLA CONDIZIONE ABITATIVA ………... “ 71

6.1 Caratteristiche delle abitazioni e problemi delle famiglie: confronti regionali “ 71 6.2 Il mercato immobiliare: quotazioni ……….. “ 78

6.3 Il mercato immobiliare: transazioni ………. “ 81

6.4 Il mercato immobiliare: superfici ……… “ 87

6.5 Provvedimenti di sfratto ………... “ 90

6.6 Considerazioni conclusive ………... “ 93

7 LA SPESA PER L’ASSISTENZA SOCIALE: AREE “FAMIGLIA E MINORI”, “ANZIANI” E “DISABILI” ……….. “ 95

7.1 La spesa sociale nell’area “Famiglia e minori”……… “ 101

7.2 La spesa sociale per gli asili nido ……… “ 103

7.3 La spesa sostenuta per gli “Anziani”…... ……… “ 104

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SINTESI DEI CONTENUTI1

La seconda edizione del Rapporto Statistico della Liguria ha l’obiettivo di offrire un quadro della situazione sociale della regione, trattando un insieme di temi socio-economici certamente non esaustivo ma comunque assai ampio. Viene fornita qui di seguito una presentazione sintetica dell’organizzazione del lavoro, degli argomenti, nonché di alcuni dei principali risultati emersi nel corso della trattazione, rinviando il lettore ai singoli capitoli (che in genere si prestano anche ad una lettura autonoma) per una disamina più approfondita di ciascun tema.

I primi quattro capitoli del Rapporto in particolare sono dedicati ad un’analisi dell’impatto della crisi economica, attraverso una lettura dei principali indicatori macroeconomici.

Come osservato nel primo capitolo (basato sulle informazioni della contabilità nazionale), la Liguria ha scontato un arretramento dei livelli di produzione e valore aggiunto già nel corso del 2008, per poi subire –al pari dell’intero territorio nazionale- un’ancor più forte caduta nel corso del 2009, anno che ha rappresentato il culmine della fase recessiva. Ponendosi in coda ad un periodo già segnato da tassi di crescita modesti, l’entità di queste variazioni è stato talmente marcata da portare il prodotto interno lordo ad un ordine di grandezza prossimo a quello di dieci anni prima; un risultato simile è riscontrabile nei dati nazionali.

Il secondo capitolo sfrutta il potenziale informativo dei registri camerali, al fine di delineare i principali aspetti del sistema imprenditoriale ligure. Se da una parte i dati relativi a fallimenti e protesti indicano come la parte finale del decennio appena concluso sia stato particolarmente difficile per le imprese, va anche sottolineato che i dati sulla demografia d’impresa offrono qualche motivo di ottimismo, visto che il saldo fra iscrizioni e cessazioni nel 2010 è risultato per la prima volta positivo dopo tre anni consecutivi di diminuzione.

L’andamento del mercato del lavoro negli ultimi anni -in particolare fra il 2008 ed il 2010- è l’oggetto di un’estesa trattazione nel terzo capitolo. Gli indicatori principali del mercato del lavoro hanno iniziato a subire segni di peggioramento a partire dalla seconda metà del 2008, con un incremento del tasso di disoccupazione, la contestuale diminuzione del tasso di occupazione ed il venir meno di un percorso di crescita della partecipazione al mercato del lavoro osservato negli anni precedenti. Se i dati regionali complessivi presentano già variazioni significative ed indicative dell’andamento del mercato del lavoro (il tasso di disoccupazione medio nel 2010 è risultato di oltre due punti e mezzo superiore a quello di tre anni prima), l’analisi disaggregata degli indicatori (per genere, classi di età, tipologie di occupazione, ecc.) risulta forse ancor più interessante. Basti citare qui sinteticamente due aspetti. In primo luogo emerge dai dati una netta frattura generazionale, che vede i giovani in condizioni di particolare svantaggio nel mercato del lavoro e colpiti in modo più duro dalla crisi; l’impatto della recessione sulle generazioni più giovani si è manifestato principalmente attraverso una riduzione del livello di partecipazione al mercato del lavoro, ed è solo in parte evidenziato dall’andamento del tasso di disoccupazione (il cui andamento in taluni casi è anzi fuorviante). In secondo luogo, secondo le stime disponibili, circa i 9/10 dei posti di lavoro persi fra il 2009 ed il 2010 erano a tempo determinato, una tipologia contrattuale molto più diffusa fra le donne che fra gli uomini. Completano il capitolo una dettagliata analisi temporale e provinciale del recente (e massiccio) ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni ed i dati del sistema informativo Excelsior (che offre un interessante spaccato sulle previsioni di assunzione delle imprese).

Il quarto capitolo, sfruttando nuovamente le informazioni della contabilità nazionale e territoriale, si concentra sulla formazione e la dinamica del reddito disponibile delle famiglie. La presenza di un’ampia platea di beneficiari di prestazioni pensionistiche in Liguria ha come effetto quello di ridurre -rispetto a quanto avviene mediamente in Italia- lo scarto percentuale fra il reddito pro-capite generato dalle attività produttive e quello disponibile al netto dei trasferimenti e/o prelievi del

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settore pubblico; per lo stesso motivo, inoltre, la dinamica del reddito disponibile delle famiglie è meno erratica di quello della produzione. Nondimeno, l’impatto della crisi è stato molto forte, cosicché anche dal punto di vista della crescita del reddito disponibile quello trascorso appare come un “decennio perso”.

Una panoramica delle informazioni principali circa la distribuzione del reddito, l’incidenza della povertà ed altri indicatori statistici socio-economici è offerta nel quinto capitolo. L’analisi regionale basata sul classico indice di Gini mostra che la distribuzione del reddito in Liguria presenta un grado di diseguaglianza inferiore a quello medio italiano. Anche l’incidenza della povertà relativa nella regione è inferiore a quella media nazionale. Tuttavia, quando si passa dai confronti regionali ad un’analisi temporale, emergono segnali di crescente disagio; coerentemente con le informazioni di contabilità territoriale, anche i dati provenienti dalle indagini sociali condotte dall’Istat mostrano che la quota di popolazione che si dichiara almeno “abbastanza soddisfatta” della propria situazione economica mostra una chiara tendenza alla diminuzione nell’ultimo decennio.

Il sesto capitolo propone un’ampia trattazione delle problematiche della condizione abitativa nella regione. Fra gli elementi più rilevanti emerge che in Liguria la quota di famiglie che vivono in abitazioni di proprietà risulta mediamente inferiore a quanto avviene in Italia, mentre l’incidenza delle spese per abitazione sul reddito è superiore di oltre due punti percentuali. In conseguenza di quotazioni mediamente più elevate, in Liguria occorrono più annualità di reddito per l’acquisto della casa (9,6 annualità contro una media nazionale di 6,2); di riflesso, la nostra regione è anche quella in cui la rendita da immobili locati risulta più elevata. Il capitolo contiene anche un’analisi dell’andamento del mercato immobiliare, caratterizzato negli ultimi anni da una progressiva ed evidente diminuzione del numero di transazioni.

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1 LA DINAMICA RECENTE DELL’ECONOMIA LIGURE: IL QUADRO

MACROECONOMICO DI BASE1

1.1 Il contesto internazionale e nazionale

I dati forniti dall’ultima edizione del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale (aprile 2011) descrivono uno scenario di complessiva ripresa dell’economia mondiale, ma caratterizzato da notevole eterogeneità nella capacità di recupero dei singoli paesi e delle singole aree geografiche. L’economia mondiale, dopo aver subito nel 2009 una contrazione dello 0,5% (dovuta essenzialmente alla depressione che ha colpito i paesi più avanzati, che avevano visto la produzione ridursi di quasi tre punti percentuali e mezzo), è tornata a crescere nel corso del 2010 ad un tasso del 5%; la ripresa è trainata dalle economie emergenti (la cui produzione è aumentata del 7,3%), mentre le economie avanzate hanno registrato un tasso di variazione del PIL del 3% e quindi solo in parte recuperato i livelli di produzione del 2008.

