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Il recesso dal contratto di lavoro a progetto

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numero 15 28 luglio 2008 80

Segni giuridici

Il recesso dal contratto di lavoro a

progetto

Come viene disciplinata la risolu-zione di un contratto a progetto? In caso di recesso causale dal contratto quali sono i diritti dei contraenti ed in particolare del collaboratore?

L’ambiguità complessiva della disciplina del lavoro a progetto emerge anche dalle disposizioni dettate in materia di estinzione del relativo contratto.

La risoluzione di un rapporto di lavoro a progetto avviene nel momento in cui viene raggiunto l’obiettivo affidato al collabora-tore o comunque la realizzazione del progetto, programma o fase di esso.

Tuttavia, questa regola di ordine generale ha incontrato non po-che difficoltà applicative soprat-tutto nei contratti di durata me-dio – lunga costringendo spesso i committenti a proseguire fino alla scadenza pattuita una colla-borazione divenuta ormai con il tempo insoddisfacente e super-flua.

Ragione questa per la quale l’art. 67 del D.lgs n. 276 del 10 settem-bre 2003 – rubricato “estinzione e preavviso” – al comma 2 prevede che “le parti possono recedere

prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale”.

Ad una prima e non attenta let-tura della norma potrebbe

sem-brare che quanto previsto al 2° comma dell’art. 67 non apporti nessuna rilevante novità rispetto alle causali già previste perché un contratto di collaborazione coordinata e continuativa possa essere rescisso.

Attualmente la giurisprudenza di merito pur legittimando la fa-coltà del committente di rescin-dere unilateralmente e per giusta causa il contratto, garantisce al lavoratore – laddove non riscon-tri nel caso una giusta causa di recesso – i compensi maturati, le spese sostenute ed il risarcimento per il mancato guadagno.

In tal senso si è pronunciato il Tri-bunale di Milano con sentenza n. 356 del 06 febbraio 2006.

La vicenda processuale riguar-dava nella specie una collabo-ratrice a progetto incaricata di adeguare e migliorare la gestione di alcune operazioni di acquisto, lavorazione e commercializza-zione dei prodotti della società nell’ambito dell’attività di ristora-zione facente capo alla stessa. In concreto la società aveva pre-visto, nella regolamentazione dei rapporti, la facoltà di risolvere anticipatamente il contratto solo per giusta causa o per sopravve-nuta impossibilità di raggiungere l’obiettivo oggetto del contratto (in quest’ultimo caso con l’iden-tico preavviso di trenta giorni concesso per il recesso da parte del collaboratore).

Dopo l’inizio dell’attività, la ricor-rente si era obbligata a garantire la propria prestazione cinque o sei giorni su sette, a settimane al-terne, compresa la domenica. Il contratto era risolto anticipa-tamente e con decorrenza imme-diata per giusta causa e sopravve-nuta impossibilità di raggiungere l’obiettivo. E ciò in quanto la ri-corrente, nell’adempimento della propria obbligazione non aveva tenuto in debito conto la ne-cessità di essere presente anche nei giorni di sabato e domenica (giorni di maggiore richiesta), pur essendosi impegnata a garantire la presenza anche in quei giorni. La società aveva ritenuto l’as-senza della collaboratrice nei giorni di sabato e domenica una “giusta causa di recesso” ma poi non aveva provato che tale pre-senza – a causa del maggiore afflusso della clientela in questi giorni – “era essenziale per defi-nire i programmi di lavoro e per comprendere le dinamiche orga-nizzative necessarie”.

Ritenendo pertanto illegittima l’interruzione anticipata del rap-porto di lavoro, il giudice condan-nava la società al pagamento dei compensi che sarebbero spettati alla collaboratrice fino alla data di naturale scadenza del contratto, in applicazione dei principi ben noti in materia di risoluzione nei contratti a termine.

Fin qui nulla quaestio.

anna lo presti

Approfondimento

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numero 15 28 luglio 2008 81

Segni giuridici

Tuttavia, la disciplina dettata dal legislatore dà la possibilità alle parti di un contratto a progetto di prevedere – in aggiunta alla giusta causa – ipotesi definite “causali” di giustificato motivo soggettivo o oggettivo di recesso unilaterale dal contratto stipulato

inter partes.

Su questo ultimo punto, se seri dubbi emergono in dottrina ri-guardo un regime di libera re-cedibilità dal contratto, la giu-risprudenza, invece, rimette all’autonomia delle parti – libere di rafforzare o rendere blando il nucleo minimo di tutela – la pos-sibilità di disciplinare le diverse modalità con cui risolvere il con-tratto, attraverso la previsione nel contratto:

• di una causale tipica (per giusta causa);

• di una causale atipica (secondo le diverse causali stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale ed in ossequio al principio generale di autono-mia nella determinazione del contenuto del contratto); •

di una “acausale” ma con mo-dalità, incluso il preavviso, sta-bilite dalle stesse.

Questa ultima ipotesi del recesso “acausale”, anche se

accompa-gnato dal preavviso è uno degli aspetti più criticati, al punto da essere definito una delle più in-tollerabili anomalie sistematiche che presenta la legge sul lavoro a progetto, e che fa retrocedere questa garanzia elementare ri-spetto agli stessi principi generali di diritto comune dei contratti. Tanto più che la durata del preav-viso può oscillare tra poche ore e diversi mesi, in assenza di para-metri di calcolo predeterminati, ed incontra il solo limite della buona fede contrattuale ex art. 1375 cod. civ.

La previsione è gravemente peg-giorativa rispetto alla disciplina applicata al rapporto di lavoro autonomo laddove, in caso di recesso anticipato, il commit-tente deve corrispondere l’intero compenso pattuito sino alla sca-denza.

E’, altresì, contraddittoria in quanto prevede che un rapporto a termine, a dispetto della disci-plina civilistica, si possa risolvere anticipatamente con preavviso consentendo in definitiva la li-bera recedibilità dal contratto. I giudici di merito risolvono in-nanzitutto il problema dei com-pensi spettanti al collaboratore nell’ipotesi in cui sia stato

con-cesso allo stesso il periodo di preavviso previsto dal contratto individuale, addivenendo alla conclusione che, per il fatto solo che sia stato concesso all’altra parte il periodo di preavviso sta-bilito contrattualmente, ciò rende legittimo il recesso unilaterale e pertanto in questi casi nulla è do-vuto al collaboratore a tale titolo. In sostanza il committente ha la possibilità di recedere antici-patamente dal contratto di col-laborazione a progetto anche senza alcuna giustificazione, ma semplicemente sulla base di una preventiva ed espressa previsione contrattuale.

In questo caso prevalgono le ra-gioni del più forte poiché l’aver previsto la possibilità di inserire anche il preavviso tra le eventuali diverse causali cui le pari possono fare legalmente riferimento all’in-terno del patto individuale sot-toscritto, ai fini della rescissione, pone le basi per la produzione di un grave effetto: consentire al committente di poter tranquilla-mente e serenatranquilla-mente prevedere in contratto un periodo minimo di preavviso ai fini dell’eventuale rescissione, senza oneri e senza neanche un adeguato obbligo di motivazione.

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