Si osservano sensibili differenze nei tassi di crescita sia fra le differenti aree geografiche che compongono il gruppo delle economie avanzate, sia all’interno delle stesse aree. Mentre gli USA sembrano avviati a recuperare abbastanza velocemente i livelli di produzione antecedenti la crisi, i paesi dell’area dell’euro hanno concluso il 2010 con un incremento di produzione (1,7%) nettamente al di sotto della perdita dell’anno precedente (-4,1%), senza che siano previste accelerazioni nel corso del 2011. Tuttavia, anche all’interno dell’area dell’euro i tassi di variazione del PIL sono estremamente differenziati; a fronte di paesi che si muovono lungo un sentiero di veloce ripresa (è il caso della Germania, la cui produzione, dopo una caduta di quasi il 5% nel 2009, dovrebbe aumentare a tassi annui fra il 2,5% ed il 3,5%), altri - che si trovano alle prese con situazioni di particolare dissesto finanziario (come la Grecia ed il Portogallo) - probabilmente sconteranno un’ulteriore caduta del livello di attività economica nel corso del 2011.

In un gruppo intermedio si colloca l’Italia: in termini reali il PIL del nostro paese, dopo aver iniziato a diminuire già nel 2008 ed aver subito un’ulteriore e più violenta caduta (di oltre il 5%) nel 2009 (cfr. Fig.1a), è cresciuto su base annua in misura pari all’1,3% nel 2010 e si prevede continui ad aumentare grossomodo a questo ritmo nel 2011 e nel 2012, il che implica un lento recupero dei livelli di produzione pre-crisi. Alla ripresa della produzione, secondo le stime FMI, si dovrebbe affiancare un aumento dell’inflazione, con il tasso di variazione dei prezzi al consumo che si attesterebbe intorno al 2%, circa mezzo punto percentuale in più rispetto al 2010.

Dati sull’effettiva dinamica nazionale di produzione e prezzi nei primi mesi del 2011 sono forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat). Secondo stime preliminari diffuse dall’Istat a maggio 2011, nel primo trimestre dello stesso anno il PIL italiano ha registrato una crescita pari all’1% (a prezzi costanti) rispetto ai livelli di produzione dello stesso periodo dell’anno precedente. Inoltre l’indice dei prezzi al consumo continua a seguire un sentiero di crescita, che dura quasi ininterrottamente dall’estate del 2009: la variazione tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo NIC era pari al 1,9% all’inizio dell’anno ed ha continuato ad aumentare sensibilmente, raggiungendo il 2,6% ad aprile 2011, con i prezzi dei beni energetici che giocano un ruolo rilevante nel riaccendersi della dinamica inflazionistica (si veda Fig.1b).

1.2 Le informazioni congiunturali a livello territoriale

Le ultime (e provvisorie) stime macroeconomiche fornite dai “Conti economici regionali” dell’Istat indicano che in Liguria il livello della produzione interna lorda nel 2009 sarebbe stata pari a circa

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43,4 miliardi di euro (vedi Tav.1)2; ciò significa per la regione una caduta della produzione pari a circa 3,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente (si veda nuovamente in proposito Fig.1a). Tale contrazione del PIL (che rispecchia l’andamento fortemente recessivo registrato in Italia e nei maggiori paesi industrializzati) in realtà era già stata preceduta da una caduta della produzione regionale fra il 2007 ed il 2008 pari a circa lo 0,7%. Sono variazioni comunque meno marcate di quelle osservate a livello nazionale, dove la produzione interna lorda è diminuita dell’1,3% fra il 2007 ed il 2008 e addirittura del 5,2% nell’anno successivo. La caduta della produzione ovviamente rispecchia anche un minor impiego di fattori produttivi, in particolare il lavoro; secondo i Conti economici regionali le unità di lavoro totali (ULA) impiegate nel processo produttivo in Liguria nel 2009 erano circa 657.000, il 2,2% in meno dei livelli del 2007.3

La caduta dei livelli di attività economica del 2008-2009 va a concludere un decennio, che nella sua fase iniziale era già stato contraddistinto da una fase recessiva e che quindi sembra potersi qualificare come un “decennio perso” (almeno dal punto di vista della crescita), giacché i livelli di produzione del 2009 (sia in Liguria, sia in Italia) erano inferiori a quelli del 2001.

Fig.1a Tassi di crescita del prodotto interno lordo (da serie a prezzi costanti)

-6 -3 0 3 6 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 Ta ss i d i c re sc ita a nn ua li d el P IL (% ) Liguria Italia

Fig.1b Dinamica dei prezzi al consumo (NIC) in Liguria e in Italia 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5

Gen_06 Lug_06 Gen_07 Lug_07 Gen_08 Lug_08 Gen_09 Lug_09 Gen_10 Lug_10 Gen_11

Ta ss i t en de nz ia li d i in fla zi on e Liguria Italia

2 Per semplicità espositiva le tavole sono inserite alla fine del capitolo. Tutti i dati utilizzati per la costruzione di grafici e tavole del capitolo sono di fonte Istat.

3 Le ULA costituiscono l’unità di misura standard dell’impiego di fattore lavoro nei processi produttivi.

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Questa impressione fornita dalla dinamica del PIL aggregato sembra confermata (se non rafforzata), quando si passa al calcolo dei tassi medi di variazione della produzione interna lorda pro-capite e per unità di lavoro (utilizzando quest’ultima come una misura della produttività del lavoro). Come si desume da Fig.2a, il valore reale del PIL per abitante nel 2009 secondo le stime disponibili si sarebbe collocato su livelli inferiori a quelli del 2000, determinando un tasso medio di variazione nel periodo leggermente negativo (-0,1%). Valore aggiunto e PIL per unità di lavoro (ULA) del 2009 sarebbero invece sostanzialmente tornati agli stessi livelli di inizio decennio.

Fig.2a Tassi medi annui di crescita 2000-2009

-0,6 -0,4 -0,2 0,0 0,2 0,4 0,6 0,8

Popolazione ULA PIL PIL per

abitante

PIL per ULA

Tassi medi annui di crescita (%) (crescita PIL calcolata su dati a prezzi costanti)

Liguria Italia

In una prospettiva di più lungo periodo va notato che, mentre il valore aggiunto per unità di lavoro in Liguria nel 1995 era leggermente inferiore ma sostanzialmente simile alla media dell’Italia, a partire dal 1999 si è collocato stabilmente al di sopra del corrispondente valore nazionale, raggiungendo un differenziale massimo intorno al 2003-2004 (cfr. Fig.2b).

Fig.2b La dinamica del valore aggiunto per unità di lavoro (migliaia di euro a prezzi costanti)

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Più limitate sono le informazioni circa la dinamica attuale e futura della produzione regionale. Secondo le stime prodotte da Unioncamere – Prometeia4, il tasso di variazione annuale del prodotto interno lordo ligure nel 2010 dovrebbe essersi attestato intorno allo 0,9%, ad un livello inferiore quindi rispetto sia a quello nazionale (valutato in misura pari al 1,2% al momento in cui tali stime sono state pubblicate), sia a quello della ripartizione di appartenenza, il Nord-Ovest (1,5%).

Lo stesso documento prevede che negli anni seguenti il PIL italiano seguirà ancora una traiettoria di ripresa, crescendo su base annua in misura pari all’1,3% nel 2011 ed al 2% nel 2012. Dovrebbero essere proprio le ripartizioni settentrionali a guidare la ripresa nazionale, dopo aver subito in modo più marcato la crisi recessiva del 2009. In particolare i tassi di crescita del PIL nel Nord-Ovest sono previsti in misura pari all’1,6% nel 2011 ed al 2,3% nel 2012, con il rilancio degli investimenti nel settore manifatturiero e della domanda estera a sostenere in maggior misura l’incremento della produzione aggregata. In questo quadro, tuttavia, la ripresa della produzione in Liguria (dove il comparto manifatturiero riveste un ruolo minore confronto alle altre regioni del Nord), avverrebbe a ritmi decisamente inferiori, con una crescita regionale del prodotto interno lordo pari soltanto allo 0,8% nel 2011 (la metà rispetto al Nord-Ovest nel complesso) ed all’1,5% nel 2012. Le altre stime contenute nello stesso rapporto Unioncamere – Prometeia indicano che alla base della previsione di una minor crescita dell’economia ligure si trova una dinamica più contenuta praticamente di tutte le componenti della domanda aggregata (solo la crescita dei consumi delle famiglie si collocherebbe su valori simili a quelli, comunque modesti, previsti per il territorio nazionale).

Secondo le informazioni provenienti dalle indagini sui prezzi al consumo dell’Istat, la dinamica dell’inflazione osservata in Liguria è stata sostanzialmente simile a quella nazionale (si veda nuovamente Fig.1b); l’indice NIC calcolato a livello regionale si muove lungo un trend di crescita dal secondo semestre del 2009 e ha registrato un’ulteriore accelerazione dalla seconda metà dell’anno successivo, passando nel giro di pochi mesi dall’1,6% di luglio 2010 al 2,5% a marzo 2011.

1.3 La dinamica della produzione a livello settoriale

Secondo le stime provvisorie dei Conti economici regionali fra il 2007 ed il 2009 praticamente tutti e tre i macro-settori dell’economia regionale avrebbero subito al tempo stesso una riduzione delle unità di lavoro impiegate ed una contrazione ancora maggiore del valore aggiunto (si veda Tav.2); ciò ha comportato una riduzione generalizzata dei livelli di produzione e produttività (tale riduzione si concentra prevalentemente nel 2009). Da un punto di vista quantitativo, tuttavia, i numeri disponibili indicano che la crisi di fine decennio ha colpito in modo asimmetrico i differenti settori produttivi, risultando particolarmente dura nel comparto manifatturiero, dove fra il 2007 ed il 2009 le unità di lavoro si sono ridotte ad un tasso medio annuo di quasi il 3% ed il valore aggiunto del 6,5%; di conseguenza il valore aggiunto per unità di lavoro sarebbe diminuito ad un tasso medio annuo del 3,6% nel biennio considerato (la diminuzione riguarda sia l’industria in senso stretto, sia le costruzioni). Nel settore dei servizi si sono osservate riduzioni sia nelle unità di lavoro impiegate, sia nel valore aggiunto generato, ma di dimensione molto più contenuta, cosicché la produttività del settore si è contratta ad un tasso medio dello 0,5%. Il settore che raggruppa agricoltura, silvicoltura e pesca è l’unico per il quale l’impiego di fattore lavoro sarebbe rimasto sostanzialmente stabile fra il 2007 ed il 2009, ma anche quello che registra la maggiore riduzione relativa del livello di produzione (e di produttività), con il valore aggiunto che ha subito riduzioni fra il 4% ed il 5% nel 2008 e nel 2009.

4 Si veda il rapporto “Scenari di sviluppo delle economie locali” pubblicato a novembre 2010.

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Da queste dinamiche è quindi derivata un’ulteriore accentuazione del processo di terziarizzazione (vedi Fig.3). Nel 2009 circa l’82% del valore aggiunto complessivamente generato sul territorio ligure proveniva dal solo settore dei servizi, mentre l’“industria in senso stretto” (ossia non comprensiva del settore delle costruzioni) rappresentava il 12% del totale. Queste cifre indicano un quadro di specializzazione produttiva sensibilmente differente rispetto all’intero territorio nazionale, dove servizi e industria in senso stretto nel 2009 pesavano rispettivamente per circa il 72,5% ed il 19,5% del valore aggiunto prodotto in Italia. Il confronto fra i dati 2000 e quelli 2009 indica comunque che la tendenza ad un crescente peso del ruolo dei servizi è comune agli aggregati territoriali.

Fig.3 Composizione per branca del valore aggiunto in Liguria e in Italia 2,1 1,6 2,8 2,6 14,7 12,1 23,4 19,4 4,3 4,5 5,0 5,3 78,9 81,9 68,8 72,6 0% 20% 40% 60% 80% 100%

Liguria 2000 Liguria 2009 Italia 2000 Italia 2009

Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria in senso stretto Costruzioni Servizi

1.4 Le componenti della domanda aggregata: consumi, investimenti ed esportazioni

Le informazioni relative alle componenti della domanda aggregata e con dettaglio regionale sono disponibili con un grado di ritardo piuttosto eterogeneo; l’ultima edizione dei “Conti economici regionali” infatti fornisce fino al 2009 stime (provvisorie) sui consumi finali delle famiglie, ma solo fino al 2007 dati sui consumi aggregati di tutti i settori istituzionali e sugli investimenti fissi lordi. Sono invece disponibili (tramite la base dati “Coeweb” dell’Istat) informazioni più aggiornate sull’andamento delle esportazioni regionali. Di seguito si richiamano sinteticamente alcuni aspetti della dinamica di tali aggregati.

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entra in recessione. I dati liguri mostrano un andamento simile, con la differenza che la fase di diminuzione comincia già dal 2003 e si accentua dopo il 2006.

Fig.4 Dinamica dei consumi finali sul territorio per residente (valori concatenati con base 2000)

11,0 12,5 14,0 15,5 1995 1998 2001 2004 2007 C on su m i p er re si de nt e (m ig lia ia d i eu ro ) Liguria Italia

Gli investimenti fissi lordi del 2007 sono stimati ad oltre 7,6 miliardi di euro (a prezzi correnti), quasi il 10% in più dell’anno precedente e circa il 17% della produzione interna lorda del 2007 stesso. Circa il 78% dell’accumulazione di capitale fisico riguarda il settore dei servizi, il 18,6% l’industria in senso stretto; gli altri settori rivestono un peso decisamente minore (solo il 2,4% le costruzioni, l’1% agricoltura, silvicoltura e pesca).

Le esportazioni regionali si sono mosse in controtendenza fra il 2008 ed il 2009, segnando una variazione percentuale positiva del 9,5%, laddove tutte le regioni italiane avevano registrato una contrazione sensibile delle vendite all’estero (fra il 2008 ed il 2009 a livello nazionale la fortissima caduta delle esportazioni, riflesso della frenata globale degli scambi internazionali, è stata superiore al 21%).5 Le esportazioni regionali sono ulteriormente cresciute fra il 2009 ed il 2010, ma ad un tasso decisamente inferiore sia rispetto all’anno precedente, sia rispetto alla media nazionale (15,7%).

1.5 L’evoluzione recente del mercato del lavoro: informazioni dalla Rilevazione sulle forze di lavoro (Istat)

Il numero medio di occupati in Liguria nell’ultimo trimestre del 2010 era stimato in circa 636.800 unità, in diminuzione sia rispetto al trimestre precedente di circa 1.500 unità (il che implica una variazione congiunturale pari allo -0,4%), sia soprattutto allo stesso trimestre dell’anno precedente con una perdita di circa 20.800 posti (equivalenti ad una riduzione tendenziale di oltre 3 punti percentuali). In sostanza, dopo aver raggiunto un picco nella prima metà del 2008, l’occupazione ligure si è mossa lungo un sentiero di decrescita, solo parzialmente interrotto da un lieve ripresa alla fine del 2009 prima di una nuova brusca caduta all’inizio del 2010. Questa traiettoria si rispecchia 5 Nell’eccezionale performance della Liguria aveva giocato un ruolo rilevante il settore dei mezzi di trasporto (ed in particolare la voce “Navi ed imbarcazioni”).

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nell’andamento degli usuali indicatori del mercato del lavoro; in particolare, il tasso di disoccupazione in Liguria si collocava nell’ultimo trimestre del 2010 al 7,3%, circa un punto e mezzo in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel confronto con i dati nazionali e quelli ripartizionali, i dati liguri dell’ultimo trimestre 2010 indicano quindi andamenti congiunturali e tendenziali lievemente peggiori; in Italia il numero degli occupati nell’ultimo trimestre dello scorso anno era in sostanza sugli stessi livelli di fine 2009 ed in lieve crescita (0,6%) rispetto al trimestre precedente, mentre nel Nord-Ovest si è registrata una lieve flessione dell’occupazione in termini tendenziali (-0,2%), ma al tempo stesso un aumento dell’1,4% rispetto al trimestre precedente. Il peggioramento dei principali indicatori nel corso del 2010 (con un aumento del tasso di disoccupazione ed una contrazione di quelli di attività e occupazione) sembra indicare che l’impatto della crisi sul mercato del lavoro stia avvenendo con un certo ritardo temporale rispetto alla caduta della produzione (con il rischio che ci possa volere ancora non poco tempo per vedere un sostanziale mutamento di direzione nella dinamica dei livelli di disoccupazione e partecipazione al mercato del lavoro).

1.6 I Redditi da lavoro dipendente

L’ultima edizione dei conti economici regionali pubblicata dall’Istat fornisce stime sul livello nominale annuale dei redditi da lavoro dipendente fino al 2009. Tali stime (che per gli anni 2008 e 2009 hanno ancora natura provvisoria) includono anche un dettaglio settoriale. Oltre ai redditi da lavoro dipendente, vengono fornite (su un orizzonte temporale che però si chiude nel 2007) informazioni anche sulle due componenti, retribuzioni lorde e contributi sociali, che concorrono a formare tali redditi. Combinando tali informazioni con quelle disponibili sulle unità di lavoro dipendente, è possibile delineare l’evoluzione seguita dalla remunerazione del fattore lavoro nel corso degli ultimi anni.

Dall’elaborazione delle informazioni disponibili emerge che in Liguria i redditi da lavoro dipendente per unità di lavoro in termini reali nel periodo 1995-2007 sono cresciuti ad un tasso medio annuo molto modesto e pari a circa lo 0,3%, in linea con quanto osservato a livello nazionale dove lo stesso tasso è calcolato in misura pari allo 0,2%.6 Le retribuzioni lorde (per unità di lavoro) sono aumentate nello stesso periodo ad un tasso medio più elevato (0,7%) dei redditi da lavoro dipendente; la differenza è dovuta al fatto che i contributi per unità di lavoro del 2007 si collocavano su livelli inferiori a quelli del 1995 (con una diminuzione media annua dello 0,8%), per effetto di provvedimenti legislativi intervenuti alla fine degli anni Novanta (in effetti quasi tutta la riduzione del valore reale dei contributi per unità di lavoro si concentra nella parte finale di quel decennio - con una riduzione particolarmente marcata anche in termini nominali nel 1998, mentre dal 2000 in poi il loro valore è stato tendenzialmente crescente).

Ad ogni modo, se si concentra l’analisi sul periodo successivo alla fine degli anni Novanta, il quadro che emerge non è molto differente. Nel periodo 2000-2007 infatti i redditi lordi da lavoro dipendente per unità di lavoro sono cresciuti in termini reali ad un tasso medio comunque modesto e pari a circa lo 0,5% (questo è in sostanza anche il tasso di aumento registrato nello stesso periodo sia dalle remunerazioni lorde, sia dai contributi, rapportando sempre entrambe le variabili alle unità di lavoro).

Elaborando i dati provvisori forniti dai Conti economici regionali per il periodo successivo al 2007, i redditi da lavoro dipendente per unità di lavoro nel periodo 2008-2009 sarebbero cresciuti ulteriormente ad un tasso medio nel biennio pari a circa il 3,2% in termini nominali ed all’1,3% in termini reali. Si deve sottolineare, tuttavia, che buona parte di questo aumento è legata soprattutto alla riduzione dell’impiego del fattore lavoro, essendo le unità di lavoro dipendenti diminuite ad un

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tasso annuo di circa l’1,1% sia nel 2008 sia nel 2009 (tale riduzione è in effetti stata abbastanza forte da riportare le ULA a circa 448.000 unità, in sostanza lo stesso livello del 2000). Se confermati dai successivi aggiornamenti della contabilità territoriale, questi dati comunque indicherebbero una dinamica dei redditi lordi per unità di lavoro abbastanza simile a quella osservata a livello nazionale (ed anzi leggermente migliore).

I dati sulla remunerazione del fattore del lavoro aggregati a livello regionale nascondono tuttavia rilevanti differenze di tipo settoriale. Nel settore dei servizi (che occupa quasi l’80% della forza lavoro regionale), i redditi da lavoro dipendente per unità di lavoro sono cresciuti in termini reali ad un tasso medio superiore a quello medio regionale, e cioè ad un ritmo dello 0,7% nel periodo 2000-2007 e poco di più nel periodo 2000-2009 sulla base dei dati provvisori; inoltre la crescita intervenuta fra il 2007 ed il 2009 sarebbe effettivamente frutto di un aumento del livello di remunerazione, e non di una riduzione delle unità di lavoro (la cui dimensione è rimasta sostanzialmente stabile fra il 2007 ed il 2009 intorno a 356.000 unità).

Ben diverso l’andamento degli altri settori. In particolare nell’industria i redditi da lavoro dipendente per unità di lavoro sono cresciuti ad un tasso medio annuo del 2,3% fra il 2000 ed il 2007 se valutati a prezzi correnti, ma hanno subito una contrazione in termini reali (ad un ritmo di 0,3 punti percentuali per anno nello stesso periodo). In seguito, fra il 2007 ed il 2009, avrebbero registrato una lieve ripresa, dovuta però al fatto che i livelli di impiego del fattore lavoro nel settore sono diminuiti ad un tasso ancor più elevato di quello -pur elevato- al quale si è contratta la massa salariale (le unità di lavoro nell’industria nel 2009 erano inferiori di quasi il 10% al livello del 2007, mentre l’ammontare dei redditi da lavoro dipendenti era minore di circa il 3,8% in termini nominali e del 7,5% in termini reali).

Nel settore agricolo i redditi da lavoro dipendenti per unità di lavoro sono aumentati in termini nominali ad un tasso medio del 2,7% fra il 2000 ed il 2007, ma sono rimasti sostanzialmente invariati se valutati a prezzi costanti. Inoltre, secondo le stime provvisorie, fra il 2007 ed il 2009 avrebbero conosciuto una leggera crescita in termini nominali, ma una sostanziale riduzione in termini reali, come effetto di una riduzione della massa salariale superiore a quella delle unità di lavoro (queste si collocavano nel 2009 ad un livello di quasi il 7% inferiore a quello del 2007, mentre l’ammontare dei redditi da lavoro dipendente in agricoltura era inferiore di circa il 5% a prezzi correnti e di quasi il 9% a prezzi costanti).

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Tav. 1 - Liguria: Informazione macroeconomica di base - Anni 2002-2009

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Prodotto interno lordo 36.053,6 37.218,6 38.660,6 39.668,7 40.983,6 43.139,1 44.096,5 43.440,1

Importazioni nette 2.962,6 3.537,1 2.468,5 2.626,7 2.719,6 1.537,1 .... ....

Totale 39.016,3 40.755,7 41.129,1 42.295,4 43.703,2 44.676,2 .... ....

Consumi finali interni 32.373,5 33.504,7 34.607,1 35.463,1 36.595,0 36.727,0 .... ....

Spesa per cons. finali delle famiglie 24.902,6 25.640,7 26.398,8 27.006,8 28.065,1 28.138,6 29.024,1 28.893,6 Spesa per cons. finali delle Isp 94,9 100,0 112,3 99,3 107,9 113,0 .... .... Spesa per cons. finali delle AaPp 7.376,0 7.764,0 8.096,0 8.357,0 8.422,0 8.475,4 .... ....

Investimenti fissi lordi 6.589,7 7.196,2 6.468,4 6.875,2 6.960,0 7.632,5 .... ....

Variazione scorte e oggetti di valore 53,1 54,8 53,6 -42,9 148,2 316,7 .... ....

Prodotto interno lordo 36.053,6 37.218,6 38.660,6 39.668,7 40.983,6 43.139,1 44.096,5 43.440,1

Totale 36.053,6 37.218,6 38.660,6 39.668,7 40.983,6 43.139,1 .... ....

Redditi da lavoro dipendente 13.933,1 14.072,5 14.264,9 14.927,1 15.904,5 16.541,4 17.036,0 17.247,6

Imposte indirette nette 4.857,8 4.769,4 5.057,0 5.120,5 5.774,5 5.777,8 .... ....

Risultato lordo di gestione 17.262,7 18.376,6 19.338,7 19.621,2 19.304,6 20.819,9 .... ....

Popolazione residente 1.571,1 1.574,8 1.584,9 1.601,2 1.609,0 1.608,9 1.612,4 1.617,4

Unità di lavoro (ULA) totali 660,7 644,2 640,1 645,8 659,2 672,1 666,6 657,2

Unità di lavoro (ULA) dipendenti 454,8 437,5 429,8 436,3 452,8 458,2 453,1 448,1

Pil ai prezzi di mercato per abitante 22.948,0 23.633,8 24.393,1 24.774,4 25.471,5 26.812,8 27.348,4 26.858,0

Pil ai prezzi di mercato per ULA 54.568,8 57.774,9 60.397,8 61.425,7 62.171,7 64.185,6 66.151,4 66.098,7

Consumi finali interni per abitante 20.605,6 21.275,5 21.835,5 22.147,8 22.743,9 22.827,4 .... ....

Redditi da lavoro dip. per ULA dip. 30.635,7 32.165,7 33.189,6 34.212,9 35.124,8 36.100,8 37.598,8 38.490,5

Conto della distribuzione del prodotto interno lordo - Valori ai prezzi correnti (milioni di euro)

Popolazione ed unità di lavoro (dati in migliaia)

Valori medi dei principali aggregati - Valori ai prezzi correnti

Conto economico delle risorse e degli impieghi - Valori ai prezzi correnti (milioni di euro)

Tav.2 - Indicatori macroeconomici per branca Liguria - Anno 2009 Valore aggiunto

ai prezzi base (milioni di euro correnti)

Investimenti fissi lordi per branca

proprietaria (milioni di euro correnti) (a) Unità di lavoro dipendenti (media annua in migliaia) Unità di lavoro totali (media annua in migliaia) Occupati dipendenti (media annua in migliaia) Occupati totali (media annua in migliaia) Retribuzioni lorde (milioni di euro correnti) (a) Redditi interni da lavoro dipendente per ULA dipendente

AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA 531,3 78,4 4,1 22,1 4,4 17,7 67,3 74,2

INDUSTRIA 6.706,2 1.603,8 88,3 127,8 94,6 131,2 2.543,8 3.465,9

(Industria in senso stretto) 4.474,7 1.418,0 62,1 77,3 66,6 81,5 1.925,4 2.606,3

(Costruzioni) 2.231,5 185,8 26,2 50,5 28,0 49,7 618,4 859,6

SERVIZI 31.832,5 5.950,3 355,7 507,3 385,8 522,1 9.518,1 13.707,5

TOTALE 39.070,0 7.632,5 448,1 657,2 484,8 671,0 12.129,2 17.247,6

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Tav. 3 - Valore aggiunto ed unità di lavoro: dati settoriali (da serie in valori concatenati con anno base 2000) 2007 2008 2009 2007/2008Var. % 2008/2009Var. % Var. % 2007/2009 (media annua)

AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA 526,4 505,2 479,9 -4,1 -5,1 -4,6

INDUSTRIA 5.703,9 5.535,0 5.008,6 -3,0 -10,0 -6,5

(Industria in senso stretto) 4.265,3 4.150,5 3.675,7 -2,7 -12,1 -7,4

(Costruzioni) 1.488,0 1.434,6 1.361,3 -3,7 -5,2 -4,4

SERVIZI 25.435,2 25.399,0 24.812,6 -0,1 -2,3 -1,2

TOTALE 31.690,3 31.457,8 30.302,4 -0,7 -3,7 -2,2

AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA 22,1 21,9 22,1 -0,9 0,9 0,0

INDUSTRIA 135,5 132,6 127,8 -2,2 -3,7 -2,9

(Industria in senso stretto) 83,5 82,4 77,3 -1,3 -6,4 -3,9

(Costruzioni) 52,0 50,2 50,5 -3,5 0,6 -1,5

SERVIZI 514,5 512,1 507,3 -0,5 -0,9 -0,7

TOTALE 672,1 666,6 657,2 -0,8 -1,4 -1,1

AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA 23.818,1 23.066,5 21.716,3 -3,2 -6,0 -4,6

INDUSTRIA 42.095,4 41.742,3 39.190,9 -0,8 -6,3 -3,6

(Industria in senso stretto) 51.081,2 50.370,0 47.551,5 -1,4 -5,8 -3,6

(Costruzioni) 28.615,8 28.578,4 26.957,2 -0,1 -5,8 -3,0

SERVIZI 49.436,8 49.597,7 48.911,1 0,3 -1,4 -0,5

TOTALE 47.151,2 47.191,4 46.108,4 0,1 -2,3 -1,1

Nota: I dati in livello 2008 e 2009 (e quindi i tassi di variazione) sono provvisori

VALORE AGGIUNTO (dati di livello in milioni)

UNITA' DI LAVORO (dati di livello in migliaia)

VALORE AGGIUNTO PER UNITA' DI LAVORO

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2 LA DEMOGRAFIA DELLE IMPRESE1 2.1 La struttura imprenditoriale ligure:alcune informazioni generali

Un primo set di informazioni rilevanti per descrivere le caratteristiche strutturali delle imprese liguri proviene dall’archivio statistico ASIA dell’Istat, che fornisce il numero di unità locali (presidiate da almeno un addetto) di imprese appartenenti ai settori: industria, commercio e servizi (l’agricoltura è quindi esclusa). I dati 2008 di fonte ASIA (cfr. Fig.1 e Fig.2) indicano la presenza in Liguria di una diffusa micro-imprenditorialità, come confermato dal numero di unità locali di piccole dimensioni (1-9 addetti), 137.883 (il 95% del totale delle unità locali regionali) e dalla concentrazione di addetti in questa fascia, 273.286 (56% sul totale degli addetti).

Solo lo 0,5% delle unità locali ha più di 50 addetti (sostanzialmente in linea con il dato nazionale, 0,7%) e il peso sull’occupazione complessiva di questo segmento è pari a un quinto del totale degli addetti (21,6%).

Fig. 1- Unità locali fino a 9 addetti Anno 2008 (% sul totale)

93,0 93,5 94,0 94,5 95,0 95,5

Liguria Nord Ovest Italia

Fonte: ASIA, Registro Statistico delle Unità Locali

2.2 La demografia d’impresa tramite le informazioni del sistema camerale

Informazioni utili a descrivere la dinamica demografica recente del sistema imprenditoriale ligure provengono dal sistema camerale. Nell’ultimo decennio il numero delle imprese registrate in Liguria è aumentato del 3,6%, passando da 161.213 nel 2001 a 167.061 nel 2010. In effetti, però, solo fino al 2006 (anno in cui si raggiunge la quota di 167.773 imprese) l’aumento è stato costante e graduale; nei 3 anni successivi il trend si inverte e il numero di imprese diminuisce, per poi recuperare nel 2010 (si veda Fig.3).

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Fig. 2 - Concentrazione di addetti nelle unità locali (fascia fino a 9 addetti) Anno 2008 (% sul totale)

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0

Liguria Nord Ovest Italia

Fonte: ASIA, Registro Statistico delle Unità Locali

Fig. 3 - Imprese registrate - Anni 2001- 2010

156.000 158.000 160.000 162.000 164.000 166.000 168.000 170.000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Fonte: Camere di Commercio, Registro Imprese

Nello stesso periodo iscrizioni e cessazioni (cfr. Fig.4) registrano un andamento oscillante, con una variabilità minore nel caso delle iscrizioni che raggiungono il valore massimo nel 2004 (12.627), anno in cui si registra anche il secondo più ampio saldo positivo del periodo (+2.346); ad iniziare dal 2007 il saldo diventa negativo con una punta massima nel 2008 (-1.137), per poi tornare positivo nel 2010 (+535).

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Fig. 4 - Iscrizioni e cessazioni di imprese Anni 2001-2010 -2.000 0 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 14.000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Iscrizioni Cessazioni Saldo

Fonte: Camere di Commercio, Registro Imprese

Nel 2010 le imprese attive sono state 143.038, lo 0,4% in più rispetto al 2009 (mentre erano in lievissima diminuzione a livello nazionale).

Il tasso di natalità (ossia il rapporto percentuale tra imprese iscritte e imprese registrate ad inizio periodo) nel 2010 è salito di 4 decimi di punto percentuale (da 6,3% a 6,7%), quello di mortalità (rapporto percentuale tra imprese cessate e imprese registrate ad inizio periodo) è rimasto invariato e pari allo 6,4%, mentre il tasso di sviluppo (rapporto tra saldo iscrizioni-cessazioni e stock ad inizio periodo, calcolato al netto delle cancellazioni d’ufficio) è passato da 0,1% a 0,3%.

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Fig. 5 - Distribuzione settoriale delle imprese Anno 2010 D BE PQ RJ KN MH SL C A I F G 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000 40000 45000

D.Fornitura energia elettrica B.Attività estrattiva E.Fornitura acqua P.Istruzione

Q.Sanità R.Attività artistiche J.Servizi di informazione K.Attività finanziarie

N.Attività amministrative M.Attività professionali H.Trasporto S.Altre attività di servizi L.Attività immobiliari C.Attività manifatturiere A.Agricoltura, silv. e pesca I.Servizi di alloggio e ristorazion

F.Costruzioni G.Commercio

Fonte: Camere di Commercio, Registro Imprese

Dall’analisi delle forme giuridiche (si veda in proposito Fig.6) si evidenzia una crescita sostenuta, rispetto al 2009, delle imprese costituite in forma di società di capitale, +3%, anche se numericamente rappresentano solo il 13,6% del totale delle imprese attive: il saldo tra iscrizioni e cessazioni resta positivo (+777 imprese). In aumento le imprese individuali, che rappresentano il 63% del totale; anche per questa categoria il saldo è tornato positivo (+348 unità).

20

D.Fornitura energia elettrica B.Attività estrattiva E.Fornitura acqua P.Istruzione Q.Sanità R.Attività artistiche J.Servizi di informazione K.Attività finanziarie N.Attività amministrative M.Attività professionali H.Trasporto S.Altre attività di servizi L.Attività immobiliari C.Attività manifatturiere A.Agricoltura, silv. e pesca I.Servizi di alloggio e ristorazione

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Fig. 6 - Saldi tra iscrizioni e cessazioni per forma giuridica Anni 2001- 2010 -1.500 -1.000 -500 0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Società di capitale Società di persone Ditte individuali Altre forme

Fonte: Camere di Commercio, Registro Imprese

2.3 L’artigianato

Le imprese artigiane nel 2010 ammontano a 46.961 (lo 0,5% in più rispetto al 2009) e rappresentano il 32,8% delle imprese liguri.

Dall’analisi settoriale risulta che il 47,9% è concentrato nelle costruzioni, il 17,7% nelle attività manifatturiere (con in testa la fabbricazione dei prodotti in metallo), il 7,1% nei trasporti e il 4,9% nel commercio.

I primi segnali di ripresa si avvertono dalla dinamica della natimortalità delle imprese: il tasso di natalità è salito dal 7,6% al 8,2%, quello di mortalità è rimasto invariato al 7,7%, mentre il tasso di sviluppo è passato da -0,1% a 0,5% (cfr. Fig.7)

Fig. 7 - Tassi demografici delle imprese artigiane Anni 2009-2010 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9

Natalità Mortalità Sviluppo

2009 2010

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I risultati emersi dall’Osservatorio Congiunturale sull’Artigianato e PMI della Regione Liguria2 relativi al secondo semestre 2010 evidenziano “una situazione di stabilità, dopo continui segnali di flessione: conferme di ripresa dell’export con una crescita sia congiunturale che tendenziale, ancora male l’occupazione”. Secondo i risultati dell’indagine, gli operatori intervistati mostrano moderato ottimismo per il 2011, come evidenziato dalla previsione di una buona ripresa degli investimenti e dalla speranza di un arresto dell’emorragia occupazionale (cfr. Tav.1).

Tav. 1 - Le previsioni dell’Osservatorio sull’Artigianato e le PMI

PRODUZIONE / 

DOMANDA FATTURATO EXPORT PREZZI OCCUPAZIONE INVESTIMENTI

1° 10 / 2° 10 0,1% ‐0,2% 1,8% 2,4% ‐1,4% 7,5%

2° 09 / 2° 10 0,0% 0,2% 1,4% 1,9% ‐1,5% n.d.

2° 10 / 1° 11* 0,5% 0,2% 0,9% 2,0% 0,2% 13,8%

* Per il 1° semestre 2011 i dati sono previsionali

2.4 L’imprenditoria straniera

Il numero di titolari d’impresa nati all’estero, comunitari ed extracomunitari, è negli ultimi anni notevolmente aumentato in Liguria, passando da 4.259 nel 2001 a 12.320 nel 2010 (in termini percentuali una variazione del 203,2% nel periodo in esame: cfr. Fig.8). La crescita è stata trainata sostanzialmente dalla componente extracomunitaria.

Fig. 8 - Imprenditori nati all'estero Anni 2001-2010 0 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 12.000 14.000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 comunitari extracomunitari totale

Fonte: Camere di Commercio, Registro Imprese

2Indagine promossa da Unioncamere Liguria e Commissione Regionale per l'Artigianato, realizzata da Confartigianato Liguria e CNA Liguria e curata dal Centro Studi Sintesi, che coinvolge un campione di 1.500 piccole imprese liguri con meno di 20 addetti, e che ha l’obiettivo di monitorare lo “stato di salute” del settore, attraverso l’analisi di indicatori quali produzione / domanda, fatturato, ordini, esportazioni, prezzi dei fornitori, investimenti, occupazione, liquidità ed indebitamento sulla base dei giudizi espressi direttamente dagli imprenditori.

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La graduatoria regionale in base al paese di provenienza (cfr. Fig.9) vede al primo posto l’Albania con 2.415 imprenditori (19,6% sul totale degli imprenditori stranieri), seguita dal Marocco con 2.092 titolari d’impresa (17,0%), Romania con 905 imprenditori (7,3%) ed Ecuador con 742 (6,0%). Il confronto di questa graduatoria con quella relativa agli stranieri residenti in Liguria mostra come la componente ecuadoriana (il 17,9% del totale degli stranieri, a prevalenza femminile) privilegi il lavoro dipendente mentre quella marocchina, quarta nella classifica dei residenti stranieri (10,4%) sale al secondo posto per numerosità di imprenditori. Tra gli imprenditori extracomunitari (10.296), il 44,8% lavora nell’edilizia e il 36,9% nel commercio al dettaglio.

Fig. 9 - Distribuzione % degli imprenditori stranieri Anno 2010 Albania 19,6% Marocco 17,0% Romania 7,3% Ecuador 6,0% Altri 50,0%

Fonte: Camere di Commercio, Registro Imprese

2.5 L’imprenditoria femminile

La Legge 215 del 1992 “Azioni positive per l’imprenditoria femminile” prevede facilitazioni per le imprese “in rosa”, di cui possono usufruire le piccole imprese a gestione prevalentemente femminile, intendendo per tali quelle che soddisfano alcuni requisiti:

 per le ditte individuali il titolare deve essere donna

 per le società di persone e le cooperative almeno il 60% dei soci deve essere costituito da donne

 per le società di capitali almeno i 2/3 delle quote devono essere detenute da donne e l’organo di amministrazione deve essere composto da donne per almeno i 2/3

Dai dati dell’Osservatorio realizzato da Unioncamere sulla base del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio risulta che le imprese femminili registrate in Liguria nel quarto trimestre 2010 ammontano a 41.304 (+0,2% rispetto allo stesso periodo del 2009), rappresentano il 24,7% del totale delle imprese (vedi Fig.10) e il 2,9% delle imprese femminili italiane; forte la presenza “rosa” nei servizi in generale, in particolare nel commercio (31,7%), nelle attività dei servizi di ristorazione (12,9%) e nelle attività di servizi alle persone (8,4%).

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Fig. 10 - Tasso di femminilizzazione Anno 2010

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0

Lombardia Emilia-Romagna Trentino - Alto Adige Veneto Italia Lazio Friuli-Venezia Giulia Toscana Piemonte M arche Sardegna Puglia Valle d'Aosta Liguria Sicilia Calabria Umbria Campania Abruzzo Basilicata M olise

Le imprese e la crisi in Liguria: qualche dato su credito, capitale di rischio e fallimenti.(1)

La crisi finanziaria e economica ha colpito in particolare nel 2009 il tessuto delle piccole e medie imprese. Tuttavia in Liguria le conseguenze sembrano essere state meno forti che altrove in Italia, probabilmente a causa della minore presenza di attività manifatturiere; nel corso del 2009 il dato medio del valore aggiunto delle imprese liguri che hanno depositato il bilancio ha subito un calo del 15,4%, mentre il dato medio a livello nazionale evidenzia un calo del 21% circa.

La rete creditizia (strettamente correlata al territorio) ha potuto continuare ad erogare prestiti alle piccole medie imprese senza ridurre in maniera drastica (come accaduto in altri casi) il livello degli interventi; ciò è avvenuto sia per una ridotta richiesta, sia grazie all’attività di sostegno al credito attivata da istituzioni e enti locali attraverso i Confidi per fornire le garanzie richieste (che sono però aumentate a tassi notevolissimi nel corso degli ultimi due anni).

In Liguria è meno forte che altrove l’utilizzo del capitale di rischio tra gli imprenditori a causa della tipica oculatezza degli abitanti, che li spinge ad una maggiore prudenza operativa rispetto a molti loro colleghi; con la politica del “non fare il passo più lungo della gamba” si perde slancio nel momento della crescita, ma si evitano con più facilità crisi da default.

Dall’analisi dei bilanci depositati si possono sintetizzare alcuni effetti della crisi in Liguria e in Italia: le difficoltà delle imprese nel corso del 2009 vengono evidenziate da una riduzione del patrimonio netto medio per impresa (in Liguria decisamente più basso che altrove) del 16,5% (una variazione leggermente superiore a quella media nazionale, 16,3%), da una riduzione superiore al 60% degli utili medi di esercizio (in Italia all’incirca 33%), mentre la prudenza degli imprenditori liguri viene confermata da una riduzione dei debiti complessivi verso terzi del 23% (nel totale nazionale questa voce evidenzia una diminuzione del 17,4%).

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Fig. 11 - Andamento e composizione per settori dei fallimenti Anni 2008-2009-2010 0 50 100 150 200 250 2008 2009 2010

INDUSTRIA EDILIZIA COM M ERCIO ALTRI SERVIZI

Il 2009 ha presentato andamenti disastrosi per il numero di fallimenti, che sono cresciuti complessivamente nelle quattro province liguri da 123 a 200 (+62,6%), confermando che l’apice della crisi si è avuto proprio in quell’anno; nel 2010 non si ha ancora un’inversione della tendenza, ma si è comunque in presenza di un deciso ridimensionamento del tasso di crescita di questa tipologia di eventi (il tasso si colloca al di sotto del 10%, meglio dei dati nazionali per i quali nell’ultimo anno si osserva un aumento del 20% dei casi di imprese fallite).

Anche in relazione agli effetti protestati a causa dell’insolvenza del pagatore si evidenzia tra il 2008 e il 2009 un sensibile deterioramento, ed un successivo miglioramento. Il valore dei protesti in Liguria passa da 40.518.773 a 50.704.938 euro (+ 25,1%), per poi ridiscendere nel 2010 a 37.058.040,31 euro, al di sotto quindi del valore del 2008 ed in diminuzione del 27% rispetto al 2009 (presentando anche in questo caso un andamento migliore rispetto a quello nazionale, che nello stesso periodo vede una riduzione pari al 17%).

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3 IL MERCATO DEL LAVORO1 3.1 Struttura demografica e partecipazione al mercato del lavoro

In base alle stime relative all’ultimo trimestre del 2010 (e provenienti dalla “Rilevazione continua sulle forze di lavoro”, RCFL, condotta dall’Istat), alla fine dell’anno scorso la distribuzione della popolazione residente in termini di partecipazione al mercato del lavoro in Liguria si configurava grosso modo così (si veda Fig.1): su 100 abitanti quasi 40 erano occupati, 3 erano in cerca di occupazione, 20 erano inattivi pur essendo in età lavorativa, mentre circa 37 erano in età non lavorativa.2

La quota della popolazione residente ligure in età non lavorativa è chiaramente superiore a quella osservata in Italia (dove è pari a circa il 33,5%, ossia oltre tre punti e mezzo meno che nella regione). Alla base di questa diversa incidenza della popolazione in età non lavorativa sta la particolare distribuzione per età della popolazione regionale, che presenta una quota di residenti nella fascia di età oltre i 64 anni pari ad oltre un quarto del totale, mentre è poco meno di un quinto in Italia; questo scarto è talmente forte da più che compensare quello di segno inverso nella fascia di età sotto i 15 anni (a livello nazionale circa il 14% della popolazione residente contro l’11,5% in Liguria, un divario che agirebbe nell’opposto senso di ridurre la quota di popolazione in età non lavorativa). Oltre ad essere elevata, la quota di popolazione ligure in età non lavorativa mostra una tendenza a crescere progressivamente (un punto percentuale in circa sei anni); questa dinamica è tuttavia comune all’intero territorio nazionale.

Tuttavia, quando l’attenzione si incentra sulla sola popolazione in età lavorativa, le stime forniscono uno scenario di maggiore partecipazione della popolazione ligure al mercato del lavoro rispetto a quanto osservato a livello nazionale; le differenze sono più contenute per quanto riguarda gli occupati e le persone in cerca di occupazione (che rappresentano complessivamente circa il 41,2% della popolazione residente in Italia, ma il 42,8% in Liguria), più marcate in termini di quota di inattivi in età lavorativa (in Italia pari a circa il 24,7% della popolazione residente, contro il 20% ligure).

Un’altra differenza che emerge dal confronto con i dati nazionali, è che in Liguria gli inattivi in età lavorativa non solo rappresentano una quota minore della popolazione residente ma mostrano anche un atteggiamento differente circa una possibile futura partecipazione al mercato del lavoro: in Liguria su 100 persone che ricadono in tale categoria ben 88 affermano di non cercare occupazione e di non essere disposti a lavorare, mentre lo stesso numero in Italia è sensibilmente inferiore (circa 80); inoltre, su 100 unità delle non forze di lavoro in età lavorativa, coloro che dichiarano di non cercare lavoro o di non farlo attivamente ma di essere comunque disponibili a lavorare sono circa 10-11 in Liguria, ma mediamente molto di più (18-19 unità) sull’intero territorio nazionale. Queste differenze sembrano avere un carattere strutturale. In effetti dal calcolo dei dati medi sul periodo 2004-2010 si evince che in Liguria la quota di coloro che “non cercano e non sono disponibili a lavorare” sul totale delle non forze di lavoro in età lavorativa (pari a circa l’89%) sia sistematicamente superiore a quella riscontrata in Italia (81%) e leggermente inferiore ma sostanzialmente simile a quella del Nord-Ovest (90%).

E’ interessante notare il fatto che il numero assoluto di coloro che “non cercano e non sono disponibili a lavorare” ha mostrato una chiara tendenza a diminuire dal 2004 fino a raggiungere un minimo di circa 273.000 persone nel secondo trimestre del 2008; tuttavia, come probabile effetto

1 A cura di: Andrea Marino (Istat, Sede per la Liguria) per i paragrafi da 3.1 a 3.10, Giovanna Pizzi (Unioncamere Liguria) per il paragrafo 3.11, Claudia Sirito (Camera di Commercio di Genova) per il paragrafo 3.12.

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della crisi economica, il numero di unità che rientrano in tale categoria è aumentato fra la fine del 2008 stesso e la prima parte del 2009 fino a toccare 299.000 unità, per poi diminuire nel corso del 2010. Traiettorie simili si riscontrano sui dati relativi all’Italia ed al Nord-Ovest.

Fig.1 La partecipazione al mercato del lavoro in Liguria; stime IV trimestre 2010

Fonte: Rilevazione Istat su forze di lavoro; dati in migliaia (ed in % della popolazione residente)

Fascia di età > 64 anni: 413 (25,7%)

Non cercano lavoro ma disponibili a lavorare:

15 (0,9%)

Non cercano lavoro e non disponibili a lavorare:

280 (17,5%)

Fascia di età <15 anni: 185 (11,5%)

Inattivi in età non lavorativa: 598

(37,2%) Popolazione residente:

1.605 attivamente ma disponibili a Cercano lavoro non

lavorare: 19 (1,2%) Inattivi in età lavorativa:

321 (20,0%)

Cercano lavoro ma non disponibili a lavorare: 7 ( 0,4%) Dipendenti: 456 (28,4%) Occupati: 637 (39,7%) Indipendenti: 180 (11,2%)

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Differenze strutturali riguardano anche la composizione dell’occupazione. In particolare, la quota di occupati dipendenti in Liguria a fine 2010 era pari a circa il 71,5% del totale degli occupati, decisamente meno dei valori sia della ripartizione di appartenenza (oltre il 76% nel Nord-Ovest) e del territorio nazionale (circa il 75% in Italia); va osservato che, qualsiasi sia l’area geografica di riferimento, la quota di occupazione dipendente sul totale degli occupati presenta negli ultimi anni un evidente andamento crescente.

Significative differenze rispetto ai dati nazionali riguardano poi coloro che sono in cerca di occupazione: secondo le stime dell’ultimo trimestre 2010 quasi il 90% di coloro che in Liguria ricadevano in tale categoria poteva vantare precedenti esperienze lavorative, mentre la stessa percentuale in Italia si attestava poco sotto il 75% ed all’80% nel Nord-Ovest.

Fig.2a Principali indicatori del mercato del lavoro nel 2010

6,5 20,3 67,5 56,9 8,4 27,8 63,0 62,2 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 Tasso di occupazione Tasso di disoccupazione Tasso di disocc.giovanile Tasso di attività Liguria Italia

3.2 La dinamica recente di occupazione, partecipazione e disoccupazione

I valori medi del 2010 dei principali indicatori del mercato del lavoro (riportati in Fig.2a) indicano per la regione una situazione generalmente migliore di quella nazionale, con tassi di partecipazione e occupazione più elevati ed un minor livello di disoccupazione. In una prospettiva dinamica, tuttavia, i dati trimestrali relativi agli stessi indicatori segnalano, sia pure con modalità diverse, una situazione di evidente e sostanziale peggioramento intervenuto a partire dalla seconda metà del 2008 (cfr. Fig.2b).

Per cominciare, il tasso di attività è rimasto sostanzialmente stabile fra il 2008 ed il 2010 intorno ad un valore pari a circa il 67,5%, interrompendo però una fase di continua crescita che durava da anni. Più evidente è l’impatto della crisi sul tasso di occupazione, la cui traiettoria a partire dal 2008 segnala un’inversione della precedente fase di crescita, ed una perdita di quasi un punto percentuale fra il 2008 ed il 2010.

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unità di occupazione andate perdute, circa quasi 2/3 sono confluite nel gruppo di coloro che sono in cerca di occupazione, ma ben oltre un terzo è fuoriuscito dalla forza lavoro (la cui contrazione fra il 2008 ed il 2010 è infatti stimata in quasi 4.200 unità).

Ovviamente il segno di entrambe queste variazioni (del numero delle persone in cerca di occupazione e della forza lavoro) ha esercitato una pressione concordante in direzione di un aumento del tasso di disoccupazione. Tuttavia, da un punto di vista quantitativo, il progressivo aumento del tasso di disoccupazione regionale (dal 5,4% del 2008 al 5,7% del 2009 e poi al 6,5% del 2010) è soprattutto il frutto di un aumento del numero assoluto dei disoccupati, e solo in minima

Fig.2b Tassi di attività, occupazione e disoccupazione 2004-2010; (medie su 4 trimestri, terminanti in quello riportato)

56,0 58,0 60,0 62,0 64,0 66,0 68,0 70,0 Trimestri 0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 6,0 7,0

Tasso di attività (15-64) Tasso di occupazione (15-64) Tasso di disoccupazione

parte anche di una contrazione della forza lavoro. A tal proposito si noti infatti che fra il 2008 ed il 2010 il numero dei disoccupati è aumentato di oltre un quinto, mentre la diminuzione dello stock di forza lavoro è stimata in una misura inferiore all’1%.

Secondo le stime RCFL il numero medio di coloro che erano in cerca di occupazione in Liguria nei quattro trimestri del 2010 è stato di quasi 45.000 persone, egualmente distribuite fra uomini e donne. Essendo la forza lavoro maschile molto più ampia, ne deriva un tasso di disoccupazione femminile più elevato per le donne (7,4%) rispetto agli uomini (5,9%).

Va osservato che il quadro di complessivo peggioramento della situazione occupazionale complessiva nella regione emerge anche quando nell’analisi si tengono conto dei margini di errore che accompagnano inevitabilmente le stime campionarie della RCFL, come può essere ad es. osservato in Fig.3, che riporta insieme al valore stimato delle “persone in cerca di occupazione” anche i limiti superiori ed inferiori (tratteggiati) di un intervallo di confidenza al 95% della stima stessa.3

3 In Fig.3 il limite inferiore dell’intervallo di confidenza nel 2010 risulta maggiore (di circa 500 unità) al limite superiore dell’analogo intervallo calcolato nel 2008; qualcosa di analogo emerge calcolando gli intervalli di confidenza intorno alle stime puntuali del tasso di disoccupazione.

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Fig.2b Tassi di attività, occupazione e disoccupazione 2004-2010; (medie su 4 trimestri, terminanti in quello riportato)

70,0 68,0 66,0 64,0 62,0 60,0 58,0 56,0 7,0 6,0 5,0 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 Ta ss i d i a tti vi tà e d oc cu pa zi on e (% ) Ta ss i d i a tti vi tà e d oc cu pa zi on e (% ) IV -0 4 I-05 II-05 III -0 5 IV -0 5 I-06 II-06 III -0 6 IV -0 6 I-07 II-07 III -0 7 IV -0 7 I-08 II-08 III -0 8 IV -0 8 I-09 II-09 III -0 9 IV -0 9 I-10 II-10 III -1 0 IV -1 0 Trimestri

Tasso di attività (15-64) Tasso di occupazione (15-64) Tasso di disoccupazione

Fig.2b Tassi di attività, occupazione e disoccupazione 2004-2010; (medie su 4 trimestri, terminanti in quello riportato)

70,0 68,0 66,0 64,0 62,0 60,0 58,0 56,0 7,0 6,0 5,0 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 Ta ss i d i a tti vi tà e d oc cu pa zi on e (% ) Ta ss i d i a tti vi tà e d oc cu pa zi on e (% ) IV -0 4 I-05 II-05 III -0 5 IV -0 5 I-06 II-06 III -0 6 IV -0 6 I-07 II-07 III -0 7 IV -0 7 I-08 II-08 III -0 8 IV -0 8 I-09 II-09 III -0 9 IV -0 9 I-10 II-10 III -1 0 IV -1 0 Trimestri

Tasso di attività (15-64) Tasso di occupazione (15-64) Tasso di disoccupazione

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Fig.3 Persone in cerca di occupazione in Liguria 2004-2010: stima e intervallo di confidenza al 95%

25.000 30.000 35.000 40.000 45.000 50.000 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 Pe rs on e in c er ca d i o cc up az io ne

Scomponendo l’insieme delle persone in cerca di occupazione in coloro che hanno precedenti esperienze lavorative e coloro che invece ne sono privi, si osserva che la componente femminile è in genere prevalente nel secondo gruppo (nel senso che questo è costituito per oltre la metà da donne: il 55% nel 2010). Ad ogni modo in termini assoluti il numero di donne in cerca di occupazione e al tempo stesso prive di precedenti esperienze lavorative sembra aver seguito un percorso di progressivo diminuzione nella seconda parte del decennio appena concluso, convergendo verso i valori della stessa variabile riferita ai maschi (la quale invece ha mostrato una dinamica più contenuta, cfr. Fig.4a); è possibile che questa tendenza di riduzione della forza lavoro disoccupata femminile senza precedenti esperienze lavorative sia il riflesso di un fenomeno di scoraggiamento (ossia la fuoriuscita dalla forza lavoro di quella parte che proprio per mancanza di esperienza lavorativa ha meno probabilità di trovare occupazione), piuttosto che un aspetto del riallineamento fra valori maschili e femminili degli indicatori del mercato del lavoro femminile.

Fig.4a Persone in cerca di occupazione e senza precedenti esperienze lavorative (medie su 4 trimestri)

0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 6,0 7,0 8,0 9,0

IV-04 IV-05 IV-06 IV-07 IV-08 IV-09 IV-10

Trimestri In c er ca d i o cc up az io ne (i n m ig lia ia )

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